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1 GRUPPO DI ESPERTI SUL FONDO PER IL RIMBORSO DEL DEBITO E GLI EUROBILLS Presieduto da Gertrude Tumpel-Gugerell RELAZIONE FINALE 31 marzo 2014

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GRUPPO DI ESPERTI SUL FONDO PER IL RIMBORSO DEL DEBITO E GLI EUROBILLS

Presieduto da

Gertrude Tumpel-Gugerell

RELAZIONE FINALE 31 marzo 2014

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GRUPPO DI ESPERTI SUL FONDO PER IL RIMBORSO DEL DEBITO E GLI EUROBILLS

Gertrude Tumpel-Gugerell, presidente

Agnès Bénassy-Quéré

Vítor Bento

Graham Bishop

Lex Hoogduin

Ján Mazák

Belén Romana

Ingrida Šimonytė

Vesa Vihriälä

Beatrice Weder di Mauro

Segretariato Clemens Ladenburger, segretario Magdalena Lewandowska, Carsten Bermig Alessio Silva

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Indice

I. INTRODUZIONE ....................................................................................................... 6

II. IL CONTESTO GENERALE DEL DIBATTITO SULL'EMISSIONE CONGIUNTA DI DEBITO ........................................................................................ 8

II.1. Un nuovo quadro rafforzato per la governance economica e il settore finanziario ........................................................................................................ 10

II.2. Proposte di emissione congiunta di debito e dibattito sulle visioni a più lungo termine per l'UEM ................................................................................. 15

III. FINALITÀ DELL'EMISSIONE CONGIUNTA DI DEBITO PUBBLICO ............. 18

III.1. Integrazione finanziaria e politica monetaria .................................................. 19 III.2. Sostenibilità delle finanze pubbliche e stabilità finanziaria ............................ 21

IV. IDEA DEL FONDO PER IL RIMBORSO DEL DEBITO E RELATIVO PATTO: STRUTTURA, MERITI, RISCHI .............................................................. 23

IV.1. Caratteristiche di base e varianti concettuali del DRF/P ................................. 23 IV.1.1. Concetto di base del DRF/P elaborato dal GCEE ............................. 23 IV.1.2. Struttura di garanzia .......................................................................... 26 IV.1.3. Dimensioni del fondo e sua composizione ........................................ 28 IV.1.4. Partecipazione .................................................................................... 29 IV.1.5. Flessibilità nella fase di rimborso ...................................................... 30 IV.1.6. Aumento dei tassi di interesse ........................................................... 30 IV.1.7. Gestione del debito ............................................................................ 31

IV.2. Analisi dei meriti del DRF/P in termini di rispondenza alle diverse finalità 31 IV.2.1. Sostenibilità delle finanze pubbliche e stabilità finanziaria .............. 31 IV.2.2. Integrazione finanziaria e politica monetaria .................................... 33 IV.2.3. Complemento del quadro di governance economica nell'UE............ 33

IV.3. Possibili effetti negativi e rischi economici e finanziari del DRF/P ............... 34

V. IDEA DEGLI EUROBILLS: STRUTTURA, MERITI E RISCHI ............................ 36

V.1. Caratteristiche di base e varianti concettuali degli eurobills ........................... 36 V.1.1. Struttura di garanzia .......................................................................... 37 V.1.2. Scadenze interessate .......................................................................... 38 V.1.3. Partecipazione .................................................................................... 40 V.1.4. Durata ................................................................................................ 41 V.1.5. Aspetti tecnici dell'emissione ............................................................ 41 V.1.6. Gestione del debito ............................................................................ 42 V.1.7. Funzioni del regime degli eurobills: semplice strumento di

finanziamento per gli Stati o strumento con funzione, supplementare o alternativa, di prevenzione delle crisi ..................... 43

4

V.2. Analisi dei vantaggi degli eurobills in termini di rispondenza alle diverse finalità ................................................................................................. 44 V.2.1. Integrazione finanziaria e politica monetaria .................................... 44 V.2.2. Sostenibilità delle finanze pubbliche e stabilità finanziaria .............. 45 V.2.3. Complemento del quadro di governance economica nell'UE............ 47

V.3. Possibili effetti negativi e rischi economici e finanziari degli eurobills ......... 48

VI. RISCHI DI AZZARDO MORALE (MORAL HAZARD) E COME AFFRONTARLI ....................................................................................................... 49

VI.1. Condivisione del rischio e azzardo morale: quadro concettuale ..................... 49 VI.2. Possibili modalità di contenimento del rischio morale insito

nell'emissione congiunta di debito sotto forma di DRF/P o di eurobills ......... 50 VI.2.1. Precondizioni: limitazione dell'ammissibilità alla

partecipazione .................................................................................... 50 VI.2.2. Precondizione: periodo di prova ........................................................ 51 VI.2.3. Vincoli politici sulle decisioni economiche e di bilancio degli

Stati membri: controllo ex post e poteri ex ante ................................ 52 VI.2.4. Garanzie reali e rafforzamento del credito ........................................ 54 VI.2.5. Incentivi: reazioni finanziarie, sanzioni e premi ............................... 55 VI.2.6. Sospensione o esclusione dal regime in caso di violazione

delle regole ........................................................................................ 56 VI.2.7. Disciplina di mercato ......................................................................... 57 VI.2.8. Ristrutturazione del debito come possibile elemento a lungo

termine 58 VI.3. Azzardo morale: come affrontarlo nel caso specifico del DRF/P e

degli eurobills .................................................................................................. 59 VI.3.1. Azzardo morale: come affrontarlo nel caso specifico del

DRF/P 59 VI.3.2. Azzardo morale: come affrontarlo nel caso specifico degli

eurobills 60 VI.4. Conclusioni ...................................................................................................... 62

VII. ASPETTI GIURIDICI DELL'EMISSIONE CONGIUNTA DI DEBITO SOTTO FORMA DI DRF/P O EUROBILLS ............................................................ 62

VII.1. Obblighi e limiti giuridici posti dai trattati UE vigenti ................................... 62 VII.1.1. Obblighi sostanziali di cui all'articolo 125 del TFUE –

clausola di non salvataggio ("no bail–out clause") ............................ 63 VII.1.2. Obblighi sostanziali connessi al divieto di finanziamento

monetario (articolo 123 del TFUE) ................................................... 67 VII.1.3. Questioni riguardanti la competenza a istituire un regime

DRF/P o di eurobills e a intraprendere misure complementari per evitare l'azzardo morale: diritto dell'Unione o costruzione intergovernativa? ............................................................................... 67

VII.2. Questioni riguardanti gli ordinamenti costituzionali nazionali, in particolare l'autonomia di bilancio dei parlamenti nazionali ........................... 73

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VII.3. Concezione degli strumenti giuridici atti a introdurre un regime DRF/P o di eurobills .................................................................................................... 74

VIII. LEGITTIMITÀ E RESPONSABILITÀ DEMOCRATICHE IN CASO DI INTRODUZIONE DI UN REGIME DRF/P O DI EUROBILLS .............................. 75

VIII.1. Elementi fondamentali del dibattito .................................................. 75 VIII.2. I termini della discussione sulla legittimità ....................................... 76

VIII.2.1. Osservazioni concettuali .................................................................... 76 VIII.2.2. Attuale legittimità democratica nell'UE, in particolare in

materia di governance economica ..................................................... 77 VIII.2.3. Principi generali della riflessione ...................................................... 78

VIII.3. Analisi del problema: aspetti dell'introduzione di un DRF/P o eurobills che presentano nuovi problemi per la legittimità e la responsabilità democratiche ............................................................................ 79 VIII.3.1. Decisioni riguardanti l'introduzione di un DRF/P o eurobills e

aspetti connessi alla loro concezione e al loro funzionamento .......... 79 VIII.3.2. La gestione corrente di un DRF/P o di eurobills ............................... 80 VIII.3.3. Questioni di responsabilità connesse all'ulteriore

trasferimento di poteri complementari nel settore delle politiche economiche e di bilancio per evitare l'azzardo morale 81

VIII.4. Problemi di efficienza e di responsabilità dei modelli basati su una costruzione puramente intergovernativa ................................................... 81

VIII.5. Possibili modelli per garantire la responsabilità democratica in caso di introduzione di un regime DRF/P o di eurobills ............................. 83 VIII.5.1. Problema: garantire la legittimità parlamentare a livello

europeo e nazionale tenendo distinti i due livelli .............................. 83 VIII.5.2. Legittimità tramite una procedura di modifica del trattato UE ......... 84 VIII.5.3. Un possibile modello di legittimità per il DRF/P .............................. 84 VIII.5.4. Un possibile modello di legittimità per gli eurobills ......................... 84 VIII.5.5. Adeguamenti istituzionali per ottimizzare la legittimità

democratica in ambito europeo ......................................................... 86

IX. CONCLUSIONI ........................................................................................................ 87

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I. INTRODUZIONE

1. A seguito dell'impegno assunto il 12 marzo 2013 nei confronti del Parlamento europeo nel quadro dell'accordo generale sul pacchetto legislativo denominato "two pack", nel luglio 2013 la Commissione europea ha istituito il gruppo di esperti sul fondo per il rimborso del debito e gli eurobills. Nella sua dichiarazione del 12 marzo 2013 la Commissione ha definito il mandato del gruppo di esperti come segue:

"La Commissione istituirà un gruppo di esperti con il compito di approfondire l'analisi sui possibili meriti, rischi, requisiti e ostacoli di una sostituzione parziale dell'emissione nazionale di debito tramite l'emissione congiunta sotto forma di un fondo per il rimborso e di eurobills. Il gruppo avrà il compito di valutare in modo approfondito quali potrebbero essere le loro caratteristiche in termini di disposizioni giuridiche, architettura finanziaria e il necessario quadro economico e di bilancio complementare. Il controllo democratico sarà un elemento centrale da prendere in considerazione. Il gruppo terrà conto del processo in corso di riforma della governance economica e di bilancio europea e valuterà il valore aggiunto di tali strumenti in detto contesto. Il gruppo presterà particolare attenzione alle recenti riforme e a quelle in corso, quali l'attuazione del two-pack, del MES e di ogni altro strumento pertinente. Nella sua analisi il gruppo presterà particolare attenzione alla sostenibilità delle finanze pubbliche, agli strumenti per evitare l'azzardo morale, nonché ad altre questioni centrali, quali la stabilità finanziaria, l'integrazione finanziaria e la trasmissione della politica monetaria."

2. Come emerge dal mandato, la Commissione ha assegnato al gruppo di esperti un compito di esplorazione e di analisi approfondite. L'argomento di studio del gruppo di esperti è stato strutturato in riferimento a due particolari idee in merito all'emissione congiunta parziale di debito pubblico emerse a partire dal 2011 nell'ambito delle discussioni sulle modalità per affrontare la crisi della zona euro e per dare forma al futuro dell'UEM. Si tratta, da un lato, dell'idea di un fondo per il rimborso del debito e di un patto (DRF/P), e, dall'altro, dell'idea degli "eurobills", ossia un programma di emissione congiunta di titoli di Stato a breve termine.

3. Il gruppo di esperti, istituito nel luglio 2013, ha tenuto dieci riunioni. Sulla base di una tabella di marcia adottata in occasione della prima riunione1, ha cercato di svolgere il compito affidatogli di approfondire l'analisi sui possibili punti deboli, i rischi, i requisiti e gli ostacoli delle due idee, affrontando i vari aspetti menzionati nel mandato. Le riflessioni in materia sono confluite nei 7 capitoli della presente relazione, che trattano del contesto più ampio dello sviluppo dell'UEM e dei principali possibili obiettivi dell'emissione congiunta, seguiti da una presentazione dettagliata delle principali problematiche e opzioni di concezione del DRF/P e degli eurobills, nonché dalla valutazione dei rispettivi vantaggi e rischi, tra cui l'azzardo

1 http://ec.europa.eu/transparency/regexpert/index.cfm?do=groupDetail.groupDetailDoc&id

=9669&no=6.

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morale, oltre all'analisi della fattibilità giuridica e del controllo democratico. L'ultimo capitolo contiene le conclusioni del gruppo di esperti.

4. Occorre sottolineare che il mandato del gruppo di esperti non comprendeva lo sviluppo di un programma di emissione congiunta di titoli di debito nella zona euro o la formulazione di proposte o raccomandazioni politiche. Il gruppo di esperti si è attenuto strettamente ai limiti del mandato ricevuto: la presente relazione esplora in profondità le due idee, presenta le principali opzioni possibili, esamina le questioni di fattibilità economica e giuridica e ne valuta i meriti e i rischi. L'analisi porta necessariamente a evidenziare i vantaggi di alcune opzioni di concezione per i due regimi di emissione congiunta e a escludere o scoraggiare talune altre opzioni. La presente relazione dovrebbe pertanto fornire ai decisori politici un ricco contenuto di materia e di consulenza da utilizzare se e quando i regimi di emissione congiunta saranno esaminati a livello politico.

5. Tuttavia, in linea con il mandato ricevuto la relazione non approva, esplicitamente o implicitamente, nessuna delle due idee per l'emissione congiunta di titoli di debito né propone modelli concreti per il seguito politico. Infatti, il gruppo di esperti riconosce che i regimi di emissione congiunta di titoli di debito, comprese le due idee che è stato incaricato di studiare, rientrano in un novero più ampio di idee di possibili interventi politici per l'ulteriore sviluppo dell'UEM. Spetterà alle istituzioni politiche dell'UE e degli Stati membri effettuare una valutazione complessiva di tutte queste idee, soppesandone i meriti e i rischi comparativi per decidere infine sulle priorità e sui tempi. Ai decisori politici spetterà anche valutare l'influenza potenziale dei due regimi di emissione congiunta sulla direzione generale a lungo termine dell'UEM.

6. Dove possibile il gruppo di esperti ha presentato cifre, ad esempio per quanto riguarda le dimensioni di un fondo comune sulla base di varie opzioni di concezione, ma, data la complessità di anticipare la formazione dei prezzi sui mercato, si è astenuto dal formulare stime quantitative sugli effetti finanziari di eventuali future emissioni congiunte sui costi di finanziamento del debito pubblico. L'analisi economica contenuta nella presente relazione si concentra quindi sulla valutazione qualitativa dei meriti e dei rischi effettuata dagli Esperti2 sulla base delle loro competenze ed esperienze.

7. L'approccio seguito dal gruppo di esperti è illustrato in modo più dettagliato nel documento sui metodi di lavoro del gruppo adottato in occasione della prima riunione3.

8. La presente relazione riflette esclusivamente le opinioni e le valutazioni personali dei dieci membri4, tutti nominati a titolo personale. Le opinioni contenute nella presente relazione non possono essere attribuite alla Commissione europea o a qualsiasi altro organismo o entità.

2 Nella presente relazione, il termine "Esperti" in maiuscolo si riferisce ai membri del gruppo di esperti.

3 http://ec.europa.eu/transparency/regexpert/index.cfm?do=groupDetail.groupDetailDoc&id= 9668&no=5.

4 La professoressa Claudia Buch ha deciso di dimettersi dal gruppo di esperti per ragioni personali.

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9. Il gruppo di esperti è giunto alla seguente conclusione generale: sia il DRF/P che gli eurobills contribuirebbero a stabilizzare i mercati del debito pubblico, a sostenere la trasmissione della politica monetaria, a promuovere la stabilità e l'integrazione finanziarie, sebbene secondo modalità e implicazioni a lungo termine diverse. Tale contributo è associato a rischi economici, finanziari e di azzardo morale e i compromessi possibili dipendono dalle varie opzioni di concezione. Data l'esperienza molto limitata maturata con la riforma del quadro della governance economica dell'UE, può essere considerato prudente raccogliere elementi sull'efficienza della governance prima di adottare qualsiasi decisione sui regimi di emissione congiunta. Senza modifiche dei trattati UE, i regimi di emissione congiunta potrebbero essere creati solo nella forma pro rata, e (almeno per quanto riguarda il DRF/P) solo mediante una costruzione puramente intergovernativa, che solleverebbe riserve sotto il profilo del controllo democratico. Per arrivare a regimi di emissione congiunta che includano l'obbligazione in solido, una qualche forma di tutela contro l'azzardo morale e un'attenzione adeguata alla legittimità democratica sarebbero necessarie modifiche dei trattati.

10. Il gruppo di esperti auspica che la presente relazione sia considerata un utile base per l'ulteriore dibattito sull'emissione congiunta di titoli di debito e un contributo analitico tempestivo e mirato ad un più ampio dibattito politico che dovrà essere condotto sulle principali strade da percorrere per lo sviluppo futuro dell'UEM.

II. IL CONTESTO GENERALE DEL DIBATTITO SULL'EMISSIONE CONGIUNTA DI DEBITO

11. Le discussioni sull'emissione congiunta di debito pubblico nella zona euro devono essere considerate nel contesto più ampio dello sviluppo dell'Unione economica e monetaria (UEM) sin dal suo avvio.

12. La creazione dell'UEM e l'introduzione dell'euro sono state pietre miliari dell'integrazione europea di cui la moneta unica è diventata uno dei simboli, assieme alla libera circolazione delle persone, delle merci, dei servizi e dei capitali nell'Unione e alla pace in Europa. Seconda valuta di riserva al mondo, l'euro occupa un ruolo centrale nell'economia mondiale.

13. Allo stesso tempo, esso non soddisfa però tutti i criteri per un'unione monetaria ottimale. L'attuale quadro di riferimento dell'UEM associa una politica monetaria centralizzata a politiche di bilancio nazionali decentralizzate soggette a sorveglianza europea sulla base di norme. Nel contesto dell'UEM le politiche di bilancio nazionali hanno il ruolo di contrastare gli shock che colpiscono asimmetricamente i paesi, ad esempio attraverso gli stabilizzatori automatici dei sistemi fiscali e di previdenza sociale. Le regole del patto di stabilità e crescita (PSC)5 permettono agli stabilizzatori automatici di svolgere il loro compito in relazione a quello che è noto come il disavanzo di bilancio corretto per il ciclo. Se i livelli del debito complessivo mettono già a repentaglio la sostenibilità dello stesso, questi stabilizzatori

5 Tutti i testi giuridici e gli orientamenti pertinenti possono essere consultati all'indirizzo:

http://ec.europa.eu/economy_finance/economic_governance/sgp/legal_texts/index_en.htm.

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potrebbero non essere più efficaci. I paesi non dispongono né del tasso di cambio, né di strumenti di politica monetaria per reagire agli shock che li colpiscono. L'attuale quadro di governance economica della zona euro non è dotato di una capacità di bilancio centrale. Inoltre, il quadro di governance esistente prima della crisi economica e finanziaria, essenzialmente basato su regole di bilancio comuni stabilite nel patto di stabilità e crescita, associate a strumenti di sorveglianza limitati e ad un coordinamento delle politiche economiche nazionali insufficiente, non è stato in grado di prevenire l'insorgere di vulnerabilità economiche e di debolezze strutturali in alcuni Stati membri e nel complesso della zona euro.

14. Più nello specifico, la governance economica e la sua applicazione prima della crisi presentavano le seguenti importanti lacune: in primo luogo, il patto di stabilità e crescita non disponeva di meccanismi efficaci per assicurare la sostenibilità delle finanze pubbliche capaci di intervenire con sufficiente anticipo; in secondo luogo, la forte convergenza dei rendimenti delle obbligazioni nazionali nella zona euro e, di conseguenza, la debole pressione del mercato, nonostante le notevoli differenze nell'andamento dei bilanci, in alcuni Stati membri hanno ridotto gli incentivi all'adozione di politiche adeguate; in terzo luogo, la sorveglianza delle riforme strutturali definite dalla strategia di Lisbona per rafforzare la competitività ha avuto carattere limitato e i possibili effetti di ricaduta dei mercati finanziari e delle misure di politica economica nazionale nell'ambito dell'UEM non sono stati sistematicamente analizzati; infine, la mancanza di un quadro integrato a livello dell'Unione sulla vigilanza del settore finanziario e di un meccanismo per affrontare le eventuali ricadute negative del settore finanziario sugli altri paesi ha innescato una serie di spirali negative tra il sistema finanziario e gli emittenti sovrani dei paesi vulnerabili. Si è verificata un'inversione dell'integrazione finanziaria nel mercato interno, che è un aspetto molto grave della crisi. L'attuale sistema di regolamentazione delle banche prevede incentivi per gli investimenti in titoli di Stato, tuttavia in alcuni Stati membri i problemi delle banche sono anche connessi alla debolezza della competitività dell'economia di tali paesi.

15. La crisi economica e finanziaria ha dimostrato la fragilità dell'impianto incompiuto dell'UEM. Diversi Stati membri hanno registrato una crisi del debito sovrano quando i differenziali di rendimento hanno raggiunto livelli record tra la fine del 2011 e l'inizio del 2012, a causa della percezione di probabili default e di uno spostamento verso altri emittenti sovrani avvertiti come "i rifugi più sicuri". Questo fenomeno è illustrato dai grafici dell'allegato 1.

16. Alcuni Stati membri della zona euro si trovano ora a dover far fronte a un sostanziale eccesso di debito (debt overhang) che in parte si era già accumulato in precedenza, a causa di politiche economiche e di bilancio avventate, ma che si è amplificato con la crisi finanziaria del 2008, la quale ha imposto l'urgenza di ricapitalizzare le banche e la necessità di contrastare le ricadute sociali di una crisi straordinaria. In verità, la crisi ha avuto importanti effetti asimmetrici sugli Stati membri della zona euro, anche a causa dell'improvviso cambiamento di percezione degli investitori internazionali nei confronti di alcune economie. Inoltre, le autorità europee hanno raccomandato allora un uso attivo dei bilanci nazionali in modo da contrastare gli effetti recessivi della crisi sulle economie europee. La successiva recessione, a sua volta, ha dilatato i conseguenti disavanzi di bilancio azionando gli stabilizzatori automatici. Nonostante le carenze illustrate nei paragrafi da 5 a 7,

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durante la crisi è aumentata la tensione sui mercati dei titoli sovrani, con implicazioni sistemiche difficili da evitare o invertire a breve termine. Di conseguenza, il rapporto tra debito pubblico e PIL negli Stati membri della zona euro è aumentato di quasi un terzo negli ultimi cinque anni ed è più che raddoppiato in alcuni paesi.

17. A partire dal 2010 la crisi senza precedenti ha spinto l'UE a proseguire sulla strada delle riforme del quadro di governance economica (cfr. infra la sezione II.1.). I leader politici, la società civile ed esponenti del mondo accademico hanno proposto sia visioni a lungo termine dello sviluppo dell'UEM, che vari regimi di emissione congiunta di debito (cfr. infra la sezione II.2.).

II.1. Un nuovo quadro rafforzato per la governance economica e il settore finanziario

Sorveglianza delle politiche economiche e di bilancio 18. Le varie componenti delle procedure di sorveglianza economica, strutturale e di

bilancio sono ora pienamente integrate nel semestre europeo, il ciclo annuale dell'UE di coordinamento e sorveglianza delle politiche economiche. In questo quadro la Commissione analizza le politiche economiche nazionali nel corso dei primi sei mesi di ogni anno ed emana successivamente raccomandazioni specifiche per paese di cui gli Stati membri devono tenere conto nella seconda metà dell'anno.

19. Il primo pacchetto legislativo del 2011 per il rafforzamento della governance economica (il "six-pack")6 ha introdotto una nuova procedura per gli squilibri macroeconomici intesa a rilevare in fase precoce gli squilibri e gli sviluppi della competitività negli Stati membri e a valutarne le potenziali ricadute. La procedura è corroborata da disposizioni per assicurarne il rispetto, sotto forma di sanzioni finanziarie per gli Stati membri della zona euro che non adottano le azioni correttive raccomandate dal Consiglio.

20. Il "six-pack" ha rafforzato anche il patto di stabilità e crescita introducendo una regola di spesa e la possibilità di infliggere sanzioni in una fase precoce della procedura; sono previsti strumenti più incisivi per far rispettare il patto per i paesi con un disavanzo e con un livello di debito eccessivi, in particolare con l'applicazione della nuova regola della maggioranza qualificata inversa.

21. La tappa successiva della riforma della governance economica è stato il trattato intergovernativo sulla stabilità, sul coordinamento e sulla governance nell'Unione economica e monetaria (TSCG)7. Con questo trattato gli Stati membri della zona euro firmatari si sono impegnati ad integrare i principi fondamentali del patto di stabilità e crescita nell'ordinamento giuridico nazionale. Essi potranno anche istituire meccanismi correttivi nazionali soggetti alla vigilanza di un organo di controllo indipendente al fine di garantire il rispetto del patto di stabilità e crescita.

6 GU L 306 del 23.11.2011.

7 Firmato da tutti gli Stati membri dell'UE ad eccezione della Repubblica ceca, della Croazia e del Regno Unito. http://www.european-council.europa.eu/media/639226/10_-_tscg.it.12.pdf

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22. Il secondo pacchetto legislativo per la riforma del sistema di governance (il "two-pack")8, entrato in vigore nel maggio 2013, obbliga tutti gli Stati membri della zona euro a presentare annualmente alla Commissione i loro documenti programmatici di bilancio per l'anno successivo prima dell'adozione in parlamento. La Commissione esamina i documenti e formula pareri che non sono giuridicamente vincolanti; lo strumento più incisivo a disposizione della Commissione è la richiesta di revisione del documento (senza ritardare le procedure di adozione nazionali). Nel novembre 2013 la Commissione ha condotto a termine per la prima volta questa operazione senza chiedere la ripresentazione di alcun documento programmatico di bilancio9.

23. Nel 2013 l'UE ha ulteriormente adeguato la sua politica di coesione al nuovo quadro di governance economica. In base alle nuove regole sui programmi di finanziamento dell'UE per il 2014-2020, la politica di coesione degli Stati membri deve dare corpo alle pertinenti riforme individuate nelle raccomandazioni specifiche per paese del semestre europeo10. Se necessario, la Commissione può chiedere agli Stati membri di modificare i programmi a sostegno delle riforme strutturali fondamentali. In caso di mancato rispetto delle decisioni del Consiglio adottate nell'ambito del patto di stabilità e crescita o della procedura per gli squilibri macroeconomici, la Commissione può (e, in certi casi, deve) proporre al Consiglio, che delibera a maggioranza qualificata inversa, la sospensione degli impegni e perfino dei pagamenti11.

24. Infine, nel dicembre 2013, il Consiglio europeo12 ha discusso un sistema di accordi contrattuali reciprocamente concertati e meccanismi di solidarietà correlati, integrati nel semestre europeo, al fine di facilitare e sostenere le riforme degli Stati membri in settori che sono fondamentali per la crescita, la competitività e l'occupazione e che sono cruciali per il corretto funzionamento dell'UEM. Il Consiglio europeo intende giungere a un accordo complessivo su questi elementi nell'ottobre 2014.

Unione bancaria e regolamentazione del settore finanziario

25. L'Unione europea ha avviato un importante e ambizioso programma di riforme finanziarie. L'obiettivo è rendere gli istituti e i mercati finanziari più resilienti e spezzare il circolo vizioso tra banche ed emittenti sovrani. In seguito all'istituzione nel 2010 del sistema europeo delle autorità di vigilanza finanziaria, composto da tre

8 Regolamenti (UE) n. 472/2013 e (UE) n. 473/2013.

9 Cfr. regolamento (UE) n. 473/2013. Il regolamento (UE) n. 472/2013 formalizza le procedure di monitoraggio e di sorveglianza degli Stati membri della zona euro soggetti a programmi di aggiustamento macroeconomico.

10 Articolo 23 del regolamento (UE) n. 1303/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 17 dicembre 2013 (GU L 347 del 20.12.2013, pag. 320).

11 Nel precedente periodo di bilancio vigeva un meccanismo più limitato, ma applicabile soltanto al Fondo di coesione, che è stato messo in atto una sola volta nel 2012.

12 http://register.consilium.europa.eu/doc/srv?l=IT&f=ST%20217%202013%20INIT

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autorità di vigilanza e da un organo di controllo macroprudenziale13, un elemento cruciale di questo programma di riforme è la creazione di una "Unione bancaria", comprendente meccanismi unici centralizzati di vigilanza e ristrutturazione delle banche, indispensabili per garantire la stabilità finanziaria e la crescita nella zona euro. Di seguito sono indicati i principali elementi.

(a) Il meccanismo di vigilanza unico14, di recente adozione, è stato un primo passo. A partire dal 2014 istituti bancari di rilievo saranno soggetti alla sorveglianza della Banca centrale europea. Per agevolare la transizione dal livello nazionale a quello europeo, nel 2014 saranno effettuate valutazioni dei bilanci, seguite da prove di stress effettuate dall'Autorità bancaria europea.

(b) La direttiva sul risanamento e la risoluzione delle crisi nel settore bancario, sulla quale è stato raggiunto un accordo politico nel dicembre 201315, fornirà un insieme di strumenti per la risoluzione delle crisi degli istituti di credito insolvibili. Le autorità disporranno, tra l'altro, del potere di salvare le banche in crisi mediante il ricorso agli azionisti e a taluni creditori (bail-in) e della facoltà di trasferire attività ad una banca ponte. Eliminare dai bilanci delle banche gli oneri ereditati dal passato è di fondamentale importanza per la stabilità finanziaria.

(c) Il terzo passo avanti verso un'Unione bancaria integrata sarà la creazione di un meccanismo di risoluzione unico (SRM) comprendente un fondo di risoluzione unico16. Esso implica una procedura decisionale centralizzata per la risoluzione della crisi delle banche e un fondo di risoluzione unico (da costituire in maniera progressiva). L'iter legislativo dovrebbe concludersi nel corso di questa legislatura.

(d) Sono inoltre allo studio misure per consentire al meccanismo europeo di stabilità di ricapitalizzare direttamente le banche in ultima istanza, una volta istituito il meccanismo di vigilanza unico dopo il completamento del quadro operativo, a seguito delle necessarie procedure nazionali.

(e) Per aumentare la stabilità del settore bancario, la quarta direttiva sui requisiti patrimoniali17 e il regolamento sui requisiti patrimoniali18 (CRD4 e CRR) impongono alle banche requisiti prudenziali più rigorosi.

13 Ossia l'Autorità bancaria europea (EBA), l'Autorità europea delle assicurazioni e delle pensioni

aziendali o professionali (EIOPA), l'Autorità europea degli strumenti finanziari e dei mercati (ESMA) e il Comitato europeo per il rischio sistemico (ESRB), cfr. GU L 331 del 15.12.2010.

14 GU L 287 del 20.12.2013, pag. 5.

15 Commissione europea, MEMO/13/1140.

16 COM(2013) 520 final.

17 GU L 176 del 20.12.2013, pag. 338.

18 GU L 176 del 20.12.2013, pag. 1.

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(f) Secondo alcuni esperti, potrebbero essere necessarie misure supplementari nel lungo periodo per riconsiderare l'introduzione di incentivi normativi a favore degli investimenti in titoli di Stato.

26. Complessivamente, sebbene questo settore non rientri nel mandato del gruppo di esperti, è necessario sottolineare l'importanza dell'Unione bancaria e della regolamentazione del settore finanziario per la stabilità finanziaria e l'integrazione finanziaria della zona euro e dell'UE nel suo complesso.

Il meccanismo europeo di stabilità (MES) 27. La creazione di un meccanismo di risoluzione delle crisi per ovviare alla fragilità

del mercato finanziario e attenuare i rischi di contagio fra gli Stati membri è stata un elemento fondamentale della reazione alla crisi.

28. Nel maggio 2010 sono stati istituiti due meccanismi temporanei di risoluzione delle crisi: il meccanismo europeo di stabilizzazione finanziaria (MESF)19 e lo "European Financial Stability Facility" (EFSF)20. In seguito al perdurare della crisi, nel 2012 gli Stati membri della zona euro hanno deciso di creare un meccanismo permanente di risoluzione delle crisi, il meccanismo europeo di stabilità (MES)21, mentre l'EFSF e il MESF sono in fase di graduale eliminazione. Il MES prevede una protezione finanziaria di 500 miliardi di euro e raccoglie i fondi necessari per l'assistenza finanziaria che concede mediante l'emissione di titoli di debito con scadenza fino a 30 anni. Il MES è uno strumento intergovernativo con una struttura di garanzia pro rata. Le emissioni del MES sono garantite da un capitale versato pari a 80 miliardi di euro e da un obbligo irrevocabile e incondizionato in capo agli Stati membri che vi aderiscono a fornire il proprio contributo al capitale autorizzato (in totale 700 miliardi di euro) secondo un modello di contribuzione concordato. I meccanismi di risoluzione della crisi hanno permesso di fornire assistenza finanziaria a cinque Stati membri secondo criteri di rigorosa condizionalità22. L'istituzione di un meccanismo europeo di stabilità permanente, unitamente all'adozione di una governance rafforzata, ha rappresentato un segnale importante per la stabilizzazione della zona euro. Il trattato sull'istituzione del meccanismo europeo di stabilità stabilisce inoltre che, a partire dal 1° gennaio 2013, tutti i titoli di Stato della zona euro di nuova emissione e con scadenza superiore ad un anno

19 GU L 118 del 12.5.2010, pag. 1. Il MESF è uno strumento di sostegno finanziario alimentato dalle

risorse del bilancio dell'UE e basato sui trattati vigenti.

20 http://www.efsf.europa.eu/attachments/20111019_efsf_framework_agreement_en.pdf. L'EFSF è una società di proprietà degli Stati membri della zona euro con sede in Lussemburgo, il cui funzionamento è disciplinato da un accordo intergovernativo. La capacità di erogazione dei prestiti dell'EFSF è coperta unicamente dalle garanzie degli Stati membri partecipanti e accessibile solo agli Stati membri della zona euro.

21 http://www.european-council.europa.eu/media/582889/08-tesm2.it12.pdf

22 Grecia, Portogallo, Irlanda, Cipro e, in un'apposita accezione limitata al settore bancario, Spagna.

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contengano clausole d'azione collettiva23, un'innovazione di cui bisogna ancora valutare l'impatto.

Politica monetaria 29. Nell'ambito del suo mandato, la BCE ha adottato importanti misure volte a

contenere la crisi finanziaria, in particolare riducendo i tassi di rifinanziamento ufficiali quasi a zero e modificando le norme sulle garanzie reali. La BCE ha lanciato il programma per il mercato dei titoli finanziari24 (SMP) nel 2010 (nel frattempo conclusosi) e ha dato alle banche la possibilità di accedere per tre volte, dal 2011, a operazioni di rifinanziamento eccezionalmente a lungo termine25. Nel settembre 2012 la BCE ha annunciato la propria disponibilità a effettuare operazioni definitive monetarie26 (ODM) nei mercati secondari dei titoli di Stato. L'obiettivo è salvaguardare l'adeguata trasmissione della politica monetaria e l'unicità di quest'ultima. Un presupposto necessario per la conduzione di ODM è il rispetto di condizioni rigorose ed efficaci nel quadro giuridico di un programma del MES, che può configurarsi come programma di aggiustamento macroeconomico a tutti gli effetti oppure come programma precauzionale, purché preveda la possibilità di acquisti nel mercato primario da parte del MES. Le operazioni si concentrerebbero sui titoli di Stato con scadenze comprese tra uno e tre anni. La liquidità creata sarebbe integralmente sterilizzata. La BCE porrà fine alle operazioni una volta raggiunti gli obiettivi o in caso di non conformità al programma di aggiustamento macroeconomico o al programma precauzionale.

Prospettive 30. I primi effetti del nuovo quadro di governance economica sono visibili nelle

politiche nazionali che perseguono riforme strutturali e il risanamento di bilancio, con incentivi alla crescita mirati. Alla stabilità finanziaria ha contribuito una governance economica rafforzata, associata a misure di politica monetaria non convenzionali e ad un meccanismo europeo di stabilità permanente. Ciò detto, proseguono i lavori sugli elementi significativi della politica ed è necessario maturare maggiore esperienza in materia di attuazione e di esecuzione per valutare l'efficacia della nuova governance. Il completamento dell'Unione bancaria sarà altresì un fattore decisivo per la stabilità del settore finanziario.

23 Articolo 12, paragrafo 3, del trattato che istituisce il meccanismo europeo di stabilità. Le clausole

d'azione collettiva sono clausole previste dai contratti dei titoli di Stato che agevolano l'accordo dei creditori privati su eventuali modifiche dei termini dei contratti mediante una decisione presa dalla maggioranza degli obbligazionisti.

24 http://www.ecb.europa.eu/press/pr/date/2010/html/pr100510.en.html.

25 http://www.ecb.europa.eu/press/pr/date/2011/html/pr111208_1.en.html.

26 Annuncio della BCE: http://www.ecb.europa.eu/press/pressconf/2012/html/is120802.en.html#qa e sulle caratteristiche tecniche delle ODM della BCE http://www.ecb.europa.eu/press/pr/date/2012/html/pr120906_1.en.html

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II.2. Proposte di emissione congiunta di debito e dibattito sulle visioni a più lungo termine per l'UEM

31. La crisi ha indotto i responsabili politici, la società civile e il mondo accademico a elaborare varie visioni generali a lungo termine per l'UEM e a proporre diversi possibili regimi di emissione congiunta di debito le cui finalità sono mutate a più riprese: se prima della crisi i regimi di emissione congiunta sono stati studiati come possibile soluzione per una maggiore integrazione dell'UEM, nel 2011 sono stati proposti con l'obiettivo concreto di abbassare differenziali di rendimento eccezionalmente elevati e di stabilizzare le finanze pubbliche e i mercati dei titoli di Stato nella zona euro. Nel frattempo, essendo passato del tempo dalla fase acuta della crisi, oggetto di dibattito sono anche le ulteriori potenzialità dei regimi di emissione congiunta, tra cui la promozione dell'integrazione finanziaria e il sostegno alla trasmissione della politica monetaria.

32. Nel 2011 la Commissione ha pubblicato un Libro verde specifico sull'emissione congiunta di titoli di debito27, e diversi organismi, gruppi di riflessione e accademici hanno elaborato proposte sull'argomento. Sono seguiti altri documenti a carattere generale proposti dai soggetti politici, tra cui la comunicazione della Commissione "Piano per un'Unione economica e monetaria autentica e approfondita – Avvio del dibattito europeo"28 (di seguito il "Piano") e la relazione "Verso un'autentica Unione economica e monetaria"29 preparata dal presidente Van Rompuy in stretta collaborazione con i presidenti della Commissione, dell'Eurogruppo e della BCE, entrambe della fine del 2012, senza citare, inoltre, numerosi importanti contributi da parte di organismi di consulenza dei governi di ambito accademico o di gruppi di riflessione30. Molti di questi documenti e relazioni generali trattano anche di emissione congiunta di debito. Data la divergenza abbastanza profonda tra alcune visioni a lungo termine, sono distanti anche le opinioni sugli obiettivi dei diversi modelli di emissione congiunta di debito.

33. Per portare un esempio, basti ricordare, da un lato, la visione a lungo termine del Piano della Commissione e, dall'altro, ciò che figura nelle relazioni del consiglio tedesco degli esperti economici (GCEE).

(1) Il Piano espone la visione di una stretta integrazione a lungo termine nella zona euro e distingue tre fasi (a breve, medio e lungo termine) per conseguire questo

27 Libro verde sulla fattibilità dell'introduzione di stability bond (COM(2011) 818 final). Alla luce del

Libro verde, cfr. anche la risoluzione del Parlamento europeo, del 16 gennaio 2013, sulla fattibilità dell'introduzione di stability bond (2012/2028(INI)).

28 COM(2012) 777 final/2 del 30.11.2012.

29 http://www.consilium.europa.eu/uedocs/cms_Data/docs/pressdata/en/ec/134069.pdf.

30 Consiglio francese per l'analisi economica, A three-stage plan to reunify the euro area, marzo 2013, e Completing the euro – les notes du Conseil d'analyse économique, n. 3, aprile 2013; consiglio tedesco degli esperti economici, Annual Economic Reports 2011 e 2013; Pisany-Ferry, Vihriälä, Wolff, Options for euro-area fiscal capacity. Policy contribution, 2013, Brueghel; gruppo Tommaso Padoa-Schioppa, Completing the Euro: A road map towards fiscal union in Europe, giugno 2012; Glienicker Gruppe, Towards a euro Union, ottobre 2013; P. de Boissieu, T. de Bruijn, A. Vitorino, S. Wall, Remaking Europe, Synopia, settembre 2013.

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obiettivo. L'emissione congiunta parziale di titoli di debito, sotto forma di DRF o di eurobills, è vista come possibile tappa a medio termine, da associare a ulteriori passi verso il rafforzamento dei poteri centrali sulle questioni di politica economica e di bilancio. Questi elementi della fase a medio termine aprirebbero la strada ad una piena unione economica e fiscale, con una capacità fiscale e di bilancio centrale avente una funzione stabilizzatrice, un'UE munita del potere di imporre nuove tasse o di generare entrate indebitandosi e un vero e proprio "Tesoro" dell'UEM (in seno alla Commissione)31. Il funzionamento degli elementi a medio termine richiede già una modifica del trattato, che sarebbe ancora più sostanziale nella prospettiva a lungo termine. Questa visione richiederebbe inoltre un forte impegno dei governi e dei cittadini ad accettare di trasferire una parte ancora più ampia della sovranità nazionale a favore di un'ulteriore integrazione, della stabilità della moneta comune e della crescita economica a lungo termine.

(2) In alternativa, la visione a lungo termine dell'UEM proposta dal GCEE consterebbe, in sostanza, di un ritorno ai principi del quadro di Maastricht (pre-crisi) e di una cultura di "no bail-out"32 politicamente credibile. Questa impostazione è intesa ad evitare qualsiasi mutualizzazione permanente. Un fondo per il rimborso del debito e il relativo patto (DRF/P) come regime di emissione congiunta di debito sarebbe uno strumento temporaneo per ridurre l'eccesso di debito (debt overhang) che fungerebbe da "ponte fiscale" verso uno stato stazionario a lungo termine in cui non saranno necessari salvataggi dall'esterno, né la mutualizzazione permanente del debito, quanto piuttosto un meccanismo per la ristrutturazione del debito pubblico, secondo il GCEE.

34. I regimi di emissione congiunta di debito possono quindi costituire parte integrante di visioni molto diverse del futuro a lungo termine dell'UEM e del grado di integrazione nella zona euro33. I diversi regimi prevedono anche tempi diversi, dal breve, al medio e lungo termine. Il DRF/P (per la definizione precisa, cfr. il capitolo IV) è stato proposto come un'emissione congiunta a carattere temporaneo, anche se durerebbe un periodo di tempo considerevole, intesa a risolvere il debito pubblico eccessivo ereditato dal passato nella zona euro e a fungere da ponte verso uno stato stazionario a lungo termine in cui gli Stati membri, ripristinata un'autonomia di bilancio credibile, rispettano con rigore il patto di stabilità e crescita. Gli eurobills (per la definizione precisa, cfr. capitolo V), di contro, sono stati concepiti come una misura intesa a introdurre attività liquide e sicure che favorirebbero l'ulteriore integrazione finanziaria, stabilizzando i mercati del debito pubblico, soprattutto in periodi di stress. È più probabile che, invece del DRF/P,

31 Sull'idea di capacità di bilancio, cfr. anche la relazione preparata dal presidente Van Rompuy in stretta collaborazione con i presidenti della Commissione, dell'Eurogruppo e della BCE; Pisany-Ferry, Vihriälä, Wolff, ibidem. IMF Staff Discussion Note, Toward a Fiscal Union for the Euro Area, settembre 2013, https://www.imf.org/external/pubs/ft/sdn/2013/sdn1309.pdf

32 Diversa dalla clausola giuridica di "no bail-out" di cui all'articolo 125, rispettata dall'attuale architettura della governance economica, come confermato dalla Corte di giustizia europea nella sentenza Pringle (causa C-370/12).

33 Per esempio, Claessens et al. (2012) individuano negli eurobills e nel DRF un possibile percorso verso l'emissione congiunta a lungo termine (S. Claessens, A. Mody & S. Vallee (2012), Paths to Eurobonds, IMF Working Paper, WP12/172).

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saranno gli eurobills a diventare un meccanismo permanente di emissione congiunta.

35. Di conseguenza, mentre i due strumenti esaminati nella presente relazione – il DRF/P e gli eurobills – non necessariamente predeterminano le decisioni future riguardanti il grado di integrazione dell'UEM nel lungo periodo, la loro introduzione produrrebbe comunque conseguenze a lungo termine. Entrambi i regimi, se introdotti, hanno le potenzialità di orientare l'UEM verso l'una o l'altra direzione generale a lungo termine. Secondo il mandato del gruppo, la presente relazione analizza separatamente i meriti e i rischi di ciascuno dei due strumenti, esaminando le due idee come possibili opzioni politiche nel breve-medio periodo, un lasso di tempo che contempla entrambe le possibilità a norma dei trattati UE in vigore e di un'eventuale modifica del trattato. Ciononostante, la valutazione comprende anche, nella misura appropriata, le componenti e le implicazioni a lungo termine di entrambi i regimi. Sulla base della valutazione analitica del DRF/P e degli eurobills effettuata nella presente relazione, ma anche della più ampia discussione politica che seguirà, spetterebbe in ultima istanza ai decisori politici considerare l'influenza potenziale di tali regimi sulla direzione generale a lungo termine dell'UEM.

36. Inoltre, in un dibattito politico più ampio sarebbe necessario tenere debitamente conto di altre decisioni e idee che verranno adottate e formulate in futuro e che condividono obiettivi analoghi a quelli perseguiti con i due regimi di emissione congiunta di debito esaminati nella presente relazione. L'Unione bancaria, infatti, risponde anche agli obiettivi generali di stabilità e integrazione finanziarie. Per creare una capacità di bilancio nella zona euro sono state proposte idee con funzioni diverse, che si tratti di sostenere in modo mirato gli sforzi nazionali di riforma risultanti dalla governance economica europea e/o di migliorare la capacità degli Stati membri di assorbire gli shock macroeconomici. Le idee su una capacità di bilancio centrale e sull'emissione congiunta di debito potrebbero avere degli aspetti in comune: una capacità di bilancio centrale potrebbe anche comprendere una forma di emissione congiunta, nel caso in cui abbia il diritto di contrarre prestiti sui mercati (invece di essere finanziata con i contributi degli Stati membri). Tuttavia, una capacità di bilancio di questo tipo comporterebbe un nuovo rapporto verticale tra gli Stati membri e il livello centrale europeo, diversamente dalle idee di emissione congiunta discusse nella presente relazione, che implicherebbero, invece, una relazione orizzontale, ossia la messa in comune del debito e la condivisione dei rischi finanziari tra gli Stati membri. Occorre fare riferimento, in questo contesto, alla nuova governance economica e alle discussioni in corso sul suo ulteriore rafforzamento, al MES, nonché alle misure di politica monetaria non convenzionali della BCE e alla discussione sulla ristrutturazione del debito pubblico34.

37. Questo gruppo di esperti non si è concentrato su queste altre linee di intervento e idee per il futuro. Vi sono opinioni divergenti sulle linee d'azione politica cui attribuire la massima priorità nei prossimi anni per rafforzare la zona euro e sul fatto che i regimi di emissione congiunta di debito siano annoverati tra queste priorità. In

34 Cfr., in particolare, Committee on International Economic Policy and Reform, Revisiting Sovereign

Bankruptcy, ottobre 2013, capitoli IV e V; cfr. anche relazione economica annuale 2010 del GCEE; Holtemöller & Knedlik, 2011.

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ultima analisi i decisori politici dovranno effettuare una valutazione globale comparando i meriti e i rischi delle varie linee d'azione, le priorità e i tempi.

38. La presente relazione prende in esame i possibili obiettivi, meriti e rischi del DRF/P e degli eurobills da una prospettiva più ampia, in particolare analizzando in che modo queste idee possano contribuire a una maggiore integrazione della zona euro che rimane aperta agli Stati membri che non vi appartengono, a favorire il corretto funzionamento e la stabilità del mercato finanziario unico e a sviluppare una solida fiducia reciproca, sostenuta da un impegno comune verso il risanamento e le riforme per la promozione della competitività e della crescita a lungo termine. È tuttavia opportuno ricordare inoltre che l'economia sta ancora fronteggiando il problema del debito eccessivo il quale, in alcuni casi, è causa della crisi, in altri, è un effetto della stessa. Di conseguenza, nell'ambito dell'analisi dei regimi di emissione congiunta, è necessario condurre uno studio del potenziale di entrambe le idee per affrontare le conseguenze della crisi e per prevenire e contrastare future crisi di liquidità.

39. L'eliminazione o la riduzione sostanziale dell'eccesso di debito (debt overhang) è importante per creare le condizioni di un regime credibile di "no-bail out", per ripristinare la convergenza nominale necessaria per il corretto funzionamento della politica monetaria, per ridurre la necessità di assistenza finanziaria tramite il MES e, in ultima analisi, per assicurare il regolare funzionamento dell'unione monetaria conformemente all'idea originaria; esse sono pertanto nell'interesse generale di tutti i partecipanti all'UEM.

III. FINALITÀ DELL'EMISSIONE CONGIUNTA DI DEBITO PUBBLICO

40. Il presente capitolo espone i potenziali obiettivi e vantaggi dell'emissione congiunta, mentre i successivi capitoli IV e V illustrano in maggior dettaglio i concetti del DRF/P e degli eurobills analizzandone i rispettivi pregi sia in termini di rispondenza alle finalità perseguite e di attitudine a concretare i vantaggi voluti sia in termini di rischi economici e finanziari che comportano.

41. Sebbene gli obiettivi primari che hanno ispirato la concezione del DRF/P e degli eurobills siano assai diversi, entrambi i regimi possono comunque rispondere anche a ulteriori finalità. Obiettivo primario del DRF/P è ripristinare la sostenibilità delle finanze pubbliche riducendo il debito pubblico eccedente i parametri fissati dal patto di stabilità e crescita, ossia risolvere il problema ereditato dal passato riducendo l'eccesso di debito pubblico (debt overhang) nella zona euro. Il DRF/P tenderebbe quindi a costruire un ponte fiscale verso una convergenza rinnovata e duratura e un regime di "no bail-out" credibile nella zona euro. In base alla proposta originaria sono anche previste regole di ristrutturazione del debito, una volta che l'eccesso di debito sia stato eliminato. Il DRF/P mirerebbe anche, contemporaneamente, a stabilizzare i mercati del debito pubblico, riducendo il rischio di rifinanziamento durante la fase di introduzione, e a creare un'attività sicura e liquida. Nel corso della sua durata sosterrebbe la trasmissione della politica monetaria. Inoltre, permettendo di affrontare i problemi del debito ereditato dal passato, contribuirebbe a un'ulteriore integrazione dei mercati a lungo termine.

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42. Gli eurobills mirano principalmente a stabilizzare i mercati del debito pubblico riducendo il rischio di rifinanziamento, ma potrebbero anche promuovere l'integrazione dei mercati finanziari attraverso la creazione di un'attività sicura e liquida, attività che potrebbe concorrere a invertire la tendenza alla frammentazione del mercato e sostenere la trasmissione della politica monetaria.

III.1. Integrazione finanziaria e politica monetaria

43. Una delle conseguenze della crisi è il fatto che poche attività finanziarie sono ormai considerate sicure. Nondimeno, le banche della zona euro hanno bisogno di detenere attività configurabili come riserve di liquidità, cedibili a prezzi relativamente stabili e utilizzabili come garanzia reale nelle operazioni di rifinanziamento. L'esistenza di attività di questo tipo nella zona euro consentirebbe di attutire l'impatto che il deterioramento del rating di credito del singolo Stato membro produce sull'accesso del sistema bancario nazionale ai finanziamenti. Uno degli obiettivi dell'emissione congiunta di debito pubblico potrebbe essere quindi la creazione di un'attività sicura e liquida.

44. Creando un'attività sicura si offrirebbero vantaggi al settore finanziario, benché difficilmente quantificabili. Per caratteristica intrinseca, i titoli a breve termine sono strumenti di sostegno del meccanismo di trasmissione della politica monetaria. L'emissione congiunta di titoli di debito pubblico a breve termine permetterebbe di disporre di un'attività facilmente negoziabile contro moneta della banca centrale o moneta di banca commerciale; potrebbe quindi offrire alle banche una riserva stabile di liquidità, assicurando loro quell'accesso al finanziamento sia sul mercato interbancario sia tramite la banca centrale che può favorire la stabilità finanziaria. La disponibilità di attività finanziarie sicure o a basso rischio acquisirebbe importanza ancora maggiore alla luce della quarta direttiva sui requisiti patrimoniali (CRD IV), conseguente all'accordo di Basilea III, e dell'obbligo di detenere riserve sufficienti di liquidità che essa impone alle banche. I titoli di debito emessi congiuntamente sarebbero sì un'attività molto liquida e potenzialmente sicura, ma comporterebbero rischi di credito e di mercato molto diversi a seconda dell'impianto preciso scelto (ad es., la struttura di garanzia - cfr. capitoli IV e V).

45. Se i titoli di debito pubblico emessi congiuntamente fossero percepiti come un'attività sicura, la zona euro potrebbe ridurre il costo aggregato dell'assunzione di prestiti (secondo l'impianto prescelto per tali titoli - cfr. capitoli IV e V). Lo status di attività sicura potrebbe quindi contribuire a una traslazione morbida delle condizioni monetarie fissate dalla BCE in costi inferiori dell'assunzione di prestiti per imprese e famiglie e, in ultima istanza, in domanda aggregata. Va osservato che nessun'attività è completamente priva di rischio, per cui la creazione di un titolo di debito pubblico emesso congiuntamente, considerato sicuro dagli investitori, comporterebbe comunque un certo rischio residuo per gli Stati partecipanti all'emissione congiunta.

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Attività sicure

Non esistono attività completamente prive di rischio: ciascuna comporta rischi, che dovrebbero rispecchiarsi accuratamente nel prezzo. Dal punto di vista dell'investitore l'attività sicura dovrebbe offrire protezione totale dai rischi di credito, di mercato e idiosincratico, dovrebbe ossia essere un'attività liquida con un rischio minimo di default (che non dovrebbe essere correlato positivamente al rischio di altre attività finanziarie). Nel quadro di Basilea III1 è definita di elevata qualità l'attività facilmente e immediatamente convertibile in contante senza perdita di valore o con pochissima perdita; è quindi fondamentale il concetto di "commerciabilità". Idealmente, inoltre, le attività liquide di elevata qualità dovrebbero essere ammissibili presso le banche centrali per soddisfare il fabbisogno di liquidità infragiornaliera e ottenere linee di liquidità overnight.

Le attività sicure svolgono una funzione importante nel sistema finanziario. Sono usate principalmente, tra l'altro, come garanzia reale di elevata qualità per operazioni di vendita con patto di riacquisto, operazioni di vendita con patto di riacquisto con banche centrali e operazioni fuori borsa su derivati. Fungono da parametro per i mercati finanziari nel loro complesso, ossia offrono un tasso di riferimento per la fissazione del prezzo, la copertura e la valutazione delle attività rischiose, e sulla loro base sono valutati i rendimenti. Hanno un ruolo nelle operazioni di liquidità delle banche centrali2, sono usate come riserva di valore nelle allocazioni di portafoglio e svolgono una funzione fondamentale nella gestione quotidiana delle attività e delle passività delle banche e, in misura minore, delle imprese di assicurazione e nei fondi pensione. Nel caso delle banche la forte domanda di attività sicure dipende anche dalla regolamentazione prudenziale, in particolare dopo l'inasprimento globale inserito di recente con Basilea III in tema di requisiti di liquidità.

Nel corso della crisi finanziaria si è fatta strada con insistenza l'eventualità di una scarsità sempre maggiore di attività sicure, a causa della fuga verso la qualità, della ridotta percezione della sicurezza dei titoli di debito pubblico delle economie sviluppate e del collegato aumento del prezzo della sicurezza. In questo contesto sono state avanzate, fin dal 2011, varie proposte intese principalmente a creare un'attività sicura, tra cui, da un lato, la proposta di creare gli eurobills e, dall'altro, la proposta, presentata nel 2011 da un gruppo di economisti, di creare gli European Safe Bonds (detti ESBies), tipologia particolarmente sicura di attività da creare mettendo in comune e segmentando i titoli di debito pubblico della zona euro3.

1. Comitato di Basilea per la vigilanza bancaria, Basel III: International framework for liquidity risk measurement,

standards and monitoring, (Basilea III: quadro internazionale per la misurazione, le norme e il controllo del rischio di liquidità), dicembre 2010.

2. FMI, Global Financial Stability Report, aprile 2012. 3. The euro-nomics group, European Safe Bonds (ESBies), http://euro-nomics.com/wp-

content/uploads/2011/09/ESBiesWEBsept262011.pdf

46. I titoli di debito pubblico emessi congiuntamente potrebbero anche assurgere a parametro per prezzi e sconti. I titoli usati come parametro attraggono un certo volume di negoziazioni, tradizionalmente nelle strategie d'investimento basate sugli indici e nelle strategie improntate al valore relativo, nel cui quadro il parametro è usato come titolo di copertura. I titoli usati come parametro offrono agli investitori una liquidità che ha valore di per sé, come evidenzia il loro rendimento inferiore.

47. Un'altra finalità dell'emissione congiunta consisterebbe nel contribuire ad invertire la tendenza a quella frammentazione dei mercati finanziari che costituisce uno degli effetti più negativi della crisi. La frammentazione dei mercati si traduce in perdite di efficienza dei mercati dei capitali dell'UE nel loro complesso e in un aumento dei costi di finanziamento, in particolare per il settore privato degli Stati membri più vulnerabili. La politica monetaria si rispecchia in modo diseguale nel costo del

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finanziamento per alcuni Stati membri, il che complica ulteriormente la ripresa economica e ritarda il ritorno verso un percorso di crescita economica. In conseguenza della frammentazione dei mercati, alcuni Stati membri devono sostenere costi di finanziamento più elevati (che si traducono in costi di finanziamento più alti per le banche che, a loro volta, li scaricano sulla clientela), situazione che può determinare effetti negativi sulla crescita economica e l'occupazione e rendere ancor più difficoltosa l'accettazione dell'aggiustamento economico da parte dei cittadini. Instaurando condizioni estremamente diseguali di concorrenza per le imprese situate in tali Stati membri, l'insufficiente integrazione finanziaria ostacola inoltre il funzionamento del mercato interno.

48. La frammentazione dei mercati è un problema che si potrebbe affrontare efficacemente promuovendo l'integrazione finanziaria e il mercato unico nel settore bancario e finanziario; potrebbe quindi essere questa una delle finalità dell'emissione congiunta. Superando la frammentazione dei mercati dei titoli e dell'attività bancaria (indebolendo il circolo vizioso tra banche e emittente sovrano) si agevolerebbe il flusso dei capitali all'interno della zona euro, con conseguente miglioramento della crescita economica potenziale. Il rafforzamento del mercato unico nel settore bancario, affiancato da una regolamentazione adeguata del settore finanziario, potrebbe migliorare l'accesso delle imprese al finanziamento, ovunque esse si trovino. Una maggiore integrazione dei mercati dei capitali permetterebbe di sfruttare i vantaggi dell'unione monetaria.

49. Poiché favorirebbe la convergenza sui mercati finanziari e in termini di costi di finanziamento per gli Stati membri, l'emissione congiunta potrebbe attenuare l'esigenza di ricorrere a misure non convenzionali a sostegno della trasmissione della politica monetaria, quella stessa trasmissione i cui ostacoli hanno peggiorato l'accesso di molti operatori economici ai finanziamenti bancari. Alcuni Esperti sostengono che un'attività sicura agevolerebbe la trasmissione della politica monetaria migliorando l'accesso dell'economia reale al finanziamento bancario, in particolare per le PMI.

50. Alcuni Esperti sostengono che l'integrazione finanziaria è possibile senza mutualizzazione del debito e che qualsiasi introduzione di un regime di emissione congiunta avrà un impatto contenuto sul grado di integrazione dei mercati finanziari se non s'interverrà con un rafforzamento strutturale del settore bancario europeo. Sempre secondo questi stessi Esperti, anche in un sistema finanziario integrato, le differenze strutturali tra i paesi e i rispettivi rischi di solvibilità e di liquidità che li contraddistinguono possono e anzi devono rispecchiarsi in differenziali dei tassi d'interesse.

III.2. Sostenibilità delle finanze pubbliche e stabilità finanziaria

51. Sotto il profilo della sostenibilità delle finanze pubbliche, l'emissione congiunta tenderebbe a riassorbire il debito pubblico eccessivo ereditato dal passato riducendo l'onere del servizio del debito per i paesi e i privati altamente indebitati. L'eccesso di debito costituisce attualmente un intralcio sul percorso verso il risanamento duraturo del bilancio e la crescita economica; innesca un circolo vizioso pericoloso, particolarmente insidioso nei paesi il cui debito è percepito come meno sostenibile: senza crescita è molto più difficile dare sostenibilità al debito; meno il debito è

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percepito come sostenibile, più difficile è rilanciare la necessaria crescita economica.

52. La maggior parte degli Stati membri della zona euro deve varare riforme politicamente delicate per rafforzare la competitività e dar vita a una crescita sostenibile, presupposti indispensabili per una riduzione morbida dell'eccesso di debito e non intercambiabili con l'emissione congiunta. La frammentazione dei mercati finanziari e la volatilità dei mercati dei titoli amplificano le sfide rappresentate dal varo di tali riforme, che l'emissione congiunta potrebbe contribuire a superare concedendo agli Stati membri tempo sufficiente per attuare le riforme e aumentandone il margine di manovra finanziario. Per converso, se non sarà affiancata da misure adeguate di salvaguardia contro l'azzardo morale, l'emissione congiunta potrebbe persino ritardare il cammino le riforme politicamente difficili.

53. I regimi di emissione congiunta potrebbero quindi gettare un ponte fiscale verso una convergenza rinnovata e duratura nella zona euro che ne agevoli a sua volta la politica monetaria. Fra le conseguenze della crisi più dannose dal punto di vista economico si annovera una certa inversione della convergenza nella zona euro, cui occorre porre rimedio.

54. Il "ponte fiscale" che il DRF/P mirerebbe a gettare potrebbe anche tradursi in un regime di "no bail out" pienamente credibile. Nella logica del DRF/P, riducendo il debito pubblico in tutti i paesi che ne fanno parte, si permetterebbe alla zona euro di riconquistare uno stato di stabilità in cui gli Stati membri, forti della ripristinata sostenibilità delle finanze, godano di margini adeguati per portare avanti le politiche economiche senza ricadere nell'accumulo di debito eccessivo e, in via di principio, senza aver bisogno di ulteriore assistenza finanziaria.

55. A causa del risanamento di bilancio insufficiente e/o dell'urgenza di ricapitalizzare le banche, il ricalcolo generalizzato del prezzo del rischio ha accresciuto i costi del finanziamento dei debiti molto elevati, con la conseguenza che vari Stati membri sono precipitati in una crisi del debito sovrano. Uno degli obiettivi dell'emissione congiunta di titoli di debito pubblico sarebbe quello di migliorare la resilienza della zona euro alle crisi finanziarie future; uno dei risultati potrebbe essere un mercato dei titoli spesso e liquido che concorra a impedire fughe autoindotte verso la liquidità. Anche il rischio di rinnovo/di rifinanziamento potrebbe risultare attenuato; l'emissione congiunta offrirebbe infatti a tutti gli Stati membri partecipanti un accesso più certo al rifinanziamento, perché scongiurerebbe la perdita di accesso ai mercati conseguente a un acuirsi improvviso dell'avversione al rischio e/o all'effetto gregge nel comportamento degli investitori. Si aiuterebbero così, assicurando migliori condizioni di finanziamento, anche gli Stati membri che escono da un programma.

56. L'emissione congiunta potrebbe contribuire anche a allentare il circolo vizioso tra banche nazionali e emittente sovrano, diminuendo la facilità di diffusione del contagio e aumentando la resilienza della zona euro nel suo insieme, anche se sarebbe soltanto una delle possibili tappe verso la soluzione completa del problema. Il conseguimento di tale fine implica infatti anche il compimento di altre tappe dell'unione bancaria (vigilanza bancaria efficace, riforma della regolamentazione,

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riassorbimento del debito privato ereditato dal passato nel settore finanziario), la cui importanza relativa esula dalla valutazione esposta nella presente relazione.

57. L'emissione congiunta potrebbe inoltre offrire un ammortizzatore finanziario degli effetti che gli shock asimmetrici possono trasmettere alle finanze pubbliche attraverso i mercati dei capitali, mettendo quindi a disposizione una forma specifica di condivisione del rischio macroeconomico. La recente crisi ha colpito sul lato finanziario alcuni Stati membri più di altri, in funzione della dimensione relativa del loro settore bancario e, ad esempio, in funzione della presenza di bolle immobiliari. Gli effetti della crisi finanziaria si sono propagati rapidamente al settore pubblico per il tramite dei mercati finanziari, principalmente a causa di un aumento consistente dei rendimenti. In presenza di un'emissione congiunta gli investitori valuterebbero i rischi emergenti in uno o più Stati membri inquadrandoli nella situazione finanziaria della zona euro nel suo complesso. I rendimenti varierebbero quindi in tutti gli Stati membri della zona euro, concretando una forma specifica di condivisione del rischio macroeconomico.

IV. IDEA DEL FONDO PER IL RIMBORSO DEL DEBITO E RELATIVO PATTO: STRUTTURA, MERITI, RISCHI

58. L'idea di un fondo per il rimborso del debito e relativo patto (DRF/P) nasce nel novembre 2011 ad opera del consiglio tedesco degli esperti economici (GCEE), che l'ha in seguito aggiornata. La presente relazione si basa in via di principio sul concetto elaborato dal GCEE, cui apporta tuttavia le varianti concettuali espressamente illustrate e valutate infra (cfr. anche allegato 2 per la tavola illustrativa dei principali modelli di DRF/P). Il presente capitolo illustra le caratteristiche di base del DRF/P e le relative varianti concettuali (sezione IV.1.), valuta la rispondenza del DRF/P agli obiettivi esposti nel capitolo III (sezione IV.2.) e esamina i rischi economici e finanziari (sezione IV.3.).

IV.1. Caratteristiche di base e varianti concettuali del DRF/P

IV.1.1. Concetto di base del DRF/P elaborato dal GCEE 59. Il DRF/P35 è strutturato attorno alle due componenti del "fondo" e del "patto", che

solo in combinazione tra loro formano un regime in grado di conseguire lo scopo per cui è pensato, ossia ridurre l'attuale eccesso di debito pubblico mutualizzando temporaneamente il debito (per circa 25 anni) e instaurando così le condizioni propizie a uno stato di stabilità nell'UEM. Una volta giunto a termine il DRF/P, il rischio finanziario sarebbe condiviso esclusivamente tramite i meccanismi di

35 Cfr. Consiglio tedesco degli esperti economici (2011), Assume responsibility for Europe, Relazione

annuale 2011/12, per la proposta originaria, e H. Doluca, M. Hübner, D. Rumpf e B. Weigert (2012), The European Redemption Pact: An illustrative Guide, GCEE Working Paper 02/2012, per un'esposizione più particolareggiata delle possibili modalità di attuazione della proposta originaria del GCEE. Cfr. inoltre Sondergutachten del GCEE del 5 luglio 2012. Alternative sono state proposte, tra gli altri, da C. Pierpaolo Parello e V. Visco (2012), The European Redemption Fund: A comparison of Two Proposals, MPRA 42874.

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stabilità finanziaria nel rispetto di una rigorosa condizionalità e questa condivisione sarebbe attivata soltanto come misura di ultima istanza in un contesto di crisi acuta.

60. La componente del "fondo" del DRF/P costituirebbe la struttura per la mutualizzazione temporanea del debito che supera il 60% del PIL. Nella fase di integrazione progressiva (della durata massima di 6 anni) gli Stati membri partecipanti trasferirebbero al fondo di rimborso parte del debito, ossia la quota che supera il 60% del PIL. Il fondo emetterebbe titoli congiunti di debito garantiti in solido dai partecipanti. In questa stessa fase i proventi derivanti dall'emissione dei titoli andrebbero a rifinanziare i titoli nazionali con scadenza superiore a due anni alla data di avvio del regime. L'importo complessivo del debito da trasferire al fondo sarebbe fissato in anticipo.

61. Il volume massimo del fondo al termine della fase di integrazione progressiva si aggirerebbe sui 2 850 miliardi di euro, mentre il totale di tutti gli importi del debito trasferiti al fondo e da questo rifinanziati si aggirerebbe sui 3 100 miliardi di euro (cfr. allegati da 2 a 4)36. Ciascuno Stato membro sarebbe tenuto a rimborsare il debito trasferito nell'arco di 20-25 anni. L'entità dei pagamenti al fondo sarebbe stabilita in percentuale del PIL di ciascuno Stato membro e varierebbe quindi in funzione del ciclo economico. I rimborsi implicherebbero il mantenimento di un avanzo primario continuo per tutto il processo di rimborso. In via di principio, i risparmi sugli interessi ottenuti con l'emissione congiunta protetta dalla garanzia in solido e la riduzione del premio di liquidità dovrebbero consentire alla maggior parte degli Stati membri di realizzare più facilmente avanzi primari. La proposta del GCEE prevede di ammettere alla partecipazione al regime soltanto gli Stati membri della zona euro che hanno un debito di entità superiore al 60% del PIL e che non sono inseriti in un programma di assistenza finanziaria.

62. La componente del "patto" del DRF/P consisterebbe in un insieme completo di regole atto a gestire l'azzardo morale e ad assicurare i rimborsi, articolato nelle precondizioni, nei vincoli e nelle garanzie seguenti:

(a) ciascuno Stato membro sarebbe tenuto a introdurre tra le norme costituzionali quel freno all'indebitamento nel frattempo già previsto dal trattato sulla stabilità, il coordinamento e la governance nell'unione economica e monetaria; spingendosi tuttavia oltre tale trattato, il GCEE chiede che l'attuazione del freno all'indebitamento (e non soltanto il recepimento) sia sottoposta al controllo di un organo indipendente di livello europeo (ad es. la Corte di giustizia europea);

(b) ciascuno Stato membro sarebbe tenuto a concludere con il livello europeo un "accordo di risanamento" vincolante che preveda un percorso di risanamento di bilancio e di riforme strutturali ricalcato sulla condizionalità imposta dagli

36 Poiché i paesi partecipanti al DRF/P comincerebbero a servire e rimborsare il debito fin dall'inizio

della fase di integrazione progressiva, l'entità massima del DRF/P, benché aumenti durante tale fase, rimarrebbe lievemente inferiore al totale di tutti gli importi da esso rifinanziati - cfr. H. Doluca, M. Hübner, D. Rumpf e B. Weigert (2012), The European Redemption Pact: Implementation and Macroeconomic Effects, Intereconomics 2012, pagg. 230, 236.

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attuali programmi in ambito MES, ma valido per tutto il periodo di 25 anni coperto dal DRF/P;

(c) ciascuno Stato membro sarebbe tenuto a destinare specificamente talune entrate fiscali nazionali all'assolvimento degli obblighi di pagamento al DRF;

(d) ciascuno Stato membro sarebbe tenuto a depositare presso il DRF garanzie reali per il 20% del valore del debito trasferito.

63. In caso di inadempimento degli obblighi, il regime DRF/P prevedrebbe reazioni e sanzioni quali l'esercizio delle garanzie reali, il blocco dei trasferimenti del debito durante la fase di integrazione progressiva, l'aumento dei tassi di interesse e delle entrate fiscali a destinazione specifica o interventi del DRF sul mercato aperto37. In ultima istanza si potrebbe vagliare l'ipotesi di sospendere e escludere lo Stato membro dall'DRF/P e di trasferirlo a un programma in ambito MES soggetto a rigorosa condizionalità politica. In caso di inadempimento degli obblighi, almeno alcune delle reazioni o sanzioni citate dovrebbero innescarsi immediatamente e automaticamente, eccezion fatta per gli elementi di discrezionalità politica.

64. La proposta di DRF/P originariamente formulata dal GCEE contempla una mutualizzazione parziale e temporanea come mezzo per instaurare le condizioni propizie a una mutualizzazione molto contenuta non appena sarà stato assorbito l'eccesso di debito ereditato dalla crisi attuale38. Suggerisce quindi un'emissione congiunta inscindibile da un contestuale accordo per introdurre un piano efficace di ristrutturazione del debito che funga sia da freno preventivo all'indebitamento sia da ancora della mutualizzazione. Va rilevato che il varo di un piano di ristrutturazione del debito sovrano in un contesto dominato da eccessi di debito ereditati dal passato non sarebbe credibile oppure, se comunque risultasse credibile, sarebbe destabilizzante. Nondimeno, una volta che in tutti gli Stati membri il livello del debito fosse sceso, come prevede il DRF/P, al 60%, diverrebbe applicabile un regime nuovo e, in caso di protrarsi di una crisi, si potrebbe quindi imporre una ristrutturazione al paese che supera una soglia del debito prestabilita e più elevata39. Come strumento di attuazione di questa soluzione si proponeva una versione modificata delle condizioni di prestito in ambito MES che prevedesse il salvataggio interno (bail in). Nelle previsioni del GCEE, questa regola avrebbe avuto un duplice effetto sulla ristrutturazione del debito: in primo luogo, predisporre un quadro chiaro e vincolante che limitasse le aspettative di salvataggio dall'esterno, e agevolasse quindi la fissazione del prezzo del rischio sovrano, e, in secondo luogo, scoraggiare i paesi dall'assumere prestiti eccessivi e/o dal farsi carico delle passività del settore

37 Nella proposta del GCEE, il DRF potrebbe mettere in vendita titoli dello Stato che ha violato le regole, aumentandone in tal modo l'offerta e innalzando i costi di rifinanziamento dei titoli di emissione nazionale ancora in circolazione sul mercato - cfr. Relazione speciale 2012 del GCEE.

38 Per il legame tra la proposta di DRF/P e la citata proposta a lungo termine, cfr. http://www.sachverstaendigenrat-wirtschaft.de/fileadmin/dateiablage/download/publikationen/special_report_2012.pdf. Per la proposta di piano, cfr. http://www.sachverstaendigenrat-wirtschaft.de/fileadmin/dateiablage/Sonstiges/chapter_four_2011.pdf pag. 142 ss. Cfr. anche Committee on International Economic Policy and Reform, Revisiting Sovereign Bankruptcy, ottobre 2013, capitoli IV e V.

39 Il GCEE ha proposto il 90% del PIL.

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finanziario. Nelle previsioni, tale piano di ristrutturazione del debito avrebbe pertanto permesso di allineare gli incentivi e di fungere da seconda linea difensiva in caso di fallimento degli altri meccanismi di governance.

65. Il GCEE considera un piano a lungo termine di ristrutturazione del debito parte integrante del concetto medesimo del DRF/P, necessaria per far fronte alle potenzialità di azzardo morale nel lungo periodo (cfr. capitolo VI). Alcuni Esperti rilevano tuttavia l'esistenza di opinioni diverse all'interno del loro gruppo, secondo le quali è possibile impostare il DRF/P prescindendo da tale componente e integrandovi invece il rafforzamento permanente dei poteri centrali di controllo sui bilanci. Il gruppo di esperti non ha condotto un'analisi approfondita della fattibilità, dell'opportunità e del contenuto di un piano a lungo termine di ristrutturazione del debito sovrano.

66. Il GCEE ha infine proposto d'istituire il DRF/P mediante trattato intergovernativo tra gli Stati membri della zona euro partecipanti, che decidono con procedure intergovernative. Gli Stati membri grandi garanti disporrebbero del diritto di veto sulle decisioni fondamentali di gestione40. Il capitolo VIII tratta delle questioni di legittimità sollevate da un'architettura di questo tipo. Occorrerebbe altresì, come spiegato nel capitolo VII, modificare il trattato UE per poter basare il DRF sull'obbligazione in solido, cogliendo eventualmente l'occasione offerta da tale procedura per creare il DRF/P nell'ambito del diritto dell'UE.

IV.1.2. Struttura di garanzia 67. Inizialmente il GCEE aveva proposto di proteggere il DRF con una garanzia in

solido, vale a dire che ciascun titolo da esso emesso fosse coperto dalla garanzia di ciascuno Stato membro per il suo importo totale: tutto il DRF sarebbe così garantito integralmente da ciascuno Stato membro della zona euro partecipante. In caso di difficoltà di rimborso dei titoli del DRF, l'investitore chiederebbe allo Stato membro di sua scelta di pagargli l'importo totale; non si verificherebbe quindi nessun default nei confronti degli investitori.

68. Al termine della fase di integrazione progressiva, l'esposizione finanziaria massima di ciascuno Stato membro partecipante si aggirerebbe quindi sui 2 850 miliardi di euro, nei quali è compreso il debito dello Stato membro stesso rifinanziato tramite il fondo41. Trattandosi di un livello di esposizione cui i paesi più piccoli non potrebbero far fronte qualora uno Stato membro grande risultasse inadempiente, i mercati attribuirebbero valore alla garanzia in solido solo per gli Stati membri più grandi e più solvibili.

69. In una struttura di garanzia di questo tipo i rendimenti, e quindi i costi di finanziamento del DRF, potrebbero ricalcare da vicino quelli dello Stato membro partecipante che gode del rating migliore (anche se probabilmente questo Stato si troverebbe a dover sostenere costi di finanziamento maggiori - cfr. infra).

40 Cfr. Relazione speciale 2012. A parere del GCEE, il diritto costituzionale tedesco imporrebbe tale diritto di veto - cfr. Schorkopf, Verfassungsrechtliche Grenzen und Möglichkeiten für eine Umsetzung des Schuldentilgungspaktes des Sachverständigenrates, Gutachten 2012, pag. 38 ss. Cfr. anche la sentenza della Corte costituzionale tedesca del 18 marzo 2014 sul trattato MES.

41 Cfr. allegato 2.

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70. Poiché la garanzia in solido illustrata presupporrebbe una modifica dei trattati dell'UE (cfr. capitolo VII) e potrebbe parimenti risultare difficilmente conciliabile con il dettato costituzionale di alcuni paesi, è valutato anche un DRF alternativo dotato di una struttura di garanzia pro rata42, eventualmente ispirata al modello del MES, con sottoscrizione proporzionale del capitale da parte degli azionisti, che la Corte di giustizia europea ha riconosciuto conforme al diritto dell'UE (cfr. capitolo VII). Il capitale del DRF si comporrebbe di una quota limitata di capitale versato e di una quota più grande di capitale richiamabile impegnato, sottoscritto pro rata da ciascuno Stato membro partecipante in base alla parte di debito trasferito, criterio quindi assai diverso da quello del capitale del MES.

71. La caratteristica principale della struttura pro rata è la limitazione dell'obbligazione di ciascuno Stato membro partecipante a un importo pari alla sua quota del capitale. Poiché alcuni dei paesi che partecipano come "garanti" alla responsabilità pro rata hanno un debito relativamente elevato e quindi rating del credito più bassi, la struttura di garanzia pro rata rischia di abbassare il rating di credito del DRF; richiederebbe quindi del capitale versato.

72. In questo contesto si potrebbero vagliare anche le potenzialità delle misure di rafforzamento del credito, che erano comunque previste nel modello del GCEE, benché soprattutto come mezzo per evitare l'azzardo morale e come "garanzia" a tutela degli interessi degli Stati membri creditori. La prima misura proposta dal GCEE consiste nell'obbligo di impegnare garanzie reali per il 20% del valore del debito trasferito. Relativamente alle attività detenute dalle banche centrali, questa soluzione è giuridicamente preclusa dal divieto di finanziamento monetario sancito dall'articolo 123 del TFUE (cfr. capitolo VII). Si può dubitare del fatto che gli Stati membri siano in grado di disporre di altre attività da impegnare come garanzia reale per il 20% del valore del debito trasferito.

73. La seconda misura proposta dal GCEE consiste nella destinazione specifica di parte del gettito fiscale ai pagamenti al fondo di rimborso. Per alcuni Stati membri, tuttavia, i previsti esborsi a favore del DRF potrebbero ammontare a un terzo del gettito attuale complessivo delle imposte indirette, il che lascia supporre un margine esiguo per la destinazione specifica delle entrati fiscali esistenti. Inoltre, la destinazione specifica diretta di parte del gettito fiscale ai pagamenti al fondo di rimborso (ossia una destinazione specifica in senso stretto) limiterebbe il volume delle entrate disponibili per i possessori di titoli della parte "nazionale" del debito, con conseguente abbassamento della qualità creditizia del restante debito nazionale. Se interpretata in questo senso, la proposta potrebbe porre altresì problemi giuridici in relazione alle clausole sul pari rango, perché determinerebbe un trattamento più favorevole del DRF/P rispetto agli altri creditori dello Stato membro. Quest'ultimo problema sarebbe evitato se la "destinazione specifica" fosse intesa in senso lato e atecnico, ossia come obbligo in capo agli Stati membri partecipanti di introdurre nuove imposte il cui gettito sia destinato al servizio del debito pubblico nei confronti di tutti i creditori a pari condizioni. Entrambi i concetti di "destinazione specifica" potrebbero però porre problemi di diritto costituzionale nazionale.

42 Questa possibile alternativa è stata successivamente vagliata anche dallo stesso GCEE - cfr. Relazione

speciale del 5 luglio 2012.

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74. L'analisi delle proposte misure di rafforzamento del credito conferma che l'ipotesi di un DRF delle dimensioni originariamente prospettate sarebbe meno percorribile se si basasse su una garanzia pro rata rispetto a un'obbligazione in solido. Un DRF con una garanzia pro rata presenterebbe vantaggi minori in termini di risparmi sugli interessi, con la conseguenza che la fase di rimborso sarebbe inevitabilmente più lunga.

75. Si potrebbero altresì vagliare delle varianti basate su un DRF più piccolo protetto da garanzia pro rata. Si espongono di seguito due alternative in questo senso: (i) il trasferimento del solo debito che supera il 75% del PIL e (ii) il trasferimento del debito di valore equivalente al 20% del PIL.

IV.1.3. Dimensioni del fondo e sua composizione 76. Stando agli ultimi dati disponibili (cfr. allegati 2 e 4), un DRF modellato sulla

proposta originaria comporterebbe il trasferimento di debito per un importo complessivo di 3 100 miliardi di euro (con un picco di 2 850 miliardi di euro di debito congiunto in essere) e avrebbe una composizione basata sulla partecipazione di 10 Stati membri della zona euro. L'Italia ne deterrebbe la quota più consistente, seguita da Francia e Germania. Poiché la proposta originaria presuppone una garanzia in solido, la composizione non inciderebbe in maniera rilevante sulla qualità creditizia dei titoli del fondo.

77. Se il trasferimento riguardasse soltanto il debito che supera il 75% del PIL di ciascuno Stato membro (anziché il 60%), parteciperebbero al DRF soltanto 8 Stati membri della zona euro (cfr. allegati 2 e 4)43. Quest'opzione implicherebbe un volume massimo del DRF intorno ai 1 700 miliardi di euro, importo comunque in grado di assicurare un mercato ampio e liquido. La quota più consistente del fondo sarebbe detenuta dall'Italia (901 miliardi di euro), seguita da Francia (363 miliardi) e Spagna (188 miliardi), mentre la quota della Germania risulterebbe ridotta (92 miliardi di euro). Complessivamente, la riduzione del debito sarebbe minore, mentre maggiore sarebbe la quota del fondo detenuta da paesi altamente indebitati. Data la presenza prevalente di paesi altamente indebitati, l'opzione potrebbe non essere percorribile in un'ottica pro rata.

78. Il trasferimento di un volume di debito pari al 20% del PIL determinerebbe un'entità del fondo pari a circa 1 900 miliardi di euro. Siccome l'importo del debito trasferito dipenderebbe dal PIL, la composizione del fondo ricalcherebbe lo schema di sottoscrizione del capitale della BCE e del MES (cfr. tabella nell'allegato 2).

79. Oltre a ridurre il volume complessivo del DRF, un altro effetto di quest'ultima variante sarebbe quello di evitare uno dei problemi posti dalla proposta originaria del GCEE, ossia il fatto che i paesi detengano interessi molto diversi nel DRF e ne traggano benefici estremamente eterogenei in termini di risparmio sugli interessi.

80. La variante in questione permetterebbe inoltre di includere più Stati membri della zona euro, o addirittura tutti, riducendo così la discrepanza tra la governance della

43 Austria, Belgio, Francia, Germania, Irlanda, Italia, Malta e Spagna; se fossero inclusi i paesi sottoposti

a programma, si aggiungerebbero Cipro, Grecia e Portogallo.

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zona euro e quella del DRF, anche se implicherebbe forme diverse di compromesso indotte dalle diverse alternative sulla partecipazione (cfr. sezione successiva).

81. La variante potrebbe ridurre la vulnerabilità di alcuni Stati membri altamente indebitati diminuendone l'eccesso di debito, sebbene in misura minore rispetto alla proposta originaria. I vincoli pattizi esigenti del DRF/P (in particolare gli "accordi di risanamento") concorrerebbero altresì a affermare una cultura della disciplina di bilancio e delle riforme strutturali che potrebbe tradursi in ulteriori riduzioni dell'eccesso di debito una volta scaduto il DRF/P, come peraltro impongono il diritto dell'UE e il trattato sulla stabilità, il coordinamento e la governance nell'unione economica e monetaria44. Poiché la composizione prevista ricalcherebbe più da vicino quella del capitale della BCE, il regime fornirebbe inoltre, per la sua durata, un elemento utile ai fini dell'attuazione della politica monetaria e della creazione di liquidità di mercato.

82. Lo svantaggio della variante risiede nel fatto che, a regime concluso, i livelli di debito sarebbero ancora diseguali e che alcuni Stati membri presenterebbero ancora un eccesso consistente di debito. Non si concreterebbe pienamente la logica alla base dell'idea originaria del DRF/P, vale a dire che la zona euro possa ripartire da zero una volta eliminato il retaggio problematico del passato. Nel complesso questo scenario, pur non rispondendo appieno alle finalità del DRF/P stabilite in origine, potrebbe comunque portare al conseguimento di alcuni obiettivi dell'emissione congiunta di titoli di debito: mettere a disposizione un'attività sicura e sostenere la trasmissione della politica monetaria.

IV.1.4. Partecipazione 83. Si possono esaminare due varianti dell'idea di DRF/P: inclusione di tutti gli Stati

membri della zona euro che hanno un debito superiore a una data soglia oppure esclusione dei paesi sottoposti a programma.

84. Le opzioni che prevedono l'inclusione di tutti gli Stati membri della zona euro che hanno un debito superiore a una data soglia darebbero vita a un fondo caratterizzato da un volume complessivo superiore e da una qualità creditizia peggiore, perlomeno in assenza dell'obbligazione in solido. Si potrebbe altresì obiettare che lo strumento più idoneo a risolvere la situazione di questi paesi, e a assicurarne il finanziamento nel corso del programma cui sono sottoposti, è il MES. Escludere dal DRF/P i paesi sottoposti a programma significa tuttavia che, nella fase di integrazione progressiva, essi sarebbero gli unici Stati membri della zona euro a doversi finanziare, per i titoli a scadenza più lunga, direttamente sui mercati, dove potrebbero dover operare in condizioni persino più sfavorevoli. Tutti i paesi continuerebbero a rifinanziare il debito con scadenza inferiore a 2 anni. Una terza alternativa potrebbe essere prevedere che tali paesi possano (e anzi debbano) aderire al DRF/P una volta usciti dal programma, questione che implica, in ultima analisi, una valutazione politica.

44 Il DRF/P proposto in origine pare imporre, sotto vari aspetti, un rigore maggiore di quello insito negli

obblighi giuridici introdotti nel frattempo dal six pack e dal trattato sulla stabilità, il coordinamento e la governance nell'unione economica e monetaria, ma la questione non è del tutto chiara - cfr. nota in calce (46).

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85. Un altro aspetto che va considerato è lo status degli Stati membri della zona euro che hanno un debito inferiore al 60% del PIL. Nell'opzione a "parità di quota" questi paesi potrebbero essere inseriti nel regime con l'obiettivo di ridurne il debito di un importo pari al 20% del PIL. Si potrebbe ipotizzare per il loro caso una partecipazione facoltativa, liberamente scelta per motivi finanziari o politici (costi inferiori di finanziamento, partecipazione alle decisioni - cfr. capitolo VIII).

IV.1.5. Flessibilità nella fase di rimborso 86. La fase di rimborso potrebbe prevedere una certa flessibilità, in modo da incentivare

la partecipazione dei paesi che hanno livelli bassi di debito, e potrebbe essere sfruttata per permettere un differimento dei rimborsi da parte dei paesi che sperimentano gravi squilibri economici. È emerso tuttavia anche il parere contrario, ossia che la possibilità stessa di concedere tale flessibilità possa acuire l'azzardo morale potenziale del DRF/P e remare contro l'obiettivo principale fissato per esso, vale a dire la riduzione del debito. Sempre secondo tale parere, inoltre, non è necessario nessun margine di flessibilità, perché tutti i paesi partecipanti hanno accesso ai mercati finanziari e possono, se necessario, attutire gli shock aderendo a un programma del MES.

87. Il DRF/P potrebbe parimenti prevedere un ritmo di rimborso più lento di quello suggerito nella proposta del GCEE, che diminuisca l'entità dell'avanzo primario necessario e possa nel contempo aumentare la probabilità di conseguimento degli obiettivi di riduzione del debito. Ne conseguirebbe quindi una durata complessiva del DRF/P molto più lunga oppure una durata pressoché identica a quella prospettata dal GCEE ma con un fondo di dimensioni ridotte (cfr. parte IV.1.3.).

IV.1.6. Aumento dei tassi di interesse 88. Il DRF/P potrebbe integrare un meccanismo di incentivazione finanziaria sotto

forma di sistema trasparente, possibilmente pressoché automatico, di aumenti graduali dei tassi di interesse: in pratica, allo Stato membro che aderisce al DRF/P con un livello di debito elevato si applicherebbe un leggero aumento dei tassi di interesse, che verrebbe poi diminuito gradualmente e automaticamente via via che lo Stato membro abbassa il livello del debito45. Un aumento di questo tipo potrebbe fungere da sistema premiale per gli Stati che attuano una politica di bilancio prudente; grazie alle notevoli potenzialità che racchiude, potrebbe influenzare il comportamento dei decisori politici e, quindi, assicurare il rispetto delle regole di bilancio. Per converso, potrebbe altresì ridurre i benefici che il DRF/P offre in termini di risparmio sui costi di servizio del debito: dovrebbe quindi essere fissato a un livello sufficientemente basso da consentire comunque al DRF/P di assolvere la funzione di agevolazione dell'aggiustamento di bilancio.

45 Ad esempio, si potrebbe applicare a ciascun paese partecipante al DRF/P che ha un debito superiore

all'80% del PIL un aumento dei tassi di interesse fissato a un differenziale lineare di 0,15 punti percentuali per ogni 10% del PIL in eccesso (vale a dire che al paese con un debito pari al 100% del PIL si applicherebbe un differenziale di 0,3 punti percentuali, a quello con un debito pari al 120% del PIL, un differenziale di 0,6 punti percentuali, e così via).

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IV.1.7. Gestione del debito 89. In considerazione delle dimensioni e dei tempi che lo contraddistinguono, il DRF/P

implicherebbe un "Tesoro" (Debt Management Office - DMO) centralizzato a livello europeo, che tuttavia operi in collaborazione con gli omologhi nazionali. Per assicurare il rispetto delle regole e per poter reagire in caso di loro violazione, il DRF/P proposto richiederebbe inoltre l'attuazione di misure incisive di sorveglianza e il conferimento di poteri decisionali, interventi che esulano tuttavia dal mandato tecnico del DMO; i poteri necessari a tal fine dovrebbero essere conferiti a istituzioni politiche dotate dell'adeguata legittimità e responsabilità.

IV.2. Analisi dei meriti del DRF/P in termini di rispondenza alle diverse finalità

IV.2.1. Sostenibilità delle finanze pubbliche e stabilità finanziaria

a) Riduzione dei livelli di debito e alleggerimento dell'onere del servizio del debito che grava sui bilanci attuali

90. Il DRF/P affronterebbe il problema dell'eccesso di debito accumulato e potrebbe aiutare a spezzare il circolo vizioso tra insostenibilità del debito e bassa crescita economica. Contribuendo a precisare le implicazioni sistemiche della situazione attuale, potrebbe rafforzare la futura credibilità del principio del "no bail out".

91. Il DRF/P potrebbe, almeno per alcuni Stati membri, rendere meno costoso il finanziamento del debito pubblico riducendo i differenziali di rendimento e i costi di finanziamento per gli Stati membri che vi partecipano. L'entità dei risparmi sui costi dell'assunzione di prestiti dipenderebbe in larga misura dalla struttura di garanzia prescelta e dai tassi di interesse di riferimento. La finalità centrale del DRF/P risiede nel colmare il grande divario che separava i rendimenti dei titoli di Stato al culmine della crisi (che si è nel frattempo notevolmente riassorbito) consentendo così ai paesi altamente indebitati di conseguire gli obiettivi di bilancio.

92. I costi di finanziamento potrebbero nel complesso diminuire di più se si attuasse un DRF con garanzia in solido, che sarebbe più efficace nella riduzione del premio per il rischio di credito. Benché sia possibile in tale ipotesi un aumento dei rendimenti sulla parte "nazionale" del debito, si prevede che la spesa complessiva per il servizio del debito dei paesi altamente indebitati possa ridursi grazie alla combinazione tra l'elemento "assicurativo" della mutualizzazione del debito e la maggiore credibilità del risanamento di bilancio risultante dal "patto". Potrebbe venire a rafforzare l'effetto anche il calo del premio di liquidità, perlomeno immediatamente dopo la fine della fase di integrazione progressiva.

93. Grande sarebbe tuttavia l'incertezza sull'effetto se fosse adottato un regime delle dimensioni originariamente proposte sostenuto da una garanzia pro rata, perché le dimensioni del fondo, e in particolare la sua composizione (ossia il fatto che Stati membri altamente indebitati abbiano una quota relativamente consistente della garanzia), determinerebbero un aumento dei costi del finanziamento, perlomeno per gli Stati membri che vantano una qualità creditizia più elevata. Per questi motivi, se si optasse per una struttura di garanzia pro rata, si potrebbe vagliare l'alternativa di un DRF più piccolo e dalla composizione diversa, al quale ciascuno Stato membro

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partecipante trasferisca una quota eguale di debito. Il calo del premio di liquidità a fronte di un fondo che comunque manterrebbe una dimensione considerevole potrebbe determinare un certo risparmio sui costi. Per gli Stati membri piccoli, inoltre, si pongono ancora questioni riguardo al premio di liquidità sul resto dell'emissione.

b) Allentamento del circolo vizioso tra banche e emittente sovrano

94. Un'attività liquida e sicura (come, ad esempio, i titoli del DRF) migliorerebbe la resilienza dei bilanci delle banche alle difficoltà del relativo emittente sovrano. Minore sarebbe quindi la quota dei prestiti erogati dalle banche al loro Stato e molto meno stretto sarebbe il legame tra sistema bancario nazionale e rispettivo emittente sovrano. Risolvendo i problemi posti da questo circolo vizioso si potrebbero ottenere risultati positivi per la stabilità finanziaria su più vasta scala.

95. I titoli del DRF potrebbero altresì costituire un'attività stabile e contribuire quindi a una maggiore stabilità dei bilanci delle banche, con un effetto che, combinato alla riduzione dell'esposizione del settore bancario verso il relativo Stato, rafforzerebbe la resilienza del settore e la sua resistenza agli shock macroeconomici.

c) Miglioramento della resilienza della zona euro

96. Il DRF/P racchiude la potenzialità di migliorare la resilienza della zona euro alle crisi finanziarie future: per il settore bancario, grazie all'effetto stabilizzatore di un'attività sicura; per lo Stato, nella fase di integrazione progressiva, grazie alla garanzia di accesso ai mercati e all'abbassamento dei costi di finanziamento di una quota ingente del debito.

97. Il DRF/P ridurrebbe il rischio di contagio e permetterebbe agli Stati membri di disporre di tempo e di un quadro per l'attuazione di riforme strutturali e di bilancio. Venendone a finanziare una quota ingente del debito, il regime sosterrebbe altresì gli sforzi degli Stati membri finalizzati all'attuazione di riforme strutturali politicamente delicate, alla cui realizzazione effettiva concorrerebbe anche la condizionalità prevista dagli accordi di risanamento.

d) Offerta di un ammortizzatore finanziario degli effetti degli shock asimmetrici

98. Il DRF/P potrebbe permettere agli Stati altamente indebitati di finanziarsi a costi inferiori e di accedere ai mercati a condizioni più favorevoli, fungendo quindi da ammortizzatore finanziario degli effetti degli shock asimmetrici. Potrebbe risolvere il problema dell'eccesso di debito ereditato dal passato e aiutare tutti gli Stati membri a ritornare a una situazione di stabilità finanziaria a lungo termine, attenuando così il rischio di rifinanziamento, specie in caso di cambiamento repentino di percezione sui mercati, e assicurando l'accesso ai mercati.

e) Fermo impegno generale a favore della sostenibilità delle finanze pubbliche e della stabilità finanziaria

99. Nel complesso il DRF/P presupporrebbe e promuoverebbe, nelle sue due componenti del "fondo" e del "patto", un fermo impegno comune che leghi gli Stati membri partecipanti per un lungo periodo di tempo e che diminuisca la necessità di ricevere assistenza finanziaria tramite il MES, contribuisca all'efficacia della politica

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monetaria e spiani la strada a un regime di "no bail out" credibile. In questo senso il DRF/P non dovrebbe ridursi a un regime che presenta vantaggi per i soli Stati membri altamente indebitati ponendo costi e rischi a carico degli altri; al contrario, i suoi meriti (al pari di quelli di altri regimi possibili di emissione congiunta) servirebbero gli interessi a lungo termine di tutti gli Stati membri.

IV.2.2. Integrazione finanziaria e politica monetaria 100. Il DRF/P sarebbe in grado, soprattutto se sostenuto da una garanzia in solido, di

attenuare la correlazione tra rischio di credito dello Stato e costi di finanziamento per le sue banche. Se il DRF/P fosse invece protetto da garanzia pro rata, l'effetto potrebbe dipendere dalla quota rispettiva di ciascuno Stato membro. Inoltre, un mercato dei titoli pubblici integrato e molto liquido attrarrebbe una vasta gamma di investitori nazionali e stranieri, banche centrali comprese, e fungerebbe da garanzia reale.

101. Un'attività sicura che assurga a parametro di rendimento potrebbe contribuire a incoraggiare i soggetti non sovrani a emettere titoli (ad esempio, società, enti locali, imprese finanziarie), sostenendo così lo sviluppo in Europa di alternative all'intermediazione finanziaria basata sulle banche. Il fatto che sia disponibile un parametro liquido della zona euro potrebbe inoltre agevolare il funzionamento dei mercati dei derivati denominati in euro. I titoli del DRF/P potrebbero assurgere a parametro per prezzi e sconti e attrarre quindi un certo volume di negoziazioni. La liquidità che i titoli usati come parametro attraggono ha valore di per sé, come evidenzia il rendimento inferiore che li caratterizza. Per questi motivi il DRF/P potrebbe determinare nella zona euro un abbassamento dei costi di finanziamento per il settore tanto pubblico quanto privato, rafforzando così le potenzialità di crescita a più lungo termine dell'economia.

102. Il DRF/P potrebbe aumentare la fiducia generale del mercato e produrre un impatto generale positivo sui mercati finanziari e sull'intermediazione finanziaria. La riduzione dell'eccesso di debito potrebbe contribuire quindi all'integrazione finanziaria a lungo termine.

IV.2.3. Complemento del quadro di governance economica nell'UE 103. Una delle caratteristiche salienti del DRF/P è il fatto che comporti per gli Stati

membri partecipanti, oltre all'emissione congiunta di debito, anche un regime di condizionalità e di riforma, potenzialmente in grado di rafforzare il quadro di governance economica nell'UE a lungo termine (considerato il lungo periodo in cui vigerebbe). Nella pratica, le regole rigorose alla base del DRF/P, compresi gli accordi di risanamento vincolanti, potrebbero sfociare nel rafforzamento dell'attuazione e del rispetto dei meccanismi unionali di coordinamento delle politiche economiche e di sorveglianza multilaterale di bilancio, fermo restando che la condizionalità supplementare imposta dal DRF/P sia incorporata nel quadro di governance economica dell'UE e che si eviti la creazione di linee decisionali parallele (cfr. capitolo VIII). Un effetto d'incentivazione potrebbe risultare anche da un sistema di aumenti dei tassi di interesse.

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IV.3. Possibili effetti negativi e rischi economici e finanziari del DRF/P

104. Il DRF/P può conseguire il suo obiettivo primo, ossia ridurre i livelli del debito pubblico in tutta la zona euro, soltanto se funziona con efficacia per tutta la durata, nel rispetto delle regole rigorose che si è dato e delle ipotesi macroeconomiche su cui si fonda. L'impegno economico, finanziario e politico necessario per istituirlo potrebbe tuttavia determinare anche effetti negativi, sfide e rischi, attenuabili in parte diminuendo le dimensioni e accorciando l'orizzonte temporale del regime. Tali effetti, sfide e rischi si riconducono alle tre tipologie illustrate qui di seguito.

105. Per quanto riguarda in primo luogo i costi di finanziamento, un DRF/P con garanzia in solido rischia di aumentarli per gli Stati membri che vantano la qualità del credito più elevata, perché essi subirebbero un'inversione parziale dell'effetto di "fuga verso la qualità" (che non si può escludere si verifichi comunque con il tempo) e si farebbero carico di ingenti passività potenziali. La garanzia in solido potrebbe ripercuotersi negativamente anche sul merito di credito degli Stati membri piccoli, perché si fa fatica a immaginare che uno di loro sia in grado di rispondere con la sua garanzia per uno Stato membro grande e altamente indebitato. In concreto, quindi, risponderebbero in garanzia soltanto pochissimi Stati membri, grandi e con un debito contenuto.

106. Il DRF/P permetterebbe di conseguire pienamente l'obiettivo di un livello basso del debito, e la collegata qualità creditizia, soltanto trascorsi alcuni anni (anche se è lecito attendersi alcuni effetti positivi sui mercati molto prima), mentre potrebbe risultare problematico per gli Stati membri più forti se, nel corso della sua durata, fossero chiamati a rispondere con la garanzia in solido.

107. Un DRF/P con garanzia pro rata rischierebbe di aumentare i costi di finanziamento per gli Stati membri con rating più alto, mentre per quelli con rating più basso determinerebbe risparmi sui costi degli interessi (necessari per attuare la componente del "patto") inferiori rispetto al regime con garanzia in solido, con conseguenti rischi per l'assolvimento degli impegni. La quota dei garanti altamente indebitati potrebbe essere relativamente elevata, con conseguenze negative per la qualità creditizia. Una volta che la garanzia (e quindi, per estensione, il regime nel suo complesso) abbia perso credibilità, il rischio di rigetto da parte del mercato aumenta sensibilmente. Questo rischio potrebbe essere attenuato privilegiando l'alternativa di un DRF più piccolo con una composizione diversa.

108. In secondo luogo, sarebbe possibile conseguire al meglio le finalità dell'emissione congiunta collegate al funzionamento dei mercati finanziari nel corso della fase iniziale, ossia quando le dimensioni e la liquidità del DRF sono al massimo. Dato che la liquidità seguirebbe una parabola sistematicamente discendente, i vantaggi in termini di attività sicure, trasmissione della politica monetaria e premio di liquidità scemerebbero nel tempo, ma i risparmi complessivi sui costi di finanziamento realizzati dagli Stati membri partecipanti potrebbero venire a compensare la diminuzione della liquidità complessiva. Questo rischio svanirebbe se, nel corso della durata del DRF/P, la zona euro intensificasse l'integrazione convergendo verso un bilancio comune oppure se fossero create altre attività sicure.

109. In terzo luogo, potrebbero porsi rischi di politica macroeconomica qualora gli avanzi primari necessari per rispettare il piano di rimborso si rivelassero troppo

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elevati. Il DRF potrebbe porre di fronte a un dilemma tra flessibilità e azzardo morale: le regole rigorose del DRF/P, che trovano ragione nell'esigenza di parare alle elevate potenzialità di azzardo morale, paiono mancare della flessibilità necessaria in caso di nuovi shock economici esterni (flessibilità che è invece insita nel trattato sulla stabilità, il coordinamento e la governance nell'unione economica e monetaria e nel patto di stabilità e crescita). La proposta originaria prende in considerazione questa eventualità fissando in percentuale del PIL i pagamenti al fondo a titolo di rimborso, in modo che fluttuino con il ciclo economico. A parere di alcuni Esperti, questa soluzione potrebbe tuttavia rivelarsi insufficiente ad assicurare una reazione flessibile e adeguata degli Stati agli imprevisti economici per tutta la lunga durata di un periodo di 25 anni46. Detto questo, altri Esperti rilevano che gli avanzi primari richiesti dal DRF/P potrebbero, in funzione dell'impianto prescelto, non essere superiori, o risultare addirittura inferiori, a quelli imposti dal rispetto del patto di stabilità e crescita riveduto e dal trattato sulla stabilità, il coordinamento e la governance nell'unione economica e monetaria e dalla necessità di assicurare la sostenibilità del debito. Si potrebbe sostenere che il DRF/P è in grado di aiutare gli Stati membri (o perlomeno alcuni di essi) a conseguire più facilmente il risultato grazie ai minori costi di finanziamento.

110. La mancanza di flessibilità potrebbe erodere la credibilità del regime in due modi: da un lato, a regole immutate uno o più Stati membri potrebbero non essere in grado di assolvere gli impegni assunti nei confronti del fondo e dei suoi altri creditori; dall'altro, cambiando le regole si acuirebbe sensibilmente l'azzardo morale insito nel regime. In entrambi i casi, la credibilità del regime ne uscirebbe seriamente compromessa, con conseguente affievolimento dell'effetto stabilizzatore, evitabile solo prevedendo meccanismi (come ad esempio il MES) di attenuazione di tali rischi.

111. Sotto il profilo della politica macroeconomica, la principale sfida posta dal DRF/P sarebbe in sostanza la necessità di rispettare sull'arco di numerosi anni regole fissate in anticipo, in un compito che potrebbe rivelarsi insostenibile o produrre effetti collaterali capaci di vanificare i vantaggi del regime. Dal punto di vista macroeconomico e di economia politica, è inoltre possibile che, una volta istituito il DRF/P, cominci a montare la pressione politica verso un regime permanente di mutualizzazione del debito: per questo motivo la proposta originaria del GCEE prevedeva l'obbligo di sottoporre a referendum negli Stati membri qualsiasi proroga del DRF/P.

46 Il DRF/P proposto in origine pare imporre, sotto vari aspetti, un rigore maggiore di quello insito negli obblighi giuridici introdotti nel frattempo dal six pack e dal trattato sulla stabilità, il coordinamento e la governance nell'unione economica e monetaria. Comporterebbe accordi di risanamento vincolanti che imporrebbero un risanamento di bilancio e riforme strutturali analogamente agli attuali programmi in ambito MES, con la differenza che gli obblighi varrebbero per ciascuno degli Stati membri partecipanti e per tutta la durata del regime, in un sistema che si spinge quindi ben oltre le raccomandazioni specifiche per paese, non vincolanti, della governance attuale. Occorrerebbe inoltre adempiere rigorosamente ogni anno agli obblighi di pagamento dei rimborsi stabiliti all'inizio del regime, mentre le norme dell'UE vigenti e il trattato sulla stabilità, il coordinamento e la governance nell'unione economica e monetaria lasciano ancora un margine di flessibilità di bilancio in caso di shock economici esterni. Detto questo, il concetto del DRF/P è stato sviluppato prima che fossero adottati tale trattato e il six pack; secondo alcuni Esperti, sarebbe altresì possibile intendere il concetto, o adattarlo, in modo da integrarvi semplicemente il livello di obblighi di bilancio previsto dalle norme dell'UE attualmente vigenti.

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V. IDEA DEGLI EUROBILLS: STRUTTURA, MERITI E RISCHI

112. Varie sono le proposte di eurobills presentate finora47, con caratteristiche diverse quanto a, ad esempio, tipo di garanzia o scadenza. Il presente capitolo non verte su proposte specifiche; piuttosto, illustra e valuta determinate caratteristiche e varianti concettuali possibili degli eurobills (sezione V.1.) per poi vagliarne la rispondenza agli obiettivi perseguiti (sezione V.2.) e i rischi economici e finanziari che comportano (sezione V.3.).

V.1. Caratteristiche di base e varianti concettuali degli eurobills

113. Nella presente relazione per "eurobill" s'intende un titolo pubblico a reddito fisso e con scadenza predeterminata piuttosto breve (fino a uno o due anni) emesso congiuntamente dagli Stati membri della zona euro. Se quest'emissione congiunta si concretasse, gli Stati membri dovrebbero rinunciare a emettere titoli di debito nazionali nella gamma di scadenze interessata dagli eurobills, che diverrebbero quindi gli unici titoli di debito pubblico a breve termine della zona euro. Gli Stati membri continuerebbero invece a emettere titoli a scadenza più lunga. Sarebbe fissato in anticipo un volume massimo di emissione di eurobills stabilendo un limite per ciascun paese e ogni anno dovrebbe essere fissato anche, per ciascuno Stato membro partecipante, il tetto di finanziamento da coprire tramite l'emissione congiunta. Vigerebbero altresì regole e meccanismi intesi a contenere l'azzardo morale, che potrebbero persino sfociare in un sistema di eventuale esclusione dal regime di emissione congiunta (cfr. capitolo VI).

114. Oltre agli elementi comuni citati occorrerebbe stabilire varie caratteristiche degli eurobills, quali:

- struttura di garanzia del fondo di eurobills;

- scadenze precise interessate;

- partecipazione;

- durata del regime;

- aspetti tecnici dell'emissione (alternative per la fase di integrazione progressiva, emissione back-to-back o emissione aggregata, ecc.);

- gestione del debito.

Cfr. anche tabella dei principali modelli di eurobills nell'allegato 5.

47 Cfr. ad esempio: EPDA (2008), A common European Government Bond, documento di riflessione,

settembre 2008, unitamente a una sintesi del sondaggio e della discussione in SIFMA (2009), Towards a Common European T-Bill, nota informativa, marzo 2009. C. Hellwig e T. Philippon (2011), Eurobills, not Eurobonds, voxeu.org, 2 dicembre 2011; ELEC (2012), The ELEC 'Euro T-Bill Fund', 27 gennaio 2012; Graham Bishop, The Temporary Eurobill Fund, prima pubblicazione: settembre 2012; ultimo aggiornamento: dicembre 2013. http://www.grahambishop.com/StaticPage.aspx?SAID=411; http://www.grahambishop.com/StaticPage.aspx?SAID=448.

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V.1.1. Struttura di garanzia 115. Le strutture di garanzia pro rata implicano che ciascuno Stato membro garante

risponda della propria corrispondente quota dell'emissione di eurobills. Sulla falsariga della struttura di capitale del MES, il capitale del fondo di eurobills si comporrebbe di una piccola percentuale di capitale versato e di una percentuale più grande di capitale richiamabile impegnato, sottoscritto pro rata da ciascuno Stato membro partecipante secondo quanto stabilito nel testo giuridico istitutivo, cui potrebbero aggiungersi misure di rafforzamento del credito (cfr. infra). Per converso, con le garanzie in solido ciascuno Stato membro risponderebbe anche della quota di qualsiasi altro Stato membro: l'intero volume degli eurobills sarebbe garantito integralmente da ciascuno Stato membro della zona euro partecipante (cfr. descrizione più particolareggiata delle due strutture di garanzia nella sezione IV.1.2.).

116. La struttura pro rata limita la responsabilità di ciascuno Stato membro partecipante alla corrispondente quota di capitale stabilita nel testo giuridico istitutivo e, di conseguenza, limita anche l'elemento di condivisione del rischio finanziario. Una caratteristica così strutturata può risultare conforme ai trattati UE vigenti, come ha confermato la Corte di giustizia europea (cfr. capitolo VII), ma implica anche il fatto che, molto probabilmente, qualsiasi variazione del rating sovrano di uno Stato membro partecipante (grande) comporti una variazione corrispondente del rating di credito degli eurobills.

117. La garanzia in solido (che implicherebbe una modifica dei trattati - cfr. capitolo VII) concorrerebbe probabilmente a far abbassare molto più sensibilmente i premi per il rischio di credito, perché le emissioni degli Stati membri con un rating più basso potrebbero trarre vantaggio dalla qualità creditizia degli Stati membri con un rating superiore. Il rendimento degli eurobills emessi con una garanzia in solido potrebbe essere dell'ordine di quello degli attuali buoni del Tesoro emessi dagli Stati membri che vantano i rating più alti, se non addirittura inferiore, data la maggiore liquidità dei mercati degli eurobills.

118. Una garanzia pro rata inciderebbe meno di una garanzia in solido sui costi (medi) di finanziamento degli Stati membri, perché implica, in linea di massima, che il premio per il rischio di credito dipenda dai corrispondenti premi degli Stati membri partecipanti.

119. Laddove un meccanismo credibile di ultima difesa potesse essere sufficiente a diminuire la probabilità di mancato rimborso degli eurobills, si aprirebbe la possibilità di abbassarne il premio per il rischio di credito. Ad esempio, il MES potrebbe costituire tale ultima difesa prestando assistenza finanziaria agli Stati membri della zona euro qualora uno di essi subisca pressioni finanziarie tali da intaccare la qualità creditizia sua e, di conseguenza, degli eurobills. Tuttavia, pur rappresentando un fattore importante sotto il profilo economico ai fini della fiducia degli investitori, un'ultima difesa quale il MES non potrebbe costituire un elemento giuridico della struttura di garanzia del fondo di eurobills e non potrebbe quindi sostituirsi a un capitale adeguato. Per essere in grado di instillare ulteriore fiducia negli investitori, un'ultima difesa deve inoltre essere di entità adeguata in rapporto alla dimensione complessiva dell'emissione di eurobills: non è certo che l'attuale capacità di prestito del MES (500 miliardi di euro) risulti sufficiente in una

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situazione di difficoltà in uno Stato membro e con un fondo di eurobills di grandi dimensioni che emette titoli con scadenza fino a due anni.

120. Gli Stati membri che presentano un rischio di credito molto basso potrebbero trovarsi nella situazione in cui il rischio di credito degli eurobills protetti da garanzia pro rata è superiore a quello dei loro attuali buoni del Tesoro. È difficile prevedere con esattezza la differenza, perché essa dipenderebbe dall'effettiva situazione di mercato e da varie caratteristiche del regime degli eurobills: dimensioni globali dell'emissione, rapporto con il capitale del fondo, Stati membri partecipanti, esistenza di ultime difese credibili.

121. Quale che fosse il tipo di garanzia, gli eurobills potrebbero comunque contribuire a aumentare la resilienza degli Stati membri alle crisi collegate allo stato del settore bancario nazionale allentando il circolo vizioso tra settore bancario e emittente sovrano e rafforzando la stabilità finanziaria grazie a una minore esposizione delle banche al debito pubblico nazionale.

122. Entrambi i tipi di garanzia recherebbero benefici in termini di messa in comune dell'emissione e di abbassamento del costo medio del finanziamento grazie al premio di liquidità inferiore. L'entità dell'effetto sul premio di liquidità dipenderebbe dalle dimensioni del nuovo mercato. In linea di massima, i premi di liquidità complessivi dell'attività di emissione degli Stati membri scenderebbero (anche se la differenza potrebbe non essere rilevante per alcuni Stati), perché quelli sugli eurobills diminuirebbero, mentre invariato dovrebbe restare, in linea di massima, il premio di liquidità sul resto del debito in essere. Si rilevi tuttavia che, con una garanzia pro rata, la forza e il merito di credito del regime dipendono, anche in presenza di un'ultima difesa, dalle sue dimensioni, le quali a loro volta dipendono principalmente dalla gamma di scadenze interessate dagli eurobills.

123. Riguardo alle misure di rafforzamento del credito, tutti i pro e i contro illustrati nel capitolo IV a proposito del DRF/P varrebbero anche per gli eurobills. Data la scadenza breve degli eurobills, tali misure possono apparire meno rilevanti; tuttavia, questo aspetto dipenderebbe anche dalle dimensioni del fondo di eurobills e dalla misura in cui si ritiene realisticamente possibile, in pratica, che esso decida di interrompere o ridurre l'emissione di titoli da un anno all'altro.

V.1.2. Scadenze interessate 124. Poiché tradizionalmente i buoni del Tesoro hanno scadenze fino a un anno, una

possibilità sarebbe quella di allineare ad esse gli eurobills, prevedendone una gamma di scadenze che spazia dal brevissimo termine (ad es., una settimana) a un anno. Un'alternativa sarebbe prevedere eurobills con scadenza fino a due anni. Optare per l'una o per l'altra formula implica una differenza considerevole in termini di entità complessiva stimata del fondo: con scadenze fino a un anno, il volume stimato in base alla situazione attuale (ossia in base alla fotografia del debito a breve termine degli Stati membri della zona euro in essere al 6 febbraio 2014) si aggirerebbe sui 493 miliardi di euro, che l'allargamento a tutte le emissioni che giungeranno a scadenza nell'arco di due anni porterebbe a circa 780 miliardi di euro. Le cifre scenderebbero, rispettivamente, a 470 e a 738 miliardi di euro se si escludessero gli Stati membri sottoposti a programma (cfr. tabella nell'allegato 5).

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125. Emettere titoli pubblici a breve termine della zona euro soltanto tramite eurobills permetterebbe di sviluppare rapidamente un mercato liquido di grandi dimensioni, ma si dovrebbe assicurare una gestione prudente del debito pubblico e predisporre una solida struttura generale delle scadenze.

126. Una gamma di scadenze più limitata, ossia fino a un anno, restringerebbe il paniere degli eurobills, con conseguente inferiore commerciabilità, ma un'emissione congiunta più piccola (ma pur sempre voluminosa) potrebbe presentare anche dei vantaggi: in primo luogo, in caso di garanzia pro rata necessiterebbe di un capitale di sostegno inferiore, con conseguente miglioramento della qualità creditizia; in secondo luogo, comporterebbe un azzardo morale minore; infine, se il fondo fosse improntato alla temporaneità, una scadenza non troppo lunga dei titoli ne aumenterebbe la credibilità.

127. Il volume di emissione degli eurobills dipenderebbe anche dall'importo che occorre emettere per coprire il fabbisogno di finanziamento di ciascuno Stato membro. Per evitare che si faccia eccessivo affidamento sul finanziamento a breve termine, è necessario fissare un tetto del volume di emissione di eurobills disponibile per ciascuno Stato membro della zona euro. Il limite specifico dovrebbe essere fissato a un livello che segni il giusto equilibrio fra dimensioni e liquidità del mercato, trasparenza e qualità creditizia/credibilità. Potrebbe essere espresso in termini assoluti, fissando un importo nominale per ciascuno Stato membro, oppure in termini relativi, fissando una percentuale del debito pubblico totale o del PIL. I limiti precisi applicabili all'emissione dipenderebbero ovviamente anche dalla gamma di scadenze degli eurobills prescelta. Potrebbe risultare complicato stabilire limiti specifici per i singoli paesi, perché attualmente si registra una dispersione relativamente elevata della quota dei buoni del Tesoro nel debito complessivo in essere negli Stati membri della zona euro. In caso di fondo di eurobills che interessi scadenze fino a due anni, fissando al 30% del debito totale per paese il limite giuridico assoluto dell'emissione tramite eurobills, il volume massimo del fondo si aggirerebbe, secondo le stime, sui 1 900 miliardi di euro (o 1 800 miliardi di euro escludendo i paesi sottoposti a programma), e questo nonostante il fatto che, in una situazione di mercato normale (vale a dire in assenza di problemi di accesso ai mercati), il volume del regime sarebbe inferiore. Se il fondo interessasse scadenze solo fino a un anno e fosse limitato al 10% del PIL di ciascun paese, il volume massimo del fondo si aggirerebbe, secondo le stime, sui 960 miliardi di euro (o 908 miliardi di euro escludendo i paesi sottoposti a programma) (cfr. tabella nell'allegato 5).

128. Gli eurobills sarebbero gli unici titoli pubblici a breve termine denominati in euro emessi collettivamente dagli Stati membri della zona euro; i titoli a medio e a lungo termine continuerebbero ad essere emessi con le stesse identiche modalità di oggi. Le misure di rafforzamento del credito (attribuzione di un rango superiore o destinazione specifica di determinati cespiti d'entrate) potrebbero tuttavia peggiorare indirettamente la qualità creditizia dell'emissione "nazionale": è uno dei motivi per cui la valutazione esposta nel presente documento muove critiche a tali misure (cfr. supra).

129. Presentando la potenzialità di migliorare la stabilità finanziaria e assicurando la fluidità dell'emissione a breve termine a un costo inferiore, gli eurobills potrebbero

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peraltro migliorare la situazione finanziaria generale degli Stati membri, nonché anche, eventualmente, agire positivamente sul mercato migliorandovi la percezione dell'attività di emissione a medio e lungo termine degli Stati membri.

V.1.3. Partecipazione 130. Tre sono le opzioni di base per l'ammissione dei partecipanti al regime degli

eurobills, esposte qui di seguito.

a. Partecipazione obbligatoria di tutti gli Stati membri della zona euro 131. In quest'opzione tutti gli Stati membri della zona euro sarebbero tenuti a partecipare

all'emissione degli eurobills. L'opzione implicherebbe una struttura semplice, un volume di emissione ingente e un'elevata rilevanza dell'emissione per il mercato, così come la parità di accesso di tutti gli Stati membri al finanziamento a breve termine. Un regime di questo tipo potrebbe costituire un segno tangibile dell'impegno di tutti gli Stati membri a favore dell'unione monetaria. L'approccio potrebbe tuttavia porre problemi di qualità creditizia, in considerazione del fatto che alcuni Stati membri, in particolare quelli sottoposti a programma di aggiustamento, ne presentano una inferiore. D'altro canto, agli Stati membri sottoposti a programma si applicano una vigilanza e una condizionalità supplementari al fine di ripristinarne la qualità creditizia e di riaprire l'accesso ai mercati per tutte le scadenze. L'inclusione dei paesi sottoposti a programma permetterebbe di attenuarne la stigmatizzazione e di dar vita a incentivi positivi all'uscita dal programma.

b. Partecipazione degli Stati membri della zona euro esclusi i paesi sottoposti a programma

132. In quest'opzione la qualità creditizia media (e quella minima) degli Stati membri partecipanti sarebbe superiore, fatto particolarmente importante per la qualità creditizia dei titoli di debito di emissione congiunta non protetti da garanzia in solido. Il volume del fondo sarebbe più contenuto rispetto all'opzione a., ma pur sempre ingente. I paesi sottoposti a programma aderirebbero al regime di emissione degli eurobills una volta usciti dal programma, ma fino a quel momento il loro accesso ai mercati del finanziamento a breve termine potrebbe risultare ulteriormente ostacolato, perché i loro titoli subirebbero la concorrenza degli eurobills, sicuri e liquidi. Non includendo i paesi più vulnerabili, sarebbe quindi vanificato in parte uno dei potenziali vantaggi degli eurobills, ossia la maggiore resilienza alle crisi di fiducia.

c. Partecipazione facoltativa 133. In quest'opzione gli Stati membri sarebbero liberi si scegliere se partecipare o no al

regime, fin dall'avvio oppure su base continuativa. L'opzione non sarebbe tuttavia praticabile se a scegliere di partecipare fossero principalmente gli emittenti più piccoli o con i rating più bassi. Si porrebbero inoltre rischi per la liquidità globale dello strumento (se la partecipazione fosse in generale limitata) e per la stabilità dei mercati e dello strumento (se la partecipazione fosse soggetta a ripetute variazioni). Infine, l'opzione non permetterebbe di conseguire l'obiettivo di un'ulteriore integrazione della zona euro.

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d. Partecipazione condizionata

134. L'ammissibilità al regime potrebbe essere assoggettata a ulteriori condizioni intese a contenere l'azzardo morale, ad esempio alla dimostrazione di aver rispettato rigorosamente l'impianto di governance economica dell'UE (attuale o eventualmente rafforzato) per un periodo di tempo prestabilito prima di poter integrare il regime ("periodo di prova" - cfr. capitolo VI).

V.1.4. Durata 135. Una delle proposte prospetta gli eurobills come regime temporaneo che funga da

battistrada a un regime permanente e consenta agli Stati membri di verificarne il funzionamento pratico, la percezione degli investitori e l'incidenza sul settore finanziario e sull'economia in genere, e che sia ipotizzabile anche sotto il profilo giuridico e della responsabilità (cfr. capitoli VII e VIII)48. Secondo alcuni Esperti, se presentato come temporaneo fin dall'inizio, il regime potrebbe facilmente essere sciolto qualora si rivelasse, per un qualche motivo, impraticabile, senza per questo perturbare i mercati. Taluni Esperti sostengono però che, poiché di fronte a un regime di eurobills i mercati nutrirebbero comunque aspettative di una sua trasformazione in regime permanente, il ritorno a emissioni puramente nazionali comporterebbe una certa dose di rischio per la stabilità, la cui entità aumenterebbe all'aumentare delle dimensioni del fondo temporaneo di eurobills. Anche se istituito in via solo temporanea, il regime degli eurobills sarebbe in grado di reagire alle crisi di liquidità assicurando a tutti gli Stati membri un accesso continuativo al finanziamento a breve termine.

136. D'altro canto, la maggior parte dei vantaggi che costituiscono la ragion d'essere medesima degli eurobills può essere conseguita soltanto con un regime permanente. In primo luogo, sarebbe difficile commercializzare agli investitori un regime temporaneo quando esistono altri strumenti globali a breve termine, e questo anche in assenza di alternative adeguate all'interno della zona euro stessa. In genere, infatti, prima di acquistare titoli gli investitori devono nutrire fiducia nella prospettiva a lungo termine e solo dopo averla acquisita adattano di conseguenza le strategie d'investimento e, in caso di investitori istituzionali, le procedure. In secondo luogo, i possibili effetti di un regime permanente sulla politica monetaria perdurerebbero più a lungo. Infine, gli eurobills dovrebbero avere carattere permanente per essere funzionali ad un'ulteriore integrazione dei mercati finanziari nella zona euro.

V.1.5. Aspetti tecnici dell'emissione 137. Dal punto di vista tecnico-finanziario, sarebbe possibile varare gli eurobills in modo

relativamente rapido e semplice: se tutti gli Stati membri li usassero per rifinanziare i propri buoni del Tesoro, dopo soli tre mesi una percentuale considerevole dell'emissione di titoli a breve termine nella zona euro sarebbe espressa in eurobills e dopo un anno l'obiettivo sarebbe quasi raggiunto.

48 Si rilevi che, anche in caso di regime permanente, il dettato costituzionale potrebbe imporre nei

parlamenti nazionali votazioni periodiche sulle obbligazioni concrete assunte - cfr. capitolo VII.

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138. La modalità di emissione in grado di assicurare la massima trasparenza e di agevolare la distribuzione dei flussi di reddito e dei costi del servizio del debito sarebbe l'emissione back-to-back, vale a dire l'emissione da parte dell'entità emittente dei soli volumi chiesti dagli Stati membri e solo via via che sono chiesti. Dopo l'emissione i proventi sarebbero distribuiti in misura corrispondente alle richieste; alla scadenza, gli Stati membri ripagherebbero (alla pari) lo stesso importo dell'emissione. Seppur semplice e trasparente, questo sistema potrebbe porre difficoltà nel raggiungimento delle dimensioni adeguate e, in caso di ritardi di pagamento (dovuti a una qualsiasi ragione, ad es. ad un disguido tecnico) potrebbe rappresentare una minaccia per la liquidità del sistema. Il problema potrebbe essere superato creando una piccola riserva di liquidità del capitale richiamato e attribuendo all'entità emittente funzioni di gestione della tesoreria.

139. In una modalità alternativa, l'entità emittente emetterebbe eurobills secondo un piano prestabilito, elaborato in base ai piani annuali di finanziamento degli Stati membri e comprensivo degli importi da assegnare ai singoli Stati nazionali. L'entità emittente sarebbe incaricata della previsione dei flussi di cassa e della gestione delle attività e delle passività. L'entità emittente procederebbe periodicamente (ad es. a cadenza mensile) all'assegnazione dell'emissione e, su questa base, ne calcolerebbe il costo per ogni Stato membro. Poiché dovrebbe tendere a ridurre al minimo i costi di assunzione dei prestiti, l'entità emittente dovrebbe poterli concentrare nella fase iniziale o anticiparli e dovrebbe essere abilitata a gestire i flussi di cassa in generale (in sostanza, non dovrebbe lavorare con emissioni back-to-back). Gestire il fondo implicherebbe sviluppare un mercato liquido (ossia stabilire parametri di riferimento adeguati), evitare l'accumulo dei costi alla scadenza e spalmare adeguatamente l'emissione tra le varie scadenze (tenuto conto di tutte le limitazioni imposte dalla domanda degli Stati membri). L'entità emittente dovrebbe riferire periodicamente sulle attività svolte e monitorare i limiti applicabili ai singoli paesi. Con quest'approccio risulterebbe possibile sviluppare strutture di mercato affidabili e prevedibili.

V.1.6. Gestione del debito 140. Per funzionare correttamente l'emissione degli eurobills necessiterebbe di un quadro

istituzionale. Solitamente si annoverano tra i compiti principali del Debt Management Office (DMO) l'attuazione della politica di gestione del debito pubblico, riducendo al minimo il costo di finanziamento al livello dato di rischio, e la gestione dei flussi di cassa. Per gli eurobills il gestore del debito avrebbe in più il compito di coordinarsi con gli omologhi nazionali, ad esempio per evitare un eccessivo affidamento sui titoli/sul debito a breve termine, dato che soggetti diversi gestirebbero i titoli a breve e quelli a lungo termine.

141. L'emissione di eurobills potrebbe configurarsi in due modalità principali: i) organizzazione lasciata ai DMO nazionali; ii) organizzazione affidata a un DMO europeo. Il decentramento implicherebbe meno modifiche dell'esistente. Il DMO nazionale emetterebbe, nella sua veste di agente del rispettivo Stato membro della zona euro, una quota (chiaramente prestabilita) del paniere di eurobills in aggiunta ai suoi titoli a medio e lungo termine. In pratica i DMO sarebbero in grado di prestare molti dei servizi necessari ad assicurare ingenti volumi di sottoscrizione da parte di una vasta gamma di investitori internazionali, ma sarebbe indispensabile un coordinamento adeguato a livello centrale.

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142. L'alternativa del DMO europeo implicherebbe un organo centralizzato competente dell'emissione degli eurobills che operi in collaborazione con gli omologhi nazionali. Istituire tale organo comporterebbe inizialmente sfide e costi supplementari, ma l'emissione centralizzata di eurobills garantirebbe anche una maggiore trasparenza grazie all'esistenza di meccanismi di controllo e di informazione migliori. Il DMO europeo sarebbe altresì incaricato di tenere i contatti con gli investitori e gli operatori principali. La scelta dell'una o dell'altra alternativa si ripercuote sul volume di risorse umane e di competenze necessario a livello europeo.

143. Le alternative qui esposte si limitano ai compiti di gestione squisitamente tecnica del debito, senza interferire nel processo di decisione politica o nelle conseguenze più ampie che il passaggio ad un'emissione congiunta implicherebbe per l'attuale assetto istituzionale dell'UE, questioni affrontate nei capitoli VII e VIII, cui si rimanda.

V.1.7. Funzioni del regime degli eurobills: semplice strumento di finanziamento per gli Stati o strumento con funzione, supplementare o alternativa, di prevenzione delle crisi

144. Sarebbe eventualmente possibile dotare il regime degli eurobills anche di un maggior margine discrezionale riguardo ai volumi di emissione, in modo da conferirgli una funzione esplicita di prevenzione delle crisi che integri la funzione ordinaria di finanziamento degli Stati o addirittura le subentri. Si potrebbe, ad esempio, aprire la possibilità di assumere a livello di zona euro la decisione politica di autorizzare gli Stati membri esposti a particolari pressioni finanziarie a beneficiare, in via eccezionale e temporanea, dell'emissione di eurobills oltre i limiti indicati supra, imponendo loro di accettare poi un piano di riduzione progressiva dell'affidamento fatto su tali titoli in futuro. Un meccanismo discrezionale di questo tipo attribuirebbe al regime la funzione supplementare di concessione di assistenza finanziaria ad hoc, analoga o complementare a quella del MES, in aggiunta alla funzione ordinaria di finanziamento degli Stati.

145. Una proposta ancor più radicale, mirata al medesimo obiettivo, consiste nel prevedere l'emissione di buoni del Tesoro congiunti esclusivamente su base ad hoc nel quadro di un MES riveduto ("eurobills contingenti"). La proposta prevede, come misura cautelativa, una linea di credito obbligatoria e permanente per tutti gli Stati membri della zona euro che, in caso di crisi di liquidità, permetta al MES di emettere eurobills contingenti per finanziare per un anno, fino a un dato limite, disavanzi e rimborsi dello Stato membro in difficoltà. Se, trascorso un anno, la situazione non si fosse normalizzata, prenderebbe automaticamente avvio per tale Stato membro un programma ordinario del MES.

146. Le soluzioni esposte potrebbero consentire agli Stati membri di superare problemi temporanei di liquidità sottraendosi alla stigmatizzazione e alla condizionalità insite in un programma del MES. Si scontrano tuttavia all'obiezione che tale funzione di prevenzione delle crisi attivi strumenti diversi, tesi a obiettivi diversi, e acuisca l'azzardo morale. Inoltre, la variante degli eurobills contingenti, non comportando l'emissione periodica di tali titoli, non creerebbe un'attività sicura né agevolerebbe l'integrazione dei mercati.

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147. La discussione di queste proposte potrebbe essere affrontata nel quadro di una futura riforma del MES, cui esse sono connesse più intimamente che alla problematica degli eurobills. La presente relazione non ne approfondisce quindi l'esame.

V.2. Analisi dei vantaggi degli eurobills in termini di rispondenza alle diverse finalità

V.2.1. Integrazione finanziaria e politica monetaria

a) Creazione di un'attività sicura e liquida 148. Con gli eurobills si mirerebbe all'obiettivo di creare un'attività sicura e liquida: se il

risultato fosse conseguito (il che dipenderebbe da una serie di fattori, in particolare da struttura di garanzia, limiti prescelti, composizione del fondo e conseguente qualità creditizia), il settore bancario, in particolare, ne trarrebbe benefici tangibili. I titoli a breve termine sono possibili strumenti di sostegno del meccanismo di trasmissione della politica monetaria. Gli eurobills potrebbero altresì migliorare la stabilità finanziaria, perché metterebbero a disposizione un'attività sicura e molto liquida che può fungere da garanzia reale. In futuro le attività finanziarie prive di rischio o a basso rischio rivestiranno un'importanza ancor più determinante a causa del quadro di Basilea III/CRD IV e dell'obbligo di detenere sufficienti riserve liquide che pone a carico delle banche. La disponibilità di tali attività garantirebbe altresì alle banche l'accesso al finanziamento sia sul mercato interbancario sia in provenienza dalla banca centrale.

149. Lo status di attività sicura potrebbe contribuire a una trasmissione morbida e coerente delle condizioni monetarie fissate dalla BCE ai costi dell'assunzione di prestiti per imprese e famiglie e, in ultima istanza, alla domanda aggregata. Una maggiore integrazione dei mercati potrebbe inoltre allentare il circolo vizioso tra settore bancario e emittente sovrano.

150. Gli eurobills potrebbero altresì assurgere a titoli di parametro per prezzi e sconti relativamente alle scadenze interessate. I titoli usati come parametro attraggono un certo volume di negoziazioni, tradizionalmente da strategie d'investimento basate sugli indici e da strategie improntate al valore relativo, nel cui quadro il parametro è usato come titolo di copertura. La liquidità che i titoli usati come parametro attraggono ha un valore, che si rispecchia nel rendimento inferiore.

151. Le attività sicure costituiscono anche mezzi per la conclusione di operazioni sui mercati finanziari e sono necessarie ai fini di un funzionamento corretto del sistema finanziario. Si tratta di elementi che acquisiscono importanza particolare nei momenti di crisi, in cui occorre rivedere la valutazione del rischio posto dalle attività e in cui, dato l'acuirsi del rischio di controparte, lo Stato resta l'unico fornitore di liquidità sicura. In genere, gli Stati godono sia di un vantaggio comparato nell'aggregazione del rischio sia di un accesso diretto all'assegnazione delle risorse tramite il sistema delle entrate fiscali e delle spese.

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b) Inversione della tendenza alla frammentazione dei mercati finanziari e integrazione dei mercati finanziari 152. In quanto titolo pubblico a breve termine unico nella zona euro gli eurobills

potrebbero permettere di segnare un progresso verso l'integrazione nella zona euro e, quindi, contribuire a ridurre la frammentazione dei mercati dei titoli pubblici a breve termine. Un mercato dei titoli pubblici a breve termine integrato e molto liquido attrarrebbe una vasta gamma di investitori nazionali e stranieri. Grazie alla liquidità che li contraddistingue, gli eurobills potrebbero altresì assurgere a attività di riserva estera per le banche centrali sia degli Stati dell'UE che non rientrano nella zona euro sia dei paesi terzi.

153. Gli eurobills potrebbero aumentare la fiducia generale del mercato, con conseguente impatto generale positivo sui mercati finanziari e sull'intermediazione finanziaria. Potrebbero, in particolare, permettere di superare il problema degli equilibri multipli che caratterizzano i mercati dei titoli pubblici della zona euro49. Potrebbero altresì, allentando il legame fra bilanci delle banche e emittente sovrano, risolvere la questione della frammentazione dei mercati e migliorare, in una certa misura, la trasmissione della politica monetaria.

154. Gli eurobills fisserebbero i parametri di rendimento nel segmento a breve termine della curva dei rendimenti e potrebbero contribuire a incoraggiare i soggetti non sovrani a emettere titoli (ad esempio, società, enti locali, imprese finanziarie), sostenendo così lo sviluppo di alternative all'intermediazione finanziaria basata sulle banche in Europa. Il fatto che sia disponibile un parametro liquido della zona euro agevolerebbe inoltre il funzionamento dei mercati dei derivati denominati in euro.

V.2.2. Sostenibilità delle finanze pubbliche e stabilità finanziaria

a) Miglioramento della resilienza della zona euro 155. Gli eurobills racchiudono la potenzialità di migliorare ulteriormente la resilienza

della zona euro alle crisi finanziarie future: per il settore bancario, grazie all'effetto stabilizzatore di un'attività sicura sul funzionamento dei mercati finanziari; per gli emittenti sovrani, nella misura in cui non siano raggiunti i limiti di emissione, grazie alla maggiore sicurezza di accesso al mercato e alle implicazioni positive per la liquidità degli Stati membri partecipanti, che potrebbero sostenerne qualità creditizia e rating del credito. Se fosse permesso di innalzare il limite di emissione in circostanze eccezionali e/o a determinate condizioni, gli eurobills potrebbero parimenti costituire uno strumento per risolvere negli Stati membri questioni specifiche indotte da crisi di liquidità. Si tratta tuttavia di un'opzione che aumenterebbe l'azzardo morale.

49 Con l'espressione "equilibri multipli" si indica un sistema in cui i punti di equilibrio sono più di uno.

Durante la crisi, ad esempio, alcuni paesi sono stati risucchiati in un circolo vizioso, perché la sostenibilità del debito dipende dal rendimento dei titoli sovrani, che a sua volta dipende dalla percezione che i mercati hanno della sostenibilità del debito. In altri termini, se i mercati percepiscono come insostenibile il debito, il rendimento dei titoli pubblici rischia di salire, spingendo il paese verso un punto di equilibrio "sfavorevole". Il caso specifico dei mercati del debito pubblico della zona euro è analizzato in Paul De Grauwe, The Governance of a Fragile Eurozone, 2011.

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156. Gli eurobills sarebbero pensati per apportare un contributo credibile alla prevenzione dei soli problemi di accesso ai mercati di carattere temporaneo, i quali rischiano di divenire rapidamente autoindotti. Dovrebbe essere quindi chiaro che, in presenza di problemi di fondo, si dovrebbe ricorrere piuttosto a un programma in ambito MES.

157. Poiché potenzialmente in grado di risolvere i problemi di accesso ai mercati, gli eurobills potrebbero ridurre il rischio di contagio. Se il problema dell'accesso al mercato dei titoli fosse più grave, i paesi dovrebbero comunque convincere della loro solvibilità gli investitori del mercato, ma nel frattempo gli eurobills darebbero loro il tempo di attuare riforme di bilancio credibili. L'idoneità degli eurobills come strumento per risolvere i problemi di accesso ai mercati dipenderebbe tuttavia anche dall'interazione tra il regime e il MES.

158. Offrendo loro una maggiore stabilità di accesso ai mercati, gli eurobills potrebbero sostenere gli Stati membri nello sforzo di attuazione di riforme strutturali politicamente delicate concedendo loro tempo sufficiente e eventualmente aumentandone a tal fine il margine di manovra finanziario. Una maggiore stabilità dei costi di finanziamento (e eventualmente una loro riduzione) potrebbe permettere di realizzare tale risultato.

b) Costo del finanziamento 159. Poiché in tempi normali non dovrebbero esservi differenze di tassi d'interesse tra gli

Stati membri, la riduzione del costo del finanziamento non è un aspetto determinante ai fini degli eurobills. Tale costo diminuirebbe con un regime con garanzia in solido, che darebbe i risultati migliori in termini di riduzione del premio per il rischio di credito. Come illustrato in precedenza, un regime di eurobills con garanzia pro rata determinerebbe probabilmente un effetto complessivo minore sui costi di servizio del debito. Il premio di liquidità sarebbe più basso se si optasse per un volume relativamente più alto di emissione, ossia un'emissione che inglobi i titoli di tutti gli Stati membri della zona euro con scadenza fino a due anni.

160. Un regime permanente avrebbe infine l'effetto di rassicurare gli investitori convincendoli dell'opportunità d'includere gli eurobills nelle loro strategie d'investimento. Radicherebbe più saldamente gli eurobills nei mercati, aumenterebbe ulteriormente la fiducia degli investitori e agevolerebbe lo sviluppo di mercati dei derivati sugli eurobills, con conseguenti vantaggi supplementari in termini di costi dell'assunzione di prestiti.

c) Allentamento del circolo vizioso tra banche nazionali e emittente sovrano 161. La disponibilità degli eurobills, che concorrerebbe alla diversificazione dei titoli di

debito sovrano detenuti, potrebbe aumentare la resilienza dei bilanci delle banche agli shock dovuti alle difficoltà dell'emittente sovrano e, quindi, affievolire il legame tra sistema bancario nazionale e emittente sovrano. Gli eurobills potrebbero quindi costituire un passo, indubbiamente tra molti altri, verso l'allentamento del circolo vizioso tra settore bancario e settore sovrano, perché ridurrebbero di conseguenza l'entità del prestito delle banche ai rispettivi Stati. Risolvendo i problemi posti da questo circolo vizioso si potrebbero ottenere considerevoli risultati positivi per la stabilità finanziaria in senso lato.

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162. Ci si potrebbe già cominciare a muovere verso il conseguimento dell'obiettivo semplicemente eliminando il "timbro nazionale" dal debito pubblico e, di conseguenza, diminuendo l'esposizione delle banche verso il rispettivo emittente sovrano. La stabilità dello strumento stesso verrebbe a intensificare quest'effetto, in particolare se il regime si basasse su una garanzia in solido. Inoltre, all'aumentare del volume di emissione congiunta si assocerebbe la riduzione dell'esposizione del settore bancario verso il rispettivo Stato. Il conseguimento di quest'obiettivo pare presupporre il carattere permanente del regime.

d) Offerta di un ammortizzatore finanziario degli effetti degli shock asimmetrici 163. Gli eurobills assicurerebbero agli Stati membri l'accesso al finanziamento a breve

termine che permetterebbe loro di contare su una maggiore stabilità di finanziamento e, per molti di loro, a un rendimento inferiore sui titoli dei debitori sovrani partecipanti. Purché non fossero raggiunti i limiti di emissione, gli eurobills potrebbero attenuare il rischio di rifinanziamento, specie in caso di cambiamento repentino di percezione sui mercati, permettendo di scongiurare una crisi di liquidità e, di conseguenza, di ridurre la probabilità che si debba far ricorso a misure non convenzionali di politica monetaria. Soltanto un fondo di eurobills di grandi dimensioni sarebbe in grado di garantire il pieno godimento di questo vantaggio.

e) Ulteriore assistenza agli Stati membri che escono da un programma 164. Un accesso sicuro al finanziamento a breve termine tramite gli eurobills potrebbe

agevolare agli Stati membri che escono da un programma la transizione verso il pieno finanziamento sui mercati e aiutarli a contenerne il costo, specie in caso di volatilità del costo del finanziamento a più lungo termine.

165. Spesso gli Stati membri sottoposti a programma non emettono nel segmento a lungo termine della curva e si affidano piuttosto ai buoni del Tesoro. A causa della qualità creditizia inferiore, per tali Stati il costo del finanziamento è di solito superiore a quello degli altri Stati membri della zona euro. Riducendo il costo del finanziamento a programma concluso, gli eurobills offrirebbero agli Stati membri interessati il respiro necessario per ristabilire sul mercato quella fiducia che permetterà loro di riconquistare un accesso pieno ai mercati.

V.2.3. Complemento del quadro di governance economica nell'UE 166. Un regime di eurobills corredato di condizioni imposte agli Stati membri

partecipanti potrebbe venire a completare il quadro di governance economica nell'UE introducendo un incentivo tangibile (anche di stampo finanziario, soprattutto per gli Stati membri con qualità creditizia più bassa) a dare piena attuazione alle raccomandazioni specifiche per paese. Si potrebbero rafforzare l'attuazione pratica e l'imposizione del rispetto della governance economica nell'UE (attuale o rafforzata) con regole chiare che subordinano l'accesso degli Stati membri al finanziamento tramite eurobills al rispetto rigoroso di tali meccanismi, ossia regole che prevedano sanzioni e eventualmente la sospensione o l'esclusione in caso di inosservanza.

167. L'istituzione di un DMO europeo rafforzerebbe il coordinamento a livello tecnico tra Stati membri in materia di emissione di debito.

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V.3. Possibili effetti negativi e rischi economici e finanziari degli eurobills

168. L'eventuale temporaneità del regime degli eurobills potrebbe minarne la stabilità e determinare quindi effetti economici e finanziari negativi. In aggiunta alla minore efficacia nel raggiungimento degli obiettivi (cfr. supra), un regime temporaneo potrebbe porre problemi in termini di accoglienza da parte del mercato, perché potrebbe generare confusione tra gli operatori. In particolare, la possibilità che il proseguimento del regime dipenda da una decisione politica recherebbe il rischio di un'instabilità periodica sui mercati, con conseguente volatilità dei rendimenti che si ripercuoterebbe a sua volta sui bilanci delle banche e sull'economia nel complesso. Nell'ipotesi peggiore l'instabilità potrebbe determinare un rifiuto del regime da parte del mercato, con possibili effetti destabilizzanti sul settore finanziario e sull'economia nel complesso.

169. Secondo le circostanze, potrebbero sorgere rischi finanziari analoghi se il fondo di eurobills decidesse di interrompere l'emissione da un anno all'altro, o di escludere uno Stato membro, per inosservanza delle regole di governance economica. A parere di alcuni Esperti, le norme di esclusione in tal senso, ammesso che fossero previste, non risulterebbero credibili, perché la minaccia di escludere lo Stato membro inadempiente, o di interrompere del tutto l'emissione congiunta, acuirebbe immediatamente la pressione su tutti gli Stati membri partecipanti altamente indebitati.

170. Alcuni Esperti rilevano che non è possibile discutere dei costi e dei vantaggi degli eurobills senza entrare in aspetti di economia politica e esaminare la dinamica su cui si fonderebbe l'emissione congiunta. Molti benefici degli eurobills andrebbero a vantaggio del settore privato e, in seconda battuta, delle banche, che guadagnerebbero un accesso migliore a attività sicure e liquide. Per il settore pubblico i benefici deriverebbero dalla riduzione delle esternalità negative conseguente al diminuito rischio di liquidità e, indirettamente, dalla maggiore stabilità del sistema bancario. La crisi bancaria e del debito sovrano che ha colpito l'Europa ha tuttavia mostrato che le esternalità più acute discendono da problemi di solvibilità. A questo si aggiunge il fatto che l'impatto più forte sarebbe ottenuto con un regime di eurobills permanente e dotato di garanzia in solido. Secondo detti Esperti, queste considerazioni acuiscono il rischio che sia esercitata una pressione politica per prorogare il regime oltre il periodo inizialmente stabilito e addirittura oltre le scadenze dei titoli inizialmente previste.

171. Gli eurobills potrebbero comportare il rischio che si faccia eccessivo affidamento sui titoli di debito a breve termine emessi congiuntamente. In particolare, se adottata, la variante che prevede un tetto del 30% del debito aumenterebbe considerevolmente l'emissione di debito a breve termine rispetto alla situazione odierna. Questo eccessivo affidamento sui titoli a breve termine potrebbe aumentare il rischio di rifinanziamento e quindi, in momenti di volatilità sui mercati, concorrere a rendere più volatile il costo del finanziamento50. Tanto più ampia fosse la gamma delle scadenze interessate dal regime degli eurobills, quanto più serio sarebbe questo rischio, vale a dire che il rischio sarebbe notevolmente più alto se il

50 L.H. Hoogduin, B. Ozturk e P. Wierts, (2011), Public Debt Managers' Behaviour: Interactions with Macropolicies, Revue Economique, vol. 62, n. 6, pagg. 1105-1122.

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fondo di eurobills interessasse scadenze fino a due anni rispetto a un fondo che coprisse buoni del Tesoro con scadenza fino a un anno. Per arginare questo rischio si dovrebbero fissare rigorosi limiti di emissione per singolo paese, soluzione che potrebbe risultare problematica date le diverse pratiche seguite all'interno della zona euro. Occorrerebbe raggiungere un compromesso tra il contenimento credibile, tramite norme rigorose, del rischio di eccessivo affidamento sul debito a breve termine e le varianti del regime degli eurobills che prevedono la discrezionalità di una decisione politica che consenta a uno Stato membro d'integrare scadenze supplementari in caso di crisi di liquidità.

172. Se basati su una garanzia in solido, gli eurobills potrebbero infine determinare un aumento dei costi di finanziamento per gli Stati membri che vantano una qualità del credito elevata, perché questi potrebbero subire un'inversione parziale dell'effetto di "fuga verso la qualità", conseguenza che, data la scadenza a breve termine dei titoli, sarebbe tuttavia probabilmente minore che nel caso del DRF/P.

VI. RISCHI DI AZZARDO MORALE (MORAL HAZARD) E COME AFFRONTARLI

VI.1. Condivisione del rischio e azzardo morale: quadro concettuale

173. La teoria economica ha sviluppato il concetto di "azzardo morale" nel contesto dell'analisi dei motivi che spingono a correre rischi eccessivi e portano al fallimento del mercato, in particolare sui mercati assicurativo e finanziario. Nella definizione molto ampia proposta da Paul Krugman, l'azzardo morale è qualsiasi situazione in cui la decisione su quanto rischio correre è assunta da una persona mentre sarà un'altra a dover sostenere i costi se le cose andranno male51.

174. I regimi di emissione congiunta di titoli di debito possono generare azzardo morale: è possibile che i governi mettano a repentaglio la sostenibilità delle finanze pubbliche accumulando livelli elevati di debito o disavanzi in rapida crescita o addirittura che, in casi estremi, si dichiarino insolventi quando sanno che altri Stati si faranno carico di almeno parte del rischio.

175. La mutualizzazione del debito può determinare incentivi non uniformi in vari modi diversi. Può sfumare la volontà di varare riforme e di attuare misure politiche impopolari. Le riforme strutturali comportano solitamente la necessità di sostenere subito costi per ottenere guadagni che si materializzeranno solo via via nel tempo. Per molte riforme, inoltre, è chiaro quali gruppi sociali o professioni debbano subire le perdite immediate; i benefici per il contribuente sono invece più vaghi e più difficilmente verificabili e si palesano con notevole ritardo sui tempi del ciclo politico.

176. Dette considerazioni di economia politica potrebbero indurre i decisori degli Stati membri che partecipano all'emissione congiunta di titoli di debito a posticipare o evitare quelle riforme che, a medio termine, migliorerebbero le prospettive

51 P. Krugman, The Return of Depression Economics and the Crisis of 2008, 2009, pag. 63 (titolo italiano: Il ritorno dell'economia della depressione e la crisi del 2008).

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dell'economia, in generale, e la capacità di servizio del debito, in particolare, ma che nel breve periodo potrebbero corrodere il consenso popolare. In un contesto di fragilità politica, i decisori possono addirittura lanciarsi in vampate politiche improvvise e fatue (ad es., programmi di spesa strumentali al ciclo politico) con un alto rischio di fallimento a medio termine, perché si tratta di politiche le cui perdite possono essere condivise ma i cui benefici a breve termine vanno tutti a vantaggio della scena politica nazionale.

177. Da una prospettiva diversa, sarebbero possibili incentivi controproducenti anche per i decisori dei paesi "garanti", perché potrebbe risultare difficile, dal punto di vista politico, sospendere o chiudere un processo di emissione congiunta di titoli di debito che si trova in fase avanzata, e questo anche se non ne fossero più soddisfatte le condizioni o ne fossero state addirittura violate le regole: difficilmente i politici di un paese garante si assumerebbero la responsabilità di innescare un evento da cui derivasse una grave instabilità finanziaria.

178. Mentre nel settore bancario privato l'azzardo morale si esplica solitamente in un problema di agenzia causato da una situazione di asimmetria informativa in cui il principale non è in grado di osservare le azioni dell'agente senza dover sostenere dei costi ("azione occulta")52, nel contesto dell'emissione congiunta l'azzardo morale è piuttosto discusso in relazione al potenziale conflitto sottostante che può contrapporre la condivisione dei rischi finanziari tra Stati membri e il mantenimento della sovranità nazionale sul bilancio. Alcuni Stati potrebbero di conseguenza essere indotti a correre più rischi di quelli che accetterebbero in una situazione diversa. Il problema non è quindi tanto la mancanza di informazioni, quanto piuttosto il grado di controllo centrale o di sanzione in caso di violazione delle regole necessario per poter varare il regime di emissione congiunta. Rientra nella tematica dell'azzardo morale anche l'effetto "a porte chiuse" dei regimi di emissione congiunta, ossia il fatto che, una volta varato il regime, divenga difficile per i singoli Stati membri uscirne.

VI.2. Possibili modalità di contenimento del rischio morale insito nell'emissione congiunta di debito sotto forma di DRF/P o di eurobills

179. Il presente capitolo analizza vari meccanismi ipotizzabili come strumenti di contenimento dell'azzardo morale, che condividono l'obiettivo di indurre gli Stati membri partecipanti a un regime di emissione congiunta a condurre politiche economiche e di bilancio sane che riducano al minimo il rischio di dover attivare la struttura di garanzia. La trattazione è necessariamente limitata alle questioni di azzardo morale collegate specificamente all'eventuale introduzione di un'emissione congiunta di titoli di debito; l'analisi degli aspetti di azzardo morale insiti in soluzioni alternative esula infatti dal mandato del gruppo di esperti.

VI.2.1. Precondizioni: limitazione dell'ammissibilità alla partecipazione 180. Una prima serie di possibili strumenti consisterebbe in precondizioni che lo Stato

membro deve soddisfare per essere ammesso a partecipare al regime di emissione congiunta.

52 Sull'azzardo morale come problema di agenzia causato da asimmetria informativa, cfr. Basu e Stiglitz (2013) per una discussione nell'ambito della zona euro.

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181. Si potrebbe anzitutto ipotizzare di ammettere all'emissione congiunta soltanto gli Stati membri che superano positivamente un'analisi della sostenibilità del debito, escludendo quindi i paesi insolventi53. Una condizione di questo tipo pone varie questioni. La prima è stabilire quanto debbano essere rigorose le ipotesi su cui si fonda tale analisi e quanto si possa distinguere nettamente tra problemi di liquidità e problemi di solvibilità. L'applicazione del criterio potrebbe risultare difficoltosa di per sé, perché la sostenibilità del debito segue dinamiche endogene: la prospettiva di partecipare a un'emissione congiunta può migliorarla (perché diminuirebbe l'onere degli interessi che grava sui paesi altamente indebitati), l'esclusione da tale regime può peggiorarla. La seconda questione che si pone è che, se si prevede un'analisi della sostenibilità del debito, occorre stabilire in anticipo la linea da seguire nei confronti dello Stato membro che non la supera. Per scongiurare l'instabilità finanziaria, l'unica soluzione possibile in questa fase è l'inserimento del paese in un programma di assistenza finanziaria, quale un programma in ambito MES.

182. La precondizione potrebbe essere formulata in modo più semplice, disponendo di ammettere all'emissione congiunta solo i paesi non sottoposti a quei programmi di assistenza finanziaria che infatti sono mirati proprio ad aiutare gli Stati membri a ristabilire una capacità credibile di assicurare il servizio del debito.

183. Un'altra precondizione possibile per la partecipazione al regime di emissione congiunta potrebbe essere la ratifica del trattato sulla stabilità, il coordinamento e la governance nell'unione economica e monetaria e la sua produzione di effetti nel diritto nazionale (confermata dalla Commissione)54.

VI.2.2. Precondizione: periodo di prova 184. Una precondizione più esigente sarebbe di prevedere un "periodo di prova", idea

ispirata alle condizioni per l'introduzione dell'euro stabilite dal trattato di Maastricht. Si potrebbe ipotizzare, ad esempio, di far precedere l'avvio del regime di emissione congiunta da un periodo di n anni durante il quale siano verificate la solidità e l'osservanza del nuovo impianto di governance economica (attuale o modificato - cfr. sezione successiva), convenendo fin dall'inizio che, se l'esito della verifica sarà positivo, il regime sarà varato per tutti gli Stati membri della zona euro. In alternativa, il regime potrebbe essere dapprima aperto agli Stati per cui, durante il periodo di prova, non è rilevata alcuna violazione degli obblighi, mentre gli altri vi sarebbero ammessi successivamente, una volta superata la prova. A parere di alcuni Esperti, il periodo di prova non sarebbe adatto nell'ipotesi del DRF/P, in quanto questo è pensato proprio per risolvere in tempi rapidi il problema pressante dell'eccesso di debito accumulato nella zona euro.

185. Il concetto di "periodo di prova" dovrebbe restare distinto da quello di "giro di prova", ossia uno strumento limitato di emissione congiunta di titoli di debito varato

53 Cfr. anche articolo 6 del regolamento n. 472/2013 ("two pack"), che impone una valutazione della

sostenibilità del debito pubblico qualora uno Stato membro richieda l'assistenza finanziaria del MESF, del MES o del FESF.

54 In termini tecnici: conformità all'articolo 3, paragrafo 2, del trattato sulla stabilità, il coordinamento e la governance nell'unione economica e monetaria, confermata dalla Commissione a norma dell'articolo 8, paragrafo 1, dello stesso.

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su base temporanea e con fine automatica salvo rinnovo deciso all'unanimità. Contrariamente al "periodo di prova", il "giro di prova" implicherebbe un esperimento con l'emissione congiunta condotto in parallelo all'applicazione del nuovo impianto di governance economica dell'UE. Il "giro di prova", che è proposto soltanto per gli eurobills, muove dall'ipotesi che, in pratica, questi possano essere introdotti su base temporanea e cessati senza che ciò determini problemi politici o rischi per la stabilità finanziaria. Questo presupposto di partenza è tuttavia contestato vivacemente da alcuni Esperti, i quali rilevano l'importanza di predisporre tutte le precauzioni reputate necessarie prima di varare qualsiasi regime di emissione congiunta.

VI.2.3. Vincoli politici sulle decisioni economiche e di bilancio degli Stati membri: controllo ex post e poteri ex ante

186. Un altro filone di misure a contenimento dell'azzardo morale consiste nel precludere in parte agli Stati membri la possibilità di condurre politiche imprudenti limitandone l'autonomia decisionale e spostando al livello europeo l'assunzione di determinate decisioni fondamentali. È di fatto questa la linea seguita per i processi di governance economica varati dalla primavera del 2010, in cambio dell'istituzione degli strumenti di assistenza finanziaria. Le riforme che ne sono scaturite (six pack, two pack, trattato sulla stabilità, il coordinamento e la governance nell'unione economica e monetaria, condizionalità macroeconomica, corpus unico di norme, meccanismo di vigilanza unico) hanno già intensificato il ruolo del livello dell'UE/della zona euro nell'influenzare e monitorare le politiche economiche, di bilancio e di regolamentazione degli Stati membri.

187. Nel vagliare l'ipotesi di introdurre regimi di emissione congiunta di titoli di debito, i decisori sarebbero inevitabilmente costretti a valutare se i nuovi meccanismi di governance siano, nella versione attuale, sufficientemente efficaci e solidi da contenere la dose supplementare di azzardo morale potenzialmente generata da tali regimi, nonché, se necessario, a stabilire quali altre misure siano possibili per rafforzarli. Il gruppo di Esperti non può sostituirsi ai decisori politici in tale valutazione; può solo esporre alcune considerazioni analitiche.

188. È ovviamente prematuro pensare di poter valutare l'efficacia dei nuovi meccanismi: come già rilevato, la nuova intelaiatura di governance economica è stata predisposta solo di recente e recentissime ne sono l'applicazione e l'imposizione del rispetto, e molti lavori sono ancora in corso (cfr. sezione II.1.). Il giudizio è quindi per il momento sospeso.

189. Le nuove regole contengono elementi che lasciano grandi margini di giudizio e di valutazione, come alcuni criteri espressi sotto forma di concetti tecnicamente complessi (ad es., "saldo strutturale di bilancio") e traducibili in termini operativi in vari modi diversi, o come le clausole che contemplano circostanze eccezionali. Va tuttavia rilevato che le regole del patto di stabilità e crescita sono state inasprite e che inglobano ora molti semiautomatismi. Se sia possibile o saggio spingersi oltre nella riduzione dei margini di valutazione è di per sé tema su cui il dibattito è aperto.

190. Un altro aspetto d'interesse è quello dei limiti che caratterizzano gli effetti giuridici delle decisioni assunte nel quadro della governance dell'UE. Gli strumenti più

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incisivi dell'impianto conservano la forma di controllo a posteriori degli interventi decisi a livello nazionale (si tratta delle procedure e sanzioni previste dal patto di stabilità e crescita e dalla nuova procedura per gli squilibri macroeconomici), mentre i nuovi elementi ex ante del coordinamento delle politiche economiche e di bilancio si fondano ancora su raccomandazioni piuttosto che su poteri vincolanti. È in particolare il caso dei pareri della Commissione sui documenti programmatici di bilancio previsti dal two pack, sebbene un certo effetto di prevenzione discenda dal diritto della Commissione di chiedere una nuova presentazione del documento programmatico di bilancio. In sostanza, tutte le decisioni in materia di bilancio continuano a essere assunte a livello nazionale e non vige attualmente alcun mezzo giuridico che precluda a uno Stato membro la possibilità di adottarle o sia in grado di imporgli di modificare la decisione che viola gli obblighi previsti dall'UE. Uno dei punti deboli del trattato sulla stabilità, il coordinamento e la governance nell'unione economica e monetaria è che la possibilità di adire la Corte di giustizia è limitata alle questioni legate alla corretta produzione di effetti delle norme sul freno al debito, ma non alla loro applicazione. Occorre inoltre intensificare considerevolmente, tra gli attori politici, la titolarità comune del sistema riformato di governance economica, fattore da cui dipende in ampia misura la vera autorità delle raccomandazioni specifiche per paese formulate nel quadro del Semestre europeo.

191. Alla luce delle considerazioni esposte, nel Piano per un'Unione economica e monetaria autentica e approfondita la Commissione sostiene che, nonostante la recente revisione radicale della governance economica e di bilancio, per muoversi verso una maggiore mutualizzazione dei rischi finanziari sia necessario fare un ulteriore passo avanti nel coordinamento della politica di bilancio, garantendo che in determinate situazioni la politica di bilancio nazionale sia soggetta ad un controllo collettivo55. L'obiettivo è conseguibile in vari modi. Quanto al controllo ex post sulla politica di bilancio nazionale, un possibile passo avanti consisterebbe nell'abrogare le norme basate sul trattato che attualmente escludono la competenza della Corte di giustizia in materia di attuazione pratica del trattato sulla stabilità, il coordinamento e la governance nell'unione economica e monetaria e in materia di violazioni del patto di stabilità e crescita. Un altro passo possibile, benché limitato, per spingersi oltre l'attuale two pack consisterebbe nell'annunciare l'obbligo di effettuare un deposito qualora il documento programmatico di bilancio non soddisfi il requisito dell'obiettivo a medio termine, in modo da iniettare direttamente nella procedura di bilancio nazionale un forte segnale ex ante dell'Europa.

192. Un progresso considerevole in termini di poteri ex ante, rilevato nel Piano per un'Unione economica e monetaria autentica e approfondita, sarebbe conferire per legge alle istituzioni dell'UE il diritto di veto sul progetto di bilancio nel caso specifico in cui non fosse coerente con gli obblighi di bilancio che incombono sullo Stato membro in virtù del diritto unionale. Si tratterrebbe certo di una limitazione dell'autonomia nazionale in materia di bilancio, che tuttavia scatterebbe soltanto in caso di violazione di norme giuridiche concordate in precedenza e non invaderebbe la libertà dello Stato membro di operare le scelte politiche che reputa migliori per conformarsi a tali norme (ossia le scelte su entrate e spese del bilancio). Il diritto di

55 Cfr. Piano medesimo, sezione 3.2.1. Cfr. anche Consiglio francese per l'analisi economica, A three-stage plan to reunify the Euro area, 2013, pag. 19 ss.; Completing the Euro, 2013, pag. 5.

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veto sarebbe, in altre parole, mirato e limitato a determinate situazioni di violazione degli obblighi giuridici che incombono allo Stato membro.

193. Un'alternativa consisterebbe nel rafforzare il quadro di governance con poteri vincolanti centralizzati, limitandoli a una fase delle procedure che, seppur relativamente tardiva, lasci ancora un margine temporale sufficiente a evitare problemi di accesso ai mercati. Qualora uno Stato membro abbia disatteso ripetutamente le raccomandazioni formulate dall'UE nel quadro della procedura per i disavanzi eccessivi o la procedura per gli squilibri macroeconomici eccessivi, si conferirebbero quindi a un'istituzione dell'UE, a un dato momento, poteri vincolanti d'intervento: potere di veto sul bilancio e/o potere di chiedere modifiche delle decisioni nazionali o d'imporre l'avvio di un'azione. Quest'alternativa richiederebbe, al pari di quella illustrata al punto precedente, una modifica del trattato (cfr. capitolo VII). Secondo taluni Esperti, inoltre, le politiche di bilancio rigorose che sarà necessario mantenere a lungo per superare il problema del debito ereditato dal passato potrebbero risultare credibili soltanto se fossero accompagnate dalla creazione di una capacità centrale di bilancio incaricata della stabilizzazione macroeconomica.

194. Un passo di gran lunga più ambizioso sarebbe quello di subordinare sistematicamente gli obiettivi quantitativi dell'amministrazione centrale degli Stati membri all'approvazione del livello europeo o, in alternativa, quello di conferire a un'autorità europea il potere di modificare i bilanci nazionali. Una soluzione di questo tipo ha una sua logica: il livello centrale dovrebbe poter approvare i bilanci nazionali o imporne la modifica perché, attraverso l'emissione congiunta, anche parte delle entrate che confluiscono in tali bilanci proverrebbe dal livello centrale. Si può in un certo senso affermare che, con questi modelli ambiziosi, si eliminerebbero contemporaneamente la sovranità nazionale sul bilancio e le potenzialità di azzardo morale. Rispetto ad altre iniziative qui illustrate, si aprirebbero tuttavia anche questioni molto più serie di costituzionalità e di responsabilità democratica.

195. Al di là dell'aspetto squisitamente di bilancio, la sostenibilità di un qualsiasi livello di debito dipende fortemente anche da altri fattori, quali l'efficienza del settore pubblico e la capacità produttiva dell'economia. Pertanto, anche le politiche economiche e strutturali rivestono interesse ai fini del contenimento dell'azzardo morale. Sebbene sia, in teoria, ipotizzabile un sistema di supervisione o addirittura di approvazione delle decisioni fondamentali degli Stati, siffatte pesanti ingerenze nella sovranità nazionale paiono poco realistiche nel medio periodo. Un passo intermedio in questa direzione, la cui analisi andrebbe tuttavia approfondita56, consisterebbe nel prevedere la conclusione di contratti che stabilissero ex ante il percorso delle riforme strutturali.

VI.2.4. Garanzie reali e rafforzamento del credito 196. L'impegno di garanzie reali è uno degli strumenti classici per far convergere gli

interessi del garante con quelli della parte garantita. In caso di default, la parte che

56 L'idea è stata discussa al Consiglio europeo del dicembre 2013, senza approdare a nessuna decisione, ed è stata aggiornata alla riunione dell'ottobre 2014. http://register.consilium.europa.eu/doc/srv?l=IT&f=ST%20217%202013%20INIT Per una valutazione, cfr. relazione economica annuale 2013 del GCEE.

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ha impegnato la garanzia deve cederla al garante facendosi così carico di parte dell'onere, prospettiva che genera un incentivo ad agire con prudenza.

197. Sebbene la tipologia sia di uso generalizzato nei contratti di debito privati, l'imposizione di una garanzia reale tra soggetti sovrani pone alcuni problemi, principalmente quello che gli Stati non possono impegnare le attività finanziarie più frequentemente suggerite per l'uso come garanzia reale senza infrangere il divieto di finanziamento monetario imposto dal TFUE (cfr. capitolo VII).

198. Un'altra soluzione per aumentare la certezza dei pagamenti e ridurre le potenzialità di azzardo morale consisterebbe nel destinare specificamente al servizio di tali pagamenti il gettito di alcune imposte precise (ad es., IVA o imposta patrimoniale), metodo di fatto utilizzato in vari accordi di garanzia nel XIX secolo e nei primi anni del XX57. La soluzione presenta tuttavia anche svantaggi connessi a problemi di ordine giuridico e costituzionale (cfr. capitoli IV e V).

VI.2.5. Incentivi: reazioni finanziarie, sanzioni e premi 199. In un qualsiasi sistema basato su regole occorre determinare il modo in cui

sanzionarne le violazioni, ma occorre anche stabilire come il sistema possa inglobare incentivi che spingano a impegnarsi al massimo per rispettarle: le sanzioni per i risultati negativi (e/o i premi per il conseguimento degli obiettivi) rappresentano il modo classico di rispondere al problema dell'azzardo morale.

200. Sebbene finora inutilizzate, le sanzioni sotto forma di depositi a interessi zero e di ammende sono già parte integrante del quadro attuale di governance quale potenziato dal six pack. Sono collegate alla necessità di dare "seguito effettivo" per correggere uno scostamento significativo dall'obiettivo a medio termine per il saldo strutturale, un disavanzo eccessivo o uno squilibrio macroeconomico eccessivo constatato. Entrambi gli interventi comportano elementi di giudizio discrezionale, più rilevanti nel caso della procedura per gli squilibri macroeconomici, meno nel quadro del patto di stabilità e crescita rafforzato, le cui tappe procedurali sono regolamentate così rigidamente da poter essere equiparate a semiautomatismi. Alla luce del principio di proporzionalità, un certo margine discrezionale è comunque insito in qualsiasi regime sanzionatorio.

201. Inoltre, i programmi di finanziamento dell'UE sono ora subordinati a una condizionalità macroeconomica, in base alla quale gli impegni, ma anche i pagamenti, devono essere sospesi, semiautomaticamente, in determinate situazioni di violazione delle regole della governance economica. In questo caso, tecnicamente non si tratta di sanzioni, bensì di reazioni finanziarie a difesa dell'impiego efficiente del denaro dell'UE. Per lo Stato membro che la subisce, la sospensione crea un incentivo a conformarsi alle regole della governance.

202. In presenza di un regime di emissione congiunta, si potrebbe, da un lato, innalzare il livello effettivo delle sanzioni rispetto alle norme attuali del six pack; dall'altro, però, uno dei punti deboli delle sanzioni finanziarie, spesso citato, è che esse non fanno altro che aggravare la situazione di uno Stato membro che già versa in

57 Esteves, Coskun Tuncer, 2013.

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difficoltà finanziarie. Tali sanzioni sono adatte principalmente alle situazioni in cui lo Stato membro che ha violato le regole ha ancora accesso al finanziamento dei mercati a prezzi ragionevoli. Per essere più efficace, la minaccia delle sanzioni dovrebbe essere anticipata nel processo politico.

203. Il fatto di versare in una situazione finanziaria difficile non preclude la possibilità di ricorrere a sanzioni non pecuniarie, come ad esempio la sospensione dei diritti di voto, ma si tratta di un'ipotesi la cui attuazione, date le conseguenze politiche estremamente serie che comporta, richiederebbe la predisposizione di una procedura molto macchinosa (cfr. articolo 7 del TUE) che difficilmente potrebbe risultare efficiente.

204. Si potrebbero altresì ipotizzare incentivi, ossia premi corrisposti per i risultati positivi ottenuti o per il rispetto della condizionalità politica. In particolare, l'emissione congiunta di titoli di debito offrirebbe possibilità nuove di integrazione di un meccanismo d'incentivi finanziari attraverso un sistema di aumenti dei tassi di interesse. Un sistema trasparente e possibilmente semiautomatico di aumento progressivo dei tassi di interesse potrebbe fungere da meccanismo premiale per i risultati positivi conseguiti o come sanzione per aver attuato politiche non conformi. Tale sistema, che parrebbe particolarmente appropriato in caso di DRF/P (cfr. sezione IV1.6.) e meno adatto, invece, agli eurobills, racchiude potenzialità maggiori rispetto alle sanzioni finanziarie di influenzare realmente il comportamento dei decisori e, quindi, di assicurare il rispetto delle regole di bilancio.

205. Qualora si approfondisse l'ipotesi degli accordi contrattuali reciprocamente concertati e dei meccanismi di solidarietà correlati discussa al Consiglio europeo del dicembre 201358, si potrebbero vagliare le connessioni tra tale sistema e un eventuale regime di emissione congiunta, ma in tal caso se ne dovrebbero esaminare anche i potenziali disincentivi in termini di disponibilità degli Stati membri di varare le riforme urgenti. Nel modello del DRF/P gli "accordi di risanamento" verrebbero in un certo senso a sostituire funzionalmente tali accordi contrattuali, anche se sarebbero concepiti come pienamente vincolanti e per un periodo più lungo di tempo.

VI.2.6. Sospensione o esclusione dal regime in caso di violazione delle regole

206. In caso di violazione delle norme comuni la sanzione ultima sarebbe la sospensione o l'esclusione dall'emissione congiunta. Il meccanismo è previsto da tutte le proposte presentate finora, ma in termini diversi a seconda della natura del regime. Nel DRF/P si potrebbe interrompere il trasferimento di un volume addizionale di debito al fondo comune durante la fase di integrazione progressiva, mentre l'esclusione pura e semplice dal fondo non sarebbe realisticamente possibile una volta che lo Stato membro vi avesse trasferito un ammontare ingente di debito. Con un regime di eurobills si potrebbero istituire meccanismi di sospensione e esclusione dall'emissione congiunta per il futuro. La mera esistenza di procedure di sospensione o esclusione produrrebbe un certo effetto di deterrenza e contribuirebbe

58 http://register.consilium.europa.eu/doc/srv?l=IT&f=ST%20217%202013%20INIT

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quindi a contenere l'azzardo morale. Nella pratica, tuttavia, effetti collaterali imprevisti potrebbero generare rischi per la stabilità finanziaria, ma questo dipenderebbe da ciascun caso specifico.

VI.2.7. Disciplina di mercato 207. Una domanda cruciale è in che misura la disciplina di mercato, ossia il ruolo dei

mercati finanziari nell'imporre ai decisori politici la disciplina necessaria per condurre una politica di bilancio sostenibile e attuare le riforme strutturali necessarie, sia effettivamente in grado di funzionare nella pratica e, in caso affermativo, abbia ancora un'incidenza nell'ipotesi di un regime di parziale emissione congiunta.

208. È opinione generalmente condivisa che, fino al passato recente, la disciplina di mercato non avesse funzionato correttamente nella zona euro: prima del 2010 i mercati del debito sovrano non avevano trasmesso nessun segnale ai decisori politici per poi reagire in misura eccessiva all'esplosione della crisi, con conseguente grande ampiezza dei differenziali di rendimento a dimostrazione, da un lato, delle probabilità percepite di default degli Stati membri vulnerabili della zona euro e, dall'altro, della fuga verso il debito sovrano cosiddetto "core", considerato il più sostenibile (i rifugi più sicuri). Nel frattempo i differenziali sui tassi d'interesse sono nuovamente scesi a un livello più sostenibile, sebbene ancora superiore a quello del periodo precedente la crisi.

209. Per il futuro, sono legittime varie linee di pensiero, esposte qui di seguito, riguardo alla possibilità che la disciplina di mercato possa effettivamente servire a tenere sotto controllo l'azzardo morale e alle modalità con cui può conseguire tale risultato.

210. Secondo una posizione scettica, la disciplina di mercato ha carattere essenzialmente binario: o è attiva o è inattiva. Attiva, ostacola la politica monetaria e suscita l'esigenza di politiche non convenzionali. In alternativa, resta inattiva, perché gli operatori dei mercati finanziari continuano a muovere dall'assunto che valeva prima della crisi, ossia che i singoli Stati membri della zona euro in crisi finanziaria saranno sempre salvati dagli altri Stati membri. In questa logica, il contenimento dell'azzardo morale dipenderebbe in larga misura, se non esclusivamente, da una governance economica forte.

211. Secondo un'altra posizione, la disciplina di mercato funzionerà soltanto quando l'UEM sarà in grado di aumentare gli incentivi a costituire riserve sufficienti contro gli shock e, quindi, a impedire che il debito pubblico raggiunga livelli insostenibili. In questa logica, la credibilità della disciplina di mercato risulterebbe rafforzata da un meccanismo solido di gestione delle crisi che comprenda, a lungo termine, un regime di ristrutturazione del debito pubblico.

212. I pareri più ottimistici sostengono che, sebbene inefficace in passato, la disciplina di mercato funziona oggi già meglio, anche perché i differenziali di rendimento sui titoli pubblici operano come strumento di disciplina sugli Stati, e potrà migliorare ancora in futuro, dopo che saranno stati compiuti ulteriori progressi nelle riforme in atto nel settore finanziario (ad es., l'unione bancaria). Secondo alcuni Esperti, ad esempio, si può ridurre la vulnerabilità del settore bancario nazionale al rischio di un default dello Stato limitando l'esposizione delle banche al debito sovrano mediante

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la regolamentazione oppure mediante la creazione di strumenti di debito alternativi sicuri. Negli Stati membri della zona euro il settore bancario potrebbe essere reso più sicuro inasprendo i requisiti patrimoniali, instaurando una vigilanza comune efficace e varando un meccanismo solido di gestione delle crisi e di risoluzione a livello europeo.

213. Se si sposa l'ipotesi che in futuro la disciplina di mercato sarà in grado di esercitare sui decisori politici un effetto reale e funzionale, l'eventuale regime di emissione congiunta parziale dovrebbe essere strutturato in modo da permettere ancora la ricezione dei segnali del mercato. Le potenzialità in tal senso possono essere diverse in funzione della struttura del regime. L'emissione congiunta con garanzia pro rata implica una sensibilità alla disciplina di mercato maggiore rispetto ai regimi con garanzia in solido. Un altro fattore che può risultare pertinente è la quota relativa dell'emissione congiunta rispetto al debito che conserva dimensione nazionale: il potenziale azzardo morale di un regime di eurobills di piccole dimensioni, con garanzia pro rata e con un rigoroso tetto di emissione congiunta fissato per legge (ossia solo titoli con scadenza fino a 1 anno e eurobills limitati al tetto del 10% del PIL per paese) sarebbe considerevolmente inferiore a quello di un fondo comune di grandi dimensioni protetto da garanzia in solido (ossia un fondo di eurobills con scadenza fino a due anni oppure un DRF di grandi dimensioni). Alcuni Esperti potrebbero tuttavia obiettare che, seppur parziale, l'emissione congiunta tenderebbe a eliminare la disciplina di mercato, che funzionerebbe altrimenti correttamente. Se introdotto, un regime di emissione congiunta, pur lasciando agli Stati membri il controllo delle rispettive politiche economiche, sociali e di bilancio, tenderebbe, perlomeno per le scadenze interessate, a allineare tassi d'interesse che, in sua assenza, rispecchierebbero invece la percezione che il mercato ha di un insieme completo di politiche nazionali e invierebbero quindi a ciascun singolo Stato membro un segnale sui rischi connessi alla linea politica che sta seguendo.

VI.2.8. Ristrutturazione del debito come possibile elemento a lungo termine 214. In alcune delle proposte presentate si suggerisce, tra le soluzioni intese a contenere

l'azzardo morale, un regime di ristrutturazione del debito sovrano, da istituire una volta risolti i problemi dell'eccesso di debito59. Secondo tali proposte, un regime di ristrutturazione disincentiverebbe il ricorso eccessivo ai prestiti, perché gli emittenti sovrani si troverebbero a dover sostenere costi più alti via via che il livello del debito aumenta, e migliorerebbe la determinazione del prezzo del rischio di credito, perché i creditori sarebbero in grado di prevedere i rischi sovrani. Si sostiene in tale contesto che tutti gli altri strumenti, quali la disciplina di mercato e la minaccia di sospensione o esclusione dall'emissione congiunta, potrebbero risultare efficienti soltanto se si verificasse uno scenario credibile in cui uno Stato può dichiarare il default senza che questo determini danni incontrollabili per gli altri.

59 Cfr. relazione economica annuale 2011 e 2013 del GCEE. Il GCEE ha proposto di attuare il regime di

ristrutturazione mediante una revisione delle politiche di prestito del MES.

59

215. Le opinioni divergono considerevolmente circa la fattibilità e l'opportunità di realizzare detta idea, sulla quale le discussioni proseguono60. Secondo alcuni membri del gruppo di esperti, l'istituzione di siffatto regime di ristrutturazione del debito rappresenterebbe un fattore preventivo importante per contenere l'azzardo morale. A loro parere, un futuro meccanismo di ristrutturazione del debito potrebbe venire a completare la governance rafforzata (ossia costituire una seconda linea difensiva) oppure sostituirsi a un'ulteriore ingerenza nel processo decisionale nazionale. Questa seconda funzione sarebbe più coerente con l'attuale modello decentrato di decisione e responsabilità in materia di bilancio, nel cui ambito gli Stati membri conservano le principali competenze di politica. Altri membri del gruppo di esperti dissentono fortemente riguardo all'idea di un meccanismo di ristrutturazione del debito, preferendo l'opzione di prevedere un ulteriore trasferimento dei poteri di bilancio verso il livello europeo in caso di violazione persistente delle regole da parte di uno Stato membro (opzione che implicherebbe una modifica del trattato). I sostenitori del regime di ristrutturazione del debito ammettono che l'idea è fruibile a più lungo termine e applicabile solo una volta risolto il problema del debito ereditato dal passato e non nell'immediatezza dei prossimi anni (anche se, a parere dei propositori, un accordo al riguardo dovrebbe essere inserito nel pacchetto relativo all'eventuale regime di emissione congiunta). Il gruppo di esperti non ha valutato la fattibilità, l'opportunità e l'eventuale contenuto di un regime di ristrutturazione del debito.

VI.3. Azzardo morale: come affrontarlo nel caso specifico del DRF/P e degli eurobills

VI.3.1. Azzardo morale: come affrontarlo nel caso specifico del DRF/P 216. Il regime del DRF/P racchiude potenzialità notevoli di azzardo morale, in

particolare se associato alla garanzia in solido degli Stati membri partecipanti. Persino un DRF delle grandi dimensioni inizialmente proposte prevedrebbe un'emissione congiunta soltanto parziale dei titoli, con una percentuale di debito fino al 60% del PIL che rimarrebbe a livello nazionale. L'azzardo morale potrebbe tuttavia attestarsi a livelli elevati sia nella fase di integrazione progressiva, durante la quale gli Stati membri potrebbero soddisfare il fabbisogno di rifinanziamento tramite il DRF (tranne che per le scadenze a breve termine), sia nella fase di rimborso. Una volta che tutti gli Stati membri partecipanti avessero trasferito al regime di emissione congiunta volumi ingenti di debito, risulterebbe impossibile escludere da esso lo Stato membro che cominciasse a scostarsi dalle regole concordate. Gli Stati membri altamente indebitati disporrebbero quindi di una leva per esercitare pressione sugli Stati creditori. Potrebbe inoltre montare la pressione politica a conferire carattere permanente alla mutualizzazione del debito anche dopo la fine del DRF/P, motivo per cui, nella proposta originaria, il GCEE aveva inserito l'obbligo di sottoporre a referendum qualsiasi proroga del regime.

60 Cfr., in particolare, Committee on International Economic Policy and Reform, Revisiting Sovereign

Bankruptcy, ottobre 2013, capitoli IV e V; cfr. anche relazione economica annuale 2010 del GCEE; Holtemöller e Knedlik, 2011.

60

217. Alla luce delle considerazioni esposte, il DRF/P concepito dal GCEE includeva la maggior parte degli strumenti illustrati supra come elementi del "patto", atti a tenere sotto controllo gli incentivi all'azzardo morale:

- ammissibilità limitata agli Stati membri non sottoposti a programmi di assistenza finanziaria;

- precondizione della ratifica del trattato sulla stabilità, il coordinamento e la governance nell'unione economica e monetaria (eventualmente rafforzato);

- obbligo di concludere un "accordo di risanamento" per ciascuno Stato membro;

- incentivi finanziari e sanzioni (aumenti dei tassi di interesse, eventuali operazioni sul mercato secondario);

- sospensione dell'esternalizzazione del debito nella fase di integrazione progressiva in caso di violazione delle regole;

- mantenimento della responsabilità esclusivamente nazionale su parte del debito sovrano;

- meccanismo a lungo termine di ristrutturazione del debito.

218. La proposta originaria non includeva invece due degli elementi illustrati nella sezione VI.2. Il primo è l'idea del "periodo di prova", che parrebbe mancare perché la proposta di DRF/P, risalente al 2011, era strutturata come strumento di risposta alla crisi. In via di principio, tuttavia, si potrebbe prevedere un periodo di prova per testare la governance rafforzata dell'UEM prima di dare avvio al DRF/P. Il secondo elemento mancante è l'eventuale trasferimento verso il livello europeo di poteri ex ante di ingerenza nelle procedure di bilancio nazionali. Vero è che la proposta di DRF/P originaria prevedeva gli "accordi di risanamento", che sottoporrebbero la politica di bilancio a condizioni rigorose, ma lasciava peraltro aperta la questione delle modalità e dell'organo che avrebbero garantito l'attuazione di tali condizioni dopo la fase di integrazione progressiva. Se si ipotizza una modifica del trattato per aprire la via a un DRF/P con struttura di garanzia in solido, sarebbe opportuno prendere altresì in considerazione, ai fini della legittimità e dell'efficienza, il trasferimento di tali poteri, il loro esercizio con il metodo comunitario e l'integrazione nell'ambito UE del trattato sulla stabilità, il coordinamento e la governance nell'unione economica e monetaria rafforzato.

219. Una variante del DRF/P di dimensioni più contenute, a quote eguali e con garanzia pro rata rappresenterebbe un tipo diverso di compromesso tra risultati attesi e rischi di azzardo morale. Gli Stati membri vulnerabili otterrebbero risparmi inferiori sui costi del debito e rimarrebbero più esposti alla disciplina di mercato, mentre notevolmente più breve sarebbe l'arco di tempo necessario sia per la fase di integrazione progressiva sia per la fase di rimborso: tutti fattori che attenuano l'azzardo morale.

VI.3.2. Azzardo morale: come affrontarlo nel caso specifico degli eurobills 220. Anche gli eurobills racchiudono potenzialità di azzardo morale che, secondo la

variante concettuale e le ipotesi di funzionamento del regime prescelte, potrebbero

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risultare inferiori o equivalenti a quelle del DRF/P. I fattori determinanti sono tuttavia in parte diversi.

221. Il primo e più importante fattore è, anche in questo caso, la struttura di garanzia. Rispetto alla garanzia in solido, la garanzia pro rata sarebbe più efficace nell'attenuare l'azzardo morale, per due ragioni: in primo luogo, perché ciascuno Stato membro dovrebbe sempre tener conto dei limiti della responsabilità degli altri; in secondo luogo, perché il peggioramento della qualità creditizia di uno degli Stati membri partecipanti, dovuto ai problemi economici e di bilancio che attraversa, si ripercuoterebbe direttamente anche sui costi di finanziamento degli eurobills, aumentandoli, con effetti negativi per tutti i partecipanti.

222. Il secondo fattore deriva dalla struttura specifica di emissione congiunta parziale del modello degli eurobills che, a parere di alcuni Esperti, contribuirebbe a ridurre l'azzardo morale. Sotto questo aspetto una caratteristica fondamentale risiede nella scadenza breve dello strumento che, di fatto, implica un rango superiore rispetto ad altre passività a più lungo termine.

223. Se lo Stato membro non rispetta le regole fissate, risulta pertanto possibile negargli il rifinanziamento o modificarne le condizioni (ad esempio, riducendo l'importo rifinanziabile con eurobills e, quindi, aumentando la quota nazionale del debito). Le scadenze brevi permettono altresì, se previsto dalle norme giuridiche, di stabilire la temporaneità, lo scioglimento anticipato o il ridimensionamento del regime. Vigerebbe inoltre un tetto all'emissione congiunta fissato per legge, in base al quale la maggior parte (almeno il 70%) del debito di ciascuno Stato membro rimarrebbe sempre esposta alla normale disciplina di mercato.

224. Per converso, il valore delle argomentazioni esposte dipende fortemente dalla credibilità dell'assunto che i limiti citati siano rispettati nella pratica e che sia fatto effettivamente ricorso alla possibilità di sciogliere o ridimensionare il regime degli eurobills. A parere di alcuni Esperti, anche se avviato su base temporanea e su scala ridotta, il regime degli eurobills susciterebbe aspettative politiche e economiche, e finanche pressioni a trasformarlo in permanente e a estenderlo (ragionamento di "economia politica"). Secondo tali Esperti, è inevitabile che gli eurobills, seppur introdotti su base temporanea, siano destinati a rimanere e determinino un eccessivo affidamento sul debito a breve termine e che, considerato che i loro effetti economici resterebbero verosimilmente modesti, i mercati ravvisino in essi dei semplici precursori di un'emissione congiunta a più lungo termine. In questa visione, inoltre, è poco probabile che, in caso di problemi, si ricorra alla possibilità di cessare del tutto o di ridurre l'emissione di eurobills da un anno all'altro oppure alla possibilità di escludere dal regime lo Stato membro che ne ha violato le regole, perché ciò causerebbe difficoltà politiche o comporterebbe rischi per la stabilità finanziaria. Si sostiene anzi che la minaccia di escludere tale Stato membro dal regime o di cessare completamente l'emissione congiunta determinerebbe immediatamente una pressione supplementare su tutti i paesi partecipanti altamente indebitati: la minaccia non sarebbe quindi credibile. Tali Esperti ritengono pertanto che l'introduzione degli eurobills, sia il regime temporaneo o permanente, possa essere presa in considerazione soltanto dopo un considerevole irrobustimento dei poteri ex ante del livello centrale sulle politiche economiche e di bilancio nazionali, per il quale è necessaria una modifica del trattato (cfr. capitolo VII).

62

225. L'azzardo morale è infine probabilmente superiore nelle alternative concettuali, suggerite da alcuni Esperti, che inglobano nel regime stesso un margine di flessibilità circa il superamento dei limiti ordinari, ad es. permettendo allo Stato membro che attraversa una crisi di liquidità di fare temporaneamente un affidamento superiore sugli eurobills oltrepassandone i limiti ordinari. Si tratta di uno dei motivi per cui tali alternative sono scartate da altri Esperti.

226. In questo contesto, anche nell'ipotesi degli eurobills occorrono meccanismi robusti di contenimento dell'azzardo morale: persino gli stessi propositori dell'idea sottolineano infatti che gli eurobills non si sostituiscono a un quadro migliorato di governance economica e di disciplina di bilancio61.

VI.4. Conclusioni

227. Concludendo, si può affermare in generale che sia il DRF/P sia il regime degli eurobills possono determinare rischi di azzardo morale che, secondo la struttura effettivamente prescelta, possono essere anche elevatissimi. Alcuni Esperti rilevano l'importanza di predisporre tutte le cautele necessarie prima del varo di un regime di emissione congiunta. Poiché l'esperienza maturata finora con l'attuale impianto di governance economica dell'UE, frutto della recente riforma, è limitatissima, parrebbe prudente cominciare col raccogliere prove della sua efficienza e, se ritenuto necessario, rafforzarlo ulteriormente prima di assumere qualsivoglia decisione sull'introduzione di regimi di emissione congiunta.

VII. ASPETTI GIURIDICI DELL'EMISSIONE CONGIUNTA DI DEBITO SOTTO FORMA DI DRF/P O EUROBILLS

VII.1. Obblighi e limiti giuridici posti dai trattati UE vigenti

228. Gli obblighi e i limiti giuridici che gli attuali trattati dell'Unione pongono all'introduzione di un regime DRF/P o di eurobills incidono in maniera significativa sulla fattibilità: cosa è realizzabile nel quadro dei trattati vigenti e in quali casi l'introduzione di siffatti regimi richiederebbe una modifica dei trattati? Per rispondere a queste domande vanno esaminati due aspetti: gli obblighi sostanziali dei trattati in vigore e la portata delle attuali competenze dell'UE.

61 Hellwig e Philippon 2011.

63

VII.1.1. Obblighi sostanziali di cui all'articolo 125 del TFUE – clausola di non

salvataggio ("no bail–out clause") 229. Il principale obbligo sostanziale da prendere in esame è l'articolo 125 del TFUE

(cfr. la formulazione di questa e di altre pertinenti disposizioni dei trattati riportate all'allegato 6), ovvero la clausola di "non salvataggio", interpretata dalla Corte di giustizia nella sentenza Pringle62.

230. Mentre la configurazione finanziaria di un regime DRF/P e di eurobills deve rispettare, sotto ogni aspetto, il divieto di cui all'articolo 125 del TFUE, la questione più importante è capire come è strutturata la garanzia di questi strumenti.

231. Una struttura di garanzia basata sull'obbligazione in solido degli Stati membri partecipanti implica che ciascun partecipante sia giuridicamente garante nei confronti dei detentori di titoli emessi da un DRF o da un fondo eurobills comuni, e pertanto tenuto a pagare l'importo integrale dei titoli in caso di default da parte dello stesso fondo emittente. "In solido" vuol dire che il detentore del titolo può rivolgersi allo Stato membro partecipante di sua scelta per chiedere il rimborso dell'intero importo garantito, indipendentemente dal fatto che anche gli altri Stati membri siano garanti.

232. Un siffatto regime di obbligazione in solido va distinto da altre strutture di garanzia, basate sull'idea di un'obbligazione pro rata. L'obbligazione pro rata è la struttura su cui si fonda l'EFSF: ciascuno Stato membro partecipante garantisce per i titoli emessi dall'EFSF, solo che la sua garanzia non copre l'intero importo del titolo, ma solo una parte, definita in misura della sua partecipazione al "rapporto di contribuzione alla garanzia" dell'EFSF (corrispondente a sua volta alla quota di ciascun paese nel capitale versato della BCE). Anche il MES si basa su una struttura pro rata, per quanto la sua architettura differisca dall'EFSF: in questo caso infatti gli Stati membri non sono garanti nei confronti dei detentori dei titoli MES ma sono

62 Sentenza del 27 novembre 2012 nella causa C–370/12, Thomas Pringle/Governement of Ireland,

Ireland e The Attorney General, non ancora pubblicata nella Raccolta (di seguito “sentenza Pringle”). Su questa sentenza si vedano anche: E. De Lhoneux, & C. Vassilopoulos, The European Stability Mechanism before the Court of Justice of the European Union: comments on the Pringle case, 2014, pagg. 1–74; V. Borger, The ESM and the European Court's Predicament in Pringle, 14 German Law Journal (2013), pagg. 113–14; P. Craig, Pringle: Legal Reasoning, Text, Purpose and Teleology, 20 Maastricht Journal of European and Comparative Law 1 (2013), pagg. 3–11; B. de Witte & T. Beukers, The Court of Justice approves the creation of the European Stability Mechanism outside the EU legal order: Pringle, 50 Common Market Law Review (2013), pagg. 805–848; S. Adam & F. J. Mena Parras, The European Stability Mechanism through the Legal Manderings of the Union's Constitutionalism: Comment on Pringle, 38 European Law Review (2013), pagg. 848–863; J–P Keppenne & B. Smulders, in: von der Groeben/Schwarze (Eds.), Kommentar zum EUV/AEUV, 7 ed. 2014 (prossima), Artikel 125; M. Selmayr, ZÖR 2013, pagg. 259 – 284. La compatibilità dei meccanismi di assistenza finanziaria con l'articolo 125 del TFUE era stata esaminata già da prima della sentenza Pringle. Si vedano: Calliess, Das europäische Solidaritätsprinzip und die Krise des Euro – von der Rechtsgemeinschaft zur Solidaritätsgemeinschaft?, FCE 01/11; A. De Gregorio Merino, Legal Developments in the Economic and Monetary Union During the Debt Crisis: The Mechanism of Financial Assistance, 49 Common Market Law Review (2012), pagg. 1613–1646; J. –V. Louis, The No–Bailout Clause and Rescue Packages, 47 Common Market Law Review (2010), pagg. 976–979; M. Ruffert, The European Debt Crisis and European Union Law, 48 Common Market Law Review (2011), pagg. 1785–1786.

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tenuti, in forza del relativo trattato, a pagare in capitale richiamabile qualora il MES ne abbia bisogno (per esempio se uno Stato membro beneficiario non rimborsa un prestito al MES). Il trattato MES limita però, in ogni circostanza, l'obbligazione di ciascuno Stato partecipante alla sua quota di stock di capitale autorizzato al prezzo di emissione: nessuna disposizione del trattato può essere interpretata come facente nascere obblighi di pagamento superiori alla quota di capitale autorizzato corrispondente a ciascun membro del MES, come precisato nell'allegato II del trattato, senza il previo accordo del rappresentante di ciascun membro, e tenuto conto delle procedure nazionali63.

233. L'esame giuridico alla luce dell'articolo 125 del TFUE permette di concludere che qualsiasi forma di emissione congiunta di debito, corroborata da una garanzia in solido degli Stati membri partecipanti, contravverrebbe al divieto di cui all'articolo 12564. Per sua stessa natura l'obbligazione in solido presuppone che gli Stati membri "subentr[i]no agli impegni" degli altri Stati membri partecipanti: nell'onorare la garanzia data, uno Stato membro estingue l'obbligazione assunta verso i detentori di titoli non solo da parte del fondo emittente65 ma anche degli altri Stati membri partecipanti, contravvenendo quindi alla lettera dell'articolo 125 del TFUE ("non [...] subentrano agli impegni"). L'obbligazione in solido non risulterebbe peraltro in linea con la ratio dell'articolo 125, mirante a garantire "che gli Stati membri restino soggetti alla logica del mercato allorquando contraggono debiti, la quale deve spingerli a mantenere una disciplina di bilancio"66. Quando uno Stato membro si fa garante del debito di un altro Stato membro direttamente nei confronti dei suoi creditori, lo Stato membro debitore non è più soggetto alla logica di mercato per il debito in questione.

234. La sentenza Pringle, con la quale la Corte di giustizia giudica il trattato MES conforme all'articolo 125 del TFUE, non fa che corroborare questa conclusione. Il MES non si basa sull'obbligazione in solido degli Stati membri, bensì su impegni pro rata a pagare in capitale richiamabile. In forza del trattato MES gli Stati membri non sono in nessun modo garanti per il debito di altri Stati membri. Nella sentenza Pringle la Corte, seguendo un'interpretazione teleologica dell'articolo 125, sostiene a ragione che l'articolo non è diretto a vietare qualsiasi assistenza finanziaria in favore di uno Stato membro e individua due condizioni affinché l'assistenza sia compatibile con l'articolo 125, condizioni che ritiene soddisfatte nel caso del MES: l'assistenza deve essere indispensabile per salvaguardare la stabilità finanziaria della

63 Cfr. l'articolo 8, paragrafo 5, del trattato MES e la dichiarazione delle parti del trattato MES del 27

settembre 2012.

64 Analogamente A. De Gregorio Merino, Legal Developments in the Economic and Monetary Union During the Debt Crisis: The Mechanism of Financial Assistance, 49 Common Market Law Review (2012), pag. 1626; V. Borger, How the Debt Crisis Exposes the Development of Solidarity in the Euro Area, 9 European Constitutional Law Review (2013), pag. 36; “Piano per un'Unione economica e monetaria autentica e approfondita”, sezioni 3.2.2. e 3.2.3.

65 Il fondo si configurerebbe come un "organismo di diritto pubblico" istituito in comune dagli Stati membri, pertanto loro emanazione, cfr. la presa di posizione dell'avvocato generale Juliane Kokott nella causa Pringle, punti 110 e 153.

66 Sentenza nella causa C–370/12 Pringle, punto 135.

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zona euro nel suo complesso e deve rispettare condizioni rigorose67. La Corte osserva espressamente che, nel porre queste condizioni, il MES non agisce da garanzia per il debito dello Stato membro beneficiario, il quale resta responsabile nei confronti dei propri creditori68. Il presupposto per la Corte è che ciascuno Stato membro rimanga responsabile unicamente per l'importo individualmente dovuto69. La sentenza Pringle non può quindi essere invocata per sostenere la compatibilità con l'articolo 125 del TFUE di regimi che, contrariamente al MES, prevedono che uno Stato membro sia garante per il debito contratto da un altro Stato membro nei confronti dei creditori di quest'ultimo, quand'anche siffatti regimi abbiano come obiettivo la stabilità della zona euro e prevedano condizioni rigorose.

235. Alcuni giuristi, soprattutto prima della sentenza Pringle, hanno in diverso modo tentato di confutare la conclusione che la garanzia in solido violi l'articolo 125. Le loro argomentazioni sono illustrate e commentate di seguito.

• Alcuni hanno sostenuto che, stando alla formulazione dell'articolo 125, il divieto riguarda unicamente la garanzia di uno Stato membro a favore di un altro Stato membro e non di un soggetto giuridico distinto, istituito sotto forma di organizzazione internazionale, come per esempio il DRF/P70. Questa argomentazione non tiene però conto che, per non vanificare l'"effetto utile" dell'articolo, è necessario estendere il divieto anche alle garanzie a beneficio di qualsiasi organizzazione internazionale controllata dagli Stati membri, e quindi loro emanazione. Questa argomentazione è peraltro confutata dalla sentenza Pringle71. L'obbligazione in solido implica in ogni caso che lo Stato membro che versa integralmente la propria garanzia non solo paga per il fondo comune ma estingue anche la garanzia degli altri Stati membri.

67 Punto 136.

68 Punto 138: "Per quanto riguarda il Trattato MES, va constatato, in primo luogo, che i dispositivi di sostegno alla stabilità cui può ricorrere il MES in forza degli articoli 14–18 di tale Trattato fanno emergere che il MES non si farà garante dei debiti dello Stato membro beneficiario. Quest'ultimo resterà responsabile, nei confronti dei propri creditori, dei propri impegni finanziari."

69 Come confermato nella presa di posizione dell'avvocato generale Juliane Kokott nella causa Pringle (punti 115 e 116): "[...] in linea di principio, anche l'assunzione volontaria di responsabilità per gli impegni di un altro Stato membro contrasterebbe con l'articolo 125 TFUE. Gli strumenti finanziari del Trattato MES non costituiscono tuttavia una garanzia siffatta per gli impegni di un altro Stato membro. Come già osservato, gli strumenti finanziari necessitano di volta in volta della decisione del consiglio dei governatori, cosicché, già per tale ragione, non sussiste alcun obbligo in capo al MES. Né i prestiti né l'acquisto di titoli garantiscono, inoltre, ai creditori degli Stati membri il rimborso dei loro crediti[...] gli strumenti finanziari a disposizione del MES a tal fine non sono collegati ad alcuna garanzia per gli impegni degli Stati membri [...]".

70 M. Nettesheim, Der Schuldentilgungsfonds: Rechtliche Rahmenbedingungen eines umstrittenen Instruments zur Eurorettung', in: M. Breuer et al. (eds.), Der Staat im Recht, 2013, pagg. 603, 607–610.

71 Cfr. AG Kokott (ibid.) e il punto 175 della sentenza della Corte, che equipara il MES agli Stati partecipanti ai sensi dell'articolo 273 del TFUE.

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• Si potrebbe argomentare che i regimi di assistenza debbano tener presenti unicamente le due condizioni "teleologiche" individuate dalla sentenza Pringle (necessità di salvaguardare la stabilità finanziaria della zona euro e condizioni rigorose) e che la presenza o meno di garanzie sarebbe irrilevante. Come già illustrato, questa argomentazione è però in contrasto con il dettato e lo scopo dell'articolo 125, e soprattutto con la sentenza stessa: in termini giuridici concedere una garanzia significa "subentrare agli impegni", contravvenendo al divieto di cui all'articolo 125.

• Nella stessa logica alcuni hanno sostenuto che l'articolo 125 non ostacolerebbe il DRF/P, il cui scopo è per l'appunto realizzare gli obiettivi di stabilità posti dal trattato separando il debito precedente da quello futuro e permettendo agli Stati membri di rispettare gli obblighi del trattato per il debito futuro (tenuto al di sotto del 60% del PIL), mentre il debito precedente verrebbe isolato e rimborsato in modo controllato72. Una ricostruzione così radicale non trova però fondamento né nella genesi dell'articolo 125, né nella sua formulazione, né nella sentenza Pringle. L'articolo pone un divieto assoluto, senza soglie o distinzione tra debito "vecchio" e "nuovo". La ratio è evitare l'azzardo morale rendendo responsabile ciascuno Stato membro nei confronti dei propri creditori per l'interezza del proprio debito73. Ne consegue peraltro che il Consiglio non potrebbe basare sull'articolo 125, paragrafo 2, una tale ricostruzione della clausola di non salvataggio.

• Alcuni sostengono che regimi quali il DRF/P o gli eurobills possano considerarsi un "progetto specifico" ai sensi dell'eccezione di cui all'articolo 125, paragrafo 174. Questo concetto, al pari di ogni eccezione a una regola generale, va però interpretato in modo restrittivo, riferendosi a progetti genuinamente specifici, come possono esserlo infrastrutture realizzate e finanziate insieme da più Stati membri (come un ponte o una galleria che ne assicurino il collegamento)75. Di certo non si applica a un regime di vasta portata istituito per rifinanziare il debito pubblico in generale.

236. Le condizioni di cui all'articolo 125 del TFUE potrebbero tuttavia risultare soddisfatte da altre configurazioni finanziarie di emissione congiunta che non

72 J. Delpla & J. von Weizäcker, The Blue Bond Proposal, Bruegel, Brussels, Bruegel Policy Paper,

maggio 2012, n. 2010/3, disponibile all'indirizzo http://www.bruegel.org/publications/publication–detail/publication/403–the–blue–bond–proposal/#comment–, pag. 6. Contra F. Allemand, 'La faisabilité juridique des projets d'euro–obligations, 48 Revue trimestrielle de droit européen 3 (2012), pag. 580.

73 Sentenza Pringle, punto 135.

74 Si veda F. Martucci, "Le défaut souverain en droit de l'Union européenne – Les instruments de droit de l'Union européenne pour remédier à l'insolvabilité des Etats", in: M. Audit (dir.), Insolvabilité des Etats et dettes souveraines, L.G.D.J, 2011, pag. 233–276.

75 Sull'eccezione di cui all'articolo 125, paragrafo 1, si veda J–P Keppenne & B. Smulders, in: von der Groeben/Schwarze (Eds.), Kommentar zum EUV/ AEUV, 7 ed. 2014 (prossima), Artikel 125; F. Allemand, La faisabilité juridique des projets d'euro–obligations, 48 Revue trimestrielle de droit européen 3 (2012), pag. 582.

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comportino un'obbligazione in solido. Questo vale soprattutto per un regime analogo al MES, in cui gli Stati membri partecipanti non sono garanti nei confronti dei detentori di titoli del MES ma si impegnano semplicemente a iniettare capitale su base pro rata, e in cui il rispetto del rispettivo obbligo di iniettare capitale non riduce, né tantomeno estingue, le obbligazioni degli altri Stati membri nei confronti del MES. La sentenza Pringle autorizza inequivocabilmente questa struttura del capitale, che ritiene conforme all'articolo 125. Quindi una simile struttura potrebbe essere utilizzata anche per un fondo DRF/P o di eurobills. La conformità di un regime DRF/P o di eurobills con l'articolo 125 in senso teleologico potrebbe peraltro essere garantita con mezzi atti a ridurre l'azzardo morale (cfr. supra il capitolo VI).

237. In sintesi i trattati UE vigenti non consentono regimi di emissione congiunta di debito basati sull'obbligazione in solido degli Stati membri ma permetterebbero strutture di garanzia basate su impegni pro rata, e in particolare una struttura di capitale analoga a quella del MES.

VII.1.2. Obblighi sostanziali connessi al divieto di finanziamento monetario (articolo 123 del TFUE)

238. La discussione sulle garanzie di un eventuale regime DRF/P o di eurobills non può ignorare il divieto di finanziamento monetario di cui all'articolo 123 del TFUE. Questo aspetto è pertinente per le riserve in oro e in valuta estera. Nella zona euro le riserve auree degli Stati membri sono detenute essenzialmente dalle banche centrali nazionali (e in alcuni casi dai governi, sebbene la legge possa conferire alla Banca centrale la facoltà di gestire la riserva). Ai sensi dell'articolo 123 del TFUE, la BCE o le banche centrali nazionali non possono concedere nessuna facilitazione creditizia a governi o altri organismi di diritto pubblico. Ciò significa che gli Stati membri, anche se in accordo con le banche centrali, non possono disporre delle riserve auree detenute o amministrate dalle banche centrali a garanzia reale di un regime mirante alla raccolta di finanziamenti per i bilanci nazionali. Stesso dicasi per le riserve in valuta estera detenute dalle banche centrali nazionali.

VII.1.3. Questioni riguardanti la competenza a istituire un regime DRF/P o di eurobills e a intraprendere misure complementari per evitare l'azzardo morale: diritto dell'Unione o costruzione intergovernativa?

239. Un'altra questione da prendere in esame è se esiste la competenza, in forza degli attuali trattati UE, per istituire un regime DRF/P o di eurobills, quand'anche conformi all'articolo 125 del TFUE (ovvero su base pro rata) tramite un atto legislativo dell'UE. Si tratta di un aspetto importante dal momento che siffatti regimi istituiti in base al diritto dell'Unione rientrerebbero nell'alveo decisionale delle istituzioni dell'UE, secondo il metodo comunitario e il modello di controllo democratico dell'Unione. È significativo in tal senso che, in vista dell'eventuale istituzione di un DRF/P, il Parlamento europeo abbia invitato la Commissione a presentare una proposta legislativa secondo il diritto dell'UE e a scongiurare il metodo intergovernativo76.

76 Cfr. la risoluzione del 16 gennaio 2013 sulla fattibilità dell'introduzione di stability bond

(2012/2028(INI)), allegata.

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240. La prima base giuridica da esaminare è l'articolo 136 del TFUE, che fa riferimento tra l'altro alla procedura legislativa ordinaria di cui all'articolo 121, paragrafo 6, del TFUE.

241. Questa base giuridica, su cui si fondano il two pack e parte del six–pack, prevede l'adozione di atti legislativi (regolamenti, direttive o decisioni) secondo la procedura di codecisione del Parlamento europeo e del Consiglio, solo per gli Stati membri della zona euro e con un voto in Consiglio limitato ai loro rappresentanti. L'articolo 136, paragrafo 1, lettera a), stabilisce che questi atti legislativi devono mirare a "rafforzare il coordinamento e la sorveglianza della disciplina di bilancio" degli Stati membri. Peraltro, dato che questa base giuridica rientra nel titolo del trattato sulla politica economica e monetaria dell'Unione, qualsiasi normativa ivi fondata deve rispettare la natura e la portata delle competenze dell'UE in materia di politica economica (che ricomprende la politica di bilancio), limitate al coordinamento delle politiche economiche degli Stati membri (articolo 2, paragrafo 3, e articolo 5, paragrafo 1, del TFUE). I trattati stabiliscono quindi che l'Unione ha un ruolo di coordinamento e implicano in tal senso che la sovranità sulle funzioni di tesoreria e di bilancio rimane, in ultima battuta, appannaggio degli Stati membri –anche se nel rispetto degli obblighi di disciplina fiscale previsti dai trattati – e che l'Unione non può sostituirsi, foss'anche parzialmente, agli Stati membri nell'esercizio di tali funzioni.

242. Applicando queste condizioni alle idee in esame, risulta chiaro che l'articolo 136 non può fungere da base. Sotto il profilo della finalità, sebbene sia sostenibile che un DRF/P o eurobills mirino anche a rafforzare la disciplina di bilancio degli Stati membri, il loro precipuo scopo diretto consisterebbe a finanziare il debito sovrano degli Stati membri, scopo che trascende il campo di applicazione dell'articolo 136. In ogni caso un DRF/P istituito a livello europeo non sarebbe solo un meccanismo inteso a coordinare e monitorare l'emissione di debito pubblico da parte degli Stati membri ma implicherebbe piuttosto la creazione di un soggetto giuridico distinto dagli Stati membri e la mutualizzazione di parte della rispettiva emissione di debito. L'idea di DRF/P include inoltre una serie di obblighi rigorosi, come illustrato al precedente capitolo IV. Analogamente un regime di eurobills richiederebbe la creazione di un soggetto giuridico distinto chiamato a emettere debito a breve termine per conto degli Stati membri, entro i limiti fissati a livello europeo per ciascuno Stato membro, parallelamente al divieto giuridico per gli Stati membri di emettere debito a breve termine per conto proprio. Risulta pertanto evidente che l'istituzione a livello di Unione di un regime di DRF/P o di eurobills finirebbe in parte per sostituire le funzioni classiche di tesoreria nazionali, incorporando quindi elementi della sovranità di bilancio nazionale (per esempio il diritto di emettere debito pubblico, di stabilire il calendario di emissione e di decidere il rapporto tra debito a breve e lungo termine), trascendendo così necessariamente il ruolo di coordinamento delle politiche economiche77.

243. L'articolo 136 del TFUE non conferisce pertanto alcuna competenza a istituire un regime DRF/P o di eurobills.

77 Analogamente nella sentenza Pringle la Corte di giustizia osserva che, poiché il ruolo dell'Unione è circoscritto all'adozione di misure di coordinamento, i trattati non conferiscono una competenza specifica per istituire un meccanismo di stabilità (come il MES); cfr. sentenza Pringle, punto 64.

69

244. L'altra base giuridica da esaminare è l'articolo 352 del TFUE (clausola di flessibilità)78. Il ricorso alla clausola di flessibilità implica, in sintesi, che un'azione dell'Unione debba apparire necessaria, nel quadro delle politiche dell'Unione, per realizzare uno degli obiettivi previsti dai trattati e che questi non contemplino i poteri di azione richiesti a tal fine. La Corte di giustizia ha peraltro precisato che qualsiasi misura adottata su questa base deve rimanere nell'alveo generale definito dai trattati e non consistere, in sostanza, in una modifica dei trattati stessi79.

245. È sostenibile che l'atto che introduca un eventuale DRF/P o eurobills riunisca le condizioni espressamente menzionate all'articolo 352 del TFUE nella misura in cui il regime DRF/P o di eurobills si qualifichi come un'azione necessaria a salvaguardare la stabilità finanziaria della zona euro (obiettivo fondamentale dell'Unione in base all'articolo 3, paragrafo 4, del TUE). Vi sono tuttavia chiari limiti posti dall'obbligo non scritto, derivante dalla giurisprudenza, secondo cui il ricorso all'articolo 352 deve rimanere nell'alveo generale dei trattati UE e non può introdurre una riforma che richiederebbe, nella sostanza, una modifica vera e propria degli stessi. L'alveo generale dei trattati è delimitato dalla sovranità di bilancio degli Stati membri – per quanto limitata dalla disciplina di bilancio di cui all'articolo 126 del TFUE – e dal ruolo dell'Unione confinato a coordinare le politiche di bilancio e a far rispettare la disciplina, come conferma il sistema delle risorse proprie dell'Unione. In forza dell'articolo 311 del TFUE le risorse proprie dell'Unione sono stabilite con una decisione adottata all'unanimità dal Consiglio, che deve essere approvata degli Stati membri (di norma è richiesta l'approvazione dei parlamenti nazionali in quanto titolari della sovranità di bilancio). L'approvazione prevista dall'articolo 311 presuppone la sovranità di bilancio degli Stati membri e dei loro parlamenti. L'articolo 352 non può quindi giustificare obblighi imposti agli Stati membri per mobilitarne risorse di bilancio finalizzate a una misura comune dell'UE, senza eludere l'obbligo di approvazione di cui all'articolo 311 e senza ingerire nella sovranità di bilancio degli Stati membri. Né tantomeno un atto basato sull'articolo 352 può decidere in che modo gli Stati membri raccolgano le risorse necessarie per finanziare il proprio bilancio. Alla luce di queste considerazioni un atto legislativo dell'Unione che abbia come base l'articolo 352 non potrebbe certamente né imporre agli Stati membri l'obbligo di partecipare a un regime di emissione congiunta di debito, né limitarne il diritto di emettere debito pubblico, né men che meno costringerli a contribuire a un fondo di emissione congiunta o a essere garanti dell'emissione congiunta.

246. Alla luce di queste considerazioni è giuridicamente sostenibile che l'articolo 352 non permette semplicemente di adottare un atto introduttivo di un regime di DRF/P o di eurobills il quale, incidendo sulle classiche funzioni nazionali di tesoreria e sulla sovranità di bilancio degli Stati, sconfinerebbe necessariamente dall'alveo generale dei trattati.

247. Esiste tuttavia un altro argomento difendibile: l'articolo 352 potrebbe essere la base giuridica di un regolamento che istituisce una struttura dell'Unione gestita da

78 Al punto 67 della sentenza Pringle, la Corte di giustizia lascia aperta la questione se l'articolo 352

possa servire o meno a istituire un meccanismo di stabilità del tipo del MES.

79 Parere A–2/94, (Raccolta 1996, pag. I– 1759), punti 30 e 35.

70

un'istituzione dell'UE (per esempio la Commissione), che verrebbe messa a disposizione degli Stati membri per l'emissione congiunta di debito sovrano a breve termine (eurobills). Per il diritto dell'UE un tale atto dovrebbe però lasciare facoltà ai singoli Stati membri di scegliere se ricorrere alla struttura di emissione congiunta, limitandosi a stabilire gli obblighi di chi partecipa (per esempio accettare le decisioni con cui ogni anno l'UE stabilisce per ciascun paese i limiti di finanziamento tramite emissione congiunta, impegnarsi a non emettere debito a breve termine fintanto che si partecipa alla struttura, accettare l'impegno di capitale pro rata ecc.). Trattandosi, nel caso degli eurobills, di impegni per definizione a breve termine, è sostenibile che un atto basato sull'articolo 352 e così concepito non ingerisca nella sovranità di bilancio degli Stati membri e non travalichi l'alveo generale dei trattati.

248. Ciò detto, è probabile che un tale atto basato sull'articolo 352 non basti a garantire la necessaria stabilità di un regime di eurobills e vada associato a un accordo intergovernativo con cui gli Stati membri della zona euro si impegnino, in termini giuridicamente vincolanti, a avvalersi effettivamente della piattaforma comune definita dall'atto UE, per un arco di tempo prestabilito, e a rispettare le condizioni di partecipazione.

249. Per quanto di più complessa realizzazione, la combinazione di un atto basato sull'articolo 352 e di un accordo intergovernativo offrirebbe, rispetto a una configurazione meramente intergovernativa, il grande vantaggio di poter istituire un regime di eurobills nel quadro istituzionale dell'UE, ovviando così ai seri problemi di compatibilità con la governance economica dell'UE e di controllo democratico, come verrà analizzato di seguito (capitolo VIII). Un tale modello non sarebbe tuttavia esente da fondate obiezioni di ordine giuridico: si potrebbe obiettare che, in linea di principio, un atto giuridico UE, la cui applicazione sia ragionevolmente impossibile in assenza di un atto intergovernativo parallelo, non rispetti il principio di autonomia del diritto dell'UE, o ancora che un tale atto non sia sufficiente a risolvere un problema e quindi non appaia "necessari[o] per realizzare uno degli obiettivi di cui ai trattati", come stabilito dall'articolo 352.

250. Comunque sia, il modello combinato sarebbe molto più giustificabile per gli eurobills che per il DRF/P. Il DRF/P con elementi di un "grande patto" si configura come un quadro giuridico complesso e globale, implicante una serie di estesissimi obblighi di legge, che gli Stati membri si impegnerebbero per giunta a rispettare per un lungo periodo di tempo. Molti di questi obblighi vanno peraltro palesemente al di là delle competenze dell'Unione, come l'obbligo, in fase di avviamento, di rifinanziare qualsiasi debito con scadenza superiore a due anni tramite il DRF/P, l'obbligo di destinare entrate fiscali al fondo e l'introduzione di un meccanismo di ristrutturazione del debito sovrano (che diventerebbe persino permanente dopo il rimborso). Quindi, se si esamina il quadro giuridico del DRF/P nel suo insieme, questi elementi, che trascendono visibilmente il quadro degli attuali trattati, oscurano del tutto l'intento di creare una piattaforma di emissione congiunta. Gli obblighi giuridici imposti nell'insieme da questo dispositivo avrebbero inoltre una durata molto lunga. Alla luce di questi elementi il ricorso a un modello combinato, con un atto basato sull'articolo 352, appare difficilmente giustificabile nel caso del DRF/P.

71

251. Una complicazione consiste nell'obbligo posto dall'articolo 352 di un atto deliberato all'unanimità dal Consiglio (di norma UE–28), previa approvazione del Parlamento europeo80. Per quanto sia concettualmente possibile adottare un atto basato sull'articolo 352 applicabile solo alla zona euro, non è possibile escludere dal processo decisionale gli Stati membri esterni alla zona euro. Una tale evenienza sarebbe possibile solo nel quadro della cooperazione rafforzata, che l'articolo 352 non sembra escludere81, sempre che sia stato fatto prima un tentativo di adozione unanime dell'atto nella formazione UE–2882. Il Consiglio nella formazione UE–18 (solo i paesi della zona euro) potrebbe quindi adottare l'atto solo se gli Stati membri esterni alla zona euro decidessero di astenersi. Nell'ipotesi della cooperazione rafforzata, l'articolo 332 del TFUE garantirebbe agli Stati membri non partecipanti la totale assenza di esposizione finanziaria indiretta, tramite il bilancio dell'UE, derivante da un fondo istituito sulla base dell'articolo stesso.

252. Un altro aspetto da esaminare in questo contesto riguarda l'azzardo morale: alcuni dei metodi per evitarlo, illustrati al capitolo VI, sono infatti al limite delle attuali competenze dell'Unione o le trascendono, rendendo quindi necessaria una modifica dei trattati. Il trattato andrebbe modificato, per esempio, per conferire all'Unione il diritto di chiedere la revisione dei bilanci nazionali in linea con gli impegni europei; in tal caso i pareri della Commissione sui progetti di bilancio nazionali cambierebbero natura e diverrebbero vincolanti (trasformandosi quindi in diritto di veto sui bilanci nazionali che non rispettano gli obblighi di bilancio). Una modifica dei trattati sarebbe tanto più necessaria se fosse conferito all'Unione il potere di chiedere l'adozione o la modifica di determinati provvedimenti nazionali, o se i bilanci annuali fossero sistematicamente approvati a livello europeo. Per quanto riguarda la maggiore integrazione della politica economica nella zona euro, occorrerebbe verificare se e in quali circostanze gli "accordi contrattuali" che prevedono misure per la crescita, la competitività e l'occupazione, negoziati tra ciascuno Stato membro della zona euro e la Commissione e approvati dal Consiglio, possano essere resi pienamente vincolanti e esecutivi in forza dei trattati vigenti.

253. Nel caso in cui, in assenza o in attesa di una modifica dei trattati dell'Unione, venga presa in considerazione l'introduzione di un DRF/P o di un regime di eurobills unicamente su base intergovernativa – sul modello per esempio del trattato MES – occorrerebbe tener presenti le conseguenze istituzionali e in termini di controllo democratico.

254. In una configurazione prettamente intergovernativa, il potere decisionale a livello europeo è relegato unicamente nelle mani dei governi degli Stati membri. I compiti che il trattato MES pur riconosce alla Commissione e alla Banca centrale europea sono conferiti dagli Stati membri su base intergovernativa, secondo il cosiddetto

80 In forza di specifici obblighi costituzionali, in alcuni paesi (per es. in Germania) i governi possono approvare un atto solo previa autorizzazione del parlamento nazionale.

81 Ipotesi ritenuta plausibile dal Parlamento europeo. Cfr. la risoluzione del 12 dicembre 2013 sui problemi costituzionali di una governance a più livelli nell'Unione europea (2012/2078(INI), punto 17 (in seguito “risoluzione sulla governance multilivello”).

82 Indipendentemente se l'atto proposto istituisce una piattaforma di emissione congiunta aperta a tutti gli Stati membri o solo a quelli della zona euro.

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"modello Bangladesh"83, e prescindono quindi dal quadro dell'Unione. I limiti di questo modello sono definiti dalla sentenza Pringle84: la natura dei compiti affidati si limita a funzioni gestionali e di coordinamento; i compiti affidati sono svolti a nome degli Stati membri che li conferiscono (o dell'organizzazione intergovernativa da questi creata, cioè il MES) e non implicano alcun potere decisionale; i compiti affidati non snaturano il carattere essenziale delle attribuzioni che i trattati dell'Unione conferiscono alle istituzioni. Un punto dibattuto è se tutti gli Stati membri (non solo quelli della zona euro) debbano acconsentire a un "mandato Bangladesh", punto di diritto sostenuto da alcuni e contestato da altri85. Nel caso dell'EFSF e del MES tutti gli Stati membri hanno dato il loro comune accordo.

255. Pertanto, come per il MES, nel quadro di un regime DRF/P o di eurobills la Commissione potrebbe vedersi attribuire compiti di preparazione e di gestione, il cui svolgimento sarebbe subordinato a un organo intergovernativo (come il consiglio dei governatori) composto da rappresentanti dei governi dei paesi della zona euro, con poteri decisionali esclusivi; la Commissione, al pari delle altre istituzioni politiche dell'UE – Consiglio o Parlamento europeo – non avrebbe alcun potere decisionale e le competenze della Corte di giustizia sarebbero molto limitate86. Il Parlamento europeo non avrebbe alcun potere di approvare norme legislative o di dare il proprio consenso su atti chiave (come le nomine) e la Commissione non sarebbe tenuta a rendere conto del proprio operato al Parlamento per le iniziative intraprese esclusivamente per conto degli Stati membri della zona euro. In altri termini, in questo modello il controllo democratico ricadrebbe unicamente sui parlamenti nazionali e sulla loro capacità di controllare l'operato dei rappresentanti del governo presso l'organo di gestione intergovernativo. Il capitolo VIII illustra le difficoltà di un siffatto modello di garantire la reale funzione di controllo parlamentare su decisioni paneuropee che incidono erga omnes.

256. D'altro canto è essenziale che i poteri decisionali di natura intergovernativa conferiti all'organo di gestione del fondo DRF/P o di eurobills non siano troppo estesi da sconfinare nei poteri di coordinamento delle politiche economiche degli Stati

83 Il modello prende il nome dalla sentenza della Corte di giustizia “Aiuto al Bangladesh” (nelle cause

C–181/91 e C–248/91, Parlamento europeo contro Consiglio delle Comunità europee e Commissione delle Comunità europee, (Raccolta 1993, pag. I– 3685), in cui è stato riconosciuto per la prima volta. Per completezza va menzionato un altro esempio di trattato intergovernativo, il trattato sulla stabilità, sul coordinamento e sulla governance nell'unione economica e monetaria (TSCG), che si basa però su un modello diverso rispetto al trattato MES: il TSCG non istituisce strutture istituzionali, ma consta essenzialmente di impegni sostanziali di disciplina di bilancio, che la Commissione e il Consiglio possono verificare in virtù di poteri loro attribuiti dai trattati dell'Unione. Questo modello non si presta all'emissione congiunta di debito.

84 Cfr. sentenza Pringle, punti 155–165.

85 A. De Gregorio Merino, Legal Developments in the Economic and Monetary Union During the Debt Crisis: The Mechanism of Financial Assistance, 49 Common Market Law Review (2012), pagg. 1638–1646; Contra S. Peers, Towards a New Form of EU Law?: The Use of EU Institutions outside the EU Legal Framework, 9 European Constitutional Law Review (2013), pag. 54. Entrambe le posizioni sono state inoltre difese da alcuni Stati membri e istituzioni UE ascoltati nella causa Pringle dinanzi alla Corte di giustizia. La sentenza Pringle non si pronuncia in merito.

86 Articolo 273 del TFUE; cfr. sentenza Pringle, punti 170–177.

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membri conferiti dai trattati UE alle istituzioni UE87. È difficile dire quali siano precisamente i vincoli posti da questo assioma, ma la Corte di giustizia accetterebbe difficilmente un regime nel quale il potere di un ente intergovernativo di influenzare le politiche fiscali e economiche di tutti gli Stati membri della zona euro (non solo quelli in difficoltà finanziarie e che necessitano di assistenza) sia contrario o oscuri le prerogative delle istituzioni dell'Unione in forza degli articoli 121, 126 e 136 del TFUE. Nella sentenza Pringle la Corte riconosce infatti i poteri del consiglio dei governatori del MES constatando che "il MES non ha ad oggetto il coordinamento delle politiche economiche degli Stati membri"88, ma offre sostegno ad hoc alla stabilità finanziaria dei paesi in gravi difficoltà di finanziamento. Ci si chiede se il principio elaborato dalla Corte sarebbe rispettato nell'ipotesi in cui il dispositivo giuridico del DRF/P dia la possibilità a un organo di gestione intergovernativo di negoziare e approvare con ciascuno Stato membro partecipante accordi di risanamento vincolanti che impongano condizioni di bilancio e riforme strutturali. Nel caso degli eurobills sorgono dubbi simili riguardo alle decisioni con cui ogni anno l'organo intergovernativo di gestione determinerebbe i diritti annui di finanziamento degli Stati membri in funzione delle loro prestazioni economiche e di bilancio. In entrambe le situazioni sussiste palesemente il rischio che il centro di gravità dei principali poteri di decisione collettiva si spostino dalle istituzioni dell'Unione verso un organo intergovernativo.

VII.2. Questioni riguardanti gli ordinamenti costituzionali nazionali, in particolare l'autonomia di bilancio dei parlamenti nazionali

257. La partecipazione degli Stati membri a un regime di emissione congiunta di debito è limitata dagli ordinamenti costituzionali nazionali, in particolare dal principio dell'autonomia di bilancio dei parlamenti nazionali. Il dibattito sul diritto costituzionale tedesco domina la scena (cfr. l'allegato 7) ma non è escluso che principi e vincoli simili non sussistano anche in altri Stati membri. Esempi degni di nota sono il principio costituzionale dell'autonomia di bilancio del parlamento nazionale estone, elaborato nel 2012 dalla sentenza della corte suprema estone sul trattato MES89, e il diritto costituzionale finlandese, sviluppato dalle dichiarazioni della commissione nazionale di diritto costituzionale90 91.

258. Non rientra nei compiti della presente relazione esaminare in dettaglio se e in quali circostanze l'emissione congiunta di debito e le relative garanzie nazionali

87 Sentenza Pringle, punti 108–114.

88 Sentenza Pringle, punto 110.

89 La traduzione inglese della sentenza del 7 luglio 2012 è consultabile al seguente indirizzo: http://www.riigikohus.ee/?id=1347. La sentenza è stata commentata da C. Ginter, 'Constitutionality of the European Stability Mechanism in Estonia: Applying Proportionality to Sovereignty', 9 European Constitutional Law Review (2013), pagg. 335–354.

90 Commentate da P. Leino & J. Salminen, 'The Euro Crisis and Its Constitutional Consequences for Finland: Is There Room for National Politics in EU Decision–Making?', 9 European Constitutional Law Review (2013), pagg. 451–479.

91 Cfr. anche la sentenza della corte costituzionale austriaca sul trattato MES del 16 marzo 2013 (che non riguarda però l'autonomia di bilancio del parlamento nazionale).

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soddisfino gli obblighi posti dagli ordinamenti costituzionali nazionali. Tuttavia, partendo dai principi di diritto costituzionale tedesco, è lecito sostenere, con i dovuti distinguo, che quanto più un regime di emissione congiunta di debito sia introdotto da un atto che garantisce, in termini giuridici inequivocabili, che l'obbligazione massima assunta da uno Stato membro (creditore), quand'anche significativa, è rigorosamente limitata in anticipo, che il parlamento nazionale adotta regolarmente decisioni di autorizzazione a fronte di obbligazione concretamente assunte (con annesso diritto di informazione e di influenzare la gestione del regime) e che sono previste condizioni e garanzie rigorose per assicurare la disciplina di bilancio in tutti i paesi partecipanti, tanto più il regime rispetterà i limiti costituzionali in questione. Per quanto questo argomento generale sia di non agevole applicazione a un eventuale regime DRF/P o di eurobills, esistono soluzioni possibili (cfr. l'allegato 7).

259. In termini generali i limiti posti degli ordinamenti costituzionali valgono anche se il regime DRF/P o di eurobills è introdotto tramite modifica dei trattati o con accordo intergovernativo.

260. Un ultimo punto da tener presente è l'ulteriore trasferimento al livello UE della sovranità di bilancio e di politica economica, ritenuto da alcuni un prerequisito politico per introdurre l'emissione congiunta di debito92. Un trasferimento che implichi per esempio il potere di veto o di approvazione dei bilanci nazionali può richiedere modifiche costituzionali in molti, se non in tutti gli Stati membri, modifiche che, a seconda di come verranno concepite, possono essere più o meno soggette a referendum. Questa evenienza è meno probabile se i nuovi poteri centralizzati si limitano a reagire alla violazione degli obblighi fiscali da parte degli Stati membri e non implicano una funzione di indirizzo con un ampio margine discrezionale.

VII.3. Concezione degli strumenti giuridici atti a introdurre un regime DRF/P o di eurobills

261. Nell'ipotesi in cui l'introduzione di un regime DRF/P o di eurobills richieda la modifica dei trattati UE, diventa rilevante la distinzione tra la procedura di revisione ordinaria o semplificata di cui all'articolo 48 del TUE.

262. Per una modifica dei trattati che si limiti a introdurre un'eccezione alla "clausola di non salvataggio" in modo da permettere la garanzia in solido, è sufficiente la procedura semplificata di cui all'articolo 48, paragrafo 6, del TUE (come per la decisione del Consiglio europeo del 2012 che modifica l'articolo 136 del TFUE).

263. Se lo scopo è invece introdurre una nuova competenza legislativa che permetta all'Unione europea di istituire un regime DRF/P o di eurobills, è d'obbligo la procedura di revisione ordinaria ai sensi dell'articolo 48, paragrafi da 2 a 5, del TUE, trattandosi di una revisione che estende le competenze dell'UE. Lo stesso vale

92 Si veda in particolare il “Piano per un'Unione economica e monetaria autentica e approfondita”, sezione 3.2.1.: “Tuttavia, per muoversi verso una maggiore mutualizzazione dei rischi finanziari sarebbe necessario fare un ulteriore passo avanti nel coordinamento della politica di bilancio, garantendo che in determinate situazioni la politica di bilancio nazionale sia soggetta ad un controllo collettivo.”

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se si tratta di conferire all'UE poteri di controllo sulle politiche di bilancio nazionali e/o di rafforzare il coordinamento delle politiche economiche in ambito UE.

264. Comunque sia, la distinzione tra le due procedure non va sopravvalutata. La procedura "semplificata" non è poi tanto più semplice di quella ordinaria: entrambe richiedono l'unanimità e la ratifica da parte di tutti gli Stati membri, e gli ordinamenti costituzionali nazionali di norma non fanno differenza tra la ratifica nell'uno o nell'altro caso. L'unica vera differenza sta nella convocazione di un "convenzione", non necessaria nel quadro della procedura semplificata e obbligatoria nel caso di quella ordinaria, a meno che il Consiglio europeo, previa approvazione del Parlamento europeo, non decida di fare altrimenti ove le modifiche proposte siano di entità limitata. Data la posta in gioco, convocare una convenzione per discutere l'emissione congiunta di debito sarebbe auspicabile sotto il profilo della legittimità democratica.

VIII. LEGITTIMITÀ E RESPONSABILITÀ DEMOCRATICHE IN CASO DI INTRODUZIONE DI UN REGIME DRF/P O DI EUROBILLS

VIII.1. Elementi fondamentali del dibattito

265. Poco dopo l'entrata in vigore del trattato di Lisbona, il cui tema centrale era il rafforzamento della legittimità democratica dell'Unione, la crisi della zona euro e le misure adottate in risposta hanno riacceso il dibattito su come garantire meglio la legittimità.

266. Non c'è da stupirsi. Lo scoppio della crisi ha evidenziato le carenze strutturali e di attuazione della sorveglianza di bilancio e del coordinamento della politica economica. Sono venute quindi a crearsi le condizioni per correggerle e rafforzare il quadro della governance economica dell'UE (cfr. il capitolo II).

267. In una seconda fase, l'esperienza maturata nell'attuare nuove norme e accordi e le proposte avanzate per un'UEM approfondita hanno posto la questione se il nuovo quadro garantisce sufficienti legittimità e responsabilità democratiche, o se a rafforzarsi non sia invece il ruolo degli attori esecutivi e "tecnocratici" (soprattutto nei confronti dei "paesi sottoposti a programma").

268. D'altro canto, alla luce dei programmi e dei meccanismi creati per assistere i paesi in gravi difficoltà, il problema della legittimità e della responsabilità si è posto sotto una nuova angolazione quando una parte dell'opinione pubblica in alcuni Stati membri si è sentita costretta dai propri governi e dagli attori dell'UE a assumere ingenti impegni finanziari.

269. L'emissione congiunta di debito sotto forma di DRF/P o eurobills potrebbe intensificare queste discussioni per due ordini di motivi: da un lato, potrebbe aumentare il rischio di vedere gravare sulle finanze di uno Stato membro oneri finanziari derivanti da decisioni politiche prese da altri Stati membri (la cui portata varierebbe in funzione di come sarà concepita l'emissione congiunta); d'altro, perché il DRF/P o gli eurobills siano fattibili e godano della fiducia dei mercati,

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occorrerebbe un quadro che assicuri che le decisioni siano adottate secondo un quadro in materia di governance efficiente e trasparente.

270. L'emissione congiunta implicherebbe necessariamente un approfondimento significativo dell'UEM tramite l'esercizio centralizzato e/o collettivo di un numero maggiore di poteri che incidono sulla vita quotidiana dei cittadini. La sfida è garantire un livello adeguato di legittimità democratica, anche dopo questo approfondimento.

VIII.2. I termini della discussione sulla legittimità

VIII.2.1. Osservazioni concettuali 271. I concetti di "legittimità" e "responsabilità" (democratiche) sono spesso utilizzati

come sinonimi. La legittimità però è un concetto più ampio, di cui la responsabilità è un sottoinsieme. La legittimità richiede istituzioni costituite democraticamente e aventi il mandato di adottare decisioni che incidono sul benessere dei cittadini. In genere si distingue tra una legittimità a monte (input legitimacy) e una legittimità a valle (output legitimacy). La prima mette l'accento sui fattori che moltiplicano i contributi al processo politico e si basa sulla rappresentanza e la partecipazione dei cittadini nell'arena politica, principalmente attraverso le elezioni ("governo del popolo e dal popolo"). La seconda mette l'accento sulla qualità dei risultati del processo politico, sull'abilità dei pubblici poteri di risolvere i problemi dei cittadini, favorendone in tal modo l'adesione alle decisioni prese e all'ordine civile ("governo per il popolo")93.

272. La responsabilità (accoutability) significa che il governo deve rendere conto del proprio operato ai cittadini, essenzialmente tramite il controllo esercitato dei rappresentanti del popolo, ovvero il controllo parlamentare. Per quanto fondamentale, questo fattore non è l'unico a creare legittimità democratica. Il parlamento non si limita a controllare l'esecutivo, ma esercita funzioni per lo meno altrettanto importanti, come le prerogative esclusive di cui gode nel processo legislativo, il voto sul bilancio, la ratifica dei trattati ecc.

273. La legittimità e il controllo parlamentari sono fondamentali per garantire la democrazia, ma vi sono anche altri fattori che contribuiscono ad accrescere la legittimità all'azione di governo: gli strumenti di democrazia diretta, la partecipazione della società civile e delle parti sociali, il controllo dei cittadini e dell'opinione pubblica sull'azione politica mediante mezzi di informazione trasparenti, liberi e pluralisti, un adeguato controllo giudiziario, l'indipendenza di una serie di organi e agenzie.

93 Per la differenza tra responsabilità e legittimità e tra input legitimacy e output legitimacy si veda tra gli

altri B. Laffan, The Fourth Pillar of a Genuine EMU — Democratic Legitimacy and Accountability, documento di riflessione per la riunione informale dei ministri degli affari europei (2013). http://www.eu2013.ie/media/eupresidency/content/meetingagendasanddocs/dt/The–Fourth–Pillar–of–a–Genuine–EMU.docx.

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VIII.2.2. Attuale legittimità democratica nell'UE, in particolare in materia di governance economica

274. In termini generali il modello istituzionale dell'Unione basato sul metodo comunitario assicura un grado elevato di legittimità, secondo un modello unico di democrazia sopranazionale perfezionato dal trattato di Lisbona. Il triangolo istituzionale formato dal Parlamento europeo, dal Consiglio (che vota a maggioranza qualificata) e dalla Commissione assicura, grazie a un sistema interno proprio di pesi e contrappesi, la legittimità tramite un delicato equilibrio tra gli interessi di diversi Stati membri, portatori di interessi e cittadini. La democrazia rappresentativa è garantita dal Parlamento europeo, nel quale seggono i rappresentanti direttamente eletti, e dal fatto che i governi rendono conto ai rispettivi parlamenti nazionali del proprio operato in sede di Consiglio. Oramai i parlamenti nazionali interagiscono direttamente con le istituzioni (tramite il controllo della sussidiarietà, quando la Commissione rende conto della propria posizione ecc.). Trasparenza e regolamentazione intelligente sono garantite da regole molto moderne (si pensi alla valutazione d'impatto). La Corte di giustizia europea, in tandem con i tribunali nazionali, assicura un'estesa tutela giurisdizionale.

275. L'intero modello si applica però entro i limiti dalle competenze dell'Unione, che fino ad ora riguardano essenzialmente le politiche di regolamentazione e non le politiche ridistributive, le quali (fatta eccezione per i fondi della politica regionale UE) rimangono sostanzialmente di competenza degli Stati membri e dei parlamenti nazionali94. Nello specifico il Parlamento europeo non ha alcun potere di imposizione fiscale. La "sovranità di bilancio", ovvero il potere di decidere il livello di tassazione dei cittadini e la spesa pubblica, risiede in ultima istanza nelle mani dei parlamenti nazionali (entro i limiti tuttavia del trattato UE, delle norme di diritto derivato e del TSCG)95.

276. Indipendentemente dai meriti di una visione a lungo termine che auspica un potere impositivo autonomo dell'UE, un consistente bilancio centrale e un'estesa condivisione della sovranità per condurre la politica economica a livello UE96, nel breve e medio termine la riflessione sulla legittimità democratica dell'ulteriore sviluppo dell'UEM non può prescindere dal modello istituzionale dell'Unione, che legittima le decisioni europee, e dal ruolo fondamentale dei parlamenti nazionali, detentori della sovranità di bilancio.

277. La nuova architettura della governance economica dell'UE, come sviluppatasi dal 2010, è già oggetto di discussione, soprattutto per il maggior peso del "livello europeo" sulle politiche ridistributive rispetto al passato (semestre europeo, six–pack, two–pack, condizionalità nei confronti dei paesi sottoposti a programma). Alcuni trovano criticabile la preponderanza degli attori esecutivi e "tecnocratici" di

94 M. Dawson & F. de Witte, Constitutional Balance in the EU after the Euro–Crisis, 76 Modern Law

Review 5 (2013), pag. 824.

95 M. Ruffert, The European Debt Crisis and European Union Law, 48 Common Market Law Review (2011), pagg. 1789–1790.

96 Comunicazione della Commissione “Piano per un'Unione economica e monetaria autentica e approfondita”.

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questa configurazione, giudicata insoddisfacente sotto il profilo della legittimità e della responsabilità democratiche97. D'altro canto l'adozione di decisioni fondamentali tramite accordi intergovernativi (in particolare il MES e il TSCG) e non con il metodo comunitario suscita critiche sotto il profilo della legittimità e della responsabilità98.

278. La presente relazione, più che entrare nel merito del dibattito in corso, si focalizza sulla legittimità e sulla responsabilità di un regime di emissione congiunta di debito tramite DRF/P o eurobills, quale possibile mossa verso l'approfondimento dell'UEM. Lo scopo, in questa sede, è individuare quali aspetti specifici di siffatti regimi renderebbero difficile garantire un livello adeguato di legittimità democratica (sezione VIII. 3) e esaminare possibili soluzioni (sezioni VIII. 4 e 5).

VIII.2.3. Principi generali della riflessione 279. Le istituzioni dell'Unione condividono una serie di principi guida:

• il processo d'integrazione europea presuppone sempre la necessità di garantire un livello di legittimità e di responsabilità commisurato al grado di sovranità trasferita: garantire la legittimità è tanto più necessario quanto più importanti sono le competenze trasferite a livello centrale99;

• nel processo di approfondimento dell'UEM, garantire la legittimità democratica non è un aspetto secondario ma un presupposto di base. Senza l'accettazione dei cittadini non può esistere un'UEM duratura100;

• la legittimità e la responsabilità democratiche vanno esercitate "al livello in cui sono prese le decisioni"101. Il Parlamento europeo e la Commissione insistono che la legittimità delle decisioni di governance economica adottate a livello europeo può essere assicurata solo da un'assemblea parlamentare europea, incarnata dal

97 B. Crum, Saving the Euro at the Cost of Democracy?, 51 Journal of Common Market Studies 4,

pagg. 621–622; P. Leino & J. Salminen, The Euro Crisis and Its Constitutional Consequences for Finland: Is There Room for National Politics in EU Decision–Making?, 9 European Constitutional Law Review (2013), pag. 463.

98 K. Tuori, The European Financial Crisis — Constitutional Aspects and Implication, EUI Working Paper LAW No 2012/28, http://papers.ssrn.com/sol3/papers.cfm?abstract_id=2171824, pagg. 43–47; M. Dawson & F. de Witte, Constitutional Balance in the EU after the Euro–Crisis, 76 Modern Law Review 5 (2013), pag. 829. Per una panoramica generale cfr. anche J.–P. Keppenne, 'The Economic and Monetary Union: Constitutional and Institutional Aspects of the Economic Governance within the EU – Institutional Report' per FIDE 2014, di prossima pubblicazione.

99 “Piano per un'Unione economica e monetaria autentica e approfondita”, punto 4.1, pag. 35.

100 Ibidem.

101 Cfr., tra i documenti più recenti, le conclusioni del Consiglio europeo del 24–25 ottobre 2013, documento del Consiglio europeo EUCO 169/13, punto 35 (stessa formulazione delle precedenti conclusioni di dicembre 2012 e giugno 2013, documenti del Consiglio europeo EUCO 104/2/13 e EUCO 205/12); la relazione del presidente H. Van Rompuy in stretta collaborazione con il Presidente della Commissione, il Presidente dell'Eurogruppo e il Presidente della BCE, 5 dicembre 2012, sezione V, p. 16 http://www.consilium.europa.eu/uedocs/cms_data/docs/pressdata/it/ec/134190.pdf; il “Piano per un'Unione economica e monetaria autentica e approfondita”, punto 4.1, pag. 35; la risoluzione del Parlamento europeo sulla governance multilivello, punto 27.

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Parlamento europeo (sarebbe impensabile creare nuove istituzioni concorrenti). Tuttavia, finché la sovranità di bilancio rimarrà sostanzialmente nella sfera nazionale, i parlamenti nazionali rivestono un ruolo chiave nel garantire la legittimità delle decisioni di bilancio. I parlamenti nazionali hanno inoltre un ruolo essenziale nel dare corso, attraverso politiche economiche e di bilancio nazionali concrete, a quanto concordato nel quadro della governance economica dell'UE;

• qualsiasi iniziativa volta a approfondire l'UEM dovrà basarsi sul quadro istituzionale dell'UE e preservare l'integrità dell'Unione nel suo insieme102, senza divisioni tra l'UEM e l'Unione europea nel complesso e senza creare un nuovo apparato istituzionale concorrente.

VIII.3. Analisi del problema: aspetti dell'introduzione di un DRF/P o eurobills che presentano nuovi problemi per la legittimità e la responsabilità democratiche

280. Sotto il profilo della responsabilità, l'emissione congiunta di debito presenta in generale un principale problema: se gli obiettivi non sono raggiunti, l'emissione può tradursi in un onere finanziario considerevole per le finanze di un dato Stato membro, il cui parlamento è responsabile nei confronti dei cittadini, sebbene l'onere consegua da decisioni politiche adottate nel tempo da altri Stati membri sotto la responsabilità di altri parlamenti103. Per evitare questo scenario, i regimi di emissione congiunta di debito richiedono l'esercizio di nuovi poteri a livello centrale, che devono essere soggetti a un meccanismo di responsabilità a livello centrale. Se nei regimi di emissione congiunta di debito la responsabilità per i nuovi poteri di controllo fosse unicamente decentrata, i parlamenti dei potenziali paesi "creditori" verrebbero ritenuti codecisori per le questioni di bilancio di altri paesi, il che presenterebbe un problema.

281. A un esame più attento sono individuabili tre elementi dell'introduzione di un regime di emissione congiunta di debito tramite DRF/P o eurobills che presenterebbero nuovi problemi sotto il profilo della legittimità e della responsabilità.

VIII.3.1. Decisioni riguardanti l'introduzione di un DRF/P o eurobills e aspetti connessi alla loro concezione e al loro funzionamento

282. L'introduzione di un regime di DRF/P o di eurobills richiede decisioni che, in forza del loro profondo impatto, necessitano un livello elevato di legittimità democratica. Alla decisione di principio vera e propria con cui gli Stati membri della zona euro

102 “Piano per un'Unione economica e monetaria autentica e approfondita”, riquadro 1, pag. 13;

conclusioni del Consiglio europeo del 27 e 28 giugno 2013; documento del Consiglio europeo EUCO 104/2/13; relazione Van Rompuy, punto V, pag. 17; risoluzione del Parlamento europeo sulla governance multilivello, punto 6; risoluzione del Parlamento europeo del 12 giugno 2013 sul rafforzamento della democrazia europea nell'ambito dell'Unione economica e monetaria (UEM) del futuro (2013/2672 (RSP)), punto 3 [in appresso “risoluzione del Parlamento sul rafforzamento della democrazia europea per l'UEM del futuro”].

103 “Piano per un'Unione economica e monetaria autentica e approfondita”, punto 4.3, pag. 40. Il problema ovviamente non è del tutto nuovo e si pone attualmente in una certa misura già nel contesto dell'attuale MES.

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stabiliscono di introdurre un regime di emissione congiunta di debito, e al suo contraltare, ovvero il divieto di emettere titoli nazionali con la stessa scadenza, si aggiunge tutta la normativa di base che disciplina un regime di DRF/P o di eurobills.

283. Occorre considerare una serie di fattori:

• la durata: la legittimità di un regime DRF/P che preveda un impegno degli Stati membri per un lungo periodo, ovvero fino a 25 anni, deve poggiare su una base particolarmente solida. Per gli eurobills il problema potrebbe essere minimo se il regime prevedesse un impegno a breve termine e fosse limitato nel tempo, ma non lo sarebbe se il regime fosse permanente o potrebbe diventarlo in risposta alle aspettative del mercato;

• l'entità degli impegni finanziari e la struttura della garanzia: un'obbligazione in solido porrebbe problemi di legittimità maggiori agli Stati membri creditori, la cui esposizione finanziaria dipenderebbe in larga misura da decisioni assunte da altri governi. Ma anche un'obbligazione pro rata potrebbe implicare impegni potenzialmente cospicui (nel caso in cui venga richiamato il capitale previsto);

• la condizione consistente nel destinare al servizio del debito europeo parte del gettito fiscale per un lasso di tempo considerevole richiederebbe una normativa che solo i parlamenti nazionali possono adottare;

• anche le precondizioni, i vincoli e le garanzie insiti nell'elemento di "patto" contenuto nell'idea di DRF/P pongono problemi di legittimità democratica, nello specifico l'obbligo a carico di ciascuno Stato membro partecipante di sottoscrivere un "accordo di risanamento" che impone condizionalità di bilancio e riforme strutturali sulla lunga durata.

VIII.3.2. La gestione corrente di un DRF/P o di eurobills 284. Una volta istituito, un regime DRF/P o di eurobills va gestito per tutta la sua durata.

La gestione implica una serie di poteri decisionali a livello centrale, la cui importanza e intensità variano a seconda di come è concretamente concepito il regime. Comunque sia, sotto il profilo della responsabilità vanno distinti due tipi di processi decisionali molto diversi: da un lato, la gestione quotidiana del debito sovrano, che potrebbe essere affidata ad un DMO europeo, possibilmente quale organismo indipendente, senza sollevare problemi di responsabilità; dall'altro il potere di adottare decisioni politiche a livello centrale, con conseguenze molto profonde per gli Stati membri interessati. Tra le decisioni potrebbero rientrare:

• le decisioni relative all'allocazione periodica dei proventi del regime, ossia relative alla fissazione dei massimali annui di finanziamento tramite emissione congiunta;

• le decisioni sulle sanzioni a carico degli Stati membri che non rispettano le regole di bilancio, o sugli incentivi per premiare gli Stati membri adempienti;

• le decisioni sulla sanzione ultima della sospensione o dell'esclusione di uno Stato membro dall'emissione congiunta.

285. È evidente che queste decisioni adottate a livello UE devono avere una forte legittimità democratica.

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VIII.3.3. Questioni di responsabilità connesse all'ulteriore trasferimento di poteri complementari nel settore delle politiche economiche e di bilancio per evitare l'azzardo morale

286. Molti dei metodi descritti per evitare l'azzardo morale (moral hazard) potrebbero implicare un'ulteriore rafforzamento sostanziale della governance economica dell'UE. Si pensi nello specifico al rafforzamento del controllo sulle politiche di bilancio nazionali (in particolare riconoscendo all'UE il diritto di chiedere che i bilanci nazionali siano rivisti in linea con gli impegni europei, ossia un "diritto di veto") o ai maggiori poteri di ingerenza nei confronti di uno Stato membro che ripetutamente non segue le raccomandazioni dell'UE nel quadro di una procedura per i disavanzi eccessivi o di una procedura per gli squilibri macroeconomici.

287. Tappe importanti verso una maggiore integrazione europea, questi sviluppi richiederebbero una solida legittimità democratica per l'esercizio dei poteri trasferiti.

VIII.4. Problemi di efficienza e di responsabilità dei modelli basati su una costruzione puramente intergovernativa

288. Nell'introdurre un regime DRF/P o di eurobills, i decisori europei sarebbero posti davanti a una scelta fondamentale: metodo comunitario o strada intergovernativa. Oltre ad avere implicazioni giuridiche, questa scelta ha un profondo impatto in termini di efficienza, legittimità e responsabilità.

289. In linea di principio, il metodo comunitario, come già indicato, assicurerebbe la legittimità democratica delle decisioni sovranazionali e l'efficienza del processo decisionale, grazie al voto a maggioranza qualificata (o a maggioranza qualificata inversa), garantendo al tempo stesso equità tra tutti gli Stati membri. L'analisi giuridica mostra però che, in assenza di una modifica dei trattati, il metodo comunitario da solo non basta a introdurre un regime DRF/P o di eurobills (cfr. il capitolo VII). Nell'ipotesi in cui si applichi il metodo comunitario, andrebbe tenuto presente, sotto il profilo costituzionale e della responsabilità, che i parlamenti nazionali continuerebbero ad esercitare la funzione di controllo in quanto detentori della sovranità di bilancio.

290. Detto ciò, un approccio meramente intergovernativo, secondo il quale le decisioni verrebbero prese al di fuori dei trattati UE, creerebbe ulteriori problemi gravi rispetto al metodo comunitario. In particolare, un regime DRF/P o di eurobills in una configurazione puramente intergovernativa implicherebbe importanti poteri decisionali a livello europeo e presenterebbe gravi carenze sia in termini di efficienza che di responsabilità e legittimità democratiche.

291. In una tale ipotesi, i poteri decisionali potrebbero essere conferiti esclusivamente a un organismo intergovernativo composto da rappresentanti dei ministeri nazionali (sul modello del consiglio dei governatori del MES). Il Parlamento europeo rimarrebbe praticamente del tutto escluso e la Commissione non avrebbe nessun ruolo decisionale (limitandosi a svolgere alcune funzioni per conto degli Stati membri). Questo implicherebbe l'esistenza di due modelli istituzionali e decisionali paralleli e concorrenziali in grado di ingenerare confusione e perdite di efficienza rispetto a un modello in cui tutte le decisioni di governance economica vengono

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prese dalle istituzioni dell'UE (per non parlare dei problemi giuridici che sorgerebbero se il modello intergovernativo prevalesse su quello UE104).

292. Il modello puramente intergovernativo presuppone inoltre una responsabilità per le decisioni centrali nei confronti unicamente dei singoli parlamenti nazionali, che controllerebbero l'operato dei governi in seno all'organo intergovernativo.

293. Una siffatta configurazione sarebbe senza dubbio insoddisfacente sotto il profilo della responsabilità: in linea di principio i parlamenti nazionali agiscono, come è ovvio, in base a interessi nazionali e non dei cittadini ai quattro angoli d'Europa, anch'essi soggetti alla decisione interessata. Per non parlare dell'onere, per i parlamenti nazionali, di seguire e controllare efficacemente negoziati finanziari europei altamente complessi e in rapida evoluzione, che verrebbe ad aggiungersi alle funzioni prettamente nazionali. Peraltro, sotto il profilo della teoria democratica, potrebbe risultare perfino problematico se, per effetto dell'emissione congiunta, il parlamento di un paese venga visto come codecisore regolare per le questioni di bilancio di un altro paese105.

294. Il modello puramente intergovernativo pone inoltre un dilemma tra legittimità/responsabilità e efficienza: perché i parlamenti nazionali di tutti gli Stati possano assumersi la responsabilità di decisioni prese a livello centrale nei confronti dei propri cittadini è indispensabile si applichi la regola dell'unanimità. L'unanimità rischia però di creare situazioni di stallo che possono risultare problematiche, soprattutto per i regimi di emissione congiunta, che richiedono un processo decisionale continuo e scorrevole. D'altro canto, in una configurazione intergovernativa, il voto a maggioranza qualificata comporta il rischio che i singoli Stati membri siano messi in minoranza senza che il parlamento sovranazionale possa intervenire e senza i pesi e contrappesi del metodo comunitario. Questo problema è aggravato in caso di una maggioranza qualificata asimmetrica, come quella prevista dal MES, ossia l'85% dei voti, una regola che riconosce di fatto un diritto di veto solo a alcuni Stati membri più grandi106. Per il MES questa regola vale solo in circostanze eccezionali, nei casi di emergenza107, ed è improbabile che gli Stati membri più piccoli accettino facilmente di estenderla al regolare processo decisionale di un regime di emissione congiunta. Il classico voto a maggioranza qualificata proprio del metodo comunitario, che si inscrive in un più ampio sistema

104 Cfr. il capitolo VII.1.3.5.

105 Situazione diversa da quella dei programmi MES, dove un paese in difficoltà finanziarie eccezionali chiede assistenza finanziaria per riappropriarsi della propria sovranità di bilancio e in cambio sottoscrive le condizioni con i prestatori, attraverso misure decise e legittimate unicamente dal proprio parlamento.

106 C. Ginter & R. Narits, The Perspective of a Small Member State to the Democratic Deficiency of the ESM, 38 Review of Central and East European Law (2013), pag. 65; M. Dawson & F. de Witte, Constitutional Balance in the EU after the Euro–Crisis, 76 5 (2013), pag. 838.

107 Il ricorso alla procedura di votazione d'urgenza di cui all'articolo 4, paragrafo 4, del trattato MES, che prevede un maggioranza qualificata dell'85% dei voti espressi, è previsto nei casi in cui la Commissione e la BCE concludono che la mancata adozione di una decisione urgente circa la concessione o l'attuazione di un'assistenza finanziaria minaccerebbe la sostenibilità economica e finanziaria della zona euro.

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di pesi e contrappesi, permetterebbe di affrontare il problema in modo più soddisfacente, garantendo l'equilibrio tra efficacia e legittimità.

295. Infine, rispetto al sistema istituzionale dell'UE, una configurazione puramente intergovernativa limiterebbe notevolmente la tutela giurisdizionale e i poteri di controllo del rispetto delle norme della Corte di giustizia europea e offrirebbe minore trasparenza.

296. In sintesi, una serie di fattori depongono decisamente a sfavore di una configurazione puramente intergovernativa e a favore di soluzioni basate sul metodo comunitario e sull'assetto istituzionale dell'Unione, o tramite una modifica dei trattati o nel quadro dei trattati vigenti (combinando cioè una decisione basata sull'articolo 352 del TFUE con un accordo intergovernativo). Un siffatto approccio risponderebbe meglio ai problemi di responsabilità posti dall'emissione congiunta o per lo meno eviterebbe l'insorgere di nuovi problemi.

VIII.5. Possibili modelli per garantire la responsabilità democratica in caso di introduzione di un regime DRF/P o di eurobills

VIII.5.1. Problema: garantire la legittimità parlamentare a livello europeo e nazionale tenendo distinti i due livelli

297. È evidente da quanto procede che un sistema di emissione congiunta di debito non potrà raggiungere un livello adeguato di legittimità in assenza di un solido sistema di legittimità e di controllo parlamentari, che non possono essere garantiti adeguatamente singolarmente dal Parlamento europeo o dai parlamenti nazionali.

298. Occorrono modelli in grado di assicurare la responsabilità a entrambi i livelli, tramite il controllo del Parlamento europeo sulle decisioni adottate a livello europeo nel quadro del metodo comunitario (possibilmente riformato) e il ruolo chiave dei parlamenti nazionali, che continuano a essere titolari della sovranità di bilancio108.

299. La cooperazione interparlamentare109, nel quadro di incontri regolari tra parlamentari europei e nazionali, è un prezioso strumento in grado di favorire la comprensione reciproca e la titolarità comune dell'UEM, ma non risolve di per sé il problema di legittimità posto. Le riunioni interparlamentari non sono luoghi di esercizio del voto e il controllo democratico su decisioni politiche aventi un profondo impatto richiede un'assemblea parlamentare che eserciti il diritto di voto: in altri termini, il Parlamento europeo per le decisioni di livello europeo e i parlamenti nazionali per le decisioni e le questioni che chiamano in causa la sovranità di bilancio nazionale.

300. La sfida quindi sta nell'elaborare modelli che assicurino legittimità tramite il controllo parlamentare a entrambi i livelli, mantenendoli distinti.

108 “Piano per un'Unione economica e monetaria autentica e approfondita”, sezione 4.

109 Prevista dal protocollo n. 1 dei trattati dell'Unione, si concretizza attualmente una volta l'anno nel quadro del semestre europeo con la “settimana parlamentare”.

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VIII.5.2. Legittimità tramite una procedura di modifica del trattato UE 301. Le modifiche dei trattati UE vanno ratificate conformemente alle norme

costituzionali degli Stati membri, ovvero con procedure di approvazione parlamentare e, in alcuni casi, referendum. Questa pratica è in grado di suscitare accesi dibattiti pubblici negli Stati membri e in tutta Europa, garantendo così un elevato livello di legittimità all'introduzione di un regime DRF/P o di eurobills tramite modifica dei trattati UE, come ipotizzato in questa sede.

VIII.5.3. Un possibile modello di legittimità per il DRF/P 302. Un regime DRF/P si fonderebbe su un "patto solenne" caratterizzato da notevoli

impegni finanziari per gli Stati membri partecipanti, predefiniti per un lungo lasso di tempo e applicabili quasi automaticamente, e da importanti obblighi per le politiche economiche e di bilancio nazionali e forti poteri di controllo e di attuazione a livello centrale.

303. Una tale configurazione richiederebbe verosimilmente – come primo ingrediente della legittimità – uno strumento giuridico globale, che descriva con sufficiente precisione tutti gli obblighi e venga ratificato dai parlamenti nazionali, conformemente alle rispettive norme costituzionali. Questo obiettivo potrebbe essere realizzato tramite un trattato internazionale distinto, oppure, se il regime DRF/P è istituito in base al diritto dell'Unione, tramite un atto del Consiglio, da includere nei trattati dell'UE, adottato all'unanimità degli Stati membri della zona euro, con il consenso del Parlamento europeo, e che entri in vigore solo una volta ratificato dai singoli parlamenti degli Stati membri interessati.

304. Un secondo ingrediente della legittimità riguarda l'attuazione e la gestione a livello europeo del DRF/P per tutta la sua durata. Le funzioni di attuazione andrebbero affidate alla Commissione europea, sotto il controllo del Parlamento europeo, riservando eventualmente le decisioni di più ampio impatto al Consiglio, che delibererebbe a maggioranza qualificata o a maggioranza qualificata inversa (ristretta agli Stati membri partecipanti al DRF/P), su proposta della Commissione. Questo implica naturalmente che la creazione del DRF/P tragga fondamento giuridico dal diritto dell'UE e richiede quindi la modifica dei trattati. Ove si optasse per un approccio puramente intergovernativo, mediante un trattato distinto, non sarebbe facile garantire la legittimità di decisioni di esecuzione di ampio impatto a livello europeo e ovviare ai problemi di efficienza occasionati dall'esistenza di due processi decisionali paralleli.

305. Il terzo ingrediente riguarda gli "accordi di risanamento", che impongono condizionalità di bilancio e riforme strutturali predeterminate sulla lunga durata. Questi accordi andrebbero negoziati tra ciascun governo nazionale interessato (previo mandato del parlamento) e la Commissione (che risponde al Parlamento europeo) e essere approvati, prima della conclusione, dai rispettivi parlamenti nazionali e dal Consiglio.

VIII.5.4. Un possibile modello di legittimità per gli eurobills 306. Il problema della legittimità si pone in termini in qualche modo diversi per gli

eurobills. Se è vero che un regime di eurobills comporterebbe, per gli Stati membri partecipanti all'emissione congiunta, obbligazioni finanziarie a breve termine

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(e probabilmente più modeste nell'insieme), un tale regime, anche se temporaneo in un primo momento, potrebbe aprire la strada a una mutualizzazione stabile, seppur parziale, del debito (il DRF/P di contro è esplicitamente temporaneo ma su un periodo di tempo molto lungo).

307. Un primo ingrediente della legittimità potrebbe avere quindi a che vedere con la natura temporanea o reversibile del regime: potrebbe essere inizialmente introdotto da un atto giuridico valido per un periodo di tempo limitato (per es. cinque anni), trascorso il quale scadrebbe automaticamente o verrebbe rinnovato nel quadro di adeguate procedure democratiche. Ove una modifica dei trattati non fosse realizzabile nel breve termine, il regime potrebbe essere istituito combinando un atto giuridico sulla base all'articolo 352 del TFUE e un accordo intergovernativo, entrambi limitati nel tempo, predisponendone il rinnovo previa modifica dei trattati. Ciò premesso, non bisogna dimenticare che, nel lungo periodo, solo un regime permanente permetterebbe di sfruttare buona parte dei vantaggi per cui gli eurobills sono stati concepiti (cfr. il capitolo V).

308. Un secondo ingrediente potrebbe consistere in un regime permanente che preveda un consenso periodico votato dai parlamenti nazionali in tutti gli Stati membri o solo quando lo richiede l'ordinamento costituzionale. Un regime di eurobills permanente potrebbe per esempio prevedere una decisione periodica (ad es. ogni 5 anni) che istituirebbe il quadro finanziario dell'emissione congiunta tramite un atto del Consiglio votato all'unanimità (degli Stati membri della zona euro) per il quale sarebbe richiesta la ratifica nazionale, sul modello della decisione sulle risorse proprie. In questo caso occorrerebbe esaminare ulteriormente se alcuni ordinamenti costituzionali richiederebbero, in aggiunta, una decisione annua con la quale il parlamento autorizza le obbligazioni assunte dallo Stato membro nell'ambito di un fondo di eurobills. Si consideri però che un sistema di decisioni annue, in grado senz'altro di potenziare la responsabilità, rischierebbe di compromettere l'efficienza del processo decisionale del regime e dovrebbe quindi prevedere un quadro finanziario pluriennale giuridicamente prestabilito (ad es. 5 anni) che garantisca stabilità e prevedibilità.

309. Le funzioni di attuazione e gestione andrebbero conferite alla Commissione, responsabile nei confronti del Parlamento europeo. Le decisioni di maggiore impatto potrebbero essere inoltre confidate al Consiglio, che voterebbe la proposta della Commissione a maggioranza qualificata o a maggioranza qualificata inversa, o addirittura riservando al legislatore (Parlamento europeo e Consiglio dell'Unione europea) il diritto di veto sul bilancio110.

310. Infine, ove il regime di eurobills preveda accordi vincolanti intesi a contenere l'azzardo morale, questi andrebbero negoziati tra il governo nazionale interessato (previo mandato del proprio parlamento) e la Commissione (responsabile davanti al Parlamento europeo) e dovrebbero essere approvati, prima della conclusione, dai rispettivi parlamenti nazionali e dal Consiglio.

110 “Piano per un'Unione economica e monetaria autentica e approfondita”, punto 4.3, pag. 38.

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VIII.5.5. Adeguamenti istituzionali per ottimizzare la legittimità democratica in ambito europeo

311. Vanno infine ricordate, senza entrare nei dettagli, le misure auspicate dal "Piano per un'Unione economica e monetaria autentica e approfondita" e dalla risoluzione del Parlamento europeo del 20 novembre 2012111 per ottimizzare la legittimità e la responsabilità democratiche a livello europeo per le questioni riguardanti l'UEM. Si tratta in alcuni casi di misure pragmatiche di agevole attuazione e in altri di misure che possono richiedere una modifica dei trattati. Nella prima categoria rientrano:

• il coinvolgimento del Parlamento europeo nel semestre europeo e il rafforzamento della cooperazione interparlamentare;

• un'applicazione più estesa del principio "rispetto o spiegazione" (pubblica) per qualsiasi modifica che il Consiglio introduce alle proposte di sorveglianza economica della Commissione;

• l'istituzione di una (sotto)commissione speciale del Parlamento europeo per le questioni riguardanti l'euro, preposta al controllo e all'iter decisionale della zona euro.

312. Sebbene rientrino in larga misura nel più ampio dibattito sul futuro istituzionale dell'Unione, queste proposte presentano un nesso con la presente relazione. L'istituzione, nel Parlamento europeo, di una commissione o di una sottocommissione speciale per l'euro potrebbe essere una risposta a quanti ritengono che, data la sua composizione, il Parlamento non può realmente legittimare decisioni di ampio impatto riguardanti unicamente la zona euro112. Una siffatta (sotto)commissione potrebbe essere istituita senza modificare l'attuale quadro giuridico; i trattati andrebbero modificati solo nell'ipotesi in cui la sua composizione fosse limitata agli europarlamentari eletti nei paesi della zona euro o se le venissero attribuiti speciali poteri decisionali, andando oltre a quelli di altre commissioni del Parlamento europeo, ossia conferendole un peso maggiore nella preparazione degli atti del Parlamento europeo, o addirittura la possibilità di adottare determinati atti al di fuori della sessione plenaria. La modifica dei trattati potrebbe essere necessaria anche per rafforzare la posizione del Vicepresidente della Commissione responsabile per l'euro e per creare un "rapporto speciale di fiducia e di controllo" tra questi e la "commissione dell'euro" del Parlamento europeo.

111 Risoluzione del Parlamento europeo del 20 novembre 2012 “Verso un'autentica Unione economica e

monetaria” (2012/2151(INI)).

112 Cfr. per es. K. Tuori, loc. Cit., pag. 46 (che parla di “democratic asymmetric”); cfr. inoltre Compléter l'euro, nota del Conseil d'analyse économique, aprile 2013, pag. 7.

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IX. CONCLUSIONI

Il contesto generale delle discussioni sull'emissione congiunta di debito

1. Regimi di emissione congiunta di debito, quali il fondo per il rimborso del debito e il relativo patto (di seguito "DRF/P") e gli eurobills, sono stati proposti nel 2011 e nel 2012, principalmente come strumenti per ridare stabilità alla zona euro, ridurre l'eccesso di debito (debt overhang) e stabilizzare i mercati del debito pubblico. I regimi prevedono componenti e tempi diversi, dal breve al medio e al lungo termine. Sebbene possano essere concepiti in vari modi che di per sé non predeterminano le decisioni sul grado di integrazione politica dell'UEM a lungo termine, la loro introduzione avrebbe comunque implicazioni a lungo termine: nell'idea iniziale il DRF/P è stato concepito come meccanismo temporaneo per affrontare l'eccesso di debito pubblico e pertanto come un ponte fiscale che porti ad un regime credibile di "no-bail out" e ad una convergenza duratura. Gli eurobills sono stati concepiti come mezzo per contribuire a stabilizzare i mercati del debito pubblico nei periodi di stress e per fornire attività sicure e liquide, che potrebbero contribuire a promuovere l'ulteriore integrazione finanziaria e da cui pertanto potrebbe derivare con maggiore probabilità un meccanismo permanente di emissione congiunta.

2. Sulla base della valutazione del DRF/P e degli eurobills effettuata nella presente relazione, separatamente per ciascuno strumento, spetta ai decisori politici considerare l'influenza potenziale di tali regimi sulla direzione generale a lungo termine dell'UEM. Inoltre, in un più ampio dibattito politico è necessario tenere debitamente conto di altre decisioni e idee che verranno adottate e formulate in futuro per conseguire obiettivi analoghi a quelli perseguiti con i due regimi di emissione congiunta esaminati nella presente relazione. Non rientra tra i compiti di questo gruppo di esperti esaminare queste altre linee di intervento. Spetterà ai decisori politici effettuare una valutazione complessiva di tutte le politiche, soppesare i relativi meriti e rischi comparativi e decidere sulle priorità e sui tempi.

3. L'attuale eccesso di debito costituisce un grave problema ereditato dal passato. Sebbene in parte accumulatosi in precedenza a causa di politiche fiscali ed economiche avventate, si è amplificato a seguito della crisi finanziaria del 2008. Per quanto possa dare un importante contributo alla riduzione dell'eccesso di debito, in particolare per i paesi altamente indebitati, l'emissione congiunta non può sostituire lo sforzo irrinunciabile che essi sono chiamati a compiere per ridurre il debito. Tale sforzo deve tradursi in una severa disciplina di bilancio (che generi in particolare gli avanzi primari necessari per ridurre il debito) e nella promozione della crescita potenziale delle loro economie al fine di alleggerire il peso dell'aggiustamento di bilancio.

4. L'eliminazione o la riduzione sostanziale dell'eccesso di debito è importante per creare le condizioni di un regime credibile di "no-bail out", per ripristinare la convergenza nominale necessaria per il corretto funzionamento della politica monetaria, per ridurre la necessità di assistenza finanziaria tramite il MES e, in

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ultima analisi, per assicurare il regolare funzionamento dell'unione monetaria conformemente all'idea originaria; esse sono pertanto nell'interesse generale di tutti i partecipanti all'UEM.

Possibili obiettivi dei regimi di emissione congiunta di debito

5. I due regimi esaminati nella presente relazione sono stati concepiti con obiettivi primari molto diversi, e ciascuno di essi può anche servire a conseguire alcuni obiettivi secondari.

6. Il DRF/P è stato pensato con l'obiettivo primario di ripristinare la sostenibilità delle finanze pubbliche, riducendo il debito pubblico eccedente la soglia del 60% del PIL prevista dal patto di stabilità e crescita, ossia con l'obiettivo di ridurre l'eccesso di debito pubblico nella zona euro. Pertanto esso mira a costruire, nel corso della sua durata, un ponte fiscale verso una convergenza duratura e un regime di "no bail-out" credibile nella zona euro. In base alla proposta originaria sono anche previste regole di ristrutturazione del debito, una volta che l'eccesso di debito sarà stato eliminato. Il DRF/P mirerebbe anche, contemporaneamente, a stabilizzare i mercati del debito pubblico, eliminando il rischio di rifinanziamento durante la fase di introduzione, e a creare attività sicure e liquide. Nel corso della sua durata consentirebbe di sostenere la trasmissione della politica monetaria. Inoltre, in quanto permetterebbe di affrontare i problemi del debito ereditato dal passato, contribuirebbe all'ulteriore integrazione del mercato a lungo termine.

7. L'idea degli eurobills è stata avanzata con l'obiettivo primario di stabilizzare i mercati del debito pubblico, riducendo il rischio di rifinanziamento degli Stati membri, e di promuovere l'integrazione dei mercati finanziari attraverso la creazione di attività sicure e liquide. Tali attività contribuirebbero a loro volta a invertire la tendenza alla frammentazione del mercato e sosterrebbero la trasmissione della politica monetaria.

8. L'introduzione di regimi di emissione congiunta non potrebbe costituire che una delle possibili misure necessarie per favorire l'integrazione dei mercati finanziari, comprese misure miranti a rafforzare strutturalmente il settore bancario europeo. Va inoltre osservato che nessuna attività è completamente priva di rischio, per cui la creazione di un titolo di debito pubblico emesso congiuntamente, considerato sicuro dagli investitori, comporterà un qualche rischio residuo per i governi partecipanti all'emissione congiunta.

Valutazione del DRF/P: struttura, meriti, rischi

9. L'idea del DRF/P, sviluppata dal consiglio tedesco degli esperti economici, prevede un fondo di mutualizzazione del debito (con un debito in essere nei momenti di picco compreso tra 1700 e 2850 miliardi di euro) e un "grande patto", nonché un insieme di precondizioni e obblighi a carico degli Stati membri partecipanti per rendere possibile l'obbligazione in solido (joint and several).

10. Il DRF/P comporta un significativo trasferimento della sovranità nel corso della sua durata (ossia, a seconda del regime, per 10-25 anni), principalmente mediante accordi di risanamento vincolanti e i connessi poteri di controllo. Presuppone e promuove un forte impegno reciproco degli Stati membri partecipanti per un

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lungo periodo di tempo. Tale forte impegno consentirebbe, nell'interesse di tutti gli Stati membri, una riduzione della necessità di assistenza finanziaria mediante il MES e di misure di politica monetaria non convenzionali; spianerebbe la strada ad un regime credibile di "no bail-out", assicurerebbe una politica monetaria efficace e sosterrebbe il funzionamento regolare e corretto dell'UEM.

11. Se basato sull'obbligazione in solido (che richiede una modifica dei trattati, cfr. infra) e nell'ipotesi che funzioni secondo i piani, il DRF/P potrebbe contribuire in misura significativa a risolvere nella zona euro il problema del debito ereditato dal passato, riducendo l'eccesso di debito. La spesa complessiva per il servizio del debito dei paesi ad alto debito verrebbe ridotta mediante la combinazione della componente di assicurazione fornita dalla mutualizzazione del debito e della maggiore credibilità del risanamento di bilancio consentita dal "patto". Inoltre, il DRF/P migliorerebbe le condizioni di accesso di tali paesi ai mercati.

12. Un DRF/P basato su una struttura di garanzia pro rata consentirebbe minori risparmi sulla spesa per interessi ai paesi con un livello più elevato di debito rispetto ad un fondo sostenuto da un'obbligazione in solido, perché la qualità creditizia del fondo sarebbe inferiore e dipenderebbe maggiormente dalle variazioni della qualità creditizia degli Stati membri partecipanti. Pertanto, un fondo su base pro rata potrebbe non consentire di conseguire quanto è necessario per far funzionare un DRF/P di grandi dimensioni, che copra tutto il debito superiore al 60% del PIL.

13. Per rendere fattibile l'obbligazione in solido per i paesi con merito di credito elevato, la proposta originaria suggerisce garanzie reali a copertura del servizio del debito per un ammontare fino al 20% del debito trasferito. Una tale soluzione potrebbe tuttavia presentare ostacoli giuridici ed economici. In un regime pro rata le garanzie reali dovrebbero pertanto essere sostituite da un maggiore importo di capitale versato. Si potrebbe prendere in considerazione anche l'opzione del vincolo di destinazione delle entrate fiscali al servizio del debito; ma anche questa possibilità potrebbe sollevare problemi giuridici (parità di trattamento, problemi costituzionali) e in alcuni Stati membri il margine per imporre un vincolo di destinazione delle entrate fiscali è modesto.

14. I potenziali vantaggi di un DRF/P sono associati a rischi macroeconomici e finanziari (sull'azzardo morale [moral hazard], cfr. i punti [24-29]), quali il probabile aumento dei costi di finanziamento dei paesi con qualità creditizia elevata. La sfida principale sarà il rispetto per un lungo periodo di tempo di regole prestabilite, che potrebbe risultare insostenibile.

15. In alternativa, in caso di struttura di garanzia pro rata, si potrebbe prendere in considerazione l'opzione di creare un fondo di rimborso del debito di dimensioni minori, con una diversa composizione, che preveda il trasferimento da parte di ciascuno Stato membro partecipante di una quota uguale di debito (ad es. il 20% del PIL) al fondo. Un tale regime potrebbe ridurre la vulnerabilità di alcuni Stati membri riducendone l'eccesso di debito, sebbene in misura minore rispetto alla proposta originaria. Data la sua composizione, nel corso della sua durata costituirebbe uno strumento utile per l'attuazione della politica monetaria e la

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creazione di liquidità sui mercati. Potrebbe avere durata più breve (ad es. 10 anni) rispetto alla proposta originaria, il che potrebbe anche attenuare alcuni rischi di azzardo morale insiti nel regime. Lo svantaggio di questa opzione alternativa potrebbe essere che al termine del regime i livelli di debito varino ancora e che alcuni Stati membri possano ancora registrare un consistente eccesso di debito.

Valutazione degli eurobills: struttura, meriti, rischi

16. Gli eurobills consisterebbero nell'emissione congiunta di debito pubblico a breve termine da parte degli Stati membri della zona euro. Sarebbero coperti da una garanzia in solido o da una garanzia pro rata. Il volume massimo dell'emissione di eurobills verrebbe prestabilito mediante la previsione di un limite di emissione. Le scadenze degli eurobills potrebbero essere fino a 2 anni (volume stimato di emissione congiunta di circa 800 miliardi di euro e volume massimo di 1900 miliardi di euro [limite di emissione al 30% del debito totale di ogni paese]), o fino ad un anno (volume stimato di emissione congiunta di circa 500 miliardi di euro e volume massimo di 900 miliardi di euro [limite di emissione al 10% del PIL di ogni paese]).

17. Gli eurobills potrebbero contribuire a promuovere l'integrazione e la stabilità finanziarie. Creando uno strumento sicuro e liquido, gli eurobills potrebbero costituire un passo verso la diversificazione dei titoli di debito sovrano detenuti dalle banche, riducendo in tal modo il circolo vizioso tra banche ed emittente sovrano. Potrebbero anche contribuire a ridurre la frammentazione del mercato e a facilitare la trasmissione della politica monetaria. Tuttavia l'integrazione finanziaria sostenibile richiede riforme strutturali dell'economia reale e del settore finanziario. Alcuni Esperti dubitano che tali effetti benefici possano essere conseguiti mediante l'emissione di eurobills.

18. Nel caso in cui i limiti di emissione non vengano raggiunti, gli eurobills potrebbero ridurre il rischio di rifinanziamento in caso di cambiamenti improvvisi della percezione dei mercati, contribuendo ad accrescere la stabilità dei mercati del debito pubblico. Solo un fondo di eurobills di grandi dimensioni può generare appieno questi benefici. In tempi normali, quando i differenziali sul debito a breve termine sono ridotti, l'effetto sui costi di finanziamento degli Stati membri sarebbe probabilmente limitato e dipenderebbe dal volume dell'emissione e dal premio di liquidità.

19. La misura in cui questi obiettivi possono essere realizzati dipende dalle varianti di concezione, che presentano non solo aspetti giuridici ma anche compromessi connessi alla condivisione del rischio finanziario e al contenimento dell'azzardo morale.

20. Molti degli obiettivi degli eurobills sarebbero conseguiti meglio con un regime basato sull'obbligazione in solido (che richiederebbe una modifica del trattato) e con scadenze fino a due anni. Un regime che preveda soltanto scadenze fino ad un anno, corrispondenti alla definizione classica di buoni del Tesoro, potrebbe ancora consentire di raggiungere l'obiettivo di promuovere l'integrazione finanziaria, ma su scala più ridotta.

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21. In caso di eurobills con garanzia pro rata, verrebbero conservati alcuni vantaggi, quali la creazione di un grande mercato dei titoli, mentre gli effetti di riduzione dei costi di finanziamento sarebbero molto limitati in tempi normali e significativi solo nei momenti di stress del mercato. Appare difficile ricorrere a misure di supporto del credito (costituzione di garanzie reali, vincolo di destinazione delle entrate fiscali) dati gli ostacoli giuridici ed economici.

22. L'istituzione di un regime di eurobills solo temporaneo e che verrebbe a scadenza se non rinnovato, a guisa di "giro di prova", è un'opzione che potrebbe offrire una serie di vantaggi. Tuttavia, vi sono incertezze sull'accettazione da parte del mercato di un regime temporaneo e, in particolare, sul fatto che l'opzione della liquidazione sia davvero credibile e senza rischi per la stabilità. In ogni caso, la maggior parte dei benefici per i quali gli eurobills sono stati concepiti potrebbero essere ottenuti solo se il regime verrà istituito su base permanente (soggetto a votazioni regolari nei parlamenti nazionali sulle obbligazioni concrete assunte, cfr. infra il punto 35).

23. I rischi economici e finanziari (sull'azzardo morale, cfr. infra i punti 24-29) di un regime di eurobills potrebbero sorgere in caso di regime temporaneo, che potrebbe creare incertezza, determinando potenzialmente problemi di accettazione da parte del mercato e volatilità dei rendimenti. Rischi simili potrebbero sorgere se il fondo emittente gli eurobills decidesse di bloccare le emissioni da un anno all'altro o di escludere dal regime lo Stato membro inadempiente. Inoltre, gli eurobills potrebbero comportare un rischio di eccessivo affidamento sul debito a breve termine in momenti di volatilità del mercato. Si tratta di un rischio da contenere con chiari e rigorosi limiti giuridici prestabiliti.

Rischi di azzardo morale (moral hazard) e come evitarli

24. Nelle discussioni sull'emissione congiunta, "azzardo morale" è inteso in senso lato come riferito a situazioni in cui la decisione sull'entità del rischio da assumere è presa da un soggetto mentre il costo dei rischi, una volta concretizzatisi, viene sostenuto da un altro soggetto. I regimi di emissione congiunta di debito possono creare "azzardo morale", inteso nella predetta accezione. I rischi di azzardo morale di tali regimi potrebbero essere consistenti, ma il loro preciso potenziale dipende da vari fattori, in particolare la struttura della garanzia, il volume dell'emissione congiunta in rapporto al debito mantenuto a livello nazionale, il fattore tempo (ossia la durata del regime e le scadenze degli strumenti) e i vincoli politici cui i governi sono soggetti.

25. Date le sue caratteristiche di concezione, il DRF/P presenta rischi di azzardo morale durante la fase di introduzione (quando gli Stati membri si rifinanzierebbero solo a breve termine sui mercati) e durante la fase di rimborso (quando gli Stati membri inadempienti non potrebbero più essere esclusi dal regime e di conseguenza disporrebbero di una leva per esercitare pressioni sugli Stati creditori). Pertanto, la componente del "patto" presente nell'idea di DRF/P prevede una serie di precondizioni, di vincoli e di salvaguardie per assicurare il rimborso e rendere il regime realizzabile per gli Stati membri con merito di credito elevato. In particolare, un sistema trasparente e possibilmente quasi automatico di aumenti graduali degli interessi da pagare sui titoli potrebbe

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funzionare come premio di politiche efficaci o come sanzione di politiche non conformi.

26. Il compromesso tra riduzione del debito e azzardo morale varia in funzione delle varianti di concezione del DRF/P: un fondo di rimborso del debito fino al 60% del PIL basato su un'obbligazione in solido (che consenta consistenti risparmi sui costi di finanziamento del debito per alcuni Stati membri) è associato ad un rischio più elevato di azzardo morale rispetto ad un piccolo fondo pro rata di durata più breve, ma che consente risparmi più limitati sui costi.

27. Anche il potenziale di azzardo morale degli eurobills dipende dalle varianti di concezione. Un piccolo fondo di eurobills (che copra cioè solo le scadenze fino ad un anno) basato su una struttura di garanzia pro rata e su rigidi limiti giuridici che impediscano l'eccessivo affidamento sui finanziamenti a breve termine potrebbe suscitare meno riserve di un fondo di maggiori dimensioni, in particolare se basato sull'obbligazione in solido o se abbinato ad una funzione di prevenzione delle crisi. In generale, una questione fondamentale da analizzare per valutare il rischio di azzardo morale di un regime di eurobills è se una volta introdotto, anche se a titolo temporaneo e su piccola scala, possa suscitare aspettative politiche ed economiche e generare pressioni perché sia reso permanente ed esteso alle scadenze più lunghe o se una tale evoluzione possa essere credibilmente esclusa fin dall'inizio. Occorre inoltre sapere quanto sarebbe credibile una sanzione che escludesse lo Stato membro inadempiente.

28. Qualsiasi regime di emissione congiunta dovrebbe prevedere solidi meccanismi per contenere l'azzardo morale. Tra questi potrebbero rientrare la previsione di condizioni preliminari (un periodo di prova e restrizioni alla partecipazione), il rafforzamento delle competenze del livello europeo sulle politiche fiscali ed economiche degli Stati membri in caso di inosservanza, incentivi e sanzioni finanziarie (ad es. gli aumenti degli interessi) e misure per assicurare che la disciplina di mercato continui a farsi sentire. Secondo alcuni Esperti, a lungo termine dovrebbe esservi un meccanismo di ristrutturazione del debito sovrano, come sostituto o come complemento alla governance rafforzata. Questa opinione è contestata da altri esperti, che invece propongono il trasferimento di ulteriori competenze di bilancio al livello europeo in caso di continua inosservanza di uno Stato membro (che richiederebbe una modifica del trattato).

29. Data l'esperienza ancora molto limitata maturata con la riforma del quadro di governance economica dell'UE, può essere considerato prudente raccogliere elementi sull'efficienza della governance e, se ritenuto necessario, rafforzare ulteriormente il quadro della governance, prima di adottare qualsiasi decisione sull'introduzione dell'emissione congiunta.

Obblighi e limiti giuridici per l'introduzione di un DRF e/o di eurobills

30. Sebbene i vigenti trattati UE non consentano regimi di emissione congiunta di debito basati sull'obbligazione in solido degli Stati membri, essi possono consentire strutture di garanzia basate su impegni pro rata, e in particolare una struttura di capitale analoga a quella del MES.

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31. I vigenti trattati UE non riconoscono all'UE competenze sufficienti per creare un DRF/P o un regime di eurobills (neanche su base pro rata) mediante la normativa dell'UE. Tutt'al più si potrebbe sostenere che, in mancanza di una modifica dei trattati, si possa creare un regime temporaneo di eurobills combinando un regolamento adottato ai sensi dell'articolo 352 (in cooperazione rafforzata) e un accordo intergovernativo. Per un DRF/P una tale costruzione sarebbe meno difendibile, dati gli obblighi giuridici di ampia portata che comporterebbe, che vincolerebbero gli Stati membri per un periodo di tempo considerevole, tanto più che molti di essi esulano manifestamente dalle competenze dell'UE.

32. Una modifica dei trattati sarebbe indispensabile nel caso in cui si ritenesse necessaria una qualche modalità per contenere l'azzardo morale mediante l'ulteriore integrazione delle politiche fiscali ed economiche, ad es. poteri di veto europeo sui bilanci nazionali.

33. Alcune delle possibili modifiche dei trattati individuate nella presente relazione potrebbero essere attuate mediante una revisione semplificata dei trattati dell'UE, mentre per altre sarebbe necessaria la procedura ordinaria di revisione.

34. Se il DRF/P o il regime di eurobills venissero creati unicamente su base intergovernativa, vi sarebbero alcuni limiti giuridici di cui tener conto. Le istituzioni politiche dell'UE non potrebbero esercitare alcun potere decisionale. Non dovrebbe essere compromesso il coordinamento della politica economica dell'UE.

35. Gli ordinamenti costituzionali nazionali impongono evidenti limiti alle possibilità degli Stati membri di partecipare ad un sistema di emissione congiunta di debito (cfr. l'esempio della Germania). Vi potrebbero essere modalità per rispettare detti limiti. È più probabile che un regime possa essere considerato in linea con detti limiti quanto più chiara sarà la garanzia giuridica che l'obbligazione massima di uno Stato membro è preventivamente limitata, che vi è la possibilità di votazioni regolari nei parlamenti nazionali sulle concrete obbligazioni assunte (oltre al diritto all'informazione e al diritto di influenza) e che esistono condizioni e salvaguardie rigide intese a garantire la disciplina di bilancio.

Legittimità e responsabilità democratiche

36. L'introduzione di un sistema di emissione congiunta di debito porrebbe inevitabilmente nuove sfide in termini di legittimità e responsabilità democratiche.

37. Anche se giuridicamente possibile, l'istituzione di un regime di emissione congiunta di debito mediante una costruzione puramente intergovernativa creerebbe gravi carenze e problemi in termini di efficienza e di legittimità e responsabilità democratiche. È difficile che possa essere garantita una sufficiente legittimità parlamentare; le norme in materia di voto in un consiglio intergovernativo creerebbero un dilemma tra responsabilità ed efficienza. Vi potrebbe essere il rischio di creare due mondi istituzionali paralleli in concorrenza tra di loro sulla governance economica, che deve essere evitato.

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38. Pertanto diverse ragioni militano a favore della scelta di soluzioni basate sul metodo comunitario e sull'architettura istituzionale dell'UE (eventualmente modificata mediante modifiche dei trattati UE). Se verrà scelto un regime temporaneo pro rata di eurobills in assenza di modifiche dei trattati UE, potrebbe essere esplorata la possibilità di un modello che combini un atto adottato ai sensi dell'articolo 352 e un accordo intergovernativo.

39. Il controllo parlamentare è essenziale. Occorre trovare modelli che lo garantiscano a entrambi i livelli: controllo del Parlamento europeo sulle decisioni adottate a livello europeo, ma anche ruolo chiave dei parlamenti nazionali, dato che sono ancora essi che tengono "i cordoni della borsa".

Conclusione generale

40. Sia il DRF/P che gli eurobills contribuirebbero a stabilizzare i mercati del debito pubblico, a sostenere la trasmissione della politica monetaria, a promuovere la stabilità e l'integrazione finanziarie, sebbene secondo modalità e implicazioni a lungo termine diverse. Tale contributo è associato a rischi economici, finanziari e di azzardo morale e i compromessi possibili dipendono dalle varie opzioni di concezione. Data l'esperienza molto limitata maturata con la riforma del quadro di governance economica dell'UE, può essere considerato prudente raccogliere elementi sull'efficienza della governance prima di adottare qualsiasi decisione sui regimi di emissione congiunta. Senza modifiche dei trattati UE, i regimi di emissione congiunta potrebbero essere creati solo nella forma pro rata, e (almeno per quanto riguarda il DRF/P) solo mediante una costruzione puramente intergovernativa, che solleverebbe riserve dal punto di vista del controllo democratico. Per arrivare a regimi di emissione congiunta che includano l'obbligazione in solido, una qualche forma di tutela contro l'azzardo morale e un'attenzione adeguata alla legittimazione democratica sarebbero necessarie modifiche dei trattati.