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Piazza Eremitani, 8 - Padova A62 L a capacità di concentrarsi nella caratte- rizzazione fisica e psicologica dei per- sonaggi rappresenta una delle innovazioni più straordinarie della pittura di Giotto. Ciò appare particolarmente evidente ne- gli affreschi padovani della Cappella degli Scrovegni, alla cui complessa realizzazione l’artista si dedica fra il 1303 e il 1305 e che l’ultimo restauro (effettuato tra il 2001 e il 2002), ci consente oggi di ammirare in una smagliante vivacità di colori. Il ciclo viene commissionato al grande pittore fiorentino da Enrico Scrovegni, uno dei più ricchi fra i prestatori di denaro e i banchieri di Padova, appartenente alla nuo- va classe borghese che in quegli anni andava via via sempre più affermandosi. La decisione dello Scrovegni di costruire una cappella di famiglia e di farla affresca- re da uno degli artisti di maggior prestigio del momento è attribuita, secondo la tradi- zione, alla volontà di riparare ai peccati di usura commessi dal padre Reginàldo. In realtà si tratta di una scelta assai più com- plessa, con varie implicazioni politiche, cul- ITINERARIO 14 Giotto a Padova. La Cappella degli Scrovegni turali ed economiche. Studi recenti, basati anche sull’analisi approfondita del lungo testamento lasciato da Enrico nel 1336, ci chiariscono molti aspetti finora sconosciuti della sua personalità. Grazie alla costruzio- ne e alla decorazione della cappella, di cui si proclama sempre orgogliosissimo, egli rie- sce a dare a tutta la città una prova tangibile del suo potere e della sua enorme ricchezza. Questo, infatti, gli serve ad aumentare la propria rete di relazioni e il proprio presti- gio personale, il che significa anche mag- gior credito presso banche e istituzioni e, di conseguenza, affari e profitti sempre più cospicui. La piccola costruzione, oggi universal- mente nota come Cappella degli Scrovegni, era dedicata in origine a Santa Maria della Carità e, a quel tempo, si chiamava anche dell’Annunziata all’Arena, in quanto co- struita nell’area dell’antico anfiteatro ro- mano di Padova (l’Arena, appunto) e solen- nemente consacrata in occasione della festa dell’Annunciazione del Signore (o dell’An- nunziata), il 25 marzo 1305. Usura Dal latino  uti, usare. L’imprestare de- naro  richiedendo  interessi  eccessivi.  L’equivalente di strozzinaggio.

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14 GiottoaPadova.LaCappelladegliScrovegni A63

Piazza Eremitani, 8 - Padova

A62

La capacità di concentrarsi nella caratte­rizzazione fisica e psicologica dei per­

sonaggi rappresenta una delle innovazioni più straordinarie della pittura di Giotto. Ciò appare particolarmente evidente ne­gli affreschi padovani della Cappella degli Scrovegni, alla cui complessa realizzazione l’artista si dedica fra il 1303 e il 1305 e che l’ultimo restauro (effettuato tra il 2001 e il 2002), ci consente oggi di ammirare in una smagliante vivacità di colori.

Il ciclo viene commissionato al grande pittore fiorentino da Enrico Scrovegni, uno dei più ricchi fra i prestatori di denaro e i banchieri di Padova, appartenente alla nuo­va classe borghese che in quegli anni andava via via sempre più affermandosi.

La decisione dello Scrovegni di costruire una cappella di famiglia e di farla affresca­re da uno degli artisti di maggior prestigio del momento è attribuita, secondo la tradi­zione, alla volontà di riparare ai peccati di usura ❚ commessi dal padre Reginàldo. In realtà si tratta di una scelta assai più com­plessa, con varie implicazioni politiche, cul­

ITINERARIO 14GiottoaPadova.LaCappelladegliScrovegni

turali ed economiche. Studi recenti, basati anche sull’analisi approfondita del lungo testamento lasciato da Enrico nel 1336, ci chiariscono molti aspetti finora sconosciuti della sua personalità. Grazie alla costruzio­ne e alla decorazione della cappella, di cui si proclama sempre orgogliosissimo, egli rie­sce a dare a tutta la città una prova tangibile del suo potere e della sua enorme ricchezza. Questo, infatti, gli serve ad aumentare la propria rete di relazioni e il proprio presti­gio personale, il che significa anche mag­gior credito presso banche e istituzioni e, di conseguenza, affari e profitti sempre più cospicui.

La piccola costruzione, oggi universal­mente nota come Cappella degli Scrovegni, era dedicata in origine a Santa Maria della Carità e, a quel tempo, si chiamava anche dell’Annunziata all’Arena, in quanto co­strui ta nell’area dell’antico anfiteatro ro­mano di Padova (l’Arena, appunto) e solen­nemente consacrata in occasione della festa dell’Annunciazione del Signore (o dell’An-nunziata), il 25 marzo 1305.

❚UsuraDal latino uti, usare. L’imprestare de-naro  richiedendo  interessi  eccessivi. L’equivalente di strozzinaggio.

14 GiottoaPadova.LaCappelladegliScrovegni A63

Storie di San Gioacchino e Sant’Anna 1.Cacciata dal Tempio 2.Ritiro fra i pastori 3.Annuncio a 

Sant’Anna 4. Il sacrificio 5. Il sogno 6.L’incontro alla Porta 

Aurea

Storie della Vergine 7. La nascita 8.Presentazione al 

Tempio 9.Consegna delle 

verghe10.La preghiera per la 

fioritura delle vigne11.Lo sposalizio12. Il corteo nuziale13. L’angelo nunziante14.La missione 

dell’annuncio a Maria

 15.Vergine annunciata

Storie di Gesù16. Visitazione 17.Natività e annuncio 

dei pastori 18.L’Epifania 19. Presentazione al 

Tempio 20.Fuga in Egitto 21. Strage degli 

innocenti 22. Disputa coi dottori 23.Battesimo 24.Le nozze di Cana 25.Resurrezione di 

Lazzaro 26.Ingresso a 

Gerusalemme 27.Cacciata dei 

mercanti dal Tempio 28. Tradimento di Giuda

SanGioacchinoeSant’AnnaLe Vite di San Gioacchino e di Sant’An-na, genitori di Maria, sono narrate nei cosiddetti  Vangeli  Apocrifi,  cioè  non inseriti fra le Sacre Scritture.

MedaglioneAccrescitivo di medaglia. In architettu-ra sta a indicare un particolare tipo di ornamento di soffitti  (o pareti) consi-stente  in un dipinto  (o  in un bassori-

lievo)  con  cornice,  anch’essa  dipinta o  in  rilievo,  di  forma  circolare  (o  el-littica).

SpeculareDal  latino  spèculum,  specchio.  Che mostra  perfetta  simmetria,  come  se si trattasse di un’immagine riflessa in uno specchio.

VirtùSecondo la dottrina cristiana le sette Virtù sono le tre teologàli (cioè riferite a Dio, in greco theòs), Fede, Speranza e  Carità,  e  le  quattro  cardinàli  (cioè le  più  importanti  dell’agire  umano), Prudenza, Giustizia,  Fortezza  e  Tem-peranza.

ViziCapitaliSecondo la dottrina cristiana i sette Vizi 

Capitali, cioè tali da precludere lo sta-to di grazia, sono: Superbia, Avarizia, Lussùria,  Ira,  Gola,  Invidia  e  Accìdia.

MonocromoDal  greco  mònos  e  chròma,  colore. Tipo  di  pittura  realizzato  con  diver-se  sfumature  del  medesimo  colore, al  fine  di  imitare  il  modellato  di  un bassorilievo o di  una  scultura  a  tut-to tondo.

Gliaffreschi

La  cappella,  forse  progettata  dallo  stesso Giotto  o,  comunque,  da  lui  sicuramente 

approvata,  ha  una  struttura  molto  semplice. Essa, infatti, presenta un’unica navata coperta con volta a botte e  illuminata da sei slanciate monofore,  terminanti  con archi  a  tutto  sesto, poste  sul  lato destro.  Il modesto portale d’in-gresso  è  sormontato  da  una  trifora  gotica  di gusto toscano a sua volta inserita in un arco a tutto sesto, mentre – sul lato opposto – si apre una piccola abside (tribuna) coperta con volta a crociera.

L’artista affresca le due pareti laterali e l’arco trionfale  della  cappella  con  storie  tratte  dalle Vite di San Gioacchino e di Sant’Anna ❚ [1-6], della Vergine [7-15] e di Cristo [16-39]. La volta, invece,  la  cui  superficie  è  dipinta  d’un  azzur-ro  intenso, per  suggerire un cielo  trapunto di stelle  d’oro,  la  decora  con  dieci  medaglioni ❚ circolari raffiguranti Gesù [56], Maria [57] e vari Profeti.  Sulla  controfacciata d’ingresso,  infine, realizza – insieme a molti aiuti – un grandioso Giudizio Universale.

Rispetto al ciclo francescano di Assisi, che si inseriva in un complesso programma decorati-vo preesistente, quello di  Padova è  concepito interamente da Giotto. Questo consente all’ar-tista di studiare con attenzione la disposizione dei propri affreschi in modo da adattarli nel mi-gliore dei modi alla semplice struttura muraria della  cappella.  Pittura  e  architettura,  dunque, si fondono armonicamente fra loro, senza che la  prima  debba  necessariamente  porsi  come complemento della seconda. La pittura, infatti, grazie  all’artificio  dell’illusione  prospettica,  dà spesso l’impressione di voler “sfondare” la su-perficie stessa delle pareti, mentre l’architettu-ra, volutamente sobria, costituisce il contenito-re  ideale per mettere massimamente in risalto la narrazione pittorica giottesca.

Gli affreschi si svolgono da sinistra verso de-stra e dall’alto in basso e sono suddivisi  in tre ampi registri sovrapposti. Ogni scena è separa-ta dalla successiva da una larga cornice dipinta a  motivi  geometrici  e,  dopo  l’ultima  scena  di ciascun registro, la cronologia della narrazione riprende con la prima scena del corrispondente registro  sulla parete di  fronte,  in una  sorta di ininterrotto dialogo narrativo speculare ❚.

Nella  parete  di  destra  le  cornici  dipinte  che dividono le varie scene fungono anche da rea-listica inquadratura per le sei monofore che, in-sieme alla trifora della facciata, rappresentano le uniche fonti d’illuminazione della cappella. Alla base del registro inferiore, lungo tutto il perime-tro  interno  della  costruzione,  corre  infine  uno zoccolo dipinto ove le raffigurazioni allegoriche delle  sette Virtù  (sulla  parete di  destra) [42-48] e dei  sette Vizi Capitali ❚  (a sinistra) [49-55],  re-alizzate  in  monocromìa ❚,  si  alternano  a  zone 

affrescate  in  modo  da  imitare  un  rivestimento marmoreo,  secondo  il  gusto dell’antica pittura romana  a  incrostazione.  Le  allegorie  di  Vizi  e Virtù furono forse suggerite dallo stesso Enrico Scrovegni, che in tal modo avrebbe voluto esse-re ricordato come uomo giusto e saggio.

 29. Ultima cena 30.Lavanda dei piedi 31. Bacio di Giuda 32.Presentazione di 

Caifa 33.Flagellazione 34.Andata al Calvario 35.Crocifissione 36. Compianto sul 

Cristo morto 37.Resurrezione 38.Ascensione 39.Pentecoste

Coretti 40.Coretto di sinistra 41.Coretto di destra

Allegorie delle Virtù e dei Vizi  42.Prudenza 43.Fortezza 44.Temperanza 45.Giustizia 46.Fede 47.Carità 48.Speranza

 49.Disperazione 50.Invidia 51.Infedeltà (Idolatria) 52. Ingiustizia 53. Ira 54. Incostanza 55. Stoltezza

La volta 56. Il Redentore 57. Madonna col 

Bambino

A64 Itinerario14 14 GiottoaPadova.LaCappelladegliScrovegni A65

❚CanonicoagostinianoDal latino canonicus. Ecclesiastico che vive in comuni-tà seguendo la regola di povertà, castità e obbedien-za dettata da Sant’Agostino. Fu infatti a quest’ordine che Enrico Scrovegni conferì, attraverso il proprio te-stamento, il perpetuo patronato sulla Cappella. 

ProtovangelodiGiacomoTesto del II secolo d.C., noto anche come Storia del-la Natività di Maria,  che, pur non essendo  ricono-sciuto  tra  le  Sacre  Scritture,  fu  comunque  sempre tollerato dalle gerarchie cattoliche ed ebbe larga dif-fusione popolare in epoca medioevale.

14.1

giotto e aiuti

Il Giudizio Universale 1303-1305. Affresco, 1000×840 cm  Parete occidentale, controfacciata d’ingresso

Questa  grandiosa  rappresentazione,  che  la critica è ormai concorde nell’attribuire di-

rettamente  a  Giotto,  almeno  per  quel  che  ri-

guarda l’invenzione e l’impostazione generale, è estremamente  indicativa della nuova conce-zione che  il maestro ha dell’arte. Essa,  infatti, nonostante il soggetto sia di pura fantasia, non tende più a raffigurare qualcosa di estraneo alla realtà  quotidiana  ma,  al  contrario,  ne  utilizza molti elementi, con il risultato di accrescere in modo estremamente suggestivo e coinvolgen-te il realismo complessivo della scena. È interes-sante notare come il committente, inginocchia-to in basso al centro, ai piedi della croce della Passione,  venga  di  fatto  rappresentato  come facesse parte della narrazione stessa dell’affre-sco. Sopra di  lui,  infatti,  in una mandorla con i  colori  dell’arcobaleno,  circondata  da  dodici angeli, giganteggia  la figura di Cristo giudice, seduto su un trono di nuvole fra le schiere ce-lesti degli angeli, dei santi e dei beati. Alla sua destra gli  eletti  iniziano  la  loro gioiosa ascesa verso il regno dei cieli, mentre alla sua sinistra i dannati, per la rappresentazione dei quali Giot-to si è sicuramente ispirato anche ai mosaici del battistero fiorentino di San Giovanni, vengono sprofondati negli orrori dell’inferno. 

In questo modo la presenza di un personag-gio reale come lo Scrovegni, ben riconoscibile dai suoi stessi contemporanei e quella, tutta di invenzione,  del  Giudizio  Universale,  finiscono per avere la stessa importanza agli occhi di chi osserva.

Il  modello  della  cappella,  in  particolare, sorretto  con  evidente  sforzo  da  un  canonico agostiniano ❚ (forse il colto ispiratore della com-plessa  narrazione),  dà  all’insieme  un’ulteriore nota di concretezza e di quotidianità. L’edificio in muratura, infatti, è rappresentato prospetti-camente in tutta la sua ben squadrata solidità, quasi per  ribadire ancora una  volta,  anche  se su  un  piano  puramente  simbolico,  quelli  che erano il credito e la solidità economica dei qua-li  lo  Scrovegni  godeva.  È  significativo,  infine, come  il  modello  della  cappella  sia  raffigura-to  secondo  quello  che,  con  ogni  probabilità, avrebbe dovuto essere  il progetto  iniziale  (poi non compiutamente realizzato), che sembrava prevedere anche una specie di corto transetto commisso. 

14.2

L’incontro alla Porta Aurea 1303-1305. Affresco, 200×185 cm  Ciclo delle Storie di San Gioacchino e Sant’Anna. Parete meridionale

In questo affresco [6], che pure è uno dei primi del  ciclo,  sono  già  presenti  tutti  gli  elementi 

caratteristici  della  grande  pittura  giottesca.  In esso vengono rappresentati Anna e Gioacchino, futuri genitori della Vergine Maria, che (secon-do la predizione dell’Arcangelo Gabriele narrata nel Protovangelo di Giacomo ❚) si sarebbero do-vuti incontrare proprio sotto la Porta Aurea, uno dei luoghi-simbolo di Gerusalemme.

La narrazione si svolge, come di consueto, da sinistra verso destra.  Il giovane pastore che ac-compagna Gioacchino, all’estremo margine sini-stro, è per metà fuori dal dipinto stesso, come se Giotto volesse farci capire che ciò che rappresen-ta non è che un piccolo frammento di una real-

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tà  sempre  più  vasta  e  complessa. Il senso di questa realtà, del resto, può  essere  colto  sia  nella  serena tenerezza  con  la  quale  i  due per-sonaggi  principali  si  abbracciano, baciandosi  castamente  sulla  boc-ca, sia nell’emozione delle donne, incorniciate  dalla  ghiera  dorata della porta, verosimilmente ispirata all’Arco di Augusto di Rimini. 

I  corpi  di  San  Gioacchino  e  di Sant’Anna sono descritti con vigo-re e decisione e, grazie al chiaro-scuro, essi ci appaiono  in  tutta  la loro  massiccia  solidità,  formando quasi un unico blocco piramidale. Anche  le  due  aureole  splendenti d’oro  che  si  fondono  in una  sola contribuiscono  a  sottolineare  il senso di indissolubilità del vincolo che lega i due personaggi. La pre-senza, sullo sfondo, del torrione di sinistra,  dipinto  con  forte  risalto prospettico,  serve  a  sottolineare ulteriormente  la  scena dell’incon-tro  e  a  proiettarla  con  ancor  più evidenza in primo piano.

Tra le donne in lontananza che avevano ac-compagnato Anna all’incontro notiamo in par-ticolare quella avvolta nel mantello nero. È una 

conferma di come tutto stia avvenendo per vo-lontà divina.

A sinistra l’ancella è intenta al suo lavoro, se-rena e inconsapevole, con la veste che dà volu-me a un corpo del quale le gambe leggermente divaricate sottolineano la massiccia e quasi geo-metrica consistenza.

A destra, al contrario,  l’angelo  irrompe con impeto  attraverso  la  piccola  finestra,  proten-dendo  la  mano  destra  quasi  a  ribadire  la  so-lennità  dell’annuncio.  A  fronte  del  concreto realismo  di  oggetti  quali  la  mensola  verde sulla parete di fondo, il cassone sulla destra o gli  utensili  appesi  al  muro,  Giotto  attribuisce all’angelo  caratteristiche  assolutamente  so-

❚VedovanzaDal latino vìdua. Condizione di una donna alla qua-le è morto il marito. Qui sta a simboleggiare il fatto che,  dopo  l’incontro  con  Gioacchino,  Anna  aveva esclamato «Ero vedova e ora non lo sono più!».

figura densa di mistero, probabile personifica-zione  della  vedovanza ❚,  della  quale  Giotto  ci mostra solo uno spicchio di volto e due dita di una mano. Nonostante  ciò essa  riempie di  sé 

14.3

Annuncio a Sant’Anna1303-1305. Affresco, 200×185 cm  Ciclo delle Storie di San Gioacchino e Sant’Anna. Parete meridionale

La  scena  [3],  straordinariamente innovativa, raffigura Sant’Anna, 

in ginocchio al centro della propria abitazione,  nel  momento  in  cui l’angelo di Dio le annuncia che di-venterà madre di Maria. A sinistra, sotto  il  portico  d’ingresso,  una giovane ancella sta tranquillamen-te  filando,  ignara  del  miracoloso evento  che  avviene  a  solo  pochi passi da lei.

L’invenzione  giottesca  sta  so-prattutto nel trattare l’architettura della casa di Anna come una me-ravigliosa scatola prospettica che, essendo priva della parete latera-le, ci consente di osservarne l’interno. La solida figura dell’anziana donna, vestita con una lun-ga veste aranciata bordata d’oro, si staglia con grande rilievo contro la retrostante tenda chia-ra che pende dal soffitto a difesa dell’intimità del letto. La profondità spaziale è suggerita, in basso,  dai  mobili,  disposti  fra  loro  perpendi-colarmente e, in alto, dalla cassettonatura del soffitto e dai timpani classicheggianti, uno dei quali  (quello  a destra)  è  visto  in  forte  scorcio dal di dietro. Il timpano in corrispondenza della parete mancante,  inoltre, è decorato con una pittura a monocromo che rappresenta un bas-sorilievo con il Creatore benedicente entro una conchiglia  retta  da  due  angeli,  a  rassicurante 

tutto  il dipinto, ponendosi come  ideale punto di  cerniera  tra  le  altre  figure  femminili  (tutte sorridenti, vestite con vivaci colori e rivolte dalla parte opposta) e i due santi protagonisti.   

prannaturali. L’artista,  infatti, non rappresenta la  parte  del  corpo  rimasta  all’esterno,  che  al contrario, in base alla collocazione prospettica, avrebbe dovuto essere ben visibile. La zona del soffitto  in  corrispondenza  della  testa  dell’an-gelo, infine, è visibilmente più chiara, come se fosse illuminata dalla luce proveniente dall’an-gelo stesso, simbolo della potenza divina. 

A66 Itinerario14 14 GiottoaPadova.LaCappelladegliScrovegni A67

❚GiudaSecondo  i Vangeli canonici  l’apostolo Giuda Iscariòta tradì Gesù in cambio di trenta  monete  d’argento  (sìcli)  (Mat-

teo 26, 15).  In base a quanto pattui-to con i sommi sacerdoti e gli anziani del popolo egli avrebbe reso possibile l’arresto di Gesù baciandolo pubblica-

mente  e  consentendo  così  alle  guar-die di identificarlo (Matteo 26, 48-50; Marco 14, 44 e Luca 22, 47).

SinedrioDal greco synèdrion, assemblea. Pres-so gli antichi Ebrei,  supremo organo religioso, legislativo e giurisdizionale.

abbraccio  che  fa  delle  due  figure  un  unico, solidissimo blocco,  che  l’ampio mantello giallo dell’Apostolo  traditore  panneggia  con  compo-stezza  solenne.  Attorno  ai  protagonisti,  dram-maticamente  immobili,  gli  occhi negli  occhi,  si agita la folla tumultuosa delle guardie (sulla de-stra), che vogliono procedere all’arresto di Gesù e quella degli Apostoli (sulla sinistra), che tenta-no generosamente ma inutilmente di opporvisi.

Anche  in  assenza  di  qualsiasi  riferimento paesaggistico  o  architettonico  il  senso  della profondità spaziale è suggerito in modo straor-dinariamente realistico dal convulso agitarsi di lance, alabarde, torce, corni da caccia e bastoni che  si  stagliano  nitidamente  contro  l’azzurro intenso di un cielo già notturno.

I corpi dei personaggi minori, non diversamen-te da quelli  di Gesù  e di Giuda,  sono  realizza-ti  in  modo  massicciamente  compatto  e  anche la  scelta  dei  colori  delle  vesti,  alternativamente caldi (giallo, rosso, rosa, arancio) e freddi (verde, azzurro, viola, lilla) contribuisce a evidenziare, per reciproco  contrasto,  la  maestosa  solidità  fisica delle figure. Vivace e significativo appare il per-sonaggio incappucciato di spalle, a sinistra, rap-presentato nell’atto di trattenere per il mantello un discepolo (forse Marco), mentre Pietro, in un impeto di rabbia, taglia l’orecchio a Malco, uno degli sbirri inviato dai sacerdoti del Sinèdrio ❚.

La presenza di figure velate, incappucciate o viste da dietro, del resto, è ormai quasi una co-stante nella pittura giottesca e contribuisce ad accrescerne il senso di realismo. 

La  posizione  frontale,  infatti,  tipica  di  tutti i  dipinti  di  tradizione  gotica  e  bizantina,  pre-suppone che  le  scene siano composte apposi-tamente per essere guardate, quasi come se si fosse su di un palcoscenico teatrale. In Giotto, al contrario, i personaggi appaiono sempre intenti all’azione e incuranti degli eventuali spettatori, tanto che possono  tranquillamente permetter-si non  solo di non guardarli direttamente, ma anche di voltare le spalle.  I personaggi visti da dietro, infatti, sono un espediente per coinvol-gere lo spettatore nell’azione, dal momento che rappresentano  “quelli  che  ci  stanno  davanti”, proiettando in tal modo noi osservatori diretta-mente all’interno della narrazione pittorica. 

14.4

Il bacio di Giuda1303-1305. Affresco, 200×185 cm Ciclo delle Storie di Cristo. Parete meridionale

Realizzato nel terzo quadro del registro  infe-riore della parete di destra [31], mostra senza 

dubbio uno dei momenti di massima maturità espressiva  dell’arte  di  Giotto.  Al  centro  del  di-pinto Giuda ❚  bacia Cristo,  avvolgendolo  in un 

A66 Itinerario14 14 GiottoaPadova.LaCappelladegliScrovegni A67

Nella  celebre  allegoria  della  Carità  (Karitas) [47]  l’artista  rappresenta,  di  fatto,  una  statua in marmo bianco,  riuscendo  a  dare  con  i  soli mezzi  della  pittura  l’illusione  concreta  della terza dimensione. I modelli di riferimento sono probabilmente ripresi dalle sculture di Giovanni Pisano: solenni e realistiche allo stesso tempo. Il personaggio veste i panni di una fanciulla che regge  con  la mano destra un  cestino di  rose, spighe, melagrane, nocciole e un riccio semia-perto con tre castagne, simbolo dei frutti che la terra dona in tutte le stagioni. Con la sinistra, invece, offre sorridente il proprio cuore a Gesù, che si protende per riceverlo dal margine supe-riore destro della cornice dipinta. Con la pun-tuale  rappresentazione della  statua all’interno di  una  nicchia  in  prospettiva  Giotto  dimostra una  sensibilità  già  anticipatrice  di  quello  che sarà  il  senso  dello  spazio  rinascimentale,  nel quale  i  personaggi  non  saranno  realistici  solo per  le  loro  fattezze ma anche per  la  loro col-locazione. 

❚CorettoDiminutivo di còro, che nell’architettura religiosa sta a  indicare  lo  spazio  (solitamente  attorno  all’altare maggiore di una chiesa) nel quale si riunisce il clero per recitare le preghiere o per cantare nel corso del-le celebrazioni.

14.6

Coretti1303-1305. Affresco  Parete orientale, registro inferiore sinistro dell’arco trionfale. Particolare. 

Dove il gioco prospettico si fa più raffinato e ardito è, comunque, nei due cosiddetti co-

retti ❚ posti ai lati dell’arco trionfale, sulla parete orientale della cappella, subito sopra lo zoccolo perimetrale  dipinto  a  finto  marmo.  Essi  sono inquadrati  attraverso  due  archi  a  sesto  acuto e  simulano,  grazie  all’artificio  della  prospetti-va, la presenza di due ulteriori locali retrostanti 

coperti con volte a crociera e  illuminati grazie a esili bifore. Dal centro delle crociere dei co-retti,  infine,  pendono  due  lampadari  cilindrici in ferro battuto e  la  loro presenza accresce  in modo  ancora  maggiore  l’illusione  della  pro-fondità spaziale. Nel coretto di sinistra [40],  in particolare,  le  pareti  di  fondo  sono dipinte  in modo  da  sembrare  scompartite  da  leggeri  ri-lievi quadrangolari, mentre l’azzurro delle vele è ulteriormente evidenziato dal rosso dei profili degli archi e delle nervature.

La prospettiva giottesca, pur essendo ancora di tipo intuitivo e, di conseguenza, non costrui-ta  in  base  a  regole  geometrico-matematiche, libera i personaggi, le architetture e gli oggetti dall’immobile astrattezza della tradizione pitto-rica gotico-bizantina, cercando di proiettarli in una dimensione più vicina alla realtà dell’espe-rienza quotidiana. 

È per questo motivo, infatti, che le narrazio-ni  bibliche  della  cappella  sono  così  cariche  di spontaneità ed efficacia, come se quegli anti-chissimi avvenimenti si stessero svolgendo sot-to i nostri occhi con le forme, i colori e l’imme-diatezza di un evento dei nostri giorni. 

14.5

La Carità (Kàritas) 1303-1305. Affresco, 120×60 cm Ciclo allegorico delle Virtù. Parete meridionale

Nello  zoccolo  monocromo  con  le  allegorie delle sette Virtù e dei sette Vizi Capitali  il 

grande pittore fiorentino si cimenta con il non facile compito di simulare una ricca fascia de-corativa in marmi policromi e di rendere, con il solo impiego del chiaroscuro, il senso del rilievo e del volume tipico di una scultura a tutto ton-do. Si tratta di una prova d’abilità straordinaria, per realizzare la quale Giotto ha studiato i mar-mi  antichi  (a  Roma)  e  quelli  bizantini,  analiz-zando a  fondo  le  loro caratteristiche fisiche e cromatiche e riuscendo a riprodurne, oltre alle venature, addirittura la grana, la lucentezza e le diverse porosità.