il bolscevico-pmli n.45 2011

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Spedizione in A.P. - 45% art. 2 Comma 20/b legge 662/96 - Filiale di Firenze - Settimanale - 1,50 Fondato il 15 dicembre 1969 Nuova serie - Anno XXXV - N. 45 - 15 dicembre 2011 Superstangata da 30 miliardi avallata e firmata da Napolitano, in continuità col governo Berlusconi LACRIME E SANGUE Pensioni: contributivo per tutti, abolite le pensioni di anzianità, nel 2018 donne e uomini al lavoro fino a 66 anni, blocco delle rivalutazioni per gli assegni oltre 900 euro. Ici sulla prima casa. Aumento Iva e dell’addizionale regionale Irpef. Nulla per il Mezzogiorno. Briciole per l’occupazione. Liberalizzazioni. Province: cancellate le giunte e il voto degli elettori, ridotto il numero dei consiglieri SCENDERE SUBITO IN PIAZZA E PROCLAMARE LO SCIOPERO GENERALE UNITARIO DI 8 ORE TUTTO IL PMLI MOBILITATO NELLA DIFFUSIONE DEL DOCUMENTO SUL GOVERNO MONTI PAG. 2 Glasgow, Scozia. 30 novembre 2011. Salutiamo con grande gioia e commozione la presenza, per la prima volta nella storia del nostro Partito, della bandiera del PMLI, portata in corteo alla manifestazione in occasione del combattivo sciope- ro generale contro l’attacco del governo Cameron alle pensioni dei lavoratori FIRENZE Firenze, 7 dicembre 2011. Presidio contro la superstangata davanti alla prefettu- ra. Spicca il cartello del PMLI (foto Il Bolscevico) SCOZIA PAGG. 10 e 15 Risposta fulminea degli operai della Piaggio di Pontedera (Pisa) SCIOPERO SPONTANEO CONTRO LA STANGATA DI MONTI Bloccata la statale Tosco-Romagnola e la linea ferroviaria Firenze-Pisa STRAVOLTA ANCORA UNA VOLTA LA COSTITUZIONE DEL ’48 Golpe sul pareggio di bilancio nella Costituzione Commesso da tutta la Camera nera su imposizione della grande finanza e della Ue e sotto l’egida del governo Monti PAG. 5 PAG. 5

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IL Bolscevico-PMLI n.45 2011

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Page 1: IL Bolscevico-PMLI n.45 2011

Spedizione in A.P. - 45% art. 2 Comma 20/b legge 662/96 - Filiale di Firenze - Settimanale - € 1,50 Fondato il 15 dicembre 1969 Nuova serie - Anno XXXV - N. 45 - 15 dicembre 2011

Superstangata da 30 miliardi avallata e fi rmata da Napolitano,in continuità col governo Berlusconi

LACRIME E SANGUEPensioni: contributivo per tutti,

abolite le pensioni di anzianità, nel 2018donne e uomini al lavoro fi no a 66 anni, blocco

delle rivalutazioni per gli assegni oltre900 euro. Ici sulla prima casa. Aumento Iva e dell’addizionale regionale Irpef. Nulla per il Mezzogiorno. Briciole per l’occupazione.

Liberalizzazioni. Province: cancellate le giunte e il voto degli elettori, ridotto il numero dei consiglieri

SCENDERE SUBITO IN PIAZZA E PROCLAMARE LO SCIOPERO GENERALE UNITARIO DI 8 ORE

TUTTO IL PMLI MOBILITATO NELLA DIFFUSIONE DEL DOCUMENTO SUL

GOVERNOMONTI

PAG. 2

Glasgow, Scozia. 30 novembre 2011. Salutiamo con grande gioia e commozione la presenza, per la prima volta nella storia del nostro Partito, della bandiera del PMLI, portata in corteo alla manifestazione in occasione del combattivo sciope-ro generale contro l’attacco del governo Cameron alle pensioni dei lavoratori

FIRENZE

Firenze, 7 dicembre 2011. Presidio contro la superstangata davanti alla prefettu-ra. Spicca il cartello del PMLI (foto Il Bolscevico)

SCOZIA

PAGG. 10 e 15

Risposta fulminea degli operaidella Piaggio di Pontedera (Pisa)

SCIOPEROSPONTANEO CONTRO

LA STANGATADI MONTI

Bloccata la statale Tosco-Romagnola e la linea ferroviaria Firenze-Pisa

STRAVOLTA ANCORA UNA VOLTALA COSTITUZIONE DEL ’48

Golpe sul pareggio di bilancio

nella CostituzioneCommesso da tutta la Camera nera su

imposizione della grande fi nanza e della Ue e sotto l’egida del governo Monti

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Page 2: IL Bolscevico-PMLI n.45 2011

2 il bolscevico / megastangata N. 45 - 15 dicembre 2011

Superstangata da 30 miliardi avallata e fi rmata da Napolitano, in continuità col governo Berlusconi

LACRIME E SANGUEPensioni: contributivo per tutti, abolite le pensioni di anzianità, nel 2018 donne e uomini al lavoro fi no a 66 anni, blocco delle

rivalutazioni per gli assegni oltre 900 euro. Ici sulla prima casa. Aumento Iva e dell’addizionale regionale Irpef. Nulla per il Mezzogiorno. Briciole per l’occupazione. Liberalizzazioni. Province: cancellate le giunte e il voto degli elettori, ridotto il numero dei consiglieri

SCENDERE SUBITO IN PIAZZAE PROCLAMARE LO SCIOPERO GENERALE UNITARIO DI 8 ORE

Il primo assaggio della cura di lacrime e sangue del gover-no Monti della grande finanza e della UE è arrivata puntualmen-te domenica 4 dicembre, con l’annuncio di una superstangata da 30 miliardi appena varata dal Consiglio dei ministri e inserita in un decreto prontamente firmato senza fiatare dal nuovo Vittorio Emanuele III, Napolitano.

Una manovra di 18 miliardi di nuove tasse e 12 di tagli alla spesa, destinata per due terzi al “rigore”, cioè alla riduzione del deficit dello Stato, e per un terzo alla cosiddetta “crescita”, quasi interamente basata peraltro sui finanziamenti alle grandi opere divoratrici di risorse e di territo-ri, come l’alta velocità ferroviaria e le autostrade. Mentre anche stavolta non c’è nulla per il Mez-zogiorno e solo briciole per l’oc-cupazione, con gli sgravi fiscali sull’Irap alle imprese che assu-mono giovani e donne. Quanto al “terzo pilastro” della cura Monti, la tanto sbandierata “equità”, non ce n’è neanche l’ombra, dato che tutto il peso della manovra rica-de sulle spalle dei pensionati, dei lavoratori e delle masse popolari, mentre ancora una volta le classi più ricche, l’evasione fiscale e le rendite finanziarie non sono state toccate o solo appena sfiorate.

Non solo infatti (e non aveva-mo dubbi) non c’è la tassa sui grandi patrimoni, ma in corso d’opera è sparito pure, per evi-dente intervento ingiuntivo del neoduce Berlusconi che detiene sempre il pacchetto di maggio-ranza del nuovo esecutivo, persi-no il favoleggiato aumento delle aliquote sui due scaglioni più alti di reddito. Non a caso il segreta-rio del PDL e delfino del neoduce, Alfano, ha rivendicato pubblica-mente su Facebook al suo partito il “merito” di aver impedito l’au-mento dell’Irpef ai redditi alti. Non c’è neanche la “minipatrimoniale” che poteva essere rappresentata da un’Ici progressiva sugli immo-bili, dato che quella che è stata reintrodotta con l’anticipazione dell’Imu (Imposta municipale unica già prevista dal federali-smo fiscale) non è modulata sul valore effettivo di mercato degli immobili ma solo sui vecchi esti-mi catastali rivalutati in maniera indiscriminata, e non tiene conto del reddito né del numero di im-mobili posseduti. E non c’è al-cuna misura corposa di lotta alla scandalosa evasione fiscale che ogni anno sottrae alla collettività una cifra valutata tra i 100 e 200 miliardi di euro, a parte la riduzio-ne da 2.500 a 1.000 euro della soglia massima per i pagamenti in contanti.

Come uniche misure a carico di quel 10% di popolazione che possiede la metà dell’intera ric-chezza, insomma, c’è solo una ri-dicola tassa dell’1,5% sui capitali fatti rientrare in Italia con lo scu-do fiscale al 5%, e una demago-gica “tassa sul lusso” su auto di grossa potenza, barche e velivoli posseduti, che frutterà solo qual-che milione di euro: demagogica e anche inoffensiva, dato che con essa lo Stato fa una sorta di dichiarazione d’impotenza, rinunciando di fatto a indagare

Il PMLI rilanciò con determinazione la parola d’ordine “Giù le mani dalle pensioni” durante la manifestazione nazionale che si tenne a Roma il 6 dicembre 2003 contro la “riforma” delle pensioni del 2° governo Berlusconi (foto Il Bolscevico)

sulla situazione patrimoniale dei proprietari in cambio di un obolo tutto sommato irrisorio per loro. Perfino i vescovi italiani, tramite il presidente della commissione Lavoro della CEI, hanno osserva-to che, pur “necessaria”, la ma-novra “poteva essere più equa”, e che “si poteva fare di più sui redditi alti”.

Stangati solo pensionati e lavoratori

Dei 20 miliardi di “risparmi” tra tagli e tasse ben 15 provengono da due voci principali: pensioni e nuova Ici sulla prima casa. Si tratta cioè di soldi prelevati diret-tamente dalle tasche dei pensio-nati e dei lavoratori. In particolare quelli realizzati sulle pensioni rap-

presentano quanto di più odioso e intollerabile ci si poteva aspet-tare da questo governo di tecno-crati borghesi, un vero esproprio da Robin Hood alla rovescia, che ha tolto alla maggioranza più po-vera e sfruttata della popolazione per salvare i privilegi della mino-ranza più ricca e intoccabile del Paese.

In questo caso non solo non ci sono stati ripensamenti da parte del governo, che si è mostrato sordo e indifferente ad ogni ri-chiamo dei sindacati, non solo della CGIL ma persino di quelli più collaborazionisti come CISL e UIL, ma si è andati persino oltre ogni più pessimistica previsione, con una spietatezza almeno pari alla debolezza e compiacenza mostrate invece verso i più ric-chi.

Con che faccia tosta, infatti, Monti ha potuto definire “sacrifici temporanei, circoscritti e distri-buiti in modo equo”, la sterilizza-zione totale rispetto al costo della vita delle pensioni al di sopra di 935 euro? L’accelerazione del-l’aumento dell’età pensionabile per le donne? L’abolizione di fat-to delle pensioni di anzianità, che costringerà migliaia di lavoratori che erano prossimi alla pensione, specie quelli delle classi ’51-’52, a restare ancora al lavoro per altri 4, 5 o anche più anni? E per di più con l’estensione del metodo con-

tributivo a tutti i lavoratori, infran-gendo arbitrariamente tutte le già punitive controriforme effettuate da quella Dini a oggi?

Ma anche i tagli per 5 miliardi a Regioni ed enti locali, tolti alla sanità, ai trasporti e ai servizi sociali, così come le liberalizza-zioni forzose dei servizi pubbli-ci, per non parlare dell’aumento dell’Iva, ricadranno anch’essi sui lavoratori, i pensionati, le masse popolari in genere. E che dire poi del golpe anticostituzionale sulle Province, con la soppressione delle giunte e la riduzione e il de-classamento dei Consigli provin-ciali, che cancella arbitrariamente e di colpo il voto espresso dagli elettori? Di fatto viene cancellata una delle istituzioni rappresenta-tive borghesi, coerentemente col regime neofascista in vigore che restringe sempre più gli spazi del-la democrazia borghese.

Il plauso della borghesia e dei suoi

reggicodaAltro che sacrifici tempora-

nei! Altro che distribuiti in modo “equo”! Forse circoscritti sì, ma nel senso che sono riservati solo ai pensionati, ai lavoratori e alle masse popolari, e non toccano minimamente la media e grande borghesia e la “casta” dei poli-ticanti borghesi! Non per nulla questa iniqua e devastante ma-novra, che Monti ha battezzato ricattatoriamente “salvaItalia”, e che a seconda delle fonti costerà in media dai 600 ai 1.700 euro a famiglia, è stata subito apprezza-ta dalla UE e dai mercati finanziari internazionali, nonché dalla Bor-sa e dai grandi capitalisti nostrani con tutti i loro reggicoda: “Mano-vra dura ma equilibrata”, l’ha de-finita Montezemolo. “Pesante ma indispensabile per salvare l’Eu-ro”, ha aggiunto la sua succes-sora alla guida di Confindustria, Marcegaglia. “Noi non avremmo rimesso l’Ici, ma su molte parti del provvedimento c’è una netta continuità col nostro governo”, ha sottolineato il presidente dei deputati del PDL, il piduista Cic-chitto. “Medicina amara ma ne-cessaria”, ha chiosato il rinnega-to D’Alema. E il veltroniano Tonini gli ha fatto eco: “Il governo Monti

ha fatto la cosa giusta”.Anche Monti, nel presenta-

re la manovra in parlamento il 5 dicembre, ha voluto sottolinea-re la continuità con la politica di Berlusconi, avvertendo che “questo è un primo passo, è solo l’inizio”. Il prossimo sarà sul mer-cato del lavoro e la disciplina dei licenziamenti : “E ora all’attacco dell’articolo 18”, titolava infatti il fogliaccio neofascista Libero del 6 dicembre.

Questa micidiale stangata non si può “migliorare”, ma solo respingere e affossare. Il PD, come si è visto, è per metà com-pletamente appiattito su Monti, e quanto al liberale Bersani si limita a menare il can per l’aia bofonchiando di “modificare un pochino la manovra” e cercando così di farla ingoiare alla base in-furiata del suo partito senza farsi troppo male e rimetterci la testa.

Del resto è molto probabile che Monti metta la fiducia sul provve-dimento, come gli ha consigliato lo stesso Berlusconi, che sem-bra essersi ritagliato il ruolo di premier occulto: tant’è vero che Monti, con un clamoroso lapsus freudiano, lo ha appellato in aula “il presidente del Consiglio Berlu-sconi”.

Anche la segretaria della CGIL, Camusso, pur respingendo la manovra, appare incerta sulla risposta da dare, continuando a inseguire a destra i due leader sindacali collaborazionisti Bo-nanni e Angeletti per implorare da loro “un’iniziativa comune”. I quali, per coprirsi, non hanno potuto fare a meno di criticare la manovra, ma più che respinger-la chiedono di “discuterla” col governo, e intanto continuano con le azioni scissioniste contro la CGIL e provocatorie contro la FIOM in sede di trattativa con la Fiat, e si limitano a proclamare uno sciopero di facciata di due ore per conto proprio.

Perciò solo scendendo im-mediatamente in piazza, come hanno fatto subito i metalmecca-nici della FIOM e gli operai della Piaggio, la classe operaia, i pen-sionati, gli studenti e tutte le mas-se lavoratrici e popolari, possono fermare il massacro sociale che il governo del tecnocrate borghese Monti intende portare avanti in

perfetta continuità con quello di Berlusconi. La CGIL ha procla-mato uno sciopero di 4 ore per il 12 dicembre. Non basta, occorre proclamare subito uno sciopero generale nazionale di 8 ore, se possibile unitario altrimenti anche della sola CGIL, con manifesta-zione a Roma sotto Palazzo Chi-gi, per sturare le orecchie a Monti e fargli ben capire che i pensiona-ti e i lavoratori non accettano di pagare la crisi dei capitalisti.

Queste le misure contenute nella superstangata di Monti da affossare con la lotta:

PENSIONIAumento dell’età

pensionabileDal prossimo anno l’età pen-

sionabile minima per le lavoratri-ci nel settore privato aumenta di due anni in un colpo solo, dagli attuali 60 a 62 anni. È vero che, come ha detto la ministra For-nero, l’aumento ingloba quello di un anno già previsto col vecchio meccanismo e anche le finestre mobili (abolite per tutti), per cui l’incremento effettivo sarebbe pari a zero. Ma ammesso che sia una consolazione, ciò si può dire solo per il 2012. Per gli anni suc-cessivi sono previsti infatti altri aumenti, per cui si raggiungeran-no i 66 anni già nel 2018: ossia la parità con gli uomini e le donne del settore privato, che attual-mente vanno in pensione di vec-chiaia a 66, si raggiungerà con ben 8 anni di anticipo rispetto al meccanismo attuale già penaliz-zato dai tagli di Berlusconi, che prevedeva tale parificazione nel 2026, a 67 anni. Tutto ciò fermo restando gli aumenti che saranno calcolati in base all’aspettativa di vita calcolata dall’Istat, che per il 2013 incrementerà di altri tre mesi l’età pensionabile.

Per le donne è prevista una “fascia di flessibilità” per il pen-sionamento tra 63 e 70 anni, mentre per gli uomini (e le donne del settore pubblico) tale fascia è prevista tra i 66 e i 70 anni. Da notare che con questa contro-riforma l’Italia sorpassa di gran lunga la tanto decantata “virtuo-sità” dei maggiori paesi europei, visto che in Germania, per esem-pio, l’età pensionabile arriverà a 65 anni nel 2013 e a 66 e sei mesi solo nel 2027, quando invece in Italia ci arriveremo già nel 2013.

Abolizione delle pensioni di anzianità

A sancire la loro abolizione di fatto in quanto tali il governo le ha volute perfino ribattezzare: si chiameranno “pensioni antici-pate”, a sottolineare la loro ec-cezionalità e transitorietà rispet-to a quelle uniche di vecchiaia controriformate. Sparisce infatti il meccanismo delle quote, età anagrafica più anni di contribu-zione, che attualmente valeva 96 (60 anni di età + 36 di contri-buti, oppure 61+35 e così via), e che si ipotizzava di elevare fino a 100. Qui siamo andati oltre tutte le peggiori ipotesi avanzate ne-

gli ultimi mesi, in quanto è stato abolito anche il diritto sacrosanto di andare in pensione al raggiun-gimento di 40 anni di anzianità contributiva, indipendentemente dall’età. Dal 2012 si potrà andare in “pensione anticipata” (rispetto all’età minima di 66 per gli uo-mini e 62 per le donne) solo con 42 anni e un mese di contributi per gli uomini e di 41 e un mese per le donne (6 mesi in più per gli autonomi), e a salire di un mese all’anno fino al 2014. Inoltre l’importo dell’assegno verrà de-curtato del 2% per ogni anno di anticipo rispetto all’età minima. E senza nemmeno uno straccio di meccanismo compensativo per i lavori usuranti. Va aggiunto che gli anni di lavoro in più non por-teranno neanche significativi van-taggi sull’importo della pensione, perché saranno calcolati col me-todo contributivo.

Contributivo per tuttiSparisce il sistema retributivo

(pensione calcolata sulla media delle retribuzioni degli ultimi anni di lavoro), che valeva finora per i lavoratori che avevano almeno 18 anni di contributi all’epoca della controriforma Dini (1995). Dal 2012 varrà solo il sistema contributivo per tutti (calcolo della pensione esclusivamente in base ai versamenti effettuati). Per i lavoratori che usufruivano interamente del vecchio sistema retributivo si passerà quindi, ad esaurimento, ad un sistema mi-sto retributivo (per gli anni fino al 2011), e contributivo pro-rata (per gli anni dal 2012), come quello già in vigore per i lavoratori che nel 1995 avevano meno di 18 anni di contributi. Si tratta della classica perequazione al trattamento più basso, cioè quello fornibile da qualunque assicurazione specu-lativa privata in base al mercato capitalistico, dopo essere stati strizzati come limoni, che la For-nero ha la faccia tosta di presen-tare come una misura di “giusti-zia” sociale per tutti i lavoratori.

A partire dall’anno prossimo saranno inoltre aumentati pro-gressivamente i contributi previ-denziali a carico di artigiani, com-mercianti e agricoltori.

Blocco dell’indicizzazione delle pensioni

Per i prossimi due anni ci sarà la sterilizzazione totale della ri-valutazione rispetto all’inflazione per le pensioni al di sopra del doppio delle pensioni minime, cioè per gli assegni superiori a 935 euro mensili. Si tratta di una misura sfacciatamente iniqua e vampiresca, una vera “tassa sulla povertà”, come l’ha giustamente chiamata la CGIL, per fare im-mediatamente cassa sulla pelle delle masse popolari più deboli e svantaggiate. Un’estorsione che le lacrime di coccodrillo del-la Fornero e la furbata di Monti nel sottolineare che le risorse per “graziare” le pensioni sotto il doppio delle minime arriveranno

SEGUE IN 3ª �

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N. 45 - 15 dicembre 2011 governo monti / il bolscevico 3I NUOVI GOVERNANTI SONO TUTTI QUADRI DEL SISTEMA CAPITALISTICO E DELLE SUE ISTITUZIONI

Spartiti tra destra e “sinistra” del regime i posti di viceministri e di sottosegretario

Grilli, uomo di Tremonti, nominato viceministro all’economia.Patroni Griffi , capo di gabinetto con Brunetta, piazzato alla guida del dicastero di Palazzo Vidoni

DIVERSI CONFLITTI DI INTERESSICon l’ultima infornata di vice-

ministri e sottosegretari nomina-ti il 29 ottobre, il governo della grande finanza, della Ue e della macelleria sociale, guidato dal liberista Monti è ora al gran com-pleto.

Tutto si è svolto nel corso di un consiglio dei ministri lampo, durato appena venti minuti, ma cominciato con oltre un’ora di ritardo proprio per rispettare alla lettera il vecchio manuale “Cen-celli” affidando al capo di gabinet-to di Renato Brunetta il ministero della Funzione Pubblica che era rimasto in carico alla presidenza del Consiglio.

Ai 18 ministri (più il premier Monti) si affiancano 3 viceministri e 25 sottosegretari (di cui 4 pres-so la Presidenza del Consiglio) tutti nominati secondo la vec-chia e vergognosa logica spar-titoria dettata dalle varie cosche parlamentari che fanno capo sia alla destra che alla “sinistra” del regime neofascista; tutti accura-tamente scelti tra l’intellighenzia del sistema capitalistico, delle sue istituzioni in camicia nera, dell’alta Finanza, con strettissimi legami col Vaticano e in barba non solo ai molteplici ed evidenti conflitti di interessi che riguarda-no molti di loro ma perfino sen-za tener conto della loro fedina penale visto che alcuni sono dei corrotti, plurinquisiti e condannati nel recente passato per reati le-gati a Tangentopoli e qualcuno

è tuttora implicato nelle peggiori inchieste in corso di svolgimento come ad esempio quella inerente lo scandalo di Finmeccanica.

Altro che “governo serio, so-brio e trasparente” come ha af-fermato vergognosamente Monti. Altro che “governo di salvezza per l’Italia”, di cui cianciano gli ex falsi oppositori di Berlusconi con alla testa il PD. Questo, come ha confessato lo stesso Monti du-rante il suo discorso per la fiducia al Senato, è un governo nato per “soddisfare le richieste delle forze politiche e, al contempo, dare ri-sposte efficaci alle gravi sfide che il nostro Paese ha di fronte a sé” ossia salvaguardare gli interessi e i profitti del grande capitale e dell’alta finanza mandando lette-ralmente al macello i lavoratori e i pensionati. Infatti sono proprio i ministri e la loro pletora di vice e sottosegretari che gestiscono materialmente e decidono le no-mine, gli appalti, i finanziamenti pubblici e soprattutto gli ambiti incarichi per le cosiddette consu-lenze che di fatto rappresentano un vero e proprio sistema di cor-ruzione e elargizione di tangenti.

E se il buon giorno si vede dal mattino, è sicuro che per le mas-se popolari, sfruttate e oppresse si preparano giorni davvero bui.

Il caso più eclatante riguar-da Vittorio Grilli, benvoluto da Monti, uomo di fiducia di Giulio Tremonti e sponsorizzato dalla Lega Nord che lo voleva come

successore di Mario Draghi alla guida della Banca d’Italia. Grilli si è messo appositamente in aspet-tativa dalla carica di direttore generale del Tesoro, per diven-tare viceministro dell’Economia e quindi il braccio destro di Monti in via XX Settembre.

Nato a Milano il 19 maggio 1957, Grilli ha conseguito una laurea in Discipline Economiche e Sociali all’Università Bocconi e un Doctor of Philosophy (titolo accademico riconosciuto a livello internazionale) in Economics al-l’University of Rochester di New York. Prima di approdare al Teso-ro, Grilli è stato da luglio 2002 a maggio 2005, Ragioniere genera-le dello Stato e poi, dal dicembre 2005, presidente della Fondazio-ne Istituto Italiano di Tecnologia.

Dal 2001 al 2002 è stato Ma-naging Director alla Credit Suisse First Boston di Londra. E, anco-ra prima, dal 1994 al 2000, capo della Direzione I - Analisi Econo-mico-Finanziaria e Privatizzazioni - del Dipartimento del Tesoro, Ministero del Tesoro, Bilancio e Programmazione Economica. Insomma, una vita passata a Via XX Settembre. Dove è ap-prodato dopo una lunga paren-tesi all’estero: dal 1986 al 1990 è stato Professore al Diparti-mento di Economia alla Yale University, negli Usa; dal 1990 al 1994 è stato il “Woolwich Pro-fessor of Financial Economics” all’Università di Londra, Birkbeck

College, in Gran Bretagna.Grilli è attualmente anche

presidente dell’Efc (Economic Financial Committee), dell’Efsf (European Financial Stability Fa-cility). E ancora membro dell’Esrb (European Systemic Risk Board) e membro del Board dell’Euro-pean think tank Bruegel (Brus-sels European Global Economic Laboratory), oltre che membro dell’Aspen Institute Italia. È poi componente dei consigli di Am-ministrazione di Cassa Depositi e Prestiti; Fondazione Istituto Na-zionale di Genetica Molecolare - Ingm; Scuola Superiore Sant’An-na di Pisa. Ed è stato Presidente del Fsc - Comitato per i Servizi Finanziari del Consiglio Europeo, oltre che commissario Unico del-la Fondazione “Istituto Italiano di Tecnologia” dal marzo 2004 a ottobre 2005. È stato inoltre chairman dell’Oecd Privatisation Network e consigliere di ammi-nistrazione in numerose società quotate e non.

Nella lista dei nuovi governanti c’è anche un nuovo ministro, Fi-lippo Patroni Griffi, si veda l’arti-colo a parte.

Tra i tanti spicca anche il fer-rovecchio, democristiano, ricicla-to nel PD, Giampaolo Vittorio D’Andrea che, insieme a Anto-nio Malaschini, l’uomo di fidu-cia di Schifani, è stato nominato sottosegretario alla Presidenza del Consiglio per i Rapporti con il Parlamento.

“dai proventi derivanti dal bollo sullo scudo fiscale”, hanno reso ancor più disgustosa e ipocrita. Soddisfatta la Marcegaglia: “Ora abbiamo il miglior sistema pen-sionistico europeo”.

CASAAnche la stangata sulla casa,

tramite il ripristino dell’Ici sulla prima abitazione, è andata al di là delle ipotesi peggiori circolate nei giorni scorsi. Si parlava in-fatti di una rivalutazione “secca” delle rendite catastali (la base su cui viene applicata l’Ici) intorno al 10-20%, e invece il governo ha applicato un aumento indiscri-minato di ben il 60%. Tanto che dai 3-5 miliardi di euro di gettito ipotizzati siamo arrivati addirit-tura a 11, interamente trattenuti dallo Stato, circa il 60% dei 18 miliardi di nuove entrate previste dall’intera manovra. La nuova im-posta, che incorpora la vecchia Ici e si chiamerà Imu (Imposta municipale unica, già prevista dal federalismo fiscale e anticipa-ta al 2012), sarà del 4 per mille, e costerà in media almeno 400 euro l’anno ai proprietari di prime case: circa il doppio della vecchia imposta comunale sugli immobi-li, proprio grazie alla massiccia rivalutazione degli estimi; che oltretutto, essendo generalizzata, non fa distinzioni tra case effetti-vamente popolari ed ex popolari ristrutturate a case di lusso, dato che per una revisione veramente equa degli estimi occorrerebbero diversi anni.

Anche questo, quindi, è un provvedimento per fare subito cassa sulla pelle dei lavoratori e

delle masse popolari. Esclusa na-turalmente la chiesa, che continua ad essere esentata dall’Ici anche dopo questo provvedimento: “È una questione che non ci siamo posti”, ha dichiarato impassibile Monti ai giornalisti stranieri che glielo avevano chiesto.

L’“equità” è affidata unica-mente ad una detrazione di 200 euro per le prime case, mentre per le seconde case e oltre l’ali-quota sarà del 7,6 anziché del 4 per mille. Non c’è quindi nessuna progressività in base al reddito e al numero di case possedute. Ai comuni sono riservati i proventi dell’eventuale applicazione di un aumento dell’aliquota fino al 2 per mille. Potranno anche varia-re la detrazione di 200 euro “fino a concorrenza dell’ammontare”, e considerato i tagli che hanno subito è scontato che vi faranno tutti ricorso, aggravando il peso della nuova tassa sulle famiglie.

REGIONI ED ENTI LOCALI

Regioni, Province e Comuni subiranno tagli ai trasferimenti per 5-6 miliardi, di cui 3 miliardi circa a carico delle Regioni taglia-ti alla spesa sanitaria, 1,5 miliardi a carico dei Comuni e 415 milioni alle province. A compensazione le Regioni potranno aumenta-re l’addizionale Irpef dallo 0,9 all’1,23%. Potranno anche appli-care un’accisa sulla benzina di 1 centesimo al litro per sostenere il trasporto pubblico.

Le Province subiranno un drastico ridimensionamento, in attesa della loro soppressione con legge costituzionale, con l’abolizione delle giunte e la ri-duzione del Consigli provinciali

a solo 10 membri, per di più non eletti direttamente dal popolo ma nominati dai Consigli comunali: rimarrebbe cioè in carica solo un presidente con pieni poteri e un Consiglio nominato dai neopode-stà comunali. Un’assurdità anti-costituzionale.

MISURE PER LA COSIDDETTA “EQUITA’”

Mentre in ossequio al veto del neoduce Berlusconi in que-sta manovra è sparito del tutto il ventilato aumento delle aliquote Irpef del 41 e del 43% sui redditi rispettivamente sopra i 55 e i 75 mila annui, così come non c’è neanche l’ombra della patrimo-niale, e men che meno il recupero di 16 miliardi dall’asta (gratuita) sulle frequenze televisive, il go-verno ha introdotto alcune irriso-rie misure di facciata per far in-goiare a Bersani il rospo dei tagli alle pensioni e il ripristino dell’Ici sulla prima casa. Tra queste una ridicola imposta dell’1,5% sui capitali esportati illegalmente al-l’estero e già scudati al 5% con garanzia di anonimato, una tassa “sul lusso” su auto di potenza su-periore a 170 KW, sulle barche ol-tre i 10 metri di lunghezza e sugli aerei privati, e l’aumento dell’im-posta di bollo su conti correnti, ti-toli, assicurazioni sulla vita e altri strumenti finanziari, che Monti ha avuto la faccia tosta di chiamare “piccola patrimoniale”.

Quanto alla lotta all’evasione fiscale ci si riduce ad abbassare a 1.000 euro il limite per l’utilizzo del contante nei pagamenti, sen-za però prevedere l’abolizione o la riduzione delle commissioni sull’uso delle carte di credito. Quanto ai tagli agli scandalosi

privilegi della “casta” dei poli-ticanti borghesi, tutto quel che Monti è stato capace di fare, oltre al taglio alle province e ai compo-nenti delle Authority, è la rinuncia al proprio doppio appannaggio di premier e di ministro dell’Econo-mia, e la “trasparenza” nelle di-chiarazioni patrimoniali dei propri ministri.

LIBERALIZZAZIONI, GRANDI OPERE, IVASi inizia con la liberalizzazione

delle farmacie. I farmaci a paga-mento della fascia C potranno essere venduti anche nelle pa-rafarmacie. Saranno modificate, per una liberalizzazione totale, anche le regole per l’apertura di nuove farmacie e negozi. Libera-lizzati anche i trasporti e gli orari e i giorni di apertura di negozi e supermercati. Rafforzati i poteri dell’Antitrust per imporre ai Co-muni, entro i prossimi 90 giorni, le liberalizzazioni forzose dei servizi pubblici. Sarà dato immediata-mente il via ad una nuova ondata di cementificazione del territorio, attraverso lo sblocco dei finan-ziamenti per 5 miliardi destinati alle grandi opere, TAV e nuove autostrade in primis. Da settem-bre 2012 le aliquote Iva del 10 e del 21% saranno aumentate rispettivamente al 12 e al 23%. Una clausola di salvaguardia nel caso non dovessero entrare in vigore i tagli lineari alle detrazio-ni ed agevolazioni fiscali previsti dalla delega fiscale della manovra Tremonti dello scorso luglio. Con il blocco delle indicizzazioni delle pensioni questa misura stringerà una tenaglia micidiale alla gola degli strati più poveri della popo-lazione.

� DALLA 2ª

Nato a Potenza, classe 1949, laureato in storia e insegnante della stessa materia presso l’Uni-versità degli Studi della Basilica-ta, è un vecchio volpone politico.

È stato eletto deputato nel 1992 tra le file della Democrazia Cristiana è stato poi incollato alla poltrona di sottosegretario ai beni ed alle attività culturali nel primo governo D’Alema, nel secondo governo D’Alema e nel secon-do governo Amato. Nel 2001 ha aderito alla Margherita e ottenne un seggio al Senato.

Nella XIV legislatura è stato membro della VII commissione (beni culturali) e componente della commissione di vigilanza sui servizi radiotelevisivi, di cui fu anche vicepresidente dal 2003 al 2006. Ha fatto parte del secondo governo Prodi in qualità di sotto-segretario alle Riforme Istituziona-li ed ai Rapporti con il Parlamento prima di essere attivo fondatore del Partito Democratico, del qua-le è stato responsabile nazionale del settore Ricerca, nell’ambito del Dipartimento Educazione.

Poi c’è Gianluigi Magri, ex deputato dell’UDC e membro dell’Agcom, nominato sottose-gretario alla Difesa e anch’egli, come D’Andrea, ostenta una fal-sa verginità politica solo perché non è stato ricandidato alle ultime elezioni.

Al Tesoro, come sottosegreta-ri, arrivano anche Vieri Ceriani, già a capo dei servizi fiscali di Bankitalia, e Gianfranco Polillo, area PDL.

Corrado Passera, allo Svilup-po economico, viene affiancato dal viceministro con delega alle Infrastrutture Mario Ciaccia, at-tuale amministratore delegato di Biis, società controllata da Intesa San Paolo, quindi un altro espo-nente della grande finanza che accresce ancora di più il conflitto di interesi che li riguarda.

Romano di 64 anni, ex magi-strato della Corte dei Conti con numerosi incarichi al fianco di diversi ministri. Una nomina a dir poco discutibile per il ruolo rico-perto da Ciaccia negli ultimi nove anni alla Banca Intesa Sanpaolo, a stretto contatto con il ministro Passera che l’ha voluto come suo vice. Non solo dalla poltrona di governo che occupa Ciaccia sarà chiamato a gestire operazioni da lui progettate e lanciate come nu-mero uno della Banca Infrastrut-ture Innovazione e Sviluppo (Biis), la controllata di Intesa Sanpaolo “dedicata al servizio di tutti gli at-tori, pubblici e privati, che colla-borano alla realizzazione di grandi infrastrutture e servizi di pubblica utilità” e che Ciaccia ha guidato fino a pochi giorni fa. La Biis ha in portafoglio finanziamenti per 41 miliardi di euro, 33 dei qua-li sono prestiti fatti alla pubblica amministrazione e alle cosiddette “public utilities”. Solo la Regione Lazio è stata finanziata per oltre 2, 5 miliardi. Idem il Ministero del-la Difesa, che con i soldi di Biis si è comprato i nuovi caccia e le fregate di Fincantieri. In sostanza, ogni 100 euro di debito pubblico, 2 sono prestiti fatti da Ciaccia, che adesso siede nel governo che quei debiti deve pagare. Inol-tre la Biis sta partecipando con 3 miliardi di euro al finanziamento delle grandi infrastrutture, con prestiti che i realizzatori, attra-verso il cosiddetto “project finan-

cing”, dovrebbero ripagare allo Stato con i profitti realizzati nella gestione delle opere. Ciaccia è il regista di alcune tra le maggiori operazioni. Dalle autostrade lom-barde, alla Salerno Reggio Cala-bria, dal Quadrilatero stradale tra Marche e Umbria al Terzo Valico ferroviario Genova-Milano fino alla nuova piattaforma Maersk di Vado e poi ancora ai progetti per il porto di Trieste, gli interventi ur-banistici come quelli già realizzati per la Fiera di Milano o l’Eur di Roma, gli aeroporti di mezza Ita-lia, i progetti per eolico e solare, acquedotti e termovalorizzatori.

In tutto ciò è coinvolta più o meno direttamente la Biis e Ciaccia come vice ministro potrà garantirne da un lato la spedita realizzazione e, dall’altro, qualora le infrastrutture non si rivelasse-ro redditizie, garantirà comunque il saldo dei lavori coi soldi dello Stato.

Sponsorizzato dall’ex ministro Matteoli, che lo avrebbe voluto alle Infrastrutture proprio al posto di Ciaccia, Franco Braga, area PDL, è stato invece dirottato alle Politiche agricole alimentari e fo-restali.

Specialista in antisismica, ro-mano, classe 1943, ordinario di Tecnica delle Costruzioni presso la Facoltà di Ingegneria dell’Uni-versità della Basilicata a Potenza, mentre dal ’99 è titolare dell’inse-gnamento di Costruzioni in zona sismica presso il Dipartimento di Ingegneria Strutturale e Geotec-nica della Facoltà di Ingegneria dell’Università “La Sapienza”.

Insomma con Ciaccia e Barga, Monti ha voluto accontentatre sia Matteoli, che comunque ha avuto il suo sottosegretario, sia il neo-ministro Passera e tutto il conflit-to di interessi che egli e il suo vice rappresentano.

All’Infrastrutture e Trasporti Ciaccia avrà al suo fianco il sot-tosegretario Guido Improta, 45 anni, già vice capo di gabinetto di Francesco Rutelli ai Beni cul-turali, quindi targato Api ma so-prattutto piazzato dal presidente Roberto Colaninno il 10 febbraio 2009 a capo delle relazioni istitu-zionali di Alitalia con “l’obiettivo di favorire la tutela degli interes-si del Gruppo presso le autorità nazionali, le istituzioni centrali e le amministrazioni locali”. Insomma un altro bel conflitto di interessi; perché Improta gestendo la de-lega all’aviazione civile potrebbe “favorire la tutela degli interessi” dell’Alitalia a scapito dell’interes-se pubblico.

Improta insomma è l’uomo di Rutelli. Negli anni ’90 è entrato nella squadra dell’allora sindaco di Roma, come direttore dell’Apt (azienda di promozione turisti-ca). All’inizio del 2006 è entrato in Alitalia, ma pochi mesi dopo è andato in aspettativa per seguire Rutelli come capo di gabinetto al ministero dei Beni culturali. Dopo la caduta del governo Prodi, a fine 2008 è tornato al suo impiego, affiancando Colaninno nel lancio della nuova Alitalia, operazione che ha avuto come grande regi-sta l’allora numero uno di Intesa Sanpaolo, Corrado Passera, che ora può chiudere il cerchio ritro-vando Improta come suo vice ai Trasporti.

SEGUE IN 4ª �

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4 il bolscevico / governo monti N. 45 - 12 dicembre 2011

Il terzo viceministro al Lavoro e alle Politiche sociali è Michael Martone, figlio del presidente del Civit Antonio Martone, professo-re di diritto del Lavoro non ancora quarantenne, già consulente di Renato Brunetta e vicino all’as-sociazione Italia Futura di Luca Cordero di Montezemolo. Nel novembre del 2010 Michel è sa-lito agli “onori” della cronaca per la scandalosa consulenza d’oro da 40 mila euro assegnatagli da Brunetta.

Allo stesso ministero del Wel-fare in qualità di sottosegretario è stata nominata Maria Cecilia Guerra, riconducibile all’area PD.

Alla Giustizia Berlusconi si è voluto certamente cautelare con due sottosegretari: Salva-tore Mazzamuto, già consigliere giuridico del ministro Angelino Alfano per la riforma del codice civile. Ordinario a Roma 3 ed ex consigliere laico del Csm, è stato presentato a Berlusconi da Fi-lippo Mancuso. Insieme a lui ci sarà Andrea Zoppini, giovane rampante della scuderia Monti (ha 46 anni), benvoluto anche nei piani alti del Quirinale, ordinario alla Facoltà di Giurisprudenza di Roma 3, è stato consulente giu-ridico di Palazzo Chigi nel gover-no Berlusconi e insieme al suo collega, Giulio Napolitano (figlio del Capo dello Stato), ha scritto il libro “Le autorità al tempo della crisi”. Un titolo a dir poco profe-tico!

Di nomina Quirinalizia anche i due sottosegretari alla presiden-za del Consiglio: Paolo Peluffo, consigliere alla Corte dei Con-ti, ex portavoce di Ciampi, già consulente alla presidenza del Consiglio per i 150 anni dell’Unità d’Italia, ora è il nuovo responsa-bile comunicazione del governo; mentre Carlo Malinconico sarà

il “capo” degli editori della Fieg a palazzo Chigi con delega all’Edi-toria.

Agli Affari esteri il PD è riuscito a piazzare, Marta Dassù, ex con-sigliera diplomatica di D’Alema, che sarà affiancata da Staffan De Mistura, altra nomina riferibi-le a Napolitano.

All’Interno ci saranno Carlo De Stefano, Giovanni Ferrara, capo della procura di Roma, area PDL, e Saverio Ruperto, area UDC.

Alla Difesa diventa sottose-gretario Filippo Milone, ex capo segreteria e consigliere per la po-litica industriale del ministro La Russa, coinvolto nell’inchiesta sulle nomine, fondi neri, appalti e tangenti di Finmeccanica.

Milone, che fra l’altro è anche consigliere di Ansaldo Sts che fa capo a Finmeccanica, è al centro di una conversazione telefonica fra Lorenzo Borgogni, ex direttore centrale delle relazioni istituzio-nali di Finmeccanica, con Marco Forlani, dirigente del gruppo. Nel-la intercettazione i due manager parlavano di un contributo solle-citato dallo stesso Milone in oc-casione della convention del PDL a Milano del 2010.

Manager del gruppo Ligre-sti, Milone è da sempre legato a doppio filo coi boss politici e i potentati economici di Paternò, la cittadina in provincia di Cata-nia, di cui sono originari appunto i Ligresti e i La Russa. Nel periodo di Tangentopoli ha subìto anche una condanna penale (un anno e sette mesi) cancellata con la riabilitazione. Anche suo fratello Giuseppe è targato La Russa e siede nel consiglio provinciale di Milano per il PDL. E pure lui lavo-ra per Ligresti. Nei primi anni No-vanta Milone è finito più volte in tribunale, da imputato, ed è sta-to anche arrestato. Furono solo poche ore nell’ottobre del 1992, quando i Pm di Torino indagava-no su di lui per turbativa d’asta

Funzione pubblica e semplifi cazione

FILIPPOPATRONI GRIFFI

A dodici giorni dall’insedia-mento del governo Monti è stato nominato un nuovo ministro, il di-ciottesimo. È Filippo Patroni Grif-fi, area PDL, esperto di diritto e processo amministrativo oltreché di organizzazione del lavoro pub-blico, che da capo di gabinetto di Renato Brunetta, prende le redini del nuovo dicastero della Funzio-

ne pubblica e semplificazione.Patroni Griffi, 56 anni, laurea

in giurisprudenza all’Università Federico II di Napoli, magistra-to, presidente di sezione del Con-siglio di Stato, ha ricoperto a lun-go l’incarico di capo dell’Ufficio legislativo del ministero della fun-zione pubblica con i ministri Sa-bino Cassese (governo Ciampi), Giovanni Motzo (governo Dini), Franco Bassanini (primo gover-no Prodi, governo D’Alema II e secondo governo Amato) e Fran-co Frattini (secondo governo Ber-lusconi). È stato poi capo di gabi-netto della Funzione pubblica con il ministro Renato Brunetta (ter-zo governo Berlusconi) e capo del Dipartimento affari giuridici e le-gislativi della presidenza del con-siglio nel secondo Governo Prodi. È stato anche Segretario genera-le dell’Autorità del Garante per la protezione dei dati personali.

Patroni Griffi lascia il posto di commissario della Commissio-ne per la Valutazione, l’Integrità e la Trasparenza (Civit), istitui-ta da Brunetta. Secondo l’ex mi-nistro berlusconiano, Griffi: “è il più bravo che c’è”. Tant’è che per salvaguardare la poltrona di Grif-fi si inventò il “comma 12-decies” secondo cui i dipendenti pubbli-ci (come appunto il neo ministro Griffi, magistrato al Consiglio di Stato) che sono anche membri del-la Civit non sono più obbligati a lasciare il loro incarico nella pub-blica amministrazione. Un incari-co tra l’altro anche ben retribuito con 150 mila euro lordi in più ogni anno.

IL DISSENSO DI BELLAVITA SUL DOCUMENTO

DEL CC DELLA FIOM

“Manca un giudizio di

netto contrasto sulle misure del governo

Monti”È positivo che la FIOM

“abbia deciso di effettuare il 16 dicembre una giornata di mobilitazione nazionale con-tro il modello Marchionne”. È quanto ha affermato Sergio Bellavita, segretario nazionale della FIOM-CGIL, Però “non condivido – ha aggiunto – che nel documento approvato al termine dei lavori, manchi un giudizio di netto contrasto rispetto alle pesanti misure contro il lavoro che il governo Monti si appresta a varare”.

e abuso d’ufficio per le tangenti all’ospedale Asti. Nel 1997 è ar-rivata la condanna definitiva in Cassazione, poi cancellata con la riabilitazione. A Padova è sta-to coinvolto nel processo per le mazzette sui lavori per il tribuna-le. A Milano è stato tirato in ballo nell’indagine sulla corruzione per le licenze edilizie nell’area Portel-lo. A Napoli per le tangenti per il metrò.

Ciononostante Milone riesce a conservare la poltrona nel con-siglio di molte aziende legate ai

Ligresti come la Progestim e la Saiagricola, che gestisce i vigneti di Montepulciano della Fondia-ria assicurazioni. Non solo, nel 2005 il camerata La Russa, per la quota spettante ad Alleanza Na-zionale, lo fa nominare nel con-siglio di amministrazione delle Poste dove Milone rimane fino al maggio 2008 per poi passare al ministero della Difesa quando La Russa ne assume il dicastero.

Allo Sviluppo Economico sono stati nominati Claudio De Vincenti, Area PD, e Massimo

Vari, sponsorizzato apertamente da Gianni Letta.

All’Ambiente, tutela del ter-ritorio e del mare ci sarà Tullio Fanelli.

Sottosegretario alla Salute sarà Adelfio Elio Cardinali, radiologo di Palermo ma soprattutto marito di Annamaria Palma, capo della segreteria del presidente del Se-nato Renato Schifani nonché ex procuratore capo di Palermo.

L’Istruzione, Università e Ri-cerca, sarà di Elena Ugolini, area PDL, legata a doppio filo col Vati-

cano e vicina a Comunione e libe-razione; al suo fianco il “maestro di strada”, Marco Rossi Doria, area PD, figlio del “meridionali-sta” Manlio, già ben inserito nei piani alti di Viale Trastevere e in organizzazioni internazionali con diversi incarichi di rilievo.

Ai Beni e Attività culturali arriva Roberto Cecchi. La sua nomina è stata fortemente caldeggiata da Montezemolo e da una par-te del PD. Nonostante gli inviti, Cecchi, che fino a poco tempo fa era schierato col sottosegretario PDL Francesco Giro, ha rifiutato di dimettersi dalla carica di segre-tario generale del ministero. Ora ha cambiato cavallo ed è passato alla corte del presidente del con-siglio superiore dei Beni culturali, l’ex PCI Andrea Carandini, suo garante presso il PD.

Come commissario straordi-nario dell’area archeologica di Roma, Cecchi si è rivelato come il non plus ultra delle privatizza-zioni avendo promosso e cu-rato personalmente la svendita del Colosseo alla Tod’s di Diego Della Valle. Inoltre in qualità di di-rettore generale, Cecchi è stato indagato per abuso d’ufficio dalla Procura di Roma per aver tolto nell’autunno del 2009 il vincolo a un mobile settecentesco, contro il parere dell’Ufficio legislativo del Ministero, per favorirne la vendita e quindi “non agendo nell’esclu-sivo interesse dello Stato”. Inoltre Cecchi è coinvolto nella vicenda del crocifisso falsamente attribui-to a Michelangelo, acquistato dal ministero sotto Sandro Bondi che ha sperperato 3 milioni e 250 mila euro dei contribuenti per un’ope-ra anonima valutata circa 50.000 euro.

Non solo, Cecchi è stato tirato in ballo anche in merito alla frode fiscale dal oltre 3 miliardi di euro per cui è stato arrestato nel giu-gno scorso il suo amico ed edito-re, Armando Verdiglione, già finito in cella per una storia analoga a cavallo degli anni ’80.

� DALLA 3ª

La composizione del governo MontiPresidente del Consiglio: Mario MONTI Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio Antonio CATRICALÀ (segretario del Consiglio dei Ministri)Giampaolo D’ANDREA (Rapporti con il Parlamento)Antonio MALASCHINI (Rapporti con il Parlamento)Carlo MALINCONICO (Editoria)Paolo PELUFFO (Informazione e Comunicazione)

Ministri con portafoglioAffari Esteri Ministro: Giuliomaria TERZI DI SANT’AGATASottosegretario: Marta DASSÙ, Staffan DE MISTURA

Interno Ministro: Anna Maria CANCELLIERI Sottosegretario: Carlo DE STEFANO, Giovanni FERRARA, Saverio RUPERTO

Giustizia Ministro: Paola SEVERINO DI BENEDETTOSottosegretario: Salvatore MAZZAMUTO, Andrea ZOPPINI

Difesa Ministro: Giampaolo DI PAOLASottosegretario: Filippo MILONE, Gianluigi MAGRI

Economia e Finanze Ministro: Mario MONTIVice Ministro: Vittorio GRILLISottosegretario: Vieri CERIANI, Gianfranco POLILLO

Sviluppo Economico e Infrastrutture e Trasporti Ministro: Corrado PASSERAVice Ministro: Mario CIACCIA (Infrastrutture e Trasporti) Sottosegretario: Guido IMPROTA (Infrastrutture e Trasporti)Sottosegretario: Claudio DE VINCENTI, Massimo VARI (Sviluppo Economico)

Politiche Agricole, Alimentari e Forestali Ministro: Mario CATANIASottosegretario: Franco BRAGA

Ambiente, Tutela del Territorio e del Mare Ministro: Corrado CLINISottosegretario: Tullio FANELLI

Lavoro e Politiche sociali con delega alle Pari opportunità Ministro: Elsa FORNEROVice Ministro: Michel MARTONE Sottosegretario: Cecilia GUERRA

Istruzione, Università e Ricerca Ministro: Francesco PROFUMOSottosegretario: Elena UGOLINI, Marco ROSSI DORIA

Beni e Attività Culturali Ministro: Lorenzo ORNAGHI Sottosegretario: Roberto CECCHI

Salute Ministro: Renato BALDUZZI Sottosegretario: Adelfio Elio CARDINALE

Ministri senza portafoglioAffari europei Ministro: Enzo Moavero MILANESI

Affari regionali, turismo e sport Ministro: Piero GNUDI

Coesione territoriale Ministro: Fabrizio BARCA

Rapporti con il Parlamento Ministro: Piero GIARDA

Cooperazione internazionale e l’integrazione Ministro: Andrea RICCARDI

Pubblica amministrazione e per la semplificazione Ministro: Filippo PATRONI GRIFFI

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N. 45 - 15 dicembre 2011 interni / il bolscevico 5

Inciucio tra i due presidenti di Senato e Camera

IL DUO SCHIFANI-FINI SI SPARTISCE ANTITRUST E AUTORITA’ DEI LAVORI PUBBLICI

In attesa della grande guerra che a partire dal prossimo marzo scateneranno le cosche parlamen-tari per la spartizione delle pol-trone in scadenza di mandato che compongono il consiglio di ammi-nistrazione e la direzione genera-le della Rai, i membri delle varie commissioni parlamentari, e quel-le di Agcom, del Garante della pri-vacy e del Copasir; i due presidenti di Camera e Senato, Fini e Schi-fani, si sono inciuciati e il 18 no-vembre, a poche ore dall’insedia-mento del nuovo governo Monti, si sono spartiti 3 poltrone.

Schifani ha piazzato Giovan-ni Pitruzzella, il suo avvocato di fiducia, all’autorità della Con-correnza, l’Antitrust, al posto di Antonio Catricalà diventato sot-tosegretario alla Presidenza del Consiglio. Mentre Fini ha ottenu-to in cambio le nomine di Sergio Gallo e Luciano Berarducci all’ Avcp ossia l’autorità che vigila sui “Contratti Pubblici di Lavori, Ser-vizi e Forniture”.

Tutto è avvenuto nel giro di poche ore seguendo alle lettera il manuale “Cencelli” che eviden-temente in queste trattative lam-po prevede che un presidente vale due commissari.

Nomine che dunque sono state decise unicamente sulla base del-la lottizzazione politica e non cer-to per le competenze professio-nali. Infatti non è un mistero che ad esempio Pitruzzella, oltre che ad essere l’avvocato di fiducia di Schifani, fino a poco tempo fa fir-mava appelli a favore del lodo Al-fano (poi dichiarato incostituzio-

I presidenti della Camera Fini (FLI) e del Senato Schifani (a destra) (PDL) d’amore e d’accordo in nome della spartizione delle poltrone

Stravolta ancora una volta la Costituzione del ’48

GOLPE SUL PAREGGIODI BILANCIO

NELLA COSTITUZIONE Commesso da tutta la Camera nera su imposizione della grande

fi nanza e della Ue e sotto l’egida del governo Monti Il 29 novembre scorso la Ca-

mera nera ha dato via libera al di-segno di legge che, stravolgendo l’articolo 81 della Costituzione, impone allo Stato, nel rispetto dei vincoli derivanti dall’ordinamento dell’Unione europea, “l’equilibrio tra le entrate e le spese del proprio bilancio”.

I voti a favore sono stati 464, 11 le astensioni, nessun voto contra-rio. In pratica tutti i gruppi parla-mentari hanno votato sì, compresa la Lega secessionista, razzista, po-pulista e xenofoba, che è ufficial-mente all’“opposizione”.

Il provvedimento è quindi ora passato all’esame di palazzo Ma-dama. Serviranno altri due passag-gi parlamentari per giungere all’ap-provazione definitiva che è prevista entro il 28 febbraio 2012. Un iter rapidissimo per questo vero e pro-prio golpe istituzionale e costituzio-nale. Per effetto del voto all’una-nimità infatti non sarà necessario nemmeno un referendum confer-mativo, previsto per le “riforme” costituzionali approvate con meno

dei due terzi dei consensi. Il testo ricalca fedelmente quel-

lo varato in extremis dal governo del neoduce Berlusconi, con la sola differenza che l’equilibrio del bilancio è “assicurato tenendo conto delle diverse fasi, avverse o favorevoli, del ciclo economico, prevedendo verifiche, preventi-ve e consuntive, nonché misure di correzione”.

Vengono demandati ad una legge ordinaria i compiti di: 1) de-finire quali sono gli “eventi ecce-zionali” che permettono lo sfo-ramento di bilancio, tra cui sono annoverate “gravi recessioni eco-nomiche, crisi finanziarie, gravi calamità naturali”. In caso di sfo-ramento ci dovrà comunque esse-re anche un “piano di rientro” 2) definire quale sarà il “limite mas-simo dello scostamento ciclico cumulato rispetto al Pil, al supe-ramento del quale occorre interve-nire con misure correttive”. Il che significa che se il deficit supere-rà tale limite sarà obbligatorio per il governo in carica fare una ma-

novra, senza temporeggiare o de-mandare la grana a chi gli succe-de. 3) Istituire “presso le Camere, nel rispetto della relativa autono-mia costituzionale, un organismo indipendente al quale attribuire compiti di analisi e verifica degli andamenti di finanza pubblica e di valutazione dell’osservanza delle regole di bilancio”.

Su quest’ultimo punto in prima battuta i servi della grande finanza e della massoneria internazionale avevano pensato ad un organismo analogo al “Congressional Budget Office” (Cbo) che esiste nel Con-gresso degli Usa, ossia un orga-nismo formalmente indipendente e svincolato da Governo e Parla-mento. L’emendamento bipartisan presentato da Pd e Pdl (Gianclau-dio Bressa e Peppino Calderisi) ri-badisce però che “le Camere eser-citano la funzione di controllo sulla finanza pubblica con partico-lare riferimento all’equilibrio tra entrate e uscite, nonché alla qua-lità e all’efficacia della spesa delle pubbliche amministrazioni”, il che dovrebbe preludere alla nascita di un Super-Servizio di Bilancio al Senato e a Montecitorio. Poco più che una foglia di fico, da un lato per conservare qualche brandello di funzione ad un Parlamento or-mai ridotto al ruolo di notaio del governo, dall’altro per nascondere il presidenzialismo di fatto surret-tiziamente imposto al paese dal-l’asse Monti-Napolitano.

Non a caso il neo ministro per i Rapporti con il Parlamento, Pie-ro Giarda, ha ringraziato l’aula e i presidenti delle commissioni Af-fari costituzionali e Bilancio con uno “chapeau” (tanto di cappello), dopo avere appurato, ascoltando i discorsi di Enrico Letta (vicese-gretario del Pd), secondo il quale il sì della Camera “contribuisce a ridare credibilità all’Italia e ristabi-lisce il principio che la Costituzio-ne si cambia con un’intesa biparti-san” e di Luigi Casero, (Pdl, ed ex sottosegretario all’Economia), cha ha citato il “modello del governo Minghetti” (1885), la solidità del-l’asse Alfano-Bersani-Casini..

In attesa di vedere se di fronte ad un tale livello di omologazione neofascista del Parlamento, il fron-te dei difensori della Costituzione democratico-borghese batterà un colpo di indignazione, rinnoviamo il nostro applauso convinto al mo-vimento studentesco che è pronta-mente sceso nelle piazze e che sta smascherando il vero significato e la vera natura di questa sporca operazione, chiarendo anche cos’è e da dove viene il cosiddetto “de-bito pubblico”.

Esso è stato creato dalla classe dominante borghese in 150 anni di politiche di depredazione dei sol-di pubblici, di corruzione capilla-re ed a tutti i livelli dell’appara-to statale repressivo, di fondi neri esportati, legalmente o illegalmen-te, nei “paradisi fiscali”, di finan-ziamenti a fondo perduto elargiti per le grandi industrie “parassita-rie”, come quella delle armi e del-

le missioni militari imperialiste, è stato alimentato costantemente da una gigantesca evasione fiscale, garantita da decenni nel modo più scandaloso ai padroni, ai banchie-ri ed alla Chiesa e ha toccato cifre vertiginose, anche se paragonate a quelle di altri paesi europei, a cau-sa dell’inasprirsi del cappio este-ro (interessi sugli interessi) del-la Banca centrale europea (BCE), ma anche dalle caratteristiche del capitalismo nostrano che è forte-mente infiltrato dalla mafia e fa del lavoro nero uno dei suoi pila-stri fondanti.

“Il deficit dello Stato” è con-naturato con la natura dello Stato capitalistico, uno Stato al servizio di una infima minoranza che sfrut-ta e opprime la stragrande mag-gioranza del popolo.

Introducendo il pareggio di bi-lancio nella Costituzione il gover-no Monti ha voluto garantirsi la certezza che per gli anni a venire, i governi non diano più preoccu-pazioni agli usurai del debito de-gli Stati, come il Fondo moneta-rio internazionale (FMI) e BCE. Innalzando le tasse per i gran-di patrimoni e introducendo una tassazione per le rendite finanzia-rie? Niente affatto, piuttosto fa-cendo pagare ancora una volta la spaventosa recessione economica provocata da una dissennata po-litica economica al proletariato e alle masse popolare: scippandogli il diritto alla pensione, cancellan-do gli ultimi residui di “welfare” e tagliando i servizi pubblici lo-cali, attraverso le privatizzazio-ni a tappeto e la svendita dei beni dello Stato, compreso gli ospedali, in via di cartolarizzazione, cancel-lando i contratti nazionali secon-do il modello Marchionne, accele-rando sull’abolizione dell’art.18, la reintroduzione delle gabbie sa-lariali e la devolution federalista, abbandonando il Sud nelle mani della piovra dei rifiuti e del ce-mento, per garantire che le tasse del popolo continuino ad affluire indisturbate nelle casse delle ban-che, delle grandi multinazionali e dei grandi pescecani del Nord im-pegnati nella sempre più sfrenata competizione globale.

“Per uscire da questa situazio-ne .- come afferma il documen-to dell’Ufficio politico del PMLI - lanciamo due appelli. Il primo a tutte le forze politiche, sociali, sin-dacali, culturali e religiose demo-cratiche e antifasciste di unirsi per liberare l’Italia dal governo del-la grande finanza, dell’Ue e della macelleria sociale. Il secondo ap-pello lo rivolgiamo alla classe ope-raia e alle ragazze e ai ragazzi che vogliono il cambiamento sociale perché abbandonino ogni illusio-ne elettorale, parlamentare, gover-nativa, costituzionale, riformista e pacifista e diano tutta la loro forza intellettuale, politica, organizzati-va e morale al PMLI per portare fino in fondo la lotta di classe con-tro il capitalismo e per l’instaura-zione dell’Italia unita, rossa e so-cialista.”

RISPOSTA FULMINEA DEGLI OPERAI DELLA PIAGGIO DI PONTEDERA (PISA)

Sciopero spontaneo contro la stangata

di MontiBloccata la statale Tosco-Romagnola

e la linea ferroviaria Firenze-Pisa

Pontedera (Pisa), 5 dicembre 2011. I lavoratori Piaggio bloccano in corteo la statale Tosco-Romagnola

Redazione di FucecchioRisposta immediata degli

operai della Piaggio alla stanga-ta di lacrime e sangue del gover-no Monti che gode del sostegno quasi unanime del parlamento. Lunedì 5 dicembre la Rsu azien-dale ha indetto due ore di scio-pero che ha coinvolto i lavorato-ri iscritti a tutti i sindacati. Due ore molto combattive perché in questo tempo limitato sono sta-ti attuati anche il blocco, seppur breve, della linea ferroviaria Fi-renze-Pisa e della strada statale Tosco-Romagnola.

Il corteo formato da alcune centinaia di operai ha attraver-sato anche il centro di Pontede-

ra (Pisa) invitando la popolazio-ne e gli studenti a sfilare insieme a loro e cantando “Bella Ciao”. Nonostante la pioggia battente è stata una manifestazione sponta-nea molto combattiva che dimo-stra come la parte più avanzata dai lavoratori ha capito benissi-mo gli scopi e la natura del go-verno Monti.

Scioperi e manifestazioni an-che in altri stabilimenti minori Piaggio sparsi nella provincia di Pisa. Non sarà facile per i parti-ti borghesi convincere i lavoratori ad accettare la macelleria sociale del nuovo governo, né per i sinda-cati tenere a freno la rabbia dei la-voratori e delle masse popolari.

nale dalla Consulta) per salvare Berlusconi dai processi; era mem-bro dell’associazione “Viene pri-ma l’articolo 15” che si batte con-tro le intercettazioni telefoniche e difendeva la legge elettorale del Porcellum.

Insomma l’uomo che dovrebbe tra le altre cose vigilare sul conflit-to d’interessi di Silvio Berlusconi è in realtà consigliere, avvocato e socio di famiglia di Schifani che ha collaborato con lo studio lega-le intestato al figlio del presidente del Senato.

Pitruzzella è anche consulente giuridico di Raffaele Lombardo, governatore siciliano. Ma è sta-to anche, per anni, consulente di Totò Cuffaro, attualmente in car-cere per i suoi rapporti con la ma-fia, che pensava di candidarlo per le provinciali e con cui ha anche scritto un libro “Il coraggio della politica”. Non solo. Il professo-

re di Diritto costituzionale a Pa-lermo colleziona nomine e inca-richi a raffica. Tra le tante, anche quella di consulente giuridico per il ministero della Salute di Ferruc-cio Fazio, incarico dal 14 gennaio 2010, 60 mila euro e presidente di garanzia per la Commissione scio-peri dal settembre 2009. È stato anche l’avvocato in Sicilia di Vin-cenzo Visco indagato per un abuso edilizio nel periodo in cui era mi-nistro delle Finanze con Romano Prodi. Non a caso insieme ai com-plimenti di Confindustria, Regio-ne Sicilia, Pdl e Api, Pitruzzella ha ricevuto vive congratulazioni anche dal Pd.

È socio di Magna Carta, la fondazione del senatore Gaetano Quagliariello (Pdl).

Allo stesso modo tutti sanno che Sergio Gallo, che si amman-ta della fama di magistrato anti ca-morra, prima di passare tra le file

dei finiani e ottenere in premio il suo primo incarico governativo, è stato il capo di gabinetto del neo-podestà di Roma Gianni Aleman-no. In quel periodo nello staff di Gallo c’era anche il sindaco di Pignataro Maggiore (Avellino), Giorgio Magliocca, indagato per concorso esterno in associazio-ne mafiosa e arrestato nel marzo 2011. Mentre Pasqualino Lombar-di, il geometra che creava relazio-ni nella rete della P 3, dal carcere nel 2010 si vantava del fatto che “Sergio è una mia creatura”.

Referenze in conflitto di in-teressi anche per Luciano Berar-ducci: manager di lungo corso, che ha guidato il consorzio “Iri-cav 1” che dal 1991 ha avuto le grandi commesse dell’Alta velo-cità ferroviaria sulla linea Roma Napoli, consorzio di cui faceva parte Condotte d’Acqua, la so-cietà guidata proprio dallo stes-so Berarducci. Un’opera i cui co-sti sono lievitati ben oltre ogni pessimistica previsione. Inoltre Berarducci siede da sempre nel consiglio dell’Istituto di ricerche sociali Eurispes, dove si ritrova-no molti ex-An a cominciare dal-lo stesso Alemanno, l’avvoca-to Donato Bruno e gli ex finiani Silvano Moffa e Renata Polveri-ni. Nel 2002 Berarducci prese le difese del presidente Giovanni Maria Fara, coinvolto in un’in-chiesta per peculato, a causa di corsi di formazione regionali ge-stiti dall’istituto in cui i formato-ri guadagnavano fino a un milio-ne di lire all’ora (ed erano fondi pubblici).

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6 il bolscevico / interni N. 45 - 15 dicembre 2011

Mobilità per 640 lavoratori dello stabilimento siciliano della Fiat

ACCORDO AL RIBASSOA TERMINI IMERESE

Non c’è nulla ma proprio nulla di che gioire. Dopo oltre 40 anni la Fiat chiude lo stabilimento di Ter-mini Imerese e se ne va dalla Sici-lia. Il nuovo Valletta, Sergio Mar-chionne due anni fa annunciò che entro la fine del 2011 la fabbrica siciliana sarebbe stata chiusa e così ha fatto senza nessuna proro-ga, respingendo qualsiasi trattativa tesa a salvare e rilanciare produ-zioni e occupazione. L’intesa sot-toscritta il 26 novembre presso il ministero dello sviluppo economi-co con l’intervento diretto del mi-nistro Passera, tra i rappresentanti di Fiat e dei sindacati di catego-ria FIOM, FIM, UILM, FISMIC e UGL sugli incentivi e gli ammor-tizzatori sociali per accompagna-re i cosiddetti “esuberi” alla pen-sione, non è affatto soddisfacente, è un accordo al ribasso lesivo an-ch’esso dei diritti dei lavoratori. Anzitutto perché conferma e de-creta come minimo il taglio di 640 posti di lavoro sui circa 2 mila tra dipendenti di Termini e dell’indot-to; non è una perdita da poco in un

territorio come la Sicilia dove la fame di lavoro è fortissima. E poi perché l’indennità di “buonuscita” concordata è una miseria nemme-no sufficiente a sopravvivere.

Nel dettaglio l’accordo gover-no, sindacati, Lingotto prevede per i 640 lavoratori che nei pros-simi sei anni matureranno la pen-sione: un incentivo complessivo medio di 22.850 euro, ossia 460 euro al mese per quattro anni, più il mancato preavviso e il “premio di fedeltà”. In pratica i lavoratori riceveranno 4.445 euro nel primo anno e 5.921 euro per gli anni suc-cessivi. Il costo complessivo per il Lingotto sarà di 21,5 milioni di euro. Gli altri due anni che man-cano per la pensione saranno ri-coperti con la cassa integrazione. La Fiat si è mostrata tirchia e ava-ra con i lavoratori del suo ex sta-bilimento siciliano. Sulla base di una tabella che in casi analoghi ha applicato (lo ha fatto anche di re-cente per la vicenda dell’Iribus di Avellino) avrebbe dovuto sborsare per coprire l’intero importo degli

Landini cede a Passera e a MarchionneINCENTIVI TAGLIATI DEL 30%

CALPESTATE LE LIBERTÀ SINDACALI SECONDO LE RELAZIONI MUSSOLINIANE INSTAURATE DA MARCHIONNE

La Fiat caccia la Fiom dalle trattative con la

complicità dei sindacati collaborazionisti

Landini: “Siamo alla mutazione geneticadei sindacati che diventano aziendalistici e corporativi”

Nessuno si aspettava che sarebbe stata una passeggiata. Anzi era scontato il dissenso della FIOM-CGIL dal momen-to che, proprio per protestare contro la disdetta unilaterale della Fiat di tutti gli accordi sin-dacali sia nazionali sia azien-dali e territoriali aveva indetto uno sciopero generale di 4 ore per il 16 dicembre prossimo. Tuttavia, quello che è succes-so nella riunione convocata dagli uomini di Marchionne presso l’associazione degli in-dustriali di Torino il 5 dicembre è di una gravità inaudita, senza precedenti o quasi. L’incontro formalmente aveva il compito

cui parlare . C’era solo l’impo-sizione dell’azienda per otte-nere l’estensione di Pomigliano all’intera galassia Fiat, un ac-cordo accettato da 7 mila di-pendenti (con il pesante ricatto occupazionale, ndr) che sarà così imposto a 86.200 persone, non solo metalmeccaniche”. “Ci avevano convocato per discutere un nuovo contratto – insiste sul punto Landini – non per estendere quelli sepa-rati. Cosa pretendevano? Che avremmo detto sì oggi dopo aver detto no a Pomigliano, Mirafiori e alla ex Bertone?”. E aggiunge: “Chiedere la nostra esclusione dal tavolo significa

di discutere un nuovo contrat-to per il settore auto. In realtà lo scopo più volte esplicitato dal nuovo Valletta con i suoi soliti modi autoritari, neofasci-sti padronali (ditemi sì o me ne vado dall’Italia) era e rimane quello di estendere il contratto aziendale imposto alla fabbrica di Pomigliano a tutti gli stabi-limenti Fiat e agli oltre 86 mila dipendenti che vi lavorano.

Praticamente alle prime battute della riunione e alle pri-me obiezioni il capo delegazio-ne della Fiat con un’arroganza fuori dal comune ha intimato alla FIOM di lasciare il tavolo delle trattative: “Non avete fir-mato l’accordo di Pomigliano – ha detto – che cosa siete venuti a fare qui?”. Noi non abbandoniamo la trattativa, ha replicato il leader della FIOM, siamo qui perché siamo stati invitati a partecipare al pari del-le altre organizzazioni sindaca-li. Ci è stato detto che all’ordine del giorno c’era la discussione di un nuovo contratto per tutto il gruppo Fiat e non la genera-lizzazione del contratto di Po-migliano poi fatto passare con le stesse modalità a Mirafiori e alla Bertone di Grugliasco. A quel punto la rappresentanza padronale seguita dai sinda-calisti collaborazionisti FIM, UILM, FISMIC, UGL che di fat-to hanno condiviso l’esclusione della CGIL dei metalmeccanici, si sono spostati in altra stanza per proseguire la finta e ipocri-ta trattativa.

A questo proposito ecco il commento di Giorgio Airaudo, responsabile auto della FIOM: “Non c’era nessuna trattativa, nessun accordo di gruppo di

compiere un nuovo strappo. Siamo alla mutazione geneti-ca di sindacati che diventano aziendalistici e corporativi”. “Siamo di fronte ad un attenta-to alle libertà sindacali che non ha precedenti. È singolare che i sindacati firmatari del contratto nazionale chiedano un accordo per cancellarlo”.

Date queste premesse, tut-to fa pensare che nei prossimi giorni ci ritroveremo davanti all’ennesimo contratto separa-to, senza nessuna discussione precedente e, con con molta probabilità per non dire certez-za, senza alcuna validazione da parte dei lavoratori interessati.

Noi del PMLI nel denun-ciare questo ennesimo atto di stampo neofascista della FIAT con la copertura e la collabo-razione dei sindacati complici filopadronali, esprimiamo la nostra solidarietà militante alla FIOM. La esortiamo a resistere e a non mollare, a proseguire questa lotta importantissima, vitale contro le relazioni indu-striali mussoliniane introdotte da Marchionne e (si dovrebbe aggiungere) sviluppare l’oppo-sizione alla politica iniqua di lacrime e sangue del governo della grande finanza e della UE Monti. Auspichiamo perciò pie-no successo allo sciopero ge-nerale dei metalmeccanici del 12 dicembre, e alle connesse manifestazioni territoriali. Così come allo sciopero indetto dalla CGIL per lo stesso gior-no. Ma è chiaro che la lotta nei prossimi giorni si deve esten-dere e generalizzare. Si impo-ne lo sciopero generale di 8 ore con manifestazione nazionale sotto Palazzo Chigi.

OCSE: IN ITALIA NEL 2012 ARRIVA LA RECESSIONE

“C’è il rischio che uno o più paesi escano dall’Unione europea”

L’ennesimo tonfo sui merca-ti europei, in generale, e in quel-lo italiano, in particolare, ha fat-to suonare l’ennesimo campanello d’allarme sul rischio recessione in Italia per il prossimo anno. Que-sta volta è l’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo econo-mico (OCSE) che ha stigmatizzato la situazione italiana annunciando un 2012 nero per le masse popo-lari. Secondo l’Organizzazione, l’Italia avrebbe una piccola cresci-ta del prodotto interno lordo fino allo 0,7% nel 2011 per poi crollare vertiginosamente nel 2012 ad un -0,5%, mentre le precedenti stime sembravano attestare l’Italia ad un +1,1% per il 2011 e addirittura un +1,6% per il 2012.

Durissimi i riflessi sull’occu-pazione: secondo l’Economic Ou-tlook dell’OCSE il tasso dei senza-lavoro salirà in Italia nel 2012, ma

anche nel 2013 sfiorando il 9% salendo di 0,5 rispetto al 2011. Nel suo complesso, l’“eurozona” rallenterà fortemente nel 2012, con un +0,2% di crescita, men-tre l’OCSE indica un progresso dell’1,4% nel 2013; inoltre con le tensioni che investono i suoi tito-li di Stato, l’Italia, secondo l’Oc-se, “non ha margini di manovra” sulla sua politica di bilancio. In-quietante ma allo stesso tempo molto reale la previsione lanciata dall’Organizzazione che annuncia tempi bui per le sorti dell’Unio-ne Europea: “La rapida escala-tion della crisi nell’area dell’eu-ro e delle banche sta minacciando l’affidabilità di tutti i Paesi euro-pei: una serie di default potrebbe aumentare in modo significativo la probabilità che uno o più mem-bri lascino l’eurozona”.

Il 17 DICEMBRE TUTTE E TUTTI A ROMAPER DIRE NO AL DEBITO E NO AL GOVERNO MONTI

Di seguito pubblichiamo ampi stralci dell’invito alla seconda as-semblea nazionale del movimen-to Noi No Debito che si terrà il 17 dicembre al Teatro Tendastrisce di Roma.

Il movimento Noi No Debito, che ha tenuto la sua prima as-semblea a Roma il 1° ottobre, chiama tutte e tutti coloro che sono intenzionati a rifiutare i dik-tat della Banca europea, della fi-nanza internazionale, delle multi-nazionali e del grande padronato, a una grande assemblea a Roma il 17 dicembre.

È caduto il governo Berlu-sconi e questo è sicuramente anche frutto della nostra mobili-tazione di questi anni. Ma è stato sostituito da un governo che ha adottato come suo programma fondamentale la lettera diktat della Bce. Cioè quel program-ma economico di strutturazione selvaggia che in nome del pa-gamento del debito propone di tagliare lo stato sociale e i dirit-ti, di ridurre il salario legandolo sempre di più alla produttività, di privatizzare i beni comuni. E non vuol dire niente sostenere che la politica della Bce verrà mitigata

dall’“equità”. Non si può rendere giusta una politica che parte dal presupposto che bisogna sacrifi-care tutto pur di pagare il debito, che bisogna rassicurare i mercati, cioè la speculazione finanziaria, che bisogna rendere ancora più vincolanti le politiche liberiste che hanno portato alla crisi.

(…) Stiamo costruendo un movimento politico e sociale, che ha come primo obiettivo quello di impedire che passino nel nostro paese le ricette neoliberali del capitalismo internazionale, che sempre più portano all’aggres-sione ai diritti e alla democrazia.

La decisione dell’amministratore delegato della Fiat di cancellare i contratti e le libertà sindacali, il moderno fascismo aziendalistico che dalla Fiat si sta diffondendo in tutto il mondo del lavoro, dimo-strano che dietro le ricette neoli-berali c’è un sistema autoritario che mette in discussione i valori fondamentali della democrazia, della libertà e della Costituzione.

Diamo appuntamento a tutte e a tutti a Roma il 17 dicembre alle ore 11.

Per costruire l’opposizione sociale e politica al governo delle banche.

incentivi oltre 30 milioni di euro. Invece, in modo del tutto ingiusti-ficato Marchionne non voleva dare più di 15 milioni, cioè la metà del dovuto. In questo modo 200 lavo-ratori dei 640 “esuberi” sarebbero rimasti senza sostegno economi-co. La lotta intrapresa dai lavo-ratori con un presidio permanente dei cancelli della fabbrica e la me-diazione (al ribasso) imbastita dal neoministro Corrado Passera (ex vicepresidente della Intesa/San Paolo, banca di riferimento della famiglia Agnelli) ha fatto salire il contributo della Fiat di 6 milioni di euro. Ma all’appello ne manca-no altri 8,5 pari al 30%.

Il giudizio della FIOM di Lan-dini è di insoddisfazione, ritiene che l’accordo sia insufficiente ma alla fine ha piegato il capo e l’ha firmato. “La Fiat ha approfittato della situazione – ha detto Enzo Masini. Responsabile del settore auto - e ha imposto una riduzione delle tabelle che solitamente usa in questi casi. Nemmeno il Governo è riuscito a farle fare retromarcia. Rimane l’amarezza per un dispetto che Fiat ha voluto fare ai lavorato-ri. Abbiamo firmato – ha aggiunto – per senso di responsabilità”. Sta di fatto che la posizione sostenuta dalla FIOM fino a poco tempo fa “non un posto di lavoro vada per-so” e “la Fiat non può andarsene senza una valida alternativa” è sta-ta lasciata cadere con una facilità che stupisce..

Positivi invece i commenti de-gli altri sindacati collaborazio-nisti. Ecco cosa dice Bruno Vi-tali segretario FIM: “Finalmente – afferma – abbiamo raggiunto un importante punto d’intesa sul-la mobilità, che sarà pari al 70% di quanto era stato richiesto, ov-vero di quella che tradizionalmen-te Fiat ha dato ai lavoratori”. Se-condo Eros Panicali, segretario UILM “è stata una mediazione positiva quella del governo perché abbiamo raggiunto un buon risul-tato”. “Siamo soddisfatti – sostie-ne da par suo Antonio D’Anolfo dell’UGL – di aver salvaguardato tutti i lavoratori che possono an-dare in mobilità. La somma era soddisfacente anche se ora dob-biamo lavorare per il futuro del-lo stabilimento con l’ingresso di Di Risio”.

Già, “sistemata” la partita dei cosiddetti “esuberi” si apre quel-la ben più importante che riguarda il futuro produttivo e occupazio-nale della stabilimento di Termini e del suo indotto, una partita che coinvolge oltre 1.300 lavoratori. In pista come è noto c’è l’ipotesi, unica e sola, della azienda molisa-na Dr Motor di proprietà di Massi-mo Di Risio. Con Di Risio i sinda-cati di categoria hanno sottoscritto al ministero dello Sviluppo econo-mico un accordo che, sulla carta, prevede: la produzione di 60 mila auto all’anno a regime nei prossi-mi cinque anni con l’assunzione entro il 2016 di 1.312 dipendenti . Nel 2012 dovrebbero comincia-re ad entrare nella nuova fabbrica 241 operai, mentre le prime au-tomobili dovrebbero uscire entro l’anno successivo. Il governo ha già garantito due anni di cassa in-tegrazione a zero ore agli ex operai Fiat per completare i tempi di al-lestimenti degli impianti e avviare le produzioni. L’imprenditore mo-lisano potrà avvalersi di copiosi fi-nanziamenti pubblici da parte della Regione (200 milioni di euro com-plessivi) e di interventi infrastrut-turali, ad esempio nell’area portua-le per favorire il ricevimento e la spedizione e delle merci.

Tutto bene? Sarà il tempo a dirlo. Questo Di Risio, sponsoriz-zato dal presidente della Regio-ne Raffaele Lombardo che, con la sua proposta di rilevare lo sta-bilimento di Termini ha permes-so, tra l’altro, alla Fiat di defilarsi in modo relativamente indolore, è un personaggio che suscita dubbi sulla sua affidabilità. La sua storia di industriale è piena di ombre. Il suo patrimonio non sembra esse-re particolarmente solido. Sarà in grado e soprattutto avrà la volontà di rispettare gli impegni che andrà a sottoscrivere?

Non è la prima volta che un im-prenditore spregiudicato (a caccia di prebende pubbliche e con sco-pi speculativi immobiliari) acqui-sta un’azienda per poi portarla in poco tempo al fallimento. Sarebbe una tragedia economica e sociale per Termini Imerese, e non solo.. Chi di dovere, a cominciare dalla Fiom, dovrà vigilare!

Page 7: IL Bolscevico-PMLI n.45 2011

Nell’ambito dell’inchiesta sullo scandalo Enav-Finmeccanica, al-l’alba del 19 novembre, su ordine del Giudice per le indagini preli-minari (Gip) Anna Maria Fattori, la Procura di Roma ha eseguito tre nuovi arresti e notificato un avviso di garanzia al parlamentare e te-soriere dell’UDC Giuseppe Naro.

La retataIn manette sono finiti Guido

Pugliesi, amministratore delega-to (ad) di Enav; Manlio Fiore, di-rettore tecnico di “Selex Sistemi Integrati” controllata da Finmec-canica; Marco Iannilli, fornitore di “Selex” e commercialista del gruppo di Gennaro Mokbel: l’im-prenditore romano legato agli ambienti della destra eversiva e alla banda della Magliana; già coinvolto nella megafrode da due miliardi di euro Fastweb e Tele-com Italia Sparkle; fondatore del movimento Alleanza federalista del Lazio e poi del Partito federa-lista; sponsor, in combutta con le famiglie ndranghetiste degli Are-na e dei Pugliese di isola Capo Rizzuto (Crotone), dell’elezione del senatore PDL Nicola Paolo Di Girolamo, poi dimessosi e con-dannato a 5 anni e a restituire 4,2 milioni.

Tra gli indagati, con una nuova ipotesi di reato, figura anche il già plurinquisito Lorenzo Borgogni, direttore delle relazioni esterne della holding, autosospeso dal-l’incarico. Naro invece è accusato di finanziamento illecito al partito per aver incassato, nel febbraio del 2010, con la mediazione de-cisiva di Pugliesi, una tangente di 200 mila euro provenienti dal sistema di appalti corrotto messo in atto dai vertici Enav-Finmecca-nica.

Tangenti all’UDCIl tesoriere di Pierferdinan-

do Casini è stato tirato in ballo dal titolare della “Print System” Tommaso Di Lernia, sentito una decina di volte a partire dalla pri-mavera scorsa dal Pm Paolo Ielo. Dai riscontri investigativi emerge che Pugliesi ha accompagnato Di Lernia nell’ufficio di Naro come prova il telefono cellulare dell’im-prenditore che risultava aggan-ciato alla cella di via Due Macelli - dove si trova l’ufficio di Naro - e dal passaggio della sua auto nella zona (controllato da teleca-mere perché a traffico limitato). Di Lernia, che con le sue rivelazioni ha consentito di aprire uno squar-cio nel meccanismo degli appalti dell’Enav, avrebbe inoltre ricono-sciuto Naro durante un interroga-torio attraverso una fotografia. Gli inquirenti hanno inoltre accertato che, il 2 febbraio 2010, almeno 200mila euro sono stati girati a Naro da Pugliesi e Di Lernia, in accordo con Lorenzo Cola, con-sulente esterno di Finmeccanica. La somma, in contanti, sarebbe stata versata “senza la delibera-zione dell’organo sociale com-petente e senza l’iscrizione della erogazione a bilancio”.

I reati contestatiI reati contestati dal Pubblico

ministero (Pm) Paolo Ielo vanno dalla frode fiscale (Iannilli, Fiore) al finanziamento illecito dei partiti (Pugliesi e Borgogni) e si basano sulle false fatturazioni per circa 2 milioni di euro, scoperte e com-provate dagli inquirenti, con cui le società che subappaltavano da Selex-Finmeccanica le com-messe di Enav (fra cui appunto la “Arc Trade” di Marco Iannilli e

N. 45 - 15 dicembre 2011 interni / il bolscevico 7Fondi neri Finmeccanica

INDAGATO IL TESORIERE DELL’UDC PERUNA MAZZETTA DA 200 MILA EURO

In manette i vertici delle controllate Enav e SelexFALSE FATTURAZIONI PER OLTRE 2 MILIONI DI EURO. GUARGUAGLINI (LETTA) COSTRETTO

A DIMETTERSI. PER MILANESE (PDL-TREMONTI) DISPOSTO IL GIUDIZIO IMMEDIATO

FS LICENZIA IL FERROVIERE CONSULENTE CGIL PER LA STRAGE DI VIAREGGIO

Nei giorni scorsi la società Fer-rovie dello Stato ha inviato al suo dipendente Riccardo Antonini la comunicazione di licenziamento per “giusta causa”, che secondo l’ente consisterebbe nel fatto che il ferroviere abbia prestato e tut-tora presti la propria consulenza gratuita ai familiari della strage di Viareggio del 29 giugno 2009 in cui morirono 32 perone.

Bisogna altresì ricordare che, nell’ambito dell’inchiesta giudizia-ria della Procura della Repubblica di Lucca, lo scorso dicembre sono stati emessi 38 avvisi di garanzia a carico di altrettanti indagati tra cui lo stesso amministratore de-legato di FS Mauro Moretti oltre a manager e dirigenti di Ferrovie dello Stato, di Rete Ferroviaria Ita-liana, di Trenitalia, di FS Logistica, di Cima Riparazioni, della tedesca GATX Rail Germania e l’austriaca GATX Rail Austria.

Fra gli indagati figurano so-prattutto alti dirigenti delle Fer-rovie dello Stato, dal menzio-nato Moretti all’amministratore delegato di RFI Michele Mario Elia, all’amministratore delegato di Trenitalia Vincenzo Soprano, all’amministratore delegato di FS Logistica Gilberto Galloni, a Mario Castaldo in qualità di diret-tore della Divisione Cargo. Ecco

spiegato il motivo della lettera di licenziamento in cui, lo dichiara lo stesso Antonini, “RFI mi comuni-ca che si è definitivamente com-promesso il rapporto fiduciario e per questo vengo licenziato sen-za preavviso per giusta causa”, e questo dopo che il ferroviere era già stato sospeso per dieci gior-ni in seguito a un richiamo e ad ottobre era arrivata una secon-da contestazione disciplinare. Antonini, che ha già annunciato ricorso al Tribunale contro il licen-ziamento illegittimo, è stato prima consulente di un familiare delle vittime e poi della CGIL, ed in tale qualità ha potuto partecipare agli accertamenti avvenuti nell’ambito dell’incidente probatorio (ovvero dell’udienza antecedente l’inizio del processo in cui si è ricostrui-ta la dinamica dell’incidente) che si è concluso nei giorni scorsi al Tribunale a Lucca, dove c’è stato uno scontro tra esperti: in modo particolare lo scontro è avvenuto tra i periti nominati dal giudice, i consulenti tecnici del gruppo FS e quelli della procura e delle parti offese. Oggetto della contrap-posizione è stata la causa dello squarcio nella cisterna carica di gpl che poi esplose.

Antonini ha ricordato di aver ricevuto una lettera di diffida in

cui gli si contestava di aver par-tecipato all’udienza dell’incidente probatorio dell’8 ottobre, quando vennero contestati i consulenti delle ferrovie, e alla manifestazio-ne del Partito Democratico che si è svolta il 9 settembre a Genova, quando venne criticato l’ammini-stratore delegato Moretti.

Da un punto di vista stretta-mente giuridico bisogna dire che il licenziamento senza preavviso per giusta causa è previsto dal-l’articolo 2119 del codice civile “qualora si verifichi una causa che non consenta la prosecu-zione, anche provvisoria, del rapporto” e la Cassazione insie-me alla scienza giuridica hanno esemplificato le circostanze che integrano tale tipo di licenzia-mento: rifiuto ingiustificato e ri-petuto di eseguire la prestazione lavorativa, rifiuto a riprendere il lavoro dopo visita medica che ha constatato l’insussistenza di una malattia, lavoro retribuito presta-to a favore di terzi durante il pe-riodo di malattia, sottrazione di beni aziendali, condotta (anche al di fuori delle mansioni lavorative) penalmente rilevante e idonea a far venir meno il vincolo fiducia-rio, insomma deve trattarsi di fatti gravissimi compiuti ingiustamente e che causino al datore di lavoro

un danno materiale o d’immagi-ne mentre al contrario lo svolgi-mento di una consulenza tecnica nell’ambito di un procedimento giudiziario per l’accertamento di gravissime responsabilità penali non può mai essere considerato un comportamento in violazione di norme giuridiche e quindi An-tonini, al quale deve andare tutta la solidarietà del PMLI, potrà ben servirsi dell’articolo 18 della legge n. 300 del 1970 (chiamata anche “Statuto dei lavoratori”) per farsi reintegrare immediatamente nel-l’azienda e nelle sue funzioni.

Al contrario coloro che dovreb-bero dimettersi sono i manager iscritti nel registro degli indagati per reati gravissimi, ed in modo particolare dovrebbe farlo l’am-ministratore delegato Moretti per-ché con questa sciagurata scelta di licenziamento deve ritenersi venuta meno da parte di tutto il personale delle ferrovie italiane la fiducia in un personaggio che uti-lizza il proprio ruolo per eliminare coloro che contrastano in modo disinteressato (si ricordi che An-tonini ha prestato e continua a prestare consulenza gratuita sia ai familiari delle vittime sia alla CGIL) i suoi interessi a discapito della verità e della giustizia.

Arrestato il giudice Giglio:‘aiutava la ’ndrangheta’

In manette anche il consigliere regionale della Calabria Morelli (PDL)La gravità di certe notizie non

ha bisogno di commento. Il 30 novembre scorso la direzione di-strettuale antimafia di Milano ha arrestato il giudice del tribunale di Reggio Calabria, presidente della sezione “misure di preven-

zione”, Vincenzo Giglio. Il procuratore aggiunto mi-

lanese Ilda Boccassini e i sosti-tuti procuratori Paolo Storari e Alessandra Dolci gli contestano i reati di “concorso esterno nel-l’associazione a delinquere di

BLITZ DELLA DDADI MILANO

stampo mafioso”, “corruzione” e “favoreggiamento personale” nei confronti di esponenti del clan Lampada-Valle, con l’aggravan-te (articolo 7 del decreto legge 152/1991) di aver commesso questi reati “per favorire l’asso-ciazione mafiosa”.

Ipotesi risultata ancora più in-quietante se si considera che al momento dell’arresto l’imputato ricopriva il ruolo delicatissimo di vagliare le richieste della Procu-ra per il sequestro dei beni delle cosche, che in passato Giglio era stato presidente di Corte d’Assi-se e docente di diritto penale alla Scuola di specializzazione per le professioni legali dell’Università statale Mediterranea di Reggio Calabria, si era iscritto alla cor-rente di Magistratura Democrati-ca ed era risultato molto attivo nel dibattito pubblico sulla criminalità organizzata calabrese.

Tra gli altri arrestati, oltre ai presunti capo clan e procacciato-ri di voti, Francesco e Giulio Lam-pada (il quale scrivono i giudici ha persino ricevuto “una impor-tante e prestigiosa onorificenza da parte del Vaticano”), Leonardo Valle e Raffaele Ferminio, c’è un maresciallo capo della Guardia di Finanza, Luigi Mongelli, per l’ipo-tesi di “corruzione” e il medico reggino Vincenzo Giglio (omoni-mo del magistrato arrestato), al quale è contestato il “concorso esterno in associazione mafiosa”. Stessa accusa per Giuseppe Mo-relli, consigliere regionale cala-brese presidente della Commis-sione bilancio, eletto nella lista “PDL-Berlusconi per Scopelliti”, e l’avvocato Vincenzo Minasi del foro di Palmi, con studi a Milano e a Como, e già difensore fra gli altri di Maria Valle (ipotesi di rea-to “corruzione”), parente stretta del patriarca (Francesco), e del-la quale tempo fa aveva ottenu-

to l’annullamento dell’arresto in Cassazione. A Minasi sono con-testati anche i reati di “rivelazione di segreto d’ufficio” e “intestazio-ne fittizia di beni”.

Il sodalizio criminale tra il con-sigliere regionale Morelli (eletto con 14 mila voti nel 2010, il se-condo più votato) e il giudice Gi-glio, secondo l’imputazione, con-sisteva nel seguente accordo: a Morelli controlli sull’esistenza di possibili inchieste a suo carico, a Giglio l’interessamento per la nomina della moglie Alessandra Sarlo a commissario straordina-rio dell’Asl di Vibo Valentia, poi sciolta per infiltrazione mafiosa.

Al vaglio degli inquirenti anche una cena al Cafè de Paris a Roma in cui erano presenti il neopode-stà Alemanno, il deputato Bon-figlio, Francesco Morelli, Giulio Lampada e Giuseppe Chiaraval-lotti (già governatore della Cala-bria e vicepresidente della autho-rity garante per la protezione dei dati personale), colui, ricordiamo, che intercettato al telefono con la sua segretaria nel corso dell’in-chiesta Poseidon si interrogava se era meglio assassinare il Pm Luigi De Magistris o affidarne la persecuzione a tempo illimitato alla camorra napoletana propen-dendo per la seconda ipotesi (come rivelò la clamorosa punta-ta di Anno zero, censurata dalla Rai, del 4 ottobre 2007).

Anche un altro giudice, in ser-vizio presso il tribunale di Palmi, Giancarlo Giusti, è indagato per corruzione in atti giudiziari, se-condo l’accusa avrebbe usufruito di nove soggiorni gratuiti pres-so l’hotel Brun di Milano, per un controvalore di circa 27 mila euro, e anche di prestazioni sessuali con prostitute.

la “Print Sistem” di Tommaso Di Lernia) hanno costituito i fondi neri necessari per alimentare la corruzione e il finanziamento il-lecito delle cosche parlamentari, manager pubblici e intermediari.

“Sistema criminale”Non a caso nelle 63 pagine

dell’ordinanza il Gip parla di “fatti gravissimi, in un sistema crimina-le ampio” di corruzione e malver-sazione. Un “sistema criminale” per il quale è già stato disposto il giudizio immediato del parla-mentare Marco Milanese, già consigliere dell’ex ministro Giulio Tremonti, e in cui figurano inda-gati anche il recentemente dimis-sionato presidente di Finmecca-nica Pierfrancesco Guarguaglini (accusato di false fatturazioni e frode fiscale e fino ad oggi sem-pre protetto dall’ex sottosegreta-rio alla presidenza del Consiglio Letta), la moglie e ad di “Selex” Marina Grossi (frode e corruzio-ne), l’ex “consulente globale” Lo-renzo Cola (frode e corruzione), e

il direttore delle relazioni esterne della holding Lorenzo Borgogni (frode).

Per quest’ultimo l’accusa si ri-ferisce alle irregolarità nella com-pravendita della barca del parla-mentare Marco Milanese da parte della società Eurotec di Massimo De Cesare il quale, in accordo con Di Lernia e Cola e con la media-zione di Fabrizio Testa (ex consi-gliere Enav), ha dato al deputato del Pdl 224mila euro “senza la deliberazione dell’organo sociale competente e senza l’iscrizione della erogazione a bilancio”.

Il ruolo di Milanesee Guarguaglini

Nel suo interrogatorio, inoltre, Lorenzo Cola disse di aver pro-posto a Guarguaglini “di chiedere un’anticipazione sul rinnovo delle cariche al settembre 2010 utiliz-zando il più stretto rapporto che si era realizzato con il ministro Tremonti”.

Dato che questo era molto impegnato, Cola cercò un colle-

gamento con “un uomo di fiducia del ministro individuato nell’ono-revole Milanese”. Nell’ordinanza firmata dal Gip si legge infatti che: “De Cesare, previo concerto con l’imprenditore Tommaso Di Lernia e con la mediazione di Fa-brizio Testa (ex consigliere Enav, ndr) e in accordo con il commer-cialista Lorenzo Cola, che agiva assieme a Borgogni, erogava al deputato del Pdl, già consigliere politico dell’ex ministro dell’eco-nomia, con riferimento alla ces-sione dell’imbarcazione Mochi Craft, una utilità non inferiore a 224mila euro, pari al valore della sopravvalutazione del natante”. La vicenda, che si è sviluppata tra il 2009 e il 2010, è già stata oggetto di accertamento da parte del Pm Paolo Ielo che ha ottenuto il processo per Milanese davanti al tribunale monocratico.

Gli appalti Enav su cui ruota l’in-chiesta sono circa una decina e tra questi spiccano quelli per le opere civili negli aeroporti di Napoli e Pa-lermo affidati tra il 2005 e il 2010 senza gara pubblica alla Selex e

da questa subappaltati alle socie-tà Print System, Arc Trade, Tech-no Sky e altre ditte che poi hanno determinato una sovrafatturazione dei costi e la creazione di un sur-plus redistribuito tra i soggetti coin-volti, compresi i vertici Enav.

Insomma,conclude il Gip: “Un sistema che seleziona i compo-nenti degli organi di società di-rettamente o indirettamente rife-ribili allo Stato e i loro interlocutori commerciali in base al criterio del-la loro disponibilità a farne parte nella consapevolezza della illega-lità che quello pratica”. In questo sistema, inoltre, “le frodi fiscali e gli illeciti finanziamenti ai partiti e a loro derivazioni parlamentari individuano, qualificandole sotto il profilo penale, le condotte che lo realizzano e di cui quello si ali-menta per rigenerarsi”.

Dagli atti risulta che Di Lernia ha pagato una tangente da un milione di euro anche a quattro dirigenti dell’Enav i cui uffici sono stati perquisiti con conseguente sequestro di documenti.

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8 il bolscevico / PMLI N. 45 - 15 dicembre 2011

L’Organizzazione di Aberdeen del PMLI studia proficuamentelo scritto di Scuderi “Dove porta la bandiera di Guevara?”

Dal corrispondente dell’Organizzazionedi Aberdeen (Scozia)del PMLI

Sabato 25 novembre, l’Or-ganizzazione di Aberdeen del PMLI assieme ai suoi simpatiz-zanti si è riunita per concretizza-re lo studio dell’opuscolo “Dove porta la bandiera di Guevara?”, scritto dal Segretario generale del PMLI, compagno Giovanni Scu-deri. L’opuscolo è stato letto at-tentamente e discusso dalle com-pagne e dai compagni, allo scopo di approfondire il ruolo, le gesta e l’apporto che il guerrigliero ar-gentino ha dato al popolo cubano e alla lotta antimperialista. Qui di seguito riportiamo le nostre consi-derazioni, auspicando che possano essere utili alle ragazze e ai ragaz-zi rivoluzionari che considerano Guevara un mito, senza studiarne l’opera.

Il personaggioNel documento apparso su “Il

Bolscevico” n. 36 del 12 ottobre 1995, il compagno Giovanni Scu-deri scriveva: “Per noi marxisti-le-ninisti è chiaro come il sole che il pensiero, l’opera, la vita e la figura di Ernesto Guevara, detto il Che, non hanno nulla a che spartire col marxismo-leninismo-pensiero di Mao, con la rivoluzione socialista e col socialismo”. Questa verità, acquisita e compresa dai marxisti-leninisti, non è ancora ben chiara purtroppo a molti giovani e gio-vanissimi che nelle piazze italia-ne e in varie parti del globo, in-dossano orgogliosi magliette con l’immagine iconizzata del guerri-gliero argentino e lanciano slogan che richiamano agli anni della ri-voluzione cubana e alle imprese di Guevara nei paesi latino americani e in Africa. Nel corso degli anni la figura di Guevara è diventata sim-bolo di rivoluzionario romantico che lotta per l’emancipazione dal-l’imperialismo, che si sacrifica per liberare altri popoli dal giogo del-l’oppressore e, sopratutto, è dive-nuto simbolo e bandiera del giova-ne anticonformista che si batte per cambiare una società corrotta.

Per capire realmente, chi era Guevara, che significato ha rive-stito e quali contributi ha appor-tato nel contesto Latino Ameri-cano dalla fine degli anni ’50 sino alla sua morte avvenuta in Boli-via nell’ottobre del 1967, bisogna collocare la sua figura all’interno del contesto storico in cui è vis-suto poiché solo così si può ave-re un’idea oggettiva e coerente del giovane guerrigliero argentino ed evitare di idealizzare le sue gesta e di cadere nell’esaltazione meta-fisica e idealistica della sua perso-nalità.

Il compagno Scuderi ha affron-tato questo argomento in moltepli-ci occasioni, analizzando scienti-ficamente il ruolo di Guevara e il reale apporto di questi alla causa rivoluzionaria. Alcune delle sue il-luminanti riflessioni sono raccolte nell’opuscolo “Dove porta la ban-diera di Guevara?”. Tutti i giovani rivoluzionari, sinceri comunisti e progressisti gioverebbero di que-sta lettura. Si tratta di un’analisi scientifica e materialistica che af-fronta le varie tappe della vita del Che, dalla sua formazione all’av-vento della rivoluzione cubana, alla costruzione del socialismo a Cuba e alle imprese dell’argentino in Bolivia e in Congo. A pagina 4

dell’opuscolo leggiamo: “Rispetto a Guevara, come del resto a qual-siasi personaggio storico, bisogna avere un atteggiamento scientifi-co e materialistico, non inficiato da idealismo e misticismo, men che mai da sentimentalismo vis-suto come ‘passione durevole’, secondo una parola d’ordine del PRC. Bisogna sempre analizzare la realtà con una visione di classe, attenersi ai fatti, fare un bilancio critico e autocritico dell’operato confrontandolo con l’esperienza storica e rivoluzionaria del movi-mento operaio internazionale e te-nendo presente gli insegnamenti del marxismo-leninismo-pensie-ro di Mao”. Atteniamoci dunque ai fatti storici, studiandoli però in chiave materialistica e di classe, per liberarci dalle idee errate che ci confondono e ci impediscono di comprendere pienamente quali gli esempi da seguire e quali i miti che bisogna liquidare. Nel suo opuscolo Scuderi cita Mao: “Noi non crediamo a niente altro se non alla scienza, ciò significa che non bisogna avere miti. Sia per i cinesi che per gli stranieri, si tratta di vivi o morti, ciò che è giusto è giusto, ciò che è sbaglia-to è sbagliato, altrimenti si ha il mito. Bisogna liquidare i miti”.

La formazioneErnesto Guevara, nato il 14

giugno 1928 a Rosario, in Argen-tina, ha vissuto la sua giovinezza in un contesto economico e so-ciale ben lontano da quello che si possa pensare. Infatti la sua fami-glia, di estrazione borghese e di idee liberali e anticlericali, ave-va convertito la propria dimora in una sorta di salotto intellettua-le borghese frequentato da espo-nenti d partiti “comunisti” suda-mericani dell’epoca e da “illustri” personaggi spagnoli scampati alla guerra civile, tra i quali i figli di Juan Gonzalez Aguilar, ministro della sanità della Repubblica spa-gnola. Ernesto Guevara, ha intra-preso gli studi di medicina presso la facoltosa università di Buenos Aires, interrompendo gli studi in varie occasioni per intraprendere viaggi in varie località dell’Ame-rica Latina. Il viaggio più lungo e largamente documentato e pubbli-cizzato è senza dubbio quello in-trapreso in compagnia dell’amico biochimico, Alberto Granado nel 1951. Gli appunti di viaggio del giovane argentino, pubblicati in seguito, sono chiara manifestazio-ne dell’avventurismo, idealismo ed individualismo di cui Guevara era impregnato e dei quali non si libererà mai. Non ancora laurea-to, Guevara intraprende il viaggio in motocicletta che toccherà Perù, Colombia, Venezuela e Stati Uni-ti. Durante il viaggio i due amici, patiscono fame, freddo, sono co-stretti a elemosinare passaggi per recarsi da un luogo ad un altro e la notte si muovono a piedi per scac-ciare il freddo che li attanaglia. Allo stesso tempo in varie occasio-ni riescono a usufruire di passaggi, cibo, ospitalità, grazie al facoltoso status di medico e di intellettuali borghesi. Guevara, agisce un po’ come un personaggio boemo, in-namorato dell’idea di povertà, av-venturismo, rischio e anticonfor-mismo. Le difficoltà incontrate durante il viaggio erano oggettive ma lo stesso non si può dire del-le circostanze che sono state ricer-cate e volute dal giovane Guevara.

Richiedete

Le richieste vanno indirizzate a: [email protected] postale: IL BOLSCEVICO - C.P. 477 - 50100 FIRENZETel. e fax 055 2347272

SEGUE IN 9ª ➫

Egli a differenza dei lavoratori e dei popoli indigeni incontrati du-rante il viaggio nelle varie loca-lità visitate, sottoposti a indicibi-le sfruttamento e costretti a vivere in condizioni di estrema miseria, il giovane argentino aveva sempre la possibilità di ritornare all’agiata vita in Argentina. In Perù, Gueva-ra in occasione del suo ventiquat-tresimo compleanno, pronuncia il suo primo discorso politico, nel quale fa riferimento alla necessità di liberarsi dal “provincialismo” e brindare ad un futura unità del-l’America Latina. Quest’idea ver-rà ribadita in seguito in vari scrit-ti di Guevara, nei quali esprime la sua concezione della rivoluzione permanente di stampo trotzkista .

La rivoluzione cubanaOccorre spendere due paro-

le circa il contesto all’interno del quale la rivoluzione cubana ha avuto luogo. In prima analisi, il si-stema politico cubano era caratte-rizzato da una profonda e dilagante corruzione che unita al fallimento dei due governi socialdemocratici,

le masse nel periodo antecedente la rivoluzione, durante la presa di potere ed il suo consolidamento? Leggendo pagina nove dell’opu-scolo “Dove porta la bandiera di Guevara?” leggiamo: “Una rivo-luzione iniziata senza una strate-gia, una tattica e un programma ben precisi e delineati, caratteriz-zata dallo spontaneismo e dal vo-lontarismo, basata esclusivamente sulla volontà rivoluzionaria, sul-le capacità militari e guerrigliere e sull’eroismo individuale di una pattuglia di 82 uomini; una rivo-luzione comunque non pensata, organizzata e programmata come una tappa della rivoluzione so-cialista”. Cosa ha portato dunque Castro ad affermarne improvvisa-mente, nell’aprile del 1961, il ca-rattere socialista? In primo luogo, dobbiamo considerare il fatto che le relazioni Cuba-USA, si erano deteriorate già a pochi mesi dalla vittoria della rivoluzione, quando Castro intraprese varie riforme di nazionalizzazione, con in testa la nazionalizzazione dell’industria che privava le imprese statunitensi della proprietà delle innumerevo-

aveva portato al potere il dittatore filo-americano Fulgencio Batista. Cuba inoltre, sebbene formalmen-te indipendente dal 1898, sino alla presa di potere di Castro, era sot-to il protettorato statunitense che possedeva il quasi totale controllo finanziario ed economico sull’iso-la. La combinazione di questi due fattori, la corruzione dilagante nel sistema politico cubano e il sen-timento di nazionalismo frustrato dall’egemonia imperialista USA, ha creato le condizioni per la na-scita di vari gruppi movimentisti, tra i quali il Movimento 26 Luglio, capeggiato da Fidel Castro, e il cui nome fa riferimento al fallimen-tare attacco alla caserma Monca-da a Santiago nel 1953. L’ammi-nistrazione Eisenhower, non prese provvedimenti attivi per fermare il gruppo di guerriglieri, poiché questo si presentava come un mo-vimento di liberazione nazionale; Castro, alla vigilia della rivolu-zione, aveva esplicitamente affer-mato che non si trattava di una rivoluzione socialista. Anche in mancanza della suddetta precisa-zione, che non si sia trattato di una rivoluzione socialista è ben chiaro e sotto gli occhi di tutti. In primo luogo, che ruolo hanno rivestito

li raffinerie di zucchero nell’isola; con la riforma agraria che espro-priava i latifondi e riuniva in coo-perative le piccole aziende. Erano in ballo dunque gli interessi eco-nomici della potenza imperiali-sta. Se poi guardiamo al contesto internazionale, in quegli anni del post-guerra fredda, l’URSS socia-limperialista di Kruscev e i fame-lici Stati Uniti imperialisti, face-vano a gara per primeggiare l’uno sull’altro. Si può ben capire qua-le fosse il timore della Casa Bian-ca in quegli anni, non poteva as-solutamente permettere che Cuba, praticamente a soli 144 chilometri di distanza, stringesse rapporti di amicizia con il suo più grande ri-vale imperialista. Il traditore Kru-scev, dal canto suo, dopo la morte del maestro del proletariato inter-nazionale Stalin, aveva avviato relazioni internazionali che ave-va nominato per una “coesistenza pacifica”. In realtà, aveva nel suo mirino mire espansionistiche e so-cialimperialiste e sperava di otte-nere congrui risultati in occasione del meeting al Camp David, con il presidente USA. Dunque ini-zialmente non si espose circa la questione cubana. Solo dopo che le aspettative per la questione di

Berlino, non andarono in porto si offrì di “aiutare” Cuba, schiac-ciata economicamente dal primo embargo imposto da Washington nell’Ottobre del 1960. Inoltre, in varie occasioni, gli Stati Uniti e le sue agenzie terroriste, quali la CIA, avevano tentato di disfarsi di Castro, ad esempio nel noto sbar-co nella Baia dei Porci nel gennaio 1961. Le condizioni storiche e gli interessi dei vertici cubano e so-vietico, portarono le due potenze a stringere rapporti di “amicizia”. Sono innumerevoli, i trattati, i pat-ti, le visite, che hanno avuto luogo tra i vertici delle due superpoten-ze dal 1960 sino alla dissoluzione dell’Unione Sovietica socialimpe-rialista. Un trentennio di cospicui aiuti economici, invio di armi e un sicuro partner con il quale avviare scambi commerciali. Si potrebbe pensare che Castro, nell’aprile del 1961, avesse ben altri fini in men-te al momento di dichiarare il ca-rattere socialista della rivoluzione. Ma che ruolo ha rivestito Guevara in tutto ciò?

Guevara negli anni post-rivoluzione

e la sua concezione del mondo

Guevara, nel periodo successi-vo alla presa di potere di Castro, ha svolto vari compiti di prima-ria importanza a Cuba, nel cam-po delle relazioni estere, militare e sul fronte economico. Scuderi a pagina 31 dell’opuscolo scrive: “(Guevara) anche in questa fase, continua a essere la spalla di Ca-stro. Ne riconosce apertamente l’autorità e la direzione. Ne con-divide la politica interna ed este-ra. Appoggia tutte le sue decisio-ni, inclusi l’alleanza subalterna prima con Kruscev, il restauratore del capitalismo in Urss, e poi con Breznev, l’installazione avventuri-stica dei missili sovietici a Cuba e la rottura con la Cina di Mao”. La Cina, del maestro del proletaria-to internazionale Mao, era l’unica voce che in quegli anni si alzava per smascherare l’URSS socialim-perialista di Krushev e a difendere risolutamente il marxismo-lenini-smo nella lotta contro il revisioni-smo moderno. Leggiamo a pagina 20 dell’opuscolo scritto da Scude-ri: “Nonostante (Guevara) si fosse incontrato a Pechino con Mao nel novembre 1960 e che avesse visto con i propri occhi i preparativi, e poi l’esplosione, della Grande ri-voluzione culturale proletaria in Cina, egli rimane completamente sordo a ogni richiamo proletario rivoluzionario e alla necessità del-la lotta contro il revisionismo mo-derno, senza la quale è impossibile combattere il capitalismo e l’impe-rialismo, fare, sviluppare e vince-re la rivoluzione”. Infatti Guevara, che in varie occasioni ha afferma-to di aver letto le opere dei mae-stri del proletariato internazionale, non ha mai compreso le caratteri-stiche particolari storiche della ri-voluzione cubana e che se applica-te in altri paesi, come dimostrano i casi di Congo e Bolivia, risulta-no in imprese avventuristiche fal-limentari. Scuderi scrive: “Gueva-ra aveva una concezione trotzkista della rivoluzione, del tutto simile alla famigerata teoria della ‘rivo-luzione permanente’, già denun-ciata e smascherata da Lenin e Stalin. A suo dire la rivoluzione deve essere fatta contemporanea-mente in tutti o in più paesi, deve

avere subito un carattere socialista e può essere esportata”. In occa-sione delle due avventure trotzki-ste Guevara, estraneo al popolo e ai rivoluzionari del luogo, fallisce clamorosamente la missione, nel-le sue parole: “Durante quelle ul-time ore di permanenza in Congo mi sono sentito solo come mai pri-ma, né a Cuba né in nessun altro luogo dove mi avesse condotto il mio peregrinare.(...) Ho imparato molto in Congo. Ci sono stati er-rori che non commetterò più, forse altri ne ripeterò o ne commetterò di nuovi. Ne sono uscito con più fede che mai nella lotta guerriglie-ra, ma abbiamo fallito. La mia re-sponsabilità è grande; non dimen-ticherò questa sconfitta né i suoi preziosi insegnamenti”. Purtroppo Guevara, dopo soli due anni, sa-rebbe caduto nel medesimo erro-re in Bolivia, luogo in cui trove-rà la morte. Egli era staccato dalle masse, è accompagnato in Boli-via da soli 38 uomini che peraltro vengono guardati con diffidenza dai contadini boliviani. Come ri-leva Mao, citato da Scuderi a pa-gina 41: “La guerra rivoluziona-ria è la guerra delle masse ed è possibile condurla solo mobili-tando le masse e facendo affida-mento su di esse”. Continua: “Il popolo, e solo il popolo, è la for-za motrice che crea la storia del mondo”. E: “I veri eroi sono le masse, mentre noi siamo spesso infantili e ridicoli; se non com-prendiamo questo è impossibile acquistare una conoscenza sia pure rudimentale”.

La teoriadell’“uomo nuovo”“Il Socialismo e l’Uomo a

Cuba”, scritto nel 1965 è un do-cumento emblematico in quan-to nero su bianco mostra il posto subalterno della classe operaia e del partito della classe operaia, al-l’interno della sua concezione del mondo che non si è mai epurata dall’ideologia borghese. Nel suo scritto, infatti, parla di “uomo nuo-vo”, di “avanguardia guerrigliera”. Eclatante, invece, la sua concezio-ne umanistica del mondo, secondo la quale: “Ogni giovane comunista deve essere profondamente uma-no, così umano da rasentare la per-fezione, elevare l’uomo mediante il lavoro, lo studio, l’esercizio del-la solidarietà continua con il pro-prio popolo e con tutti i popoli del mondo; sviluppare al massimo la propria sensibilità fino a sentirsi angosciato quando un uomo vie-ne assassinato in qualsiasi angolo del mondo”. Come scrive Scuderi a pagina 24 dell’opuscolo: “Gue-vara parlando dell’uomo, secondo schemi umanitari borghesi, ideali-stici e non materialistici, in real-tà parlava dei problemi dei picco-li borghesi e alludeva alle libertà democratico borghesi che voleva esistessero nel socialismo. Egli dimostra di avere più confiden-za con i problemi esistenziali, che con quelli della classe operaia, di cui ignora completamente le carat-teristiche, il ruolo, le funzioni e i compiti”. Guevara non riconosce l’importanza del ruolo del partito, in quanto avanguardia organizzata del proletariato, bensì esalta l’in-dividuo, il guerrigliero e afferma che per l’appunto le “personalità” possono adempiere alle funzioni del partito del proletariato.

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N. 45 - 15 dicembre 2011 PMLI / il bolscevico 9CHI VUOL FARELA RIVOLUZIONENON PUO’PRESCINDEREDA MAO

“Chi vuol fare la rivoluzione socialista non può prescindere dal pensiero e dall’opera di Mao. Anche chi vuol semplicemen-te sapere cosa è accaduto nel mondo dopo la scomparsa di Stalin non può fare a meno di ricorrere a Mao il cui pensiero è essenzia-le per comprendere la natura, le funzioni e gli scopi del revisio-nismo moderno e lo scempio che ha compiuto nell’Urss di Lenin e Stalin, nella Cina di Mao, negli altri paesi un tempo socialisti e nei partiti comunisti storici. Le nuove generazioni attraverso il pensiero di Mao possono arrivare più facilmente a capire il pen-siero di Marx, Engels, Lenin e Stalin, la loro opera, la via rivolu-zionaria, il socialismo e il comunismo.

Mao da sempre ha lottato per l’emancipazione del popolo ci-nese, ma da giovane lo faceva su una base democratico borghese e riformista. A 18 anni entra nel movimento rivoluzionario, l’an-no dopo diventa un leader studentesco, successivamente si lega ai lavoratori per i quali istituisce dei corsi serali di studio. Nel 1936 nella base rossa di Yan’an da lui stesso creata, rievocando le sue esperienze giovanili pre-marxiste, racconta al giornalista americano Edgar Snow che lo intervistava: ‘A quel tempo le mie idee erano uno strano miscuglio di riformismo democratico, liberalismo, e socialismo utopistico. Avevo una specie di vaga passione per la ‘democrazia del XIX secolo’, per l’utopismo e il liberalismo vecchio stampo, ed ero decisamente antimilita-rista e antimperialista’.

Nella celebre opera dal titolo ‘Sulla dittatura democratica po-polare’ del 30 luglio 1949, così Mao inquadra storicamente la questione: ‘Dal tempo della disfatta della Cina nella Guer-ra dell’oppio del 1840, i progressisti cinesi sono passati at-traverso innumerevoli avversità per cercare la verità presso i paesi occidentali (...). A quell’epoca, i cinesi che aspiravano al progresso leggevano qualsiasi libro, purché contenesse le idee nuove dell’Occidente (...). Anch’io, da giovane, intrapre-si questi studi. Era la cultura della democrazia borghese oc-cidentale (...). Agli occhi dei cinesi di allora la Russia era un paese arretrato e pochi volevano imparare da essa (...).

L’aggressione imperialista infranse i sogni dei cinesi che si sforzavano di imparare dall’Occidente (...). Sorsero dei dub-bi, che crebbero e si approfondirono. La Prima guerra mon-diale scosse il globo. I Russi fecero la Rivoluzione d’Ottobre e crearono il primo Stato socialista del mondo. Sotto la guida di Lenin e Stalin, l’energia rivoluzionaria del grande proleta-riato e del grande popolo lavoratore della Russia, fino allora latente e non avvertita dagli stranieri, esplose all’improvviso come un vulcano, e i cinesi come tutta l’umanità, videro i rus-si sotto una nuova luce. Allora, solo allora, ebbe inizio un’era completamente nuova nel pensiero e nella vita dei cinesi. Essi scoprirono il marxismo-leninismo, la verità universale appli-cabile ovunque, e il volto della Cina cominciò a cambiare.

Fu grazie ai russi che i cinesi scoprirono il marxismo-le-ninismo. Prima della Rivoluzione d’Ottobre i cinesi non solo ignoravano Lenin e Stalin, ma non conoscevano neppure Marx e Engels. Le cannonate della Rivoluzione d’Ottobre aiutò i progressisti cinesi e quelli di tutti i paesi ad adottare la concezione proletaria del mondo come strumenti per studiare il destino della propria nazione e per esaminare daccapo tutti i loro problemi. Seguire la strada dei russi, questa fu la loro conclusione’.

Questa fu anche la conclusione di Mao, aveva 24 anni. Final-mente aveva scoperto quali erano l’ideologia, la cultura, la via, le alleanze, i metodi e i mezzi per cambiare il volto della Cina. All’età di 27 anni scopre e legge il “Manifesto del Partito comu-nista” di Marx e Engels. La strada da seguire diventa ancora più chiara. La sua concezione del mondo ormai aveva subito una tra-sformazione radicale, da democratica borghese e riformista a pro-letaria rivoluzionaria e marxista-leninista”.

(Brano tratto dal Discorso di Giovanni Scuderi alla Commemorazio-ne di Mao nel 35° Anniversario della scomparsa, pronunciato a Firenze l’11 settembre 2011, dal titolo: “Applichiamo gli insegnamenti di Mao sul Partito del proletariato”)

IMPRESSIONI DI MILITANTI DEL PMLI SULLA COMMEMORAZIONE DI MAO

Proseguiamo la pubblicazione, iniziata sul numero 35/11, delle impressioni richieste dal Centro del Partito ad alcuni militanti del PMLI sulla commemorazione di Mao e sul discorso del compagno Giovanni Scuderi.

Seguiamola via dell’OttobreRiprendendo la frase di Mao

circa la necessità di “liquidare i miti”, possiamo concludere la nostra analisi inerente Guevara e la sua concezione del mondo con una serie di riflessioni. In primo luogo, la rivoluzione cubana ver-rà sempre ricordata in quanto ha apportato un contributo non indif-ferente all’esperienza storica del-la guerra di liberazione nazionale, sottraendola all’influenza impe-rialista nell’isola e liberandola dal dittatore corrotto filo-americano, Fulgencio Batista. Bisogna però, se ci atteniamo alla scienza, e va-lutiamo dunque scientificamente ciò che è stato in quegli anni, con-siderando ciò che è giusto e ciò che è invece sbagliato, non pos-siamo non denunciare l’individua-lismo, il trotzkismo, l’idealismo, l’umanitarismo, l’avventurismo del guerrigliero argentino. Non a caso, la pubblicizzazione e l’im-

mensa propaganda della sua per-sona, avvenuta dopo la sua morte, ricordano un po’, la figura di un martire che si è immolato per la causa. Come scrive Scuderi a pa-gina 4: “La sua morte (Guevara) non a caso tanto pubblicizzata dai trotzkisti e dai neorevisionisti per colpire l’immaginazione e i sen-timenti dei giovani rivoluzionari in modo da far passare in secon-do piano le questioni politiche ed ideologiche”.

Non a caso, noi marxisti-leni-nisti, seguiamo la via tracciata dal-l’Ottobre rosso del 1917 e dal ful-gido esempio rivoluzionario dei cinque maestri del proletariato in-ternazionale, i quali hanno dedica-to la vita intera per la causa socia-lista e hanno apportato contributi immensi sul piano teorico, politi-co e pratico al marxismo-lenini-smo-pensiero di Mao, riuscendo così ad emancipare il proletaria-to (nei rispettivi paesi) e a liberar-lo dal giogo della borghesia e del capitalismo iniquo e oppressore, essi rimarranno sempre nel cuore e nella mente del PMLI e del pro-letariato italiano e dei marxisti-le-ninisti di tutto il mondo.

➫ DALLA 8ª

SCUDERI DIMOSTRA CHE SE SI SCEGLIEIL SOCIALISMO SI

DEVE STARE COL PMLIProvare ad essere come Mao.

Questo è il primo degli insegna-menti che è possibile trarre dal di-scorso del Segretario generale.

È vero, Mao centrava ogni volta il bersaglio e paragonarsi alla sua vita, alla sua coerenza, alla sua ca-pacità di tradurre in realtà l’intera sua opera, sviluppando, arricchen-do ed elaborando il marxismo-le-ninismo-pensiero di Mao, sem-bra impossibile. Ma è da lui, come da molti compagni di Partito che hanno trasformato la propria con-cezione del mondo in senso prole-tario, che occorre partire per misu-rarsi con il Partito.

Studiare dai libri marxisti-le-ninisti, e oserei aggiungere da “Il Bolscevico”, è l’unica arma che hanno coloro che vogliono fare la rivoluzione e trasformare se stessi in senso rivoluzionario.

Studiando è possibile mettere in pratica i giusti comportamenti e verificare quelli dei compagni che ci sono vicino per comprendere se stiamo e stanno agendo secondo la giusta linea marxista-leninista. Solo studiando è possibile capire se il Partito resta fedele al marxi-smo-leninismo-pensiero di Mao.

Occorre pertanto fare duri sfor-zi e correggersi, lavorando su stes-

si affinché si possa essere del Par-tito e con il Partito fino in fondo e si possa dare il giusto contributo che chiede il Partito.

Il compagno Scuderi pone tutti di fronte ad un quesito o col capi-talismo e dunque col liberismo o col socialismo e quindi col marxi-smo-leninismo-pensiero di Mao. Non si può stare con due piedi in un’unica scarpa. Se si sceglie il so-cialismo si deve stare con il PMLI, rispettando la sua linea organizza-tiva e politica che è frutto della storia del movimento operaio ita-liano e internazionale, rispettando il centralismo democratico, su tut-ti, che è la chiave di volta per far sì che vi sia un equilibrio tra de-mocrazia e disciplina nel Partito. Allo stesso tempo, il centralismo democratico rappresenta una delle peculiarità dei marxisti-leninisti. Non esiste in Italia alcun Partito che adotti quale struttura organiz-zativa il centralismo democratico. Questo rende vivo il nostro Partito e gli permette di sviluppare la sua linea politica e organizzativa e lo si è visto fino in fondo durante il

5° Congresso nazionale.La storia del movimento ope-

raio italiano, lo spiega mirabil-mente e con grandissima capacità di sintesi il nostro Segretario gene-rale, dimostra che senza un partito rivoluzionario, senza la sua guida, non è possibile cambiare il mon-do. Oggi, che la crisi mondiale fi-nanziaria ed economica ha messo a nudo tutte le velleità del capitali-smo e della sua struttura, oggi più che mai il PMLI è attuale e deve essere vivo, nuotare tra le masse in lotta, far tornare il Socialismo ed il rosso di moda, crescere e divenire un Gigante Rosso anche nel cor-po, per poter guidare verso l’Italia unita, rossa e socialista le masse popolari italiane.

Che Mao possa sventolare nel-le piazze grazie alla rossa bandiera del PMLI e che i suoi insegnamen-ti di vita e teorici, siano di stimo-lo alla crescita ed allo sviluppo del PMLI.

Con Mao per sempre!Coi Maestri e il PMLI vince-

remo! Francesco – Parma

Con spirito di sacrificio e grande dedizione il PMLI

pone le basi per un processo simile a quello cinese

Continuiamo la pubblicazione di alcuni pareri di simpatizzanti e amici del PMLI sul discorso di Scuderi per il 35° Anniversario della morte di Mao.

L’intervento di Giovanni Scu-deri alla commemorazione di Mao l’ho letto con somma attenzione: trovo difficoltoso l’esprimermi articolatamente su tale tema per insufficienza di argomentazioni. Comunque, è palese che Mao

abbia compiuto un’impresa tita-nica l’aver portato alla vittoria un partito inizialmente composto da pochissimi membri. Sicuramente è ammirevole, come disse anche il mio prof. di storia, la grande opera di quest’uomo, il quale ha provveduto instancabilmente nel persuadere le masse contadine a seguire il “verbo comunista” e ha realizzato la Lunga Marcia per sfuggire al nemico. Quanti di noi si sarebbero arresi ad esso? Era

pensabile effettuare una marcia così lunga e sfiancante da parte di un numero così elevato di uo-mini?

Inoltre, Mao rifiutava l’indivi-dualismo, rinunciando ad attri-buirsi meriti e glorie, focalizzando la propria attenzione e concen-trando gli sforzi verso le masse. Credo che pochi uomini di potere abbiano pronunciato simili di-scorsi nelle pubbliche apparizioni ma, al contrario, come Krusciov, non avessero saputo resistere al fascino del vanto.

Fu abile nel concertare l’azio-ne rivoluzionaria, accerchiando le città mediante la mobilitazione delle campagne, mentre i trotzki-sti incitavano ad azioni rischiosis-sime all’interno delle città stesse. Fu arduo il mantenimento del-l’equilibrio, vigilando sulle derive “a destra” e “a sinistra” a causa delle quali il partito rischiava di smarrire la strada e perdere la propria identità.

Bisogna anche tener presen-te l’interessantissima visione del mito: Mao ce lo propone come qualcosa che fiacca la volontà dell’individuo, rendendolo ebbro

e scollandolo dalla realtà e dalla prassi, affogandolo nelle fantasti-cherie (quasi un sostitutivo della religione) e giocando a favore del ceto dominante che ambisce alla paralisi del rivoluzionario. Come non dimenticare il retaggio gueva-riano che ancor oggi ci trascinia-mo. Quanti giovani si definiscono rivoluzionari senza conoscerne minimamente il significato, infla-zionandone il termine, alimentan-do il consumismo con la corsa ai gadget?

Noto come in Italia stiate po-nendo con fatica, spirito di sacri-ficio e grande dedizione, le basi per un processo simile a quello cinese, anche se la strada è an-cora indescrivibilmente lunga e il cammino incerto e arduo.

Ora la Cina è un paese capita-lista e imperialista a tutti gli effetti: a tal proposito voglio raccontarvi un aneddoto. Tempo fa chiesi ad un cinese cosa pensasse di Mao ed egli mi rispose sinteticamente: “È il capo della Cina”. Mi disse anche che ancora oggi parte dei cinesi lo considera il loro leader e la loro guida.

Nicola - Asti

Novità: la Commemorazione di Mao su YoutubeRAGGIUNGETELO ATTRAVERSO WWW.PMLI.IT

È presente su Youtube il video con le conclusioni dell’importante di-scorso di Giovanni Scuderi “Applichiamo gli insegnamenti di Mao sul Partito del proletariato”, tenuto a Firenze l’11 settembre 2011 a nome del Comitato centrale del PMLI in occasione del 35° anniversario della morte di Mao. Tale video si può visionare sempre passando attraverso il link Video sul PMLI o direttamente al seguente indirizzo:

http://www.youtube.com/watch?v=P09jpTWaJ3k.Sempre su Youtube vi sono i filmati della sintesi del saluto di Monica Martenghi “Ci auguriamo che l’en-

nesimo appello antifascista del PMLI non cada nel vuoto” in occasione della commemorazione pubblica del 33° della scomparsa di Mao, tenutasi a Firenze il 16 settembre 2009. Anch’esso passando dal link del sito del PMLI o direttamente al seguente indirizzo:

http://www.youtube.com/watch?v=zOSa2HF1vxc

Page 10: IL Bolscevico-PMLI n.45 2011

10 il bolscevico / PMLI N. 45 - 15 dicembre 2011

DIFFUSO A BOLOGNA IL DOCUMENTO DELL’UFFICIO POLITICO DEL PMLI CONTRO IL GOVERNO MONTI

Dal nostro corrispondente dell’Emilia-RomagnaSabato 3 dicembre, quando la

Cgil avrebbe dovuto tenere la pre-vista manifestazione nazionale di piazza a Roma, poi ritirata, contro le misure per far pagare alle masse lavoratrici e popolari la grave cri-si del capitalismo, una Squadra di propaganda del PMLI, composta da militanti delle Cellule “Stalin” di Forlì e di Rimini e dell’Organiz-zazione di Castelvetro di Modena, hanno diffuso oltre 400 copie del documento dell’Ufficio politico del Partito sul governo Monti tito-

lato “Liberiamoci dal governo del-la grande finanza, della Ue e della macelleria sociale. Solo il sociali-smo può salvare l’Italia”. Inoltre sono state diffuse una decina di copie de Il Bolscevico n° 43, spille dei Maestri e del PMLI e fazzolet-ti del Partito.

L’insoddisfazione verso il go-verno Monti sta già montando ed esploderà con forza dopo l’an-nuncio all’incontro con le “parti sociali”, della megastangata che esso intende intraprendere per ri-sollevare le sorti del capitalismo italiano in grave crisi.

Bologna, 3 dicembre 2011. Diffusione del documento dell’Uffi cio politico del PMLI contro il governo Monti (foto Il Bolscevico)

Il PMLI produce un grosso sforzo per far giungere alle masse la sua voce anticapitalista, antiregime neo-fascista e per l’Italia unita, rossa e socialista. I militanti e i simpatizzanti attivi del Partito stanno dando il mas-simo sul piano economico. Di più non possono dare.

Il PMLI fa quindi appello ai since-ri fautori del socialismo per aiutarlo economicamente, anche con piccoli contributi finanziari. Nel supremo in-teresse del proletariato e della causa del socialismo.

Più euro riceveremo più volantini potremo diffondere contro il governo della grande finanza, della UE e della macelleria sociale guidato da Monti.

Aiutateci anche economicamente per combattere le illusioni elettorali, parlamentari, riformiste e governati-ve e per creare una coscienza, una mentalità, una mobilitazione e una lotta rivoluzionarie di massa capaci di abbattere il capitalismo e il pote-re della borghesia e di istituire il so-cialismo e il potere del proletariato. Grazie di cuore per tutto quello che potrete fare.

Consegnate i contributi nelle no-stre Sedi o ai nostri militanti oppure inviate i contributi al conto corrente postale n. 85842383, specificando la causale, intestato a:

PMLI - via Gioberti, 101 - 50121 FIRENZE

Diffuso il volantino del PMLI per spiegare che è cambiata l’orchestra ma

non la musicaDomenica 27 novembre ho

avuto modo di diffondere il vo-lantino col documento dell’Ufficio politico del PMLI contro il gover-no Monti “Liberiamoci dal gover-no della grande finanza, della UE e della macelleria sociale. Solo il socialismo può salvare l’Italia”.

Ho scelto una località che si chiama Osteria Bianca, strade che collegano Firenze con Pisa e la Valdelsa. Alcuni automobilisti si fermavano per ricevere il volanti-no.

Più d’uno, male informato, e-sprimeva soddisfazione perché Berlusconi non c’è più. A costoro dicevo di leggersi il volantino per-ché cambia l’orchestra ma la musi-ca è la stessa.

Sono convinto del fatto che bisogna unire coloro i quali, come noi, hanno rifiutato le isti-tuzioni borghesi per intraprende-re iniziative di lotta sul territorio. E tornare a parlare e credere nel socialismo.

Fabio - Empoli (Firenze)

Un’interessante discussione tra

simpatizzanti del PMLI ed esponenti della FDS

Alcuni criticano il PMLI, dicen-do che non voglia avere rapporti con la FDS (Federazione della si-nistra) né diventare un partito di massa.

In quanto alla prima questione, il PMLI ha sempre dialogato con la base di tutti i partiti democrati-ci, compresa quella della FDS. In quanto alla seconda questione, il PMLI è l’avanguardia cosciente e organizzata del proletariato italia-no e si è strutturata come partito d’avanguardia e non di massa sul-la base della lezione di Maestri sul Partito e con l’obbiettivo di fare la rivoluzione socialista in Italia.

Sabato 19 novembre, davan-ti al Teatro Massimo di Palermo, dove erano riuniti gli “indignati” palermitani, vi è stata un’animata discussione tra alcuni compa-gni simpatizzanti del PMLI e un membro del direttivo nazionale del PRC, M. Giordano.

Nella discussione Giordano ha sostenuto che le tessere sono più importanti della militanza e che più tesserati ci sono meglio è: se poi il rapporto tra militanti effettivi e tesserati (militanti sulla carta) è 2 su 100 non fa niente! Già da questo si capisce che per i dirigenti dei partiti della “sini-stra” borghese contano di più gli introiti economici che una base impegnata nella militanza e nello studio del marxismo-leninismo-pensiero di Mao.

Inoltre, la discussione ha toccato anche temi che per un marxista-leninista sono di impor-tanza vitale!

I dirigenti di tali partiti non am-

mettono che il rifiuto della ditta-tura del proletariato, la negazione della lotta di classe, il rifiuto del materialismo dialettico (non san-no neanche cosa sia) e la visione ipocrita del “dover fare ora sen-za pensare al dopo” ha portato molti compagni ad abbandonare il PRC o il PdCI, che si sono rifu-giati nei centri sociali e nell’area dell’“ultrasinistra”.

Lancio un appello alla base della Federazione della Sinistra: se credete realmente in un’Italia diversa da quella capitalista e le-gata alla finanza, se credete ve-ramente nell’unione delle lotte e nel fronte unito, l’unico Partito a cui affidare la propria anima rivo-luzionaria è il PMLI!

È l’unico Partito che tiene vera-mente alla crescita della coscien-za rivoluzionaria e proletaria dei propri militanti e simpatizzanti!

Non affidatevi all’ipocrisia del-la “sinistra” borghese che nelle città è contro il neoduce europeo Monti mentre la dirigenza (vedi Diliberto) appoggia tale governo fascista!

Il PMLI è il sole dell’avvenire, la “sinistra” borghese è l’immon-dizia riciclata del PCI revisionista!

Giovanni - Palermo

Distribuirò a scuola il volantino del PMLI contro

il governo MontiCiao compagni,vi ho conosciuto tramite alcuni

amici, qualcuno di loro ha pure partecipato alla commemorazio-ne di Mao a Firenze diversi anni fa.

Ho fatto 50 copie del volantino del PMLI contro il governo Monti e lo diffonderò nella mia scuola.

Mi affascina moltissimo la sto-ria dell’organizzazione “Servire il popolo” (in realtà il compagno Scuderi non ha mai fatto parte di quella organizzazione, n.d.r.) da cui so che veniva anche Scuderi. Questo gli fa onore perché non ha mollato la lotta da allora.

Mi interessa avere la versio-ne integrale di quella citazione di Mao di cui vi ho scritto per capi-re come egli possa esserci utile oggi.

Grazie.Filippo - provincia di Teramo

La delibera dell’assessore Lucarelli di Napoli fa

acqua da tutte le partiLa delibera sul servizio idri-

co varata da Alberto Lucarelli, assessore al comune di Napoli (sponsorizzato da Alex Zanotelli), fa acqua da tutte le parti e no-nostante ciò viene portata come esempio.

Circa l’inceneritore a Giuglia-no, sono indignato nei confronti del sindaco De Magistris e anche rispetto al silenzio di quelli che hanno lottato contro l’incenerito-re di Acerra (e per l’acqua pubbli-ca) e quelli che oggi siedono nel Consiglio comunale di Napoli.

Salvatore Carnevale - Napoli

A RIARDO (CASERTA)

Volantinaggiodel PMLI

sul governo MontiLa popolazione ha potuto

vedere la luce e il soleDal corrispondentedella Cellula “Engels”di RiardoLe compagne e i compagni

della Cellula “Engels” di Riar-do (Caserta) del PMLI il 27 no-vembre scorso hanno diffuso con tempestività il documen-to dell’Ufficio politico del Par-tito “Liberiamoci dal governo della grande finanza, della Ue e della macelleria sociale” fra la popolazione della loro citta-

dina. Il volantino è stato preso con molto interesse e apprez-zato soprattutto dalle ragazze e ragazzi, dai meno giovani e dai contadini.

In molti hanno ringrazia-to i compagni dicendosi diso-rientati e confusi dall’inganno dei provvedimenti finanziari e dalla macelleria sociale che si prospetta. Solo con il docu-mento del PMLI hanno visto la luce e il sole.

Caserta, 6 settembre 2011. Manifestazione provinciale nell’ambito dello sciopero generale promosso dalla CGIL. Nel cuore del corteo le insegne del PMLI portate dalla Cellula “Engels” di Riardo

Se il computer prendeil sopravvento sulla presenza

in piazza c’è un problemadi coscienza politica

L’Organizzazione di Vic-chio del Mugello non ha se-gnalazioni circa l’uso impro-prio di facebook, sia da parte nostra come Organizzazione di Partito, sia di altri compagni.

Come sappiamo il Partito ci indica di svolgere la nostra at-tività fondamentalmente tra le masse e di supporto ricorrere alle tecnologie informatiche. Come è emerso al 5° Congres-so nazionale nell’intervento del Segretario generale com-pagno Giovanni Scuderi.

Quando in questo giusto rapporto prende il sopravven-to il computer qualcosa non va nei compagni interessati. È un problema di coscienza po-litica per il quale è più facile stare al computer che esporsi nelle piazze. Perché in defini-tiva lo stare alla tastiera corri-sponde ad un modello imposto da questa società, lo stare nelle piazze invece vuol dire remare completamente controcorrente rispetto ai valori di questa so-cietà borghese.

Di fronte a una mancanza di coscienza politica, di assimila-zione del marxismo-leninismo-pensiero di Mao, ecco che la ta-stiera assume una rilevanza ben superiore a quella che gli deve appartenere. Malgrado la com-

plessità tecnica, è più facile sta-re alla tastiera che in piazza da parte di questi compagni. È una problematica da ritenere paral-lela e simile a quella per cui ci sono simpatizzanti che scrivo-no corrispondenze a iosa per Il Bolscevico ma poi a diffondere il giornale o i volantini non c’è verso di vederli. Lo scrivere su un giornale, anche se il nostro non è una testata come le al-tre, è sempre ammesso in que-sta società mentre lottare nelle piazze non risponde ai modelli dominanti.

L’antidoto è rafforzarsi po-liticamente, studiare e appli-care il marxismo-leninismo-pensiero di Mao e la linea del Partito in modo da essere in linea col PMLI e raggiungere un giusto equilibrio tra propa-ganda, piazze e tastiera, che se quest’ultima è utilizzata nelle dosi giuste è senz’altro di be-neficio alla nostra attività.

Tutto questo tocca i tasti più profondi della nostra mi-litanza e la nostra concezione del mondo; occorre essere vi-gilanti per non cadere in errore e un grosso sforzo per uscirne da parte di chi vi è caduto.

Da un rapporto interno del-l’Organizzazione di Vicchio del Mugello (Firenze) del PMLI

Page 11: IL Bolscevico-PMLI n.45 2011

N. 45 - 15 dicembre 2011 cronache locali / il bolscevico 11PER TRAFFICO ILLECITO DI RIFIUTI E CORRUZIONE

Arrestato il vice presidentedella Lombardia Cristiani (PDL) In manette anche dieci collaboratori della giunta FormigoniIN CASA DELL’ESPONENTE PDL UNA MAZZETTA DI 100 MILA EURODal nostro corrispondente della LombardiaUna vera e propria bufera giu-

diziaria ha travolto lo scorso 30 novembre i piani alti del Pirello-ne: il vicepresidente del consiglio regionale Franco Nicoli Cristiani (PDL) è stato arrestato all’alba dai carabinieri di Brescia a seguito di un’ordinanza di custodia cautela-re in carcere emessa dal Gip (Giu-dice per le Indagini Preliminari) Cesare Bonamartini, nell’ambito di un’inchiesta per traffico illeci-to di rifiuti e corruzione aggravata. In manette sono finiti anche dieci collaboratori della giunta neofasci-sta della Regione Lombardia gui-data dal dittatore ciellino Rober-to Formigoni. Tra di essi vi sono Giuseppe Rotondaro, il numero due dell’Arpa (Agenzia Regionale per la Protezione dell’Ambiente) e Andrea David Oldrati, titolare del-la società per consulenze ambien-tali Terraverde Srl.

L’inchiesta, cominciata otto mesi fa, e coordinata dai Pm Sil-via Bonardi e Carla Canaia, è divi-sa in due parti distinte: la prima ha a che fare con il traffico di rifiuti, l’altra sui reati contro la pubblica amministrazione.

Fulcro del sistema del traffico di rifiuti sarebbe Pierluca Locatel-li, proprietario di un mega gruppo imprenditoriale bergamasco, con sede a Grumello del Monte. Dalle indagini della Dia (Direzione In-vestigativa Antimafia) di Brescia è emerso che nel suo impianto a Biancinella di Cavernago (Berga-mo) si raccoglievano rifiuti da di-verse acciaierie lombarde a volte altamente tossici ma, anziché trat-tarli e smaltirli a norma di legge, dopo pochi minuti gli stessi ca-mion che li avevano trasportati venivano fatti ripartire alla volta dei due cantieri di Cassano d’Ad-da (Milano) e di Fara Olivana Con Sola (Bergamo) della Brebemi, la nuova autostrada veloce che col-legherà Brescia, Bergamo e Mila-no, dove venivano interrati. I fondi della massicciata sarebbero sta-ti quindi costruiti sopra una vera e propria discarica di cellophane, le-gno, materiale ferroso e addirittu-ra cromo. I due cantieri sono stati posti sotto sequestro assieme alla cava di Cappella Cantone (Cremo-na), dove Locatelli aveva in pro-getto di realizzare un’enorme di-

scarica di amianto che gli avrebbe fruttato diversi milioni di euro.

Questa attività criminale, che smentisce il luogo comune secon-do cui il traffico dei rifiuti illeci-ti avverrebbe unicamente nel Sud Italia ad opera della criminalità or-ganizzata, sarebbe avvenuta con il beneplacito di Cristiani a cui sarebbe andata quale ricompen-sa per accelerare i lavori della di-scarica di amianto una tangente di 100 mila euro, documentata dalle intercettazioni ed effettivamente trovata nella sua abitazione, in due buste piene di banconote da 500 euro. A Rotondaro, che avrebbe fatto da tramite per la consegna della tangente, sarebbero invece

andati 10 mila euro per eludere i controlli ambientali. Locatelli ha ammesso il pagamento della tan-gente spiegando al Gip che si era trattato solo di una prima tranche e dichiarando che sarebbe stato pronto a consegnare al politico an-che due milioni di euro pur di arri-vare al suo obiettivo.

Il governatore Formigoni no-nostante le sue responsabilità og-gettive, considerato che Cristiani fu nominato proprio da lui asses-sore all’ambiente nel 1995 e che ha ricoperto quell’incarico per due legislature, si è affrettato a dire che non ha alcuna intenzione di di-mettersi e anzi ha avuto addirittura la faccia tosta di affermare che, in

merito alle autorizzazioni alla di-scarica di Locatelli, “È stato tutto eseguito a regola d’arte dalla giun-ta. Se ci sono responsabilità vanno trovate altrove”.

Quest’ennesimo scandalo di-mostra che tutti i faraonici proget-ti sostenuti dalla giunta Formigoni come appunto la Brebemi, alla co-struzione della quale il PMLI si è da sempre opposto, oltre ad esse-re inutili e dannosi per l’ambiente costituiscono una ghiotta occasio-ne per speculazioni da parte del-le cosche partitiche e l’assenza di adeguati controlli rende estrema-mente facili le infiltrazioni mafio-se negli appalti.

Dimenticandosi dei bisogni delle masse lavoratrici e popolari di Milano

PISAPIA E TABACCI CHIEDONOUNA DEROGA AL PATTO DI STABILITÀ

PENSANDO SOLO A EXPO Occorre invece che i fondi pubblici vadano urgentemente nel

potenziamento dei servizi pubblici e sociali e per l’assunzione dei precari

Redazione di MilanoL’assessore al bilancio della

giunta arancione milanese, Bru-no Tabacci, rispolvererà la lettera già inviata all’allora ministro del-l’Economia Giulio Tremonti lo scorso 22 settembre e scriverà il nome del nuovo destinatario, Ma-rio Monti, senza però modificarne il contenuto: per le infrastrutture Expo ci vuole una deroga al patto di stabilità.

Nell’ultima “legge di stabilità” del governo Berlusconi veniva-no infatti indicate le penalità che sarebbero applicate se il sindaco Giuliano Pisapia o il presidente provinciale berlusconiano Guido Podestà non riuscissero a rispet-tare, già da quest’anno, i vincoli di finanza pubblica. Lo sconto più importante per Palazzo Marino è quello sulle spese correnti: sforato il patto, nel 2012 l’amministrazio-ne comunale non sarebbe più co-stretta a fermare le uscite al livel-lo medio degli ultimi tre anni, cioè 1,9 miliardi di euro, ma si vedreb-be alzare il tetto al livello registra-to nell’ultimo consuntivo chiuso,

cioè intorno ai 2,2 miliardi. In pra-tica: una possibilità di spesa ag-giuntiva da 300 milioni di euro.

Tra le opere che la giunta non vuole tagliare c’è la metro 4, del valore totale di circa un miliardo (di cui 400 milioni di euro a cari-co del Comune, ossia dei lavora-tori, casalinghe e pensionati mi-lanesi), che da Linate rischia già di fermarsi dopo due sole ferma-te, alla stazione Forlanini. Assur-da la giustificazione dell’assesso-re al Bilancio di Palazzo Marino: “È necessario chiedere ancora una deroga perché l’Expo è una priori-tà nazionale, e non un evento del Comune di Milano”.

Una “priorità nazionale”? Vo-gliamo ancora una volta sotto-lineare che la classe operaia e le masse lavoratrici e popolari di sif-fatte priorità nazionali non san-no che farsene! Priorità naziona-li sono ben altre: realizzazione di una scuola pubblica e garantita gratuitamente a tutti, rifacimen-to delle infrastrutture (ospedali, ospizi, case popolari), cura del ter-ritorio a livello idrogeologico (che

eviti ancora tragedie come quel-le appena passate), fondo cassa e servizi garantiti per i lavoratori la-sciati a casa senza lavoro (licen-ziati, cassaintegrati, o in mobilità), servizi agli anziani ed ai disabili. Insomma tutti servizi alle masse lavoratrici e popolari che non fan-no profitto, dunque ritenuti inutili o scomodi da chi guadagna sulle spalle della collettività!

A Milano c’è inoltre bisogno della stabilizzazione del perso-nale comunale precario, mentre nell’hinterland delle province mi-lanese e monzese-brianzola è ur-gente il potenziamento dei mezzi di trasporto pubblico su gomma e rotaia!

Sei richieste di rinvio a giudizioai dirigenti Amts per concorsi truccati

Turbativa d’incanti, truffa ai danni di ente pubblico ecorruzione di persona incaricata di pubblico servizio

Dal corrispondente dell’Organizzazione di Buonalbergo (Benevento) del PMLI

Sono sei le richieste di rin-vio a giudizio del sostituto pro-curatore della Repubblica presso il tribunale di Benevento, Anto-nio Clemente, nell’ambito dell’in-chiesta relativa al concorso bandi-to dall’Azienda di trasporti urbani di Benevento (Amts) nel maggio 2010 per l’assunzione di 13 dipen-denti. Si tratta di Francesco Vol-pe, direttore generale dell’Azien-

da, Antonio Mondelli, socio dello Studio Staff di Napoli, società per selezioni; Massimo De Luca, le-gale dello stesso studio; Claudio Mosé Principe, all’epoca dei fatti presidente dell’Azienda, Antonio Formichella e Severino Coluccio componenti del consiglio di am-ministrazione.

L’indagine fu affidata dalla pro-cura alla Guardia di Finanza. Sono stati indagati per i reati di turbati-va d’incanti, truffa ai danni di ente pubblico e corruzione di persona incaricata di pubblico servizio.

La procura sostiene di aver rin-

venuto i file degli accordi prelimi-nari, le modifiche estemporanee del bando non autorizzate e altri raggiri, per falsificare le proce-dure concorsuali, favorendo can-didati, parenti o amici di pubbli-ci funzionari e amministratori. Si sarebbe fatto finta di esaminare un migliaio di candidati, valutandone in realtà 312.

Le solite assunzioni clientelari perpetrate ai danni di migliaia di disoccupati che cercano lavoro e trovano sempre la strada sbarrata da questi loschi personaggi legati alla politica e al malaffare.

“20Vénti: Firenze nel 2020”

ALLA KERMESSEDI RENZI ANNUNCIATI

TAGLI AL SOCIALETagliati fuori il Consiglio

comunale e la popolazioneRedazione di FirenzeIl 25 novembre il megaloma-

ne neopodestà di Firenze Matteo Renzi (PD) ha dato vita a una ker-messe in stile televisivo nel Salo-ne dei Cinquecento per disegna-re, secondo lui, la Firenze che sarà nel 2020, coinvolgendo i suoi as-sessori, funzionari comunali e un gruppo selezionato di interlocu-tori (rappresentanti delle catego-rie economiche, banche, sindaca-ti, studiosi, ecc.) in un clima da talk show, con interventi di 5 mi-nuti intervallati da video, in diretta streaming, facebook e twitter. Lui e la sua giunta tireranno poi a sin-tesi questo “dibattito” e poi porte-ranno le loro conclusioni in consi-glio comunale.

Ancora una iniziativa per emer-gere sui media (pagata dai fioren-tini), e rilanciare il suo stile fatto di protagonismo, presidenziali-smo e neofascismo. Iniziative di propaganda pro-Renzi che stanno stancando anche i suoi interlocu-tori borghesi, a Palazzo Vecchio si sono registrate assenze di rilie-vo, dal presidente degli industria-li Simone Bettini alla Uil. Mauro Lombardi, docente di economia dell’innovazione a Firenze, ha parlato del futuro industriale del-la città sottolineando che “Non ba-stano i meeting improvvisati dove ognuno va a dire quello che vuole, ci vogliono studi seri e puntuali”.

Da tutto questo fumo mediati-co, accanto a progetti più o meno concreti per valorizzare la Firen-ze turistica, una delle poche cose certe emerse è che a Palazzo Vec-chio si stanno preparando drastici tagli al sociale. Il segretario CGIL Mauro Fuso, che ha cercato di ri-tessere i rapporti con l’ammini-strazione raffreddati dalle scelte e dalle provocazioni antisindacali di Renzi, non si è potuto esimere dal sottolineare “qui non si parla di crisi”.

Il neopodestà è stato chiaro: “Palazzo Vecchio ha perso da 4.1 a 1,8 sul fondo sociale e dovrem-mo trovare un altro modello di Welfare che fa riferimenrto a una parola magica: sussidiarietà e che chiama in causa la vita associati-va”. In pratica il comune lascia da solo chi ha bisogno e chi rie-sce, magari, può rivolgersi al vo-lontariato.

I suoi assessori non sono da meno. Sui problemi che contano per la popolazione si sono pre-sentati solo con degli interroga-tivi. Come continuare a garanti-re 2.216 posti nelle Rsa e 1.500 anziani assistiti a domicilio, si è chiesta l’assessore al sociale Ste-fania Saccardi? E come soddisfa-re le 800 famiglie in coda per il nido? altro interrogativo lanciato della responsabile istruzione Rosa Maria Di Giorgi.

L’assessore alla casa Claudio Fantoni ha sottolineato il proble-ma degli sfratti per morosità, che nel 2010 hanno raggiunto quota 56mila. Idee per affrontare la que-stione: zero.

Eppure Renzi dal 2009 ha rin-carato praticamente tutto. Traspor-to degli alunni fino a +50%, il pa-sto a mensa e i servizi educativi per i bambini 0-3 anni del 26%. Nei cimiteri loculi +12%, servizi di inumazione ed esumazione +52%. La COSAP (tassa suolo pubblico) +30% per i passi carrabili, +50% chioschi e dehors, ristrutturazio-ni edili e per i mercati all’aperto, fino a +170% per i mercati coper-ti. TIA (rifiuti) +8-9%, parcheggi (+0,50 euro all’ora, il doppio per il posteggio della stazione centrale), biglietto dell’Ataf (per esempio il ticket da quattro corse è passa-to da 4,50 a 4,70 euro). Introdot-ti l’imposta di soggiorno per i tu-risti e l’ingresso a pagamento per gli artigiani nella zona a traffico li-mitato.

BENEVENTO

Presso l’aula consiliare di Civitavecchia (Roma)

INIZIATIVA PUBBLICASULLA RESISTENZA E I PARTIGIANIApplaudito intervento del PMLI che attacca il regime

neofascista e la continuità tra Monti e BerlusconiDal corrispondente dell’Organizzazione di Civitavecchia del PMLI

Sabato 3 dicembre, pres-so l’aula consiliare “Pucci” di Civitavecchia (Roma), gremi-ta di ex partigiani, popolazio-ne e soprattutto studenti delle scuole medie e superiori invi-tati dal locale circolo “Marron-celli” dell’ANPI per il progetto “Storia, memoria e letteratura”, si è tenuta la presentazione del libro “Ribelli! Gli ultimi parti-giani raccontano la Resisten-za. Di ieri e di oggi”, scritto dai giornalisti Domenico Guarino e Chiara Brilli e a cui è abbinato un documentario omonimo, cu-rato da Massimo D’Orzi e Pao-la Traverso. Da tale video sono state ascoltate con grande atten-

zione le interviste a 15 partigia-ni di Bologna, Firenze, Genova, Milano, Napoli, Roma e Vene-zia, tutte di una lucidità emo-zionante

Poiché l’iniziativa lasciava spazio a interventi dalla platea, ha chiesto e ottenuto la paro-la il rappresentante dell’Orga-nizzazione di Civitavecchia del PMLI, compagno Lorenzo Ien-go. Egli ha anzitutto citato Mao “Ribellarsi è giusto, contro i rezionari”, onorando così i par-tigiani, ed ha denunciato come la Costituzione del ’48, seguita alla Liberazione dell’Italia dal mostro nazifascista, sia ormai in larga misura carta straccia tanto che la sua difesa è da ri-tenersi battaglia di retroguardia, non adatta alle necessità. Que-sto perché viviamo in un regime

neofascista, di pesante dittatura della borghesia che, dopo l’usci-ta di Berlusconi da Palazzo Chi-gi e l’entrata di Monti, non ha affatto attenuato la sua morsa, vedi anche la megastangata in arrivo.

Il nostro compagno, applau-dito da larga parte dei presen-ti, ha concluso sostenendo che “durante la Resistenza si com-batteva con le armi e oggi oc-corre un nuovo 25 Aprile per la nostra libertà”.

Dal canto loro gli autori del libro, presenti all’iniziativa, hanno cercato di riportare il di-scorso sui binari del pacifismo e dell’elettoralismo borghese. Una minestra riscaldata.

È stato diffuso Il Bolscevico che ha suscitato molto interesse fra i partecipanti.

Page 12: IL Bolscevico-PMLI n.45 2011

12 il bolscevico / cronache locali N. 45 - 15 dicembre 2011

Cassina De’ Pecchi (Milano)

GLI OPERAI JABIL SBARRANOLA STRADA AL CAMION GIUNTO PER

COMINCIARE LA DISMISSIONEGrave provocazione padronale della multinazionale fi nno-tedesca. Solidarietà di classe del PMLI

Redazione di Milano

“Resteremo a presidiare giorno e notte davanti ai cancelli, come stiamo facendo già da 4 mesi per denunciare la nostra situazione a chi vorrà ascoltarci e solidarizza-re con noi. Resteremo qui anche dopo il 12 dicembre data di sca-denza della CIG e quindi del licen-ziamento, per continuare la nostra lotta, impedendo a Jabil di sman-tellare i macchinari. Noi non de-morderemo e resteremo qui fino alla fine!” Queste le parole di Anna, la combattiva operaia cas-sintegrata della Siemens Nokia-Jabil intervistata il 1° novembre dagli inviati della Redazione di Milano de Il Bolscevico presso il presidio permanente di lotta sta-zionato di fronte ai cancelli dello stabilimento di Cassina De’ Pec-chi (Milano).

Così, quando il 1° dicembre è arrivato il camion articolato man-dato dalla Nokia Siemens per co-minciare a traslocare sedie, scri-vanie e lavagne elettroniche dai magazzini, si è trovato la strada sbarrata da un picchetto di un cen-tinaio di operai e lavoratori e ha dovuto fare dietro front.

Sul posto anche le “forze del-l’ordine” di Monti e Cancellieri, presenti per garantire lo svolgi-mento dei voleri della multinazio-nale capitalista finno-tedesca, che però di fronte all’agguerrita com-pattezza degli operai in lotta si sono limitate a registrare la ritirata del suddetto camion.

“Nokia Siemens ha compiuto un test sul presidio – afferma Ro-berto Malanca delegato RSU del-la FIOM -. Ha verificato la nostra capacità di risposta tentando di portare via dai magazzini materia-le da portare nella sede di Cassina Plaza. Ma noi abbiamo deciso che da qui esce solo il prodotto finito e nient’altro, nemmeno gli arredi.

Il presidio dei lavoratori Jabil-Nokia davanti ai cancelli dello stabilimento di Cassina De’ Pecchi (Milano)

Questo gesto è una brutta provoca-zione in un periodo in cui si stanno svolgendo trattative sindacali im-portantissime per noi”.

Gli operai, che si apprestavano ad andare a Milano per manifesta-re con striscioni, bandiere e cam-panacci in via Melchiorre Gioia mentre i sindacati incontravano la dirigenza della Jabil, sono stati quindi costretti a restare a Cassina per difendere lo stabilimento dal-l’assalto padronale.

Durante l’incontro dei sinda-cati con Jabil sarebbe stato pro-posto di utilizzare la cassa inte-grazione in deroga per il 2012 con il benestare della Regione e delle parti sociali, anche se la Jabil non cambia idea sui suoi obbiettivi di smantellamento dello stabilimen-to. Vittorio Sarti, segretario mi-lanese della Uilm, spiega anche un’alternativa: quella del ricollo-camento in tre società (tra queste ce n’è una pubblica: l’Agenzia per la Formazione, l’Orientamento e il Lavoro del Nord Milano) che sa-rebbero disposte all’assunzione dei 324 lavoratori.

Ciò non corrisponde alle mas-sime aspirazioni dei lavorato-ri, contrarie allo smantellamento, sintetizzate da Anna nella soprac-citata intervista: “Auspichiamo di trovare un compratore che valoriz-

COMUNICATO DELLA CELLULA “STALIN” DI FORLÌDEL PMLI SULLE SCRITTE ALLA CRIPTA DI MUSSOLINI

Si tira in ballo il PMLI per esporlo alle “forze

dell’ordine” e alle ritorsioni dei fascistiNei giorni scorsi è apparsa

la notizia sui mezzi di informa-zione locale delle scritte appar-se sulla cripta di Mussolini; nel trattare la questione qualcuno ha artificiosamente tirato in ballo il PMLI per la sua coerente batta-glia antifascista contro i radu-ni nostalgici e contro la politi-ca dell’amministrazione locale, guidata dal PD Frassineti, che specula sul fatto che Mussoli-ni sia nato proprio a Predappio per incentivare il “turismo” nero e attrarre l’attenzione dei media e delle istituzioni, lucrando così sul sangue e sui sacrifici che il popolo italiano ha patito duran-te il ventennio e fornendo una sponda al revisionismo storico.

L’antifascismo militante del

PMLI è però sempre avvenuto alla luce del sole, ciò che dob-biamo dire e fare lo diciamo e facciamo apertamente e senza nasconderci.

Questi riferimenti (fuori luo-go) al PMLI sembrano quindi dettati dal voler indirizzare le indagini delle “forze dell’ordi-ne” e le eventuali ritorsioni ver-so il PMLI (nei mesi scorsi già oggetto di imbrattamenti fascisti alla sua sede), e dimostra quanto sia “libera” l’informazione bor-ghese, che parla del PMLI solo quando fa comodo e per deni-grarlo.

Cellula “Stalin” di Forlìdel PMLI

Forlì, 1 dicembre 2011

Il Partito marxista-leninista ita-liano appoggia in maniera militan-te l’esemplare lotta degli operai e dei lavoratori Siemens Nokia-Ja-bil come quelle di tutti i lavorato-ri contro i capitalisti che pensano di poter trattare chi fino a ieri han-no sfruttato come una merce da li-quidare per comunque aumentare i loro profitti, e invita tutti i lavo-ratori ad opporsi con tutti i mez-zi necessari resistendo al massa-cro occupazionale facendo proprie le rivendicazioni del PMLI per un lavoro stabile, a salario intero, a tempo pieno e sindacalmente tute-lato per tutti i lavoratori e disoc-cupati.

Nessuna fabbrica deve chiude-re, nessun posto di lavoro deve an-dare perso!

zi la produzione, preservando i no-stri posti di lavoro, anche se sia-mo consapevoli che vorrà imporci condizioni lavorative e salariali peggiori”.

Comunicato del Coordinamento regionale rifi uti della Campania

DE MAGISTRIS E SODANO SOTTOSCRIVONOLA CONDANNA DELLA CAMPANIA

Ecco come tra proclami e propaganda la “nuova” amministrazione comunale di Napoli mostra il volto cinico ed opportunista della peggiore politica del compromesso

Riceviamo e volentieri pubbli-chiamo.

Avevamo ragione. L’uomo nuovo della politica napoletana, quel Luigi De Magistris che tanti consensi ha raccolto nella società civile partenopea e non solo, per-ché alimentava una speranza di cambiamento, è più vecchio del vecchio. E, come un democristia-no da prima Repubblica, si lava pilatescamente le mani scarican-do sul resto della Regione, solo per salvare il proprio consenso, i problemi di Napoli, dopo una campagna elettorale basata su tante promesse del tutto irrealiz-zabili fino a quando le tasche del Comune resteranno vuote.

L’accordo dell’altro ieri con il presidente della Regione Caldo-ro, il presidente della provincia Cesaro e il chiacchierato ministro dell’Ambiente Clini, con l’aval-lo del vicesindaco Sodano, che riconferma tutta l’ambiguità di-mostrata anni or sono a Serre, è tutt’altro che un buon accordo. Il generico impegno del governo per lo sblocco dei fondi FAS, per l’adozione di misure di incentivo alla raccolta differenziata e alla realizzazione di impianti di com-postaggio, che in un altro con-testo potrebbero apparire anche un passo avanti nella direzione giusta, si scontrano con la de-cisione di portare avanti in ogni caso il piano inceneritorista della Regione. E di farlo prevedendo la realizzazione a Giugliano di un

megaimpianto di incenerimen-to che oltre a bruciare i milioni di ecoballe stoccati nel territorio campano dovrebbe servire anche per i rifiuti della città capoluogo.

Questo, fatto assai più grave, è avvenuto, nonostante nel corso dell’incontro Caldoro si fosse di-chiarato pronto persino a “ritirare il piano regionale ma a patto che si individui un’alternativa valida”, segno di quanto siano più vicini alla propaganda piuttosto che a profonde convinzioni le procla-mate opposizioni di De Magistris e Sodano all’incenerimento dei rifiuti. Tutto ciò conferma che, come affermammo già nel no-stro comunicato stampa del 21 giugno scorso, le promesse da campagna elettorale sul 70% di raccolta differenziata erano pura propaganda.

Se poi a tale situazione si ag-giunge che la Provincia di Caserta ha deliberato di portare da 90.000 a 250.000 le tonnellate di capaci-tà dell’impianto di incenerimento previsto a Capua si comprende come ancora una volta sia il resto della Campania a fare le spese, sul piano ambientale, di un mai sconfitto napolicentrismo.

L’assenso del sindaco di Na-poli apre oggi la strada all’appro-vazione definitiva (con le richia-mate modifiche peggiorative) del pessimo Piano regionale redatto dal gruppo capeggiato dal Prof. Umberto Arena, consulente in carriera fin dall’epoca Bassolino.A tal proposito appare quantome-

no velleitario che il governo italia-no e la Regione Campania possa-no pensare che il ricorso a costosi e complessi impianti d’inceneri-mento costituisca una risposta adeguata alla lettera di messa in mora dell’Unione europea. I tempi richiesti per la realizzazione degli impianti (stimabili in non meno di 7-8 anni) procrastinerebbero una situazione di crisi mai risolta e ri-chiederebbero, come confermano le stesse previsioni di Piano, enor-mi volumi di discarica (8.800.000 mc nei prossimi dieci anni) ag-gravando ancor più la situazio-ne di devastazione del territorio campano. Molto meno costosa (meno di un decimo della somma prevista per gli inceneritori) e de-cisamente più rapida (12-18 mesi al massimo), oltre che compatibi-le sul piano ambientale, sarebbe la scelta di convertire gli impianti STIR esistenti in impianti per il recupero di materia. Si sottrarreb-bero così materiali alla destinazio-ne in discarica e si risponderebbe efficacemente e rapidamente ai rilievi mossi dalla Commissione Europea.

Ancor più grave, poi, il fatto che il governo e la Regione ipotiz-zino di prevedere la concessione degli incentivi CIP6 sui rifiuti che verranno bruciati nell’impianto di Giugliano. Si tratta di una misura finanziata con le bollette energe-

tiche pagate dai cittadini, contra-ria alla normativa europea, per la quale l’Italia era già stata oggetto di una procedura di infrazione comunitaria. Eliminata nel 2007 e poi ripristinata dal governo Prodi e confermata da quello Berlu-sconi nel 2008 per gli impianti di Acerra, Napoli est e Salerno, è l’unico motivo per cui ancora oggi si continua a puntare sugli inceneritori. Riproporla oggi per Giugliano, al di fuori delle stesse previsioni normative, significhe-rebbe ancora una volta esporsi al rischio di una procedura di infra-zione comunitaria ma soprattutto continuare a consentire a impre-se private di lucrare sulla pelle dei cittadini campani, e dell’area flegrea in particolare, senza con-sentire una soluzione adeguata del problema rifiuti.

Le patetiche autodifese di So-dano, lette ieri in rete, e le dichia-razioni pubbliche di De Magistris e dello stesso Sodano al cinema Modernissimo contro discariche ed inceneritori non sono dunque altro che l’ennesimo smentir se stessi, l’ennesimo atto di propa-ganda da parte di politici che mo-strano ai cittadini un volto mentre sui tavoli che contano firmano tutt’altro.Coordinamento Regionale ri-

fiuti della Campania (CO.RE.Ri)6 dicembre 2011

RIARDO (CASERTA)

Alla Ferrarellealtri 20 operai in “esubero”Dal corrispondente della Cellula “Engels” di RiardoLo stabilimento della Fer-

rarelle Spa di Riardo (Caserta) ha aperto un nuovo impianto di linea per la produzione di bot-tiglie d’acqua ma, nonostante questo, ha messo altri 20 la-voratori in “esubero” cioè fuori

dalla produzione. La crisi l’aveva portata a ta-

gliare già nel recente passato molti posti di lavoro e a dimez-zare i 400 operai rimasti in orga-nico, per arrivare ai 100 operai di oggi, i quali dovranno sobbar-carsi carichi di lavoro maggiori per coprire i nuovi “esuberi”.

ENNESIMA MOSTRANELLA CASA NATALE DI MUSSOLINI

Predappio (Forlì)

Dal corrispondente della Cellula “Stalin” di ForlìNon si arresta l’opera revi-

sionista e di rivalutazione del fascismo da parte del sindaco PD di Predappio Frassineti. Dal 26 ottobre e fino al 29 gennaio è infatti visitabile nella casa na-tale di Mussolini, resa un museo dal Comune, l’ennesima mostra gestita dalla stessa amministra-zione comunale, di oggetti della vita privata e pubblica del boia di Predappio.

Frassineti maschera il suo re-visionismo dietro il parlare della

“storia”, ma questo cozza con gli oggetti personali esposti (let-to, attrezzi,...) che hanno l’unico fine di richiamare visitatori che in gran parte sono fascisti che vi giungono da tutta Italia per visi-tare quella che Frassineti ha tra-sformato in una “Gardaland” del fascismo, con annessi tre negozi che possono vendere ogni sorta di paccottiglia fascista grazie al-l’autorizzazione di una delle pre-cedenti amministrazioni di “cen-tro-sinistra” e contro i quali anche la giunta attuale non ha mai mos-so un dito.

Contro la privatizzazione del servizio perseguita dal sindaco Renzi

RIUSCITI SCIOPERO E COMBATTIVA

MANIFESTAZIONE DEI LAVORATORI ATAF

Firenze, 5 dicembre 2011. I lavoratori Ataf, per la sesta volta, hanno scioperato compatti (99,8%) per l’intera giornata e dato vita a una combattiva manifestazio-ne terminata sotto Palazzo Vecchio, dove con i fuochi d’artifi cio hanno simulato il “botto” che farà l’azienda di trasporto pubblico fi orentino nelle mani dei pri-vatizzatori Matteo Renzi e Filippo Bonaccorsi

Page 13: IL Bolscevico-PMLI n.45 2011

N. 45 - 15 dicembre 2011 cronache locali / il bolscevico 13INDETTA DALLA “RETE CATANESE 15 OTTOBRE”

Assemblea sulla crisi in piazzaa Catania Attivo contributo del PMLI

Dal corrispondente della Cellula “Stalin” della provincia di Catania

Venerdì 2 dicembre 2011 la “Rete catanese 15 ottobre” ha proiettato un servizio del giorna-lista democratico Michele Buo-no dal titolo “Effetto valanga” che parla della storia delle banche americane dagli anni Settanta ai nostri giorni, evidenziando come nella crisi finanziaria c’è chi gua-dagna approfittando di regole fa-vorevoli agli speculatori. Il PMLI era presente in piazza con militan-ti, simpatizzanti e amici della Cel-lula “Stalin” della provincia di Ca-

tania. I compagni hanno portato in piazza tre gigantografie dei nume-ri 42, 43 e 44 de “Il Bolscevico”, suscitando un grande interesse fra i partecipanti ed i passanti. Sono state vendute alcune copie de “Il Bolscevico”. È stato, inoltre, di-stribuito il volantino “Liberiamoci dal governo della grande finanza, dalla UE e dalla macelleria socia-le. Solo il socialismo può salvare l’Italia”.

La presenza del Partito è stata positiva e ben visibile a tutti. Non così da parte di una componente della “Rete catanese 15 ottobre” che nascondendosi dietro una pre-sunta decisione dell’assemblea ha

Catania, 2 dicembre 2011. Diffusione de “Il Bolscevico” sul governo Monti (foto Il Bolscevico)

Gheddafi: da fiero difensore del suo popolo a marionetta

dell’imperialismodi Andrea Re. - Milano

Sono un simpatizzante di lun-go corso della Cellula Mao Ze-dong di Milano e vi scrivo circa due mesi dopo la fine del colon-nello Gheddafi in Libia, seguita dalla sua eliminazione fisica. Da attento osservatore della politica internazionale, nonché da fer-mo sostenitore del materialismo storico e dialettico, condizione imprescindibile per conoscere i conflitti sociali ed economici, e da buon marxista, non ho potuto sottrarmi ad alcune considerazio-ni al riguardo.

E voglio partire proprio dal nostro amato Partito che ebbe rapporti di amicizia negli anni Ottanta perché all’epoca la Libia oltre che essere portavoce di vari movimenti rivoluzionari e attuava concretamente una politica an-timperialista, sviluppando una de-colonizzazione senza precedenti, diventò un esempio per molte na-zioni del Nord Africa e del Medio Oriente in quel momento sotto le grinfie della reazione, mentre grazie ad una politica sociale vol-ta alla concessione di equi diritti per il popolo, modernizzò le città, costruì strutture sanitarie ade-guate e lanciò un programma di alfabetizzazione su vasta scala. Per quanto riguarda la politica economica, il governo ghedda-fiano nazionalizzò le banche e la ricchezza più importante del po-polo libico, ovvero il petrolio, di-

venne parte di esso. Fu ovvio per il PMLI sostenere allora Tripoli, essendo il nostro Partito soste-nitore di tutti i popoli e le nazioni che combattono per la propria autodeterminazione, contro l’im-perialismo americano ed euro-peo, che appunto dai primi anni ’70 e fino alla fine degli anni ’80 cercarono di invadere la nazione nordafricana e di eliminare il suo leader con bombardamenti che colpirono non solamente i centri del potere, ma soprattutto i civili (da ricordare gli eccidi compiuti dai criminali bombardieri yankee a Tripoli e Bengasi nel 1986).

Ma poi, cosa successe alla leadership libica? Evidentemen-te le false rassicurazioni che gli imperialisti fecero a Gheddafi in termini economici e i progetti di cooperazione ed investimento prospettati da parte di società straniere, portarono colui che fu per molto tempo un fiero difen-sore del suo popolo, a diventare connivente e a svendere le ric-chezze e la dignità del suo Pae-se che appartenevano anche al popolo libico. Ed è qui che a mio avviso iniziò la decadenza della Jamairya. In più ormai il potere politico era portato avanti secon-do una schema nepotistico, ossia mettendo i figli e parenti del Rais a capo dei principali gangli poli-tici ed economici a svantaggio della classe dirigente che aveva combattuto per la libertà della Li-

bia. Il popolo intanto vide peggio-rare le proprie condizioni di vita e molti lavoratori locali che erano nelle fabbriche e nelle raffinerie di petrolio vennero sostituiti da per-sonale legato alle multinazionali e quindi al capitale straniero.

Sul piano interno inerente la sicurezza, la repressione sulla fine degli anni 2000-2003 rag-giunse cifre pazzesche in termini di arresti, non solo perché effet-tivamente figuravano elementi legati ai servizi italiani, americani e francesi, ma anche perché or-mai a parte della popolazione era stato proibito di criticare l’opera-to del governo che sempre di più stava ancorandosi alla reazione, cosa mai digerita dalle masse più progressiste.

Quindi un Paese fagocitato in-teramente nelle sfere d’influenza dell’imperialismo europeo, inca-pace di far valere i propri diritti di Stato sovrano, nonostante Gheddafi volesse fare pensare il contrario, quando ogni tanto lan-ciava invettive contro i criminali imperialisti. Ma sappiamo bene che era una farsa, diciamo che era parte del copione e questo

ricorda molto la storia politica e personale di Ceausescu, in Ro-mania, sebbene quest’ultimo avesse da subito gettato la ma-schera, portando avanti una po-litica antimarxista all’interno e filo imperialista all’estero, finendo i suoi giorni tra le spine del FMI (Fondo Monetario Internazionale) e della popolazione civile, stan-ca di pagare i suoi errori politici dovuti all’apertura al capitalismo selvaggio e al revisionismo all’in-terno del PCR.

Ed è proprio così che la para-bola di Gheddafi è finita. E questo insegna che mai bisogna cadere nelle false sirene del benessere che la reazione concede, perché prima o poi, feroce come un leo-ne, darà la zampata mortale per depredare un altro Stato, un altro popolo, a proprio beneficio.

Ed è così che hanno compiuto il loro tradimento politico e uma-no i criminali di guerra Sarkozy, Cameron, Berlusconi e Obama, nei confronti di colui che fino a ieri era invitato dalle cancellerie di mezzo mondo e comunque reo di aver tradito la causa antimperiali-sta per i suoi vantaggi personali.

Nessun sacrificoper arricchire

speculatori e sfruttatoridi Lucio Garofalo –

Lioni (Avellino) Negli ultimi anni si è assistito

alla trasformazione delle società cosiddette “opulente” ed “oc-cidentali” in masse di lavoratori proletarizzati, con la liquidazione degli strati sociali intermedi. In altre parole, siamo giunti a quella situazione storica in cui la socie-tà si è drasticamente polarizzata, come aveva previsto Engels, tra il proletariato e i cosiddetti “taglia-tori di cedole”, ossia il capitale finanziario. E poiché i proletari, per mancanza di reddito, non riescono più ad acquistare tut-te le merci che hanno prodotto, l’attuale risultato è semplicemen-te un misero e vano tentativo di sopravvivenza del capitalismo sulla base delle sperequazioni materiali esistenti tra i vari Paesi del mondo.

Nel contempo brucia un’inim-maginabile ricchezza virtuale giocata nelle borse, che sono in preda agli andamenti schizofre-nici degli indici, incluso il fami-gerato “spread”. Di passaggio, ricordo con il vecchio barbuto di Treviri che lo “spread”, ossia il rendimento dei titoli di Stato, è

semplicemente il plusvalore che il capitale finanziario estrae dai ti-toli di ogni Paese e la preoccupa-zione del capitalismo finanziario internazionale è difendere o ad-dirittura accrescere questi profitti che non generano alcun reddito reale.

Se non si può definire fallito, impazzito, dunque in profon-da crisi, un sistema economico come il capitalismo, temo si deb-bano rivedere concetti essenziali quali (appunto) “crisi”, “fallimen-to” e così via. Se queste ed altre disfunzioni strutturali, insite nella natura stessa del capitalismo, non inducono a ritenerlo un sistema che produce solo crisi, miseria, guerra e sottosviluppo, dunque un modello fallimentare e rovino-so, da cancellare definitivamente dalla scena storica, francamente non saprei aggiungere altro.

Sia chiaro una volta per tutte. Il sottoscritto (come tutti i prole-tari coscienti e incazzati) non è disposto a subire alcun sacrifi-cio per salvare gli interessi e le franchigie di banche, capitali fi-nanziari, evasori fiscali, nonché le rendite e prebende delle caste privilegiate.

IL DIRETTIVOPROVINCIALE DI FIRENZE

DELLA FILCTEM-CGIL BLOCCA L’ATTUAZIONE DELL’ACCORDO

DEL 28 GIUGNOLe delegate e i delegati più combattivi sono riusciti

a far tornare i burocrati sindacali sui loro passi. Applaudito intervento di un operaio mugellano che ha difeso il Contratto collettivo nazionale di lavoro

Venerdì 18 novembre presso la Casa del Popolo di San Bartolo a Cintoia (Firenze) si è svolta la riunione del Direttivo provinciale della FILTCEM–CGIL con all’ordi-ne del giorno l’elezione del presi-dente del Direttivo, l’illustrazione delle linee guida per la contratta-zione di 2° livello ed i percorsi per il rinnovo dei Contratti collettivi nazionali di lavoro. Quest’ultimi due punti riguardavano, nella so-stanza, l’attuazione del famigera-to accordo del 28 giugno 2011.

Alla presenza di circa 60 de-legate e delegati, dei funzionari sindacali, dei segretari provincia-le, Saccone, regionale, Barbetti e nazionale, Morselli l’assemblea si è aperta con l’elezione del nuovo presidente del Direttivo (eletto a maggioranza). A seguire, un fun-zionario della FILTCEM ha illu-strato il documento stilato a livel-lo provinciale concernente gli altri due punti all’ordine del giorno. Tale documento ricalcava, in gran parte, il documento approvato dal Direttivo nazionale della FIL-TCEM il 9 novembre scorso con il quale si dava piena attuazione all’accordo del 28 giugno.

Fra i primi interventi quello di un operaio membro dell’ese-cutivo FILTCEM il quale ha con-testato il metodo attuato per la stesura del documento presen-tato, affermando che l’esecutivo non era stato coinvolto facendo così trasparire come ai vari livel-li nel sindacato spesso si cerchi di muoversi a “colpi di maggio-ranza”. Un altro operaio, in par-ticolare, ha criticato l’accordo del 28 giugno scorso nel merito e ha denunciato il metodo usato per la consultazione dei lavoratori che non li ha coinvolti nella loro interezza.

Ha preso poi la parola un operaio delegato di una fabbri-ca del Mugello il quale ha con-dannato l’approvazione da parte del governo di Berlusconi e del parlamento nero della manovra economica (nella fattispecie l’ar-ticolo 8) e affermato che “Il nostro sindacato deve opporsi con più forza e determinazione. Per con-trobattere quello che la manovra economica impone non può ba-stare proporre come alternativa l’accordo del 28 giugno”. Esso pone anche un problema di de-mocrazia sindacale: “la Camusso lo ha firmato ancor prima che si esaurisse la consultazione (par-ziale) fra i lavoratori... Tra l’altro, Confindustria, CISL e UIL so-stengono che le aziende hanno a disposizione sia l’accordo del 28 giugno che l’articolo 8: perché la CGIL non ha chiesto un chiari-mento su questo punto visto che sostiene che l’accordo annulla gli effetti dell’articolo 8?”.

Il documento presentato al Direttivo, ha sostenuto l’operaio, non è condivisibile e la strada da percorrere è quella della tutela del Contratto Collettivo Naziona-le di Lavoro (auspicio, tra l’altro, espresso nel giugno scorso in un documento votato dal Direttivo FILTCEM ancor prima della defi-nizione del famigerato accordo). Allo stesso tempo occorre non cedere sul diritto di sciopero, poi-ché è l’arma più efficace per la difesa e la tutela dei lavoratori.

“Non mi illudo, ha concluso, che possa bastare aver messo

da parte Berlusconi per rimette-re l’Italia sul binario giusto e non credo che questo nuovo gover-no possa fermare od invertire la politica economica e sociale con cui il sistema capitalistico tende a scaricare la crisi economica e finanziaria sulle spalle delle lavo-ratrici e dei lavoratori... È nostro compito vigilare e lottare ancora più di prima per la difesa dei no-stri diritti e di quelli delle genera-zioni che verranno”

L’intervento è stato largamen-te applaudito dalla platea.

Altri delegati hanno chiesto più democrazia all’interno del sindacato per quanto riguarda il coinvolgimento attivo delle lavo-ratrici e dei lavoratori alla linea programmatica e rivendicativa del sindacato.

La replica di Barbetti ha tocca-to anche l’intervento dell’operaio mugellano quando ha affermato che “la CGIL non si fa dettare la linea da altri”, dimostrando insof-ferenza per le critiche ricevute. Ha chiuso l’assemblea il segreta-rio nazionale Morselli esprimendo alcune considerazioni che vale la pena riassumere per punti: 1) l’accordo del 28 giugno blocca gli accordi separati e la CISL ne esce sconfitta; 2) i lavoratori ac-cettano le deroghe per salvare il posto di lavoro; 3) Monti evita le angosce perché non nega la crisi come faceva Berlusconi; 4) c’è bisogno di allargare la previdenza complementare e renderla obbli-gatoria.

Oltre a ciò egli ha espresso la necessità di aperture alle integra-zioni sul documento presentato dalla FILCTEM fiorentina (scon-fessando così l’operato di parte della segreteria) senza però dare adito ad ulteriori critiche all’ac-cordo del 28 giugno. Non pago si è spinto oltre dichiarando che le assemblee sull’accordo possono, anzi devono, essere ancora fatte seppur non andando al voto.

Il segretario provinciale, pre-so atto che non c’erano le con-dizioni per votare il documento, sulla scorta di quanto detto dal segretario nazionale ma soprat-tutto per la consapevole oppo-sizione espressa da buona parte dei delegati, ha annunciato che il documento sarebbe ritornato all’attenzione dell’esecutivo; l’as-semblea ha poi votato il rinvio al-l’unanimità.

Concludendo, si può dire che è stata una lezione di democrazia dal basso: le delegate e i delegati più combattivi sono riusciti a far tornare i burocrati sindacali sui loro passi; se non sull’accordo del 28 giugno perlomeno sulla sua attuazione, che i dirigenti della destra sindacale vogliono usare come lasciapassare per sedersi al tavolo concertativo dei padroni e dei sindacati loro complici.

Lo hanno fatto dimostrando che la correttezza, la coerenza e la forza delle idee pagano.

Sicuramente la lotta non fini-sce qui, ci sarà ancora da lavo-rare.

W le lavoratrici, W i lavoratori! Coi Maestri vinceremo!

Andrea, operaio del Mugello (Firenze)

chiesto al PMLI di non portare in piazza i simboli del Partito e le gi-gantografie

I compagni non si sono lasciati intimidire ricordando alla compo-nente della Rete che il PMLI ap-poggia con contributi pratici tutti

gli obiettivi perseguiti dal movi-mento catanese.

I compagni catanesi continue-ranno a diffondere senza sosta le posizioni politiche del PMLI nelle prossime assemblee e nei prossimi appuntamenti pubblici.

Richiedete

Le richieste vanno indirizzate a: PMLI - [email protected] postale: IL BOLSCEVICO - C.P. 477 - 50100 FIRENZETel. e fax 055 2347272

Page 14: IL Bolscevico-PMLI n.45 2011

14 il bolscevico / esteri N. 45 - 15 dicembre 2011

NONOSTANTE LE MISURE FASCISTE ADOTTATE DAL GOVERNO PER IMPEDIRE LA RIVOLTA DEL POPOLO CINESE

Ondate di scioperi e rivolte di classe scuotono la Cina capitalista

A Shenzhen, a Dongguan, a Foshan, nelle principali città dove ha sede l’industria manifatturiera cinese migliaia di lavoratori, per la maggior parte occupati in fab-briche taiwanesi o di Hong Kong, sono scesi in sciopero nelle ulti-me settimane bloccando il lavoro e scontrandosi con la polizia in-tervenuta a reprimere le manife-stazioni. Dando vita a un’ondata

di scioperi e rivolte di classe che scuotono la Cina capitalista.

A fine ottobre è scoppiata la rivolta a Zhili, un sobborgo della regione di Shanghai, cuore del distretto industriale che produce abbigliamento infantile, dove ope-rai, artigiani e financo padroncini si sono ribellati al raddoppio delle tasse sulle macchine da cucire. Per una settimana la città è stata

teatro di violenti scontri che sono cessati solo dopo che il governo locale ha sospeso l’aumento del-la tassa.

Nel villaggio di Wukan, nel Guangdong, centinaia di persone hanno bloccato le strade e assal-tato la caserma della polizia per protestare contro la cessione a un privato di un allevamento di maiali di proprietà collettiva. La

rivolta è durata per due mesi, fino a quando la porcilaia è tornata di proprietà collettiva.

Il 19 novembre scorso oltre 7.000 lavoratori di una fabbrica di scarpe del sud della Cina che ri-fornisce le multinazionali Adidas, Nike e New Balance hanno scio-perato e hanno inscenato mani-festazioni intorno alla fabbrica per protestare contro la deloca-lizzazione delle produzioni in altre aree della Cina dove i salari sono più bassi.

Il 24 novembre un migliaio di lavoratori della società Electro-nics Jingmo, un’azienda che appartiene al gruppo Jingyuan computer di Taiwan e lavora in su-bappalto per Apple e Ibm, hanno scioperato per protestare contro gli straordinari forzati, gli incidenti sul lavoro e i licenziamenti. La di-rezione aveva deciso di imporre la prosecuzione dell’orario di lavoro dalle 18 fino a mezzanotte e in al-cuni reparti fino alle 2 di mattina. Gli operai avrebbero dovuto lavo-rare fino a 120 ore di straordinario al mese. I lavoratori denunciava-no l’alto numero di incidenti sul lavoro e i licenziamenti in massa degli anziani che facevano fatica

a reggere i ritmi.L’ondata di proteste sociali

che scuote la provincia meridio-nale del Guangdong, dove sono le principali aziende cinesi non è un caso particolare, scioperi e proteste si sono registrati in varie parti del paese tanto che, secon-do dati ufficiali dell’Accademia delle scienze, nel 2011 ci sono state oltre 100 mila sommosse regionali, represse con la forza dalla polizia, con una media di circa 300 scontri al giorno e una partecipazione di 10 milioni di manifestanti.

Lo scorso 29 ottobre il parla-mento cinese aveva approvato due nuove leggi per inasprire la repressione delle proteste ope-raie e delle rivolte popolari e delle minoranze etniche in nome della “lotta al terrorismo”. Tali norme rendono obbligatorie le impron-te digitali sulle carte d’identità e definiscono atti di terrorismo quelli destinati a creare un clima di paura o a esercitare pressioni sulle istituzioni con la violenza, il sabotaggio e la minaccia. Defini-zioni che si adattano alla legaliz-zazione della repressione sia del-le rivolte delle minoranze etniche,

dagli uiguri ai tibetani, sia agli attacchi alle sedi delle istituzioni locali da parte delle masse in ri-volta. Misure fasciste adottate dal governo per impedire la rivolta del popolo cinese, che è esplosa lo stesso.

Una delle tante proteste operaie e popolari contro il regime revisionista cinese represse con la forza. Qui siamo a Urumqi capitale dello Xinijang

Pechino. Giganteschi ritratti del rin-negato Deng Xiaoping affi ssi dal regi-me revisionista per esaltare colui che ha restaurato il capitalismo in Cina

Vertice Apec a Honolulu

OBAMA PUNTA A UN MERCATO DI LIBERO SCAMBIO NEL PACIFICO A GUIDA USALa Cina accetta ma rilancia la sfi da proponendo un accordo a tre con Giappone e Corea del sud

Il vertice dei 21 paesi dell’Asia-Pacific Economic Cooperation (Apec) che si è tenuto dall’11 al 13 novembre a Honolulu, nelle isole Hawai, ha deciso di svilup-pare l’impegno collettivo verso la liberalizzazione del commercio “verde”, per ridurre le tariffe su beni e servizi ambientali e pun-tare verso l’efficienza energetica e la limitazione delle emissioni nocive. L’ultimo paragrafo è una burla dato che neanche tre set-timane dopo a Durban, all’aper-

tura della conferenza dell’Onu sui cambiamenti climatici i due principali paesi inquinatori, Usa e Cina, giocavano al rimpallo con l’India per rimandare qualsiasi misura per ridurre le emissioni in-quinanti. Ma la questione centra-le del vertice Apec è stata la pro-posta di Barack Obama di dare vita alla creazione di una zona di libero scambio nel Pacifico, che per la presenza solo di Usa, Cina, Russia, Giappone e Corea del sud sarebbe la più grande di tutto

il mondo.Al momento la proposta lan-

ciata da Obama della creazione di un accordo denominato Trans-Pacific Partnership (Tpp) è ap-poggiato dai governi di altri otto paesi del Pacifico (Australia, Bru-nei, Cile, Malesia, Nuova Zelan-da, Perù, Singapore e Vietnam) e prevede la costituzione di un’area di libero scambio, che riunirebbe quasi 800 milioni di consumatori e il 40% circa dell’economia glo-bale, dove siano ridotte le tariffe

RABBIOSA REAZIONE DEGLI USA DI OBAMA CHE TAGLIA 70 MILIONI DI FONDI ALL’AGENZIA

La Palestina ammessa all’UnescoLa richiesta della Palestina di

essere riconosciuta come Stato dall’Onu presentata lo scorso 23 settembre si è fermata sulla porta del Consiglio di sicurez-za; le pressioni degli Usa, e di Israele, sugli altri 14 componen-ti il consiglio ne hanno bloccato l’iter di approvazione. Barack Obama e Benjamin Netanyahu non sono invece riusciti a repli-care l’ignobile impresa all’Une-sco, l’organo delle Nazioni Unite per l’educazione, la scienza e la cultura dove la Palestina è stata ammessa con un voto a larga maggioranza dalla Conferenza generale dell’organismo nella sessione del 31 ottobre a Pari-gi.

L’assemblea dell’Unesco ha fatto registrare 107 voti a favore, 14 contrari e 52 astenuti. L’am-missione sarà operativa non ap-pena la Palestina avrà ratificato la carta dell’Unesco.

Fra i paesi che hanno votato

a favore ci sono Russia, Cina, India, la quasi totalità dei paesi arabi e latinoamericani, parte di quelli africani e diversi europei tra i quali la Francia di Sarkozy che nella regione mediorientale vuol giocare un ruolo imperia-lista per conto proprio, Belgio, Spagna e Austria. Italia e Gran Bretagna figurano tra gli astenu-ti, contrari oltre a a Usa e Israele si sono espressi Germania, Ca-nada, Australia e Olanda.

La decisione dell’Unesco ha un significato politico importan-te, testimonia il crescente isola-mento degli imperialisti sionisti di Tel Aviv che possono contare sostanzialmente sul padrino im-perialista americano, chiunque sieda alla Casa Bianca dal re-pubblicano Bush al democratico Obama, e pochi altri.

Una decisione che “restitui-sce alla Palestina alcuni dei suoi diritti”, ha sottolineato uno dei collaboratori del presidente Abu

Mazen; dopo il responso positi-vo dell’Unesco l’Autorità nazio-nale palestinese (Anp) ha an-nunciato la presentazione della richiesta di ammissione alle altre agenzie dell’Onu.

Gli Usa di Obama si erano mossi con prepotenza minac-ciando e tentando di comprare il voto dei delegati e evitare la sconfitta annunciata. Come gli era riuscito al Consiglio di sicu-rezza dell’Onu ma non sono riu-sciti a replicare a Parigi.

L’ingresso nell’Unesco è “prematuro” e pericoloso “per l’obiettivo condiviso di una pace comprensiva, giusta e duratura in Medio Oriente (quale, quella del boia Netanyahu e del com-pare Obama?, ndr)”, ringhiava Jay Carney, il portavoce di Ba-rack Obama. “Non possiamo accettare l’adesione della Pa-lestina all’Unesco”, dichiarava David Killion, l’ambasciatore Usa, anticipando la rabbiosa

decisione della Casa Bianca di ritirare il contributo dei 70 milio-ni di dollari all’agenzia Onu. Un colpo non indifferente dato che gli Stati Uniti sono il principale finanziatore dell’Unesco e con-tribuiscono al suo bilancio per il 22%.

Gli Usa erano seguiti a ruota dal Canada che ha minacciato di tagliare anche il proprio contri-buto di 10 milioni di dollari.

Il premier sionista Netan-yahu convocava una riunione governativa di emergenza che l’1 novembre decideva l’illega-le blocco del trasferimento dei dazi doganali e di altre tasse che Israele, come prevedono gli accordi di Oslo del 1993, rac-coglie ai valichi di frontiera e ai porti per conto dell’Anp, un cifra attorno ai 50 milioni di dollari al mese; Tel Aviv decideva inoltre di costruire altre 2 mila nuove case nei territori della Cisgior-dania.

doganali. Un’area economica che a Honolulu ha avuto l’adesione anche di Giappone, Canada e Messico e che Obama vuole sot-to la leadership dell’imperialismo americano quale strumento anche per contenere l’aggressività della concorrente imperialista Cina.

Non a caso il 17 novembre nella sua visita in Australia il presi-dente americano sottolineava che gli Stati Uniti “sono una potenza del Pacifico” e sono nell’area “per restare, a livello economico e mi-litare”. Anzi, aggiungeva Obama, “dal momento che stiamo met-tendo fine alle guerre di oggi, ho indirizzato il nostro team per la si-curezza nazionale a fare della no-stra presenza e delle missioni in Asia-Pacifico la priorità”. Annun-ciando che nel porto australiano

di Darwin farà base dal 2012 una portaerei e alcune centinaia di truppe dei corpi speciali america-ni, che saliranno a 2.500 entro il 2016, rilanciava la sfida alla Cina.

Di questa strategia fa parte lo sviluppo del Tpp, un progetto che aveva mosso i primi passi nel 2005, dall’intesa tra Brunei, Cile, Nuova Zelanda e Singapore e si era sviluppato nel 2008 con l’in-gresso degli Stati Uniti. Obama l’ha rilanciato sottolineando che “la regione Asia-Pacifico è asso-lutamente cruciale per la crescita economica degli Stati Uniti. Pen-siamo che questa sia per noi una priorità”.

Il progetto potrebbe decolla-re col via libera dato da Pechi-no, che in precedenza l’aveva avversata non vedendo di buon occhio un accordo economico egemonizzato dal concorren-te imperialismo americano. “La Cina sosterrà qualsiasi tentativo di promuovere una zona di libe-ro scambio nell’Asia Pacifica e il raggiungimento degli obiettivi di integrazione economica regiona-le sulla base dell’East Asia Free Trade Area, the East Asia Com-prehensive Economic Partnership e del Tpp”, dichiarava a Honolulu il presidente cinese Hu Jintao. Via

libera da Pechino alle integrazioni economiche nella regione ma non al solo Tpp a guida Usa.

Infatti il 20 novembre il gover-no di Pechino lanciava la propo-sta di avvio di negoziati formali per l’istituzione entro il 2013 di una zona di libero scambio con il Giappone e la Corea del Sud. I tre paesi già nel gennaio 2010 ave-vano deciso di avviare uno studio di fattibilità sulla creazione di una zona di libero scambio; il premier cinese Wen Jiabao proponeva di accelerare i negoziati commercia-li affinché fossero completati in breve tempo in modo da avviare dal prossimo anno i formali nego-ziati per un accordo commercia-le. Un’intesa che si pone in paral-lelo, o meglio in concorrenza col Tpp lanciato da Obama, e perciò non sarà facile per Pechino chiu-dere la partita con le due vicine potenze che hanno stretti lega-mi col concorrente imperialismo americano. Ma ci tenta e alluzza soprattutto un Giappone appena uscito dalla recessione e in cerca di una stabilizzazione della sua crescita economica, difficile da ottenere per la crisi mondiale, e che non può permettersi di la-sciar perdere le occasioni che si presentano.

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N. 45 - 15 dicembre 2011 esteri / il bolscevico 15No alla controriforma pensionistica di Cameron

STORICO SCIOPERO DEGLI STATALI NEL REGNO UNITOGrande adesione in tutta la Gran Bretagna

Il 30 novembre 2011 si è te-nuto il primo sciopero generale, dopo 32 anni, dei lavoratori statali, in gran parte insegnanti, lavorato-ri delle mense scolastiche, perso-nale sanitario, personale dei porti ed aeroporti. Lo sciopero ha avu-to forti adesioni e decine di mani-festazioni si sono tenute in tutto il Regno unito.

Si è trattato di un grandissimo successo perché una simile par-tecipazione non si vedeva da de-cenni, le scuole in Inghilterra sono rimaste chiuse al 60%, nel Gal-les intorno all’80% e in Scozia all’87%. Per la prima volta dopo 114 anni hanno preso parte allo sciopero i presidi, e si distingue-vano nelle manifestazioni. È sta-ta una giornata difficile per il 999 (il 118 inglese) per lo sciopero del personale paramedico, negli ospe-dali sono state cancellate tutte le operazioni non urgenti. Chiusi gli uffici pubblici e biblioteche. In Ir-landa del nord anche il trasporto pubblico ha incrociato le braccia, mentre il personale al Passo di Ca-lais ha scioperato al 90%.

Londra, 30 novembre 2011. La grande manifestazione dei lavoratori statali contro la controriforma pensionistica del governo britannico

30 novembre 2011. Un combattivo spezzone del corteo della manifestazione di Londra. Al centro si nota il cartello con la scritta “Giù le mani dalle pensioni”

Grande successo dello sciopero generale in Scozia 20.000 manifestanti in piazza a Glasgow per dire no a tagli e “riforma” del sistema pensionisticoPER LA PRIMA VOLTA PORTATA IN CORTEO LA BANDIERA DEL PMLI

Dal corrispondente dell’Organizzazione di Aberdeen (Scozia) del PMLIMercoledì 30 novembre ha

avuto luogo in tutto il territorio bri-tannico lo sciopero generale con-tro le misure di austerity e la “ri-forma” del sistema pensionistico decise dal governo Camerun. In tredici località scozzesi lavoratrici e lavoratori del settore pubblico, studentesse e studenti, popola-zione, hanno partecipato alle varie manifestazioni di protesta, dando vita allo sciopero più partecipato degli ultimi 85 anni (dopo lo scio-

pero generale del 1926). Ventotto sindacati hanno ade-

rito allo sciopero generale; ap-pena trenta scuole e università scozzesi, su un totale di 2.700, sono rimaste aperte; circa 42.500 insegnanti hanno aderito allo sciopero, per un totale dell’87% del corpo insegnanti; chiusi an-che biblioteche, musei e servizi turistici; appuntamenti medici e operazioni di routine sono stati posticipati poiché circa 50.000 dipendenti del servizio sanitario hanno aderito allo sciopero; me-tropolitane, servizi di trasporto

pubblico e i traghetti per le iso-le Shetland (situate al nord della Scozia) non hanno operato o hanno operato solo in parte.

La manifestazione più nume-rosa è stata quella di Glasgow, che ha contato circa 20.000 la-voratrici e lavoratori in piazza se-guita dai 15.000 di Edimburgo, i 10.000 di Dundee e gli oltre 2.000 di Aberdeen.

A Glasgow i imanifestanti si sono riuniti a Shuttle Street, in pieno centro città, riempiendo la piazza con un gran numero di manifesti, bandiere e striscioni rappresentanti i diversi sindacati. Elicotteri della polizia sorvolava-no il cielo, tenendo sotto stretta osservazione i partecipanti. Il

corteo ha subìto 45 minuti di ritar-do a causa del continuo affluire di manifestanti.

L’Organizzazione di Aberdeen del PMLI, ha partecipato attiva-mente alla manifestazione di Gla-sgow. Per l’occasione i marxisti-leninisti hanno indossato le spille del Partito e per la prima volta hanno sventolato orgogliosamen-te nella città scozzese le bandiere del Partito. Sono stati preparati e distribuiti volantini del documento del UP del PMLI: “Liberiamoci dal governo della grande finanza, della UE e della macelleria sociale. Solo il socialismo può salvare l’Italia”.

Durante il corteo i manifestanti sono stati accolti da applausi e frasi di solidarietà e incoraggia-

30 novembre 2011. Il PMLI partecipa alla manifestazione di Glasgow contro l’attacco alle pensioni (foto Il Bolscevico)

mento da parte dei passanti e dai lavoratori degli uffici lungo il percorso, nonché da quelli che lavoravano nei bar e nei ristoranti, alcuni dei quali si sono successi-vamente uniti al corteo.

Fotografatissime le bandiere del PMLI, accolte con simpatia e curiosità soprattutto da un grup-po di studenti cinesi.

Arrivati a Borrowland, si sono svolti i comizi. I rappresentanti dei sindacati UNITE, UNISON e STUC hanno preso la parola de-nunciando le ripercussioni che la “riforma” del sistema pensionisti-co avrà sui lavoratori che saranno costretti a pagare contributi più alti per le loro pensioni, lavorare sino a 67 anni per poi ricevere

pensioni ancora più misere. La crisi economica non è stata

causata dalla classe operaia, dai dipendenti pubblici, dalle stu-dentesse e dagli studenti. Essa è stata causata dal sistema ca-pitalistico agonizzante che vuole gettare i costi dei suoi errori sui lavoratori.

Le manifestazioni che hanno avuto luogo in Scozia, sono chia-ra manifestazione della forza e della combattività dei lavoratori, che protestano per dire no ai tagli e misure antipopolari varate dal governo e che si ripromettono di continuare con una serie di scio-peri e manifestazioni che faranno tremare i vertici delle istituzioni e del parlamento borghesi.

Germania

BATTAGLIA DEGLI ATTIVISTI ANTINUCLEARICONTRO IL TRENO DELLE SCORIE

Gli attivisti antinucleari tede-schi si sono opposti con una co-raggiosa battaglia al viaggio del treno delle scorie, il convoglio fer-roviario composto da undici va-goni di scorie nucleari provenienti dal centro Areva di La Hague, in Francia. Il carico è costituito dal combustibile atomico usato nel-le centrali tedesche che viene trattato nel centro specializzato in Francia per essere riportato in Germania e immagazzinato nel sito di stoccaggio di Gorleben, in Bassa Sassonia, nelle ex miniere di sale utilizzate come “deposito temporaneo”.

Solo dopo quattro giorni di viaggio, il 28 novembre, gli undici contenitori Castor con circa 150 tonnellate di scorie nucleari sono arrivati nella stazione di Dannen-berg dove sono stati trasferiti su camion che li hanno portati a destinazione, lungo un percorso protetto da 20 mila poliziotti che hanno caricato a colpi di man-ganello e lacrimogeni le migliaia di attivisti antinucleari che hanno tentato di bloccare i binari e le

strade di accesso alla ex miniera. Il bilancio degli scontri è di ol-

tre 1.300 manifestanti arrestati, fra quelli che avevano provato a stendersi sui binari per impedire il passaggio del convoglio pres-so Dannenberg; centocinquanta i feriti.

Il precedente viaggio del treno delle scorie, nel 2010, era durato tre giorni per arrivare a destina-zione. A questo ce ne sono vo-luti quattro per superare i blocchi improvvisati dai manifestanti, al-cuni dei quali si erano incatenati ai binari, con sit-in o con ostacoli costruiti con piccole piramidi di cemento poste sulle rotaie,

La protesta è stata partico-larmente efficace presso la città di Dannenberg, dove il treno è arrivato il 27 novembre con ore di ritardo e solo grazie al brutale intervento della polizia, appog-giata da unità cinofile ed elicot-teri, che ha sgomberato a forza i binari.

Alla stazione di Dannenberg i contenitori stagni Castor, sono stati scaricati dai vagoni e caricati

su autotreni che sotto scorta de-gli agenti sono arrivati al deposito di Gorleben, superando vari bloc-

chi stradali dei manifestanti anti-nucleari, fra i quali uno costituito da una ventina di trattori.

Richiedete

Le richiestevanno indirizzate a:PMLI [email protected]

indirizzo postale:IL BOLSCEVICOC.P. 47750100 FIRENZE

Tel. e fax 055 2347272

Lo sciopero è stato indetto per i tagli che il governo Cameron sta attuando sulle pensioni dei lavora-tori statali. Ormai sono mesi che tutti i sindacati di categoria sono al tavolo delle trattative (ricordiamo infatti che il 30 giugno avevano in-detto un altro sciopero, tra l’altro riuscitissimo) in una situazione di stallo perché il governo non vuo-le alcun cedimento sul suo proget-

to di “riforma”. I cambiamenti so-stanziali sono:

1) alzamento dell’età pensio-nabile a 67 anni,

2) alzamento dei contributi pensionistici che passeranno dal 6,4% al 9,6%,

3) cambiamento del calcolo dell’importo della pensione, non pari all’ultimo salario, ma una me-dia dell’intera vita contributiva.

Il governo sostiene la sua “ri-forma” sarebbe necessaria per l’aumento dell’aspettativa di vita, soprattutto nel settore pubblico, e in particolare tra gli insegnanti, considerato un lavoro non usuran-te, e quindi il costo delle pensioni sarebbe non più sostenibile.

Naturalmente i lavoratori han-

no detto no a questa politica e sono scesi in piazza in migliaia, si conta che hanno scioperato circa due milioni di lavoratori in tutto il Regno unito. 50 mila solo a Lon-dra, 20 mila a Glasgow.

Cameron, dopo averlo de-monizzato nei giorni precedenti come scelta scellerata e che avreb-

be portato alla rovina il paese, ha poi cercato di esorcizzare la gran-de mobilitazione, ha liquidato lo sciopero come un “fiasco”. Ma la crisi spinge i lavoratori statali e i loro sindacati ad alzare ancora di più il tiro della loro battaglia con-tro la controriforma delle pensioni e il suo governo.

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chiuso il 7/12/2011ore 16,00

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