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1 Prof. Beniamino A. Piccone Con la supervisione del Prof. Francesco Arcucci III a DISPENSA di ECONOMIA E TECNICA DEGLI SCAMBI INTERNAZIONALI Finanza internazionale: Struttura finanziaria dei Paesi industrializzati, attività finanziaria e bancaria internazionale, gli investitori istituzionali internazionali A.A. 2010- 2011 II PARTE

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Page 1: IIIa DISPENSA di - UniBG · IIIa DISPENSA di ECONOMIA E TECNICA DEGLI SCAMBI INTERNAZIONALI ... Fu professore di Economia aziendale presso l'Università Bocconi di Milano e fondatore

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Prof. Beniamino A. Piccone Con la supervisione del Prof. Francesco Arcucci

IIIa DISPENSA di

ECONOMIA E TECNICA DEGLI SCAMBI INTERNAZIONALI

Finanza internazionale: Struttura finanziaria dei Paesi

industrializzati, attività finanziaria e bancaria internazionale, gli

investitori istituzionali internazionali

A.A. 2010- 2011

II PARTE

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CLASSIFICAZIONE DEI FONDI DI INVESTIMENTO

Tipologie di fondi

I fondi comuni d'investimento mobiliare aperti si classificano1 in:

1) Azionari, aventi un patrimonio composto in prevalenza (>70%) da azioni, obbligazioni

convertibili e altri titoli ad essi collegati. Presentano una caratterizzazione differente a

seconda delle aree geografiche e dei settori (es. tecnologico) in cui investono; Tutte le

categorie azionarie sono caratterizzate da:

• un investimento principale pari almeno al 70% del portafoglio in azioni con emittente

oppure specializzazione settoriale definita dalla categoria;

• un investimento residuale pari al massimo al 30% del portafoglio in titoli obbligazionari di

qualunque emittente e in liquidità nella valuta del mercato di definizione oppure in euro.

Il tipo di investimento principale attribuisce il nome alla categoria.

Le categorie azionarie sono:

• Azionari Italia

• Azionari area euro

• Azionari Europa

• Azionari America

• Azionari Pacifico

• Azionari paesi emergenti

• Azionari paese

• Azionari internazionali

• Azionari energia e materie prime

• Azionari industria

• Azionari beni di consumo

• Azionari salute

• Azionari finanza

• Azionari informatica

• Azionari servizi di telecomunicazione

• Azionari servizi di pubblica utilità

• Azionari altri settori

• Azionari altre specializzazioni

1 Assogestioni, Guida alla classificazione, www.assogestioni.it

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2)Obbligazionari, il cui patrimonio è prevalentemente composto da titoli a reddito fisso o da

altri titoli a basso rischio. Presentano una caratterizzazione differente a seconda che investano

esclusivamente o meno in titoli obbligazionari e a seconda che investano in titoli emessi in

Italia o all'estero; i fondi obbligazionari non possono investire in azioni (con l’eccezione dei

fondi obbligazionari misti che possono investire da 0% al 20% del portafoglio in azioni);

Le categorie dei fondi obbligazionari sono definite sulla base di opportune combinazioni dei

fattori di rischio caratteristici dell’investimento in strumenti obbligazionari:

Rischio di mercato:

• valuta di denominazione: euro, dollaro, yen, qualunque

valuta;

• duration del portafoglio: inferiore o uguale ovvero superiore

a 2 anni.

Rischio di credito:

• giurisdizione dell’emittente: paesi sviluppati ovvero

emergenti;

• tipologia dell’emittente: sovrano ovvero impresa;

• merito creditizio: investment grade (con un rating da AAA a BBB-) ovvero non investment

grade (con un rating inferiore a BB+).

Sulla base di tale ricostruzione dei fattori di rischio si definiscono le seguenti categorie:

Categorie specializzate:

• Obbligazionari euro governativi breve termine

• Obbligazionari euro governativi medio/lungo termine

• Obbligazionari euro corporate investment grade

• Obbligazionari euro high yield

• Obbligazionari dollaro governativi breve termine

• Obbligazionari dollaro governativi medio/lungo termine

• Obbligazionari dollaro corporate investment grade

• Obbligazionari dollaro high yield

• Obbligazionari internazionali governativi

• Obbligazionari internazionali corporate investment grade

• Obbligazionari internazionali high yield

• Obbligazionari yen

• Obbligazionari paesi emergenti

• Obbligazionari altre specializzazioni

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Categorie non specializzate:

• Obbligazionari misti

• Obbligazionari flessibili

3) Bilanciati, che presentano un patrimonio sostanzialmente equilibrato tra titoli azionari o

altri titoli ad essi collegati e titoli obbligazionari. Hanno una caratterizzazione differente a

seconda che investano in titoli emessi in Italia o all'estero; possono investire in azioni dal 10%

al 90% del portafoglio. Le categorie di fondi bilanciati si differenziano esclusivamente in

relazione al peso della componente azionaria:

• Bilanciati azionari: azioni in portafoglio comprese tra il 50% e il 90%.

• Bilanciati: azioni in portafoglio comprese tra il 30% e il 70%.

• Bilanciati obbligazionari: azioni in portafoglio comprese tra il 10% e il 50%.

4) di liquidità, rientrano in questa categoria i fondi che hanno un portafoglio titoli

caratterizzato da un orizzonte temporale di brevissimo periodo ( inferiore ai sei mesi ); I fondi

di liquidità investono tutto il proprio portafoglio in obbligazioni e in liquidità. Gli strumenti

finanziari detenuti in portafoglio devono avere un rating non inferiore a A2 (Moody’s), A

(S&P) oppure rating equivalente assegnato da altra agenzia indipendente. I fondi di liquidità

non possono investire in titoli privi di rating. La duration2 del portafoglio deve essere

inferiore a 6 mesi. Infine non è ammessa la copertura del rischio di cambio Le categorie dei

fondi di liquidità si differenziano in base alla valuta di emissione dei titoli in portafoglio:

• Fondi di liquidità area euro

• Fondi di liquidità area dollaro

• Fondi di liquidità area yen

• Fondi di liquidità altre valute

5)Flessibili, che hanno la caratterizzazione regolamentare di una forte variabilità dell’asset

allocation a discrezione del gestore. I fondi flessibili, assomigliano ai fondi bilanciati in

quanto possono detenere in portafoglio sia titoli azionari che obbligazionari, ma al contrario

2 La duration di un portafoglio titoli, o di un singolo titolo, indica la durata finanziaria residua media dei titoli contenuti in un determinato portafoglio, o del titolo considerato. Euristicamente, per duration si intende un valore espresso in anni entro cui il possessore di un titolo obbligazionario rientra in possesso del capitale inizialmente investito, tenendo conto anche delle cedole. Normalmente una duration maggiore si accompagna ad una rischio finanziario maggiore del titolo; ciò significa che ad un movimento dei tassi si accompagna un movimento del prezzo del titolo tanto più brusco quanto più alta è la duration del titolo stesso.

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dei bilanciati i fondi flessibili non hanno nessuna limitazione nella percentuale di azionario

che possono detenere in portafoglio. Infatti si può avere il 100 per cento di azioni come non

averle, la scelta è del gestore secondo le sue aspettative dei mercati azionari.

QUADRO N. 3 – IL CAPITALISMO ALL’ITALIANA E I BENEFICI PRIVATI DEL

CONTROLLO

“Cumannari è megghiu che futtiri”, antico proverbio siciliano3

“Le azioni non si contano, si pesano”, Enrico Cuccia4

“Io non me la sono mai presa con gli industriali perchè guadagnano facendo il loro mestiere. Me la prendo con

gli industriali che, finanziando i giornali, le campagne elettorali, i partiti, ricattando il governo con la minaccia

dei licenziamenti, mantenendo uomini di loro fiducia nei gangli più vitali dei ministeri economici....riescono a

3 Si consiglia la lettura di Pierluigi Celli, Comandare è fottere. Manuale politicamente scorretto per aspiranti

carrieristi di successo, Mondadori, 2008

4 Enrico Cuccia (1907 –2000) è stato un banchiere italiano, tra i più importanti della seconda metà '900. Rappresenta una delle figure di spicco della scena economico-finanziaria italiana del XX secolo. Fino dal 1944, Enrico Cuccia seguì la vicenda di Mediobanca, quando Mattioli propose un "ente specializzato per i cosiddetti finanziamenti a medio termine" (in sostanza, un modo per superare la legge bancaria del 1936). Nell'aprile 1946, Cuccia divenne il direttore della nuova società, posseduta da Credito Italiano, Comit e Banco di Roma. Il 3 novembre 1944 fece parte della delegazione italiana, composta tra gli altri da Egidio Ortona e Raffaele Mattioli, che si recò a Washington con l'obiettivo di richiedere al governo statunitense aiuti per la ricostruzione post-bellica italiana. Mediobanca divenne in breve tempo il centro del mondo finanziario e politico italiano. Il caso più importante, tra le numerose grandi transazioni economico-finanziarie gestite da Cuccia e da Mediobanca, fu sicuramente la scalata alla Montedison di Giorgio Valerio da parte dell'ENI di Eugenio Cefis. L’istituto costituì il perno di un sistema di alleanze, che attraverso partecipazioni incrociate e patti parasociali garantiva stabilità degli assetti proprietari dei maggiori gruppi industriali. Mediobanca accrebbe anche la gamma delle sue partecipazioni azionarie, che diventarono veri certificati di garanzia per le imprese partecipate. Un altro aspetto importante dell’azione di Cuccia fu l’apertura internazionale che avvenne nel 1955, dopo contatti intensi con André Meyer della Lazard di New York. Nel suo viaggio statunitense del 1965 Antonio Maccanico ebbe modo di apprezzare la considerazione che si avesse a Wall Street per Enrico Cuccia, il cui nome era all'epoca in Italia quasi del tutto sconosciuto al di fuori della ristretta cerchia degli addetti ai lavori. Alla sua morte il civico di via Filodrammatici dove ha sede Mediobanca fu ribattezzato dal comune di Milano "piazzetta Cuccia". Si consiglia la lettura di Fabio Tamburini, Un siciliano a Milano, Milano, Longanesi, 1992

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continuare nel comodo distema della privatizzazione dei profitti e della nazionalizzazione delle perdite”, Ernesto

Rossi5

“Il guaio è che il successo che ha arriso all’impresa quasi sempre produce anche un senso di forte arroganza e un

ottundimento del senso critico, per cui si persiste nel credere che il modello di gestione adottato fino a quel

momento sia il segreto del successo e che quindi non debba essere cambiato. In questo consiste ciò che Adizes

chiama “trappola del fondatore”: trappola che porta al decadimento o al fallimento dell’impresa”, Claudio

Dematté 6

Parco buoi è un volgarismo utilizzato quale sinonimo di massa di persone - la categoria di

piccoli e medi risparmiatori - che, improvvisatisi investitori, agiscono sui mercati mobiliari e

finanziari e che, senza disporre a volte della necessaria preparazione, fanno uso di strumenti

finanziari esoterici, destinati a operatori finanziari o investitori professionali. A muovere tale

massa di persone vi è l'attesa, o la promessa, di un facile guadagno, un'aspettativa che li porta

spesso ad essere vittime di gravi perdite o veri e propri tracolli.

La locuzione rappresenta una metafora che accosta questa folla di improvvisati investitori a

una schiera di bovini in attesa, inconsapevoli di essere destinati al macello, mentre dietro di

loro è già pronta una nuova generazione di capi che andrà a sostituirli.

5 Tratto da Ernesto Rossi, Capitalismo inquinato, a cura di Roberto Petrini, Laterza, 1993, p. 97. Ernesto Rossi (1897 –1967) è stato un politico, giornalista e antifascista italiano che ha operato nell'ambito del Partito d'Azione e del successivo Partito Radicale. Con Altiero Spinelli ed Eugenio Colorni è, in Italia, il massimo promotore dell'Europeismo. Il Manifesto di Ventotene, di cui condivise la stesura con Spinelli e che fu pubblicato e curato da Colorni, è il suo libro più importante e il suo testamento morale. Di E. Rossi si consiglia la lettura di Abolire la miseria, Laterza, 1977; Aria fritta, Laterza, 1956; I padroni del vapore, Laterza, 1955

6 Claudio Dematté (Trento, 1942 – Milano, 19 marzo 2004) è stato un economista italiano. Fu professore di Economia aziendale presso l'Università Bocconi di Milano e fondatore della Scuola di Direzione Aziendale dello stesso ateneo. Ricoprì anche importanti incarichi in aziende pubbliche e private, in particolare la presidenza della RAI e quella delle Ferrovie dello Stato.

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Pontiggia7 mirabilmente scrisse che “Il parco buoi è formato da quei

minuscoli investitori che ha la tendenza perversa a comperare quando la Borsa sale e a

vendere quando scende. L’euforia per una ascesa che si spera infinita è pari al panico per una

flessione che si teme illimitata. Nessuno è mai diventato ricco in questo modo.”

Caffè8 utilizzava l’espressione praticoni pittoreschi9: “Un livello di

informazione economica del tutto deteriore potrebbe essere evitato solo che i praticoni

dedicassero qualche tempo a un aggiornamento culturale per il quale sono disponibili

strumenti anche di tipo divulgativo”.

Sempre Caffè10: “Le vicende della borsa valori in Italia non cessano di stupire anche chi sia

da tempo convinto che si tratti di una istituzione ormai anacronistica che favorisce non già il

vigore competitivo, ma un gioco spregiudicato di tipo predatorio, che opera sistematicamente

7 Pontiggia G., Le sabbie immobili, Il Mulino, 1991. Dell’autore si consigliano Vite di uomini non illustri, Mondadori, 1994; La morte in banca, Mondadori, 2003

8 Federico Caffè (1914 –1987) è stato un economista italiano. Come economista di stampo keynesiano si interessò a tematiche macroeconomiche ed all'economia del benessere. Nel 1945 fu consulente del Ministro della Ricostruzione Meuccio Ruini durante il governo Parri. Lavorò inizialmente presso la Banca d'Italia. In seguito, fino alla sua scomparsa, fu professore di Politica economica e finanziaria presso l'Università La Sapienza di Roma. Intere generazioni di economisti italiani si formarono alla sua scuola (fu relatore della tesi di laurea di più di mille studenti), alcuni dei quali insegnano ancora nella stessa Facoltà. Tra i suoi studenti, ci fu l'attuale Governatore della Banca d'Italia, Prof. Mario Draghi. Fu mentore e amico di, Giorgio Ruffolo, Luigi Spaventa, Marcello de Cecco, Ezio Tarantelli, assassinato dalle Br nel 1985, Fausto Vicarelli, Guido Rey, Pierluigi Ciocca, Enrico Giovannini, e di molti altri econmisti italiani. Oltre ai suoi scritti accademici, Federico Caffè fu un attento commentatore dell'attualità economica su giornali e riviste. Sull’autore si consiglia vivamente la lettura di

Ermanno Rea, L’Ultima Lezione, Einaudi, 1992 ; per ulteriori approfondimenti si può leggere La stanza rossa di Bruno Amoroso, Città aperta edizioni, 2004

9 Caffè F., La solitudine del riformista, Bollati Boringhieri, 1990, p. 45 10 Caffè F., La solitudine del riformista, Bollati Boringhieri, 1990, p. 41

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a danno di categorie innumerevoli e sprovvedute di risparmiatori, in un quadro istituzionale

che, di fatto, consente e legittima la ricorrente decurtazione e il pratico spossessamento dei

loro peculi.”

Di fronte al parco buoi in Italia abbiamo il capitalismo all’italiana11, ossia gli imprenditori

furbi – o nella variante “furbetti”12 un po’ più scafati – che comandano con i soldi degli

ingenui.

Tabellini13 spiega come questa situazione sia il frutto di un sistema finanziario troppo

incentrato sugli istituti di credito, dove il mercato azionario resta asfittico.

Bragantini14 ottimamente illustra come spesso alcuni imprenditori, troppo attaccati al

controllo assoluto delle imprese, le lasciano decadere pur di non perderlo, condannando le

11 Sul tema si segnala la lettura di Capitani di sventura, Marco Borsa con Luca De Biase, Mondadori, 1992

12 Furbetti del quartierino è un'espressione idiomatica, facente parte del gergo romanesco, entrata a far parte del lessico giornalistico italiano nel 2006. Tale frase venne usata per la prima volta da Stefano Ricucci nell'estate del 2005, riferendosi alle banche estere che stavano scalando due banche italiane. Secondo Ricucci esse agivano da furbette come le bande dei quartieri di Roma. La manovra fu scoperta grazie alle intercettazioni telefoniche. L'espressione è entrata nel lessico comune con riferimento opposto: i furbetti del quartierino sono diventanti Stefano Ricucci, il "Gianpy" Gianpiero Fiorani e altri (Giovanni Consorte, Danilo Coppola, Giuseppe Statuto) che sono stati colpiti da varie inchieste giudiziarie per i metodi presuntamente poco leciti con cui si apprestavano a scalare la Banca Nazionale del Lavoro (BNL), RCS e Antonveneta e per le modalità, presuntamente fraudolente, con cui avevano conseguito in modo improvviso una enorme fortuna economica di dubbia provenienza. L'espressione sta a significare un gruppo di persone che, in maniera spavalda e arrogante ma ingenua, cerca di ottenere qualcosa, comportandosi in modo incurante nei confronti della normativa legale. Per estensione, con tale espressione il linguaggio giornalistico è venuto qualificando la consuetudine, considerata spesso tipica anche della classe politica, di comportarsi in modo doppio e poco trasparente, dissimulando così le proprie vere finalità, spesso con l'intenzione di conseguire un vantaggio personale o di parte. Fonte Wikipedia.

13 Tabellini G., L’Italia in gabbia, il volto politico della crisi economica, Università Bocconi Editore, 2008, pg. 164

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aziende, e quindi il loro stesso patrimonio, al declino15. La flessibilità, imposta dalle

circostanze di fatto ai lavoratori, è infatti rifiutata da molti imprenditori, incapaci di prendere

atto che il mondo è irrimediabilmente mutato.

I benefici privati del controllo sono i vantaggi che il socio di maggioranza riesce a estrarre da

una società in forza della sua qualifica. Questi si possono distinguere in: benefici di status;

possibilità di manovrare leve come le sponsorizzazioni, eventi culturali, sportivi, mondani;

potere di nomina dei dirigenti (figli compresi); potere di decidere le forme di retribuzione,

compresi gli emolumenti dell’imprenditore. Arriviamo a situazioni in cui iltenore di vita

dell’imprenditore grava sull’impresa. “Siamo davvero sicuri che tutto questo via vai di

elicotteri, aerei sia davvero nell’interesse dell’impresa?...Quanta parte del dispendioso tenore

di vita dei nostri eroi grava sui loro redditi, e quanta invece è pagata dall’ignaro azionista,

vero milite ignoto della guerra dello star system?”16

Zingales e Rajan 17 sottolineano che nei paesi dove i benefici privati

del controllo sono più consistenti, i mercati azionari sono più piccoli, vi sono meno società

quotate in borsa e la proprietà tende ad essere più concentrata. In presenza di una tale

concentrazione i rischi non possono essere ripartiti a sufficienza e l’accesso al credito si

riduce.

14 Bragantini S., Capitalismo all’italiana. Come i furbi comandano con i soldi degli ingenui, Baldini Castoldi Editore, 1996, 2005 15 Si veda anche A. Levitt, When boards are all in the family, Financial Times, 27 novembre 2002, p. 13 16 Bragantini S., cit, p. 116 17 Rajan R.G., Zingales L., Salvare il capitalismo dai capitalisti, Einaudi, 2006, p. 65

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Abravanel18 distingue efficacemente tra imprenditori al servizio dell’impresa e impresa al

servizio degli imprenditori, dove nel secondo caso è l’impresa che sopporta i costi della

presenza dell’imprenditore e della sua famiglia.

Gli incentivi all’appropriazione indebita salgono via via che scende la quota detenuta dal

socio di controllo, ma teoricamente dovrebbe salire anche la capacità di opporsi da parte delle

minoranze, il cui potere è però bloccato dalla catena di controllo delle holding a cascata, dette

scatole cinesi.

Con il termine scatole cinesi si indica quell'artificio matematico usato in ambito finanziario

con cui si può giungere a controllare più società investendo parti del capitale posseduto

all'origine, generalmente inferiori al valore reale delle società che vengono acquistate. La

scatola cinese vera e propria è la società controllata, al cui interno vengono annidate le altre

società controllate a loro volta da quest'ultima. Il termine finanziario deriva dalla locuzione

scatole cinesi, con la quale si indica una collezione di scatole di grandezza crescente, che

possono essere inserite l'una nell'altra in sequenza. Un altro esempio pratico può essere quello

rappresentato dalle matrioske .

Per spiegare il funzionamento delle scatole cinesi si porta l'esempio delle tre società "a", "b" e

"c", ipoteticamente controllate da un soggetto generico che, in principio, possiede

esclusivamente una quota di maggioranza (es. 52%) della società "a".

Il soggetto generico, pur non possedendo la totalità della azioni di "a" (il 100%), ha il potere

decisionale in seno alla società "a" per ordinare a quest'ultima di acquistare un esemplificativo

51% della società "b".

A questo punto, il 52% della "a" è di proprietà esclusiva del soggetto generico, ma non il 51%

di "b", che bensì è di proprietà esclusiva dell'intera società "a". Ma il soggetto generico, con la

quota di maggioranza in "a", può reputarsi proprietario di "b".

18 Abravanel R., Le sfide della crescita delle imprese famigliari italiane, 2006

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La società "a" (manovrata dal soggetto generico) può quindi ordinare a "b" di acquistare una

quota di maggioranza di un'altra ipotetica società "c" per riuscire a controllare anche

quest'ultima. Con questo sistema, il soggetto generico può quindi arrivare a controllare un

numero teoricamente infinito di società, grazie alle quali può assicurarsi un forte potere

economico.

Il soggetto generico gode quindi di un possesso effettivo di tutte e tre le società "a", "b" e "c",

ma in realtà gode di un possesso reale molto minore nei confronti delle società controllate in

successione: la percentuale delle azioni realmente posseduta da questo soggetto non equivale

quindi alla quota di maggioranza di ogni società. Eccone la dimostrazione matematica:

Se il soggetto possiede il 52% della società "a", la quale a sua volta possiede il 51% della "b"

che a sua volta possiede il 51% di "c", il soggetto possiede solo il 13,53% di quest'ultima. In

pratica, il soggetto generico riesce a controllare "c" pur non possedendone una quota

maggioritaria.

Il capitalismo italiano

è pieno di scatole cinesi e sono

diverse le horror story legate ai benefici privati del controllo e alla vera e propria ossessione

del controllo. Prevale spesso la ricerca del potere rispetto alla ricerca del profitto.19Così i

gruppi industriali rinunciano a occasioni di crescita perchè la famiglia20 possa continuare a

esercitare il proprio potere.

19 Per in nostri capitani di sventura “cumannari è megghiu che futtiri”, tanto più che “cumannando si riesce a futtiri gli investitori al meglio” (Bragantini, cit., p. 180) 20 Si consiglia la lettura di Gli affari di famiglia di Filippo Astone, Longanesi, 2009

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Caffè21 riprendendo Einaudi scrisse: “Basta questo per comprendere quali critiche avrebbe

scatenato contro il moltiplicarsi delle società azionarie collegate come scatole cinesi, dalle

quali non ci si riesce a districare, perchè si giunge al punto in cui una di tali società si trova

all’estero, in uno dei “paradisi fiscali o valutari” e i proprietari non sono individuabili. Bene

questa non è l’economia di mercato conforme al chiaro e non equivocabile disegno

einaudiano.”

Tronchetti Provera , grazie a un investimento inferiore ai 200 milioni € in Camfin,

aveva - fino al momento della cessione di Olimpia (detentrice delle azioni Telecom) a Telco –

il controllo di fatto di tutta la filiera Telecom-TIM con una capitalizzazione aggregata di 80

miliardi €.

(Estratto de “Il Sole 24 Ore” del 5 novembre 2009 – Hansenet al vaglio del cda Telecom, A.

Olivieri)

21 Caffè F., Che grinta Einaudi, Il Sole 24 Ore, 1 aprile 2007, originariamente scritto su L’Opinione, 17 novembre 1981

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La Consob ha l’opportunità – una modifica la Codice Civile nel 2005 ha delegato la Consob a

dettare norme di comportamento nelle operazioni tra una società e le parti correlate - di

rivoluzionare il trattamento delle operazioni con parti correlate22 che più si prestano a

espropriare i soci di minoranza. Vedremo quale sarà il Regolamento finale dopo il periodo di

consultazione. Bragantini23 invita la Consob a tirare diritto: “I benefici privati del controllo; i

rapporti incestuosi tra società; i consigli di amministrazione incrociati; le casse di

compensazione di interessi che dovrebbero essere distinti e contrapposti; le conseguenti

limitazioni alla concorrenza di cui si è occupata l’Antitrust. Tutto questo mantiene le

incrostazioni del sistema a frena lo sviluppo del Paese”. Infatti Zorzi24 sottolinea che è

l’economia nazionale - attraverso l’aumento del costo del capitale - che sconta gli abusi

compiuti dai soci forti.

Le componenti di costi dei fondi comuni di investimento

L'investimento in fondi prevede il sostenimento di alcuni costi quale retribuzione dei diversi

livelli dell'investimento. Tali costi possono essere divisi in due principali categorie:

- commissioni una tantum;

- commissioni ricorrenti.

Le commissioni una tantum rientrano nelle scelte gestionali della SGR, in quanto,

contrariamente a quelle ricorrenti, non tutti i fondi le prevedono. Le cifre dei rendimenti 22 Parti correlate, ossia quei soggetti che possono – per i particolari rapporti con una società, influenzarne la gestione o le singole operazioni. 23 Bragantini S., Intrecci societari, quella cautela Consob, Corriere della sera, 17 ottobre 2009 24 Zorzi A., La Consob e le relazioni pericolose, www.lavoce.info, 3 novembre 2009

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pubblicate sono al netto delle commissioni ricorrenti, ma non incorporano le commissioni una

tantum, che servono a remunerare il collocatore, cioè il soggetto che si occupa di "vendere" le

quote del fondo presso i risparmiatori, solitamente una Banca o una Società di

Intermediazione Mobiliare (SIM).

Commissioni una tantum

Sono usualmente applicate in sede di acquisto (commissioni di ingresso) o di vendita

(commissioni di uscita) di un fondo. Si tratta di un costo ammortizzabile nel corso degli anni,

la cui incidenza pertanto decresce con la permanenza nel fondo. Le commissioni di

sottoscrizione costituiscono la remunerazione della rete di vendita. Sono calcolate come

percentuale dell'investimento iniziale secondo un sistema a scaglioni che prevede percentuali

più basse per versamenti più elevati e viceversa. I fondi che non le prevedono si definiscono

"no load". La commissione una tantum più frequentemente applicata è la commissione di

uscita, da preferire a quella di sottoscrizione sia perché si paga in un tempo successivo, sia

perché viene spesso applicata con un sistema a tunnel: la commissione decresce fino ad

annullarsi in funzione della permanenza nel fondo. I fondi che non prevedono costi né di

entrata, né di uscita, vengono definiti "no load puri". Anche i trasferimenti di quote da un

fondo a un altro della stessa società, i cosiddetti switch, implicano nella maggior parte dei

casi, il pagamento di una commissione che può essere fissa o espressa come percentuale del

capitale trasferito.

Commissioni ricorrenti: Management fee + Performance fee + Fee di banca depositaria

Le commissioni ricorrenti sono previste da tutti i fondi quale remunerazione dei diversi livelli

di operatività di un fondo. Sono costi periodici che incidono direttamente sul risultato.

Commissioni di gestione (Management fee)

Sono quelle che retribuiscono la società di gestione per la sua attività di gestione e

amministrazione del fondo. Variabili da fondo a fondo, esse vengono decurtate direttamente

dal patrimonio del fondo. La commissione varia da uno 0,1% dei fondi di liquidità a un 2,2%

di un fondo azionario.

Commissioni di incentivo (Performance fee)

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Si è ormai diffusa la prassi di prevedere, accanto alle commissione di gestione, una

commissione detta di incentivo o performance, che spetta alla società di gestione nel caso in

cui questa raggiunga rendimenti superiori a un parametro prestabilito (benchmark, ossia il

parametro oggettivo di riferimento con cui confrontare l'andamento del fondo comune e

valutare il profilo di rischio. È costituito da uno o più indici di mercato, elaborati da soggetti

terzi, che sintetizzano l'andamento dei mercati in cui investe il fondo).25

È dunque un premio che il sottoscrittore corrisponde al gestore calcolato sul rendimento

differenziale del fondo rispetto all'indice di riferimento, ovvero al benchmark seguito dal

fondo. Si tratta, tuttavia, di una prassi non esente da critiche, soprattutto per quanto riguarda

la scelta del parametro di riferimento, spesso troppo facile da battere o poco significativo.

Anche la contabilizzazione crea qualche perplessità: in particolare ci si chiede se anche in

caso di perdite pregresse il gestore abbia comunque diritto al premio o se, al contrario, sia

tenuto a recuperarle.

La fee di mercato è intorno al 20% dell’outperformance (performance fondo-performance

benchmark).

Commissioni di banca depositaria

25 I fondi comuni di diritto italiano hanno l'obbligo di indicare il benchmark su tutta la documentazione rivolta al pubblico (prospetto informativo, rendicontazione e pubblicità) e di metterlo a confronto con l'andamento del fondo. Il requisito essenziale che un parametro oggettivo di riferimento deve avere, secondo il regolamento Consob 10973/1997 sulla prestazione dei servizi d'investimento e dei servizi accessori, è la sua coerenza con il rischio sottostante la gestione del fondo con il quale si vuole operare il confronto. Gli altri requisiti necessari sono:

- la trasparenza, che consiste nella chiarezza delle regole di calcolo utilizzate per la costruzione del benchmark. Questo significa che le formule matematiche usate dalla società di gestione devono essere semplici e comunicate in maniera chiara ai risparmiatori;

- la rappresentatività, che implica che la composizione del benchmark debba essere coerente con quella del patrimonio del fondo;

- la replicabilità, ossia deve essere composto da attività finanziarie che il risparmiatore può, almeno in linea teorica, acquistare direttamente sul mercato.

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La banca depositaria, l'intermediario che materialmente custodisce titoli e il denaro del fondo

e, di conseguenza, dei risparmiatori. La banca depositaria, inoltre, verifica la legittimità delle

operazioni disposte dalla SGR. La fee oscilla nell’intorno dello 0,10%

Il Total Expense Ratio-TER

La maggior parte dei costi operativi legati alla gestione dei fondi è espressa con un indicatore,

noto come Total Expense Ratio e specificato nel prospetto informativo. Il TER è dato dal

rapporto tra il totale degli oneri posti a carico del fondo ed il patrimonio medio dello stesso.

Se per esempio il fondo ABC ha asset per 200 milioni di euro e ha costi per 4 milioni di euro,

esso presenterà un Total Expense Ratio del 2%. Nel calcolo del Total Expense Ratio

rientrano: le commissioni di gestione, le commissioni di incentivo, le commissioni di banca

depositaria, le spese amministrative che coprono i costi sostenuti per la pubblicazione delle

quote, spese società di revisione e spese per gli avvisi di pubblicazione dei rendiconti

semestrali e annuali.

Sinteticamente:

TER=Commissioni di gestione+commissioni di performance+commissioni di banca

depositaria+spese di revisione/pubblicazione

Costi di Brokeraggio/Intermediazione

Sono i costi che un fondo sostiene per le transazioni di acquisto e vendita dei titoli. Non sono

inclusi nel Total Expense Ratio, ma elencati separatamente nel report annuale.

La vigilanza

Vigilano sui fondi:

• la Consob (Commissione Nazionale per le Società e la Borsa) che vigila sulla

correttezza dell'operato della SGR e dei soggetti incaricati del collocamento. Alla

Consob, inoltre, è demandato il compito dell'approvazione dei "prospetti informativi"

che devono essere consegnati ai risparmiatori interessati a sottoscrivere un fondo;

• la Banca d'Italia, che autorizza, sentita la Consob, l'attività alle SGR; approva il

Regolamento di Gestione dei fondi comuni e vigila sull'operato delle Banche

depositarie.

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La crisi del risparmio gestito italiano26

Dopo essere cresciuti significativamente nella seconda metà degli anni Novanta, dal 2000 ad

oggi i fondi comuni italiani hanno registrato un consistente deflusso netto di risparmio. La

raccolta netta dei fondi italiani è negativa da otto anni, con l’eccezione del 2003. Nel 2008 i

fondi comuni hanno subito deflussi per oltre 100 miliardi di euro .

Il ridimensionamento del settore è un caso unico tra i principali paesi europei. Il peso dei

fondi comuni nella ricchezza finanziaria delle famiglie italiane è sceso ben al di sotto dei

valori che si riscontrano nei sistemi finanziari più avanzati. Inoltre il risparmio gestito italiano

differisce dalla media europea per la sua composizione: i fondi monetari e obbligazionari

rappresentano il 55% delle masse rispetto a una media europea del 40%. Viceversa i fondi

azionari (20% del totale) rappresentano solo la metà della media europea (40%).

In Italia forti lacune di conoscenza in campo finanziario e la presenza di costi di

informazione e di accesso ai mercati hanno creato le basi per una composizione del

portafoglio delle famiglie caratterizzata dal basso rischio, basso rendimento e un certo grado

di inefficienza.

Secondo il Gruppo di lavoro promosso dalla Banca d’Italia, la crisi dei fondi comuni italiani è

dovuta a tre ordini di fattori:

- elementi di criticità delle reti di distribuzione;

- asimmetrie nella regolamentazione dei fondi comuni in materia di trasparenza rispetto

ad altri prodotti finanziari;

- svantaggi fiscali.

In Italia i fondi comuni sono in larga parte distribuiti da banche e da altri intermediari facenti

capo a gruppi bancari. Per evitare distorsioni nell’offerta di prodotti diversi27, è necessario

sviluppare reti distributive aperti a prodotti concorrenti di più case di investimento e in grado

di assistere la clientela in una corretta allocazione della propria ricchezza finanziaria.

26 Per approfondimenti si veda Piccone B. A., La crisi italiana del risparmio gestito: analisi e linee di intervento, Banche e Banchieri, n. 8/2008 27 Spaventa Luigi, “I risparmiatori comprano ciò che le banche vendono”, in Onado Marco, citato

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Rossi2829 fa notare che negli Stati Uniti si insegna che la securities

regulation parte dell’elementare principio che “chiunque può vendere uova marce a un

milione di dollari l’uno, purché il compratore sia informato che le uova sono marce, che il

prezzo è esagerato e che in fondo non si stratta di un buon affare”. Il principio è quello sancito

da Louis Brandeis, giudice della Corte Suprema degli Stati Uniti negli anni ’30: “La luce del

sole è il miglior disinfettante”.

Il presupposto è che il distributore potrebbe avere l’incentivo a non offrire i migliori prodotti

disponibili sul mercato, privilegiando quelli della propria SGR, nel caso ne abbia il controllo.

In Italia le banche controllano al 90% il risparmio gestito e hanno quindi potuto mantenere

alti i margini della distribuzione limitando al tempo stesso gli investimenti per lo sviluppo

delle SGR.

Se l’onere delle retrocessioni – ossia la percentuale delle commissioni che le SGR

riconoscono alla distribuzione – è nell’intorno del 70%, le SGR hanno risorse limitate per

investire sulla qualità della gestione. Il tema aperto è come si possa produrre risultati

eccellenti con risorse modeste.

Asimmetrie regolamentari rendono problematico i confronti tra strumenti diversi in termini di

oneri, rendimenti, rischi e liquidabilità degli investimenti. In sostanza i fondi comuni

subiscono uno spiazzamento rispetto ad altre forme di investimento più opache, quali le

polizze assicurative e le obbligazioni bancarie. La quota del totale delle obbligazioni bancarie

28 Guido Rossi (1931), alunno dello storico collegio Ghislieri di Pavia, si è laureato con lode in giurisprudenza all'Università di Pavia nel 1953, conseguendo nel giugno 1954 il Master of Laws (LL.M) all'Università di Harvard. Professore ordinario di diritto commerciale presso le Università di Trieste, Ca' Foscari di Venezia, Pavia e successivamente presso la Facoltà di Giurisprudenza dell'Università degli Studi di Milano. Professore Emerito di diritto commerciale nell'Università L. Bocconi. È stato presidente della Consob dal 15 febbraio 1981 al 10 agosto 1982. Eletto senatore per la Sinistra Indipendente nella X Legislatura (dal 1987 al 1992), è stato promotore dell'inserimento delle legislazioni antitrust, sulle OPA e sull'insider trading nell'ordinamento italiano. È stato poi dapprima alla presidenza della Ferfin-Montedison, dopo l'abbandono dei posti chiave da parte della famiglia Ferruzzi in seguito al dissesto finanziario del gruppo, ed in seguito alla guida della Telecom Italia, orientata alla privatizzazione. In tempi più recenti ha tutelato per un anno gli interessi della banca olandese Abn Amro, che dopo l'inchiesta sui vertici della Banca Popolare Italiana ha avuto il via libera per aggregare l'istituto padovano. Il 15 settembre 2006, dopo le dimissioni di Marco Tronchetti Provera, viene nominato nuovamente presidente di Telecom Italia; incarico che lascerà il 6 aprile 2007. È stato membro del Group of High Level Company Law Experts della Commissione Europea. Di G. Rossi si consiglia la lettura di Trasparenze e vergogna, Il Mulino, 1982; Il conflitto epidemico, Adelphi, 2003

29 Rossi G., La scalata del Mercato, Il Mulino, 1986

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sulla ricchezza finanziaria delle famiglie in Italia è pari al 9,7%, un livello più che doppio

rispetto ai paesei dell’area euro.

Oltre alla mancanza di completezza informativa in sede di sottoscrizione, non esistono

obblighi informativi nel continuo riguardo alla conoscenza periodica del rendimento

dell’investimento e del suo valore di mercato.

Ad agenti e broker assicurativi non si applicano le regole di comportamento previste dal Testo

Unico della Finanza (TUF) e dalle disposizioni attuative.

Il regime fiscale penalizza considerevolmente i fondi comuni italiani, i quali sono tassati anno

per anno sul rendimento maturato. I fondi esteri sono invece tassati solo sui proventi

distribuiti e sulla plusvalenza realizzata al momento del disinvestimento.

Le linee di intervento possibili per mantenere in salute un industria fondamentale per la

finanza italiana – visto l’elevato tasso di risparmio delle famiglie italiane – sono state

individuate:

1) la valorizzazione del ruolo dei consulenti indipendenti: il peccato originale delle

banche è stato quello di vendere ai clienti un prodotto, anzichè un servizio di

consulenza e di pianificazione del portafoglio.

In un contesto internazionale dominato dalla necessità di una forte crescita dei ricavi da

servizi, gli intermediari italiani hanno cercato di valorizzare al massimo il placing power degli

sportelli vincolati nella loro azione da budget aggressivi. Si è assistito a un processo di

vendita “pura”, dove il contenuto di assistenza e di consulenza è risultato limitato.

E’ opportuno che le reti sappiano gestire correttamente le spinte emotive della clientela,

sconsigliando drastici cambi di asset allocation in occasione dei movimenti dei mercati

azionari o obbligazionari. Senza un lavoro dedicato alla fidelizzazione del cliente, i ritorni

economici scendono significativamente visto che non viene fornito un servizio adeguato di

consulenza successivamente al collocamento del prodotto.

2) il miglioramento dell’assistenza alla clientela anche in assenza di consulenza.

Anche ai risparmiatori che non intendono sostenere il costo di un servizio di

consulenza vanno comunque assicurate, nell’attività di collocamento, una

spiegazione semplice ma efficace di rischi, costi e rendimenti.

3) l’autonomia delle SGR rispetto al gruppo di appartenenza.

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Draghi ritiene indispensabile che i consigli di amministrazione delle SGR siano formati in

maggioranza da membri indipendenti. Alla riduzione dei conflitto di interessi deve

contribuire un codice di autoregolamentazione che rafforzi l’autonomia delle società di

gestione del risparmio.

Nelle Considerazioni finali del 31 maggio 2006 il Governatore affermò che “le strategie

del risparmio gestito restano ancora in gran parte subordinate a quelle delle società

controllanti...L’attuale assetto di governance delle società di gestione del risparmio è

basato sull’integrazione tra produzione e distribuzione dei prodotti finanziari e sul ruolo

centrale dei gruppi bancari e assicurativi. Tale modello ha consentito al settore, in una fase

iniziale, di crescere rapidamente. Oggi rischia di segmentare il mercato, ne riduce

l’efficienza; ne frena l’ulteriore crescita qualitativa e dimensionale, impedendo il pieno

fruttamento delle forti economie di scala nell’asset management”.

Visentini30 evidenzia come sia necessario superare il conflitto di interessi tra intermediari

creditizi e SGR da loro controllate: “Non è che i gestori siano incapaci ma sono

inaffidabili in quanto sono prigionieri dei conflitti di interesse che li costringono a

privilegiare i loro azionisti rispetto ai risparmiatori che si ribellano riscattando le quote”.

Giavazzi31 propone di introdurre in Italia una specie di Glass-Steagall Act che vieti alle

banche di possedere le SGR. “E’ l’unico modo per difendere i risparmiatori. In Israele lo

hanno già fatto”. Infatti in Israele hanno eliminato alla radice i possibili conflitti di

interesse e introdotto nel mercato dosi massicce di concorrenzialità. E' stata approvata dal

Parlamento israeliano una legge apposita a pochi mesi dalla nomina a governatore della

Bank of Israel dell'economista Stanley Fischer. La legge impone una scelta drastica agli

operatori dell'asset management. Creare oppure distribuire fondi e altri prodotti. Messe

di fronte ad una scelta secca, le banche hanno dovuto percorrere una strada obbligata.

Bank Hapoalim e Bank Leumi, i due maggiori istituti di credito del paese hanno messo in

vendita la propria struttura di asset management. Tra gli acquirenti si sono schierate le

compagnie di assicurazione e alcuni fondi esteri. Ma anche in questo caso con regole ben

precise. Nessuno infatti potrà detenere una quota superiore al 15% del mercato

complessivo dell'asset management. Chi supera la soglia è costretto a vendere. Per gli

intermediari la nuova normativa si traduce in una perdita secca dei ricavi per

commissioni. Unico premio di consolazione, per le banche, la possibilità di vendere

30 Visentini G., 15 gennaio 2008, Intervista a Il Sole 24 Ore 31 Giavazzi F., 3 luglio 2008, intervista a Il Sole 24 Ore

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prodotti assicurativi e polizze previdenziali. Ma solo a cinque anni dal completamento

della vendita delle strutture interne di asset management.

Bragantini32 sottolinea come negli Stati Uniti un colosso come Merrill Lynch ha ceduto (a

BlackRock) la propria branch di risparmio gestito proprio per evitare i conflitti di

interesse. “Il rischio che il mercato sia dominato dalla rete commerciale e che i prodotti

siano confezionati non in relazione alle esigenze deli risparmiatori ma sulla valutazione

dei distributori sull’appealing commerciale. In questo caso il vero cliente

dell’intermediario SGR non è l’investitore finale, cioè il risparmiatore, ma la rete di

vendita”.

4) la rimozione degli svantaggi fiscali: occorre intervenire sulle distorsioni fiscali

che penalizzano i fondi di diritto italiano (si veda paragrafo successivo)

La Banca d’Italia33 ha svolto le seguenti considerazioni.

“Il portafoglio finanziario delle famiglie italiane è largamente investito in passività bancarie,

che sono divenute la componente più importante del loro attivo (30,5% alla fine del 2008

rispetto a una quota di poco superiore al 20% all’inizio del decennio). In questo arco di tempo

le famiglie hanno aumentato soprattutto la quota detenuta in depositi a vista e in obbligazioni

emesse dalle banche. La crisi finanziaria e le politiche di raccolta delle banche hanno

contribuito ad accentuare una tendenza di medio termine. Si tratta di una situazione lontana

dall’efficienza, sia per le famiglie sia per l’economia nel suo complesso, che dovrà essere

superata attraverso la ristrutturazione dell’industria del risparmio gestito.”

Il credito d’imposta e lo svantaggio competitivo

Nel nostro ordinamento – nel contesto della riforma Visco – nel 1998 è stato introdotto il

regime della tassazione (del 12,5% alla fonte) dei fondi comuni di investimento sul risultato

di gestione “maturato”, che colpisce i guadagni generati indipendentemente dal loro effettivo

introito.

L’Italia si distingue in Europa per essere l’unico Paese dove il risultato positivo di gestione

viene tassato sul “maturato”, anzichè come comunemente avviene, sul “realizzato”.

Il regime attuale ha dei forti inconvenienti. In caso di calo dei mercati e quindi del patrimonio

del fondo, le SGR maturano un credito di imposta – pari al 12,5% delle perdite “maturate” – 32 Bragantini S., 8 marzo 2006, intervista a Economy 33 Tarantola A. M., Vice Direttore Generale Banca d’Italia, Banca e Mercato, quali prospettive?, 25-26 settembre 2009

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che iscrivono a bilancio del fondo alla voce credito di imposta. Il credito d’imposta – come

tutte le attività del fondo – viene aggiornato giornalmente.

Per effetto dell’andamento fortemente negativo dei mercati negli anni 2007/2008, molti fondi

hanno accumulato ammontari rilevanti di credito d’imposta. A fine 2008 il sistema fondi Italia

aveva un credito d’imposta totale pari a 6,5 miliardi di euro. Un fardello che limita

l’operatività dei gestori poichè rappresenta un’attività “virtuale”, illiquida, non investibile,

non remunerata.

La situazione è così grave – per il risparmiatore, spesso inconsapevole di investire parte del

suo patrimonio in un’attività a zero remunerazione – che alcuni fondi azionari italiani hanno

una incidenza del risparmio d’imposta sul patrimonio superiore al 50%.

Fonte: Plus - Il Sole 24 ore, 25 aprile 2009

Al fine di rimuovere gli svantaggi fiscali, occorre intervenire sulle distorsioni fiscali che

penalizzano i fondi di diritto italiano. Il sistema di tassazione dei fondi comuni di

investimento presenta alcune criticità. La più eclatante è il trattamento disomogeneo dei fondi

comuni italiani rispetto ai fondi comuni armonizzati comunitari. I redditi dei fondi comunitari

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armonizzati sono tassati per cassa e a carico dei partecipanti, ossia solo al momento del loro

effettivo percepimento.

Ne consegue che i fondi comunitari armonizzati hanno un prelievo d’imposta differito fino al

momento del riscatto delle quote di partecipazione e i rendimenti (pubblicati sui giornali) dei

fondi sono lordi; nel caso dei fondi comuni italiani l’imposta è prelevata giornalmente sugli

incrementi di valore registrati dal fondo di investimento e l’ammontare dei rendimenti

pubblicati è sempre al netto dell’imposta.

Questa disparità di trattamento penalizza i fondi italiani in due modalità: 1) impedisce un

confronto corretto dei rendimenti offerti rispetto a quello dei fondi armonizzati europei e 2)

determina problemi nella gestione di portafogli gravati da una posta dell’attivo illiquida e

infruttifera, ricollegabile ai risultati negativi di gestione accumulati nel passato (a fine 2007 il

credito d’imposta presente nella totalità dei fondi di diritto italiano era pari a 3,9 miliardi di

euro).

C’è una convinzione generale che i fattori distorsivi che svantaggiano i fondi comuni italiani

vadano superati, applicando la tassazione sul “realizzato” come in tutta Europa.

In tale occasione si potrebbe anche utilizzare la leva fiscale per agevolare fiscalmente

l’investimento di lungo termine in fondi, favorendo un allungamento dell’orizzonte temporale

dei relativi investimenti e l’adozione di strategie di diversificazione del rischio finanziario.

FONDO COMUNE DI INVESTIMENTO MOBILIARE CHIUSO

Un FCI di tipo chiuso è un patrimonio indiviso di una pluralità di partecipanti ciascuno dei

quali detiene un numero di quote proporzionale all'importo versato, la cui gestione è affidata

ad una società specializzata e la cui durata è predefinita.

Il diritto al rimborso delle quote viene riconosciuto ai partecipanti solo a scadenze predefinite.

I fondi comuni di investimento mobiliare chiusi sono stati istituiti in Italia con la Legge n. 344

del 14 agosto 1993, successivamente abrogata con l'introduzione del Testo Unico della

Finanza, che ne fornisce una disciplina generale, demandando alla Consob e alla Banca

d'Italia tutti gli aspetti regolamentari.

In relazione alla destinazione del patrimonio, sono istituiti in forma chiusa i fondi comuni il

cui patrimonio è investito in strumenti finanziari non quotati in un mercato regolamentato

diversi dalle quote di organismi di investimento collettivo del risparmio aperti in misura

superiore al 10%, in beni immobili e diritti reali immobiliari, in crediti e titoli rappresentativi

di crediti e in altri beni per i quali esiste un mercato e che abbiano un valore determinabile

con certezza con una periodicità almeno semestrale.

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Ricapitolando: mentre i fondi aperti e le sicav sono specializzati nell'investimento sui mercati

di borsa, i fondi chiusi sono orientati al mercato del finanziamento nel capitale di rischio di

imprese non quotate (venture capital e private equity34).

34 Il private equity è un'attività finanziaria mediante la quale un investitore istituzionale rileva quote di una società, sia acquisendo le azioni, sia apportando nuovi capitali all'interno di una società (target). Le società target possono anche essere quotate in borsa, ed in questo caso il Leveraged buyout sarà di tipo "ostile". Per poter essere economicamente attraente per un LBO, le società target devono presentare un'elevata capacità di generare flussi di cassa costanti e altamente prevedibili, ovvero importanti tassi di crescita potenziale. L'investitore si propone di disinvestire nel medio-lungo termine realizzando una plusvalenza dalla vendita della partecipazione azionaria.

Caratteri tipizzanti: il private equity è una forma di investimento di medio-lungo termine in imprese caratterizzate da elevate potenzialità di sviluppo e crescita (high grow companies) effettuata prevalentemente da operatori specializzati. Si parla di attività di investimento istituzionale in capitale di rischio. Tale attività viene effettuata sotto forma di venture capital e, appunto, di private equity. Il venture capital si riferisce al finanziamento dell’avvio delle società di nuova costituzione (start up), mentre il private equity si riferisce ad operazioni di investimento finalizzate alla crescita delle società, successivamente all’avvio dell’attività, e al finanziamento di cambiamenti nell’attività. In genere, chi effettua operazioni di questo tipo si pone come obiettivo la realizzazione di un guadagno in conto capitale (capital gain) attraverso la cessione della partecipazione acquisita, o a seguito della quotazione in Borsa della società. Business plan è lo strumento principale a disposizione delle imprese per attrarre capitali di questo tipo. Esso è un documento nel quale sono esplicati in termini qualitativi e soprattutto quantitativi gli obiettivi da raggiungere e la loro compatibilità con le risorse a disposizione, inquadrando il tutto all’interno del settore di appartenenza e dell’ambiente competitivo che caratterizza il mercato nel quale l’azienda opera, con una descrizione dettagliata del management e della compagine societària. Sulla base delle informazioni del business plan l’investitore decide se avventurarsi nell’impresa di finanziamento. Investitori: le principali categorie di investitori in private equity presenti in Italia sono: società di venture capital e merchant banking, banche, fondi chiusi, operatori pubblici, business angels. Questi ultimi sono ex imprenditori e managers che dispongono di mezzi finanziari, di una buona rete di conoscenze e di capacità gestionali da impiegare in piccole e medie imprese. Dal 1986 esiste un’associazione degli investitori in venture capital e private equity: Associazione Italiana del Private Equity e del Venture Capital, www.aifi.it. Fondamentale è l’apporto professionale dello stesso investitore nell’attività della società, per tutta la durata dell’investimento in cui egli è un socio temporaneo. Di fatto, esiste uno stretto rapporto di collaborazione tra l’imprenditore e l’investitore istituzionale: questi partecipa alle decisioni strategiche dell’impresa apportando le proprie conoscenze ed esperienze professionali lasciando all’imprenditore e al management la gestione operativa; partecipa al rischio d’impresa; lo stesso investitore istituzionale può essere una figura di prestigio dell’ambiente finanziario, comportando notorietà per l’azienda stessa e facendo sì che il mercato stesso manifesti fiducia nella società al momento della sua quotazione. Forme di disinvestimento: il venture capital ed il private equity costituiscono, in genere, investimenti di medio termine. Se la società in cui si è investito ha successo, l’uscita dall’investimento si ha quando la società ha raggiunto lo sviluppo previsto. Nel caso di insuccesso l’investitore abbandona l’investimento quando si rende conto che non è più possibile risolvere la situazione di crisi. Ci sono diverse strade per disinvestire: 1.la vendita delle azioni sul mercato borsistico; 2.la cessione della partecipazione a un socio di natura industriale (trade sale); 3. la cessione della partecipazione a un altro operatore di private equity o venture capital (replacement e secondary buy out); 4.il riacquisto della partecipazione da parte del socio originario (buy back); 5. l'azzeramento della partecipazione a seguito di fallimento (write off). Nonostante la crescita degli ultimi anni, gli investimenti in fondi chiusi (di tipo private equity), in Italia, sono stati molto limitati soprattutto se confrontati con economie di simili dimensioni. Sono stati oltre 5,4 i miliardi di Euro investiti nel corso del 2008 da parte degli operatori di private equity e venture capital attivi in Italia, una cifra record che segna un incremento del 30% rispetto all'anno precedente. In aumento anche il numero di operazioni, pari a 372 (+23%), distribuite su un totale di 284 imprese. Nel dettaglio, come negli scorsi anni, sono

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Rispetto ai fondi aperti e alle SICAV sono inoltre caratterizzati da un'elevata stabilità nella

struttura del passivo. Anche nel caso dei fondi chiusi la struttura di un fondo si basa su tre cardini: la società di

gestione, la banca depositaria, i partecipanti.

I capitali versati dai sottoscrittori sono conferiti nel fondo comune, sul quale la società di

gestione esercita le funzioni di amministrazione e la banca depositaria quelle di custodia dei

titoli e di controllo dell'attività svolta dalla società di gestione.

Rispetto ad altri organismi di investimento collettivo del risparmio, quali le società di

investimento a capitale variabile (SICAV), nei fondi comuni di investimento vi è una rigorosa

separazione, formale e sostanziale, tra patrimonio del fondo, patrimonio della società di

gestione e patrimonio del partecipante. Per questo motivo i creditori della società gerente non

possono in alcun modo agire sul fondo comune.

Il patrimonio di un fondo chiuso viene raccolto attraverso un'unica emissione di quote, aventi

tutte uguale valore e uguali diritti. Il fondo chiuso rappresenta tipicamente un investimento ad

elevato rischio, cui fa fronte un alto livello dei rendimenti attesi. Il mercato potenziale di

riferimento per la raccolta è di fatto circoscritto a sottoscrittori qualificati. Le politiche di

raccolta di un fondo chiuso sono sostanzialmente finalizzate al reperimento delle risorse

necessarie alla sottoscrizione completa del patrimonio.

La specializzazione dei fondi comuni di investimento mobiliare chiusi può riguardare in

genere:

• lo stadio di sviluppo aziendale (early stage financing; expansion financing)

• il settore industriale di riferimento

• l'area geografica di destinazione dell'investimento (country funds)

state le acquisizioni di maggioranza (buy out) ad attrarre la maggior parte delle risorse investite (2.869 milioni di Euro), nonostante un calo del 13% rispetto al 2007. Per la prima volta, al secondo posto, con 1.636 milioni di Euro, troviamo gli interventi di replacement (acquisizioni di quote di minoranza), trainati da due operazioni di dimensioni elevate. In aumento anche le risorse destinate a finanziare programmi di crescita di imprese esistenti (expansion) e, soprattutto, al segmento degli start up, cresciuto del 75% in valore rispetto allo scorso anno (115 milioni di Euro). Per quanto riguarda il numero di investimenti, invece, ancora una volta prevalgono le operazioni di expansion, aumentate del 28% rispetto al 2007, seguite dai buy out che, con 113 investimenti (in crescita del 30%), tornano a superare gli start up, il cui numero si è mantenuto costante. Come prevedibile nell'attuale contesto di crisi finanziaria globale, le risorse raccolte nel corso del 2008 sono diminuite rispetto all'anno precedente, attestandosi a quota 2.267 milioni di Euro, in calo del 25% rispetto alla cifra record del 2007. Fonte: www.aifi.it

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GLI SVILUPPI DEL PRIVATE EQUITY35

Agli inizi degli anni Ottanta, con il termine venture capital si definiva l'apporto di capitale

azionario, o la sottoscrizione di titoli convertibili in azioni, da parte di operatori specializzati,

in un'ottica temporale di medio-lungo termine, effettuato nei confronti di imprese non quotate

e con elevato potenziale di sviluppo in termini di nuovi prodotti o servizi, nuove tecnologie,

nuove concezioni di mercato. Nell'ambito di tale definizione, la partecipazione veniva

generalmente intesa come temporanea, minoritaria e finalizzata, attraverso il contributo

congiunto di know how non solo finanziario, allo sviluppo dell'impresa, all'aumento del suo

valore ed alla possibilità di realizzazione di un elevato capital gain in sede di dismissione. Nel

corso degli anni, pur rimanendo invariati i presupposti di fondo, le caratteristiche dell'attività

di investimento istituzionale nel capitale di rischio sono mutate, diversificandosi in funzione

del sistema imprenditoriale di riferimento e del grado di sviluppo dei diversi mercati e

offrendo, oggi, una più variegata gamma di possibilità di intervento. Di fatto, il comune

denominatore rimane l'acquisizione di partecipazioni significative in imprese, in ottica di

medio lungo-termine, e il conseguente obiettivo di sviluppo finalizzato al raggiungimento di

una plusvalenza sulla vendita delle azioni, ma la presenza delle ulteriori caratteristiche ha

assunto connotati molto variabili.

Banca d’Italia36 ha espresso le seguenti considerazioni:

“Per il finanziamento dell’innovazione, per la crescita delle imprese è fondamentale il ruolo di

intermediari non bancari che possano acquisire temporanee partecipazioni nel capitale. Essi

svolgono un ruolo importante anche nel favorire la crescita di imprese più mature, il ricambio

generazionale nelle imprese familiari, le trasformazioni aziendali volte a superare situazioni di

crisi. L’attività di questi operatori, strutturalmente modesta nel contesto italiano, ha risentito

della crisi in corso: raccolta e attività di investimento sono fortemente diminuite. Uno

sviluppo adeguato dei mercati dei capitali favorisce sia l’approvvigionamento di fondi da

parte di questa tipologia di intermediari sia la loro uscita dagli investimenti attraverso la

quotazione delle aziende. Investitori istituzionali quali i fondi pensioni potrebbero rivestire un

ruolo particolarmente importante nel favorire la raccolta di risorse da parte degli intermediari

di venture capital, grazie al loro orizzonte di investimento relativamente lungo e alla loro

ampia dimensione che ne accresce la capacità di diversificare rischi elevati.”

35 Informazioni tratte da www.aifi.it 36 Tarantola A.M, Vice Direttore Generale Banca d’Italia, Banca e Mercato, quali prospettive?, 25-26 settembre 2009

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Fonte: CorriereEconomia, 19 ottobre 2009

Nel corso del primo semestre 2009 gli

investimenti di private equity in Italia sono scesi del 61% a 1,06 miliardi, ai minimi da tre

anni. La crisi è costata un miliardo di Euro di svalutazioni, riporta l’ultimo rapporto

semestrale Aifi.37 Raccogliere fondi degli investitori è sempre più difficile.

Le più recenti evoluzioni terminologiche

Da un punto di vista strettamente terminologico, il concetto di investimento istituzionale nel

capitale di rischio ha assunto, in passato, connotati differenti fra Stati Uniti ed Europa.

Negli USA, questo concetto, definito della sua globalità "attività di private equity38", è

distinto, in funzione della tipologia di operatore che pone in essere il finanziamento, tra

venture capital e buy out. Alla prima categoria corrispondono due tipologie specifiche di

investimenti:

- l'early stage financing, ovvero l'insieme dei finanziamenti (seed financing e start up

financing) a sostegno delle imprese nei primi stadi di vita;

- l'expansion financing, ovvero quella serie di interventi effettuati in imprese già esistenti che

necessitano di capitali per consolidare e accelerare la crescita in atto.

Al contrario, in Europa, il termine venture capital era in passato esclusivamente riferito alle

operazioni finalizzate a sostenere la nascita di nuove imprese, mentre con il termine private

equity si intendeva l'insieme delle operazioni poste in essere per sviluppare attività esistenti o

risolvere problemi connessi con la proprietà di un'impresa, incluso il fenomeno del passaggio

generazionale. Oggi, a seguito di un processo di standardizzazione metodologica, anche in

Europa e in Italia si aderisce alla definizione utilizzata negli Stati Uniti.

37 Svalutazioni record a un miliardo, Il Sole 24 Ore, 9 ottobre 2009 38 E’ importante sottolineare l’origine etimologica di Private, che significa “Non quotato”, che si contrappone a Public, che significa “quotato” in borsa.

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Il ruolo dell’investimento in capitale di rischio in un moderno sistema finanziario

Il ruolo che l'investimento in capitale di rischio ha in un moderno sistema finanziario è

rilevante sotto numerosi profili. Innanzitutto, sul fronte dell'impresa, la possibilità di far

riscorso ad operatori specializzati nel sostegno finanziario finalizzato alla creazione di valore,

consente alle stesse di reperire capitale "paziente", che può essere utilizzato per sostenere la

fase di start up, piuttosto che piani di sviluppo, nuove strategie, acquisizioni aziendali,

passaggi generazionali o altri processi critici del loro ciclo di vita. In particolare, tale capitale

può essere utilizzato dall'impresa per sviluppare nuovi prodotti e nuove tecnologie, per

espandere il circolante, per finanziare acquisizioni, o per rafforzare la struttura finanziaria di

una società. Il private equity può anche essere impiegato per risolvere problemi connessi con

la proprietà di un'impresa o con il fenomeno del passaggio generazionale. Inoltre, è lo

strumento privilegiato per la realizzazione di operazioni di buy out/buy in, effettuate da

manager esperti. Poiché, inoltre, il supporto dell'investitore istituzionale non si esaurisce nella

mera fornitura di capitale di rischio, un ulteriore vantaggio deriva dalla disponibilità di know

how manageriale che l'investitore mette a disposizione dell'impresa per il raggiungimento dei

suoi obietti di sviluppo. Ciò si traduce anche nella possibilità di supporto alla crescita esterna,

attraverso contatti, investimenti, collaborazioni ed altro, con imprenditori dello stesso o di

altri settori. Spesso la crescita attraverso fusioni e/o acquisizione offre sensibili vantaggi in

virtù della tempestività con la quale è possibile entrare in nuovi settori o guadagnare nuove

quote di mercato. Il socio istituzionale possiede una profonda esperienza basata su una

moltitudine di realtà imprenditoriali diverse e, pertanto, gode di un invidiabile esperienza cui

la società può accedere. L'investitore istituzionale nel capitale di rischio ha, per esempio,

solitamente esperienza anche in tema di accompagnamento alla quotazione, capacità preziosa

in tale delicato processo e che può essere d'aiuto nel definire il timing e le procedure interne

ottimali. È poi comprovato che alle imprese partecipate da investitori istituzionali siano

riconducibili performance economiche superiori rispetto alle altre realtà imprenditoriali,

apportando un beneficio a livello di sistema. L'attività di investimento nel capitale di rischio

contribuisce, dunque, notevolmente allo sviluppo del sistema industriale e dell'economia nel

suo complesso, selezionando imprese a rapido tasso di crescita e fornendo loro il capitale

necessario per svilupparsi.

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Vitale39, ancora una volta illuminante, per spiegare il private equity ci riporta

all’Economico di Senofonte40: “Il primo libro di managemet della cultura occidentale, scritto

2400 anni fa, è l’Economico di Senofonte, dove sono presenti anche i fondamenti

dell’impresa innovativa e del venture capital. Mi riferisco al punto in cui il giovane titolare di

un’impresa agricola di successo, Iscomaco, spiega a Socrate che, accanto alla buona gestione, 39 Vitale M., economista d'impresa, bresciano di nascita, milanese di residenza, internazionale per cultura e attività, E' stato dal 1986 al 2003 presidente dell'Associazione nazionale del Private Equity e del Venture Capital (AIFI); per approndimenti si consiglia vivamente www.marcovitale.it e le seguenti letture dello stesso Marco Vitale: La lunga marcia verso il capitalismo democratico, Il Sole 24 Ore, 1989; Liberare l’economia,

Marsilio, 1993; Sviluppo e spirito d’impresa , Il Veltro, 2001; America punto e a

capo, Scheiwiller, 2002; Fenomeno Chievo, Scheiwiller, 2002; I proverbi di Calatafimi , Edizioni

Studio Domenicano, 2008; Passaggio al futuro, EGEA, 2010

40 Vitale M., La Lunga marcia verso il capitalismo democratico, pag. 27, Il Sole 24 Ore, 1989 e Grande futuro ma attenti alle garanzie, Il Sole 24 Ore, 6 giugno 2000

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uno dei segreti è di acquisire il controllo dei cespiti non valorizzati, di valorizzarli e poi di

cederli con un buon guadagno di capitale. Vale la pena citare il passaggio: “Per coloro che

sono capaci di darsi da fare e coltivano la terra con ogni sforzo, vi è un modo di far denaro

con l’agricoltura, che mio padre praticò personalmente e mi insegnò. Non permise mai che si

comprasse della terra già coltivata, ma, quella che, per trascuratezza o l’incapacità dei

proprietari, era improduttiva e non aveva piante. Diceva che le terre coltivate costano molto

denaro41 e non possono essere migliorate; riteneva che le terre che non possono essere

migliorate non danno altrettanta soddisfazione, e pensava che ogni oggetto di proprietà

quando migliora, è una cosa capace di rallegrare moltissimo. Ma nulla presenta un

miglioramento maggiore di una terra che da improduttiva diventa fertile. Tu sai bene, Socrate,

disse, che noi abbiamo già moltiplicato varie volte il valore originario di molte terre. Udito

ciò gli domandai: Iscomaco, le terre che tuo padre aveva dissodato, le teneva per sé o le

vendeva, se trovava modo di guadagnarci molto denaro? Le vendeva, disse Iscomaco. Ma

subito ne comprava delle altre, improduttive, per il suo amore per il lavoro”.

L’ESPERIENZA INTERNAZIONALE DEI FONDI MOBILIARI CHIUSI

Mentre in Italia i fondi mobiliari chiusi sono di recente introduzione, in altri Paesi

internazionali essi rappresentano una realtà consolidata che ha dimostrato la sua utilità e

validità nel promuovere lo sviluppo della piccola e media impresa. Negli Stati Uniti, dove il

primo fondo chiuso fu il Massachusetts Investor Trust del 1924, la società di gestione di un

fondo chiuso viene generalmente promossa da un piccolo numero di soci che hanno di solito

maturato specifiche esperienze imprenditoriali o manageriali. La società sottoscrive un

numero assai limitato di quote del fondo e applica commissioni di gestione pari al 2-3% del

suo patrimonio. La durata del fondo è generalmente fissata in 10 anni e i sottoscrittori non

possono riscattare le quote prima di cinque anni dalla sua costituzione. Per quanto riguarda la

Gran Bretagna i circa 200 closed end investment trust sono quelli di maggiore dimensione a

livello mondiale, nonché i più vecchi sul mercato. Gli investment trust investono

prevalentemente nel settore industriale, è richiesto un elevato livello di capitale per entrarvi e

di norma offrono la possibilità di scegliere tra specializzazioni diverse. In Giappone i fondi

41 Considerazioni sempre attuali. Si veda Rampini F., intervista a Leonardo del Vecchio, La Repubblica, 22 settembre 2006. “E' in nome di questo rispetto per il mercato che Del Vecchio declinò l'invito a entrare nella cordata dei Tronchetti e Benetton quando gli offrirono di scalare la Telecom con loro. «Si trattava di comprare i titoli Telecom a 4,17 euro, una quotazione che l'azienda non ha mai raggiunto in Borsa, quasi il doppio di quel che vale oggi. Io dissi: scordatevelo. E' una regola che purtroppo si avvera sempre: quando si compra a prezzi esagerati le conseguenze sono deleterie e le paga l'azienda stessa. Anzitutto perché il primo obiettivo dell' acquirente diventa quello di ridurre i debiti e quindi la gestione viene subordinata a priorità di tipo finanziario, non industriale. E poi perché questo determina una debolezza di cui approfittano i concorrenti».

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chiusi hanno la possibilità di variare il capitale sulla base dell’emissione di nuovi certificati di

partecipazione, emissioni che in genere avvengono ogni mese, mentre accettano domande di

rimborso solo dopo due-tre anni dalla costituzione del fondo stesso. In Francia, dove la loro

introduzione è avvenuta nel 1983, i fond à risque sono attualmente un centinaio. Il fondo

viene istituito per iniziativa di due fondatori che redigono il regolamento (soggetto

all’approvazione della COB, la nostra CONSOB) ed assumono le funzioni di gestore e di

depositario. Il riscatto del patrimonio può avvenire dopo un periodo fissato nel regolamento,

che può variare da un minimo di tre ad un massimo di dieci anni. Il patrimonio del fondo deve

essere investito per almeno il 40% in azioni ed obbligazioni convertibili emesse da società

non quotate e la società di gestione è obbligata a detenere il 10% delle quote del fondo.

METODI DI CALCOLO DEL VALORE DELLA QUOTA

Tra le due tipologie di fondi (open end fund e closet end fund) cambia il metodo di

calcolo del valore della quota: se si tratta di un fondo aperto, il valore della quota - detto net

asset value (NAV) - si calcola dividendo il valore del patrimonio per il numero delle quote.

Per il calcolo del NAV è necessario eseguire la sommatoria delle attività presenti nel

fondo valutate a prezzo di mercato e nella valuta di riferimento del NAV; successivamente

vanno sottratti le commissioni di negoziazione, le commissioni di performance, le

commissioni di banca depositaria, gli oneri di negoziazione; successivamente si sottrae

l’imposta sostitutiva del 12,50% sulla plusvalenza maturata rispetto al giorno prima (o si

aggiunge il credito di imposta nel caso il NAV sia inferiore al giorno precedente).

La legislazione italiana impone il calcolo giornaliero del patrimonio, in altri ordinamenti

possono essere fatti i calcoli settimanalmente, mensilmente, trimestralmente.

FCI (open end fund)

patrimonio numero quote

Il fondo aperto in alcuni ordinamenti, quali Francia e Lussemburgo, si chiama SICAV

(Società di Investimento a CApitale Variabile). Il patrimonio viene calcolato valutando le

quantità di titoli e moltiplicandole per i prezzi dei titoli stessi. Il calcolo è un’operazione

complessa, in quanto molte operazioni non sono ancora regolate oppure perché non esiste un

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prezzo ufficiale di alcuni titoli, oppure perché vi sono dei prodotti derivati42, la cui

valutazione market to market43 non è reperibile.

Si acquista il fondo al NAV di un certo giorno.

Il prezzo di rimborso - redemption price - è il valore della quota calcolato nel seguente modo:

NAV = P : numero delle quote

dove P = Patrimonio

Il fondo chiuso, dal punto di vista della gestione, non presenta molte differenze rispetto al

fondo aperto. Relativamente alla sottoscrizione a al riscatto, ci troviamo di fronte invece ad un

discorso completamente diverso.

FCI (closed end fund)

patrimonio quote (stabilite in numero fisso)

Il patrimonio viene investito in base a rendimento, rischio, diversificazione, liquidità; ma una

volta fatto l’investimento il risparmiatore quando vuole riscattare la quota, in realtà deve

vendere la sua quota come se fosse un'azione, pertanto deve trovare una controparte disposta

ad acquistare. Il prezzo (NAV) può essere uguale al patrimonio diviso il numero delle quote,

oppure potrebbe essere maggiore o minore.

Quando è maggiore si dice che è quotato con un premio (caso molto raro) quando è minore si

dice che il fondo è quotato con uno sconto; per poter vendere, e quindi trovare contropartita,

si è costretti ad applicare un prezzo più basso.

42 Uno strumento finanziario viene definito derivato in quanto il suo valore deriva da un altro bene, chiamato "sottostante" o underlying, il quale può essere una materia prima, valuta, tassi di interesse, titolo, indici azionari.

43 Mark to market è l'espressione utilizzata per qualificare il metodo di valutazione in base al quale il valore di uno strumento o contratto finanziario è sistematicamente aggiustato in funzione dei prezzi correnti di mercato. Vuol dire anche "valutare secondo il mercato". Le attività finanziarie (ma anche quelle reali) possono essere valutate secondo il costo storico (o costo di acquisizione), secondo una procedura detta di "costo corrente", che sarebbe il costo storico riportato ad oggi mediante un indice dei prezzi, o secondo il prezzo di mercato. Nell'ottica di stabilire la "verità dei bilanci" i principi contabili solitamente impongono di usare il mark to market per valutare attività e passività finanziarie. Questo principio diventa scomodo quando, come è successo nel 2007-2008 con la Crisi dei subprime, il mercato per molti tipi di titoli diventa illiquido e la paura conduce a prezzi così bassi da creare massicce minusvalenze, erodendo profitti e capitale. Le procedure di valutazione, tuttavia, lasciano qualche margine per adottare prezzi diversi.

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a) HEDGE FUND

Il mercato mondiale dei servizi di gestione professionale del risparmio ha registrato

dell’ultimo decennio la progressiva affermazione di veicoli alternativi di gestione, detti hedge

funds. L’espansione deriva dal crescente favore incontrato dagli hedge fund sia nel

tradizionale mercato statunistense, sia nei mercati europei a lungo rimasti in gran parte chiusi

a questo prodotto.

Nonostante la sua popolarità, l’espressione hedge fund è impropria sotto il profilo etimologico

ed è imprecisa a livello concettuale44.

E’ etimologicamente impropria in quanto questi veicoli di investimento non trovano da

tempoo nella copertura del rischio nè il loro tratto dominante, nè il loro minimo comune

denominatore. Più appropriato pare il termine di “fondo di investimento alternativo”.

E’ concettualmente imprecisa in quanto viene utilizzata per indicare una gamma assai

eterogenea di veicoli di investimento in monte.

I fondi hedge (in inglese hedge funds), nascono negli Stati Uniti negli anni '50. Il primo

fondo hedge fu fondato da Alfred Jones nel 1949.

Si caratterizzano per:

- l'utilizzo di tecniche e strumenti di gestione avanzati, spesso non adottabili dai fondi

comuni (o direzionali) per motivi regolamentari;

- la struttura commissionale, basata su una commissione di gestione annua ed una

commissione di performance (tipicamente rispettivamente pari a 1,5% e 20%);

- l’investimento nel fondo di una quota rilevante di capitale da parte dei gestori.

Allora cosa si intende per HEDGE FUND? Un fondo di investimento altamente speculativo?

NO, ribadiamolo una volta per tutte. NON si tratta di fondi necessariamente più rischiosi di

un fondo long-only (cioè che può assumere solamente posizioni rialziste). Si tratta bensì di

fondi di investimento alternativi con bassi vincoli normativi e di vigilanza, caratterizzati da

una struttura commissionale 1,5% management fee/20% performance fee. Per valutarne

correttamente il profilo di rischio, è necessario leggere attentamente il Regolamento del fondo

(nel caso di un fondo long-only si legge il Prospetto Informativo) e le sue comunicazioni

periodiche. Un incontro con il gestore è d’obbligo.

44 Lazzari V., Giuliani N., Liuc Papers n. 130, Serie Financial Markets and Corporate Governance 4, suppl. Agosto 2003

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Si tratta di un fondo limitatamente aperto (si possono riscattare le quote del fondo solo a

intervalli prestabiliti, un mese o un trimestre) che non fa quota tutti i giorni ma una volta al

mese, e che consente la sottoscrizione di quote da parte degli investitori una volta al mese e

dal quale si può uscire attraverso il rimborso delle quote non in ogni momento, ma, in genere,

con cadenza mensile o trimestrale. Si parla, in questo caso, di lock-up period; chi vuole uscire

dal fondo deve comunicare le proprie intenzioni con un preavviso variabile dai 30 ai 90

giorni.

In genere, il gestore di un hedge fund partecipa al fondo anche con il proprio capitale (in

questo modo aumenta la fiducia dei sottoscrittori) ed ha ampia libertà d’azione, decidendo di

operare su qualsiasi mercato (azionario, obbligazionario, commodities, dei derivati o

valutario) e in qualsiasi situazione di mercato (rialzista o ribassista).

Inoltre, il gestore di un hedge fund non si propone di superare o seguire un indice di

riferimento (benchmark), ma fissa un valore assoluto da raggiungere ogni anno.

L’obiettivo di questo strumento d’investimento è quello di offrire una copertura in operazioni

caratterizzate da un rischio elevato.

In Italia i fondi hedge sono stati introdotti nel 1999 con numerosi vincoli – obbligo di

costituzione di una SGR speculativa ad hoc, limite di investimento pari a 500.000 Euro, limiti

nel numero massimo di investitori nel fondo – e il nome che è stato loro attribuito – fondi

speculativi45 – è indicativa dello scarsa accoglienza che ha accompagnato la loro nascita.

45 Origine etimologica: dal latino specula, che significa “luogo dal quale si osserva”, esplorare, fare progetti, tentare imprese commerciali. Il termine speculazione nasce dalla voce latina specula (vedetta), da specere (osservare, scrutare), ovvero colui che compiva l'attività di guardia dei legionari. Da qui deriva il senso etimologico di "guardare lontano" e "guardare in profondità con attenzione", e così in senso traslato "guardare nel futuro" o "prevedere il futuro". I pensatori della scuola neoclassica invece intendono la speculazione come l'attività di un operatore che si assume dei rischi per i quali richiede una adeguata remunerazione. Secondo questa scuola di pensiero lo speculatore è un elemento fondamentale del mercato poiché assicura liquidità e concorre alla formazione di un prezzo efficiente. Secondo Galileo, “Speculando noi vogliamo tentare di penetrare l’essenza vera delle cose”. Secondo Ludwig von Mises, ogni attore economico è uno speculatore, in quanto l'azione umana è sempre diretta verso il futuro che è di per sé sconosciuto e quindi incerta. Il modo distintivo di pensare dello speculatore sta nella capacità di comprendere i vari fattori che determineranno il corso degli eventi futuri. Ogni genere di investimento è quindi una forma di speculazione. Si consiglia di rileggere “L’infinito”, Giacomo Leopardi, 1819,

Sempre caro mi fu quest'ermo colle, E questa siepe, che da tanta parte De l'ultimo orizzonte il guardo esclude. Ma sedendo e mirando, interminato Spazio di là da quella, e sovrumani Silenzi, e profondissima quiete Io nel pensier mi fingo, ove per poco Il cor non si spaura. E come il vento Odo stormir tra queste piante, io quello

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Classificazioni

La prima distinzione da fare all’interno del mondo hedge è tra single manager e multimanager

(o fondi di fondi hedge, fund of funds). I single manager investono direttamente; i multi

manager investono a loro volta in altri fondi hedge, e quindi il loro attivo non è costituito da

attività finanziarie ma da fondi hedge al cui interno vi sono le attività finanziarie.

Le peculiarità di un fondo di fondi sono le seguenti:

- il 5% del patrimonio del fondo può essere investito su qualsiasi tipo di fondo o Sicav;

- non è possibile investire più del 20% in fondi o Sicav di uno stesso emittente (si parla

di fondi “multimanager”, ossia provenienti da tipologie di fondi differenti e non

appartenenti alla stessa).

Benchè i fondi di fondi hedge consentano una diversificazione del portafoglio, sono molto

costosi in termini di commissioni di gestione e di performance, costituendo una sorta di

matrioska46 commissionale o scatola cinese47.

La seconda distinzione è relativa alle strategie del fondo:

Infinito silenzio a questa voce Vo comparando: e mi sovvien l'eterno, E le morte stagioni, e la presente E viva, e 'l suon di lei. Così tra questa Infinità s'annega il pensier mio: E 'l naufragar m'è dolce in questo mare.

46 Matrioška è il termine con cui si definisce il caratteristico insieme di bambole di origine russa che si compone di pezzi di diverse dimensioni realizzati in legno, ognuno dei quali è inseribile in uno di formato più grande. Ogni pezzo si divide in due parti ed è vuoto al suo interno, salvo il più piccolo che si chiama "seme". La bambolina più grande si chiama invece "madre". È il souvenir russo per eccellenza ed un simbolo dell'arte

popolare di questo paese.

47 Con il termine scatole cinesi si indica quell'artificio matematico usato in ambito finanziario con cui si può giungere a controllare più società investendo parti del capitale posseduto all'origine, generalmente inferiori al valore reale delle società che vengono acquistate.

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1. Global macro fund: è l’hedge fund che investe tentando di trarre vantaggio dai

cambiamenti nelle economie globali, determinate tipicamente da variazioni nella politica di

governo con effetto su tassi di interesse e di conseguenza su valute, azioni e obbligazioni.

Volatilità prevista: molto alta;

2. Arbitrage fund: si tratta di un fondo basato sulla possibilità di effettuare operazioni di

arbitraggio finalizzate alla copertura dei rischi di mercato investendo in posizioni opposte

(acquisto e vendita), spesso su titoli dello stesso emittente. Volatilità attesa: bassa; si sfrutta,

ad esempio, un momentaneo disallineamento tra l’andamento di un titolo in due mercati

vendendolo su un mercato e acquistandolo sull’altro ottenendo, così, un profitto certo, pari

alla differenza tra i due valori. In alternativa, si acquistano titoli sottovalutati e si vendono

contemporaneamente titoli ritenuti valutati (o sopravvalutati) fortemente correlati con i primi.

E’ la tipologia di hedge fund meno rischiosa.

3. Long-short equity fund: la peculiarità di questo fondo è costituita dall’acquisto e dalla

vendita allo scoperto – short selling - di azioni sui mercati regolamentati.

Questa la definizione di long-short tratta da Wikipedia:

Typically equity long short investing is based on 'bottom up' fundamental analysis of the

individual companies in which investments are made. There may also be 'top down' analysis

of the risks and opportunities offered by industries, sectors, countries and the macroeconomic

situation.

Long short covers a wide variety of strategies. There are generalists, and managers who

focus on certain industries and sectors or certain regions. Managers may specialize in a kind

of stock, for example value or growth, small or large. There are many trading styles, with

frequent or dynamic traders and some longer term investors.

A fund manager typically attempts to reduce volatility by either diversifying or hedging

positions across individual regions, industries, sectors and market capitalization bands and

hedging against un-diversifiable risk such as market risk. In addition to being required of the

portfolio as a whole, neutrality may in addition be required for individual regions, industries,

sectors and market capitalization bands.

There is wide variation in the degree to which managers prioritize seeking high returns

(which may involve concentrated and leveraged portfolios) and seeking low volatility (which

involves more diversification and hedging).

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Quando parliamo di vendita allo scoperto intendiamo la vendita di titoli che non si detengono

al momento dell’ordine di vendita. Il venditore – che va short o corto – fa ricorso al prestito

titoli/stock lending. Si fa quindi prestare i titoli da un intermediario – prime broker - che

svolge il ruolo di stock lender (prestatore di titoli). Lo stock lender consegnerà i titoli in

stanza di compensazione al compratore. Al momento della chiusura dell’operazione di short -

quando i titoli vengono ricomprati - verrà estinto il prestito titoli.

Selling short significa vendere sul mercato le azioni avute in prestio (senza il previo

possesso) da un broker, con lo scopo di riacquistarle in una data successiva a un prezzo

inferiore (si ottiene un profitto dalla perdita di valore del titolo) e di restituirle al proprietario

(il broker prende a prestito i titoli dal conto di un cliente senza che quest’ultimo ne sia a

conoscenza).

L’istituzione che presta i titoli naturalmente richiede una remunerazione percentuale sui titoli

prestati. La fee varia a seconda del flottante del titolo dato in prestito.

La domanda sorge spontanea: ma il prestatore di titoli dove prende i titoli che dà poi in

prestito? Dalle SGR, dalle SIM e dalle banche che detengono per conto dei clienti tali titoli.

Il business dello stock lending – alias prestito titoli – è molto remunerativo per le banche

d’affari. Lehman Brothers era molto attiva su questo mercato. Al momento dell’insolvenza –

settembre 2008 – diversi hedge fund non sapevano quindi se la loro posizione fosse lunga o

corta. Decisamente un bel problema.

Il processo di short selling è complesso e soggetto a numerosi vincoli (negli Stati Uniti

esisteva – poi abolito, dopo la crisi finanziaria del 2008 si pensa di reintrodurlo) l’uptick

rule, che vieta le vendite allo scoperto nei momenti di discesa del mercato; uptick è il rialzo

del prezzo rispetto al tick/centesimo fatto segnare in precedenza; è necessario un uptick per

poter vendere il titolo senza detenerlo. In Europa nel corso del 2008/9 la vendita allo scoperto

è stata sottoposta a numerosi limiti, sul presupposto che portasse instabilità sui mercati). Il

gestore una volta ricevute le azioni in presto dal prime broker le vende sul mercato; il ricavato

della vendita è vincolato in un conto presso il broker e remunerato a un tasso monetario.

Le principali attività del Prime Broker, individuate a scopo esemplificativo e non esaustivo,

sono le seguenti:

− il regolamento delle operazioni poste in essere dal Fondo;

− il sub-deposito e l’amministrazione degli strumenti finanziari ricompresi nel

patrimonio del Fondo;

− il prestito titoli;

− la concessione di finanziamenti finalizzati all’investimento in strumenti

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finanziari ovvero ad una più efficiente gestione del Fondo;

− l’informativa alla Banca Depositaria ed alla Società di Gestione inerente le

operazioni effettuate dal Fondo.

La vendita allo scoperto prevede la vendita di titoli che non si detengono, ritenendo che il

prezzo scenderà. Se si pensa che il prezzo di un titolo salga, si intraprende un’operazione

long.

In ambito long-short si evidenziano le seguenti definizioni:

Esposizione corta=controvalore complessivo delle posizioni short

Esposizione lunga=controvalore complessivo delle posizioni long

Esposizione netta=controvalore posizione long-controvalore posizione short

Net long=long>short

Net short=short>long

Esposizione lorda=controvalore posizioni long+controvalore posizioni short

A titolo esemplificativo, proponiamo di seguito un estratto del Regolamento di un fondo

speculativo di diritto italiano che ha adottato la strategia long-short48:

“Il Fondo attua una strategia di investimento normalmente definita, nella prevalente

terminologia anglosassone, come “long-short equity”. Tale definizione generale indica che il

Fondo opera acquistando e contemporaneamente vendendo allo scoperto strumenti finanziari,

prevalentemente rappresentati da titoli azionari quotati, ricorrendo anche, se ritenuto

opportuno, all’impiego di un certo grado di leva finanziaria. Nella adozione delle decisioni di

acquisto e di vendita la S.G.R. adotta uno stile di gestione attivo – e quindi non condizionato

o vincolato dalla composizione di parametri di riferimento predeterminati – e prevalentemente

orientato a valutazioni di natura c.d. fondamentale, acquistando azioni giudicate in quel

momento sottovalutate dal mercato azionario e vendendo allo scoperto azioni ritenute invece

sopravvalutate. I portafogli dei Fondi di Investimento c.d. long-short presentano

un’esposizione alle oscillazioni dei mercati delle attività finanziarie di riferimento (e quindi

una somma tra le posizioni in acquisto e quelle in vendita allo scoperto) variabile nel tempo.

L’obiettivo di generazione di risultati assoluti di segno positivo, e di decorrelazione rispetto ai

ritorni espressi dai mercati delle attività finanziarie cui gli investimenti del Fondo sono diretti,

implica che il rendimento generato da Fondi di Investimento della tipologia c.d. long-short

può risultare inferiore a quello proprio di Fondi di Investimento azionari tradizionali durante

48 Fondo speculativo istituito da una SGR italiana indipendente, non legata al mondo bancario-assicurativo

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le fasi di più significativo rialzo dei mercati azionari. Nel contempo, in periodi di ribasso la

capacità di limitare le perdite può risultare superiore.

Staley49 suddivide alcune tipologie di azioni che possono diventare oggetto di una vendita allo

scoperto:

A)Bubble stocks; titoli di aziende che vengono sopravvalutate dal mercato senza alcun

fondamento economico. Nel corso della Bolla Internet, alla fine degli anni Novanta, le

imprese quotavano multipli sui ricavi o sugli internet users e raggiunsero quotazioni senza

fondamento. Si veda il grafico di Tiscali, che tocco il massimo storico il 10 marzo 2000 a

1.037,37 euro contro i 3,64 euro dell’autunno 2009.

B)High-Multiple Growth Stocks; in ogni bull market50 sono presenti alcuni titoli di particolare

interesse, in genere espressione di novità, il cui valore cresce particolarmente nel corso di un

breve arco temporale.

49 Staley K. F., The art of short selling, John Wiley & Sons, 1997

50 Bullish market trend in the stock market often begins before the general economy shows clear signs of recovery. A bull market is associated with increasing investor confidence, and increased investing in anticipation of future price increases capital gains. India's Bombay Stock Exchange Index, SENSEX, was in a bull market trend for almost five years from April 2003 to January 2008 as it increased from 2,900 points to 21,000 points. Another notable and recent bull market was in the 1990s when the U.S. and many other global financial markets rose rapidly. In describing financial market behavior, the largest group of market participants is often referred to, metaphorically, as a herd. This is especially relevant to participants in bull markets since bulls are herding animals. A bull market is also sometimes described as a bull run. Dow Theory attempts to describe the character of these market movements.

A bear market is a general decline in the stock market over a period of time. A bear market is a downward primary market trend. It is accompanied by widespread investor fear and pessimism. Investors anticipate further losses and are motivated to sell. Prices fluctuate constantly on the open market. To take the example of a bear stock market, it is not a simple decline, but a substantial drop in the prices of the majority of stocks over a

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C)Azioni di società con reports incomprensibili; vale il motto “if you can’t read it, short it”;

secondo gli short seller, un report eccessivamente complesso è indicativo di problemi

volutamente oscurati.

D)Money Suckers, quando la società necessita di enormi capitali per sopravvivere, società

tipicamente del settore tecnologico che sono sosttoposte a una forte competizione e devono

sempre investire e ricorrere al mercato dei capitali, che può anche rifiutarsi di finanziare la

società una volta che la visibilità del business sia in diminuzione.

Nella gestione del Fondo, la Società di Gestione potrà utilizzare la leva finanziaria. La leva,

intendosi per tale il rapporto fra la somma delle posizioni lunghe e corte in titoli e in

contratti derivati e il patrimonio netto del Fondo, deriva principalmente dall’esecuzione

delle seguenti operazioni:

− contratti derivati;

− finanziamento di operazioni da parte del Prime Broker;

− posizioni corte con copertura attraverso prestito titoli (vendite allo scoperto);

− assunzioni di finanziamento volte a soddisfare necessità derivanti dal complesso

delle strategie poste in essere o volte a fronteggiare altre esigenze temporanee di liquidità.

Ai fini del calcolo della leva, i titoli sono valutati al controvalore di mercato mentre le

posizioni in contratti derivati sono calcolate secondo i criteri stabiliti dalla Banca d’Italia per

la determinazione degli impegni assunti nella gestione dei fondi comuni in relazione ad

operazioni in strumenti derivati. In ogni caso la misura massima della leva finanziaria che il

Fondo può assumere è pari a 2.”

E) Aggressive growt fund: il gestore seleziona azioni di società per le quali ci si attende un

incremento della crescita negli utili per azione (EPS, Earning Per Share). Il rischio di un

simile investimento consiste in un errore di previsione e nella concentrazione degli defined period of time. According to The Vanguard Group, "While there’s no agreed-upon definition of a bear market, one generally accepted measure is a price decline of 20% or more over at least a two-month period." The most famous bear market in history followed the Wall Street Crash of 1929 and erased 89% (from 386 to 40) of market capitalization by July 1932, marking the start of the Great Depression. After slowly regaining nearly 50% of its losses, a longer bear market from 1937 to 1942 occurred in which the market was again cut in half. A milder, low-level, long-term bear market occurred from about 1973 to 1982, encompassing the stagflation of U.S. economy, the 1970s energy crisis, and the high unemployment of the early 1980s. A notable bear market occurred between about March 2000 and October 2002. The last one occurred approximately between October 2007 and March 2009. A rise of around 40% happened between early March 2009 and early May 2009 and as of August 2009 the debate on where the market will trend is unresolved.

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investimenti in un numero limitato di società, alcune delle quali hanno una bassa

capitalizzazione.

F) Distressed securities fund: si investe in azioni o obbligazioni di società in crisi, in una

situazione di bancarotta o insolvenza. L’obiettivo è quello di acquistare i titoli ad un basso

prezzo, scommettendo su un recupero di solvibilità e affidabilità della società.

G) Emerging markets fund: si tratta di fondi che investono in azioni e obbligazioni di società

operanti nei mercati emergenti, quali America Latina, Medio Oriente, Europa dell’Est.

H) Opportunistic o Event driven fund: i cambiamenti nelle strategie di investimento

dipendono da eventi come IPO, cambiamenti improvvisi di prezzi causati spesso da utili

inferiori alle attese e da altri occasioni event-driven. Volatilità prevista: Variabile;

I) Low volatility fund: l’obettivo del fondo è dare dei ritorni il più possibile stabili e

decorrelati rispetto i mercati finanziari. Solitamente investe sui mercati obbligazionari, sia

government che corporate.

L) Contrarian fund

In finance51, a contrarian is one who attempts to profit by investing in a manner that differs

from the conventional wisdom, when the consensus opinion appears to be wrong.

A contrarian believes that certain crowd behavior among investors can lead to exploitable

mispricings in securities markets. For example, widespread pessimism about a stock can

drive a price so low that it overstates the company's risks, and understates its prospects for

returning to profitability. Identifying and purchasing such distressed stocks, and selling them

after the company recovers, can lead to above-average gains. Conversely, widespread

optimism can result in unjustifiably high valuations that will eventually lead to drops, when

those high expectations don't pan out. Avoiding (or short-selling) investments in over-hyped

investments reduces the risk of such drops. These general principles can apply whether the

investment in question is an individual stock, an industry sector, or an entire market or any

other asset class.

Some contrarians have a permanent bear market view, while the majority of investors bet on

the market going up. However, a contrarian does not necessarily have a negative view of the 51 Definizione tratta da Wikipedia

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overall stock market, nor does he have to believe that it is always overvalued, or that the

conventional wisdom is always wrong. Rather, a contrarian seeks opportunities to buy or sell

specific investments when the majority of investors appear to be doing the opposite, to the

point where that investment has become mispriced. While more "buy" candidates are likely to

be identified during market declines (and vice versa), these opportunities can occur during

periods when the overall market is generally rising or falling.

Commonly used contrarian indicators for investor sentiment are Volatility Indexes

(informally also referred to as "Fear indexes"), like VIX, which by tracking the prices of

financial options, gives a numeric measure of how pessimistic or optimistic market actors at

large are. A low number in this index indicates a prevailing optimistic or confident investor

outlook for the future, while a high number indicates a pessimistic outlook. By comparing the

VIX to the major stock-indexes over longer periods of time, it is evident that peaks in this

index generally present good buying opportunities.

Another example of a simple contrarian strategy is Dogs of the Dow. When purchasing the

stocks in the Dow Jones Industrial Average that have the highest relative dividend yield, an

investor is often buying many of the "distressed" companies among those 30 stocks. These

"Dogs" have high yields not because dividends were raised, but rather because their share

prices fell. The company is experiencing difficulties, or simply is at a low point in their

business cycle. By repeatedly buying such stocks, and selling them when they no longer meet

the criteria, the "Dogs" investor is systematically buying the least-loved of the Dow 30, and

selling them when they become loved again.

When the Dot com bubble started to deflate, an investor would have profited by avoiding the

technology stocks that were the subject of most investors' attention.

Commissioni: le commissioni da corrispondere per chi sottoscrive un hedge fund sono

tipicamente due:

• commissione di gestione (management fee): è compresa tra l’1 e il 2% dell’attività del

fondo e viene corrisposta mensilmente;

• commissione di incentivo (performance fee): rappresenta la quota di utili spettante al

gestore; è pari al 10-25% del risultato positivo assoluto al netto delle commissioni di

gestione. Quindi per poter far pagare le commissioni di performance il risultato deve

essere maggiore di 0 (benchmark=0%). La performance fee viene calcolata

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mensilmente e corrisposta, in genere, con cadenza annuale. E’ importante sottolineare

che nella stragrande maggioranza dei casi i gestori adottano la politica dell’High water

mark, letteralmente il segno lasciato da una inondazione. Questo livello indica il punto

in da cui il gestore ha diritto di pretendere una retribuzione commisurata alla

performance del fondo. Ad esempio, se un fondo è arrivato a quotare 100, per

scendere poi a 90, il gestore non potrà pretendere di essere in relazione alle

performance ottenute finché non sia stato ancora raggiunto il livello di 100.

Confronti internazionali

In Italia, la costituzione dei primi hedge funds è stata autorizzata dal decreto n.228 del 24

maggio 1999 del Ministero del Tesoro e dai Regolamenti attuativi della Banca d’Italia del 20

settembre dello stesso anno.

In Italia gli hedge fund sono stati chiamati fondi comuni di investimento speculativi. Questi

ultimi costituiscono uno schema strutturale atipico disciplinato attraverso negozi privatistici,

disancorato dalle modalità di partecipazione e dall'oggetto tipico dell'investimento rispetto ai

fondi comuni classici.

Successivamente un provvedimento (2007) della Banca d’Italia – sotto la nuova gestione

Draghi – ha allentato i vincoli e consentito l’istituzione dei fondi hedge anche alle SGR, senza

bisogno di costtuire ex novo una SGR Speculativa.

Le caratteristiche indicate dal detto Decreto sono:

- numero partecipanti inferiore alle 200 unità;

- ammontare minimo non inferiore a 500 mila Euro;

- le quote non possono essere oggetto di sollecitazione al pubblico risparmio

Il regolamento del fondo deve menzionare la rischiosità e la circostanza che esso viene gestito

in deroga ai divieti stabiliti dalla Banca d'Italia e dalla CONSOB. Nel regolamento del fondo

sono indicati i beni oggetto dell'investimento e le modalità di partecipazione (conferimenti e

ritiro delle quote). In considerazione degli effetti potenziali sulla stabilità delle SGR, i fondi

speculativi possono essere istituiti o gestiti solo dalle SGR che hanno ad oggetto esclusivo

l'istituzione o la gestione di tali fondi.

Negli Stati Uniti gli hedge fund sono costituiti nella forma di private limited partnership52;

essa consta di due categorie di soci: il general partner (non sempre unico) e i limited

52 La private limited partnership è assimilabile alla società in accomandita semplice, dove i limited partner corrispondono a soci accomandanti mentre il general partner assume il ruolo di accomandatario.

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partners. Il primo coincide generalmente con il soggetto fondatore che assume la gestione del

fondo stesso, mentre i limited partners sono esclusivamente soggetti investitori.

Agli hedge fund si applicano alcuni vincoli attinenti sia la numerosità, sia la tipologia dei

partecipanti. Per quanto riguarda il primo aspetto, si richiede agli hedge funds di accogliere

massimo 499 soggetti. Per quanto riguarda la tipologia dei sottoscrittori, gli hedge funds

possono rivolgersi verso gli investitori istituzionali (banche, fondi pensione, fondazioni,

compagnie di assicurazione, ecc.) che possiedano un attivo gestito pari ad almeno 5 milioni

di dollari e verso le persone fisiche con ricchezza finanziaria pari ad almeno 1 milione di

dollari. Accanto agli hedge funds americani, negli ultimi anni, sono proliferati i c.d off-shore

hedge funds. Essi si differenziano dagli omonimi per il fatto di avere la sede nei cosiddetti

“paradisi fiscali”, ad esempio Bermuda, Isole Cayman, Isole Vergini Britanniche ecc., e di

rivolgersi a cittadini non statunitensi i quali vi partecipano a condizioni fiscalmente

vantaggiose.

Responsabilità dei fondi hedge nella crisi finanziaria del 2007/09

Molti osservatori – successivamente al turmoil dei mercati del 2008 – si aspettavano un crollo

degli hedge fund, con effetti devastanti sul mercato53. Non è successo. Infatti il mercato degli

hedge fund è caratterizzato da una competizione fortissima e inoltre perchè i gestori, che

investono tipicamente il patrimonio di persone agiate – high net worth individuals - sanno di

non poter contare sull’aiuto del governo nè sulla simpatia dell’opinione pubblica. Di

conseguenza, 500 fondi su un totale di circa 7mila fondi hedge presenti negli Stati Uniti sono

scomparsi nel 2008, in silenzio, senza gravi effetti sistemici, mentre quelli rimasti stanno

tornando a dare risultati positivi nel 2009.

Noi concordiamo con Foglia54 che la crisi ha screditato il modello bancocentrico e che gli

hedge fund sono parte della soluzione, non del problema.

d) I FONDI IMMOBILIARI

Il Fondo immobiliare è un patrimonio indiviso di una pluralità di partecipanti,

ciascuno dei quali detiene un numero di quote proporzionale all'importo versato, la cui

gestione è affidata ad una società specializzata. Il patrimonio del fondo è destinato in

prevalenza all'investimento in beni immobili o diritti reali di godimento sugli stessi, con

53 Si veda, Bisin A., Ma i rapporti incestuosi rimangono, La Stampa, 26 settembre 2009 54 Foglia A., Non sparate sugli hedge fund, Il Sole 24 Ore, 19 febbraio 2009

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esclusione di qualsiasi attività di costruzione; nonché assunzione di partecipazioni in società

non quotate aventi per oggetto esclusivo le attività di cui sopra. Si configura come un fondo di

tipo chiuso. Il fondo ha una durata prefissata.

In Italia, i fondi comuni di investimento immobiliare sono stati istituiti dalla Legge n. 86 del

1994, successivamente modificata con l'introduzione del testo Unico della Finanza e

recentemente con l'emanazione del Dlgs 25 settembre 2001, n. 351, come convertito, con

modificazioni, dalla legge 23 novembre 2001, n.410.

I fondi immobiliari hanno una struttura di tipo chiuso, che riconosce ai partecipanti il diritto

al rimborso delle quote esclusivamente a scadenze predeterminate. Durante la vita del fondo,

la liquidabilità dell'investimento è assicurata dalla sola alienazione a terzi delle quote

mediante la negoziazione delle stesse sul mercato secondario. Allo scopo di facilitare questo

aspetto, la legge italiana prevede infatti l'obbligo della richiesta di quotazione in Borsa dei

fondi immobiliari, qualora l'ammontare minimo di ogni sottoscrizione sia inferiore ai 25 mila

€. La società di gestione è tenuta anche ad acquisire in proprio una quota pari al 2% del

patrimonio del fondo stesso.

Anche nel caso dei fondi immobiliari la struttura di un fondo si basa su tre cardini: la società

di gestione, la banca depositaria, i partecipanti.

I capitali versati dai sottoscrittori sono conferiti nel fondo comune, sul quale la società di

gestione esercita le funzioni di amministrazione e la banca depositaria quelle di custodia dei

titoli e di controllo dell'attività svolta dalla società di gestione.

Indici

Abbiamo visto che esistono i fondi attivi e i fondi passivi. Questi ultimi sono indicizzati a un

indice. L’indice di borsa altro non è che una grandezza rappresentativa dell’andamento dei

prezzi dei titoli quotati sul mercato. Tra i caratteri tipizzanti troviamo che gli indici

costituiscono essenzialmente uno strumento di analisi dell’andamento del mercato, ma sono

utilizzati anche come strumenti di valutazione delle performance, come strumenti di gestione

del portafoglio titoli e come sottostante degli strumenti derivati, costituendo, così, uno

strumento di copertura delle posizioni - hedging - e uno strumento di trading, a patto che

siano composti da un numero limitato di titoli molto liquidi.

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Vi sono anche altri strumenti finanziari, quali le obbligazioni equity linked e le polizze index

linked (argomenti che verranno trattati più avanti), il cui rendimento è legato all’andamento

degli indici di Borsa.

Gli indici costituiscono uno strumento di benchmark: ad esempio, gli indici sono usati come

parametro di riferimento dai fondi comuni di investimento. Inoltre, oggi, molti fondi di

investimento ricorrono alla gestione passiva, cioè investono proporzionalmente ad un indice

di mercato, replicandone la composizione nel proprio portafoglio.

Sotto questo aspetto un indice costituisce un vero e proprio strumento d’investimento.

Gli indici non sono espressi in unità monetarie, ma in funzione di una base, cioè un valore

convenzionale che serve a dare continuità all’indice.

Gli indici si suddividono in diverse categorie:

- in base alla natura del titolo a cui si riferiscono, si distingue tra indici azionari ed

indici obbligazionari;

- in base all’area geografica, si parla di indici nazionali o internazionali.

Inoltre, gli indici si distinguono gli uni dagli altri a seconda della modalità con cui sono

costruiti.

Relativamente a quest’ultimo aspetto, un indice può essere calcolato come la media ponderata

dei prezzi dei titoli (azioni o obbligazioni) che lo compongono e se ne misura la variazione

percentuale rispetto alla media del giorno precedente.

Gli indici possono anche essere calcolati rispetto alla prima seduta di Borsa dell’anno solare e

si parla di indici correnti, o rispetto al momento di inizio della rilevazione e si parla di indici

storici.

Alcuni indici di Borsa si riferiscono ad un paniere di azioni diverse, con un ampio flottante55

ed alta capitalizzazione56 (blue chips57). Tra questi indici rientrano il MIB 30 e l’indice Comit

30, per le azioni quotate presso la Borsa Italiana S.p.A.

Esistono poi indici settoriali, relativi ai titoli emessi da società appartenenti ad un medesimo

settore (industriale, assicurativo, bancario, immobiliare, ecc.). Essi, permettono di

confrontare l’andamento di un titolo con quello della media dei titoli di società emittenti

appartenenti allo stesso settore. Un’analisi più dettagliata è poi possibile attraverso la

55 Quantità di azioni di una società che non costituiscono le partecipazioni di controllo e quindi, disponibili e negoziabili in Borsa. 56 Valore di una società quotata, pari al prodotto tra il numero delle sue azioni e il loro prezzo di mercato. 57 Azioni di società quotate in Borsa ed appartenenti al segmento di mercato a più elevata capitalizzazione.

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costruzione e l’analisi dei cosiddetti indici dei sub-settori industriali (alimentare, tessile,

chimico, farmaceutico, cartario, metallurgico, ecc.).

Gli indici, per essere considerati tali, devono possedere i seguenti requisiti:

a) essere costruiti in modo trasparente, con i criteri per l’inserimento e/o

l’esclusione delle società all’interno dell’indice noti pubblicamente e non

soggetti ad alcuna discrezionalità;

b) un indice deve essere composto da titoli che garantiscano un’adeguata

rappresentatività del mercato sottostante;

c) essere caratterizzati dalla replicabilità, ossia dalla possibilità di replicare i

rendimenti del portafoglio complessivo con un numero limitato di attività.

Esiste un trade-off tra rappresentatività e replicabilità, risolto costruendo indici che

contengano un numero di titoli tra 30 e 40 (ad esempio, il FTSE Italia MIB 40, DAX 30, CAC

40; IBEX 35, Dow Jones 30, FT-SE 30).

Ulteriore caratteristica che deve contraddistinguere un indice è la flessibilità, al fine di

consentire all’investitore di scegliere tra diverse opportunità di investimento.

Oltre a queste quattro caratteristiche gli indici internazionali devono possedere alcuni requisiti

aggiuntivi: accessibilità agli investitori stranieri; esistenza di un mercato di strumenti derivati

aventi come sottostante l’indice o i titoli che lo compongono; completezza.

La costruzione di un indice comporta diverse scelte decisionali, relativamente alla

metodologia di costruzione, alle modalità di ponderazione, alla composizione del paniere, alla

modalità di trattamento dei dividendi e alla frequenza di rilevazione;

- il valore, al tempo t, di un indice composto da N titoli è:

dove:

R = “fattore di raccordo”, comprensivo del valore della base, utilizzato per assicurare

continuità all’indice in corrispondenza di una modifica nel paniere dei titoli;

Ii (t) = indice elementare = Pi(t)/Pi (t-1); è riferito ad un singolo titolo ed è pari alla variazione

del prezzo del titolo in un periodo t;

Pi(t) = prezzo del titolo i-esimo al tempo t;

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Pi(t-1) = prezzo base = prezzo dell’azione i-esima alla data di revisione dell’indice,

eventualmente modificato con un coefficiente di rettifica Ki, che tiene conto di operazioni

sull’azione o sul capitale e che assicura continuità alla serie storica;

wi = peso del titolo i-esimo all’interno dell’indice.

Modalità di ponderazione:

Per gli indici azionari si distingue tra:

Value weighted: il peso di un’azione all’interno dell’indice è pari al rapporto tra la

capitalizzazione del titolo e la capitalizzazione complessiva del paniere di titoli che lo

compongono

dove Capi = capitalizzazione dell’azione i-esima = prezzo dell’azione x numero di azioni in

circolazione.

Si parla di indice a capitalizzazione (FTSE Italia All-Share58, FTSE Italia MIB, FTSE Italia

MidCap, FTSE Italia SmallCap, FTSE Italia-Star, indice Standard & Poor’s 500, CAC 40). I

pesi sono aggiornati periodicamente.

Questa metodologia è la più diffusa, perché è più rappresentativa dell’andamento del mercato.

Tuttavia, si può assegnare un peso maggiore alle azioni a più grande capitalizzazione.

Price weighted: si sommano i prezzi delle azioni che compongono il paniere.

Appartengono a questa categoria l’indice Nikkei 225 Stock Average e il Dow Jones Industrial

Average.

Equally weighted: si associa uno stesso peso a tutti gli indici elementari.

Relativamente agli indici obbligazionari, si distingue tra modalità di ponderazione equally

weighted, ponderazione in base al valore nominale o al valore di mercato dei titoli che

compongono l’indice.

In base alla composizione del paniere si distingue tra:

Indici globali: comprendono tutti i titoli quotati sul mercato di riferimento dell’indice (ad

esempio, il FTSE Italia All-Share e l’indice Topix della borsa di Tokio).

Indici parziali: sono composti solo da una parte dei titoli quotati sul mercato di riferimento

dell’indice.

Gli indici azionari parziali si suddividono ulteriormente in base al comparto di appartenenza 58 Per approfondimenti sulla costruzione degli indici FTSE Italia, si veda: FTSE The Index Company, Metodologie per la gestione della serie di indice FTSE Italia, su www.borsaitaliana.it

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(indici settoriali), in base alla natura giuridica dei titoli (ad esempio, indici costituiti da azioni

ordinarie e indici costituiti da azioni di risparmio) e in base al grado di capitalizzazione dei

titoli (ad esempio, in Italia, il FTSE Italia MIB è composto dalle prime 40 azioni a maggiore

capitalizzazione).

La composizione degli indici parziali obbligazionari può dipendere dalla tipologia

dell’emittente, dalla solvibilità di quest’ultimo (spesso certificata dal rating delle

obbligazioni), dalle caratteristiche dell’obbligazione (a tasso fisso o variabile) e dalla sua vita

residua.

Ogni indice può essere costruito sulla base di particolari criteri di esclusione e quindi di

requisiti che un titolo deve possedere per entrare a far parte dell’indice.

Un’altra modalità di trattamento dei dividendi per gli indici azionari porta alla distinzione tra

indici con prezzo tel quel quando l’indice è calcolato sulla base del prezzo tel quel del titolo,

che comprende i dividendi.

La distribuzione dei dividendi comporta una riduzione nel valore del titolo, con conseguente

riduzione dell’indice.

Indici secchi se si considera il corso del titolo al netto dei dividendi.

Si introduce un elemento di arbitrarietà nel calcolo dell’indice, dovuto al fatto che i dividendi

non sono noti a priori.

Rientrano in questa categoria gli indici BNL.

Ancora in base alla modalità di trattamento degli interessi maturati sui titoli di un indice

obbligazionario:

Indici di ricapitalizzazione lordi: includono anche le cedole staccate dal titolo, sotto l’ipotesi

che gli interessi maturati siano reinvestiti nel titolo stesso.

Appartengono a questa categoria gli indici elaborati dalla Banca d’Italia, ciascuno dei quali è

costituito da una sola tipologia di titolo di Stato.

Indici secchi: sono costruiti sulla base del corso secco di un titolo.

Ogni borsa ha i suoi indici maggiori. Per quanto riguarda l’Italia si ricordano:

• l’indice COMIT (1972)59;

• MIBTEL60

59 Indice Comit globale: è un indice storico, con valore della base pari a 100 e corrisponde alla quotazione media dei titoli quotati a gennaio1972. L’indice è calcolato giornalmente, al termine di ogni seduta di Borsa sulla base del prezzo ufficiale.

60 Indice generale rappresentativo dell’andamento delle quotazioni a prezzi ufficiali (ovvero il prezzo medio, ponderato per le relative quantità di tutti i contratti conclusi durante la seduta di Borsa) delle azioni quotate presso la Borsa Italiana s.p.a.

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• FTSE Italia-All-Share61

• FTSE Italia MIB62: la tabella successiva enumera le Società presenti e i relativi pesi

stabiliti nella revisione dell’indice del 1.10.09.

Nome della Società Nuovi pesi

% Nome della Società Nuovi pesi

% 10/1/2009 10/1/2009

A2A S.p.A. 0.6588% Intesa Sanpaolo Spa 11.3131%

Ansaldo STS SpA 0.3226% Italcementi 0.2858% Assicurazioni Generali SpA 9.4052% Lottomatica SpA 0.3234% Atlantia SpA 1.8277% Luxottica 1.0330% Autogrill Finanziaria 0.3369% Mediaset SpA 1.3595% Banca Monte Dei Paschi 1.5119% Mediobanca SpA 1.7569% Banca Popolare Milano 0.8386% Mediolanum SpA 0.3872% Banco Popolare 1.6126% Mondadori 0.1438% Bulgari SpA 0.2975% Parmalat S.P.A 1.2504% Buzzi Unicem SpA 0.3287% Pirelli Co 0.3544% CIR 0.2267% Prysmian SpA 0.5339% Davide Campari 0.3442% Saipem SpA 2.0234%

ENEL SPA 10.8609% SNAM Rete Gas SpA 2.0710%

ENI SpA 14.9431% Telecom Italia Spa 4.3453% EXOR S.p.A. 0.3363% Terna 1.3365% Fiat Spa 2.8517% UBI Banca 2.6158% Finmeccanica SpA 1.8692% Unicredit SpA 15.3630% Fondiaria (Sai Spa) 0.3264% Unipol SpA 0.2928% Geox Spa 0.1716% Stmicroelectronics 1.6557% Impregilo SpA 0.3275% Tenaris SA 2.1568%

• FTSE Italia MidCap63

• FTSE Italia SmallCap64

• FTSE Italia All-Star65

61 L'Indice comprende tutti gli elementi costituenti degli indici FTSE MIB, FTSE Italia Mid Cap ed FTSE Italia Small Cap. 62 Questo indice è composto dai 40 titoli più liquidi e capitalizzati sul listino della Borsa Italiana. Nell'Indice FTSE MIB potranno essere incluse azioni straniere; capitalizzazione=valore di una società quotata, pari al prodotto tra il numero delle sue azioni e il loro prezzo di mercato. 63 Questo indice è composto dalle prime 60 azioni nella classifica per la capitalizzazione delle società, ovvero prima dell'applicazione di qualsiasi ponderazione di investibilità al di fuori dell'Indice FTSE MIB. 64 L'indice cattura la prestazione di tutte le altre piccole azioni, al di fuori dell'indice FTSE MIB e di quello FTSE Italia Mid Cap.

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L’indice più famoso del mondo è il Dow Jones, costituito oltre un secolo fa da Mr. Dow

Jones. E’ un indice che fa riferimento solo a 30 titoli (i titoli quotati sulla borsa americana

sono oltre 5000), quelli delle 30 società più importanti nel mondo, che rappresentano circa il

25% del mercato.

Altri indici sono:

• USA: Standard & Poor’s 500, il più noto. Esiste anche lo S&P 100.

65 Tutte le azioni comprese nel segmento STAR del mercato MTA possono essere incluse nell'indice FTSE Italian STAR. Le azioni di categoria doppia non sono ammissibili per l'inclusione.

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• USA: NASDAQ. Il NASDAQ-100 è un indice di borsa delle

maggiori 100 imprese non-finanziarie quotate nel mercato borsistico. NASDAQ

significa National Association of Securities Dealers Automated Quotations Systems. È

un indice ponderato; il peso delle diverse società che lo compongono è basato sulla

loro capitalizzazione di mercato

• Germania: DAX30; 66

• Parigi: CAC 40;67

• Dow Jones Eurostoxx50;68

• Londra: FTSE (Financial Times Stock Exchange);69

• Svizzera: Suisse Market Index,70

• Giappone: NIKKEI 71

• Hong Kong: HANG SENG72

66 Indice rappresentativo dell’andamento della Borsa tedesca ( Deutsche Stock Exchange ), costituito dalle prime 30 azioni quotate. 67 Indice rappresentativo dell’andamento della Borsa di Parigi (SSBF-Bourse de Paris), costituito dalle prime 40 azioni a più elevata capitalizzazione e liquidità (blue chips) quotate sul segmento di mercato Règlement Mensuel. 68 È un indice di più recente costituzione rispetto agli altri. È composto da 50 blue chips di società appartenenti all'Unione Monetaria Europea. È un indice ponderato per capitalizzazione di borsa. Ha base 1000 al 31 dicembre 1991. 69 Il Ftse è l’indice costituito dalle 100 società a più alta capitalizzazione del mercato londinese. 70 Swiss Market Index (SMI):indice costituito da un massimo di 30 azioni quotate presso la Borsa di Zurigo. Si tratta di azioni che devono rispondere a precisi requisiti in termini di capitalizzazione e liquidità. 71 Principale indice rappresentativo dell’andamento della Borsa di Tokyo (Tokyo Stock Exchange), costituito dalle prime 225 azioni quotate nella prima sezione della Borsa, a più elevata capitalizzazione e liquidità. 72 Indice rappresentativo dell’andamento della Borsa di Hong Kong, costituito dalle prime 33 azioni quotate.

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• Shanghai: SSE Composite. Nell’ottobre 2009 ha debuttato a

Shanghai un nuovo indice, il ChiNext, un listino tecnologico sul modello del Nasdaq

2) I FONDI PENSIONE 73 (*)

In ogni sistema economico il ruolo dei fondi pensione è legato al sistema previdenziale

pubblico perchè:

1) se il sistema previdenziale pubblico assicura un’elevata copertura e preleva alla fonte

elevati contributi, i fondi pensione non sono incentivati, come in Italia dove non esiste

la percezione che il sistema contributivo a regime erogherà delle pensioni molto basse

rispetto a quelle garantite oggi dal sistema retributivo. L’Istituto Nazionale per la

Previdenza Sociale – INPS – dovrebbe sensibilizzare i lavoratori italiani sulla loro

prossima futura pensione - sovrastimata da parte dei giovani - nettamente più bassa

rispetto alle aspettative. In Svezia, tutti i lavoratori ricevono ogni anno una busta

arancione che illustra in modo intelleggibile quale sarà la pensione stimata e quali

sono le determinanti.74

2) se, invece, il sistema previdenziale pubblico svolge un ruolo molto limitato allora i

fondi pensione vengono favoriti (es. Usa, Gran Bretagna, Svizzera ecc.), sia

fiscalmente che a livello di disponibilità di reddito residuo, una volta pagati i

contributi obbligatori.

La previdenza complementare, in questi ultimi anni, sta subendo un processo di sviluppo

anche nei Paesi dove il sistema previdenziale pubblico è molto diffuso (es. Italia) e questo per

due motivi:

73 (*) Per approfondimenti si veda l’appendice “DALLA PREVIDENZA FAMILIARE ALLA PREVIDENZA

SOCIALE E ALLA RESPONSABILITA’ DEL PROPRIO FUTURO” 74 Si veda La pensione di Johanna, www.lavoce.info, 16 maggio 2003

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- le politiche di risanamento della finanza pubblica che stanno limitando le risorse a

disposizione;

- l’eliminazione graduale del sistema retributivo – che in Italia vale per tutti i lavoratori

che hanno iniziato a lavorare prima del 1.1.1996 - insostenibile per qualsiasi Paese.

Risulta scomodo ricordare che le categorie anziane, in pensione con l’attuale sistema

di transizione, ricevono una parte di pensione in più di quella a cui avrebbero “diritto”

sulla base dei versamenti effettuati e della loro probabilità di sopravvivenza.

Il sistema retributivo garantisce ai lavoratori una pensione basata sul reddito degli ultimi anni

lavorativi – dando un basso peso ai contributi effettivamente versati: questa pensione è

corrisposta alla popolazione pensionata presente in un dato momento attingendo dai contributi

versati dalla popolazione attiva presente in quello stesso momento. Modigliani75 in modo

sarcastico fa presente che si tratta di qualcosa di vagamente simile al gioco detto Ponzi

scheme76 o catena di Sant’Antonio, che è tornato all’attenzione degli investitori a fine 2008 in

75 Modigliani F., ibidem, p. 282 76 Lo schema di Ponzi è un modello economico di vendita truffaldino che promette forti guadagni alle vittime a patto che queste reclutino nuovi "investitori", a loro volta vittime della truffa. Lo schema di Ponzi permette a chi comincia la catena e ai primi coinvolti di ottenere alti ritorni economici a breve termine, ma richiede continuamente nuove vittime disposte a pagare le quote. I guadagni derivano infatti esclusivamente dalle quote pagate dai nuovi investitori e non da attività produttive o finanziarie. Il sistema è naturalmente destinato a terminare con perdite per la maggior parte dei partecipanti, perché i soldi "investiti" non danno alcuna vera rendita né interesse, essendo semplicemente incamerati dai primi coinvolti nello schema che li useranno inizialmente per rispettare le promesse. La diffusione della truffa spesso diventa di tale portata da renderla palese, portando alla sua interruzione da parte delle autorità.

Le caratteristiche tipiche sono:

• Promessa di alti guadagni a breve termine • Ottenimento dei guadagni da escamotage finanziari o da investimenti di "alta finanza" documentati in

modo poco chiaro • Offerta rivolta, all'epoca in cui fu architettata la truffa, ad un pubblico non competente in materia

finanziaria • Investimento legato ad un solo promotore o azienda

Risulta evidente che il rischio di investimento in operazioni che sfruttano questa pratica è molto elevato. Il rischio è crescente al crescere del numero degli iscritti, essendo sempre più difficile trovare nuovi adepti. In Italia, Stati Uniti e in molti altri Paesi, questa pratica è un reato, essendo a tutti gli effetti una truffa.

La tecnica prende il nome da Charles Ponzi, un immigrato italiano in USA che divenne noto per avere applicato una simile truffa su larga scala nei confronti della comunità di immigrati prima e poi in tutta la nazione. Ponzi non fu il primo ad usare questa tecnica, ma ebbe tanto successo da legarvi il suo nome coinvolgendo 40.000 persone e raccogliendo oltre 15 milioni di dollari. Lo schema di Ponzi si è sviluppato nel tempo in varianti più complesse, pur mantenendo la stessa base teorica e continuando a sfruttare l'avidità delle persone. Oggi esistono normative serie a riguardo per cui strutture con questi schemi risultano illegali in ogni parte del mondo tutelando sia l'incolumità delle persone sia quelle aziende che scelgano di avvalersi del marketing multilivello.

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occasione della truffa compiuta da Bernard Madoff77.

Le prestazioni offerte al pensionato non sono quindi legate ai contributi da lui versati durante

gli anni di lavoro. Conseguentemente, quando le prestazioni da pagare ai pensionati superano

i contributi versati dai lavoratori attivi (il rapporto tra gli ultrasessantacinquenni e la

77 Lo schema di Ponzi è tornato alla ribalta internazionale il 12 dicembre 2008, a causa dell'arresto di Bernard Madoff, ex presidente del NASDAQ e uomo molto famoso nell'ambiente di Wall Street. L'accusa nei sui confronti è di aver creato una truffa compresa tra i 50 e il 65 miliardi di dollari (una delle maggiori della storia degli Stati Uniti) proprio sul modello dello schema di Ponzi, attirando nella sua rete molti fra i maggiori istituti finanziari mondiali. Il 12 Marzo 2009 Bernard Madoff si è dichiarato colpevole di tutti gli 11 capi d'accusa a lui ascritti ed è stato condannato a 150 anni di carcere. Rispetto agli altri hedge funds Madoff non vantava profitti del 20-30% ma si attestava su un più ragionevole rendimento del 10% annuo che però rimaneva costante a prescindere dall'andamento del mercato. La truffa consisteva nel fatto che Madoff versava l'ammontare degli interessi pagandoli con il capitale dei nuovi clienti. Il sistema è saltato nel momento in cui i rimborsi richiesti superarono i nuovi investimenti. L'inganno è stato smascherato in quanto nell'ultimo periodo le richieste di disinvestimento avevano raggiunto una cifra, circa 7 miliardi di dollari, che Madoff non è stato in grado di onorare con le risorse finanziarie disponibili. La dimensione della truffa messa in piedi da Madoff è almeno tre volte più grande dell'ammanco causato dal crac Parmalat.

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popolazine di età compresa tra i 15 64 anni era di circa il 25% a metà degli anni Novanta, nel

2010 raggiungerà il 31% per salire al 34% nel 2015 e al 36% nel 2020, stime Bankitalia) lo

Stato deve scegliere se pagare le pensioni facendo ricorso al debito pubblico - (scelta nefasta

per il nostro Paese che ha contribuito al forte deficit e debito pubblico) - aumentare i

contributi per i lavoratori attivi oppure ridurre le prestazioni per i pensionati (scelta compiuta

attraverso la Riforma Dini del 1995 che ha introdotto il metodo contributivo per le nuove

generazioni, esattamente per coloro che hanno maturato il primo contributo dopo il

31.12.1995).

C’è da aggiungere che il sistema italiano prevede le pensioni di anzianità. Mentre la pensione

di vecchiaia prevede che al compimento di una certa età di possa andare in pensione, la

pensione di anzianità consente di andare in pensione solo dopo aver maturato un determinato

numero di anni di contributi, 35 come regola. Anzianità significa quindi anzianità

contributiva. Con questo sistema – aberrante – una persona che avesse raggiunto i 35 anni di

contributi a 50 anni, potrebbe smettere di pagare 15 anni prima del pensionato di vecchiaia e

ricevere la pensione per 15 anni di più.

Draghi78 ritiene che nel nostro Paese “per assicurare prestazioni di importo adeguato sia

“indispensabile un aumento significativo dell’età media effettiva di pensionamento”, proprio

perchè “il tasso di copertura assicurato dal pilastro pubblico ai futuri pensionati sarà più

basso, a parità di età di pensionamento, di quello che il sistema ha garantito finora.

78Draghi M., I motivi dell’assicurazione sociale, Intervento del Governatore della Banca d’Italia, Moncalieri, 13 ottobre 2009

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Fonte: Il Sole 24 Ore, 14 ottobre 2009

La riforma del 1995, pur mantenendo il metodo di finanziamento a ripartizione, ha introdotto

per il calcolo dei benefici un sistema a “capitalizzazione virtuale”, in cui la pensione è

commisurata ai contributi versati dal singolo lavoratore; questi ultimi sono capitalizzati, con

un tasso legato all’andamento del PIL, in un conto “nozionale” a lui intestato; al momento del

pensionamento, la conversione del montante contributivo in rendita vitalizia si effettua sulla

base di coefficienti che tengono conto degli sviluppi demografici e macroeconomici attesi

(tali coefficienti sono detti coefficienti di trasformazione).

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Fonte: Il Sole 24 Ore, 14 ottobre 2009

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L’INPS specifica79: “Al termine della vita lavorativa, i contributi versati vengono sommati

per dare luogo alla base contributiva complessiva - il montante individuale - sulla quale si

calcola la pensione. I contributi vengono rivalutati ogni anno in base al prodotto interno lordo

(PIL) per consentire al lavoratore di recuperare in parte la diminuzione del potere di acquisto

della moneta. Il montante viene moltiplicato per il coefficiente di trasformazione stabilito

dalla legge80 in base all'età del lavoratore, ottenendo così la misura della pensione lorda

annua. E’ chiaro l’intento di evitare che l’onere connesso all’erogazione delle pensioni ricada,

come avviene oggi, sui lavoratori attivi il cui risparmio previdenziale viene, di fatto, utilizzato

per il pagamento delle pensioni correnti. (sopra Fonte: Il Sole 24 Ore, 14 ottobre 2009)

I sistemi di ripartizioni sono stati istituiti negli anni 1950-60, in una situazione di forte

crescita economica e con una base di popolazione lavorativa molto ampia rispetto al numero

dei pensionati.

79 http://www.inps.it/Doc/TuttoInps/Informazioni/Il_calcolo_della_pensione/index.htm 80 Secondo le ultime disposizioni di legge, a partire dal 2010, i coefficienti di trasformazione verranno rivisti automaticamente ogni 3 anni in funzione dell’aspettativa di vita degli italiani.

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Anziani

impostazione a ripartizione (struttura demografica)

Giovani

Oggi, l’aumento della vita media e l’indice di fertilità molto basso hanno portato alla

situazione per cui i contributi della popolazione attiva, in un dato momento, servono per le

erogazioni alla popolazione pensionata presente in quello stesso momento. L’evoluzione del processo di invecchiamento della popolazione porterà nel prossimo futuro al

“sorpasso” dei pensionati sugli occupati attivi.

molti anziani pochi giovani

LA PREVIDENZA COMPLEMENTARE: ASPETTI TECNICI E OPERATIVI

Lo strumento per la realizzazione della previdenza complementare è il c.d. "Fondo Pensione",

soggetto che raccoglie ed investe il risparmio previdenziale e, al momento della maturazione

del diritto in capo al soggetto aderente, eroga il conseguente trattamento. Caratteristica

distintiva dei fondi pensione è il ricorso allo strumento tecnico finanziario della

capitalizzazione. In altre parole, la prestazione previdenziale erogabile (sia essa in forma di

rendita, o in forma di capitale) è determinata sulla base di due elementi fondamentali:

Anziani

Giovani

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- l’ammontare dei contributi versati al Fondo Pensione;

- il rendimento ottenuto dal Fondo Pensione attraverso l’investimento dei contributi.

La somma di questi due elementi costituisce il cosiddetto Montante che, al momento della

maturazione in capo all’aderente del diritto alla prestazione, potrà, in linea di principio, essere

erogato in forma di capitale (le norme attuali, in realtà, impongono che almeno il 50% venga

erogato sotto forma di rendita) o essere convertito in rendita. Nel primo caso è evidente

l’immediata e diretta correlazione tra quanto "complessivamente risparmiato" dall’aderente e

quanto dallo stesso percepito. Nel secondo caso tale correlazione è (o dovrebbe essere)

assicurata mediante il ricorso ad idonee tecniche attuariali che permettano la conversione del

capitale in rendita periodica, sulla base delle caratteristiche demografiche dell'aderente e della

popolazione di riferimento.

L’investimento del risparmio nei fondi pensione si differenzia dalle altre forme perché le

somme accantonate restano indisponibili fino al momento di maturazione del diritto alla

pensione pubblica (salvo casi particolari come l’acquisto della prima casa o spese mediche

straordinarie; in caso di dimissioni o licenziamento individuale, ha diritto a riscattare soltanto

il 50% di quanto versato.).

Un fondo pensione è un investitore istituzionale, avente lo scopo principale di erogare

prestazioni previdenziali a carattere complementare.

I fondi pensione si classificano in:

• fondi pensione chiusi o negoziali (previsti in favore di particolari categorie

professionali); ad esempio, il fondo pensione negoziale dei lavoratori metalmeccanici

è il Cometa, per i lavoratori del settore chimico il Fonchim;

• fondi pensione aperti

I destinatari dei fondi pensione sono dunque:

• nel caso dei fondi pensione chiusi, tutti coloro che esercitino un'attività di lavoro

subordinato e siano iscritti ad una forma di previdenza di tipo obbligatorio;

• nel caso dei fondi aperti, tutti coloro che, indipendentemente dalla posizione

contributiva, intendano aderire a programmi di risparmio previdenziale di tipo

individuale

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Funzionamento

Le risorse raccolte dai fondi pensione vengono investite nei mercati finanziari al fine di

produrre un rendimento che va ad aggiungersi alla contribuzione tempo per tempo versata

nelle posizioni individuali. L'ammontare delle prestazioni previdenziali dipenderà pertanto dai

contributi versati, del periodo di permanenza nel fondo e dal rendimento ottenuto

dall'investimento del patrimonio.

Si tratta di un investimento di lungo periodo: chi aderisce al programma di un fondo pensione

riceverà le prestazioni ad esso collegate alla scadenza del periodo di accumulazione e

comunque non prima della decorrenza del termine di permanenza minima obbligatorio.

L'erogazione dei trattamenti pensionistici di anzianità prevista dal fondo pensione ha infatti

inizio al raggiungimento di determinati requisiti di età anagrafica e di partecipazione.

Istituzione e soggetti coinvolti

I fondi pensione negoziali sono istituiti in virtù di un accordo collettivo o aziendale o di

categoria, promossi dalle rispettive associazioni di categoria.

Mediante una convenzione la gestione del fondo viene poi delegata ad una istituzione che

gestisce il patrimonio del fondo.

I fondi pensione aperti possono essere costituiti da enti gestori di previdenza obbligatoria,

compagnie di assicurazione e società di gestione del risparmio, SIM, banche o imprese di

investimento comunitarie.

Al fine di garantire la natura previdenziale dell'investimento la normativa ha stabilito una

serie di norme di tutela:

• obbligo di individuazione dei gestori in base a una selezione pubblica condotta con

criteri determinati dall'autorità di vigilanza;

• obbligo di individuazione di una banca depositaria presso la quale deve essere

depositato il patrimonio (liquidità e titoli);

• indicazione dei criteri e dei vincoli agli investimenti;

• imposizione di regole di gestione dei conflitti di interesse;

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• compiti di ispezione e controllo affidati all'autorità di vigilanza (COVIP

, il cui presidente attuale è Antonio Finocchiaro, ex Vice Direttore Generale Banca

d’Italia.

I gestori a cui sono affidate le risorse dei fondi pensione devono:

• comportarsi con diligenza, correttezza e professionalità;

• informare adeguatamente il fondo pensione della natura e dei rischi degli investimenti;

• predisporre una contabilità separata per ciascun fondo pensione in gestione

Il patrimonio del fondo pensione è depositato presso una banca depositaria, cui spetta il

compito di accertare la conformità degli investimenti rispetto alla legge; l'esattezza nelle

modalità di emissione, calcolo e rimborso delle quote.

In particolare, i soggetti gestori sono chiamati a gestire il patrimonio del fondo pensione in

maniera sana e prudente, salvaguardando gli obiettivi di diversificazione degli investimenti,

contenimento dei costi di transazione, gestione e funzionamento del fondo e massimizzazione

dei rendimenti netti.

I fondi pensione possono effettuare investimenti nelle seguenti attività finanziarie81:

• titoli di debito

• titoli di capitale

• in Organismi di Investimento Collettivo del Risparmio (OICR)

• quote di fondi chiusi

Possono inoltre effettuare operazioni di pronti contro termine assumendo entrambe le

posizioni; detenere liquidità ed infine effettuare operazioni in contratti derivati.

Nella destinazione del patrimonio, i fondi pensione sono inoltre obbligati a rispettare

determinati vincoli e divieti.

Per quanto riguarda i divieti il fondo pensione non è autorizzato a:

81 Per approfondimenti si veda l’appendice: Fondi pensione e advisory; oppure si veda Fondi Pensione e Advisory: una grande opportunità, B. A. Piccone, Banche e Banchieri, n. 5, 2009

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• vendere allo scoperto

• investire oltre al 15% del proprio patrimonio in titoli di debito e di capitale,

comprendendo anche i titoli derivati che danno diritto all'acquisto di tali titoli, emessi

da uno stesso emittente o da soggetti facenti capo ad un medesimo gruppo

• detenere più di un terzo del proprio patrimonio in investimenti in una valuta non

congruente con le prestazioni pensionistiche da erogare

I fondi pensione sono considerati dalla letteratura un investitore istituzionale di lungo termine

che svolge un ruolo anticiclico sul mercato: è una sorte di rete di protezione per i mercati

finanziari, nel senso che quando le borse vivono fasi negative - nelle quali i risparmiatori più

influenzabili e con forti deficit cognitivi82 vendono - essi normalmente comprano perché

interessati ai risultati di lungo termine.

82 La psicologia cognitiva è una branca della psicologia che ha come obiettivo lo studio dei processi mediante i quali le informazioni vengono acquisite dal sistema cognitivo, trasformate, elaborate, archiviate e recuperate. Si

consiglia di leggere Massimo Piattelli Palmarini, L’illusione di sapere, Mondadori, 2005;

Paolo Legrenzi, Psicologia e Investimenti Finanziari, Come la finanza comportamentale aiuta a

capire le scelte di investimento, Il Sole 24 Ore, 2006; Matteo Motterlini , Le trappole

mentali , come difendersi dalle proprie illusioni e dagli inganni altrui, Rizzoli, 2008 ; Jonah

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IL PANORAMA INTERNAZIONALE

In tutti i principali Paesi occidentali la previdenza complementare, in presenza di una

generalizzata contrazione della spesa pubblica, contribuisce in maniera determinante alla

formazione del reddito dei pensionati.

Negli Stati Uniti il sistema previdenziale pubblico fu introdotto nel 1935 in seguito alle

esigenze derivanti dalla crisi del 1929 ed è stato, con il passare del tempo, integrato e

modificato con l’obiettivo di fornire una fonte di reddito solo in parte sostitutiva di quella

derivante dall’attività lavorativa .

Il finanziamento del sistema è affidato a contribuzioni in parti uguali per i datori di lavoro e

per i dipendenti.

In base all’ultimo rapporto (che segue) dell’ICI – Investment Company

Institute - del primo trimestre del 200983 negli Usa il patrimonio

gestito dei fondi pensioni è pari a oltre 13mila miliardi di dollari.

“Total U.S. retirement assets were $13.4 trillion as of March 31, 2009, down from $14.1

trillion* on December 31, 2008. Retirement savings accounted for 33 percent of all

household financial assets in the United States.

• At the end of the first quarter of 2009, retirement assets were down $4.8 trillion, or 26

percent, from the highest quarterly peak of $18.2 trillion at the end of the third quarter of

2007. Declines in financial markets have lead to declines across all types of retirement plans,

with individual retirement accounts (IRAs), defined contribution (DC) plans, private defined

Lehrer, Come decidiamo, Codice Edizione, 2009 ; Nassim N. Taleb, Il Cigno nero, come

l’improbabile governa la nostra vita, Il Saggiatore, 2008

83 http://www.ici.org/pdf/09_q1_retmrkt_update.pdf

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benefit (DB) plans, and state and local government pension plans all having similar

percentage declines in assets over this period.

• Employer-sponsored retirement plans play a key role in helping American workers save

for retirement. The bulk (nearly two-thirds) of Americans’ retirement assets was held in

employer sponsored retirement plans at year-end 2008. Furthermore, a significant portion of

assets held in IRAs originated in employer plans and were then transferred (or “rolled over”)

into IRAs.

• Americans held $3.4 trillion in all employer-based DC retirement plans at the end of the

first quarter of 2009. Mutual funds accounted for $1.5 trillion, or 45 percent, of DC plan

assets.

• IRAs held $3.4 trillion at the end of the first quarter of 2009. Forty-four percent of IRA

assets, or $1.5 trillion, were invested in mutual funds.”

Come descritto nell’analisi dell’ICI, il dato comprende sia i piani di accumulo individuale

(chiamati Ira, acronimo di Individual Retirements Accounts), quelli a contribuzione definita

da parte del datore di lavoro (Employer Sponsored Defined Contribution, Dc) che i defined

benefit (Db) plans.

I fondi si distinguono quindi in due tipi:

a) a contribuzione definita (defined contribution): il contributo mensile – negli Stati Uniti il

sistema viene definito 401k e ha numerosi vantaggi fiscali – è certo e la

prestazione finale incerta, legata al rendimento del fondo;

b) a prestazione definita (defined benefit): la prestazione finale è certa (garantita) a fronte di

contributi non definiti a priori ma agganciati ad alcune variabili come l’anzianità e lo

stipendio.

I sistemi pensionistici a prestazione definita sono un modello che ha mostrato in occasione

della crisi finanziaria la propria inadeguatezza, inducendo le autorità e le società sponsor a

spingere invece il modello di contribuzione definita.84

84 Si veda M. Lo Conte, Allerta sui fondi pensione Usa, Il Sole 24 Ore, 9 ottobre 2009

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I Piani Individuali Pensionistici (PIP)

I Piani Individuali Pensionistici (PIP), anche detti Forme Individuali Pensionistiche (FIP)

sono strumenti previdenziali che consentono, al pari dei fondi pensione, di erogare prestazioni

integrative di natura pensionistica rispetto a quelle del sistema pubblico. La differenza con i

fondi pensione sta nel fatto che l'adesione ai PIP è a carattere individuale e ciò comporta dei

vantaggi come la possibilità di interrompere, e poi eventualmente riprendere, il versamento

dei premi prestabiliti senza che il contratto si interrompa o venga penalizzato.

Chiunque può aderire ai PIP, anche casalinghe e studenti che non hanno posizioni

previdenziali aperte con il sistema pubblico.

I PIP sono caratterizzati da un costo particolarmente elevato che è diretto a sostenere la rete

distributiva di consulenti finanziari diretti al collocamento.

3) Le imprese di assicurazione

Nella categoria degli IFnB rientrano a pieno diritto anche le imprese di assicurazione che

esercitano professionalmente e in forma esclusiva l’attività assicurativa. L’impresa di

assicurazione, grazie all’esercizio dell’attività su basi tecniche e al numero elevato di rischi

assunti, è in grado di determinare con esattezza la probabilità del verificarsi di rischi

determinati, ripartendone le conseguenze negative tra una pluralità di soggetti esposti al

medesimo tipo di rischio. L’impresa di assicurazione incassa anticipatamente i premi dai

clienti, parte dei quali andranno a costituire la riserva matematica, li investe sui mercati

finanziari ed immobiliari e trae dai premi e dai proventi degli investimenti le risorse per far

fronte agli impegni assunti nei confronti degli assicurati. L’impresa di assicurazione può

esercitare la propria attività nella forma di società per azioni, di mutua assicurazione o di

società cooperativa a responsabilità limitata.

Contrariamente a quanto avviene in altri Paesi in cui l'investimento delle riserve matematiche

e tecniche85 è relativamente libero, in Italia esistono norme molto vincolanti al riguardo.

Ne discende che nel nostro Paese le forme principali di impiego finanziario delle riserve in

oggetto sono prevalentemente costituite da titoli emessi o garantiti dallo Stato, da

22 Somme che le imprese di assicurazione devono accantonare ed iscrivere nel proprio bilancio per far fronte agli impegni assunti nei confronti degli assicurati.

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obbligazioni fondiarie e mutui garantiti da ipoteche, mentre altre forme di impiego come gli

investimenti in titoli azionari e obbligazionari di società quotate in Borsa rappresentano una

quota decisamente minore del totale.

Queste limitazioni non impediscono che le imprese di assicurazione italiane si inseriscano con

un peso non del tutto trascurabile nei circuiti finanziari nazionali, esercitando una certa

pressione concorrenziale sugli altri intermediari soprattutto dal lato della raccolta e in periodi

in cui 1'elevato e incerto andamento dell'inflazione o la diminuzione delle sicurezze fornite

dalla previdenza sociale spingono i risparmiatori a ricercare forme di investimento più

consone a porli al riparo dai rischi in parola.

Una rappresentazione delle principali tendenze evolutive del mercato assicurativo italiano,

denota tra i fattori chiave del cambiamento, da un lato, il ruolo sempre più incisivo svolto

dall'assicurazione privata nel campo della previdenza complementare e in quello del risparmio

gestito, dall'altro, la crescente competizione innescata dal processo di deregolamentazione, di

globalizzazione del mercato assicurativo europeo e mondiale e di diversificazione dei canali

distributivi.

Il ramo vita rimane il propulsore della crescita del settore assicurativo, sulla scia del più

ampio processo di riallocazione del risparmio delle famiglie innescato dal rilevante calo dei

tassi d'interesse.

I risparmiatori sono alla ricerca di alternative all'investimento in titoli a reddito fisso, in

particolare in quelli emessi dallo stato, che non costituiscono più la forma primaria di impiego

del risparmio delle famiglie italiane.

Ingenti risorse finanziarie sono state così destinate al risparmio assicurativo, contribuendo a

far crescere la raccolta del ramo vita.

Il clima di intensa concorrenza che caratterizza il mercato assicurativo, alimentato anche

dall'ingresso di nuovi operatori e da canali distributivi innovativi, ha spinto le compagnie ad

adottare strategie di contenimento dei costi di produzione e di distribuzione.

Mai come in questo momento si è assistito ad acquisizioni, fusioni e concentrazioni di

imprese di assicurazione finalizzate ad ottenere livelli di efficienza adeguati alle esigenze del

mercato.

Inoltre, accanto alle reti tradizionali di agenti, operano oggi nuovi canali distributivi a basso

costo e di provata efficacia: le banche si apprestano a diventare il primo canale nel ramo vita,

mentre la vendita al telefono evidenzia una crescita esponenziale, anche se i volumi sono

ancora molto contenuti.

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Le imprese di assicurazione devono quindi misurarsi con un mercato sempre più competitivo:

riusciranno a sopravvivere solo quelle in grado di conseguire la maggiore efficienza

organizzativa, gestionale e distributiva, di promuovere l'innovazione tecnologica e di prodotto

e di creare rapporti stabili con la clientela.

LE POLIZZE DI TIPO LINKED

Le polizze vita hanno svolto storicamente una funzione previdenziale di tutela

dell’individuo dai rischi connessi al ciclo della vita.

L’aspetto temporale delle coperture offerte ha posto un’enfasi particolare sulla funzione di

intermediazione del risparmio nel tempo, ed in particolare, sul mantenimento del suo valore

reale. Queste motivazioni, accanto alla crescente concorrenza di strumenti finanziari con

orizzonti d’investimento a medio e lungo termine (vedi ad esempio i Fondi d’investimento), e

a banali ragioni di ricerca di margini di profitto elevati, hanno spinto le imprese di

assicurazione ad offrire prodotti che accanto alla componente puramente assicurativa

valorizzassero nel tempo i risultati dei mercati finanziari.

Le polizze "linked" sono collegate (da qui il nome "linked") a forme di investimento che

consentono la rivalutazione finanziaria del capitale assicurato. Può trattarsi di uno o più fondi

di investimento mobiliare oppure di uno o più indici di Borsa, o ancora un paniere di titoli

azionari.

Sulla base del tipo di valore di riferimento a cui la polizza è agganciata si differenziano

principalmente due tipi di polizze "linked": le unit linked e le index linked86, a loro volta

articolate in diverse forme contrattuali, ma dove la certezza è una sola: tutto il rischio

finanziario dell'investimento ricade sul contraente/assicurato.

A differenza delle polizze di tipo tradizionale che investono prevalentemente in Titoli di

Stato, le unit linked sono agganciate alla quota (unit=quota) di un fondo comune di

investimento o di un paniere di fondi. Sulla base della propensione al rischio, l'assicurato

viene indirizzato sul tipo di fondo più coerente (azionario, bilanciato, obbligazionario,

monetario).

86 Tipici prodotti a matrioska commissionale, opachi, inefficienti, vedi nota sui fondi di fondi hedge

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Il premio pagato dal sottoscrittore della polizza viene impiegato dalla compagnia

assicuratrice, ma al netto di imposte e caricamenti, per acquistare quote di uno o più fondi.

Risulta evidente come sia molto più costoso comprare una polizza che investe in un fondo che

investe a sua volta in azioni che invetuire direttamente sui mercati finanziari o tramite un

fondo di investimento.

Molti prodotti "unit linked" prevedono una garanzia finanziaria – che costa! - che tutela

l'assicurato (ma solo al termine del periodo di investimento) dal rischio dell'investimento: può

essere sotto forma di una garanzia di mantenimento del valore nominale dell'investimento

(cioè la restituzione di quanto investito, sempre al netto di spese e imposte) oppure di

consolidamento dei risultati progressivamente raggiunti.

Nelle polizze index linked la prestazione dipende dall'andamento di un indice azionario, cioè

relativo a titoli azionari quotati in una o più Borse valori. Gli indici di riferimento più usati

sono quelli relativi alle principali Borse internazionali (il FTSE della Borsa di Milano, il

Nikkei di Tokio, il Cac40 di Parigi, ecc.).

Il contraente/assicurato versa un premio, generalmente unico e non inferiore a un certo

ammontare minimo, a fronte del quale riceverà un capitale pari al premio (netto) investito

incrementato in base alla variazione dell'indice di riferimento nel corso del periodo

contrattuale. Se alla scadenza del contratto l'indice (o il paniere di indici) non ha dato risultati

positivi, viene comunque restituito il capitale versato più il rendimento minimo garantito.

In conclusione, le polizze unit e index linked sono prodotti cari (a matrioska e con forti

caricamenti iniziali), opachi (non si sa effettivamente quale attività finanziaria si compra),

illiquidi (non esiste un mercato delle polizze una volta che si è comprata), non liquidabili se

non a scadenza, molto remunerativi per le reti che le collocano (e poco per il cliente finale).

Solo grazie alla cronica asimmetria informativa si riesce a piazzarle (sì, il verbo piazzare

inteso come smerciare/vendere indistintamente è aderente alla realtà) sul mercato.

L'asimmetria informativa è una condizione in cui un'informazione non è condivisa

integralmente fra gli individui, dove una parte degli agenti interessati ha maggiori

informazioni rispetto al resto dei partecipanti e può trarre un vantaggio da questa

configurazione. La presenza di asimmetrie informative spiega perché i risparmiatori

preferiscono ricorrere ai servizi di investimento offerti dalle banche benché siano spesso poco

chiari e opachi. Il vantaggio informativo condiziona la definizione delle caratteristiche del

contratto ottimale tra il principal (colui che propone il contratto) e l'agent (colui che può

accettare o rifiutare). Se le parti avessero interessi comuni, tutte le informazioni rilevanti

verrebbero immediatamente scambiate e ogni asimmetria informativa cesserebbe di esistere.

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Quando una delle parti contrattuali possiede maggiori o migliori informazioni sulla

disponibilità a pagare dell'avversario, questa asimmetria si riflette sulla capacità di influenzare

a proprio favore il prezzo. Potere informativo è quindi sinonimo di potere contrattuale ed

economico.

Nel Rapporto 2010 della Fondazione Rosselli87 si scrive che “le banche hanno fatto leva

sull’asimmetria di competenze tra di esse e la domanda per collocare prodotti di scarsa

qualità, con rischi elevati, a prezzi eccessivi”. Il fine? “Per ricavarne profitti elevati e, in

ultima analisi, indebiti”. Più chiaro di così.

L’Isvap ha emanato l’11 giugno 2009 un nuovo Regolamento (Regolamento n. 32) che

disciplina le polizze index linked e che apporta importanti modifiche alla precedente

normativa. Il Regolamento è entrato in vigore il 1° novembre del 2009.

4) Le società finanziarie

Infine sono da comprendere negli intermediari finanziari non bancari anche le società

finanziarie, sia che svolgano una funzione di intermediazione "vicina" alle imprese (holding

companies, private o pubbliche, società di leasing, società di factoring), sia che svolgano tale

funzione fornendo servizi principalmente alle famiglie (società di consulenza fïnanziaria,

società di gestione patrimoniale o asset management companies).

Inoltre anche le SIM e le SGR rientrano nella categoria degli IFnB.

Le SIM88 ( Società di Intermediazione Mobiliare ) unitamente alle imprese di investimento

comunitarie e a quelle extracomunitarie sono definite imprese di investimento.

Per impresa di investimento comunitaria si intende l’impresa, diversa dalla banca, autorizzata

a svolgere i servizi di investimento, avente sede legale e direzione generale in uno Stato della

Ue.

Per impresa di investimento extracomunitaria si intende l’impresa avente sede legale in uno

stato extracomunitario.

Per servizi di investimento di intendono le seguenti attività:

- Negoziazione per conto terzi (brokerage);

- Negoziazione per conto proprio (Dealing);

- Collocamento: il collocamento è l’attività di organizzazione di collocamento presso gli

investitori di titoli con (c.d. underwriting) o senza (c.d selling) garanzie, attraverso la 87 http://www.fondazionerosselli.it 88 Le SIM sono disciplinate dal D.Lgs. n.58 del 24 febbraio 1998 (Testo unico della finanza)

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cura della pubblicità, della raccolta delle sottoscrizioni e di ogni altro adempimento

convenuto: esempio è quello relativo al collocamento di azioni o obbligazioni

societarie. Come nel caso dell'attività di negoziazione, si ha una differenza di rischio

tra il primo tipo (che opera per conto terzi) ed il secondo (che opera per conto proprio,

acquisto a fermo).

- Gestione di portafogli. La gestione su base individuale di portafogli di investimenti

consiste nella gestione di patrimoni mediante operazioni aventi ad oggetto strumenti

finanziari, si trova anche negli organismi di investimento collettivo. La gestione è

come quella dei fondi comuni d'investimento o delle SICAV, quindi i patrimoni gestiti

possono volta in volta cambiare composizione.

- Ricezione e trasmissione ordini;

- Consulenza di investimento;

Le SIM devono essere autorizzate dalla Consob e l’autorizzazione deve indicare a quale

specifica attività si riferisce. Devono inoltre essere organizzate sotto forma di S.p.A. e devono

avere sede e direzione nel territorio italiano. Il capitale sociale non può essere inferiore a

quello stabilito dalla Banca d’Italia e il management deve disporre sempre dei requisiti di

professionalità e onorabilità.

Le SGR (Società di Gestione del Risparmio ) svolgono come attività principale quella di

promuovere, istituire e gestire fondi comuni d’investimento e amministrare i rapporti con i

partecipanti al fondo: decidono quali titoli acquistare o vendere, stabiliscono la composizione

del portafoglio ed il grado di rischio ad esso connesso.

Altre attività sono:

• Istituzione, promozione e gestione di fondi pensione ;

• offerta di quote di fondi comuni in un Paese membro dell’Unione Europea;

• gestione individuale di portafogli d’investimento per conto terzi;

• analisi economiche e finanziarie;

• amministrazione di immobili ad uso funzionale.

In Italia, l’operatività di una SGR89 è subordinata all’autorizzazione della Banca d’Italia,

sentita la CONSOB; le SGR che hanno ottenuto l’autorizzazione vengono iscritte in un

89 L’articolo 1 del Testo Unico della Finanza (D.lgs. 24/02/1998, n° 58) definisce la SGR come “società per azioni con sede legale e direzione generale in Italia, autorizzata a svolgere il servizio di gestione collettiva del risparmio”.

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apposito Albo tenuto dalla Banca d’Italia. Nello svolgimento delle proprie attività una SGR

deve rispettare specifiche regole comportamentali: in particolare, deve comportarsi con

diligenza, correttezza e trasparenza ed operare in modo da salvaguardare i diritti dei

partecipanti ai fondi.

Si sottolinea che le SIM non possono istituire fondi comuni di investimento nè fondi hedge (ad

appannaggio solo delle SGR), ma solo Gestioni Patrimoniali Mobiliari. E che le SGR

prevedono la figura della banca depositaria90, al contrario delle SIM, per le quali non esiste

una figura giuridica che garantisca dell’effettiva seprazione tra i patrimoni dei clienti e il

patrimonio della Società.

In sintesi:

SIM SGRIstituzione, promozione, gestione fondi

comuni di investimento no si

Istituzione, gestione fondi speculativi no siBanca depositaria no si

Gestioni patrimoniali Mobiliari (GPM) si siRicezione e trasmissione ordini si no

Negoziazione si no

5) I Fondi Sovrani

Sono denominati fondi sovrani alcuni speciali veicoli di investimento pubblici controllati

direttamente dai governi dei relativi paesi, che vengono utilizzati per investire in strumenti

90 La Banca Depositaria svolge le funzioni previste dalla legge, dalle prescrizioni degli Organi di Vigilanza e dal Regolamento di Gestione del Fondo. In particolare, presso di essa devono essere depositati tutti gli strumenti finanziari (come ad es. le azioni, le obbligazioni, ecc.) che fanno parte del patrimonio del Fondo, nonché le disponibilità liquide in conti e depositi intestati alla Società di gestione, con l'indicazione che trattasi di averi di pertinenza del Fondo. La Banca Depositaria vigila sull'effettiva esistenza di tali valori ed è inoltre incaricata del regolamento di tutte le operazioni disposte dalla Società di gestione per conto del Fondo. Alla Banca Depositaria è affidata l'incombenza di controllare che le operazioni disposte dalla SGR, eseguite e da eseguire, siano conformi alla legge, alle prescrizioni degli Organi di Vigilanza e al Regolamento di Gestione del Fondo e che la controprestazione sia ad essa rimessa nei termini d'uso. Presso la Banca Depositaria sono inoltre accentrate le operazioni di emissione e di estinzione dei certificati rappresentativi delle quote di ciascun Fondo, collegate al momento della riscossione ovvero del rimborso del controvalore. L'intervento della Banca Depositaria al riguardo si concretizza nell' avvaloramento dei certificati medesimi il giorno del regolamento dei corrispettivi e, viceversa, nel loro ritiro e annullamento all'atto del rimborso. La Banca Depositaria è responsabile nei confronti della Società di Gestione e dei Partecipanti di ogni pregiudizio da questi subito in conseguenza dell'inadempimento dei propri obblighi.

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finanziari (azioni, obbligazioni, immobili) e altre attività i surplus fiscali o le riserve di valuta

estera.

Il primo fondo sovrano è nato in Kuwait nel 1953 con la costituzione della Kuwait Investment

Authority (entrato in Merrill Lynch nel 2008). Altri fondi sovrani sono nati nei paesi

esportatori di petrolio: Emirati Arabi Uniti, Qatar (entrato in Porsche nell’agosto 2009),

Norvegia (dopo la scoperta nel 1990 di un maxi giacimento di petrolio nel Mare del Nord) ma

anche Singapore, dove, grazie al rilevante surplus fiscale, il governo ha costituito il fondo

Temasek, uno dei primi nati e uno dei più attivi, soprattutto nelle imprese del Sud-Est asiatico.

Temasek nel 2008 è entrato nella compagine azionaria di Barclays (nell’articolo de “Il Sole 24

Ore del 21.10.09 si parla della volontà di cedere la partecipazione).

Un altro fondo governativo di Singapore – Government of Singapore Investment Corporation

– ha acquisito nel 2007 una quota in UBS per 9,7 miliardi di dollari.

Molto attivi sono anche i fondi sovrani di Abu Dhabi – entrato nell’azionariato di Citigroup -

e quello di Dubai, che detiene una quota del 5% nella Ferrari , quello

libico (Libyan Investment Authority ), entrato come

socio in ENI, Unicredito, Fiat, Juventus. Nell’estate 2010 il fondo sovrano di Abu Dhabi

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Aabar (che detiene già il 9% di Daimler) ha acquisito una

partecipazione del 4,99% in Unicredito .

Nel 2007 è stato costituito il China Investment Corporation, un fondo d'investimento con una

dotazione di 200 miliardi di dollari attivo sul mercato azionario. Il primo investimento del

neonato fondo è stato l'acquisto di una quota pari a circa il 10% del gestore di private equity

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Blackstone, cui ha fatto seguito l'investimento da 5 miliardi di dollari in Morgan

Stanley.

A fine settembre 2009, il patrimonio aggregato dei fondi sovrani è di 3.752 miliardi di dollari.

Le caratteristiche dei fondi sovrani sono le seguenti:

- proprietà statale;

- investimento in azioni/obbligazioni denominate in valuta straniera;

- orizzonte temporale di lungo termine;

- basso livello di indebitamento/bassa leva;

- separazione dalle riserve ufficiali in valuta;

- ricerca di rendimenti elevati/alta tolleranza al rischio.

La nascita di un fondo sovrano cinese, l'accresciuta importanza di quelli arabi ed i possibili

investimenti da parte di fondi russi ha destato preoccupazioni in Europa e negli USA per le

possibili interferenze da parte di governi stranieri (non sempre democratici) nella gestione

delle imprese in cui questi investono. La Commissione Europea ha chiesto ai governi

nazionali di evitare l'adozione di misure protezionistiche nei confronti degli investimenti dei

Fondi Sovrani, richiamando l'attenzione degli Stati Membri sul fatto che eventuali restrizioni

agli investimenti dei Fondi Sovrani dovranno risultare compatibili con i principi stabiliti dal

Trattato UE, in particolare quelli in materia di libera circolazione di capitali.

Nonostante i fondi sovrani si siano impegnati ad aumentare la trasparenza e gli standard di

governance, di molti fondi si sa a malapena quale sia l’ammontare in gestione. I fondi sovrani

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si sono impegnati a rispettare codici di condotta su base volontaria, i cosidetti principi di

Santiago.91

91 Lo scorso 11 ottobre 2008 International Working Group of Sovereign Wealth Funds (IWG) ha presentato un insieme di 24 principi, detti i principi di Santiago, di carattere volontario, che guidano pratiche e obiettivi degli investimenti degli fondi sovrani. L’IWG conta 25 membri ed è presieduto praticamente da un rappresentante dell’ADIA (Abu Dhabi Investment Authority) e da Jaime Caruana, direttore del Monetary and Capital Markets Department del Fmi ed ex governatore del Banco de España. Questi principi erano già alla base del recente accordo concluso tra il Tesoro americano e le autorità di Abu Dhabi e Singapore, che contiene anche impegni da parte di queste ultime ad investire solo sulla base di motivazioni commerciali (e non geopolitiche), a divulgare maggiori informazioni finanziarie e a rafforzare le strutture di governance, i controlli interni e i sistemi di gestione del rischio. Le aree chiavi soggette a questi principi sono: la struttura legale, per permettere il coordinamento delle politiche macroeconomiche; la struttura istituzionale, la struttura governativa e infine la struttura degli investimenti e del risk management. La mancanza di regolamentazione e di trasparenza accresceva le preoccupazioni che i fondi sovrani potessero essere usati per scopi politici poiché fino alla data di emanazione dei prinicpi non vi era alcun obbligo di rivelare le loro strategie di investimento o le dimensioni o la composizione dei loro portafogli. La nuova regolamentazione internazionale stabilisce che: GAPP 1. La struttura legale dei fondi sovrani dovrebbe essere solida, supportare le sue reali operazioni e conseguire gli obiettivi prefissati. GAPP1.1 La struttura legale per i fondi sovrani dovrebbe assicurare la validità legale degli stessi e la loro transazione. GAPP1.2 La caratteristica chiave della struttura legale dei fondi sovrani, così come il rapporto legale tra gli stessi e gli altri organi istituzionali, dovrebbe essere resa pubblica. GAPP 2. Il fine della politica dei fondi sovrani dovrebbe essere definito chiaramente e reso pubblico. GAPP 3. Dove le attività dei fondi sovrani ha delle implicazioni macroeconomiche interne, significative e dirette, quelle attività dovrebbero essere strettamente coordinate con le autorità fiscali e monetarie interne, così da assicurare compatibilità con le politiche macroeconomiche. GAPP 4. Ci dovrebbero essere delle politiche, regolamenti, procedure o accordi, chiari e diffusi al pubblico, in relazione al generale approccio dei fondi sovrani riguardo ai finanziamenti, recessi e spese. GAPP 4.1 la fonte di finanziamento dei fondi sovrani dovrebbe essere diffusa al pubblico. GAPP 4.2 l’approccio generale riguardo ai recessi dai fondi sovrani e spese per conto del Governo dovrebbe essere diffuso al pubblico. GAPP 5 Le informazioni statisticamente rilevanti riguardanti i fondi sovrani dovrebbero essere riferite puntualmente al possessore o come altrimenti richiesto inserite in appropriati dati economici. GAPP 6 La struttura governativa dei fondi sovrani dovrebbe essere solida e stabilire una chiara ed effettiva divisione dei ruoli e delle responsabilità per facilitare il controllo su quest’ultime e l’indipendenza delle operazioni nella gestione dei fondi sovrani nel perseguire i loro obiettivi. GAPP 7. Il possessore dovrebbe poter fissare gli obiettivi dei fondi sovrani, nominare i membri dei loro organi istituzionali in accordo con una procedura chiaramente definita, ed esercitare una supervisione sulle operazioni dei fondi sovrani. GAPP 8 Gli organi istituzionali dovrebbero agire nel migliore interesse dei fondi sovrani, ed avere un chiaro mandato e un’adeguata autorità e competenza per portare avanti le loro funzioni. GAPP 9. Il management operativo dei fondi sovrani dovrebbe implementare le strategie dei fondi sovrani in maniera indipendente e in accordo con delle responsabilità chiaramente definite. GAPP 10 La struttura delle responsabilità per le operazioni dei fondi sovrani dovrebbe essere definita chiaramente da un’adeguata legislazione, carta, altri documenti costitutivi o accordi gestionali. GAPP 11.

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Un report annuale accompagnato da una dichiarazione finanziaria sulle operazioni e performance dei fondi sovrani dovrebbe essere preparato in accordo con importanti standard contabili nazionali o internazionali, in modo costante. GAPP 12 Le operazioni dei fondi sovrani dovrebbero poter essere verificate annualmente in relaizone agli standards di verifica internazionali o nazionali. GAPP 13 Gli standards professionali ed etici dovrebbero essere chiaramente definiti e dagli organi istituzionali, dal management e dallo staff. GAPP 14 Le negoziazioni con i terzi, riguardo agli scopi del management operativo dei fondi sovrani, dovrebbero essere basati su ragioni economiche e finanziarie, e seguire chiari ruoli e procedure. GAPP 15 Le operazioni e le attività dei fondi sovrani negli Stati ospitanti dovrebbero essere condotte in conformità con le regole e i requisiti propri degli stati in cui si opera. GAPP 16 La struttura di governance e gli obiettivi, così come il modo in cui il management dei fondi sovrani è operativamente indipendente dai possessori, dovrebbero essere dichiarati pubblicamente. GAPP 17 Importanti informazioni finanziarie che riguardano i fondi sovrani dovrebbero essere dichiarate pubblicamente per dimostrare il loro orientamento economico e finanziario, così contribuendo alla stabilità finanziaria internazionale dei mercati e riscuotendo fiducia negli stati destinatari. GAPP 18 La politica di investimento dei fondi sovrani dovrebbe essere chiara e coerente, con obiettivi ben definiti, tolleranza del rischio, e strategia di investimento, sia quando sono posti dai possessori che dagli altri organismi governativi, ed essere basata su solidi principi di gestione del portafoglio. GAPP 18.1 La politica di investimento dovrebbe regolare l'esposizione al rischio finanziario dei fondi sovrani e il possibile uso della leva finanziaria. GAPP 18.2 La politica d'investimento dovrebbe indirizzare la portata verso cui sono usati gli investimenti dei managers interni o esterni, la gamma delle attività e autorità, il processo dal quale sono selezionati ed il controllo delle performance. GAPP 18.3 Una descrizione della politica d'investimento dovrebbe essere resa pubblica. GAPP 19 Le decisioni di investimento dovrebbero mirare a massimizzare il rischio-adeguato e il profitto finanziario in modo coerente con la politica di investimento, e basato su ragioni economiche e finanziarie. GAPP 19.1 Nel caso in cui le decisioni d'investimento fossero soggette a considerazioni non di carattere economico e finanziario, queste dovrebbero essere introdotte in modo chiaro nella politica d'investimento ed essere dichiarate pubblicamente. GAPP 19.2 La gestione dei fondi sovrani dovrebbe essere conforme ai principi generalmente accettati come solidi principi di investimento. GAPP 20 I fondi sovrani non dovrebbero cercare o avvantaggiarsi delle informazioni privilegiate o dell'influenza inappropriata dei Governi nella competizione con organismi privati. GAPP 21 I diritti di proprietà sono visti dagli azionisti dei fondi sovrani come un fondamentale elemento di valore nell'investimento dei capitali. Se un fondo sovrano sceglie di esercitare diritti di proprietà, lo dovrebbe fare in modo coerente con la politica di investimento e di protezione del valore finanziario dei suoi investimenti. Il fondo dovrebbe rendere pubblico il suo approccio al diritto di voto dei titoli quotati, includendo i criteri chiave che guidino il loro esercizio del diritto di proprietà. GAPP 22 Il fondo sovrano dovrebbe avere un approccio che identifica, assesta, gestisce i rischi delle sue operazioni. GAPP 22.1 L'approccio di gestione del rischio dovrebbe includere informazioni affidabili e un sistema di reporting tempestivo, che permetta di monitorare adeguatamente e gestire i rischi entro limiti e parametri accettabili, con

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Considerazioni finali sul risparmio gestito

Il settore del risparmio gestito è ormai da molti anni in espansione. Cinque sono le

principali ragioni che hanno determinato negli anni più recenti l’esplosione del risparmio

gestito professionalmente (stimabile intorno a circa 30.000 miliardi di dollari). La prima

consiste nell’invecchiamento della popolazione nel mondo industrializzato che spinge verso la

istituzionalizzazione dei mercati finanziari ponendoli sempre più nelle mani dei fondi

pensione, dei fondi comuni di investimento e delle assicurazioni dati i vantaggi, soprattutto

fiscali, che essi garantiscono, rispetto alla detenzione diretta di titoli azionari e obbligazionari

e di depositi bancari. La seconda è connessa con la flessione dei tassi di interessi che ha

spinto molti investitori alla ricerca di investimenti alternativi più redditizi. Poiché, tuttavia,

pochi investitori si reputano in grado di affrontare questi mercati si è diffusa la pratica di

affidarsi a gestori professionali. La terza ragione è rappresentata dalla liberalizzazione dei

movimenti di capitale, ormai entrata negli ordinamenti giuridici dei Paesi industrializzati.

Essa è strettamente correlata con la quarta ragione: la globalizzazione dell’attività di gestione

del portafoglio. Il risparmiatore, da un lato, non è più confinato all’investimento nel suo

mercato nazionale, dall’altro, si rende conto che solo le istituzioni di gestione hanno

sviluppato le competenze per investire in tutto il mondo con la stessa facilità e disinvoltura

con cui si investe nel proprio mercato, traendo nel contempo vantaggio dall’ampliata gamma

delle scelte disponibili. Infine, la quinta ragione sta nella crescente sofisticazione dei mercati

finanziari, collegata ad un forte processo innovativo anche dal lato degli strumenti finanziari:

futures, swaps, hedge funds, arbitraggi, titoli sintetici, operazioni di cambio a pronti e a

termine hanno mutato il mondo dell’investimento rispetto a quello tradizionale basato sul

taglio delle cedole e sulla selezione delle azioni - stock picking - tipico di 15/20 anni fa.

Ebbene è proprio il risparmio gestito la forza trainante della finanza di questi ultimi anni. E

ciò in misura maggiore dell’attività di prestito delle banche commerciali, o dell’attività di

intermediazione sulle borse valori, tipica dei brokers internazionali, o di quella consistente

meccanismi di controllo e incentivazione, codici di condotta, pianificazione continua degli affari, e una funzione indipendente di controllo esterno. GAPP 22.2 L'approccio generale della gestione dei rischi dei fondi dovrebbe essere dichiarata pubblicamente. GAPP 23 L'andamento degli investimenti (con riferimenti assoluti e relativi, se vi sono) dei fondi sovrani dovrebbe essere misurato e comunicato ai possessori, secondo dei chiari principi o standards. GAPP 24 Un processo di revisione regolare dello sviluppo dei Gapp dovrebbe essere incrementato dai, o per conto, dei fondi sovrani.

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nella ristrutturazione del passivo e dell’attivo delle imprese industriali attraverso fusioni,

acquisizioni, aumenti di capitale, venture capital e così via, caratteristica delle grandi banche

di investimento americane, inglesi o giapponesi.

Come si è visto un po’ in tutto il mondo la gestione di patrimoni mobiliari ha attraversato e

sta attraversando una fase di espansione e di evoluzione.

I servizi offerti ai risparmiatori sono molti e differenziati, ma, semplificando, si può dire che

almeno per le famiglie essi sono distinguibili in due grandi categorie: le gestioni

personalizzate o individuali e le gestioni attraverso gli investitori istituzionali (fondi comuni

di investimento, fondi pensione, assicurazioni, fondazioni, trust92, fondazioni di famiglia).

Tale distinzione, sotto il profilo strategico, è meno netta di quanto non si creda, vista la

possibilità di gestione personalizzata in monte. Essa è netta, invece, per quanto riguarda i

rapporti con il cliente singolo.

Nelle gestioni personalizzate il gestore o la società di gestione intrattiene un rapporto diretto

con il risparmiatore, lo riceve periodicamente e gli illustra l'evoluzione del suo portafoglio. In

particolare, l'attività di private banking consiste nell'assistenza all'investimento di coloro che,

avendo a disposizione rilevanti somme di denaro, non impiegano una parte di esse in beni

reali o in attività produttive dirette, ma le destinano ad attività finanziarie di vario genere,

mirando ad ottenere un risultato (o performance) il più alto possibile in rapporto al grado di

rischio accettato. Il private banking tipico è quello della clientela medio-grande.

Nelle gestioni di fondi comuni, a differenza di quanto si è detto sopra, il gestore o la società

di gestione non ha contatti con il risparmiatore e si concentra solo sul suo compito di

prendere decisioni riguardanti il patrimonio comune dei partecipanti, mentre il rapporto con

il cliente è riservato alle forze di vendita delle quote di sottoscrizione del fondo.

Diversa da quella dei gestori dei fondi comuni è la fattispecie dei funzionari addetti alla

gestione nell'ambito di società di assicurazione o di fondi pensione: manca in questi casi la

società di gestione separata, a meno che tali enti si rivolgano ad una società di gestione

esterna, affidando ad essa dei mezzi finanziari da gestire come se fossero dei clienti

individuali.

92 Il Trust è una tipica struttura del mondo anglosassone. Si tratta di un’entità giuridica per mezzo della quale

viene amministrato un patrimonio, distinto da quello dei “donatori”; e esentato da income tax e tasse di successione. I beneficiari dei trust non possono scioglierlo (ripartendosi il patrimonio): riceveranno esclusivamente i frutti stabiliti dal costituente, Ci sono dunque, due soggetti distinti: gli effective owners (amministratori del trust hanno la proprietà ma non il beneficio) e i beneficiary owners (che beneficiano degli interessi pur non avendo alcun diritto di proprietà sul fondo). Una volta costituito, il trust vive di una vita autonoma vera e propria.

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L'obiettivo della gestione patrimoniale in tutte le sue forme (gestioni bancarie, società di

gestione interne alle banche, gestioni indipendenti, fondi comuni di investimento e direzioni

finanziarie delle imprese) è il risultato, o performance.

La valutazione della performance è poi abbinata al concetto di benchmark che altro non è che

un parametro oggettivo di riferimento. Esso, in sostanza, è un indice oppure una

composizione di indici finanziari che chiarisce al risparmiatore qual è l'identità del prodotto

offerto dal fondo e qual è la valutazione del rischio di quel tipo d'investimento.

Il gestore mira ad ottenere la performance più elevata possibile, e quindi “a battere il

benchmark”: egli si interessa sia al rendimento, sia a mantenere bassi gli scostamenti del

medesimo rispetto alla sua media.

Per realizzare questo obiettivo i responsabili della gestione finanziaria non solo devono

disporre degli strumenti contabili di valutazione del portafoglio in tempo reale, di controllo

dei risultati e dei rischi (mark to market), ma anche e soprattutto devono adottare

un’opportuna politica d'investimento. Tale politica deve articolarsi in quattro distinti livelli

decisionali riguardanti:

l) gli obiettivi di investimento che corrispondono alle esigenze dei risparmiatori e

forniscono le relative direttive di base di investimento. Si tratta delle scelte di fondo in

materia di:

- reddito (staccato o incorporato nel capitale investito );

- diversificazione;

- rischio (in pratica volatilità del rendimento e quindi delimitazione della rosa degli

strumenti finanziari nei quali ci si propone di investire );

- liquidità (ad esempio titoli quotati il cui prezzo non è influenzato nel breve termine

dalla quantità venduta o acquistata, titoli quotati ma meno liquidi, titoli non quotati ma

dei quali esiste un mercato secondario, titoli non quotati e di cui non esiste un mercato

secondario);

2) la Portfolio Strategy, che si distingue nettamente a seconda si adotti una politica di

gestione basata sull’analisi fondamentale oppure sull'analisi dell'azione di mercato ( o analisi

tecnica).

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3) la definizione della struttura del portafoglio valida in un certo momento, altrimenti detta

asset allocation;

4) l'attuazione operativa delle politiche formulate in base ai criteri indicati dall'asset

allocation. Essa consiste in particolare nella selezione dei singoli titoli (security selection) da

acquistare e da vendere. Quest'ultima attività è notevolmente sviluppata con riferimento

all'investimento in titoli azionari e da luogo ad un esteso campo di ricerca nel quale operano

gli analisti finanziari.

Vogliamo riassumere con un grafico la finanza indiretta (fonte: M. Vitale: Liberare l’economia, Marsilio, 1993, pg. 174)

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5 LA FINANZA DIRETTA

Accanto alla finanza indiretta si è sviluppata in alcuni Paesi, in modo preponderante,

la finanza diretta.

LA FINANZA DIRETTA

UNITA’ IN AVANZO UNITA’ IN DISAVANZO

Affinché i saldi finanziari possano essere trasferiti direttamente devono verificarsi due

condizioni:

1 ) che le unità in avanzo abbiano la possibilità di incontrare le unità in disavanzo;

2 ) che il mix di esigenze delle unità suddette sia conciliabile, particolarmente, in tema di

rischio del rapporto finanziario.

In merito alla seconda condizione, numerose sono le variabili rispetto alle quali diversi

possono essere gli atteggiamenti da parte dei CFS e CIS, come visto in precedenza:

dall'ammontare, dalla scadenza, dalla modalità di trasferimento iniziale a quelle di rimborso,

dalle forme di determinazione della remunerazione, al tipo di garanzie.

Alcuni accorgimenti nella strutturazione dell'operazione e nell'utilizzo di adeguati strumenti

finanziari possono consentire una conciliazione.

Non basta comunque superare le diversità fra datori e prenditori: perché il trasferimento

diretto sia attuabile è necessaria la presenza di mediatori e intermediari che appianino le

differenze e che, soprattutto, facciano incontrare i CFS con i CIS, colmando il "vuoto di

informazione" che costituisce un ostacolo, indipendentemente dalla conciliabilità dei bisogni

delle controparti.

Altro elemento fondamentale per lo sviluppo del trasferimento diretto è l'esistenza di

meccanismi di mercato, sia primario (che accoglie i titoli in fase di emissione), che

secondario (nel quale si negoziano i titoli già in circolazione).

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Occorre cioè l'esistenza di strutture organizzative che facilitino il contatto fra gli operatori e

proteggano i loro interessi dando trasparenza alle transazioni.

L'esistenza di questi mercati è essenziale, sia per favorire il contatto fra le unità in avanzo e

quelle in disavanzo all'atto dell'impostazione delle operazioni, sia per consentire alle prime di

smobilizzare le loro attività finanziarie se mutano le rispettive esigenze.

Il peso del trasferimento diretto è diverso da Paese a Paese e dipende dalla distanza che separa

le esigenze delle controparti e quindi dalla loro conciliabilità, ma dipende anche dall'esistenza

di istituzioni di mediazione (tipiche sono le merchant banks inglesi, le investiment banks

americane e le case di brokeraggio), dalla presenza di mercati organizzati ed efficienti, dalla

volontà pubblica di privilegiare il trasferimento diretto rispetto a quello intermediato.

La finanza diretta può essere suddivisa:

a) in finanza non strutturata

b) fìnanza strutturata o organizzata.

a) Finanza non strutturata:

si riferisce ai prestiti effettuati direttamente dai CFS ai CIS senza l’intervento di mediatori di

alcun genere (e meno che meno di intermediari), essa comprende:

- la finanza “primitiva”

- i rapporti tra clienti e fornitori (ovvero il trasferimento spontaneo di crediti

mercantili)

- l’usura

In pratica la finanza non strutturata si realizza mediante la costituzione di imprese, non

quotate, utilizzando capitali reperiti direttamente dalle famiglie, dagli amici, dai parenti, ecc.

In un certo senso si tratta di una finanza “primitiva” che troviamo presente, in modo

particolare, nei Paesi in via di sviluppo (PVS) dove non esiste una separazione tra CFS e CIS.

Nei PVS, basati principalmente su un’economia agricola e su piccole attività commerciali ed

artigianali, la finanza diretta non strutturata si esterna anche nel cosiddetto “trasferimento

spontaneo” di crediti mercantili.

Con l'espressione “trasferimento spontaneo” si indica quell'attività in base alla quale un

produttore di beni, e più in generale un possessore, li cede ad altri soggetti che non hanno i

mezzi per pagarli.

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Come si può ben vedere si tratta di un tipo di trasferimento che non s'appoggia su alcuna

struttura di mercato finanziario, restando legato all'attività commerciale ed esaurendosi

nell'ambito di contatti bilaterali dall'inizio alla fine del rapporto.

Infine l’usura, così come oggi la intendiamo, può assumere molteplici forme, anche se

contiene sempre in sé un elemento di violenza, che deriva dal radicale squilibrio tra la

posizione di chi la pratica e quella di chi, costretto dal bisogno, la subisce.

Per le organizzazioni criminali l’usura rappresenta una fonte di profitto, sovente utile al

compimento di altri delitti; si manifesta con l’imposizione di tassi di interesse elevatissimi;

può essere praticata anche con lo scopo di asservire imprese che non potrebbero essere

piegate.

Per questa via, l’usura è funzionale al controllo del territorio da parte delle organizzazioni

criminali.

La valutazione dell’entità e della diffusione del fenomeno è difficile; tuttavia l’usura tende a

manifestarsi dove meno robusto è il tessuto sociale e dove non esiste, oppure funziona male, il

circuito creditizio legale.

Bisogna ricordare che esistono Paesi in cui viene fatta una sorta di usura-non usura che è

quella dei cosiddetti banchi dei pegni.

Sono luoghi che assomigliano a piccole gioiellerie, dove si porta il gioiello e si riceve in

cambio del denaro per alcuni mesi. Entro l’arco temporale stabilito, il gioiello può essere

riscattato pagando un interesse spesso altissimo.

E’ una sorta di usura semi-strutturata.

In Italia ciò non esiste.

Il mondo dei banchi di pegno è tipico di tre zone geografiche e specificatamente:

• della Germania orientale e della Polonia, dove i banchi di pegno erano di proprietà di

famiglie spesso ebraiche.

• dell’Inghilterra dove tutt’ora sono diffusissimi.

• e degli USA dove esistono catene di negozi addirittura quotati alla borsa di New York.

b) fìnanza strutturata o organizzata

La "sede naturale" della finanza diretta strutturata è il mercato mobiliare (dei capitali); cioè

il sotto insieme del mercato finanziario nel quale avvengono le negoziazioni di obbligazioni

(titoli che conferiscono la qualifica di creditori a chiunque li possegga) e di azioni (titoli che

attribuiscono ai possessori la qualifica di socio) detto borsa valori.

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LE BORSE VALORI 93 (*)

Le Borse sono dei mercati regolamentati ove ha luogo la quotazione ufficiale di

strumenti finanziari.

A livello etimologico, la “borsa”, in origine, era un nome proprio. Bisogna andare

indietro al secolo XVII, ai momenti in cui le Fiandre erano al centro degli

scambi commerciali. Borsa (Van der Beursen) era il nome di una nobile famiglia fiamminga

di Bruges , che aveva nel suo stemma tre borse. Dalla casa abitata da

quella famiglia prese il nome anche la piazza della città dove si ritrovavano i mercanti per i

loro affari, ed i mercanti finirono per chiamare “borsa” anche le piazze di altri luoghi,

Anversa , Tolosa , dove si incontravano regolarmente

per la fiera94.

In sostanza le Borse valori sono dei mercati altamente organizzati dove possono operare solo

gli intermediari specializzati, quali le Banche, le SIM o le SGR, ecc. il cui compito principale

è quello di favorire l’incontro tra la domanda e l’offerta di strumenti finanziari.

Le sei più importanti caratteristiche della borsa valori sono:

1) la concentrazione degli scambi dal punto di vista sia geografico sia temporale.

Attualmente la borsa valori ha perso l’elemento della localizzazione, ovvero la

concentrazione geografica, e ciò per effetto dell’introduzione della tecnologia

informatica.

93 (*) Per approfondimenti si veda l’appendice: “LA REALTA’ ITALIANA: I MERCATI GESTITI DA BORSA ITALIANA S.P.A, LSE GROUP” 94 Tratto da Gian Luigi Beccaria, La Borsa è nata a Bruges, la baionetta sui Pirenei, La Stampa, dicembre 2001

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2) la pubblicità dei prezzi applicati alle singole contrattazioni: ciò significa che tutti i dati

inerenti all'andamento del mercato vengono diffusi in tempo reale;

3) la massima standardizzazione degli elementi contrattuali: ciò significa che tutti i

contratti sono omogenei per quanto riguarda gli elementi contrattuali opzionali

(scadenza, diritti spettanti alle parti contraenti, garanzie, .....), per fare in modo che le

parti localizzino la loro attenzione principalmente su prezzo e quantità;

4) la liquidazione nonché il buon fine dei contratti e degli strumenti finanziari non

derivati negoziati sui mercati e liquidati attraverso il servizio di compensazione e

liquidazione; più precisamente, garantisce i soggetti operanti dal rischio di insolvenza

della controparte attraverso la gestione di un fondo di garanzia, distinto dal proprio

patrimonio e costituito dai margini versati dagli intermediari aderenti e proporzionali

alla posizione di rischio assunta;

5) la garanzia della compensazione fungendo da Clearing House per gli strumenti

derivati; nella pratica ponendosi come controparte negoziale sia dell’acquirente, sia

del venditore dei contratti, in modo che le due parti non entrino mai in contatto.

Inoltre, la Cassa di Compensazione e Garanzia garantisce la chiusura delle posizioni

aperte, attraverso la consegna fisica dell’attività sottostante al contratto, o la

compensazione con posizioni di segno opposto. Infatti, attraverso il sistema dei

margini, garantisce alle parti l’adempimento delle condizioni contrattuali e, in caso di

inadempienza di una controparte, provvede a regolare il dovuto. Si elimina, in questo

modo, il rischio di insolvenza della controparte;

6) il principio dell’asta competitiva, per chiamata o in continua, che verrà approfondito

nel prosieguo della trattazione,

Le principali funzioni che la borsa valori assolve sono:

1) consentire più favorevoli condizioni di emissione a chi vuole finanziarsi mediante il

collocamento di azioni e di obbligazioni, sia per la migliore informativa disponibile

della situazione di mercato, sia per la maggiore pubblicità che 1'organizzazione delle

Borse permette a tali iniziative: ciò significa che le società quotate sono in grado di

ricorrere al pubblico risparmio su larga scala e a titolo impersonale;

2) permettere la pronta ed effettiva sostituzione nel rapporto di finanziamento ai

portatori di azioni e obbligazioni, al punto da rendere estremamente agevoli sia

1'acquisto che la vendita di detti titoli a tutto beneficio della "liquidabilità"

dell'investimento per il singolo (non per chi emette i titoli, ovviamente); il che

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significa che la Borsa può rendere "liquido" per i singoli investitori ciò che non è

liquido per il sistema (anche se la certezza della liquidità è tale solo se la

compravendita di titoli avviene a prezzi di mercato);

3) rendere possibili delle incessanti variazioni del portafoglio di attività finanziarie,

spostando 1'accento dalla liquidità alla diversificazione, dove per portafoglio s'intende

infatti un insieme di attività finanziarie diversificate, cioè con diverso rendimento,

rischio e scadenza, in questo caso, la diversificazione in Borsa riguarda le società ivi

quotate.

I CENTRI BORSISTICI:95 (*)

I centri borsistici internazionali si possono dividere in tre livelli a secondo del grado

di sviluppo (intendendo in tal senso la quantità di titoli negoziati, i volumi trattati, la

numerosità e varietà di strumenti e operatori, ecc.), della completezza dei mercati gestiti e

dalla tradizione storica della Borsa valori.

Al primo livello troviamo i mercati azionari di New York, Londra e Tokio.

Negli Stati Uniti esistono decine di borse diverse, a livello di capitalizzazione il mercato

americano copre oltre il 50% delle piazze mondiali, ma la piazza azionaria per eccellenza è

quella di New York.

Oltre alle borse azionarie ci sono numerose borse specializzate in materie prime, opzioni,

derivati, titoli obbligazionari e valute.

Il Chicago Board of Trade è la più antica borsa specializzata nella negoziazione dei futures su

materie prime, metalli preziosi, prodotti agricoli, indici azionari, ecc.

Al secondo livello troviamo quelli che vengono definiti i centri borsistici tradizionali, tra i

quali annoveriamo le piazze di Francoforte, Parigi, Zurigo, Milano.

Infine al terzo livello si posizionano le borse dei mercati emergenti96, le piazze di San Paolo,

Russia, Mumbai, Shangai (i cosiddetti BRIC, Brasile, Russia, India e Cina97), Johannesburg,

Buenos Aires, Città del Messico.

95 (*) Per approfondimenti si veda l’appendice: “IL PROCESSO DI INTEGRAZIONE DELLE BORSE”

97 BRIC è un acronimo utilizzato in economia internazionale per riferirsi congiuntamente a:

• Brasile • Russia • India • Cina

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QUADRO N. 4 – I PAESI EMERGENTI

“I veri comunisti siete voi occidentali, cittadini di paesi dove i governi danno soldi alle aziende che a loro volta

vi finanziano per comprare le loro merci”, Zhong Changfu (imprenditore cinese)98

“Ragazze, quando ero piccolo, i miei genitori mi dicevano: “Tom, finisci quello che hai nel piatto; in Cina e

India la gente muore di fame”. A voi io dico: “Ragazze, finite i vostri compiti, perchè in Cina e India la gente è

affamata dei vostri posti di lavoro”, Thomas L. Friedman99

“La debole ripresa che stiamo osservando a livello internazionale è trainata soprattutto dalle misure di sostegno

varate dai Governi dei maggiori paesi. L’espansione è più sostenuta nei paesi emergenti, in particolare quelli

asiatici, che hanno mostrato, forse anche per le lezioni apprese nella crisi della fine dello scorso millennio,

maggiore capacità di resistere e reagire.” Banca d’Italia100

Parlare oggi di Paesi Emergenti è etimologicamente improprio poichè gli stessi sono già

emersi e hanno tassi crescita che i Paesi Avanzati invidiano. Ma partiamo da una domanda

semplice. Chi sono i Paesi Emergenti?

Vediamo quale è il peso (weight, seconda colonna) dei Paesi Emergenti secondo l’indice delle

borse mondiali elaborato da Morgan Stanley, MSCI:

MSCI Country Weight

Weight 100%

Argentina 0.06% 0.66%

Questi paesi condividono una grande popolazione (Russia e Brasile oltre il centinaio di milioni di abitanti, Cina e India oltre il miliardo di abitanti), un immenso territorio, abbondanti risorse naturali strategiche e, cosa più importante, sono stati caratterizzati da una forte crescita del PIL e della quota nel commercio mondiale, soprattutto nella fase iniziale del XXI secolo. Questo termine è apparso per la prima volta nel 2001 in una relazione della banca d'investimento Goldman Sachs, a cura di Jim O’Neill, la quale spiegava che i quattro paesi domineranno l’economia mondiale nel prossimo mezzo secolo. La relazione suggeriva che le economie dei paesi BRIC sarebbero cresciute rapidamente, rendendo il loro PIL nel 2050 paragonabile a quello dei paesi del G6 (Stati Uniti d'America, Giappone, Regno Unito, Germania, Francia e Italia). Fonte Wikipedia. Si consiglia la lettura di Paul Fisher, Eurasia’s Emerging Megamarkets. Building your tomorrow in China, India and Russia, Booksurge, 2009

98 Tratto da Miliardari a Pechino, Il Sole 24 Ore, 20 ottobre 2009 99 Tratto da T.L. Friedman, Il mondo è piatto, Mondadori, 2006, p. 283. T.L. Friedman (born July 20, 1953) is an American journalist, columnist, Marshall Scholar and multi Pulitzer Prize winning author. He is an op-ed contributor to The New York Times, whose column appears twice weekly. He has written extensively on foreign affairs including global trade, the Middle East and environmental issues. He has won the Pulitzer Prize three times, twice for International Reporting (1983, 1988) and once for Commentary (2002). 100 Tratto da A.M. Tarantola, Vice Direttore Generale Banca d’Italia, Le banche estere in Italia nella prospettiva della vigilanza, 20.11.2009, p.3 http://www.bancaditalia.it/interventi/intaltri_mdir/tarantola_20112009.pdf

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Brazil 1.03% 10.86% Chile 0.15% 1.53% China 1.37% 14.41%

Colombia 0.03% 0.29% Czech

Republic 0.07% 0.77% Egypt 0.07% 0.77%

Hungary 0.10% 1.02% India 0.63% 6.64%

Indonesia 0.15% 1.53% Israel 0.22% 2.36% Jordan 0.01% 0.11%

Sud Korea101 1.54% 16.21% Malaysia 0.24% 2.51% Mexico 0.52% 5.49%

Morocco 0.03% 0.34% Pakistan 0.02% 0.21%

Peru 0.06% 0.66% Philippines 0.05% 0.52%

Poland 0.17% 1.79% Russia 0.89% 9.35%

South Africa 0.67% 7.08% Taiwan 1.12% 11.87%

Thailand 0.14% 1.45% Turkey 0.15% 1.58%

EM 9.48% 100.00%

Nella terza colonna vediamo (weight 100%) come pesano i singoli Paesi Emergenti all’interno

dell’indice di Borsa Emerging Markets, sempre elaborato da Morgan Stanley:

Berta102 fa notare che “E’ una dizione probabilmente ambigua quella di paesi emergenti, che

associa in una prospettiva comune nazioni ormai divenute protagoniste dello sviluppo

economico mondiale insieme con altre che invece rischiano di essere ricacciate in una

condizione marginale. E tuttavia quest’espressione restituisce il senso di mobilità dei confini

economici del mondo, di una geografia variabile soggetta a un perenne movimento di

trasformazione. Essa ha il pregio di schermare, ai nostri occhi di occidentali, un moto ondoso

che minaccia di sommergere il nostro mondo.

101 La Corea del Sud è stata recentemente classificata Paese Avanzato da FTSE, concorrente di Morgan Stanley nell’elaborazione degli indici di borsa mondiali. Questo ad ulteriore conferma che molti Paesi non sono più “Emergenti”, ma “Avanzati”. 102 Berta G., Il Sole 24 Ore 12 ottobre 2009

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Concordiamo con Tabellini103: “E’ probabile che la crisi economica sia seguita da un periodo

di crescita mondiale più lenta che in passato. Ma la convergenza tra Paesi ricchi e poveri non

si arresterà. Anzi, è vero il contrario: la crisi ha accelerato il processo storico di trasferimento

di potere economico dai Paesi avanzati a quelli emergenti”.

“Con la globalizzazione sono cresciuti impetuosamente la dimensione dei mercati e gli

scambi commerciali, si sono affermati sulla scena mondiale nuovi grandi protagonisti: in

termini di parità di potere d’acquisto tra il 1993 e il 2009 la quota di Brasile, Cina, India e

Russia è salita da meno di un sesto a quasi un quarto del prodotto mondiale. La rapida crescita

economica dei paesi emergenti, impegnati in uno straordinario processo di catching up, ha

innalzato il benessere per molti abitanti del pianeta, in particolare in Cina. Questo progresso

pone tuttavia sfide assai grandi, non solo per l’esclusione di ampie fasce di popolazione che

ancora non ne beneficiano nei paesi emergenti e in quelli rimasti ai margini del processo, ma

anche per le prospettive di reddito e occupazione delle economie più avanzate104”.

Se analizziamo il Brasile, vediamo come sotto la guida del Presidente Luiz Inacio “Lula”

da Silva:

- è uscito per primo dalla crisi finanziaria del 2007/2009; nel 2010 il PIL crescerà di

almeno il 5%;

- fa parte con un ruolo rilevante nel G20 105, che

ha sostituito per importanza il G8;

103 Tabellini, G., Il mondo globale? E’ appena cominciato, Il Sole 24 Ore, 5 maggio 2009 104 Visco, I., http://www.bancaditalia.it/interventi/intaltri_mdir/Visco_Genova_24_settembre2010.pdf

105 Il Gruppo dei 20 (o G20) è un forum creato nel 1999, dopo una successione di crisi finanziarie per favorire l'internazionalità economica e la concertazione tenendo conto delle nuove economie in sviluppo. Esso riunisce perciò i 19 paesi più industrializzati (quelli del G8 in primis) con l'Unione europea.

I rappresentanti dei paesi membri sono i ministri delle finanze ed i direttori o governatori delle banche centrali.

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- ha

battuto nel 2009 Chicago, Tokyo e Madrid per i Giochi Olimpici del 2016;

- nell’ottobre 2009 è entrato tra i membri a rotazione del Consiglio di Sicurezza;

- il Ministro degli Esteri brasiliano, Celso Amorin, è stato eletto il miglior ministro

degli Esteri del mondo dall’autorevole rivista Foreign Policy.

Nel futuro sentiremo parlare dei cosiddetti Next Eleven106.

• Il G20 rappresenta i due terzi del commercio e della popolazione mondiale, oltre a più del 90% del PIL

mondiale. • Paesi membri: • Unione europea

• Canada • Francia • Germania • Giappone • Italia • Regno Unito • Russia • Stati Uniti

Altri paesi:

• Australia • Arabia Saudita • Argentina • Brasile • Cina • Corea del Sud • India • Indonesia • Messico • Sudafrica • Turchia

106 The Next Eleven (or N-11) are eleven countries—Bangladesh, Egypt, Indonesia, Iran, Mexico, Nigeria, Pakistan, the Philippines, South Korea, Turkey, and Vietnam—identified by Goldman Sachs investment bank

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Se analizziamo il decennio 1999-2009 – si veda La gara degli indici – vediamo come la

crescita sia presente quasi esclusivamente nei Paese Emergenti, mentre per es. La Germania fa

segnare -42,2%, Tokyo -59,1%, New York -38,6%.

Se anche consideriamo con quale debito pubblico escono i Paesi Emergenti, vediamo che i

Paesi Avanzati risultano gravati – dopo le enormi spese di salvataggio del sistema finanziario

mondiale – da una mole di debito nettamente superiore (fonte: Corriere della Sera, 18 ottobre

2009).

Come la causa

principale delle crisi

aziendali è il

management, così i

Paesi Emergenti che

sono emersi lo devono

a una classe dirigente

all’altezza. “Tante volte in America Latina ho sentito l’affermazione che i Paesi in via di

sviluppo non sia tanto underdeveloped quando undermanaged. ”....”Il colonnello Juan Peròn

quando nel 1943 fu nominato ministro del lavoro era giovane, bello, campione di sci e di

scherma, aveva un enorme carisma personale. Ma allora l’Argentina era uno dei Paesi più

ricchi del mondo, con 1.500 milioni di dollari e sterline di riserva. Era una grande speranza, il

Canada dell’America Latina. In poco più di dieci anni il peronismo ridusse l’Argentina a

pezzi, condannandola all’arretratezza economica, sociale e politica.”107

as having a high potential of becoming the world's largest economies in the 21st century along with the BRICs. The bank chose these states, all with promising outlooks for investment and future growth, on December 12, 2005.

107 Vitale M., Sviluppo e spirito d’impresa, Il Veltro editrice, 2001, pg. 107 e pg. 141

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Negli ultimi 25 anni in Messico è arrivata a

importanti incarichi di governo una tecnocrazia

formatasi nelle migliori facoltà di economia degli

Stati Uniti. Ciò ha permesso di realizzare riforme

strutturali fondamentali, tanto più meritorie in un

paese con un retaggio di gravi problemi

economici e sociali.108

Il Governatore della Banca centrale cinese –

Zhou Xiaochuan è un economista di indiscusso

valore. Quando si tratta si scegliersi dei

collaboratori Zhou has had a preference for

recruiting overseas educated and trained

Chinese (locally called "sea turtles"), who have experience of real capitalist markets.

Mahbubani109 ha avanzato l’ipotesi che il

successo di molti Paesi asiatici possa

essere spiegato dalla qualità delle loro

élite, più “produttive” che “parassitarie”.

La stessa India deve il suo boom alle

riforme economiche promosse a partire

dal 1991 da Manmohan Singh, Ministro

delle Finanze e poi Primo Ministro nel

2004.

C’è un forte consenso nel mondo che il

XXI secolo sarà il “secolo dell’Asia”. Patria di quasi la metà della popolazione della Terra, e

di sei tra le dieci nazioni più popolose del pianeta, l’Asia ha fornito negli ultimi anni più di un

108 Si veda Persico N., Pueblita J.C., Tequila Technocracy, www.lavoce.info, 20 agosto 2008

109 Kishore Mahbubani (born 1948, Singapore) is dean of the Lee Kuan Yew School of Public Policy at the National University of Singapore. From 1971 to 2004 he served in the Singaporean Foreign Service, ending up as Singapore's Ambassador to the United Nations. In that role he served as president of the United Nations Security Council in January 2001 and May 2002. Si veda www.mahbubani.net

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quinto del suo PIL, quasi il 30%

del totale delle sue esportazioni e

un terzo dei capitali sui mercati

globali (stime del FMI).

Sembra si stia rivelando corretta

l’affermazione di Napoleone che

disse: Lasciate dormire la Cina,

perchè quando si sveglia farà

tremare il mondo”.

Akamatsu110ha proposto il modello

delle “Flying Geese” (“oche in

formazione di volo”), secondo cui

il Giappone sarebbe l’oca che apre

e guida la fila, per primo

avventuratosi sulla via dello

sviluppo industriale trainato dalle

esportazioni; col crescere dei costi

alcune industrie low cost e basso

profilo tecnologico sono emigrate

in altri Paesi, che si sarebbero poi

agganciati al Giappone e ne

avrebbero richiamati altri, con lo

spostamento delle proprie

industrie, via via fino a formare

una lunga fila, come quella delle

oche in formazione di volo.

110 http://en.wikipedia.org/wiki/Flying_Geese_Paradigm

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I grafici sull’Asia sono tutti tratti da Bill Emmott111, Asia contro Asia, 2008, Rizzoli

Per chiudere – per dimostrare come la globalizzazione sia molto positiva112 e consenta ai

Paesi Emergenti di diventare Paesi Avanzati – compariamo in sintesi la Corea del Sud – Tigre

Asiatica con una crescita elevatissima degli ultimi 40 anni – e la Corea del Nord, Paese chiuso

con l’estero, arretrato, dove la popolazione soffre di malnutrizione e con un bassissimo tenore

di vita.

Corea del Sud Corea del Nord

Popolazione (2003) 49,044,790 22,224,195 PIL (milioni di $, 2008) 1,335,000 40,000

Classifica mondiale PIL in PPA 14° 95°

111 Bill Emmott, (6 agosto 1956) è un giornalista e scrittore britannico. Corrispondente da Tokyo nel 1980, dal 1999 al 2006 è stato direttore dell’Economist

112 Si consiglia la lettura di J. Bhagwati, Contro il protezionismo, Laterza, 2005

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PIL pro-capite (mila$, PPA, 2008) 27,600 1,800 Apertura import/export elevata esigua

Sistema politico Repubblica regime dittatoriale Imprese star LG e Samsung nessuna

Fonti: www.wikipedia.com e www.cia.gov/library/publications/the-world-factbook/geos/kn.html

Certo che un Paese dove i giocatori di calcio vengono messi alla gogna dopo una

prestazione deludente ai Mondiali di calcio si commenta da solo (La Repubblica, 28.7.10.

Maurizio Crosetti).

GLI OPERATORI

Definiti i connotati del mercato mobiliare, possiamo analizzare gli attori presenti sul

mercato:

1) la società di gestione del mercato borsistico. Esso ha come obiettivo primario assicurare lo

sviluppo dei mercati gestiti massimizzandone la liquidità, la trasparenza e la competitività,

perseguendo al contempo elevati livelli di efficienza e redditività.

Prima degli anni Novanta, nei Paesi dell’Europa Continentale, la gestione della borsa spettava

ad organismi pubblici, che operavano in regime di monopolio; nel 1998 una normativa

europea ha stabilito che tale attività debba avere carattere imprenditoriale, e debba essere

effettuata da una società per azioni.

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In Italia, dal vecchio consiglio di Borsa è allora nata “Borsa Italiana S.p.A”, la società privata

che organizza e gestisce il mercato azionario, che nel 2007 è stata acquisita tramite fusione

dal London Stock Exchange (LSE)113.

Uno dei principali driver dell’acquisizione è il Mercato Telematico dei Titoli di Stato (MTS)

- attualmente piattaforma e mercato leader in Europa per la trattazione di titoli obbligazionari

all’ingrosso114 - mercato nato sotto la spinta del Ministro del Tesoro Giuliano Amato alla fine

degli anni ’80 (1988), quando il debito pubblico italiano era già un problema e la mancanza di

un circuito ufficiale di contrattazione rendeva il cananle di finanziamento particolarmente

difficile e opaco. “...la negoziazione non passa che in quantità ridottissima per i mercati

ufficiali, risultando così scarsamente competitivo. Ridare efficienza e concorrenzialità al

mercato secondario dei titoli pubblici non serve soltanto a facilitarne e razionalizzarne il

collocamento, ma integra uno strumento diretto al risanamento stesso della Finanza pubblica,

alleviando gli oneri del relativo indebitamento.115

Il MOT è il mercato obbligazionario al dettaglio istituito nel 1994: vengono trattati i titoli di

Stato (BOT, BTP, CCT, CTZ), le obbligazioni non convertibili, euro-obbligazioni116,

obbligazioni di emittenti esteri, ABS117 e altri titoli di debito.

A dicembre 1999 ha preso poi avvio l'EUROMOT, il mercato al dettaglio su cui vengono

113 Si spiega quindi come i vecchi indici di Borsa Italiana sono stati sostituiti dagli indici FTSE (Financial Times Stock Exchange). FTSE International Limited is a world-leader in the creation and management of over 100,000 equity, bond and hedge fund indices. FTSE is an independent company owned by The Financial Times and the London Stock Exchange 114 Il lotto minimo è pari a 2,5 milioni di euro 115 Amato G., Due anni al Tesoro, Il Mulino, 1990

116 Un'Eurobbligazione o Eurobond è un obbligazione emessa nella valuta del proprio Paese, ma negoziata fuori da quel Paese, e in un sistema monetario differente. Le Eurobbligazioni assumono nomi diversi a seconda della valuta in cui sono emesse. Ad esempio un'obbligazione emessa in yen è un'Euroyen, mentre se viene emesse in dollari viene chiamata un'obbligazione in Eurodollari. La maggior parte delle Eurobbligazioni sono di forma elettronica più che fisica. Le obbligazioni sono detenute e scambiate attraverso un sistema di clearing; i più comuni sono Euroclear e Clearstream. Le cedole sono pagate elettronicamente al detentore di Eurobbligazioni.

117L'Asset-backed security (ABS) è uno strumento finanziario, obbligazione negoziabile o trasferibile emessa a fronte di operazioni di cartolarizzazione garantito dagli attivi sottostanti. L'emissione avviene a opera di SPV (Special Purpose Vehicle), create da banche, imprese o pubblica amministrazione. Queste trasferiscono alle SPV crediti o altre attività finanziarie normalmente poco liquide (di difficile negoziazione es. crediti da mutui). La SPV emette obbligazioni (le obbligazioni ABS) collocabili sui mercati, soprattutto se hanno un buon rating. I crediti ceduti sono costituiti a garanzia del pagamento delle obbligazioni emesse. Esiste una stretta correlazione tra pagamento delle cedole e le somme incassate dai crediti ceduti.

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quotate: le obbligazioni emesse da società , enti o Stati esteri; le eurobbligazioni, in

particolare i titoli di debito assoggettati a una normativa diversa da quella a cui è sottoposto l'

emittente e collocati in due o più Stati.

L’attuale assetto privatistico italiano mutuato dall’esperienza dei mercati azionari più evoluti

(USA e UK) attribuisce alla gestione della Borsa, come già abbiamo accennato, un carattere

imprenditoriale separando, in maniera più marcata, le funzioni di vigilanza (esercitate da

Consob e Banca d’Italia) da quelle di regolamentazione e gestione.

In sintesi possiamo individuare una serie di fattori, che hanno spinto al passaggio dai “mercati

pubblici” ai “mercati impresa”:

• l’innovazione tecnologica, che consente il passaggio dai mercati fisici (caratterizzati

da un luogo fisico di riunione degli operatori) a quelli telematici: questi ultimi sono

raggiungibili via etere da posizioni remote e ciò consente la delocalizzazione degli

ordini;

• l’intensificarsi della competizione sovranazionale tra intermediari finanziari e tra i

mercati; a ciò ha contribuito il processo di globalizzazione dei mercati e per i Paesi

dell’Unione Europea anche le norme del “mutuo riconoscimento”;

• la rottura dei confini spaziali; importanti nella storia dei mercati perché hanno

permesso la protezione di una forma di gestione, dei mercati stessi, di tipo

monopolistico sancito poi dalla forma pubblica.

2) gli emittenti. Per quanto riguarda la composizione della domanda di fondi, si può rilevare

una certa omogeneità, ancorché con percentuali differenti, con le esperienze delle altre

nazioni economicamente evolute.

Gli emittenti di strumenti finanziari si possono raggruppare in tre grandi categorie:

a) le imprese;

b) la pubblica amministrazione (Tesoro, enti pubblici, enti territoriali, aziende autonome

dello Stato ecc.);

c) gli istituti di credito;

mentre gli ultimi due gruppi di operatori emettono, prevalentemente, titoli obbligazionari, le

imprese, in particolare quelle costituite nella forma giuridica di società per azioni e di società

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in accomandita per azioni, si avvalgono anche dello strumento azionario per raccogliere

capitali.

3) gli intermediari autorizzati. I soggetti abilitati all’intermediazione finanziaria nei mercati

organizzati e gestiti dalla Borsa.

In Italia il legislatore ha provveduto ad affidare in via esclusiva agli intermediari autorizzati lo

svolgimento dell’attività di negoziazione tra gli stessi troviamo: gli agenti di cambio

autorizzati alla prestazione del servizio di negoziazione, le Società di Intermediazione

Mobiliare (SIM), le Società di Gestione del Risparmio (SGR), le banche autorizzate al

servizio di negoziazione, le Società di Investimento a CApitale Variabile (SICAV).118

4) gli azionisti e investitori istituzionali. Per quanto riguarda l’offerta di fondi, essa proviene

sia dai risparmiatori individuali, vale a dire le famiglie e dalle altre unità di formazione del

risparmio sia dagli investitori istituzionali (banche, fondi pensione, compagnie di

assicurazione ecc.).

Questi ultimi impiegano i mezzi raccolti presso le unità economiche, in particolare dai

risparmiatori, favorendo l’afflusso dei capitali nell’investimento in strumenti finanziari.

Delle varie figure di investitori istituzionali, alcuni hanno natura bancaria, altri hanno natura

assai diversa tra loro e si identificano con: i Fondi comuni di investimento, le Sgr, i Fondi

pensione, le Società finanziarie, le Imprese di assicurazione e le Sicav, ecc.

5) l’autorità di vigilanza. L’obiettivo degli organismi di vigilanza è quello di garantire la

massima trasparenza per gli investitori, parità di trattamento e uguale possibilità di accesso sui

mercati per tutti i soggetti coinvolti (investitori, emittenti ed intermediari).

Sostanzialmente la vigilanza è esercitata sui mercati, sulle società quotate e sugli intermediari

finanziari.

In Italia, l’autorità al vertice della struttura istituzionale dei mercati e degli intermediari è il

Ministero del Tesoro, che ha specifiche competenze di natura regolamentare e sanzionatoria e

che affianca le competenze degli altri due organi di vigilanza (la CONSOB e la Banca

d’Italia) e delle società di gestione dei mercati. La CONSOB svolge un ruolo di controllo al

fine di assicurare la tutela degli investitori, l’efficienza e la trasparenza dei mercati.

La Banca d’Italia è l’organo di vigilanza preposto al controllo del sistema bancario, alla

stabilità degli intermediari finanziari ed alla tutela della concorrenza sul mercato creditizio. 118 Gli intermediari sono disciplinati, a partire dal 1° luglio 1998, dal D.Lgs. n.58 del 24 febbraio 1998 (Testo Unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria)

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E’ evidente il forte conflitto di interesse tra tutela della stabilità e tutela della concorrenza, in

netto contrasto tra loro. Diverse voci si sono levate negli anni in Italia per attuare una politica

delle autorità di vigilanza distinte per funzioni, ma le lobby parlamentari hanno impedito il

compiersi della transizione verso un moderno sistema delle Authority.119

Tabellini120 evidenzia che “la Banca d’Italia non è nelle condizioni di operare nell’interesse

del paese fintantochè oltre che della vigilanza è anche responsabile della tutela della

concorrenza. C’è una incompatibilità essenziale tra queste due attività; chi ha a cuore la

stabilità teme la concorrenza. E siccome gli effetti dell’instabilità (una crisi bancaria) sono più

visibili degli effetti provocati dalla mancanza di concorrenza, un’autorità con entrambni i

compiti finirà per preferire sempre la stabilità a danno della concorrenza. In un sistema

bancario scarsamente concorrenziale come il nostro, questo è un lusso che non possiamo

permetterci. Una seria riforma, quindi deve sottrarre la conorrenza alla Banca d’Italia e

affidarla all’Antitrust.”

Inoltre, d’intesa con la CONSOB, la Banca d’Italia svolge anche l’attività di controllo e

regolamentazione delle attività di compensazione, liquidazione e garanzia delle operazioni

aventi ad oggetto strumenti finanziari.

Oltre a questi tre organi esistono altre due autorità di vigilanza: ISVAP (Istituto per la

vigilanza sulle assicurazioni private e di interesse collettivo), che si occupa della vigilanza

sulle compagnie di assicurazione e COVIP (Commissione per la vigilanza sui fondi

pensione), relativa alla vigilanza sui fondi pensione.

6) la Banca centrale che esercita le funzioni: di emissione; di vigilanza creditizia e

finanziaria; di supervisione dei mercati; di tutela della concorrenza sul mercato del credito; di

analisi, ricerca e studio in materia economica e istituzionale. Oggi questa funzione è svolta

dalla Banca Centrale Europea avvalendosi della struttura operativa della Banca d’Italia.

LE CONDIZIONI PER L’AMMISSIONE ALLA QUOTAZIONE

119 Per approfondimenti si veda: Giavazzi F., Lobby d’Italia, Rizzoli BUR, 2005 120 Tabellini G., La riforma che Fazio non può fare, Il Sole 24 Ore, 24 agosto 2005, con A. Alesina e L. Zingales

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Le condizioni generali per l’ammissione alla quotazione prevedono che le società e gli enti

emittenti debbano essere regolarmente costituiti ed i loro statuti debbano essere conformi alle

leggi ed ai regolamenti ai quali le società e gli enti stessi sono soggetti.

Tra i principali requisiti che gli emittenti delle azioni devono avere troviamo:

1) L’emittente deve esibire gli ultimi tre bilanci annuali. In via eccezionale può essere

accolto anche un solo bilancio;

2) il bilancio dell’ultimo esercizio deve essere sottoposto a revisione contabile.

L’ammissione alla quotazione non può essere disposta se la società di revisione ha

espresso un giudizio negativo ovvero si è dichiarata impossibilitata a esprimere un

giudizio;

3) l’emittente deve esercitare, direttamente o attraverso le proprie controllate e in

condizioni di autonomia gestionale, un’attività capace di generare ricavi.

Per quanto riguarda i requisiti degli emittenti obbligazionari oltre al punto 1) e 2) uguali agli

emittenti delle azioni, troviamo una disposizione relativa alle obbligazioni convertibili in

azioni, in questo caso, l’emittente deve assicurare che le obbligazioni convertibili siano,

tranne in casi eccezionali, disciplinati dalla Borsa Italiana, ammesse alla quotazione ufficiale

di borsa.

MODALITA’ ORGANIZZATIVE DEI MERCATI PER LA FORMAZIONE DEL

PREZZO DI UN TITOLO AZIONARIO

- Mercati di Broker e Mercati di Dealer (da to deal = trattare, negoziare) ;

La differenza principale riguarda il fatto che il broker cerca soltanto le controparti, il dealer

invece si fa parte esso stesso della trattativa acquistando e vendendo in proprio.

In una prima approssimazione si può affermare che la struttura di mercato tende a privilegiare

il prezzo nel caso in cui la contrattazione sia affidata ai broker, mentre privilegerebbe invece

la quantità dei titoli trattati nel caso in cui la struttura sia affidata ai dealer.

Quando un committente affida a un broker un ordine di acquisto sul mercato, quest'ultimo

esprime la sua domanda. A seconda della dimensione dell'ordine conferito, il broker stipula

dei contratti dove, specie se si tratta di un ordine consistente, può accadere che il prezzo si

sposti per soddisfare 1'esigenza di completare il quantitativo commesso. II broker, ed è per

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questo motivo che il sistema basato sulla sua figura è stato definito come "privilegiante il

prezzo", deve far leva sul prezzo per completare il quantitativo.

E ciò, si badi bene, attraverso la negoziazione di una serie di prezzi sul mercato fino a che

l'ordine non sia completato.

Nel caso del dealer invece il quantitativo tende a essere l'aspetto più importante della

negoziazione. Il compratore o il venditore che si rivolga a un dealer è proprio per ragioni

operative tanto più interessato al quantitativo quanto più questo è elevato.

Il quantitativo rappresenta per il proponente l'affare, una manifestazione di potere contrattuale

nei confronti del dealer, il quale proprio per non lasciarsi sfuggire l’occasione, tenderà non

soltanto a rendersi contropartita per tutto il quantitativo, ma cercherà di offrire lo spread

(differenza tra domanda (Bid) ed offerta (Ask)) più vantaggioso possibile per la controparte

proponente.

Il proponente si troverà dunque di fronte a un unico prezzo per il quantitativo desiderato.

Il broker garantisce il quantitativo, ma la formazione del prezzo avviene in un confronto con

altri operatori (pure operanti a mezzo broker) e questo è il motivo per cui l'ordine può essere

eseguito negoziando una serie di prezzi.

Il dealer tende invece a offrire un solo prezzo proprio perché è meno vivo il confronto diretto

con gli altri operatori; il confronto è infatti soltanto nei riguardi di quei dealer che possono

fare da contropartita e tanto più piccolo è il loro numero, quanto più grande è il quantitativo

proposto.

Le tecniche di formazione del prezzo si basano sul presupposto che la Borsa debba applicare

il principio dell’asta competitiva che esalta la concorrenza tra i pretendenti all'acquisto o alla

vendita.

Nella Borsa il meccanismo d'asta è a doppio flusso perché serve a mettere in concorrenza tra

di loro non soltanto i compratori, ma anche i venditori.

Quindi, sotto questo profilo lo strumento Borsa non è discutibile, a condizione che gli attori

agiscano in un ragionevole regime di informazione che contribuisca quindi alla

razionalizzazione delle loro scelte.

- Il Mercato ad Asta

La denominazione di mercato ad asta deriva dal particolare compito affidato all’intermediario

consistente nel coordinare l’afflusso di ordini e nel rendere noti i loro prezzi e volumi,

svolgendo la tipica funzione del banditore d’asta.

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Il pregio maggiore di un mercato ad asta è la sua attitudine a concentrare tutti gli ordini

provenienti dagli investitori permettendo la fissazione di un prezzo espressione dell’incontro

della domanda e dell’offerta presenti sul mercato in un determinato momento.

Tale concentrazione di ordini può avvenire sia fisicamente, sia attraverso l’ausilio di supporti

telematici.

Si possono individuare due meccanismi di dibattito dei prezzi, noti da lungo tempo:

1) l’asta a chiamata

2) l’asta a continua ( o negoziazione continua )

1) con l’asta a chiamata la fissazione del prezzo avviene “ chiamando” uno alla volta i titoli

da negoziare, secondo un ordine prestabilito. L’istituzione di un appuntamento temporale ove

sono raccolte le domande e le offerte permette la fissazione di un prezzo di scambio,

qualitativamente buono e prossimo al concetto di prezzo perfetto. (quotazione per chiamata).

2) con lo svolgimento in continuo delle contrattazioni, le formulazioni di prezzo per ogni

affare avvengono ogni qualvolta è possibile un incrocio di ordini in acquisto ed in vendita

presenti nel mercato; i prezzi che si formano vengono resi pubblici nell’arco di breve tempo,

(quotazione per negoziazione continua).

In origine, il secondo procedimento era tipico delle Borse inglesi e americane, mentre il primo

metodo era retaggio delle Borse europee e continentali.

Queste ultime, negli anni più recenti, hanno adottato anch'esse, generalmente, la quotazione

per trattazione continua.

Caratteristiche della Borsa (o anche suo motivo di efficienza) sono, come abbiamo visto in

precedenza, la concentrazione e la pubblicità degli scambi sulla base di schemi contrattuali

uniformi e con l'intervento di intermediari specializzati.

Le procedure d'asta indicate sono soprattutto costruite al fine di avere la massima

concentrazione possibile di scambi che dia pertanto significato ai prezzi.

Il metodo della chiamata o del listino consegue il risultato di appoggiarsi su di una

ragionevole concentrazione di tutti gli ordini, che può avvenire sia fisicamente sia attraverso

l’ausilio di supporti telematici.

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Nel primo caso, è necessario fissare un momento della giornata in cui si diano appuntamento i

venditori e i compratori, rappresentati dai vari intermediari di mercato, che nel corso del

dibattito giungono alla formazione di un unico prezzo il quale soddisfi tutti.

Non si tratta però di un compromesso poiché il dibattito delle proposte si svolge ad alta voce

in modo che tutti i presenti siano al corrente. Si forma la prima proposta di prezzo, poi le

domande e le offerte la "spostano" fino a che il procedimento giunge al compimento (e quindi

il prezzo diventa definitivo e valido per tutti) con l’eliminazione progressiva di coloro che

hanno ordini limitati nel prezzo a livelli tali da escluderli dalla possibilità di contrarre negozio

al prezzo che si va formando.

La stessa procedura viene applicata anche nel caso delle borse merci sia pure con varianti

tecniche, non però rilevanti.

Nel secondo caso, ovvero con l’ausilio di supporti telematici, è sufficiente che le proposte

siano rese pubbliche attraverso procedure informatiche che, non necessitano dell’incontro

degli operatori.

Il metodo della chiamata costituisce spesso il primo gradino di organizzazione tecnica di una

Borsa valori.

Di solito questa procedura riesce a indurre contrattazioni dirette tra intermediari, i quali sono

in tal modo orientati nelle loro scelte.

Tale fase di libere contrattazioni costituisce il cosiddetto “durante”.

Caratteristica fondamentale della contrattazione continua è 1'assenza di qualsivoglia

"chiamata", ma soprattutto1'esistenza di un "periodo" della seduta entro il quale la

conclusione dei contratti avviene per quantità disponibili mediante abbinamento automatico

delle proposte di segno contrario presenti sul mercato.

In tal modo si manifestano due differenze:

1) la presenza obbligata di intermediari che hanno facoltà ampia o limitata di operare in

proprio;

2) lo svolgimento delle contrattazioni diluito nel corso di un periodo di tempo che coincide

con 1'orario di tutta la seduta di Borsa.

Il mercato che si svolge per chiamata può indifferentemente appoggiarsi su un'organizzazione

che preveda solo broker, oppure solo dealer può cioè anche prevedere 1'intervento di

entrambe le categorie; il suo aspetto nodale rimane 1'appuntamento temporale che

artificiosamente concentra domanda e offerta.

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L'organizzazione del mercato di tipo continuo richiede invece espressamente 1'intervento di

intermediari operanti parzialmente o integralmente in proprio per garantirne la continuità.

Infatti sul mercato organizzato per la chiamata gli operatori si limitano ad accettare

1'appuntamento e facoltativamente proseguono poi contrattazioni bilaterali tra di loro.

La riduzione di durata del mercato al periodo della contrattazione del listino non dà luogo a

dei vuoti, problema che si ha nel caso di contrattazioni aperte per tutto il corso della giornata.

Infatti non necessariamente si verifica una continua disponibilità di operatori che assicurino

una pronta risposta con una domanda e un'offerta.

La contrattazione continua è, in prima approssimazione, la tecnica di funzionamento del

mercato atta a fornire il servizio più ampio all'utenza, perché consente la negoziazione per

tutta la durata della seduta di Borsa.

Il metodo della chiamata, anche se assicura il prezzo più significativo, fa in fondo funzionare

la seduta di Borsa come una sequenza di istantanee molto espressive che per ogni titolo

quotato esterna il prezzo più significativo possibile per l'artificio del voler ricondurre

domanda e offerta al medesimo momento.

Vi sono in tutte le Borse un ristretto numero di titoli quotati che riescono ad attrarre una

naturale concentrazione di scambi; si tratta sempre e solo di società leader nel Paese, le quali

sono in pratica indifferenti alla tecnica di mercato su chiamata o mercato continuo.

L'interesse che vi è intorno a questi titoli, i cosiddetti blue chips, è tale che su di essi non ha

alcuna influenza la tecnica di contrattazione adottata. Il mercato in Italia su Fiat, Generali

ed Eni a mero titolo di esempio, manterrebbe volumi elevati qualunque fosse la tecnica di

mercato adottata.

Il problema si pone invece per i titoli aventi minori se non addirittura minimi volumi di

scambio. In questi casi il mercato continuo può essere mantenuto soltanto se vi sono degli

operatori in proprio sul mercato che siano disposti a farsi contropartita di fronte a una

domanda o a una offerta che si presentasse lungo la seduta di Borsa.

- Mercati come luogo fisico (floor) e mercati telematici

La contrattazione telematica, che è derivata dall’evoluzione delle tecnologie informatiche

applicate alla finanza, ha portato un impatto innovativo molto profondo sul mercato;

ridefinendo il concetto di Borsa: da luogo fisicamente individuabile (floor)

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a luogo

immateriale , identificato in una rete di terminali collocati direttamente

presso le sedi degli intermediari autorizzati.

L’avvio delle contrattazioni telematiche, pur conservando un’impostazione, order driver,

struttura in cui i prezzi derivano dall’interazione degli ordini, e non quote driver, dove i prezzi

sono definiti dagli intermediari dealer, ha mutato profondamente il modo di funzionare dei

mercati borsistici, offrendo agli investitori la possibilità di negoziare in ogni momento della

giornata di Borsa, di ottenere le informazioni rilevanti - prezzo apertura, quantità scambiate,

prezzi di transazione - in tempo reale ed infine, dal punto di vista operativo, l’abbinamento

automatico, da parte del sistema telematico, delle proposte di scambio per segno (ovvero in

acquisto o in vendita) e quantità immesse dagli intermediari e ancora presenti in un

determinato momento nel sistema di negoziazione.

In Italia il principale mercato mobiliare si svolge nella Borsa di Milano (detta "Piazza Affari",

dal luogo in cui sono situati i locali della Borsa). Dopo un periodo di sperimentazione iniziato

nel 1991, si è giunti alla trattazione telematica dei titoli, abbandonando le "grida".

A livello internazionale, il New York Stock Exchange (NYSE) è il più importante mercato

azionario mondiale, fulcro della finanza degli Stati Uniti, dove le contrattazioni avvengono

alle grida con il metodo di asta in continua, mentre il Nasdaq è una borsa telematica.

Curiosa 1'origine del nome Wall Street, con il quale il NYSE è conosciuto in tutto il mondo.

Storicamente la denominazione di "Wall Street" trae origine da un muretto costruito nel 1609,

dopo la fondazione di New York quale centro olandese di smistamento della posta, destinato

a "tenere all'interno" le mandrie di bestiame e "all'esterno" gli indiani.

Tuttavia, dopo il 1626, agli indiani venne consentito 1'accesso a Wall Street e la strada

divenne presto un importante centro di attività commerciali.

Le valute e le merci più disparate vi venivano trattate anche se gli investimenti in azioni e

obbligazioni iniziarono formalmente solo più tardi.

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Soltanto con la nomina a Presidente di George Washington venne decretata la nascita della

borsa valori newyorkese.

SISTEMI DI NEGOZIAZIONE “ALTERNATIVI”

Parallelamente al consolidarsi della concorrenza tra i mercati organizzati, lo sviluppo

della telematica ha portato alla nascita di sistemi di negoziazione alternativi alle borse

“storiche” . Si tratta dei Multilateral Trading Facilities (MTF) o Sistemi Multilaterali di

Contrattazione

Sono piattaforme di negoziazione che consentono di incrociare proposte di scambio in

acquisto e in vendita da parte di terzi.

Una spinta decisiva alla nascita dei MTF è stata la Direttiva MiFID –

Markets in Financial Instrument Directive121 - direttiva del 2004 del Parlamento Europeo che

costituisce un passo importante verso la costruzione di un mercato finanziario integrato

efficace e competitivo all'interno dell'Unione Europea (UE).

La direttiva - entrata in vigore nel 2007 - ha previsto, tra le altre cose, la fine dell’obbligo di

concentrazione degli scambi nei nercati regolamentati, aprendo la concorrenza tra le borse.

L’obiettivo della norma è di metter in concorrenza diverse piattaforme e sistemi di

contrattazione (tipicamente gestite da banche), in modo da aumentare l’efficienza degli

scambi perseguendo la possibile riduzione dei costi di negoziazione.

Questo fenomeno, allo stato attuale, si presenta come un fenomeno di disintermediazione dai

circuiti ufficiali che può, se spinto all’estremo, indurre a una scarsa efficienza nel processo di

formazione dei prezzi, ad un’eccessiva volatilità dei prezzi ed infine ad una riduzione dello

spessore di mercato.

Esempi di MTF – normalmente gestiti da banche - sono Bats, Chi-X (azionisti Goldman

Sachs, Credit Suisse, Merril Lynch e Bnp Paribas), Turqoise (acquisita per il 60% nel

dicembre 2009 dal LSE, che si propone di fonderlo con Baikal), EuroTLX gestito da TLX

121 La Mifid si è rivelata ex-post un inutile appesantimento di costi di complaince (conformità alle norme) per il canale distributivo, i cui oneri si sono inevitabilmente scaricati sugli investitori

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S.p.A. del Gruppo Unicredit, Baikal (parte di LSE Group). Oggi circa il 20-

30% degli scambi su azioni europee avviene fuori dalle Borse tradizionali. Anche Piazza

Affari, in pochi mesi, ha perso l’11% dei volumi sulle azioni italiane. (sopra Fonte: Il Sole 24

Ore, 3 ottobre 2009).

Accanto ai mercati regolamentati, ai mercati alternativi, sono saliti all’onore delle crocache

del 2010 gli high frequency traders. Vediamo cosa sono, con il supporto di due post del blog

Faust e il Governatore del 7 e 8 ottobre 2010.

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Il Flash Crash, la SEC e l’High Frequency Trading (HFT) - Prima parte

Il 6 maggio 2010 i mercati azionari americani – sia a pronti che a termine – hanno registrato

una giornata particolare, con oscillazioni così forti e anomale da indurre la SEC – Securities

and Exchange Commission - e la CFTC – Commodity Futures Trading Commission – a

ricercare le cause del pesante calo segnato dai mercati tra le 14.40 e le 15.00 – report

“Findings regarding market events of May 6 2010” al link

http://www.sec.gov/news/studies/2010/marketevents-report.pdf

Il 6 maggio 2010 è ormai definito il giorno del Flash-Crash: un forte calo dei mercati durato

solo alcuni minuti. L’indice Dow Jones – che riflette l’andamento dei 30 titoli più importanti

del listino americano – perse 600 punti (circa il 6%) in soli cinque minuti, per poi recuperare.

I primi soggetti indicati come possibili colpevoli del Flash-Crash furono i traders, in

particolare gli high frequency traders (HFT), e gli hedge funds, ambedue poi scagionati alla

luce dei risultati evidenziati nel report.

Ma chi sono gli high frequency traders? High-frequency trading is the execution of

computerized trading strategies characterized by extremely short position-holding periods. In

high-frequency trading, programs running on high-speed computers analyze market data,

using algorithms to utilize trading opportunities that may open up for only a fraction of a

second to several hours. High-frequency trading, often abbreviated HFT, uses quantitative

investment computer programs to hold short-term positions in equities, options, futures,

ETFs, currencies, and all other financial instruments that possess electronic trading

capability. High frequency traders compete on a basis of speed with other high frequency

traders, not long term investors (who typically look for opportunities over a period of weeks,

months, or years), and compete with each other for very small, and very consistent profits.

Peraltro attenzione a non confondere l’HFT con l’algorithmic trading: Algorithmic trading

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refers to any computerized trading strategy and can include the holding of assets for long

periods, whereas high frequency trading is a sub class that aims for very short holding

periods. Algorithmic trading, including high frequency trading, has been shown to

substantially improve market liquidity among other benefits.

Per quanto questi sistemi di trading sembrino “forzare” il mercato nel senso tradizionale del

termine, il crash (contrariamente a quanto ipotizzato inizialmente) non è stato causato da

niente di tutto ciò. Il colpevole è, invece, un tradizionale gestore di fondi, un investitore

istituzionale: Waddell & Reed http://www.waddell.com/, con sede nel Kansas, che con

leggerezza di un ippopotamo ha deciso di passare un ordine di vendita – con finalità di

copertura (hedging) di una posizione long – senza porre un limite di prezzo.

Chiariamo. Un investitore istituzionale è long – ha posizioni rialziste – per definizione. Infatti

ha ricevuto il mandato dai suoi clienti di investire e quindi compra tipicamente azioni e

obbligazioni. Per ridurre il rischio, ha in modo autonomo deciso di coprirsi, ossia

immunizzare il portafoglio da eventuali cali di mercato attraverso la tecnica di portfolio

insurance, ossia le vendita a termine di futures sull’indice più noto al mondo, l’indice

Standard & Poors 500, alias S&P 500, al cui interno sono presenti – pesate secondo la

capitalizzazione – i maggiori 500 titoli azionari quotati.

L’ordine di vendita non era leggero. Si trattava di 75.000 contratti sull’indice future S&P 500

(detto E-Mini) per un controvalore complessivo di 4,1 miliardi di dollari!

Dave Cummings ha saggiamento commentato:

http://www.ritholtz.com/blog/2010/10/waddell-stupidity-caused-crash/ “Wow! Who puts in a

$4.1 billion order without a limit price? The trader at Waddell & Reed showed historic

incompetence".

Nel report congiunto SEC/CFTC si legge: “However, on May 6, when markets were already

under stress, the Sell Algorithm chosen by the large trader to only target trading volume, and

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neither price nor time, executed the sell program extremely rapidly in just 20 minutes….The

execution of this sell program resulted in the largest net change in daily position of any trader

in the E-Mini since the beginning of the year”.

Si è trattato chiaramente di un errore umano. Molti di noi si ricordano di HAL 9000 -

il computer di bordo della nave spaziale del film 2001: Odissea nello spazio di Stanley

Kubrick - che - leggendo nelle labbra gli astronauti - li sbatte fuori dalla navicella spaziale. E

se al cinema i computer sono pericolosi quando pensano, nella vita reale sembrerebbero

temibili per la ragione opposta. Ma come suggerisce Cummings “The trader could have easily

put a price limit on the order, but recklessly chose not to. The Sell Algorithm performed

exactly as it was designed. It angers me when people blame technology for what are clearly

lapses in human judgment”.

Facciamo un passo indietro per cercare di chiarire meglio il punto.

In generale, un investitore professionale che voglia operare una vendita o un acquisto

importante in termini quantitativi ha tre alternative, da scegliere a seconda dell’importanza

che si vuole dare al giudizio soggettivo – human judgement:

1. passare l’ordine a un intermediario che

a. esegue l’ordine con un block trade – operazione Over The Counter (OTC) con una grossa

controparte che compra il tutto;

b. oppure gestisce l’ordine discrezionalmente;

2. inserire manualmente l’ordine sul mercato (cioè in borsa?);

3. far eseguire l’ordine attraverso un algoritmo di esecuzione automatica, che prende in

considerazione le variabili chiave (scelte dal cliente) quali prezzo, tempo (di esecuzione) e

volumi.

Il 6 maggio 2010, Waddell & Reed decise – opzione n. 3 - di passare al broker l’ordine di

vendita per 4,1 miliardi di $, invitandolo a usare un algoritmo di esecuzione di vendita

automatica, in gergo Sell Algorithm. L’unico vincolo prefissato – limite di volume – si

esauriva nel divieto di superare il 9% dei volumi complessivi (calcolati sul minuto

precedente). L’ordine, come abbiamo visto, venne eseguito in soli 20 minuti. Per procedere

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all’operazione inversa – il riacquisto dei 75.000 contratti, in gergo ricopertura – si resero

necessarie ben 6 ore.

Il Flash Crash, l'high frequency trading e il pesce rosso - Seconda Parte

Il 6 maggio 2010 i mercati erano già sotto pressione per timori legati al declassamento del

debito europeo dei famigerati PIGS - Portogallo, Irlanda, Grecia e Spagna. L’euro era in forte

calo, visto che gli operatori si rifugiavano nel dollaro per paura del default della Grecia e

conseguentemente dell’euro. Gli operatori erano dunque alla ricerca di qualità. In gergo si

parla di flight to quality, cioè di fuga verso gli emittenti più affidabili come Stati Uniti e

Germania. L’indice di volatilità – VIX – salì il 6 maggio del 31,7%, la quarta salita di sempre.

La pressione combinata di:

1. 75.000 contratti sul future S&P 500 posti in vendita dall’investitore istituzionale Waddell

& Reed;

2. degli ordini provenienti dagli HF traders e da altri traders portarono l’indice future E-Mini

S& P500 a perdere circa il 3% in soli quattro minuti dalle 2:41 alle 2:44 p.m.

Il report di SEC/CFTC http://www.sec.gov/news/studies/2010/marketevents-report.pdf

mette in luce un aspetto interessante: la struttura del mercato si è rivelata meno robusta del

previsto. L’insufficiente domanda sul buy side – liquidity dry-up rapidly - ha generato un

effetto “patata bollente” – “hot potato” volume effect - in cui la stessa posizione veniva

continuamente passata (o scaricata per meglio dire) ad altri, come nel gioco della Peppa

Tencia, in cui si cerca di cedere al proprio avversario la donna di picche.

Nelle parole esatte del report: “Still lacking sufficient demand from fundamental buyers or

cross-market arbitrageurs, HFTs began to quickly buy and then resell contracts to each other

– generating a “hot-potato” volume effect as the same positions were rapidly passed back

and forth. Between 2:45:13 and 2:45:27, HFTs traded over 27,000 contracts, which

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accounted for about 49 percent of the total trading volume, while buying only about 200

additional contracts net”. Quindi gli high frequency traders protagonisti del mercato in

acquisto e in vendita, ma acquirenti netti solo di 200 contratti.

La profondità del book in acquisto sul contratto E-Mini S&P 500 passò da 6 miliardi di dollari

a inizio giornata a 58 milioni di dollari – che rappresenta l’1% rispetto ai livelli di partenza.

In soli 4 minuti e mezzo – dalle 2:41 p.m. alle 2:45:27 p.m. il prezzo dell’E-Mini future S&P

500 perse più del 5% e il prezzo dell’indice cash S&P 500 perse oltre il 6%.

Alle 2:45:28 p.m. scattò il blocco (si parla di circuit breakers

http://en.wikipedia.org/wiki/Circuit_breaker) delle contrattazioni (Stop Logic Functionality,

SLP) – durato solo 5 secondi! – al Chicago Mercantile Exchange (CME), creato per prevenire

e arginare cali improvvisi. L’effetto fu positivo perchè quando il trading riprese, alle 2:45:33

p.m., i prezzi si stabilizzarono e poco dopo l’E-Mini future S&P 500 iniziò a salire portandosi

dietro l’indice cash S&P 500.

Nei 20 minuti dalle 2:40 p.m. e le 15.00 p.m. più di 20.000 trades su oltre 300 titoli azionari

diversi – mercato a pronti quindi - furono eseguiti al 60% o più di scostamento rispetto al

prezzo segnato alle 2:40 p.m. . "After the market closed, the exchanges and FINRA (Financial

Industry Regulatory Authority http://www.finra.org/ ) met and jointly agreed to cancel (or

break) all such trades under their respective “clearly erroneous” trade rules".

I market maker e gli high frequency traders sono stati messi sotto accusa perchè nelle fasi

frenetiche di attività tra le 2:40 e le 15:00 p.m. hanno offerto dei prezzi in bid – cosiddette

stub quote – molto lontani dai prezzi di pochi istanti prima. Alcuni investitori hanno

venduto/comprato a prezzi completamente irrazionali (anche a un penny!). Per portare un

esempio, Procter & Gamble, presente nell’indice Dow Jones, è passata da 60$ a 39.37$ in 3

minuti e 30 secondi (un calo del 36,14%!), per poi recuperare quota 60$ in un solo minuto.

Tiriamo le fila. Sappiamo tutti che la liquidità di un mercato è fondamentale. Consente di

comprare e vendere in qualsiasi momento. E’ quindi un fatto di per sè positivo perché

maggiore è la profondità del mercato – sul buy e sul sell side - meglio è. E soprattutto, più

stretto è il bid-ask spread (cioè la differenza tra la più alta proposta di acquisto, bid, e la più

bassa proposta di vendita, ask), minori sono i costi di transazione per l’investitore. Come ben

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dice Sebastian Mallaby sul Financial Times del 22.9.10 “ We should clone the robo-trader

rather than revile him”: “Financial markets, like grocery markets, need participants who

specialize in the short run. Denouncing high frequency traders for their quick turnover of

inventory is like grumbling that your local shop only hold soap powder for the short term.

Financial short termists are often called “market makers” because without them markets

would not function….Bid-ask spreads in US stocks have fallen steadily since the 1980 and by

about a third in four years. Savers have benefited, to the tune of billions of dollars”. In

sostanza i risparmiatori – grazie alla liquidità del mercato offerta dagli high frequency traders

– hanno ridotto i loro costi di intermediazione.

Abbiamo anche visto che la liquidità del mercato può svanire in un attimo – è una questione

di secondi! – e quando il mercato raggiunge livelli parossistici di frenesia – come il 6 maggio

2010 – gli operatori si dileguano e offrono stub quotes (prezzi farlocchi, per intenderci),

rendendo il mercato improvvisamente illiquido e quindi poco robusto.

Alcuni osservatori propongono di imporre agli HF traders una regulation più severa

obbligandoli a fornire liquidità al mercato qualunque siano le condizioni di mercato.

Un lettore del Financial Times pochi giorni fa - a seguito dell’intervento di Mallaby - ha

messo in luce una posizione avversa: “HF traders, who control two-thirds of the market

volume, can move the prices anywhere they want as shown on May 6 2010. They don’t care

whether the stock go up or down. In short, their market doesn’t reflect reality or analysis of

fundamentals. The only analysis they do is fluctuation analysis. Clonare l’High Frequency

Trading è come clonare il cancro”.

E’ evidente che il pericolo vero sia la perdita di fiducia degli investitori nei confronti del

mercato azionario e nella sua funzione di price discovery. Se la fiducia nella classe di attività

azioni dovesse venire meno a causa dell’erraticità dei mercati, allora sarebbero problemi seri.

Suggeriamo di monitorare con attenzione quale sarà la raccolta netta 2010 dell’industria del

risparmio gestito negli Stati Uniti. Secondo l’Investment Company Institute (The National

Association of U.S. Investment Companies)

http://www.ici.org/research/stats/trends/trends_08_10 nei primi 8 mesi del 2010 i fondi

azionari negli Stati Uniti hanno subito deflussi netti per 244,7 miliardi di dollari (70 miliardi

di dollari dopo il Flash Crash).

Peraltro i veri long term investors nemmeno sanno del Flash Crash, si sono giustamente

disinteressati e non hanno subito alcun danno.

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Premesso che la memoria del pesce rosso - goldfish - è di 3 secondi, Mr Wroble il 31.8.10 ha

scritto con ironia al Financial Times: “At present more than 60% of share trading is done by

computers. These machines trade into and out of shares at microsecond rates. This timeframe

makes the goldfish a long term investor with an exceptional memory”. Non trovate fantastico

che il pesce rosso sia ormai considerato - nella frenetica attività di trading di oggi - un

investitore di lungo termine perchè 3 secondi sono un’eternità? Chissà cosa penserebbe

Benjamin Graham!http://fausteilgovernatore.blogspot.com/2010/09/intelligent-investor-non-

gioca-investe.html

Alla fine – nonostante tutto - noi siamo d’accordo con Mallaby: “The truth is computers are

more likely than specialists to keep their nerve in turbulent markets, for the good reason they

don’t have nerves.” Sono coloro che danno istruzioni sbagliate, come Waddell & Reed il

problema. “Robo-traders must be deemed innocent. May they clone themselves a thousand

times”.