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5/21/2018 HIRAM-2003_03.pdf-slidepdf.com http://slidepdf.com/reader/full/hiram-200303pdf 1/112 HIRAM Rivista del Grande Oriente d Italia n. 3/2003 EDITORIALE 3 Qualche riflessione a proposito della futura Costituzione Europea Gustavo Raffi IL DIRITTO ALLA FELICITÀ 9 Moralità del benessere ed etica della responsabilità di fronte alle sfide della ricerca scientifica Franco Manti 21 La questione sociale della felicità Morris L. Ghezzi 33 Globalizzazione, una sfida da raccogliere Daniele Pecchioli 37 Francis J. Bellamy. Autore del Pledge of Allegiance Moreno Neri 49 Centralità dell’uomo Pietro F. Bayeli ESOTERISMO 55 Labirinti gnostici Ezio Albrile 63 La Bibbia sull’ara Giuseppe Cacopardi ESOTERISMO E ANTROPOLOGIA 67 Riti e cerimoniali alla corte di Bisanzio Milena Manini 79 La “danza del sole” della Nazione Lakota, dove il passato vive col presente Alessandro Martire 85 Massoneria e Sincretismo Giuseppe Capruzzi SEGNALAZIONI EDITORIALI 93 RECENSIONI 109

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    HIRAM

    Rivista del Grande Oriente d Italia

    n. 3/2003

    EDITORIALE3 Qualche riflessione a proposito della futura Costituzione Europea

    Gustavo Raffi

    IL DIRITTO ALLA FELICIT9 Moralit del benessere ed etica della responsabilit di fronte alle sfide della ricerca scientifica

    Franco Manti

    21 La questione sociale della felicitMorris L. Ghezzi

    33 Globalizzazione, una sfida da raccogliereDaniele Pecchioli

    37 Francis J. Bellamy. Autore del Pledge of Allegiance

    Moreno Neri49 Centralit delluomo

    Pietro F. Bayeli ESOTERISMO55 Labirinti gnostici

    Ezio Albrile

    63 La Bibbia sullaraGiuseppe Cacopardi

    ESOTERISMO E ANTROPOLOGIA67 Riti e cerimoniali alla corte di Bisanzio

    Milena Manini

    79 La danza del sole della Nazione Lakota, dove il passato vive col presenteAlessandro Martire

    85 Massoneria e SincretismoGiuseppe Capruzzi

    SEGNALAZIONI EDITORIALI 93 RECENSIONI 109

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    HIRAM, 3/2003

    Direttore: Gustavo RaffiDirettore Scientifico: Antonio PanainoCondirettori: Antonio Panaino, Vinicio SerinoVicedirettore: Francesco Licchiello

    Direttore Responsabile: Giovanni LaniComitato Direttivo: Gustavo Raffi, Antonio Panaino, Morris Ghezzi, Giuseppe Schiavone, Vinicio Serino, Claudio Bonvecchio,Gianfranco De Santis

    Comitato Scientifico:Presidente: Orazio Catarsini (Univ. di Messina)Giuseppe Abramo (Saggista) - Corrado Balacco Gabrieli (Univ. di Roma La Sapienza) - Pietro Battaglini (Univ. di Napoli) - Eugenio Boccardo(Univ. Pop. di Torino) - Eugenio Bonvicini (Saggista) - Enrico Bruschini (Accademia Romana) - Giuseppe Cacopardi (Saggista) - Silvio Calzolari(Univ. di Bologna) - Giovanni Carli Ballola (Univ. di Lecce) - Paolo Chiozzi (Univ. di Firenze) - Augusto Comba (Saggista) - Franco Cuomo(Giornalista) - Massimo Curini (Univ. di Perugia) - Eugenio DAmico (LUISS di Roma) - Domenico Devoti (Univ. di Torino) - Ernesto DIppolito(Giurista) - Santi Fedele (Univ. di Messina) - Bernardino Fioravanti (Bibliotecario del G.O.I.) - Paolo Gastaldi (Univ. di Pavia) - Santo Giammanco(Univ. di Palermo) - Vittorio Gnocchini (Archivio del G.O.I.) - Giovanni Greco (Univ. di Bologna) - Giovanni Guanti (Conservatorio Musicale di

    Alessandria) - Panaiotis Kantzas (Psicoanalista) - Giuseppe Lombardo (Univ. di Messina) - Paolo Lucarelli (Saggista) - Pietro Mander (Univ. diNapoli LOrientale) - Alessandro Meluzzi (Univ. di Siena) - Claudio Modiano (Univ. di Firenze) - Giovanni Morandi (Giornalista) - MassimoMorigi (Univ. di Bologna) - Gianfranco Morrone (Univ. di Bologna) - Moreno Neri (Saggista) - Maurizio Nicosia (Accademia di Belle Arti,Urbino) - Marco Novarino (Univ. di Torino) - Mario Olivieri (Univ. per stranieri di Perugia) - Massimo Papi (Univ. di Firenze) - Carlo Paredi(Saggista) - Bent Parodi (Giornalista) - Claudio Pietroletti (Medico dello sport) - Italo Piva (Univ. di Siena) - Gianni Puglisi (IULM) - MauroReginato (Univ. di Torino) - Giancarlo Rinaldi (Istituto Orientale di Napoli) - Carmelo Romeo (Univ. di Messina) - Claudio Saporetti (Univ. diPisa) - Alfredo Scanzani (Giornalista) - Michele Schiavone (Univ. di Genova) - Giancarlo Seri (Saggista) - Nicola Sgr (Musicologo) - GiuseppeSpinetti (Psichiatra) - Gianni Tibaldi (Univ. di Padova f.r.) - Vittorio Vanni (Saggista)

    Collaboratori esterni:Giuseppe Cognetti (Univ. di Siena) - Domenico A. Conci (Univ. di Siena) - Fulvio Conti (Univ. di Firenze) - Carlo Cresti (Univ. di Firenze) - MicheleC. Del Re (Univ. di Camerino) - Rosario Esposito (Saggista) - Roberto Fondi (Univ. di Siena) - Giorgio Galli (Univ. di Milano) - Umberto Gori(Univ. di Firenze) - Giorgio Israel (Giornalista) - Ida Li Vigni (Saggista) - Michele Marsonet (Univ. di Genova) - Aldo A. Mola (Univ. di Milano) -Paolo A. Rossi (Univ. di Genova) - Marina Maymone Siniscalchi (Univ. di Roma La Sapienza) - Enrica Tedeschi (Univ. di Roma La Sapienza)

    Corrispondenti esteri:John Hamil (Inghilterra) - August C.T. Hart (Olanda) - Claudiu Ionescu (Romania) - Marco Pasqualetti (Repubblica Ceca) - Rudolph Pohl

    (Austria) - Orazio Shaub (Svizzera) - Wilem Van Der Heen (Olanda) - Tamass Vida (Ungheria) - Friedrich von Botticher (Germania)

    Comitato di Redazione: Guglielmo Adilardi, Cristiano Bartolena, Giovanni Bartolini, Giovanni Cecconi, Guido DAndrea, Ottavio Gallego,Gonario GuaitiniComitato dei Garanti: Giuseppe Capruzzi, Massimo Della Campa, Angelo Scrimieri, Pier Luigi Tenti

    Art director e impaginazione: Sara Circassia

    Stampa:Media Print s.r.l. - Via Empolitana, Km. 6.400 - Castel Madama (Roma)Direzione - Redazione: HIRAM - Grande Oriente dItalia - Via San Pancrazio, 8 - 00152 Roma - Tel. 06-5899344 fax 06-5818096Direzione editoriale: HIRAM - Via San Gaetanino, 18 - 48100 RavennaRegistrazione Tribunale di Roma n. 283 del 27/6/94Editore: Soc. Erasmo s.r.l. - Amministratore Unico Mauro Lastraioli - Via San Pancrazio, 8 - 00152 Roma - C.P. 5096 - 00153 Roma OstienseP.Iva 01022371007 - C.C.I.A.A. 264667/17.09.62Servizio abbonamenti: Spedizione in Abbonamento Postale 50% - Tasse riscosse

    Abbonamenti:Annuale Italia: (4 numeri) 20,64 - un fascicolo 5,16 - numero arretrato: 10,32

    Annuale Estero: (4 numeri) 41,30 - numero arretrato: 13,00La sottoscrizione in una unica soluzione di pi di 500 abbonamenti Italia di 5,94 per ciascun abbonamento annualePer abbonarsi: Bollettino di versamento intestato a Soc. Erasmo s.r.l. - C.P. 5096 - 00153 Roma Ostiense - c/c postale n. 32121006Spazi pubblicitari: costo di una pagina intera b/n: 500.

    HIRAM viene diffusa in Internet sul sito del Grande Oriente dItalia: www.grandeoriente.itE-mail della redazione: [email protected]

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    Qualche riflessione a propositodella futura Costituzione Europea

    diGustavo Raffi

    Gran Maestro del Grande Oriente dItalia

    The current discussions about the new European Constitution, in particular the refe-

    rence or not to the Judaeo-Christian roots of our cultural area, have raised and are

    still raising a harsh debate. In addition some misleading accusations have been

    directed against a so-called Masonic European Lobby, which would stay behind

    such an omission. The G.O.I. desires to underline that on the one hand the Regular

    Freemasons do not see any difficulty in the clear mention of the Judaeo-Christian

    roots into the text of the European Constitution, because the origin of our Crafts

    are strictly rooted into the European Christian Culture. On the other hand we do not

    accept the bold pretentions of any Church to exclude all the other seminal trends and

    philosophies which have contributed to the development of the present conception ofthe human rights, of the mutual tolerance, and of religious and political freedom.

    EDITORIALE

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    LLa redazione della CostituzioneEuropea rappresenta sicura-mente uno dei momenti pi

    significativi per la storia civile e giuridicadel nostro continente, giacch tale cartaverr a definire i princpi fondanti diuna nuova comunit, non solo e, per for-

    tuna, non soltanto, economica, ma anchepolitica e culturale. La nuova fase istitu-zionale dellUnione, a fronte dello scena-rio globalizzato delle societ postmoder-ne, determinatasi con la caduta del Murodi Berlino, la dissoluzione dellURSS edin sostanza con la fine di quello che EricJ. Hobsbawm ha definito il secolobreve, sta imponendo una riflessione atutto campo tra culture giuridiche e costi-tuzionali diverse, anche se non incompa-

    tibili (si pensi soltanto alle differenze trala cultura giuridica fondata sul Common

    Law e quella derivata dal DirittoRomano). Tale processo, con tutte le suecontraddizioni, richiede anche da partedel mondo massonico una certa attenzio-ne. Ci non perch si voglia interferire,

    ma per la semplice ragione che un talemomento non pu vedere assente unqualche contributo culturale e stimolanteanche da parte della nostra Istituzione.Una nostra riflessione non potr esserecertamente faziosa, n unilaterale, masolo ispirata a quei valori fondanti dellatradizione libero-muratoria, soprattutto sualcuni temi che, inevitabilmente, ci hannocoinvolto, nostro malgrado - benerimarcarlo -, anche attraverso la stampa,

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    nel caso segnatamente delle recenti pole-miche ingeneratesi attorno alla questionedei mancati riferimenti, nella nuova cartacostituzionale, ad ogni qualsivogliariferimento alla cultura cristiana.

    Lidea, spesso esplicitata, cheuna sorta di lobby massonicainternazionale abbia congiuratopi o meno dietro le quinte perescludere la menzione dellafede cristiana da tale docu-mento stata in diversi casipresentata come un fattoscontato, talmente ovvio chenon meritava neppure di essere provato.Tale accusa conferma purtroppo la graveignoranza in materia di Massoneria che lasottocultura nazional-popolare riescesovente a dimostrare; infatti l'assioma chevuole identificare nella Massoneria unnemico giurato della Chiesa, in particola-re quella cattolica, viene ripetuto a pisospinto in modo bolso e assolutamentefuorviante, come il ritornello di una can-zonetta estiva. Questo adagio si rivelaessere un problema duro a risolversi edinanzi al quale non si pu che risponde-re con pacata ma ferma chiarezza in tuttele occasioni in cui ci possibile. Non sitratta solo di far comprendere che le con-dizioni storiche e politiche ingeneratesinel periodo risorgimentale, o prima anco-ra, nel secolo dei Lumi, e che videro leMassonerie europee trovare nella incom-prensione della Chiesa una serie di sco-muniche senza appello (nonostante il fattoche molte di esse palesassero un orienta-mento espressamente cristiano), nonhanno pi ragione di essere, almeno da

    parte nostra, ma anche e soprattutto dichiarire il fatto che le comunioni masso-

    niche regolari, conformemente ai lorolandmarks non si occupano di

    politica n di religione, anche

    se presuppongono, come prere-quisito necessitante ed impre-scindibile, laccettazione

    dellEssere Supremo,nella figura delGrande ArchitettodellUniverso da partedi ogni loro affiliato.

    Lo abbiamo ribadito pivolte, lassociazione di idee che stabilisceuna diretta relazione tra irreligiosit, atei-smo e Massoneria non solo non veritie-ra, ma smentita dalla storia secolaredella Massoneria. Ci troviamo cos difronte ad un paradosso di straordinariagravit: la storia della Massoneria costi-tuisce di fatto, almeno tra 700 ed 800,ma ci continua ad esserlo in parte ancheoggi, anche un pezzo di storia delCristianesimo. Non si pu ignorare infattiche filoni culturali molto importanti inEuropa, quali quelli dellesoterismo cri-stiano, e che hanno svolto un ruolo impor-tante, abbiano strettamente interessato ilmondo massonico, in una dialogo, taloracontraddittorio, ma sempre vivo e coin-volgente, tra Schwrmerei e Aufklrung,come stato sottolineato da studiosicome, ad esempio, Giuseppe Giarrizzo eGian Mario Cazzaniga. N sarebbeammesso ignorare che la fondazione dellaGran Loggia d'Inghilterra vide proprionella collaborazione tra Protestanti eCattolici un momento altamente qualifi-

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    cante della definizione della tradizionemassonica. Il fatto poi che intereMassonerie, ad esempio in Scandinavia,siano ancor oggi incen-trate sul messaggio cri-

    stiano, o che figurecome il cattolicissimoJoseph De Maistre,abbiano svolto un ruolooltremodo importantenella cultura massonicaeuropea, viene tranquil-lamente obliato percrassa ignoranza.

    Da questo punto di vista la nostra azio-ne culturale di costante chiarificazioneresta un dovere da cui non possiamo dero-gare nel contesto della nostra azione disensibilizzazione e informazione, anche esoprattutto quando essa rivolta allester-no, ovvero nel mondo civile, di cui ci sen-tiamo parte attiva e propositiva. Taleattenzione non rientra in un malcelatopiano di ammiccamento o di condiscen-denza verso i poteri forti, la ChiesaCattolica in particolare, ma si iscrive inun processo di continua trasparenza echiarezza che il Grande Oriente dItaliada tempo ha assunto e che ci porta ad evi-tare posizioni subalterne, ma ad assumeresempre, con grande dignit intellettuale,la responsabilit dei princpi e dei valoridi cui ci sentiamo testimoni attivi.

    Conseguentemente con questi assuntipi generali, il G.O.I., attraverso uncomunicato del Gran Maestro, si espres-so in modo molto articolato sul fatto chefosse da considerarsi molto grave che pro-prio nel preambolo della futura

    Costituzione Europea non comparissealcun riferimento esplicito anche allecomuni radici giudaico-cristiane, riferi-

    mento ritenutonon solo opportu-

    no, ma doveroso,in quanto la stessaMassoneria hatratto le sue origi-ni dal medesimofilone culturale espirituale. Taleposizione stata

    espressa sulla scorta di quei valori genera-li ai quali ci ispiriamo e che ci portano aritenere che, al fine di delineare unidenti-t europea, occorra richiamarsi senza reti-cenza alle diverse anime che nei secoli nehanno alimentato il patrimonio culturale,evitando di concerto omissioni e discrimi-nazioni altamente inopportune e storica-mente fuorvianti.

    In questottica - abbiamo puntualizzato inun comunicato Ansa, del giorno 11 giugno2003 - la dimensione spirituale e religiosanon si deve contrapporre a quella laica e

    civile della moderna societ europea, che

    con lIlluminismo ha maturato una

    coscienza pi evoluta e democratica.

    Riproporre oggi unartificiosa contrappo-

    sizione tra Stato laico e confessioni religio-

    se costituirebbe un pericoloso arretramen-

    to rispetto a quei valori etici e morali ai

    quali si ispira la Massoneria regolare che

    ha saputo coniugare la libert di pensiero

    con un profondo rispetto per tutte le fedi.

    La nostra presa di posizione non si qua-lifica pertanto come intervento politico,ma come atto dovuto sul piano civico,

    5Qualche riflessione a proposito della futura Costituzione Europea, G. Raffi

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    etico e culturale, giacch la nostraIstituzione non solo non si estrania daldibattito sviluppatosi in seno alla societcivile, ma deve altres puntualizzare ilfatto che con la storia non si

    pu scherzare e chele radici cultura-li, nate in senoalla tradizione giu-daico-cristiana europea,non sono un baga-glio del quale cisiamo privati o dicui ci vergognamo. Ilfatto che la Massoneria si sia incammina-ta su una strada che potrebbe da alcuniessere definita latitudinaria, da altri pifaziosamente relativistica, deve essereanchesso chiarito.

    Come si gi ribadito, il credo nelGrande Architetto dellUniverso restaprerequisito indispensabile in ogniMassoneria regolare; non relativismoil fatto che poi le diverse Istituzioni mas-soniche si rifiutino di pretendere dai loromembri una professione di fede, in modotale da evitare controversie teologichequali ad esempio quelle sulla definizionedelleconomia del complesso teandrico osimili, tali per cui sarebbe necessario sta-bilire se ammettere o meno dei duofisitinestoriani, dei monofisiti cirilliani, equindi con quale simbolo anatematizzaregli Ariani, espellere i Manichei, cacciare iPriscillianisti o esaltare gli Ortodossi.Non nella nostra cultura ingeneraresituazioni quali quella esilarante in cui siviene a trovare lo straordinario personag-gio creato da Umberto Eco, Baudolino,

    che, nellomonimo romanzo, giunto aPndapetzim, lungo la via dellOriente,alla ricerca del Gradale (il leggendarioGraal) e del Prete Gianni, si trova scon-

    certato dal fatto che esseri fantastici

    quali gli sciapodi nonsiano affatto in grado di per-cepire le loro impressionan-

    ti differenze somatiche daquelle dei blemmi, dei

    ponci, dei panozi e dialtri ancora, ma si soffer-mino soprattutto su quel-

    le teologiche e che, per questaragione, essi si tengano reciproca-

    mente a distanza e con sospetto (vedasiper i dettagliBaudolino, capitolo 29).

    La storia della Massoneria invecequella di un continuo impegno e stimoloverso la ricerca di Dio e della verit,offerto attraverso lincontro ed il dialogotra diversit che rifugge dalluniformitculturale e teologico-religiosa, fatti salvi,appunto, alcuni landmarks generali. LaMassoneria non una religione, ma acco-glie uomini con un profondo senso reli-gioso, molti dei quali sono membri attividi religioni, nel nostro caso, con una pre-valenza per i cristiani cattolici, seguiti inpercentuale da protestanti, ebrei, musul-mani e seguaci di altre fedi. Nata in con-testo cristiano, fondata da cristiani, laLibera Muratoria ha cercato di offrire unpercorso iniziatico, che, pur partendo daun linguaggio simbolico ispirato allaBibbia e quindi alla tradizione giudaico-cristiana (come patentemente confermatodalle parole di passo, dalla simbologia delTempio di Gerusalemme, dalla figura di

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    Hiram, dalla presenza del libro dellalegge, etc.), si progressivamente aper-ta al contributo di alterit non conflit-tuali, ossia a membri di altre fedi eculture, nella certezza che anche

    le sapienze straniere potesse-ro contribuire, attraversouomini di buoni costumi edi buona volont, adaccrescere la mutua cono-scenza, il rispetto recipro-co, la tolleranza, per darevita ad una vera dimen-sione di multi- e inter-cul-turalit umana e spirituale.

    I Massoni non sono allorarelativisti, ma, ciascuno diloro, forte delle sue conoscenze, tradizio-ni e valori, accetta la sfida del dialogo edel confronto ricorrendo ad una prassiesoterica e rituale, che gli permette di tro-vare nel tempio muratorio una dimensio-ne metafisica, extratemporale e non pro-fana. Tale esperienza impone regole digaranzia e rispetto a tutti i partecipanti,ma offre allo stesso tempo la cornice peril continuo perfezionamento di quel cheviene chiamato il tempio interiore.

    Il percorso che proponiamo pu nonconvincere tutti e lasciare alcune istituzio-ni religiose perplesse oppure ostili, manon intendiamo accettare un livello didiscussione fondato su ambiguit e omis-sioni. Il fatto quindi che la Massoneriaitaliana si sia espressa per linserimentoesplicito della menzione della tradizionegiudaico-cristiana indice, per partenostra, di una profonda comprensione deivalori storici della nostra Istituzione e del

    continente in cui nata. Non dovrebbescandalizzare la circostanza che si cos

    assunta, su questo tema, una posizione,che potrebbe apparire, almeno in

    alcuni aspetti, in sintonia con

    quella della Chiesa Cattolica,poich, dal nostro punto divista, si trattava di un attodovuto innazitutto dinanzialla stessa storia dellaMassoneria, ma al con-tempo anche di un modorigoroso per ribadire lacomplessit culturale espirituale della Libera

    Muratoria. Dobbiamo persottolineare il nostro profon-

    do dissenso da come la Chiesa cattolica,pur rilevando una inaccettabile omissio-ne, intenda ergersi ad unico rappresentan-te della cultura europea, sola depositariadelle sue vere radici, pretendendo dicancellare il contributo spirituale e intel-lettuale di altri filoni culturali, filosofici,religiosi e sociali, che tanto hanno contri-buito alla determinazione dei princpifondanti la moderna societ europea. Essasi distingue infatti per la sua concezioneestensiva dei diritti civili, per noi divenu-ti imprescindibili, quali la libert di pen-siero, di fede, di associazione e di espres-sione; una serie di conquiste per le qualila Massoneria si dovuta battere, pur-troppo, anche contro poteri religiosi.Oggi, sic stantibus rebus, noi non voglia-mo riaprire ferite passate, ma ribadiamofermamente il principio che la tolleran-za non pu essere concepita a sensounico, e che quindi il doveroso richiamo

    7Qualche riflessione a proposito della futura Costituzione Europea, G. Raffi

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    alle radici giudaico-cristiane non pualtres divenire esclusivistico, come seesse stesse non fossero state permeatedalla cultura filosoficagreca, da quella giuridi-

    ca romana, per poiconoscere ulterioriarricchimenti nel dia-logo, in pienoMedioevo e poi attra-verso lUmanesimoed il Rinascimento,con il mondo arabo-islamico e greco-bizanti-no (talora ingiustamente tenu-to sul limes come esotismo). La stessacultura ermetica del nostro Cinquecento,con tutti i suoi stimoli straordinari, lecomplesse vicende del pensiero filosoficoeuropeo, passando per il contributo difigure possenti quali quelle, solo percitarne alcune, di Cartesio, Spinoza,

    Leibnitz, dei Platonici di Cambridge o diPascal, per arrivare agli Illuministi fran-cesi e tedeschi, o ancora alla elaborazione

    filosofica dellOttocento e delNovecento, costituiscono un

    patrimonio che ha determinatolidentit europea e, in partenon insignificante, anche diquella massonica, la quale,come noto si distinta grazie afigure come Lessing, Fichte o

    Gthe. Che tutte queste espres-sioni della cultura europea si

    siano, con forme e modalit diver-se, misurate con la dimensione della

    fede e della religione, scritto in una sto-ria di cui i Massoni sono stati e restanouna parte vitale.

    Chi ha allora paura delle tradizioni giu-daico-cristiane? Noi non di certo. Imoderni ghostbusters sono pregati di cer-care da unaltra parte.

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    Moralit del benessere ed etica della responsabilitdi fronte alle sfide della ricerca scientifica

    diFranco Manti

    Universit di Genova

    Bioethic offers two different patterns in order to answer to the moral questions that

    biotechnology and genetic engineering make up in our mind: heuristics of fear and

    morality of welfare. The first one refers to the principle of responsability as protec-

    tion of human survival in its own onthologic integrity and as guardianship of the

    creation of which we are the guardians. The second one emphasizes that operating

    on genes can improve our life and that of the next generations; in this way, making

    genetic changes in human, animal and vegetable beings, if it aims to improve our

    welfare, is justifiable as assumption of moral responsability.

    Both these points of view are not satisfying for their ideologic position: the first one,

    with its anti-modern vision of the situation, tends to stop scientific research and to

    bind its independence; is the right to doubt of the next generations a right to suf-

    fering and disease too? The second one offers an uncritical vision of progress and

    of personal autonomy; does not genetic planning end to reintroduce our present

    rules, risking to seriously distorting the evolutional processes of men with other ani-

    mal and vegetable species?

    Thinking that everyone has the right to search his own happiness, only certain kind

    of genetic modification are justifiable: those who help men to be free from suffering

    and pain, as its way to happiness consists not only in reaching a material welfare,

    but also in giving a deep sense to the concept of life itself.

    IL DIRITTO ALLA FELICIT

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    LLa riflessione bioetica a frontedegli sviluppi veloci e talvoltaimprevedibili delle biotecnolo-

    gie e dellingegneria genetica ha posto incampo due modelli alternativi con cuirispondere ai dilemmi morali che tali svi-luppi pongono: leuristica della paura ela moralit del benessere. Dopo aver bre-vemente analizzato le ragioni e le impli-cazioni di tali resoconti, cercher di pro-

    porre qualche argomento a sostegno di

    una particolare interpretazione dellamoralit del benessere divergente daquella che viene generalmente avanzata.

    Prima di entrare nel merito specificodella trattazione etica, mi sembra, per,opportuno chiarire che cosa sintenda perbiotecnologia e ingegneria genetica alfine di non generare equivoci terminolo-gici e contenutistici.

    In termini generali, con biotecnologia

    si intende qualunque uso di organismi

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    viventi o loro parti (enzimi, cellule, etc.)realizzato al fine di sintetizzare prodottiutili. La biotecnologia si serve dellinge-gneria genetica per modificare le caratte-ristiche degli organismi.

    Le questioni etiche sonostate indotte dal passaggiodallibridazione e selezione,che appartengono alla storianaturale e del genere umano(specie manipolatoria pereccellenza), alla mutazione.Vengono, cio, create nuovesequenze nel DNA. Ci nonavviene mediante la combina-zione di strutture preesistenti innatura. Si devono, inoltre, aggiungerele tecniche del DNA ricombinante consi-stenti nellinserimento, nel genoma cellu-lare, del DNA proveniente da cellulediverse, anche di specie diverse, al fine dimodificarne lassetto.

    Tre sono le emergenze indotte dallosviluppo biotecnologico: i cibi transgeni-ci; gli animali transgenici e la produzionedi chimere; lintervento sulle celluleumane (sia somatiche che germinali).

    I cibi transgenici

    Attualmente le specie geneticamentemodificate coltivate allaperto, senzacontrolli, sono una quarantina fra cui 10variet di mais, 2 di patate, 2 di soia, 5 dipomodori. La coltivazione di piante transgeniche viene cos giustificata: si garanti-sce una maggior produttivit; dalla mag-giore produttivit consegue che si potran-no assicurare migliori condizioni alimen-

    tari ai paesi pi poveri; possibile costi-tuire delle banche dei geni delle colturetradizionali che ne conservino il patrimo-nio genetico, il che consentirebbe di evi-tare lerosione della biodiversit che,

    secondo molti critici,verrebbe indotta dallecoltivazioni genetica-mente modificate.

    Le critiche pis i g n i f i c a t i v erivolte alle coltu-re transgeniche

    possono esserecos sintetizzate: la

    causa della famenel mondo non la

    penuria di cibo, ma lo sono ilcattivo consumo, le politiche agricole, leragioni di mercato della grande distribu-zione alimentare; non sono del tutto pre-vedibili il comportamento e le modifica-zioni che potrebbero essere indotte nel-lintero ecosistema dal rilascio O.G.M.;vi un rischio piuttosto elevato di infe-zione genetica, poich si sono riscontraticasi di trasferimento di DNA fra batteri eprotozoi, fra funghi batteri e piante, inset-ti e altri animali, con i pericoli per lam-biente e/o la salute umana che ne posso-no conseguire; la specializzazione dellecolture finir per spingere i contadiniverso monocolture rendendo particolar-mente sensibili alle crisi, sia climaticheche economiche, le aree cos coltivateoriginando, anche, condizioni potenzial-mente catastrofiche sul piano alimentare.

    10IL DIRITTO ALLA FELICIT

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    Gli animali transgenici e la produzione

    di chimere

    La produzione di animali transgenicipone ulteriori problemi. Lesempio cla-moroso della gestazione (interrotta dopoalcuni mesi di gravidanza) dello scim-panzuomo costituisce un casoparticolarmente significativo.Per quale motivo dovremmocondurre simili esperimen-ti? Per originare esseri dautilizzare in determinatilavori o come serbatoi diorgani? Mi pare che perquanto attiene alle modi-ficazioni genetiche sugli ani-

    mali ci dovremmo porre il seguente inter-rogativo: quanto pu forse essere, conlimiti e precauzioni, accettato per virus ebatteri pu essere esteso ad animali conun sistema nervoso sofisticato e simile alnostro, animali capaci di sofferenza fisicae psicologica, dotati di senso del dolore?Inoltre, per la produzione di animali tran-sgenici a scopo alimentare varrebbe quan-to gi detto a proposito dei vegetaliriguardo ai rischi di infezione genetica.

    Lintervento sulle cellule umane

    Riguardo allintervento sullapparatogenico umano possiamo distinguere duecasi di intervento: luno sulla linea soma-tica e laltro sulla linea germinale (chepotr essere tecnicamente possibile fraquindici - venti anni). Il primo ha effettisul soggetto sul quale si opera; il secondoprodurrebbe effetti irreversibili che si tra-

    smetterebbero alle generazioni future. La

    questione etica fondamentale in gioco quella dellintegrit genetica e del dirittoad essa da parte delle generazioni future.Se si tiene conto di come il codice geneti-

    co non possa essere considerato

    propriet di singoli (usando unim-magine si potrebbe affermare cheesso il quadro difamiglia) e di comelidentit (morale epolitica) sia stret-tamente connessaa fattori culturali

    potremmo afferma-re che sono ammis-

    sibili interventi esclusivamentea fine terapeutico sulla linea somaticaquando non vi sono alternative e con ilconsenso esplicito del soggetto interessa-to. Leventuale intervento sulla linea ger-minale ci pone dilemmi morali ancora piprofondi. Possiamo, forse, intendere ildiritto allintegrit genetica come dirittoalla malattia? Come comportarci di frontea malattie genetiche ereditarie quali le-mofilia o la spina bifida? Non intervenirepotendolo fare o alterare il filo geneticodella specie (con paventate, da alcuni,derive di tipo eugenetico che riportanoalla memoria le sperimentazioni pseudo-scientifiche dei nazisti)?

    Le questioni fin qui affrontate pongo-no almeno tre quesiti: E lecito brevetta-re la vita? Dobbiamo fare tutto ci chepossiamo? Se ci sono limiti, chi legitti-mato a imporli?

    Nellattuale dibattito bioetico possonoessere individuate, come si diceva, due

    linee argomentative che rispondono in

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    modo diverso, direi conflittuale, a questedomande: leuristica della paura ela moralit del benessere.

    Alla prima possono esserericondotte posizioni come

    quelle di H. Jonas e J. Rifkin.Secondo il primo luomo nonha il diritto di modificare le-voluzione naturale, n di alte-rare la propria essenza onto-logica. Ne consegue che lamodernit rappresenta iltrionfo dellutopia tecnici-sta, di una sorta di hybris(tracotanza) umana neiconfronti della natura e, infondo, di Dio stesso cuiluomo tenderebbe a sostituirsi qualecreatore. Lhomo sapiens sarebbe soggio-gato dallhomo faber.

    La paura assume, in questo contesto,un significato positivo in quanto assun-zione di responsabilit, cura e preoccupa-zione per i viventi e le generazioni future.Si tratta di non compromettere le condi-zioni di una permanenza illimitata del-luomo sulla terra e di porre la sua integri-t fra gli oggetti della nostra volont.Perci Jonas d una valutazione negativadellingegneria genetica, anche se utiliz-zata a scopo terapeutico (lintervento sulDNA modifica lontologia umana) e ritie-ne che si debba giungere al blocco dellericerche relative alle biotecnologie. Ilnuovo imperativo categorico dovrebbepertanto essere: agisci in modo che leconseguenze della tua azione siano com-patibili con la permanenza di unautenticavita umana sulla terra.

    A partire da uno sfondo concettualesimile, Rifkin si sofferma sulle questioni

    concernenti il rapporto tra mercatoe ingegneria genetica prendendo

    posizione contro la brevettazio-

    ne e la commercializzazionedelle scoperte in questocampo. Inoltre, secondo lui, loscreening genetico avrebbecome effetti: la completa libe-

    ralizzazione delle coltivazionitransgeniche viste come fonte di

    infezione genetica e diaccentuazione dei gravisquilibri economici sus-sistenti fra Nord e Sud del

    mondo; leugenetica che program-merebbe le generazioni future non solosecondo i desideri estetici e culturali deigenitori, ma soprattutto in termini funzio-nali alle richieste delle compagnie assicu-ratrici, tanto pi pressanti in un sistemasanitario come quello americano. Gioggi , secondo Rifkin, inquietante laconnessione fra genetica e informatica.Le assicurazioni possono decidere lam-missibilit e le quote delle domande inbase ai dati genetici elaborati attraversolinformatica ponendo le basi per fortidiscriminazioni. E per tutti questi motiviche emerge con forza lesigenza di unin-formazione ampia e capillare dei cittadini.

    Secondo leuristica della paura lerisposte ai quesiti di cui sopra possonoessere cos schematizzate: non lecitobrevettare la vita; non dobbiamo fare tuttoci che possiamo; dobbiamo porre limitiallattivit scientifica in campo genetico.Per Jonas dovrebbe essere la comunit

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    scientifica, intesa come lite illuminata, aporre tali limiti. Rifkin, anche in riferi-mento a casi giudiziari, sembra configura-re interventi a livello processuale sullabase di istanze poste da soggetti lesi

    o dallopinione pubblica.La moralit del benessere la linea argomentativa propo-sta da H.T. Engelhardt e da J.Harris. Per il primo lingegne-ria genetica una sorta dinuova grazia che pu garantiremaggior benessere sia dal punto divista curativo che migliorativo della spe-cie umana. Intervenendo sulla linea ger-minale saremo in grado di plasmare lanostra natura a immagine e somiglianzadei fini scelti dalle persone. Potremmo, adesempio, eliminare laggressivit e garan-tirci, cos, un futuro senza guerre e violen-ze. Harris ritiene che la rivoluzione nellabiologia molecolare che stiamo comin-ciando a vivere ci consentir di originareforme di vita su ordinazione e giunge apreconizzare una nuova stirpe. I vantaggiconsisterebbero nella riduzione dellapopolazione a rischio con la liberazione dirisorse mediche per gli umani normodota-ti, nella riduzione della spesa sanitaria,nel minor assenteismo sui luoghi di lavo-ro, nella possibilit di lavoro prolungato equindi di investimenti formativi pi red-ditizi, in minori rischi sanitari professio-nali, nella possibilit di occupare membridella nuova stirpe in campo nucleare edella produzione bellica.

    Leuristica della paura e la moralit delbenessere implicano due diversi approccial principio di responsabilit. La prima

    intende tale principio come tutela dellasopravvivenza degli umani nella loro(attuale) integrit ontologica, assuntacome immodificabile, e del creato che

    non ci appartiene, ma del quale

    siamo custodi. Le generazionifuture dovranno poter viverein un mondo almeno vivibilequanto il nostro. La secondasottolinea come linterventogenico possa migliorare la vita

    nostra e delle generazioni futu-re. In tal senso si giustifica lassun-

    zione di responsabilit morale concernen-te modifiche e correzioni apportate alDNA di vegetali, animali, umani. PerJonas e Rifkin responsabilit significaautolimitazione e blocco della sperimen-tazione in campo genetico, per Engelhardte Harris lesatto contrario come pienaespressione dellautonomia di progetta-zione di vita degli individui. I primi riten-gono che la responsabilit etica non siaconiugabile con le esigenze del mercato, isecondi, evidenziano lirrinunciabilit almercato che, per Engelhardt fonte, conle sue leggi, di valore etico, mentre perHarris pu essere eticamente qualificatoattraverso una sua regolazione operata daStati o organismi internazionali.

    Leuristica della paura e la moralit delbenessere, nella versione di Engelhardt eHarris sono, comunque, esposte a rifles-sioni critiche sulla base delle quali risultapossibile individuare unalternativa aentrambe. La prima si presenta comeunetica della rinuncia e della conserva-zione che coglie dello sviluppo tecnologi-co leffetto negativo e nichilistico quale

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    esito della parabola metafisicadellOccidente o del trionfo delleragioni (a-morali) del mercatofinendo, cos, per dare fondamentoa una paura rivolta non tanto alle

    conseguenze prevedibili, ma sol-tanto possibili (e non necessaria-mente probabili).

    La moralit del benessere, asua volta, si fonda su una visionedecontestualizzata dellautonomiaassunta quale principio monolo-gico sempre e comunquegerarchicamente prioritariorispetto a qualsiasi altro. Nederivano lesclusione dalla comunitmorale di tutti quei soggetti che nonsiano umani adulti in grado di operarescelte e una fiducia acritica nel progres-so. Lautonomia cos intesa rischia di tra-sformarsi in una giustificazione di prati-che di dominio sociale da parte di quanti(scienziati, istituzioni scientifiche, etc.)possiedono competenze e mezzi finan-ziari per operare interventi genici o delloStato che, regolando, finisce per decide-re le applicazioni e le linee di sviluppodella ricerca e determinare lallocazionedelle risorse.

    Leuristica della paura e la morale delbenessere approdano, dunque, per viediverse, a visioni sostanzialmente pater-naliste: la prima per il suo carattere spes-so pregiudizialmente antimoderno e per lasua visione monista sul piano ontologicocome su quello etico, la seconda perch,pur in una visione pluralista, fa dellauto-nomia monologica un principio eticoprioritario e decontestualizzato.

    Letica della responsabilit checi richiamerebbe, secondo leu-ristica della paura a farci carico

    del diritto delle generazioni futu-re alla vita e a una vita quali-

    tativamente non inferiore allanostra, e, secondo la moralitdel benessere a intervenire,valutando ponderatamente

    anche i rischi che questo com-porta, al fine di migliorare la

    specie per garantire maggio-re felicit ai nostri discen-denti, si trasforma difatto, dato il contenuto

    ideologico dei due resoconti, in eticadella convinzione.

    Poich ritengo che ogni individuoabbia il diritto di ricercare la propria feli-cit e di vivere, per quanto possibile, inuna condizione di benessere cercher diproporre alcuni argomenti a sostegno diuna versione della moralit del benesserediversa da quella di Engelhardt e Harris.

    A fronte delle critiche alla ricercascientifica e, in particolare allingegneriagenetica, avanzate dai sostenitori delleu-ristica della paura che sottendono unasorta di diritto allincertezza delle genera-zioni future dovremmo chiederci se talediritto implichi anche il diritto alla malat-tia e alla sofferenza. Qualora fosse possi-bile intervenire sulla linea germinale perporre fine alla trasmissione ereditaria dimalattie genetiche quali lemofilia o lacorea di Hantington il principio di respon-sabilit richiederebbe, davvero, di consi-derare prioritario il diritto allincertezza?

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    Se cos non , ossia, se la nostra assun-zione di responsabilit verso chi ci segui-r in questo mondo, comporta interventicurativi e ampliamento e sostegno allaricerca orientata al fine di garantire una

    migliore qualit della vita, dovremmoporre in atto tutti quegli interventiche ci consentono, ragionevol-mente, di creare o ampliarele condizioni nelle qualiognuno sia in grado di perseguireun benessere ben al di l dellasoglia di pura e semplice sopravvi-venza. Inoltre, dovremmo discrimi-nare, diversamente da quanto fannoJonas e Rifkin, fra possibi-lit e probabilit anche inconsiderazione del fattoche il principio di giustizia richiede unavalutazione ponderata dei costi e deibenefici delle nostre azioni. In altri termi-ni, non credo che la mera possibilit chesi verifichino determinati esiti possaessere condizione sufficiente a bloccarela ricerca scientifica. Quanto alla proba-bilit ne andrebbero valutati, e qui ilrichiamo alla responsabilit dei ricercato-ri diventa fondamentale, con estremaattenzione i livelli.

    Il contesto teorico di sfondo per unamoralit del benessere che non tanto sicontrapponga alleuristica della paura,ma che sappia cogliere in positivo alcuneistanze che essa ci pone, si basa su unavisione dialogica e processuale dellauto-nomia e su una particolare interpretazionedel principio di responsabilit. In breve,intendo dire che la nostra autonomia contestualizzata, si esprime e si sostanzia

    in particolari condizioni, ha strettamentea che fare con processi di identificazionee riconoscimento da parte dei nostri inter-locutori e trova espressione nelle diversecondizioni sociali e culturali in cui ci

    capitato in sorte di vivere. Anche ilprincipio di responsabilit deve,pertanto, tenere conto delladimensione intersoggettiva delnostro agire morale. Ci signi-

    fica che dovremmo valutare, sulpiano etico, non solo gli esitiprevedibili delle nostre azioni,

    ma anche le azioni cui altrisaranno indotti una voltaposte in atto le nostre scel-te. Mi sembra evidente

    come la coniugazione di autonomiadialogica e principio di responsabilit,cos inteso, comportino lassunzione chela nostra legittima e individuale ricercadella felicit non pu prescindere dallal-trui analoga ricerca. Il problema datodal fatto che nella nostra societ pluralistae pluriculturale impossibile una defini-zione condivisa di che cosa sia la felicit(anchessa contestuale), come, delresto, avviene per moltissimi altri voca-boli delletica. Ci troviamo, cio, di fron-te a una vera e propria eterogeneit ecomplessit delletica che rifugge approc-ci che pretendano una sorta di ingabbia-mento entro categorie di pensiero prede-finite. In particolare, di fronte alle novite alla velocit di sviluppo delle ricerche edelle applicazioni nellambito dellinge-gneria genetica con i dilemmi morali chene conseguono, i resoconti che ci conse-gna la storia del nostro pensiero appaiono,

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    se assunti rigidamente, inadeguati aoffrirci categorie interpretative e orienta-tive fruibili per loggi.

    Quanto detto non significa chesiamo condannati a una sorta

    di indecidibilit etica o aunestraneit morale taleda rendere impossibilelargomentazione dialo-gica e da consentire, alpi, la pura e semplicenegoziazione sulle pro-cedure di convivenza. Lavia che, al momento, misembra pi feconda nellap-proccio ai dilemmi etici delnostro tempo consiste nella coniugazio-ne di un aspetto chiave del pensieromoderno che sta alla base del principio ditolleranza, ossia, lacquisizione che lelealt morali di ognuno sono, per lui, pro-fondamente significative e come tali dob-biamo riconoscerle, anche se non le con-dividiamo, e di una prospettiva di ricercamorale che reinterpreti, allinterno di uncontesto pluralistico, la phronesis aristo-telica. Dovremmo, pertanto, adoperarci inquello che potrei definire un esercizioquotidiano di affinamento delle nostrecapacit di dialogo morale e, insieme,della nostra immaginazione morale comecapacit di operare scelte e giustificarle ainostri interlocutori, entro contesti forte-mente dilemmatici essendo, nel contem-po, capaci di ascoltare criticamente leragioni altrui. Latteggiamento fronetico(che significa saggezza e ragionevolezzapratica) si sostanzia, cos, come capacitdi rigerarchizzare, se necessario, i princi-

    pi etici di riferimento in relazione ai con-testi. In tal senso il principio di responsa-bilit, nella versione ampia che ne ho pro-

    posto, implica limpegno moralea giustificare a noi stessi e

    agli altri quale rapportoinstauriamo fra lobbli-go di rispettare certenorme morali (princi-pio deontologico),quello di farci caricodelle conseguenze

    delle nostre azioni(principio consequenzia-

    lista) e il tener conto di spe-cificit, per noi, rilevanti (prin-

    cipio di parzialit). Inoltre, una rein-terpretazione della phronesis che tengaconto del pluralismo, comporta la valoriz-zazione etica dellattribuzione di signifi-cato. Significare a noi stessi e agli altri leragioni delle nostre scelte e delle nostreazioni, sottoporle alla valutazione criticaaltrui, essere disponibili ad emendarcicome lo siamo a convincere i nostri inter-locutori della giustezza di quanto decidia-mo di fare, contribuisce a dare maggiorepienezza alla nostra vita morale. Alloradiritto alla ricerca della felicit, a perse-guire il benessere in termini contestuali etenendo conto delle relazioni intersogget-tive entro le quali esprimiamo la nostraautonomia mi sembra possa sostanziarsi,per usare unespressione di M.Nussbaum, come human flourishing, fio-ritura di capacit umane che diano signi-ficato alla nostra vita e si proponganocome apertura verso i nostri compagni diavventura in questo mondo.

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    Pu la ricerca scientifica e, in partico-lare quella genetica, favorire e supportareuna moralit del benessere cos intesa? Sitratta, anche qui, di unattribuzione disignificati. Proprio la

    ricerca in campo geneti-co ci sta dimostrando lapossibilit che essa siaorientata e finanziata insettori che possono opotranno essere di grandeutilit per lenire la soffe-renza fisica e, con questa,poich spesso si accompa-gnano, anche quella morale.Quale significato possono, invece,avere altre ricerche che si dimostranopalesemente inutili e, spesso, eticamentediscutibili se non la promozione sensa-zionalistica e pubblicitaria o il narcisismodi qualche ricercatore? Del resto nonritengo corretto porre limiti esterni allaricerca sia perch spesso si rivelano inef-ficaci, sia perch ricerche dagli obiettiviimportanti non sempre hanno immediatosuccesso. Andrebbe, poi, distinto conmaggiore attenzione di quanto si faccia,lambito della ricerca da quello applicati-vo che esige ulteriori approfondimenti esperimentazioni. Va, infine, tenuto pre-sente che se nostro dovere limitare almassimo delle possibilit eventualiimpatti negativi di determinate ricerche,un qualche margine di errore ineludibi-le perch connaturato con limperfezioneumana. Non ritengo che ci possa costi-tuire una condizione sufficiente per bloc-care la ricerca.

    Mi sembra, pertanto, possibile trarrealcuni orientamenti pratici riguardo gliattuali sviluppi della biotecnologia e del-lingegneria genetica. La produzione di

    cibo transgenico non va, di per

    s, demonizzata. E per neces-sario che le coltivazioni tran-sgeniche avvengano inambiente protetto al fine di evi-tare qualsiasi possibilit diinfezione genetica. Dovremmo,

    inoltre, chiederci se effettiva-mente tali cibi possano risolvereil gravissimo problema della

    fame del mondo o se esso non sia,come credo, in gran parte dovuto allepolitiche agricole e alle ragioni forte-

    mente ineguali del rapporto fra Nord eSud del mondo. In ogni caso, politicheche facessero propria lidea dello svilup-po delle capacit dovrebbero, pur in une-conomia globalizzata e allinterno di essa,valorizzare le produzioni locali e di nic-chia. Quanto alla sperimentazione suglianimali, va ricordato, come aspetto discri-minante che, al di l di veri e propri orro-ri come la vivisezione, le differenze nelmetabolismo basale fra umani e cavie larendono talvolta inutile e, comunque,resta sempre necessaria la sperimentazio-ne sugli umani. Inoltre, il dar vita a chi-mere per il puro gusto di dimostrare lecapacit scientifiche di questo o quelricercatore o istituto mi pare, francamen-te, non giustificabile sul piano etico.Infine, lintervento genico sulluomocredo sia giustificabile come interventocurativo. Eventuali interventi miglioratividiffusi sulla linea germinale finirebbero

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    18IL DIRITTO ALLA FELICIT

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    per configurare unumanit corrisponden-te alla nostra attuale visione di ci che bene, senza considerare che tali visionisono mutevoli espressioni di contesti cul-turali e non esprimono criteri assolu-

    tamente oggettivi. Non dovrem-mo dimenticare che homosapiens lesito di processievolutivi casuali e altamen-te improbabili.

    Salvaguardando lauto-nomia della ricerca,dovrebbe essere la comuni-t scientifica a fissare, valu-tate le implicazioni etiche dellaricerca, codici deontologici e, difronte alla probabilit elevata di controin-dicazioni, eventuali moratoriepro tempo-re, tenendo sempre presente che quantisono oggetto di ricerca (ad es. di scree-ning genetico) devono dare il loro con-senso essendo informati delle modalit edei fini della ricerca stessa. Infine, nellaconsapevolezza che mai come ora nelcorso della storia umana la potenza deimezzi che abbiamo a disposizione ci haposto nella condizione di mettere indiscussione la nostra stessa esistenza sulpianeta, dovremmo tutti, a cominciaredagli scienziati, tenere conto della sottilerete di relazioni nella quale siamo inseri-ti come appartenenti alla biosfera e delfatto che, proprio per questo, tutti i pro-cessi che avvengono in essa sono coevo-lutivi. Ci significa che dovremmo incen-tivare gli interventi che producono resi-lienza (misura della capacit possedutada un sistema di far propri il cambiamen-to e le perturbazioni) ed evitare quelli che

    la riducono. In questo senso il principiodi responsabilit richiede che la preoccu-pazione per gli esiti delle ricerche scien-tifiche e delle loro applicazioni sia coniu-

    gata con la probabilit che si

    verifichino o meno determi-nati esiti. La responsabili-t morale non credopossa farsi carico di ciche assolutamenteimponderabile.

    Un ultimo aspettoche ritengo importante

    sottolineare quello dellacomunicazione, non sem-

    plicemente dellinformazione(che ricezione passiva), fra scienziati,bioeticisti e cittadini. I problemi cui ho,qui, brevemente accennato, sono effetti-vamente questioni di vita e di morte dallequali nessuno pu e deve sentirsi escluso.Il nostro essere pienamente cittadinisignifica capire e poter decidere concognizione di causa, interloquendo congli esperti, su questioni tanto essenzialiper il nostro destino come per quello dichi ci seguir. Responsabilit, perci, cor-risponde allassunzione di una posizioneconsapevole di ognuno su tali questioni ilche contribuisce a far fiorire le nostrecapacit, quanto meno, nellambito del-limmaginazione morale, e a dare signifi-cato alla nostra esistenza.

    La scienza e letica hanno, dunque, unaprospettiva comune: la loro apertura, illoro non accontentarsi dei risultati rag-giunti, lincertezza che rende la nostravita di esseri imperfetti una continua emai terminata ricerca. Al viaggio verso i

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    confini delluniverso, della vita e dellasua origine corrisponde quello cheEraclito chiamava il viaggio verso i confi-ni dellanima. Ho cercato di argomentarea favore di unintegrazione di questi due

    percorsi. Si tratta di una sfida difficile ebella il cui esito non affatto scontato.Arrivati al momento del bilancio in cui

    cerchiamo di dare un senso e un significa-to alla nostra esistenza, forse, potremmodire che il diritto alla felicit per ognunoe per tutti si sostanziato nel ricercarla

    attraverso la fioritura delle nostre e dellealtrui capacit. Allora la felicit che ci possibile potr essere riconosciuta nellanostra consapevolezza di aver scelto eagito secondo ragionevolezza e responsa-

    bilit e nel riconoscimento da parte deinostri compagni di avventura che, con ilsuo carico di debolezze e difetti cui tuttisiamo soggetti, la nostra stata e conti-nua a essere una vita piena di significato,una vita bella.

    19Moralit del benessere ed etica della responsabilit di fronte alle sfide della ricerca scientifica, F. Manti

    RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI

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    La questione sociale della felicit

    diMorris L. GhezziUniversit di Milano

    In the present article the Author offers an analysis of the social question of happi-

    ness; he proposes a fresh reflection on the actual means which can be used in cur-

    rent post-modern societies in order to offer the maximum of happiness to the highest

    number of persons, entering in particular the determination of the juridical and eco-

    nomical instruments through which this target can be reached and maintained. The

    Author also critically discusses the tantalizing dicothomy between individual and

    general freedom in the framework of a larger historical discussion starting from the

    period of the Enlightment to the crisis of the model of the Welfare State.

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    IIl tema ci invita a riflettere su comela societ umana possa e sia ingrado di garantire il massimo di

    felicit possibile al maggior numero dipersone, ma prima di procedere su questastrada necessario definire il concetto difelicit al fine di evitare fraintendimenti,

    di essere convinti di parlare di un certofenomeno ed essere, invece, percepiticome portatori di argomenti differenti. Ilproblema della felicit, posto in questitermini, non si presenta di natura n filo-sofica, n etica, bens psicologica, socio-logica, giuridica, economica e politica. Inaltre parole, non coinvolge n la cono-scenza umana in senso astratto, n ildover essere, ma esclusivamente ladimensione soggettiva dellindividuo, la

    capacit della societ di assecondare, disoddisfare questa dimensione e lidoneitdegli strumenti a disposizione della socie-t per perseguire, per raggiungere taleobiettivo. Gli strumenti economiciappaiono senza dubbio importanti, maforse ancora pi importanti possono esse-

    re considerati quelli giuridici e quellipolitici. Infatti, la politica che fissa i finisociali, i valori da difendere, gli interessida tutelare, in sintesi, i desideri collettivida realizzare ed il diritto che organizzalopera della politica; leconomia dovreb-be mettere a disposizione beni e servizisufficienti a soddisfare i desideri colletti-vi, attivit ardua in situazioni di scarsit,ma facilitata dallo sviluppo tecnologicoed industriale. Tuttavia, poich la felicit

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    22IL DIRITTO ALLA FELICIT

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    non ha una dimensione esclusivamentemateriale, sembra importante affronta-re, per definirla sul piano socio-logico, la natura di questidesideri collettivi e,

    soprattutto, la lorodimensione individualeoltre che collettiva.

    I desideri collettivisono frutto dei modelliculturali prevalenti, domi-nanti, che sono stati lenta-mente costruiti nel tempo dagliusi, dalle consuetudini, dalle tradi-zioni, dalla propaganda politica e religio-sa, che si sono stratificati ed hanno subitopi o meno violente compressioni o godu-to di appagamenti altrettanto pi o menoviolenti. Attualmente tali desideri, a causadella potenza persuasiva dei mass media,sono soggetti alla pressione di particolarivolont non sempre trasparenti e, soprat-tutto, non sempre legittimate in via demo-cratica, che tendono ad indirizzarli ed atrasformarli. Questa situazione sollecitaoggi, ancora pi che in passato, lattenzio-ne, nel modello di governo democratico,alla dimensione individuale, soggettivadei desideri e degli interessi. Nessuno,concretamente, meglio della persona fisi-ca stessa in grado di valutare, di sentiree, quindi, di esprimere quali siano i propridesideri ed i propri interessi. Chiese eStati hanno storicamente cercato di sosti-tuirsi allindividuo in questa opera dicostruzione di desideri e di attribuzione di

    interessi, ma fortunatamente le democra-zie hanno programmaticamente posto

    fine a queste tendenze autoritariee totalitarie. Lindividuo in

    democrazia si presenta come

    indiscusso ed indiscutibilesoggetto politico autono-mo, come decisore, comedetentore della legittimitdelle scelte operate dai

    Governi. Sono, dunque, idesideri di questi individui

    autonomi che governano, secon-do il principio della maggioranza, le

    societ democratiche. Ovviamente i desi-deri, per non divenire sogni, fantasie, deb-bono riconoscere i limiti oggettivi, gliostacoli insormontabili che la realt poneloro: desidererei volare, ma, purtroppo,non possedendo le ali, debbo accontentar-mi di prendere un aereo. Il desideriosenza confini si trasforma, in questomodo, in aspettativa consapevole di poteressere appagata.

    Volgiamo ora, solo per un attimo, losguardo al nostro mondo ed, in particola-re, alla struttura del vivente, sia essovegetale, animale o anche umano. Tutto sitrasforma continuamente; tutto va incon-tro alla distruzione per, poi, rigenerarsisotto altra forma; tutto si logora, si consu-ma; tutto subisce linsulto dellattrito ed ilpeso della gravit, tutto nasce e muore. Leore della vita umana sono scandite dallugubre motto latino: vulnerant omnes,ultima necat1. A ci si aggiunge una cate-

    1 Cfr. Citati, 1996: 35:I Greci erano molto meno ingenui di noi, e sapevano come fosse tra-

    gica la gioia nel mondo luminoso di Apollo. Perch la cetra che d gioia, lo stesso strumento del-

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    na alimentare, che nutre il vivente anima-le con un altro vivente, fosse anche soloun essere vegetale, ed una selezionenaturale, che decreta la vita per il piforte e la morte per il pi

    debole, per il meno adattoalla situazione data.Senza pensare al pescegrande che mangia il pic-colo, basta semplicementericordarsi che la nostra vitadipende dalla forza delle nostredifese immunitarie che fanno continua-mente strage di microrganismi (virus,batteri, funghi, etc.), che con la loro vitapossono produrre la nostra malattia e lanostra morte e che con la loro morte libe-rano la strada alla nostra vita. Se, dunque,la struttura del vivente al carattere dellamorte aggiunge anche quello dellomici-dio, le societ umane manifestano conflit-ti, lotte non meno cruente ed inevitabili2.Dalla guerra per lappropriazione di risor-se scarse alla conquista della supremazia

    per affermare presunzione, vanit e pote-re, la storia umana ci mostra con estremaevidenza gli effetti causati dallantino-

    mia insuperabile tra la libert del sin-golo ed equivalente libert

    di tutti gli altri, tra lauto-nomia dellazione umana egli inevitabili condiziona-menti eteronomi impostidagli interessi e dai deside-

    ri altrui. Se ad ogni soggettoumano deve essere riconosciuta

    una eguale dignit, allora ogni deside-rio, ogni interesse, in astratto lecito,si tratta di farlo coesistere con altri

    desideri ed interessi altrettanto leciti,questa, per, non opera della natura, madella cultura, della attivit tutta artificialedel diritto. La natura non distribuisce paridignit agli esseri viventi, essa decreta pergli uni vittorie e per gli altri sconfitte, pergli uni, i pi forti, vita, e per gli altri, i pideboli, morte. La felicit, dunque, non ,in natura, distribuita in modo eguale. Ma

    23La questione sociale della felicit, M.L. Ghezzi

    larco, che d la morte. Come Apollo saettava da lontano le frecce del suo arco, le Muse saettavano

    da lontano i dardi della loro lira. Il poeta era un arciere: la sua canzone una freccia, che non sbaglia-

    va mai la meta; e la corda dellarco vibrava come le corde della cetra. Le notizie essenziali sulla poe-

    sia apollinea sono tutte contenute in questa metafora. Il poeta possedeva la distanza contemplativa

    dal dio che, con un gesto, aveva arrestato sul frontone di Olimpia la lotta dei Centauri e dei Lapiti; e

    la precisione e lesattezza, larte di cogliere nel segno e di conoscere il vero ordine delle cose, che pos-

    siedono i grandi matematici. Ma portava in s un dono pi terribile: la morte.

    2 Questa lucida visione del mondo era gi ben nota agli antichi egizi per i quali secondoAssmann (2002: 90): [l] aggressivit [...] annoverata fra le qualit del mondo alle quali neancheluomo pu rinunciare se vuole continuare a esistere al mondo, e che anzi, anche quando siano valu-

    tate negativamente, sono irrinunciabili per la continuit del mondo. [...]Proporrei per questa formala definizione di aggressivit cosmologica. Non scaturisce dalla dinamica della formazione dei grup-

    pi, ma risulta dallegizia concezione del mondo e dalla connessa logica del potere. Secondo lidea

    egizia, ogni forma di potere si espone allodio nel mondo scisso. Il potere impensabile senza la

    ribellione, la quale insorge automaticamente, almeno potenzialmente, nel momento stesso del costi-

    tuirsi di un potere.

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    24IL DIRITTO ALLA FELICIT

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    sembra ora, finalmente, giunto il momen-to di definire il concetto di felicit,almeno per quanto riguarda isuoi aspetti sociali.

    Lappagamento dei desi-

    deri produce senza dubbiofelicit, ma, si gi detto,non tutti i desideri sonoappagabili a causa dellesi-stenza di limiti, di impedi-menti naturali al loro appaga-mento. Si tratta, dunque, da unlato, di razionalizzare, di rendererealistici i propri desideri e, dallaltro lato,di essere consapevoli della componenteculturale, introiettata dallindividuo nellafase di integrazione sociale, propria di talidesideri. Tuttavia, sia a livello personaleprofondo, si potrebbe dire psicologico, siaa livello collettivo, sociologico, i desideripossiedono sempre una forte dimensionearbitraria, soggettiva, relativa alle scelte,al modo di vedere, di pensare, degli indi-vidui e delle societ nelle quali essi simanifestano. In altre parole, i desideri nonsono uguali, non sono i medesimi per tutti

    anche se, in societ fortemente integra-te, possono raggiungere un certo

    livello di omogeneit; al con-trario, essi variano da indivi-duo ad individuo, da societ

    a societ. Da ci si puricavare che la felicit nonpossiede il medesimo con-

    tenuto per tutti gli individuied in tutte le societ. I desi-

    deri appagati, poi, sono i soli,in quanto appunto appagabili, ad

    essere in grado di produrre felicit.Conseguentemente laspettativa di felicittende a corrispondere allaspettativa diappagamento di questi desideri e la felici-t, quindi, pu essere definita a livellosociologico come un appagamento diaspettative3. La felicit, intesa come sod-disfazione, appagamento delle aspettativedel soggetto, ha il duplice pregio di nonessere una mera, vana speranza e di pos-sedere, al contempo, sia la dimensioneindividuale delle scelte personali, siaquella collettiva della cultura e del diritto;ovviamente i contenuti di questa felicit

    3 Nella teoria di Niklas Luhmann il concetto di aspettativa non implica necessariamente che cisi aspetti qualche cosa di positivo, tuttavia la conferma delle proprie aspettative mette sempre in campouna certa dose di positivit, in quanto produce certezze nellindividuo.Avere strutture di aspettative ingrado di compiere una selezione e di diminuire la complessit e la contingenza, una necessit esi-

    stenziale. La mancata realizzazione delle aspettative suscita quindi un problema che occorre risolve-

    re. La mancata realizzazione delle aspettative pu sorprendere in modo negativo o positivo ma, indi-

    pendentemente dagli effetti del caso singolo, essa mette in discussione la aspettativa delusa. Dopo la

    delusione, la situazione non pi la stessa di prima: diventato inequivocabilmente chiaro che la

    aspettativa era soltanto unaspettativa. Anche se la sorpresa piacevole, anche se, ad esempio, arri-

    vata sotto forma di un dono inatteso, essa ha anche un lato spiacevole perch mette in pericolo la con-

    tinuit dellattendere in un modo che in larga parte indipendente dagli effettivi danni o vantaggi del-

    lavvenimento concreto. La sorpresa minaccia di neutralizzare la prestazione riduttiva dellaspettativa

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    saranno vari, incerti, relativi, soggettivi,appunto. Nessun contenuto di felicit certo ed immutabile per tutti; il parados-so del masochista bene esplicitatale situazione, ma il paradosso si

    esaspera ancora di pi di fron-te alle aspettative di vita e dimorte proprie ed altrui: chi siattende una lunghezzamedia di vita non sar felicedi aver contratto una malat-tia mortale, ma colui che ante-pone i propri principi alla suastessa vita sar indifferenteanche di fronte al martirio; ed,ancora, chi crede ciecamente nei proprivalori assoluti pu essere felice od addo-lorato della morte altrui, spontanea o dalui procurata, in dipendenza dal contenu-to di questi valori. Laspettativa, per suastessa natura, varia contenutisticamente epu essere appagata, rendendo felice unsoggetto, non solo con beni sia immate-riali (idee, elogi, valori, conoscenze, etc.),sia materiali (cibo, ricchezze, etc.), maanche con qualit e quantit diverse di talibeni. Ad esempio, nel secolo decimottavolaspettativa di benessere dei lavoratori areddito pi basso si limitava allotteni-mento di un lavoro, al possesso di unaabitazione ed alla possibilit di nutrirsi;

    oggi questa medesima aspettativa siestende ad un tenore di vita ben superiore,

    che prevede anche luso di autovetture,di televisori, di elettrodomestici,alla possibilit di godere di

    vacanze, alla certezza delposto di lavoro, alla sicu-rezza sociale, allassi-stenza sanitaria, allatutela pensionistica,etc. Lappagamentodelle aspettative e laconseguente felicit

    di un operaio o di unimpiegato ottocentesco

    non coincidono, dunque, conquelle di un attuale operaio od impiegato.

    Poich, come si gi avuto modo didire, la struttura del nostro mondo, delvivente una struttura di lotta, il cui esitofinale sempre e comunque per tutti lamorte, la felicit non pu certo essereancorata alla manifestazione, alle realiz-zazioni spontanee di tale struttura (uso iltermine struttura e non ontologia in quan-to questultimo ha natura metafisica e,quindi, contrasta con la mia visione mera-mente metodologica della conoscenza),ma dovr essere costruita artificialmente,per quanto possibile, ad opera dellesse-re umano. Il diritto si presenta come uno

    25La questione sociale della felicit, M.L. Ghezzi

    stabilita; di mettere in evidenza la originaria complessit delle possibilit e la contingenza di un agire

    che pu anche essere diverso; di screditare la storia di esperienze e di conferme rassicuranti raccolte

    in precedenza. Le delusioni, insomma, conducono allincertezza. Questo aspetto del problema non pu

    essere risolto compensando in ogni singolo caso i danni e gli svantaggi ottenuti. La aspettativa stes-

    sa, se non pu essere cambiata e sostituita da nuove fonti di sicurezza, deve essere necessariamente

    riprodotta al suo livello funzionale generalizzato, mediante processi simbolici per la rappresentazione

    di aspettative e per il trattamento dellavvenimento deludente (Luhmann 1977: 66).

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    degli strumenti, forse quello storicamentepi usato e pi potente, per conseguiretale obiettivo, per costruire una felicitartificiale; esso tenta di formare cer-tezze, sicurezze, nella generale

    incertezza esistenziale, di sop-perire alle mancanze, allecarenze dei pi deboli e di porrerimedio ai danni causati dallasorte avversa. Basta pensareallevoluzione dei dirittiumani, che, in un primo tempo,furono puramente di libert for-male e di tutela contro il tiran-no; poi divennero anche dipartecipazione politica; quin-di si posero il problema della libert dalbisogno e si estesero a comprendere latutela di una certa eguaglianza economi-ca; indi cercarono di costruire eguali puntidi partenza per tutti, affinch ciascunopotesse esprimere il meglio di s, dellesue doti e costruire da se medesimo il suc-cesso del proprio futuro; infine, ma la sto-ria non si ferma, i diritti umani ripensanoora se stessi non pi come diritti di egua-glianza, ma come diritti di diversit, poi-ch trattamenti uguali per individui diver-si producono diseguaglianze. Riflessione,questultima molto esatta, ma anchealtrettanto pericolosa in quanto sottile ilconfine che separa i trattamenti giuridicidiseguali che producono libert da quelliche impongono servit. Il diritto ha anchedato vita al Welfare State, allo Stato delbenessere che si propone di accompagna-re il cittadino dalla culla alla bara, soste-nendolo, proteggendolo ed accudendoloin tutte le sue esigenze. Purtroppo sono

    sotto gli occhi di tutti i limiti operativi deidiritti umani ed il fallimento del Welfare

    State. I limiti ci mostrano la naturale edinsuperabile antinomia tra libert

    individuale e libert collettiva,

    tra lautonomia del singolo ele esigenze di controllo dellasociet, prodotta dalleguale

    diritto alla libert di tutti. Pi sigarantisce la libert collettiva,meno spazi si lasciano a quella

    individuale; sufficiente riflette-re sullipersviluppo che nelle nostreattuali societ ha avuto il diritto.Sono ora regolamentati molti piambiti sociali che in passato ed ogni

    nuova regolamentazione un quantum dilibert individuale in meno. Il diritto sta-tale, a mero titolo di esempio, entra oracon sempre maggiore forza anche nellor-dinamento giuridico della famiglia, sot-traendo autonomia a questultimo. Il sog-giacere dellordinamento giuridico fami-liare interno allordinamento giuridicostatale esterno produce il moltiplicarsidegli interventi giudiziari sulla famigliaper regolare i rapporti tra coniugi, traparenti, tra genitori e figli. Tutto tende adessere regolamentato e la regolamentazio-ne produce certezza sociale, ma toglielibert individuale; si pensi, per restare alnostro esempio, come la regolamentazio-ne delle successioni tanto garantisca glieredi, quanto tolga libert al de cuius. Delresto, anche la sicurezza generata dalWelfare State tende a risultare antinomicarispetto alla libert individuale, ma anchecollettiva. Giustamente, infatti, gi Alexisde Tocqueville, a proposito della demo-

    26IL DIRITTO ALLA FELICIT

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    crazia in America, suonava un campanel-lo di allarme:

    I nostri contemporanei sono continua-

    mente travagliati da due passioni contra-

    stanti: provano bisogno di essere gui-

    dati e la voglia di restare liberi.Non potendo liberarsi n del-

    luno n dellaltro di questi istin-

    ti contrari, cercano di soddisfarli

    entrambi contemporaneamente.

    Immaginano un potere unico, tutelare,

    onnipotente, ma eletto dai cittadini.

    [...]In un sistema del genere i cittadi-ni escono per un momento dalla

    dipendenza, per designare il

    loro padrone, e poi vi rientrano.

    Esiste ai nostri giorni molta gente

    che si adatta facilmente a questa spe-cie di compromesso tra dispotismo ammi-

    nistrativo e sovranit popolare, e che

    pensa di avere sufficientemente garantita

    la libert individuale quando laffida al

    potere nazionale. Questo non mi basta. La

    natura del padrone mimporta molto meno

    del fatto di obbedire4.

    Lattuale crisi del Welfare State, tutta-via, non risiede solo nellantinomia giuri-dica libert-sicurezza o nei pericoli del

    Grande Fratello di orwelliana memoria

    5

    ,oltre ovviamente che nei suoi costi cre-scenti e nel relativo peso fiscale semprepi insostenibile in fasi di stasi od addirit-tura di recessione economica, ma, soprat-tutto, nel profondo conflitto umano tradesiderio di libert e ricerca di certezze,

    di protezione, di pace. In altre parole,lantinomia libert-sicurezza non sologiuridica, ma espressione di una ben piprofonda e naturale antinomia umana,destinata a condurre al fallimento qualsia-

    si organizzazionesociale eccessiva-mente invasiva

    della sfera individuale,personale di vita. Tale

    antinomia recentemente hatrovato una ulteriore

    espressione nel con-trasto tra tenden-ze globaliste e

    tendenze localiste,entrambe contemporaneamente presentinelle realt sociali mondiali, di difficile,per non dire impossibile, conciliazione, senon attraverso precari e temporanei artifi-zi istituzionali, quali il modello federaledi governo.

    Le antinomie individuo-collettivit elibert-sicurezza, che tendono ad esplo-dere, la prima, per eccessiva compressio-ne dellindividuo o per gigantismo buro-cratico ed inefficiente delle organizzazio-ni collettive e, la seconda, per paura o pernoia, sono, pi che sociali, naturali, insi-te, cio, nella struttura medesima delles-sere umano e ci produce ostacoli insor-montabili alla costruzione di societ per-fette, che, non a caso, vengono definiteutopiche. La felicit, dunque, non sembra

    27La questione sociale della felicit, M.L. Ghezzi

    4 Cfr. de Tocqueville 1968: 813.5 Lespressione Grande Fratello non si riferisce al titolo dellomonima trasmissione televisi-

    va, ma al noto personaggio del romanzo intitolato 1984 e scritto da George Orwell nel 1948.

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    28IL DIRITTO ALLA FELICIT

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    essere fenomeno naturale, non sembraappartenere spontaneamente a questomondo. Essa, piuttosto, si pre-senta come una aspirazione,una ricerca umana, appagabile,

    per quanto possibile, con stru-menti artificiali, culturali tuttiumani; primo fra questi strumenti,lo si gi detto, il diritto.

    Per illuminismo - scriveLuhmann - intendiamo lo sforzodi ricostruire le condizioni del-

    lesistenza umana a partire

    dalla ragione e senza alcun

    legame con la tradizione e il

    pregiudizio, sforzo culminato

    nel XVIII secolo, ma poi rapida-mente caduto vittima di una sva-

    lutazione scettica6.

    Come noto, il pensiero illuminista strettamente intrecciato con la LiberaMuratoria Universale, intreccio tanto fittoda poter essere simbolicamente rappre-sentato dalla presenza del diritto alla feli-cit nella Dichiarazione di indipendenzaamericana del 1776, dovuta alla penna diun famoso libero muratore, quale eraThomas Jefferson7. LIlluminismo ha cer-cato di costruire la felicit umana, ponen-do rimedio alle atrocit della natura, ma

    contro la struttura del reale ben difficilesperare di poter avere successo. Da

    La Citt del Sole di TommasoCampanella alla Nuova

    Atlantide di Francesco

    Bacone, allUtopia diTommaso Moro; dalla Societdelle Nazioni allO.N.U.; dallaMagna Charta Libertatum

    inglese del 1215 ai diritti umanila strada stata lunga, ma irisultati scarsi. Il problemarisiede proprio nella strutturadel vivente e le metafore reli-giose lo indicano con estremachiarezza.

    Nellantico Egitto, il dio la cuimorte e resurrezione venivano

    celebrate ogni anno con alternarsi di

    dolore e di gioia, era Osiride, la pi

    popolare delle divinit egiziane, e vi

    sono forti ragioni per classificarlo in

    uno dei suoi aspetti con Adone e con

    Attis, come la personificazione dei gran-

    di cicli annuali della natura e particolar-

    mente del grano.

    Frazer 1973: 5698

    Le stagioni si susseguono scandendo icicli della vita vegetale ed animale, lin-verno, la morte prepara la primavera, la

    6 Luhmann 1983: 73.7 Cfr. Jacob, 1995; Giarrizzo, 1994; Ciuffoletti, 1991.8 Un altro di quegli dei, la cui mitica morte e resurrezione lasciarono cos profonde radicinella fede e nei riti dellAsia occidentale, Attis. [...]Intorno alla morte di Attis correvano due rac-conti diversi: secondo luno, egli era stato, come Adone, ucciso da un cinghiale: secondo laltro si

    evir sotto un pino e perdette tanto sangue che ne mor, ibidem, vol. I, p. 544.

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    rinascita; il ciclo della natura non segnasolo il pendolo della vita e della morte,ma anche le tappe della catena alimenta-re e della lotta per la vita: la feconditdella terra, il rifiorire della vegetazione

    non solo vita, ma anche alimen-to, cibo per altre vite ed i sacri-fici, anche umani, simboleg-giano contemporaneamentecome dalla morte scaturiscala vita e come la vita debbanecessariamente estinguersicon la morte. Morte senza ocon resurrezione sonocostanti di molte divinitantiche e trovano nelCristianesimo una ulteriore e pirecente rivisitazione con aggiunte nonignote, ma certo simbolicamente ancorapi esplicite quali leucarestia, nella suadimensione di cibo di vita e di metaforasia della catena alimentare, sia delliden-tificazione con la propria vittima, quasi adire che siamo tutti soggetti alla medesi-ma sorte9. Le allegorie religiose descri-vono con realistico rigore la struttura delnostro mondo, della natura, che certo nonfavorisce la felicit dellessere umano,con espressione retorica, dei suoi figli.La ricerca dellartificiale come difesadalla natura, dunque, pi che una sceltaculturale appare una necessit. La naturanon possiede e non esprime buoni senti-

    menti ed , quindi, essa da temere primaancora dellopera umana e dei suoi inevi-tabili errori. La ricerca scientifica, lo svi-luppo industriale e tecnologico, gli studie luso dellenergia nucleare, della biolo-

    gia, della genetica e lepossibili modificazionidel vivente operabili da

    questultima, non esclusala clonazione e la produ-

    zione di organismi geneti-camente modificati,possono forse produrrequalche mostruosit, ma

    nulla in confronto allemostruosit, ai dolori,alle sofferenze prodot-

    te spontaneamente dalla natura, alla logi-ca omicida della catena alimentare edella selezione naturale (attivit, peraltro, naturale di selezione eugenetica)ed, infine, allineludibile esito terminaledella morte. Almeno, valga a consolazio-ne rassegnata, la ricerca scientifica e cul-turale umana devono pur sempre essereconsiderate dei tentativi per liberarsidalla tirannia dei limiti e delle sofferenzenaturali umane, nascono, cio, da buoneintenzioni di conoscenza, di libert e difelicit; purtroppo, come ben si sa, lebuone intenzioni in questo mondo trova-no frequentemente un terreno fertile peressere traviate.

    29La questione sociale della felicit, M.L. Ghezzi

    9 Tanto per le dottrine che per i riti, il culto di Mitra sembra aver presentato molti punti disomiglianza non solamente con la religione della madre degli dei, ma anche col Cristianesimo. Questa

    somiglianza colp gli stessi dottori cristiani, i quali la spiegavano come opera del diavolo, intesa a

    stornar le anime dalla vera fede con falsi insidiosi miraggi della fede stessa, ibidem, vol. II, p. 561.

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    30IL DIRITTO ALLA FELICIT

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    Le divinit di questo mondo non sem-pre portano felicit allessere umano ed per questo che pare opportuno distin-guere tra divinit creatrici e divinitordinatrici, queste ultime, infatti,

    ricordano, simboleggiano illumi-nisticamente lopera umanaintelligente di riordino di unanatura caotica e dolorosamen-te infelice per la vita. Ordo abchao un noto motto massonicoche identifica correttamente nonsolo lopera edificatrice edordinatoria dei liberi murato-ri, ma anche il principale carattere delGrande Architetto dellUniverso, che, inquanto Architetto, non crea dal nulla, maorganizza al meglio il materiale di cuidispone. Forse, un cauto richiamo alledottrine gnostiche pu darci qualche chia-ve di lettura ulteriore della nostra debolevita e della sua infelice felicit:

    Essi [gli Arconti] presero fuoco, terra eacqua; li mescolarono insieme luno con

    laltro e con i quattro venti di fuoco: li

    unirono insieme e fecero una grande con-

    fusione. Lo [Adamo] portarono nellom-

    bra di morte per plasmarlo nuovamente,dalla terra, dallacqua, dal fuoco e dal

    vento, cio dalla materia, dallignoranza

    delle tenebre, dal desiderio e dal loro spi-

    rito di opposizione: questa la grotta

    della nuova creazione del corpo, che i

    ladri diedero alluomo, questa la catena

    delloblio; egli divent un uomo mortale,

    colui che per primo venne gi, la prima

    separazione. Ma lepnoia della luce, che

    era in lui, dest il suo pensiero10.

    Da questo pensiero scaturirono laricerca della conoscenza e limpegno

    operativo, trasformatore dellesse-re umano; conoscenza edimpegno che, a livello sociale,inventarono, usarono ed usano

    ancora il diritto per contenere,incanalare, controllare, gestire,

    siano leciti i paragoni immagi-nifici, linvasione barbarica,il fiume in piena degli insul-

    ti, dei dolori, dei danni, delle distruzioni,delle devastazioni, prodotti dalla natura.

    In conclusione, le nostre pi fondatesperanze di felicit poggiano sulla solidi-t degli argini artificiali posti alla natura,sulla capacit della nostra cultura di ele-vare barriere ad una natura che si presen-ta negativamente dirompente contro lanostra volont, contro il nostro essere. Aquesto punto la questione sociale dellafelicit si manifesta nella sua dimensionepi vera, quella, appunto, artificiale, quel-la indissolubilmente legata alle capacitumane di costruire nuove possibilit, ulte-

    riori chances, che ci consentano, perquanto possibile, di soddisfare le nostreaspettative. Purtroppo, la felicit, comeadempimento di aspettative, in largamisura estranea alla struttura originaria,spontanea, naturale del mondo; essa fenomeno culturale e politico, possibilecercare di modificare se stessi e la societ

    10 Apocrifo di Giovanni, in Moraldi 1988: 29.

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    in cui viviamo, ma, per ora, non pareancora possibile cambiare la struttura del-lessere vivente ed i caratteri profondi delsuo ambiente, conseguentemente diffi-cile essere ottimisti su una felicit sociale

    che, in ogni caso, deve continuare a fare iconti, non riesce a prescindere dai conflit-ti, dalle lotte, dalle guerre e, soprattutto,dalla morte.

    31La questione sociale della felicit, M.L. Ghezzi

    RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI

    Assmann, J. (2002) Potere e salvezza, Teologia politica nellantico Egitto, in Israele e in Europa.Einaudi, Torino.

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    Globalizzazione, una sfida da raccogliere

    diDaniele PecchioliGiornalista

    A lot of people talk about globalization, but no word is so misunderstood. The

    Author gives an interpretation of its meaning in a historical, social and economic

    contest. The analysis raises queries about our moral values and our ethical vision

    of the global world. By the Author, we face the dare of inequality, between countries

    and inside each country, and we must pick up the gauntlet. Firstly, strenghtening our

    different liberties and the institutions defending them.

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    HIRAM

    NNon c discorso pubblico, oconversazione privata, neiquali la parola non compaia.

    Basta pronunciarla e tutto viene messo incrisi: istituzioni, partiti, sindacati, agirequotidiano. Globalizzazione: oggetto didiffamazione e di elogi, motivo di ansie epaure, causa di ingiustificate aspettative emovimenti politici di protesta. Ma che

    cos la globalizzazione? Questo termine,in prima approssimazione, sottolineacome lambiente naturale di vita delluo-mo sia lintero pianeta, il globo terrestre.Oggi, tutto quello che si svolge intorno anoi non pi un avvenimento limitatoentro confini locali, ma ogni invenzione,ogni conquista, ogni catastrofe riguarda-no il mondo intero (Beck 1999: 25).Questa stupefacente integrazione tra ipaesi ed i popoli del mondo stata deter-

    minata dallenorme riduzione dei costi

    dei trasporti e delle comunicazioni, dallosviluppo del World Wide Web, dallabbat-timento delle barriere artificiali alla circo-lazione internazionale di beni, servizi,capitali, conoscenza, persone.

    Di per s, quindi, la globalizzazionenon n buona, n cattiva: un fatto. Enon certamente un fatto del tutto nuovo.Per migliaia di anni i commerci, i traffici,

    le migrazioni, i viaggi, lo scambio delleconoscenze hanno contribuito al progres-so dellumanit. Ad esempio, la carta, lastampa, il sestante, la polvere da sparo, labussola magnetica erano ampiamente uti-lizzati in Cina intorno allanno Mille, maquasi sconosciuti altrove. La globalizza-zione ha diffuso queste invenzioni inEuropa e nel mondo. Anche il sistemadecimale, che ha avuto una parte cosimportante nella rivoluzione scientifica

    europea, nacque e fu sviluppato in India

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    tra il secondo ed il sesto secolo. Poco pitardi fu utilizzato dagli Arabi e raggiunselEuropa negli ultimi decenni del Mille.E perci fuorviante identificare la globa-lizzazione con loccidentalizzazione e

    con limperialismo occidentale della cul-tura (Sen 2002: 4).Sul piano economico alcune caratte-

    ristiche peculiari del fenomeno sonostate individuate da tempo.

    Sfruttando il mercato mondiale la

    borghesia ha reso cosmopoliti la produzio-

    ne e il consumo di tutti i paesi [...]. Le anti-chissime industrie nazionali sono state e

    vengono, di giorno in giorno, smantellate.

    Esse vengono soppiantate da nuove indu-

    strie, la cui introduzione questione divita o di morte per tutte le nazioni civili

    [...]. In luogo dellisolamento locale enazionale, per cui ogni paese bastava a se

    stesso, subentra un traffico universale, una

    universale dipendenza delle nazioni luna

    dallaltra. E come nella produzione mate-

    riale, cos anche in quella culturale. I pro-

    dotti culturali delle singole nazioni diven-

    tano patrimonio comune. Diventa sempre

    pi impossibile considerare lambito

    nazionale in modo chiuso e ristretto, e

    dalle molte letterature nazionali e localiesce una letteratura mondiale.

    La citazione non tratta da un modernoeconomista neoliberale, ma dalManifestodel Partito comunista di Karl Marx eFriederich Engels, pubblicato nel 1848.

    Le linee di sviluppo del capitalismo,intuite in quel testo, si traducono oggi inuna rete di monopoli: monopolio sullatecnologia, che spinge ad investimentisostenibili solo da grandi Paesi e da forti

    spese militari; monopolio sui media e lacomunicazione; monopolio sulle armi didistruzione di massa; monopolio sullac-cesso alle risorse del pianeta (Amir 1997,

    passim). Lo sviluppo economico si

    sottrae al controllo dello Stato-nazio-ne, che costretto invece a farfronte alle sue conseguenze

    sociali: disoccupazione, migra-zione, povert. Si espande,

    cio, una capitalismo mon-diale senza uno Stato mon-

    diale e senza un Governo mondiale, per-ch non esiste un regime interna