Alessandro Manzoni

Cronologia Manzoniana

• 7 marzo 1785 Alessandro Manzoni nasce a Milano da Giulia Beccaria, moglie del conte Pietro Manzoni e figlia di Pietro Beccaria, uno dei principali illuministi italiani, autore del celebre trattato Dei delitti e delle pene, con cui si schierava contro l’uso della tortura e della stessa pena di morte. Il padre di Alessandro probabilmente era l’amante di Giulia Giovanni Verri, fratello di due celebri rappresentanti dell’illuminismo come Pietro e Alessandro.

• 1791-1798 Studia presso i padri somaschi, prima a Merate, poi dal 1796 a Lugano

• 1798-1801 Studia presso i padri barnabiti di Milano.

• Negli anni seguenti si avvicina agli ambienti illuministi lombardi e viene influenzato nei suoi primi componimenti poetici dall’estetica neoclassica che trovava in Vincenzo Monti (celebre traduttore dell’Iliade, nato ad Alfonsine) il suo più emblematico rappresentante e di cui Manzoni seguì probabilmente le lezioni all’Università di Pavia.

• 1805-1810 Si trasferisce a Parigi, dove è morto da poco Carlo Imbonati, compagno della madre dopo la separazione da Pietro Manzoni. In sua memoria Alessandro scrive la sua prima opera importante, l’ode In morte di Carlo Imbonati. A Parigi stringe amicizia con lo storico Claude Fauriel, rappresentante della corrente illuministica degli Idéologues.

Il matrimonio e la conversione

• Nel 1808 si sposa a Milano con rito civile e poi calvinista con la ancora sedicenne Enrichetta Blondel(1791-1833), figlia di un banchiere ginevrino protestante, che gli darà 10 figli

• Negli anni seguenti Manzoni si avvicina grazie anche all’abate genovese Eustachio Degola alla spiritualità dei gianseniti, una corrente religiosa sorta nel XVII sec. nella chiesa cattolica, che per le sue posizioni vicine ai protestanti aveva subito una parziale condanna da parte dei pontefici. Questo porta Manzoni, dapprima agnostico, a convertirsi al cattolicesimo, ottenendo dal papa Pio VII di celebrare nuovamente nel 1810 il matrimonio nel rito romano.

Il ritorno in Italia

• Nel 1812 Manzoni ritorna in Italia, dove il padre putativo era morto da qualche anno. Dapprima si stabilisce a Brusuglio, poi a Milano, in palazzo di via Morone. Qui è seguito spiritualmente da un altro sacerdote giansenita, Luigi Tosi, che diventerà nel 1823 vescovo di Pavia.

• Nello stesso 1812 inizia il periodo letterariamente più fecondo per Manzoni, che si concluderà nel 1827 con la fine del romanzo.

Inni sacri

• Si tratta di 5 componimenti poetici scritti fra il 1812 e il 1822 dedicati alle maggiori solennità cristiane, La Risurrezione, Il nome di Maria, Il Natale, La Passione e La Pentecoste, a cui se ne dovevano aggiungere altri 7 non portati a compimento. Sono l’espressione più esplicita della conversione cristiana di Manzoni, che rilegge gli eventi evangelici alla luce della viva fede del popolo e della missione salvifica della Chiesa.

Ossservazioni sulla morale cattolica (1819)

• Si tratta del più importante trattato manzoniano, in cui vuole difendere, con garbata e rispettosa fermezza, il valore edificante della fede cattolica e il ruolo fecondo della Chiesa di Roma di fronte alle accuse dello storico svizzero Sismondi, che aveva ravvisato in essa la causa del declino morale e politico dell’Italia. L’opera doveva essere in due libri, ma ne fu pubblicato solamente uno.

La produzione teatrale• Preceduti da una riflessione critica esposta in una lettera al

Fauriel sul valore dei precetti della Poetica di Aristotele, che imponevano al dramma non solo un’unità di soggetto, ma, artificiosamente, anche di tempo e di luogo, Manzoni scrive due tragedie in versi, ispirate alla storia del medioevo italiano: Il conte di Carmagnola, iniziata nel 1816 e pubblicata nel 1820 e incentrata sul celebre capitano di ventura condannato a morte dai Veneziani nel 1432, e Adelchi, pubblicata nel 1822 e incentrata sulla figura del figlio di Desiderio, l’ultimo re longobardo, deposto da Carlo re dei Franchi nel 774.

• In entrambi i casi Manzoni elabora i drammi cercando di seguire al di là dei precetti aristotelici la naturale scansione temporale e spaziale delle vicende e concentrando nei cori che si inseriscono come intermezzi della vicenda una interpretazione personale sul senso delle vicende, al centro delle quali emerge il tema della sopportazione cristiana delle sventure, incarnata nelle vicende dei due protagonisti.

Le due grandi odi

• Nel 1821 Manzoni scrive le sue due opere poetiche non drammatiche più importanti: le due odi Marzo 1821, dedicate agli sfortunati moti liberali sorti in Piemonte quello stesso anno e, e soprattutto Il 5 maggio, una sorta di rilettura cristiana della vita e della morte di Napoleone, avvenuta in quel giorno.

La lettera sul Romanticismo a Cesare d’Azeglio

Nel 1823 Manzoni scrive una lettera al marchese Cesare d’Azeglio, ostile al Romanticismo, per difenderne vari aspetti:

L’abbandono della mitologia paganeggiante neoclassica

Il rifiuto dell’imitazione degli antichi

La libertà artistica rispetto ai precetti aristotelici

L’intenzione di parlare ad un pubblico molto vasto infondendo valori morali e civili

Rifiuta invece il sentimentalismo, l’irrazionale, il mostruoso che pure erano parti importanti del mondo romantico

l’utile per iscopo, il vero per soggetto e l’interessante per mezzo

Mi limiterò ad esporle quello che a me sembra il principio generale a cui si possano ridurretutti i sentimenti particolari sul positivo romantico. Il principio, di necessità tanto piùindeterminato quanto più esteso, mi sembra poter essere questo: che la poesia e la letteraturain genere debba proporsi l’utile per iscopo, il vero per soggetto e l’interessante per mezzo.Debba per conseguenza scegliere gli argomenti pei quali la massa dei lettori ha o avrà, a misura chediverrà più colta, una disposizione di curiosità e di affezione, nata da rapporti reali, a preferenzadegli argomenti, pei quali una classe sola di lettori ha una affezione nata da abitudini scolastiche, ela moltitudine una riverenza non sentita né ragionata, ma ricevuta ciecamente. E che in ogniargomento debba cercare di scoprire e di esprimere il vero storico e il vero morale, non solo comefine, ma come più ampia e perpetua sorgente del bello: giacché e nell’uno e nell’altro ordine dicose, il falso può bensì dilettare, ma questo diletto, questo interesse è distrutto dalla cognizione delvero; è quindi temporario e accidentale. Il diletto mentale non è prodotto che dall’assentimento aduna idea; l’interesse, dalla speranza di trovare in quella idea, contemplandola, altri punti diassentimento e di riposo: ora quando un nuovo e vivo lume ci fa scoprire in quella idea il falso equindi l’impossibilità che la mente vi riposi e vi si compiaccia, vi faccia scoperte, il diletto el’interesse spariscono. Ma il vero storico e il vero morale generano pure un diletto, e questo dilettoè tanto più vivo e tanto più stabile, quanto più la mente che lo gusta è avanzata nella cognizione delvero: questo diletto adunque debbe la poesia e la letteratura proporsi di far nascere.

Il Fermo e Lucia

• Dal 1821 al 1823 Manzoni lavora ad un romanzo storico in 4 tomi ambientato in un’epoca tendenzialmente trascurata dagli storici dell’epoca come la prima metà del XVII secolo, durante la guerra dei 30 anni, nel ducato di Milano occupato dagli spagnoli. Al centro della vicenda v’è il matrimonio dei giovani popolani Fermo e Lucia, ostacolato dalle minacce ricevute dal curato don Abbondio ad opera di Don Rodrigo, il signorotto del luogo invaghitosi di Lucia. Se la trama rispecchia sostanzialmente quella dei futuri Promessi Sposi spiccano in questa prima redazione l’ampia narrazione anche a forti tinte che rievoca il passato della Monaca di Monza o il racconto dell’omicidio attuato dal Conte del Sagrato (futuro innominato). Troviamo anche ampie digressioni che spezzano la fluidità del racconto e che verranno eliminate nell’edizione successiva.

• In uno di questi excursus, una sorta di dialogo dell’autore con un suo critico, che gli rimprovera la totale assenza di effusioni fra i protagonisti, Manzoni giustifica il suo rifiuto del sentimentalismo romanzesco con l’intenzione di scrivere un romanzo che potesse essere edificante per tutti, tale da non suscitare rimpianti per le occasioni perdute in un’anziana zitella qualora fosse giunto nelle loro mani o da non turbare in alcun modo con dettagli sensuali un giovane prete.

La ventisettana

• Fra il 1825 e il 1827 Manzoni pubblica I promessi sposi, attenta revisione del Fermo e Lucia, di cui viene adeguata la scansione narrativa, eliminando le digressioni superflue, grazie anche ai consigli del Fauriel. Il romanzo raccoglie uno straordinario successo, ma non convince l’autore per la lingua usata, troppo influenzata dal lombardo; Manzoni quindi decide di attuare una «risciacquatura dei panni in Arno», trasferendosi per vari mesi a Firenze, poiché riteneva che il toscano parlato nel capoluogo dovesse diventare la lingua nazionale italiana.

La quarantana

• Manzoni ripubblicò i Promessi Sposi solo nel 1640, con le illustrazioni di Gonin, limitandosi ad una mera revisione linguistica e senza alterare minimamente l’intreccio. È questa ultima redazione divenuta attraverso le traduzioni patrimonio della letteratura europea e non solo.

La storia nel romanzo• L’interesse di Manzoni per il vero storico emerge in modo evidente in tutto il

romanzo, dove i frequenti excursus storici servono a richiamare la macrostoria in cui si inserisce la vicenda narrata e dove eventi e personaggi reali interagiscono con altri esistiti sotto altro nome e con personaggi di fantasia, ma modellati sull’effettivo studio della società dell’epoca. L’invenzione romanzesca permette anzi di dare voce alle classi sociali più umili, che gli storici del ‘600 avevano trascurato nell’attenzione ai personaggi maggiori.

• A rafforzare l’idea di un racconto storicamente veridico, sia pure mediato dalla sottile ironia con cui viene trattata la questione, è la ripresa del topos del manoscritto antico, di autore anonimo, da cui l’opera sarebbe stata trascritta e linguisticamente adattata ad un pubblico moderno. Ciò non toglie che lo studio del periodo in questione da parte del Manzoni non fosse stato attentissimo e documentato attraverso le reali fonti dell’epoca, prima fra tutte la Storia di Milano di Ripamonti.

Il romanzo della Provvidenza• L’ispirazione religiosa del romanzo è ben evidente, e sta alla base della

scelta di prediligere evangelicamente protagonisti umili, ma dalla fede genuina e semplice nella Provvidenza, la cura di di Dio per le realtà umane, che non si presenta tanto come intervento esterno dall’alto quanto come segno da scrutare negli eventi quotidiani e stimolo interno dell’agire dell’uomo per aiutare il prossimo.

• Nondimeno a fronte di uomini di Chiesa di grande levatura spirituale come il cappuccino padre Cristoforo, personaggio di fantasia, o il cardinale Federigo Borromeo, storico arcivescovo di Milano, compaiono nel romanzo anche figure negative, come il vile Don Abbondio o la corrotta Monaca di Monza, ispirata quest’ultima ad un personaggio realmente esistito.

• La presenza di uomini di Chiesa gravemente compromessi con il mondo rientra in una rappresentazione molto negativa della società lombarda sotto il dominio spagnolo nella prima metà del XVII secolo, dove la corruzione e l’inefficienza del potere politico centrale, camuffata dalla pomposità tutta barocca degli apparati, non faceva che accrescere la libertà dei signorotti locali come don Rodrigo o di fuorilegge come l’Innominato.

La peste

Elemento fondamentale per la conclusione del romanzo è l’epidemia di peste che invade il ducato di Milano nel 1630 a cui Manzoni dedica un ampio excursus che non tocca solo l’aspetto degli eventi storici ma si estende alla psicologia sociale. Questo aspetto verrà ulteriormente sviluppato nella Storia della colonna infame, un saggio pubblicato nel 1840 come appendice ai Promessi sposi e che trattava del processo atroce con cui nel 1630 erano stati condannati a morte come untori (trasmettitori della peste) degli innocenti per compiacere la rabbia della popolazione. Manzoni vuole sottolineare in quest’opera la responsabilità oggettiva dei giudici nella condanna, ingiustificabile anche alla luce del diritto dell’epoca.

La ritrattazione

• Nel 1830, dieci anni prima della pubblicazione dell’ultima edizione dei Promessi Sposi, Manzoni scrive un saggio Del romanzo storico, pubblicato in realtà solo nel 1850, in cui con forte paradosso, vista la fama raggiunta, accusa questo genere letterario di essere antiartistico e contraddittorio, in quanto mescola la storia - unico tipo di racconto degno di essere letto in quanto aderente alla realtà e veramente rispondente al desiderio profondo dell’uomo di conoscere la verità -con il verosimile, che è fondamentalmente menzogna e inganno.

• Nelle cose abusive, le correzioni vivono alle volte meno dell’abuso; e non c’è per l’errore nessun posto più incomodo, e dove possa meno fermarsi, che vicino alla verità. Non si può dissimulare che ciò che acquistò nel primo momento più favore a un tal componimento, fu appunto quell’apparenza di storia, cioè un’apparenza che non può durar molto. Quante volte è stato detto, e anche scritto, che i romanzi di Walter Scott erano più veri della storia! Ma sono di quelle parole che scappano a un primo entusiasmo, e non si ripetono più dopo una prima riflessione. Infatti, se per storia s’intendevano materialmente i libri che ne portano il titolo, quel detto non concludeva nulla; se per storia s’intendeva la cognizione possibile di fatti e di costumi, era apertamente falso. Per convincersene subito, sarebbe bastato (ma non sono cose a cui si pensi subito) domandare a se stessi, se il concetto de’ diversi romanzi di Walter Scott era più vero del concetto sul quale gli aveva ideati. Era bensì un concetto più vasto, ma a condizione d’essere meno storico. C’era aggiunto un altro vero, ma di diversa natura; e perciò appunto il concetto complessivo non era più vero. Un gran poeta e un gran storico possono trovarsi, senza far confusione, nell’uomo medesimo, ma non nel medesimo componimento. Anzi, quelle due critiche opposte, che ci hanno dato il filo per fare il processo al romanzo storico, erano già spuntate ne’ primi momenti, e in mezzo alla voga, come germi di malattie mortali avvenire in un bambino di floridissimo aspetto. E la voga, si mantiene poi sempre uguale? C’è la stessa voglia di far romanzi storici, e la stessa voglia di leggere quelli che sono già fatti? Non so; ma non posso lasciar d’immaginarmi che, se questo scritto fosse venuto fuori un trent’anni fa, quando il mondo aspettava ansiosamente, e divorava avidamente i romanzi di Walter Scott, sarebbe parso stravagante e temerario, anche riguardo al romanzo storico; e che ora, se qualcheduno avrà la bontà d’occuparsene abbastanza per dargli questi titoli, sarà per tutt’altro. E trent’anni dovrebbero essere un niente per una forma dell’arte, che fosse destinata a vivere.

• Nel 1837 muore Enrichetta Blondel, seguita da numerosi figli. Manzoni si risposerà nel 1843 con una giovane vedova, Teresa Borri Stampa, su consiglio della madre Giulia, con cui tuttavia la donna avrà un rapporto molto teso.

• Negli anni seguenti gli scritti si fanno rarissimi, quasi tutti dedicati al problema dell’unità linguistica italiana, che Manzoni riteneva dovesse fondarsi sul fiorentino parlato, nessuno comunque di carattere inventivo.

• Nel 1860 è eletto senatore del regno di Italia

• Muore il 22 maggio 1873. In suo onore Giuseppe Verdi scrive la Messa da Requiem.

• È sepolto nel famedio del cimitero monumentale di Milano