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Giappone ©2008 Andrea Soldati Pagina 1 Il Giappone (日本/日本国 Nihon o Nippon, ufficialmente Nihon-koku o Nippon-koku) è uno stato insu- lare dell'Asia O- rientale. Situato nell'oceano Paci- fico, giace ad est di Cina, Corea e Russia, allun- gandosi dal mare di Okhotsk a nord fino al Mar Cinese Meridio- nale a sud. I ca- ratteri che com- pongono il nome del Giappone si- gnificano lette- ralmente "Origi- ne del sole", per- ciò il Giappone è a volte conosciu- to come «Paese del Sol Levante», un nome che deriva dalla posizione orientale del paese rispetto alla Cina. Aspetti geofisici e climatici Con una superficie di 377.872 km², il Giappone è la sessantaduesima nazione per dimensioni. Comprende oltre 3.000 isole, le più grandi delle quali sono Honshū, Hokkaidō, Kyūshū e Shikoku. L’arcipelago costituisce la parte emersa di una grande catena montuosa, in origine appartenen- te al continente asiatico, dal quale si separò nel cenozoico. La maggior parte delle isole, quindi, è montuosa e molte sono vulcaniche. In nessun punto del Giappone la distanza dal ma- re supera i 120 km. Le coste giapponesi, molto sviluppate in propor- zione alla superficie totale del paese, si estendo- no, con numerose baie e insenature, per 29.751 km. Quelle pacifiche sono in prevalenza frasta- gliate, in conseguenza dell’azione erosiva delle maree e di violente tempeste. La costa occidenta- le di Kyushu, sul mar Cinese orientale, rappresen- ta la parte più irregolare del litorale giapponese. Qualche insenatura navigabile si trova sulla costa orientale sopra Tokyo, ma è a sud dell’omonima baia che sono situati molti dei più importanti porti e baie del Giappone. Tra Honshu, Shikoku e Kyushu si trova il Mare Interno, disseminato di isole e collegato Figura 1 Posizione geografica del Giappone Figura 2 Mappa fisica del Giappone

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Giappone

©2008 Andrea Soldati Pagina 1

Il Giappone (日本/日本国 Nihon o Nippon, ufficialmente Nihon-koku o Nippon-koku) è uno stato insu-

lare dell'Asia O-

rientale. Situato

nell'oceano Paci-

fico, giace ad est

di Cina, Corea e

Russia, allun-

gandosi dal mare

di Okhotsk a

nord fino al Mar

Cinese Meridio-

nale a sud. I ca-

ratteri che com-

pongono il nome

del Giappone si-

gnificano lette-

ralmente "Origi-

ne del sole", per-

ciò il Giappone è

a volte conosciu-

to come «Paese del Sol Levante», un nome che deriva dalla posizione orientale del paese rispetto alla Cina.

Aspetti geofisici e climatici

Con una superficie di 377.872 km², il Giappone è la sessantaduesima nazione per dimensioni. Comprende

oltre 3.000 isole, le più grandi delle quali sono

Honshū, Hokkaidō, Kyūshū e Shikoku.

L’arcipelago costituisce la parte emersa di una

grande catena montuosa, in origine appartenen-

te al continente asiatico, dal quale si separò nel

cenozoico. La maggior parte delle isole, quindi, è

montuosa e molte sono vulcaniche.

In nessun punto del Giappone la distanza dal ma-

re supera i 120 km.

Le coste giapponesi, molto sviluppate in propor-

zione alla superficie totale del paese, si estendo-

no, con numerose baie e insenature, per 29.751

km. Quelle pacifiche sono in prevalenza frasta-

gliate, in conseguenza dell’azione erosiva delle

maree e di violente tempeste. La costa occidenta-

le di Kyushu, sul mar Cinese orientale, rappresen-

ta la parte più irregolare del litorale giapponese.

Qualche insenatura navigabile si trova sulla costa

orientale sopra Tokyo, ma è a sud dell’omonima baia che sono situati molti dei più importanti porti e baie

del Giappone. Tra Honshu, Shikoku e Kyushu si trova il Mare Interno, disseminato di isole e collegato

Figura 1 Posizione geografica del Giappone

Figura 2 Mappa fisica del Giappone

Giappone

©2008 Andrea Soldati Pagina 2

all’oceano Pacifico e al mare del

Giappone da tre esigui stretti

ramente colpiti dalle tempeste o-

ceaniche. La linea costiera occiden-

tale, che si affaccia sul calmo mare

del Giappone, è relativamente po-

co articolata e ha un’estensione

inferiore ai 4.830 km; sole insena-

ture rilevanti sono la baia di Waka-

sa e la baia di Toyama nell’isola di

Honshu.

Il territorio, molto irregolare, è ca-

ratterizzato dal succedersi di alte

montagne e vallate profonde, con

pianure alluvionali di limitata e-

stensione poste sui fondivalle e

presso gli sbocchi costieri dei fiumi.

A causa di questa frammentazione

delle aree pianeggianti, il terreno

coltivabile è modesto, il 12,9% della

superficie totale del paese. La caratteristica dominante del territorio giapponese è dunque rappresentata

dai rilievi, che fanno parte di un unico allineamento montuoso, diviso in diverse catene. I due versanti del ri-

lievo, che attraversa le isole in direzione nord-sud, digradano verso la costa, dove formano baie e insenature

portuose. A nord, l’isola di Hokkaido è interessata da una fascia vulcanica che, partendo dalle Curili, attra-

versa l’isola, ri-

comparendo, al

di là dello stret-

to di Tsugaru,

nell’isola di Hon-

shu in due file

parallele. La ca-

tena minore, che

si allunga inte-

ramente nel

nord-est, separa

la valle del fiu-

me Kitakami

dall’oceano Pa-

cifico. La catena

principale si e-

stende invece

verso sud-ovest,

dove incontra

una massa mon-

tagnosa che cir-

Figura 3 Il vulcano Monte Fuji (3776 m), che si trova sull'isola di Honshu nei pressi di Tokyo, è la vetta più alta del Giappone, nonché uno dei simboli di questo paese. Considerato una montagna sacra, è meta di pellegrinaggi e di turisti che visitano i numerosi templi e santuari buddhisti situati sulle sue pendici.

Figura 4 Una veduta aerea di Uotsuri, una delle cinque piccole isole vulcaniche che formano il gruppo delle Senkaku, nel Mar Cinese Orientale. Formalmente sotto il controllo amministrativo giapponese, le isole Senkaku sono in realtà un territorio conteso tra Cina, Taiwan e Giappone. Le isole sono disabitate e la loro superficie è di 7 km².

Giappone

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conda l’altopiano del fiume Shinano, per formare

una cintura di montagne, le più alte del Giappone,

che attraversano la parte più selvaggia dell’isola.

L’altezza massima, 3.776 m, è rappresentata dal

monte Fuji, un vulcano in fase di quiescenza situato

nei pressi di Yokohama. Esso costituisce uno dei sog-

getti preferiti dell’arte giapponese per la sua altezza

incomparata, la forma singolare e l’eccezionale bel-

lezza. Per i giapponesi rappresenta uno degli

ti territoriali di maggior carica simbolica, sia perché è

il vertice dell’arcipelago, sia perché è un vulcano, sia

perché la sua ascensione è una sorta di sacra

zione alla conoscenza della natura.

Tra le catene che formano la dorsale giapponese,

quella delle Alpi Giapponesi è la più imponente e

quella che offre i paesaggi più interessanti. La cima

più alta di questa catena è il monte Hida (3.190 m).

Altre catene si elevano sulle isole di Hokkaido (dove

la cima più alta è il monte Taisetsu-Zan, che rag-

giunge 2.290 m), Shikoku (il monte Ishizuchi, con

1.982 m, è il più alto dell’isola) e Kyushu (dove i rilievi

sono di altezza inferiore). A testimonianza

dell’intenso vulcanismo che, insieme alla forte insta-

bilità sismica, ha caratterizzato la formazione geolo-

gica del paese, sul territorio giapponese sorgono an-

cora circa 200 vulcani, una cinquantina dei quali tut-

tora attivi, mentre numerosissime sono le sorgenti

termali.

Le zone pianeggianti più este-

se, situate perlopiù intorno ai

corsi inferiori dei principali

fiumi e lungo la costa, si tro-

vano nell’isola di Hokkaido:

lungo il corso del fiume Ishika-

ri nella parte occidentale

dell’isola, lungo il fiume Toka-

chi a sud-est e intorno alle cit-

tà di Nemuro e Kushiro sulla

costa centrorientale. Nell’isola

di Honshu vi sono diverse zone

pianeggianti; le maggiori sono

la piana di Osaka, all’interno

della zona del Kansai, dove

sorgono le città di Kobe, Kyoto

e Osaka; quella del Kanto, do-

Figura 5 Nella sezione settentrionale delle Alpi Giapponesi svetta il Kamikochi, una vetta molto frequentata da alpinisti e amanti del trekking, inclusa nel territorio del Parco nazionale Chubusangaku.

Figura 6 L'Isola di Okinawa

Giappone

©2008 Andrea Soldati Pagina 4

ve si trovano Tokyo e Yokohama; Nagoya è la principale città della piana di Nobi. Nell’isola di Kyushu la pia-

nura più estesa è quella di Tsukushi.

Hokkaidō

Hokkaido (giapponese Hokkaidō) è l’isola più settentrionale, e la seconda per estensione, dell’arcipelago

giapponese. È situata tra il mar del Giappone a ovest, il mare di Ohotsk a nord e l’oceano Pacifico a est.

Corrispondente all’antica

Yezo, è separata dall’isola

di Sahalin, a nord, dallo

stretto di La Pérouse (noto

in Giappone come stretto

di Soya), da Honshu, a

sud, dallo stretto di Tsu-

garu, e dalle isole Curili, a

nord-est, dallo stretto di

Nemuro.

L’isola, di forma irregola-

re, ha un’estensione mas-

sima di 450 km, e una su-

perficie (comprese le isole

minori) di 78.460 km². Le

estati sono fresche e gli

inverni particolarmente

rigidi a causa della corrente fredda di Oyashio (o delle Curili). Il territorio di Hokkaido è caratterizzato da

una serie di sistemi montuosi e di massicci vulcanici, che si elevano oltre i 2.000 metri: la massima altitudine

è data dal Taisetsu-Zan, di 2.290 m. I litorali sono perlopiù pianeggianti e numerosi sono i fiumi che scendo-

no dai monti, tra i quali i più lunghi sono lo Ishikari e il Tokachi.

Honshū

Honshu (giapponese Honshū), è la maggiore delle isole giapponesi, tanto da essere localmente denominata

“la terraferma”. A nord lo stretto di Tsugaru la separa dall’isola di Hokkaido, a est e a sud-est è bagnata

dall’oceano Pacifico, a sud dal Mare Interno, che la separa dalle isole di Shikoku e Kyushu, e a ovest è ba-

gnata dal mar del Giappone. L’isola si estende da nord-est a sud-ovest per 1.000 km, ha una larghezza mas-

sima di 241 km e una superficie di 230.455 km².

Come le altre isole giapponesi, Honshu è quasi interamente montuosa; le poche pianure sono situate lungo

le coste o nelle valli dei fiumi principali. Le cime più elevate dell’isola (e del Giappone) si trovano nelle Alpi

giapponesi, che sono la catena principale dell’isola. Il monte Fuji, la più alta vetta del paese, raggiunge i

3.776 m. Il monte Asama, il vulcano più attivo del Giappone (dopo una violenta eruzione nel 1965 ha erutta-

to di nuovo nel 1990 e nel 2003), che ha un’altitudine di 2.542 m, è situato circa 140 km a nord-ovest di To-

kyo. L’isola è soggetta a frequenti e violenti terremoti.

I fiumi principali sono il Tone, che sfocia nell’oceano Pacifico, poco a nord di Tokyo, con un vasto estuario; il

Kitakami, nel nord-ovest dell’isola, che sfocia nel Pacifico; lo Shinano, che sfocia sulla costa occidentale; il

Kino, che si getta nel mare Interno. Numerosi sono i laghi, tra cui il maggiore è il lago Biwa (670 km²), situa-

to a nord-est di Kyoto, che è una nota località di villeggiatura.

Figura 7 Isola di Hokkaido: I monti attorno alla cittadina di Rusutsu

Giappone

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Il clima presenta forti variazioni regionali. Inverni rigidi, con abbondanti nevicate, sono frequenti nella parte

occidentale dell’altopiano centrale e nella parte settentrionale dell’isola. Grazie alla calda corrente Kuro-

shio, le regioni costiere orientali della zona centrale dell’isola godono di inverni particolarmente miti. Sotto

l’influsso del monsone sudoccidentale, le estati sono generalmente calde e umide, con temperature massi-

me di 35 °C. I tifoni, comuni alla fine dell’estate, provocano spesso gravi inondazioni.

Shikoku

Shikoku Isola del Giappone, la più piccola delle quattro principali dell'arcipelago. È situata nell'oceano Paci-

fico settentrionale, a sud-ovest dell'isola di Honshu, da cui la separa il mare Interno, e a est dell'isola di Kyu-

shu. Il territorio, che ha

una superficie di

18.800 km², è preva-

lentemente montuoso

(raggiunge la massima

elevazione nel monte

Ishizuchi, di 1.982 m),

con pianure poco este-

se situate lungo la costa e nelle valli dei principali fiumi, ed è coperto di foreste.

Kyūshū

Kyushu (giapponese Kyūshū), è la più meridionale delle quattro isole principali che costituiscono l'arcipelago

del Giappone. Gli stretti di Kammon e di Bungo la separano rispettivamente dalle isole di Honshu e di Shiko-

ku. Kyushu ha una forma molto irregolare e un territorio montuoso; ha una superficie di 36.554 km² e un'e-

levazione massima di 1.788 m nel Kuju-San. La linea costiera è profondamente frastagliata, in particolare

nella parte meridionale, dove l'insenatura di Kagoshima-Wan si addentra per 65 km, con un'imboccatura

larga circa 12 km; le due baie di Ariake-Kai e di Yatsushiro-Kai, sulla costa occidentale, raggiungono un'am-

piezza complessiva di 120 km. Numerosi sono i fiumi, che hanno però un corso breve.

Idrografia

A causa della particolare conformazione, stretta ed allungata, delle isole giapponesi, i fiumi che disvolgono

il loro corso dallo spartiacque alla costa, sono generalmente brevi. Essi, inoltre, rigonfi durante il disgelo

primaverile o le piogge estive, diventano esigui corsi d’acqua durante la stagione asciutta; la scarsa profon-

dità e le frequenti rapide ne permettono poi la navigazione unicamente a imbarcazioni molto leggere. Il

fiume più lungo è lo Shinano, nell’isola di Honshu, con un corso di circa 370 km; sull’isola altri fiumi impor-

tanti sono il Tone, il Kitakami, il Tenryu e il Mogami. Tra i principali fiumi di Hokkaido vi sono l’Ishikari, se-

condo fiume giapponese per estensione del bacino, oltre al Teshio e al Tokachi. Lo Yoshino è il maggiore

Figura 8 Con i suoi 1.982 m d'altezza, il monte Ishizuchi è la vetta più elevata dell'isola giapponese di Shikoku. È una delle sette vette sacre del paese, meta di pellegrinag-gio; il nome significa "maglio di pietra". La zona, di notevo-le interesse naturale e stori-co, è tutelata all'interno del Parco nazionale Ishizuchi.

Giappone

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fiume di Shikoku. Numerosi sono i laghi, alcuni formati da sbarramenti delle valli fluviali; in gran parte sono

situati in montagna, dove spesso sono diventati luoghi di soggiorno estivi. Il principale è il lago Biwa,

nell’isola di Honshu, che ha una superficie di 670 km².

Demografia

Il paese conta 127.467.970 abitanti (2007), e ha una densità media pari a 340 persone per km², di cui il 66%

vive nelle aree metropolitane.

Le teorie più accreditate considerano i giapponesi come il risultato di immigrazioni dal vicino continente a-

siatico di genti di razza essenzialmente mongolica, simile nell’aspetto ai cinesi ed ai coreani. Esse si sarebbe-

ro sovrapposte alle popolazioni originarie, autoctone, di cui gli ultimi rappresentanti sarebbero gli ainu, una

popolazione caucasica oggi residente soprattutto nell’isola di Hokkaido.

La lingua ufficiale del paese è il giapponese; abbastanza diffuso tra la popolazione, soprattutto nelle grandi

città, è l’inglese. Le principali confessioni religiose sono: lo scintoismo, che si fonda sul culto degli antenati e

della natura e che si organizza in circa 200 sette con denominazioni diverse, e il buddhismo, organizzato in

altrettante sette e

denominazioni. Il cri-

stianesimo, rappre-

sentato da protestan-

ti, cattolici e greco-

ortodossi, è professa-

to da meno del 4%

della popolazione. Si

ritiene che pressoché

tutti i giapponesi, ec-

cetto i cristiani, siano

scintoisti, e che la

maggioranza di colo-

ro che professano lo

scintoismo siano an-

che buddhisti.

Lo scintoismo è intrins

ecamente legato alla

storia del Giappone.

Alla fine del XIX secolo

venne infatti reso religione di stato e un forte accento venne posto sul culto della figura divina

dell’imperatore e sull’origine divina del popolo giapponese; tutti i giapponesi, indipendentemente dal loro

credo religioso, furono obbligati a praticare il culto nei templi scintoisti. Lo scintoismo perse tuttavia il suo

carattere istituzionale quando il 1° gennaio 1946 l’imperatore Hirohito rinunciò a ogni pretesa di divinità; la

Costituzione promulgata nel 1947 riaffermò l’assoluta libertà di religione, abolendo il sostegno dello stato

allo scintoismo.

Il sistema dell’istruzione è molto sviluppato e l’analfabetismo è quasi inesistente: nel 1995 il tasso di alfabe-

tizzazione della popolazione adulta era del 99%. L’inglese, lingua delle relazioni con l’estero, è materia di

studio obbligatoria fin dalla scuola elementare accanto al giapponese, lingua ufficiale del paese.

Pur subendo l’influenza della Cina, delle sue arti e della sua scrittura, il sistema scolastico giapponese rimase

a lungo appannaggio delle famiglie nobili, che potevano contare su strutture scolastiche private. Solo negli

Figura 9 Uno scolaro di Tokyo si esercita nella calligrafia, per imparare la quale si richiede ancora l'uso del caratteristico pennello. La scrittura giapponese usa gli ideogrammi cinesi insieme a due alfabeti sillabici, i fonogrammi.

Giappone

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anni del Medioevo, la funzione di istruire passò ai templi buddhisti e rimase di loro competenza fino a quan-

do, durante l’impero Tokugawa, che dominò il paese a partire dal 1600, la diffusione delle strutture scolasti-

che favorì la nascita di una delle più colte società premoderne. Con la cosiddetta restaurazione Meiji, il

Giappone conobbe dal 1868 in poi una radicale trasformazione che si espresse anche in campo educativo.

Nel 1872 fu infatti istituito un ministero dell’Istruzione e nello stesso anno venne formulato un piano per un

sistema scolastico unico, integrato e generalizzato dell’istruzione primaria. Il governo inviò apposite missioni

in Europa e negli Stati Uniti per apprendere nuovi metodi didattici; professori stranieri furono invitati a inse-

gnare nelle università giapponesi. Nel 1877 venne fondata l’Università di Tokyo, ancora oggi la più presti-

giosa del paese. In seguito a queste riforme, il Giappone divenne una nazione moderna, dotata di un siste-

ma scolastico completo e al passo con le strutture esistenti nei paesi occidentali.

Oggi l’istruzione è gratuita e obbligatoria per nove anni (i sei della scuola elementare e i tre della scuola

media inferiore). L’istruzione secondaria superiore, facoltativa, prevede una tassa di iscrizione, anche nelle

scuole pubbliche e negli istituti pubblici di istruzione superiore. Esistono anche scuole di formazione tecnica,

commerciale e professionale, così come istituti per studenti disabili. Il sistema scolastico pubblico, fortemen-

te competitivo, è affiancato da molti istituti privati.

In Giappone esistono circa 60 università statali (di cui 7 ex imperiali), oltre a numerosi atenei privati. Fra le

più antiche e prestigiose istituzioni accademiche pubbliche si annoverano: l’Università di Hokkaido, fondata

a Sapporo nel 1876; quella di Tokyo (1877) e di Kyoto (1897). I principali atenei privati sono: l’Università Do-

shisha (1875) a Kyoto; l’Università Hosei (1880), quella di Waseda e quella di Kejo, tutte tre a Tokyo;

l’Università Kansai (1886) a Osaka.

Divisioni amministrative e città principali

Suddiviso in otto regioni geografiche (Hokkaido, Tohoku, Kanto, Chubu, Kansai-Kinki, Chugoku, Shikoku,

Kyushu) e in 47 prefetture o loro equivalenti, includendo Okinawa che fu restituita al Giappone dagli Stati

Uniti nel 1972 , il Giappone è caratterizzato da una forte contrapposizione fra zone rurali, sempre meno abi-

tate, e zone urbane che, nel corso del Novecento soprattutto, hanno avuto un eccezionale sviluppo. Ogni

prefettura è amministrata da un governatore elettivo e da un’assemblea; ogni municipalità all’interno delle

prefetture ha una pro-

pria assemblea legisla-

tiva, composta da rap-

presentanti eletti a suf-

fragio universale; le

municipalità hanno po-

teri piuttosto vasti: sono competenti in materia di istruzione e possono imporre tributi.

Figura 10 Il Palazzo Imperiale di Tokyo, residenza della famiglia imperiale giappone-se, sullo sfondo del centro direzionale di Otemachi, nel centro della città. Al palazzo, separato dal resto della città da mura e fossati, il pubblico può accedere due volte l'an-no: il due gennaio e il giorno del compleanno dell'impera-tore.

Giappone

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Le aree urbanizzate si

trano lungo le coste dove le

città sono sorte in

denza delle zone pianeggianti

e coltivabili, sviluppandosi poi

come centri portuali e indu-

striali. Nell’isola di Honshu la

successione delle città costiere

sul lato del Pacifico è ininter-

rotta, al punto da poter parla-

re di un’unica grande conur-

bazione o di megalopoli, este-

sa da Tokyo-Yokohama sino a

Osaka, e comprendente diver-

se città plurimilionarie, per un

totale di oltre 25 milioni di abi-

tanti. La città maggiore è To-

kyo, centro finanziario e com-

merciale del paese; l’agglomerato urbano raggiunge quasi i dodici milioni. Altre grandi città sono: Yokoha-

ma, porto e cantiere nava-

le di primaria importanza,

nonché centro

dell’industria chimica, me-

tallurgica, petrolifera e

della produzione di mac-

chinari; Osaka, importante

porto e scalo aeroportua-

le, nonché tra i principali

centri finanziari del paese;

Nagoya, centro industriale

che si distingue per le por-

cellane, i tessili e la cera-

mica; Kyoto, la capitale

storica, nota soprattutto

per le attività nel campo

della produzione di oggetti

d’arte, tra cui la tessitura e

la stampa della seta; e Ko-

be, importante porto, sede

di cantieri navali e nodo della rete dei trasporti. Vi sono poi un centinaio di città con una popolazione supe-

riore ai 250.000 abitanti.

Tokyo è la sede delle maggiori biblioteche del paese; fra le raccolte librarie delle altre città si ricordano le

biblioteche di Osaka e di Kobe.

Anche i più importanti musei giapponesi si trovano nella capitale: la principale raccolta d’arte del paese è il

Museo nazionale di Tokyo. In altre città del Giappone si conservano tuttavia importanti collezioni: una delle

Figura 11 Chuo Dori è la via principale di Ginza, quartiere centrale di Tokyo famoso per l'alta concentrazione di locali notturni, ristoranti e negozi.

Figura 12 Osaka è un'importante centro industriale e finanziario con ampi viali e pochi spazi aperti, caratterizzato da edifici alti e moderni e collegato da sei linee di metropolitana che si intersecano a Umeda, nella parte settentrionale della città.

Giappone

©2008 Andrea Soldati Pagina 9

più notevoli è quella del Museo nazionale di Kyoto. Kyoto e Nara, entrambe antiche capitali, sono poi esse

stesse musei all’aria aperta, viste le vestigia del passato che conservano.

Ordinamento dello Stato

Da quando è stata adottata la costituzione, il 3 maggio 1947, il Giappone è rimasto una monarchia costitu-

zionale ereditaria con un imperatore e un parlamento eletto.

La successione avviene secondo linea maschile della famiglia imperiale. Con la sconfitta nella seconda guer-

ra mondiale, l’imperatore ha dovuto rinunciare alle sue prerogative di “discendenza divina” ed ai suoi poteri

politici. Attualmente ha solo funzione di rappresentanza (dell’unità nazionale) e svolge funzioni puramente

cerimoniali. All’imperatore, almeno nominalmente, spetta anche la nomina del primo ministro, sulla base

dell’esito delle consultazioni elettorali. Generalmente il primo ministro è espressione del partito di maggio-

ranza.

Il primo ministro nomina il consiglio di gabinetto, che gestisce il

potere esecutivo, ed è responsabile del proprio operato di fron-

te alla Dieta.

La Dieta è uno dei corpi legislativi più vecchi dell'Asia. È compo-

sta da due camere: la Camera dei rappresentanti (Shugi-in o

Camera bassa), che conta 480 membri eletti a suffragio univer-

sale in carica per quattro anni, e la Camera dei consiglieri (San-

gi-in o Camera alta), con 247 membri eletti a suffragio univer-

sale per un termine di sei anni, rieleggibili per metà ogni tre.

All’interno della Dieta il maggior potere spetta alla Camera

bassa, che può porre il veto sulle decisioni prese dalla Camera

alta. Hanno diritto al voto tutti i cittadini a partire dai 20 anni di età.

Il sistema giudiziario giapponese è ispirato al diritto europeo continentale, con influenze anglosassoni; pre-

vede una Corte suprema presieduta da un giudice nominato dall’imperatore su indicazione del governo. È in

vigore la pena di morte.

Economia

L'economia del Giappone è la seconda al mondo dopo quella degli Stati Uniti, con un prodotto interno lordo

di 4.22 bilioni di dollari. Caratterizzata da un forte dominio da parte di grandi aziende private (keiretsu) e

dall'elevata qualità di vita della popolazione, vede la prevalenza dei settori terziario (banche, assicurazioni,

commercio, intrattenimento) e dell'industria (automobili, motociclette, navi, petrolio, elettronica di consu-

mo, microelettronica, robotica). I punti di forza sono la grande capacità produttiva, dovuta ad un forte inte-

resse sulla ricerca e lo sviluppo, e i buoni rapporti che il Paese ha con gli USA, l'Unione Europea e il resto

dell'Asia orientale. Il Giappone ha impiegato gli enormi profitti commerciali accumulati nel corso degli anni

Settanta e Ottanta del Novecento per compiere massicci investimenti all’estero, diventando il primo paese

creditore del mondo.

Il Giappone è anche il sesto principale esportatore ed importatore. È membro delle Nazioni Unite, del G8, del

G4, dell'OCSE e dell'APEC.

Attualmente il paese è il più ricco dell’Asia.

Figura 13 Il palazzo della Dieta Nazionale a Tokyo

Giappone

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Industria

Malgrado la scarsità di materie prime, e nonostante i gravi danni subiti nel corso della seconda guerra

mondiale, il Paese dispone di un sistema industriale molto sviluppato, soprattutto nei settori dell'automobile

e dell'elettronica di consumo.

L’industria automobilistica nipponica è seconda solo a quella statunitense, ed altrettanto sviluppata è quella

motociclistica.

Importanti sono anche le industrie chimiche (petrolio, gomma, materie plastiche, fibre sintetiche), metallur-

giche, tessili, alimentari e dei laterizi.

Risorse minerarie ed energetiche

Il Giappone dispone di diverse risorse minerarie, ma generalmente in quantità limitata, per cui è costretto a

forti importazioni di materie prime, necessarie alla sua poderosa attività industriale, di trasformazione e

manifatturiera. Vi sono generalmente giacimenti di carbone, rame, piombo, zinco e quarzite, ma tutti in

quantità insufficienti a soddisfare la domanda interna. Il paese è tra i principali produttori mondiali di ener-

gia elettrica, di cui circa il 63,7% proviene da centrali termiche, alimentate a carbone o a petrolio; gli im-

pianti idroelettrici forniscono il 10,23% e le centrali nucleari il 23,3%; sono attivi 55 reattori.

In mancanza di sufficienti risorse energetiche interne, il Giappone dipende dalle importazioni di combustibili.

Grazie ai progressi raggiunti nella resa e nel risparmio energetici, il tasso di consumo annuo di energia in

Giappone è calato dal 6,1% del periodo tra il 1965 e il 1980 all’1,9% nel periodo dal 1980 al 1988, mentre la

quota annua rappresentata dai prodotti combustibili sul totale delle importazioni è scesa dal 19% al 14%.

Agricoltura e settori correlati

L’Agricoltura e l’allevamento hanno un ruolo marginale, benché entrambi siano molto modernizzati, il setto-

re primario fornisce l’1,3% (2003) del PIL e impiega il 4,4% della forza lavoro. La produzione di riso, che oc-

cupa oltre il 40% del terreno coltivato, intorno alla metà degli anni Novanta generava da sola circa un terzo

dell’intero reddito agricolo; il riso co-

stituisce infatti ancor oggi il principale

alimento dei giapponesi, anche se una

significativa sovrapproduzione, dovuta

in parte allo sviluppo di alcune varietà

di riso a maggior rendimento, ha tut-

tavia cominciato a verificarsi con la

graduale trasformazione nei consumi

alimentari della popolazione. Frumen-

to e orzo rappresentano altre impor-

tanti colture cerealicole, cui vanno ag-

giunte le coltivazioni di patate e pata-

Figura 14 i tonni appena pescati vengono con-

trassegnati da etichette per essere venduti al

mercato all'ingrosso di Tsukiji, a Tokyo. Il pesce

è uno degli alimenti più diffusi in Giappone;

l'industria ittica è quindi un'attività economica

di primaria importanza e il paese vanta una del-

le maggiori flotte da pesca del mondo.

Giappone

©2008 Andrea Soldati Pagina 11

te dolci, barbabietole da zucchero, canna da zucchero, agrumi, ortaggi, tra cui cavoli, cipolle e pomodori, e

frutti diversi, come mele, pesche, pere, e poi soia, tè, tabacco e molti altri prodotti ortofrutticoli. Data

l’esiguità del terreno coltivabile e il suo conseguente, elevato valore, all’allevamento viene invece riservata

una superficie modesta; ciononostante, nel 2006, i suini allevati erano 9.620.000, i bovini 4.390.000, polla-

me e volatili 283 milioni.

Il terreno coltivabile è diviso in piccoli appezzamenti, di cui il 70% inferiori o pari a 1 ettaro coltivati da con-

tadini che per la gran parte lavorano anche a mezza giornata nell’industria. Prevale la coltura intensiva e

nella sezione meridionale dell’arcipelago sono spesso effettuati due o più raccolti l’anno, il che ha causato

un diffuso impoverimento del terreno; grazie al massiccio impiego di fertilizzanti chimici, di migliori varietà

di colture e di tecniche produttive avanzate, la produzione realizzata nelle aziende agricole giapponesi è tut-

tavia tra le più elevate al mondo.

Il Giappone è, invece, il primo paese al mondo nella pesca, esercitata soprattutto nelle acque del Pacifico. Il

pesce, infatti, è per i giapponesi uno degli alimenti principali, secondo soltanto al riso.

Quella nipponica è una delle maggiori flotte da pesca del mondo, ed è attiva sia nella pesca costiera, sia in

quella al largo e di profondità. La pesca al largo, in particolare, effettuata con imbarcazioni di media stazza

è responsabile di un quarto del valore del pescato totale, così come la pesca in profondità, praticata in ac-

que internazionali da potenti battelli. La pesca esercitata lungo le coste, con modeste imbarcazioni, reti da

pesca o tecniche di allevamento, rappresenta invece quasi il 50% del totale del pescato, che nel 2004 am-

montava a 5.707.506 tonnellate ed era composto da sardine, bonito, granchi, lucci, gamberi, salmoni, gadi,

sgombri, seppie, calamari, costardelle, pagelli e tonni; il Giappone è inoltre tra i pochi paesi che praticano

ancora la caccia alla balena. Rilevante è anche la raccolta delle alghe marine.

Con circa il 70% della superficie ricoperta da foreste, in cui, per i due quinti, crescono alberi di legno dolce, il

paese è tra i principali produttori mondiali di legname (la produzione annua nel 2005 ammontava a

16.276.067 m³). Nonostante ciò, il Giappone deve ricorrere largamente all’importazione per soddisfare la

crescente domanda interna. I due terzi circa del patrimonio forestale sono di proprietà privata.

Terziario

Il settore terziario è molto sviluppato. Nonostante la crisi degli anni novanta, che ha visto chiudere numerosi

istituti di credito, le attività bancarie occupano tuttora un

posto di rilievo nel settore. Di ottimo livello sono anche i

segmenti delle assicurazioni, della comunicazione e dei tra-

sporti, per non dimenticare l’industria giapponese del fu-

metto e del cinema d’animazione. Anche il commercio in-

ternazionale è assai sviluppato, trainato da una produzione

industriale in continua crescita.

Il turismo, invece, risente ancora dell’elevato costo della vita

e degli alti costi di viaggio.

Finanza

La Banca del Giappone, fondata nel 1882, è la banca centra-

le, con funzioni di agente fiscale generale per conto del go-

verno ed è la sola autorizzata a emettere moneta. Il cuore

del sistema finanziario è costituito da un centinaio di istituti

di credito. La Borsa valori del Kabutocho, a Tokyo è uno dei

più importanti mercati mondiali per lo scambio di titoli e va-

Figura 15 IL palazzo della Borsa valori a Tokyo

Giappone

©2008 Andrea Soldati Pagina 12

lori. L’importanza della piazza finanziarie di Tokyo a livello mondiale si può facilmente comprendere dal fat-

to che il quartiere finanziario conta meno di mezzo milione di abitanti residenti, ma durante il giorno il flus-

so di persone è di 11 milioni.

Il sistema finanziario giapponese, però, ha anche diversi punti deboli, dati dal fatto che il paese ha mutuato

dagli USA il proprio assetto creditizio, senza tuttavia recepirne i sistemi di controllo. La copertura ed il con-

trollo sulle attività degli operatori finanziari, ed i sistemi di garanzia dei risparmiatori e dei piccoli investitori,

sono minimi, così come sono molto limitate anche le regole che governano l’attività del mercato borsistico.

L’unità monetaria del Giappone è lo yen (¥), diviso in 100 sen.

Il commercio internazionale

Prima della seconda guerra mondiale il Giappone era al quinto posto nel mondo per volume di commercio.

Nel 1939 le esportazioni giapponesi ammontavano a circa 928 milioni di dollari e le importazioni a circa 757

milioni. La maggior parte delle esportazioni erano dirette verso territori controllati dall’impero giapponese,

come la Manciuria e la Cina occupata; la bilancia commerciale annua con gli altri paesi, come Stati Uniti

d’America e Gran Bretagna, era passiva: le importazioni annue dagli Stati Uniti, ad esempio, superavano le

esportazioni per oltre 70 milioni di dollari. Nel 1946 le autorità di occupazione alleate permisero una ripresa

del commercio estero delle imprese private. Nel 2003 il valore totale delle importazioni ammontava a 383

miliardi di dollari USA, a fronte di esportazioni per 472 miliardi di dollari, facendo del Giappone il terzo pae-

se esportatore del mondo; oltre l’80% delle esportazioni è costituito da prodotti industriali, mentre il petro-

lio, grezzo e raffinato, rappresenta il 21,2% delle importazioni totali. Fino al 1993 le importazioni di riso era-

no proibite, ma gli scarsi raccolti del 1993 e del 1994 hanno costretto ad aprire le importazioni da Thailan-

dia, Australia e Stati Uniti e, come risultato delle negoziazioni dell’Accordo generale sulle tariffe e il com-

mercio, condotte nel corso dell’Uruguay Round, si è giunti a un graduale allentamento delle restrizioni.

Il commercio estero rappresenta un settore essenziale dell’economia giapponese. Il mercato interno è infatti

insufficiente ad assorbire l’intero volume della produzione industriale del paese. Inoltre, poiché il Giappone

deve importare gran parte delle materie prime da cui dipendono le sue industrie, l’esportazione di una por-

zione cospicua della produzione annua è necessaria per raggiungere l’attivo nella bilancia commerciale

Turismo

Ogni anno il Giappone è visitato da oltre 4 milioni di stranieri, ma è più consistente il turismo interno e quel-

lo verso l’estero. Le strutture ricettive giapponesi sono molto sviluppate non in relazione alle entrate dall'e-

stero, che come abbiamo detto sono abbastanza limitate, ma in relazione al turismo interno. Gli alberghi

sono ancora divisi in alberghi "per giapponesi" e alberghi "per stranieri". Per quanto riguarda gli alberghi

giapponesi presentano le "ryokan", stuole di paglia, al posto di materassi, "tatami", locande a gestione fa-

miliare e dei villaggi vacanze situati sulle montagne oppure sulle rive dei laghi. Gli alberghi per stranieri, in-

vece, appartengono a moderne catene alberghiere. Molti turisti, però, amano alloggiare nelle locande tradi-

zionali per assaporare ancora meglio la tradizione del Paese. Il motivo del limitato flusso turistico dall'estero

è dovuto sia alla difficoltà di raggiungere il territorio per la sua conformazione fisica e sia all'elevato tenore

di vita che rende poco competitivi i soggiorni.

Tuttavia, una storia millenaria, ed un rispetto per la natura che, nonostante il forte sviluppo industriale,

consente al paese di essere al secondo posto nel mondo per percentuale di superficie a foresta, uniti alla

presenza di numerose sorgenti termali, offrono numerosi spunti per organizzare tours del paese.

Per non dimenticare il turismo d’affari e di studio.

Giappone

©2008 Andrea Soldati Pagina 13

Siti culturali Il Giappone possiede undici World Heritage Sites, tra cui i monumenti buddhisti di Horyu-ji ed il Parco della

Pace di Hiroshima.

Parco della Pace di Hiroshima

Il Parco della Pace di Hiroshima (Hiroshima Peace Memorial, Genbaku Do-

me) fu l’unica struttura rimasta in piedi nell’area in cui, il 6 agosto 1945,

esplose la prima bomba atomica della storia. Grazie all’impegno di molte

persone ed organizzazioni (tra le quali la stessa amministrazione cittadina

di Hiroshima) il sito è stato conservato nello stesso stato in cui era nelle ore

immediatamente successive all’esplosione nucleare, a testimoniare il pote-

re distruttivo che la specie umana è riuscita a sviluppare. La speranza è che

simboli come questo inducano l’umanità a cercare la via della pace e, soprattutto a rinunciare alle armi a-

tomiche.

I monumenti buddisti dell’area di Horyu-ji

Horyu-ji è un complesso di 48 templi buddisti nei boschi dei sobborghi su-

doccidentali di Nara che può essere considerato un vero e proprio concen-

trato di cultura, arte e storia. Fondato nel 607, prima ancora che

l’imperatrice Gemmei scegliesse di costruire a Nara una capitale ispirata ai

modelli urbani della Cina, divenne il caposaldo dell’espansione della reli-

gione buddista e della cultura cinese nel Giappone del periodo Heian.

I suoi templi, chiostri e padiglioni, ispirati allo stile delle dinastie cinesi Wei

e Tang, sono le più antiche costruzioni in legno ancora esistenti al mondo, ed al loro interno conservano un

universo di statue (lignee, bronzee, di terracotta o di lacca secca) che rappresenta l’apice dell’arte statuaria

Giapponese, Cinese e Coreana.

Oltre che per la storia dell’arte, nei templi di Nara convivono l’architettura buddista cinese e le linee esteti-

che tipiche della cultura giapponese, il sito è importante per la storia della religione, in quanto conserva

pregevoli raffigurazioni di Buddha e Bidhisatva, nelle diverse interpretazioni, figure e positure (Amida,

Kwannon, Miroko, Sakyamuni).

Gusuku

Cinque secoli di storia Ryukiana (XII-XVII secolo) sono rappresentati in que-

sto gruppo di siti e singoli monumenti. Le rovine dei castelli, situati in posi-

zioni elevate, mostrano la struttura sociale tipica del periodo, mentre gli

edifici sacri costituiscono una rara testimonianza dell’antica religione giap-

ponese, giunta fino ai nostri giorni. Lo sviluppo economico ed i contatti cul-

turali del regno di Ryukyu tra il 1100 ed il 1600 fecero sviluppare in queste

isole una cultura unitaria ed unica.

Himeji-jo

Himeji-jo è il più bel esempio di castello giapponese del XVII secolo, il peri-

odo shogun, giunto fino ad oggi, costituito da 83 edifici protetti da sistemi

difensivi ingegnosi. È un fantastico esempio di costruzione in legno in cui si

Giappone

©2008 Andrea Soldati Pagina 14

combinano funzionalità ed estetica. All’interno del muro di cinta intonacato di bianco, è evidente l’armonia

tra la struttura massiccia degli edifici e la forma elegante dei tetti.

Il centro storico di Kyoto

Anche se il fuoco ha distrutto la maggior parte dei monumenti e degli edifici di legno che componevano la

città, fondata alla fine del VII secolo, ed edificata secondo le regole di pro-

gettazione delle città cinesi dell’epoca classica, i mille anni vissuti come

capitale trovano molte testimonianze nel tessuto urbano di Kyoto. Nelle

vie della metropoli moderna riemergono improvvisamente brani di passa-

to: giardini zen, templi e padiglioni buddisti, spazi per la cerimonia del te,

ville della classe aristocratica e migliaia di vecchie case di città posteriori

al 600, in cui l’antica tradizione si replica nelle porte scorrevoli di legno e carta di riso e nei pergolati su cui

appoggiano i tralci di glicini. La vecchia Kyoto, infatti, è un vero e proprio mosaico di luoghi, che ricreano il

racconto della vita di corte, della vita quotidiana, delle tradizionali cerimonie del te e dei riti religiosi.

Le cerimonie del te hanno, a Kyoto, luoghi speciali, come il piccolo tempio di Rokuharamitsuji, della seconda

metà del XIV secolo.

Mete preferite per gli omaggi alle piante (aceri, ciliegi, susini. hagi e loti) sono il settecentesco santuario di

Kitano Tenmangu, dove si festeggia a primavera la fioritura dei susini, ed il complesso di templi del Daigoji,

dove, sulle colline che circondano la pagoda a 5 piani risalente al 951, fioriscono i ciliegi, simbolo della cadu-

cità della vita.

I giardini zen, paesaggi secchi di sabbie, ghiaie e rocce, sono uno dei segreti della città, che nasconde il più

famoso nel Royanji, il più raffinato nel complesso di Daitokoji ed il più antico nel Tenryyuji.

Ma a Kyoto sono possibili numerose altre esperienze, come: ammirare la luna su uno stagno, ascoltare il fri-

nire delle cicale, onorare i morti accendendo i falò e rendere omaggio alle volpi per guadagnarsi il successo

negli affari.

Il centro storico di Nara

Nara fu la capitale giapponese fra il 710 ed il 784. Durante tale periodo si assistette al

consolidamento del potere centrale, e la città conobbe un momento di grande prosperità,

divenendo il centro della cultura giapponese. Tra i monumenti del suo centro storico tro-

viamo: templi buddisti, santuari scintoisti ed i resti dell’antico palazzo imperiale. Il loro in-

sieme ci fornisce una vivida immagine della vita nella capitale giapponese nell’VIII secolo,

periodo di profondi cambiamenti culturali e politici.

Hirakawa-go e Gokayama

Situati in una regione montuosa rimasta a lungo tagliata fuori dal resto

del mondo, in questi villaggi, caratterizzati da costruzioni in stile Gassho,

vengono ancora praticati la coltivazione degli alberi di gelso e

l’allevamento dei bachi da seta. Le grandi case, con i loro tetti di paglia

Giappone

©2008 Andrea Soldati Pagina 15

sono l’unico esempio rimasto di architettura rurale giapponese. Nonostante lo sconvolgimento economico, I

villaggi di Ogimachi, Ainokura e Suganuma sono l’esempio vivente di uno stile di vita perfettamente adatta-

to alle condizioni ambientali ed alle situazioni sociali ed economiche.

Isola di Itsuku shima

A poca distanza da Honshu, la maggiore isola giapponese, si trova la picco-

la isola sacra di Itsuku, a sud-ovest di Hiroshima nel Mare Interno. Su di es-

sa nel 1875 fu eretto il portale Torii come via d'accesso a un antico tempio

scintoista (probabilmente eretto nel XII secolo); con l'alta marea, esso

sembra galleggiare sull'acqua. L’armonia della costruzione, ed i colori che

contrastano con le montagne ed il mare che li circonda, mostrano l’abilità

tutta giapponese di combinare la bellezza della natura e la creatività umana.

Le miniere d’argento di Iwami Ginzan

Le miniere d’argento di Iwami Ginzan, nel sud ovest dell’isola di Honshu

sono un tipico sito di archeologia industriale. In una zona di basse monta-

gne (nessuna cima supera I 600 m), separate da profonde valli fluviali tro-

viamo i resti di antiche miniere, fonderie e siti di lavorazione dell’argento.

Sono ancora ben conservate le strade utilizzate per trasportare il minerale,

ed i porti dai quali veniva spedito in Cina e Corea. L’attività estrattiva è

terminata nel secolo scorso, dopo quasi 400 anni di lavoro, e dopo aver contribuito in maniera sostanziale

allo sviluppo economico del Giappone, soprattutto fra il XVI ed il XVII secolo. Il sito, oggetto di

un’importante azione di reimboschimento, comprende anche alcune fortezze e santuari, nonché parte della

rete stradale di Kaidô e le tre città portuali di Tomogaura, Okidomari e Yunotsu.

I siti sacri e la via dei pellegrini sui monti Kii

Situato nella fitta foresta dei monti Kii, dominant l’oceano Pacifico, il sito

comprende tre diverse aree: Yoshino & Omine, Kumano Sanzan e Koyasan,

collegati tra loro dalla via dei pellegrini, che portava alle antiche capitali di

Nara e Kyoto. Il sito è un classico esempio di integrazione tra l’antica reli-

gione scintoista e quella Buddista. L’intera area (495.3 ha), caratterizzata

dalla presenza di numerosi torrenti, fiumi e cascate, è considerata sacra

per la religione nipponica, ed è visitata da oltre 15 milioni di persone l’anno, principalmente pellegrini, ma

anche da escursionisti. Molti dei santuari compresi nelle 3 aree del sito risalgono al IX secolo.

Santuario Toshogu a Nikko

Il magnifico santuario Toshogu, costruito a Nikko, nei pressi di Tokyo, nei primi anni del

XVII secolo, è un alto esempio di arte giapponese del periodo Edo. Il santuario racchiude il

mausoleo del primo shogun della dinastia Tokugawa, Tokugawa Ieyasu.

Giappone

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La cultura giapponese La cultura giapponese ha subito grandi cambiamenti nel corso dei

secoli, dalla cultura originaria del paese, cosiddetta Jōmon, alla cul-

tura attuale, un'ibrida combinazione di influenze asiatiche, europee e

nordamericane. Dopo numerose ondate di immigrazioni dal conti-

nente e dalle vicine isole del Pacifico, seguite dall'enorme importa-

zione di cultura dalla Cina, gli abitanti del Giappone attraversarono

un lungo periodo di relativo isolamento dal mondo esterno sotto lo

Shogunato Tokugawa, fino all'arrivo delle "Navi Nere" e all'inizio

dell'era Meiji. Questo diede come risultato una cultura diversa da

qualsiasi altra cultura orientale, cosa che si riscontra ancora oggi nel

Giappone contemporaneo.

La lingua giapponese ha da sempre giocato un ruolo significante nel-

la cultura giapponese. Nemawashi, ad esempio, indica il consenso

ottenuto grazie ad un'attenta preparazione. Riflette quell'armonia

che è desiderata e rispettata all'interno della cultura giapponese. Nonostante i giapponesi siano meglio co-

nosciuti all'estero per la loro comicità tipicamente gestuale, sono dotati di un complesso senso dell'umori-

smo. Poiché questo umorismo è fondato su lingua, cultura, religione ed etica giapponesi, è generalmente

considerato molto difficile da tradurre.

Arte

Il termine arte giapponese copre una vasta gamma di produzioni artistiche appartenenti a periodi molto di-

versi tra loro, dalle prime testimonianze di presenza umana in

Giappone, intorno al X millennio a.C., all'età contemporanea.

Periodo Jōmon

Il nome "Jōmon" con cui si indica l'età più antica della storia del

Giappone, significa "motivo a corda" e deriva dal motivo più fre-

quente nei ritrovamenti del periodo, vasi e figurine fittili; il motivo

veniva apparentemente realizzato stringendo l'argilla con corde di

fibra vegetale o stuoie. Nel corso del periodo storico si aggiunsero

altri motivi geometrici o altorilievi, ma il motivo a corda rimase una

costante.

Le figurine fittili, o dogū, sono particolarmente misteriose. Rappre-

sentano umani o animali, e sono generalmente alte intorno ai 25

cm; raramente sono fatte per stare in piedi, e la maggior parte e-

rano apparentemente legate a una corda o portate vicine al corpo.

Alcuni dogū hanno caratteristiche femminili molto evidenziate, e so-

no state associate a rituali per fertilità e parto; altri sono privi di par-

ti del corpo, e sono stati associati a rituali per la guarigione, o per maledizioni. In un caso il dogū aveva ai

piedi una base ed è stato ritrovato circondato da muri, suggerendo l'utilizzo in rituali religiosi.

Periodo Yayoi

Figura 16 Museo nazionale di Tokyo: vaso di terracotta del medio periodo Jomon

Figura 17 Museo nazionale di Tokyo: vaso del periodo Yayoi

Giappone

©2008 Andrea Soldati Pagina 17

La cultura Yayoi (che prende il nome da un sito vicino Tōkyō dove avvennero i primi ritrovamenti) ebbe ori-

gine nell'isola di Kyūshū e si diffuse poi su quella di Honshū. La produzione artistica è più funzionale, con de-

corazioni molto ridotte, ma rivela l'uso di tecnologie ben più avanzate del precedente periodo, come l'uso

del tornio a ruota; si ritiene in genere che questa cultura non fosse autoctona, ma importata da movimenti

migratori dalla Cina. In particolare sarebbe stata importata dal continente la metallurgia, con la comparsa

dei primi artefatti in bronzo e utensili in ferro; in particolare sono state ritrovate delle campane di bronzo

(dōtaku), con probabili scopi rituali, delle quali non esistono paralleli nel continente.

Periodo Yamato

La cultura Yayoi era divise in famiglie o clan, e di questi prevalse il clan Yamato che unificò il Paese.

Periodo Kofun (o dei tumuli)

La prima parte del periodo Yamato (dal 250-300 al 552) è detto periodo dei Tumuli (Kofun), perché segnata

dalla costruzione di tombe a tumulo imponenti e riccamente arredate. La tomba dell'imperatore Nintoku,

alta 35 metri e lunga 478 metri, è la più grande. Insieme al defunto venivano sepolti oggetti in bronzo, armi

e ornamenti personali, e vasi fittili; all'esterno dei tumuli sono invece poste serie di tubi cavi di argilla, o ha-

niwa, forse modellati sulla forma dei vasi votivi, sulle quali nel tempo si aggiunsero come decorazioni piccole

figure, che rappresentavano case, uccelli, cavalli, sacerdotesse, e poi dalla seconda metà del periodo anche

aristocratici, guerrieri, indovini e gente comune.

Periodo Asuka

L'arte del periodo Asuka (tra il 552 ed il 710) è fortemente influenzata dall'introduzione del buddhismo in

Giappone; i contatti con Cina e Corea divennero

molto forti, e il Paese, prendendo coscienza della

sua posizione geografica rispetto ai suoi vicini,

cambiò il suo nome da Yamato in Nippon ("dove

sorge il sole"). L'adozione della nuova fede non fu

una cosa indolore; la guerra civile tra coloro che

sostenevano il buddhismo, guidati dal clan Soga, e

coloro che sostenevano lo shintoismo, guidati dal

clan Mononobe, si concluse solo nel 587 con la vit-

toria di Soga no Umako su Mononobe no Moriya e

la conquista del potere da parte del clan Soga. Il

buddhismo non soppiantò completamente lo shin-

toismo, che continuò ad essere seguito a livello po-

polare, ma fu adottato nelle classi aristocratiche e

nella corte imperiale, influenzando così pesante-

mente l'espressione artistica.

A questo periodo risalgono molti templi e mona-

steri Mahāyāna e molte statue di buddha e bodhi-

sattva, fortemente influenzate dall'arte cinese e coreana; il tempio Hōryū-ji è oggi la più antica costruzione

in legno dell'Estremo Oriente pervenutaci intatta, sebbene sembra che sia stato ricostruito almeno una vol-

ta, forse dopo un incendio nel 670, come attestato nel Nihonshoki.

Della capitale, nella regione di Asuka, rimangono solo le rovine marmoree di alcuni templi, con l'eccezione

del bronzo di Ankoin ruisalente al periodo Suiko e che, secondo le cronache, era la più grande scultura

Figura 18 Il tumulo dell'imperatore Nintoku a Sakai, vicino a O-saka

Giappone

©2008 Andrea Soldati Pagina 18

dell'epoca. Opera dell'artista Tori, che venne ricompensato con un posto a corte,

la statua è stata danneggiata più volte da incendi e calamità naturali, nonché da

un maldestro restauro nel periodo Tokugawa: lo stile originario dell'opera è oggi

deducibile solo dalle braccia, dalla fronte e dalle orecchie, mentre tutto il resto si

può considerare aggiunta successiva. Altre opere del periodo Asuka vennero tra-

sportate nella residenza del principe Wumayado dal tempio Horinji, con lo spo-

stamento della capitale a Nara: nella sala d'oro, o Kondo, sono conservate ancora

oggi altre statue di Tori, tra cui la trinità Sakya del 625, e la famosa statua in le-

gno e lacca di Kwannon, dono di un re di Corea. Confrontando le importazioni con

la produzione locale del periodo, si può notare la tensione degli artisti giapponesi

a migliorare le proporzioni proposte dai modeli cinesi e coreani, caratteristici per

le grandi mani e i profili rigidi: il risultato è un movimento scultoreo nuovo, atten-

to alla morbidezza dei tratti e allo studio delle proporzioni corporee. Un esempio di

questo nuovo stile è la statua di Kwannon a Chiuguji, considerabile un capolavoro

di dolcezza e proporzioni.

Altri scultori del tempo, oltre al bronzista Tori, furono Yamaguchi, Kusushi, Toriko e Oguchi. Oltre ai Buddha

e ai Bodhisattva, vennero diffusi il tipo scultoreo dei Devaraja, i quattro re guardiani. Gli unici resti di pittu-

ra, invece, sono le decorazioni in lacca di uno dei santuari dell'imperatrice Suiko, esempi dello stile Hâng, ed

anche le decorazioni del bronzo sono simili a quelle dei modelli Hâng rinvenuti nei dolmen. Tra gli altri e-

sempi dell'arte del periodo, un ricamo conservato a Chiuguji, realizzato in memoria del principe Wumayado

probabilmente su disegno di un artista coreano.

Periodo Nara

Il periodo Nara (dal 710 al 794) vide un organico impegno della classe di governo per far diventare il buddhi-

smo religione di stato e per superare le tradizioni precedenti; l'esempio più evidente fu lo stabilimento di

una capitale (prima del pe-

riodo Nara la corte si tra-

sferiva ogni volta che mori-

va un imperatore, secondo

la credenza che la morte

contaminasse il luogo) nella

città di Nara, modellata sul-

la base della Chang'an ci-

nese. L'influenza cinese di-

venne in questo periodo

ancora più forte; i monaci

buddhisti viaggiavano in

Cina e tornavano con testi

più ortodossi, e le forme

d'arte aderirono più diligen-

temente ai dettami della

dottrina buddhista, pur fio-

rendo in iconografie più varie e complesse. L'Imperatore Shōmu fu particolarmente solerte nel promuovere

la fede, e ordinò la costruzione di vari templi e monasteri: tra questi, quello di Tōdai-ji che sarebbe nelle sue

Figura 19 Statua di Bodhi-sattva del periodo Asuka

Figura 20 Il Tōdai-ji (東大寺東大寺東大寺東大寺), il Grande Tempio Orientale, è un tempio buddista della città di

Nara, Giappone. La sua grande stanza del Buddha ritenuta la più larga costruzione in legno esistente ospita una colossale statua del Buddha Vairocana, conosciuta in giapponese come il Daibutsu. Il tempio è anche sede della scuola buddhista Kegon. All'interno del cortile del tempio, i Cervi sika pascolano liberamente, perché considerati messaggeri divini nella religio-ne Scinto.

Giappone

©2008 Andrea Soldati Pagina 19

intenzioni dovuto diventare il tempio principale del Paese. Purtroppo il Tōdai-ji fu seriamente danneggiato

per almeno due volte, e delle decorazioni originali restano principalmente delle riproduzioni.

A questo periodo risale inoltre la più antica pittura giapponese su rotolo a noi pervenuta, il Kako Genzai E-

Ingakyō ("sutra illustrato del karma passato e presente"), una biografia romanzata di Gautama Buddha.

Periodo Heian

Durante la prima fase del periodo Heian l'arte giapponese, ancora di ispirazione buddhista, fu profonda-

mente influenzata dagli insegna-

menti della scuola Shingon fondata

dal monaco Kūkai nell'806 dopo un

suo viaggio in Cina; direttamente

connessa agli insegnamenti Vajra-

yana della scuola, fiorì la produzio-

ne di mandala. L'architettura dei

templi cominciò a prevedere la pre-

senza di pagode, e le statue di

buddha del periodo hanno espres-

sioni austere e composte, corpi

massicci, e ampi drappeggi in stile

honpa-shiki.

Nella seconda fase, o "periodo Fuji-

wara" (dal nome del clan Fujiwara che dominò la politica del periodo) prevalse invece la scuola amidista, e

la corte imperiale cominciò a sviluppare una forte sensibilità estetica e un profondo interesse per le arti. Nel-

la pittura si assistette alla diffusione degli yamato-e, rappresentazioni della natura dai colori freschi e vivaci.

Nell'ultima parte del periodo storico nacquero gli emakimono, rotoli di narrativa illustrata; tra questi alcuni

dei più famosi esempi di letteratura cortese del periodo, come il Genji monogatari, il primo esempio di ro-

manzo giapponese.

Periodo Kamakura

Il periodo Kamakura (tra il 1185 ed il 1333), che prende il

nome dallo shogunato di Kamakura, vide il trasferimento

del potere dalle classi aristocratiche a quelle militari (samu-

rai), e dalla capitale imperiale Kyōto a quella shogunale

Kamakura; i committenti di opere d'arte perciò divennero i

guerrieri, i monaci interessati a diffondere il buddhismo al

di fuori dell'aristocrazia, e la nobiltà, con parti del clero, che

desiderava celebrare i perduti fasti della vita di corte.

La scultura si mosse, con la scuola Kei e in particolare Un-

kei, verso uno stile più realistico; un esempio ne sono le due

statue di Niō guardiani delle porte Sud del tempio Tōdai-ji a

Nara, scolpite da Unkei nel 1203. Unkei realizzò anche delle

sculture policrome in legno nel tempio Kofuku-ji, sempre a

Nara, nel 1208, in cui ritraeva i leggendari monaci Muchaku

e Seshin, for-

temente indi-

Figura 21 Una scena illustrata del Genji monogatari

Figura 22 Agyō, uno dei due Niō guardiani del Nan-daimon del tempio di Tōdai-ji a Nara.

Giappone

©2008 Andrea Soldati Pagina 20

Figura 23 Museo nazionale di Tokio: Il cipresso (inchiostro su carta coperto con fogli d'oro, 8 pannelli) Kanō Eitoku.

vidualizzati e credibili.

La pittura si mosse su due piani, quello della popolarizzazione e quello della celebrazione. Del primo filone si

può citare il Kegon Engi Emaki, la storia illustrata dei fondatori della scuola Kegon commissionata dal mo-

naco Myōe del tempio Kōzan-ji, nel quale le illustrazioni sono accompagnate da brevi descrizioni e dialoghi

accanto ai personaggi, non dissimilmente dai fumetti moderni; i caratteri usati sono inoltre prevalentemen-

te kana, comprensibili anche alle donne e a molta gente comune. Del secondo filone fanno parte molte rie-

dizioni emaki del Diario di Murasaki Shikibu, in cui i dipinti esagerano e abbelliscono gli scenari della corte,

la sua ricchezza e la sua bellezza, in un evidente richiamo nostalgico.

Periodo Muromachi

Il periodo Muromachi (dal 1334 al 1573) prende il nome dal quartiere Muromachi di Kyōto, in cui lo shogu-

nato Ashikaga ebbe residenza; il ritorno del potere politico nella capitale imperiale di fatto pose fine ai mo-

vimenti popolaristici del periodo precedente e segnò il ritorno a una produzione artistica più aristocratica ed

elitaria. Il buddhismo Zen, rimasto in sordina nei periodi precedenti, riprese vigore grazie a nuovi contatti

con la Cina e la scuola Chán da cui deriva, e divenne la corrente dominante nell'aristocrazia e nelle produ-

zioni artistiche.

I templi Zen organizzarono diverse missioni in Cina, e la moda cinese influenzò pesantemente l'arte giappo-

nese; nella pittura, in particolar modo, si assistette al passaggio dai colori vivaci degli yamato-e alla pittura

a inchiostro dei sumi-e, e al contempo si diffuse un maggior senso della prospettiva e della profondità; e-

semplari in questo senso sono i lavori di Shubun e Sesshu.

Periodo Azuchi-Momoyama

Il periodo Azuchi-Momoyama

(dal 1573 al 1603) prende il no-

me dalle residenze dei condottie-

ri che unificarono il paese attra-

verso una serie di guerre tra

daimyō, Oda Nobunaga (dal suo

castello di Azuchi prese il nome il

periodo Azuchi) e Toyotomi Hi-

deyoshi (dal suo castello di Mo-

moyama prese il nome il periodo

Momoyama).

Sin dalla fine del periodo precedente (epoca Sengoku), le continue guerre avevano portato alla ribalta i po-

tentati militari, e l'arte si era riavvicinata al gusto dei samurai, ad esempio tornando a prediligere decora-

zioni colorate.

La scuola di maggior successo del periodo fu la Kanō-ha, fondata nel periodo precedente da Kanō Masano-

bu, pittore in capo degli ultimi shogun Ashikaga; Kanō Eitoku, in particolare, dipinse le pareti del castello di

Azuchi per Nobunaga, la residenza di Kyōto di Hideyoshi e il suo castello di Ōsaka. Eitoku amò soprattutto

dipingere le pareti scorrevoli delle stanze, e introdusse lo "stile monumentale" (taiga) caratterizzato da pen-

nellare spesse e rapide e dall'enfasi posta sullo scenario; purtroppo gran parte del suo lavoro andò perso a

causa delle frequenti guerre del periodo.

Un altro importante artista del tempo, che gareggiò con Eitoku per le commissioni dai due condottieri, fu

Hasegawa Tōhaku, che fondò la scuola Hasegawa e che dopo la morte di Eitoku divenne il pittore ufficiale di

Giappone

©2008 Andrea Soldati Pagina 21

Hideyoshi; la sua pittura era una rielaborazione molto personale della pittura a inchiostro, e prediligeva

ampie pareti e soffitti.

Periodi successivi

Il periodo Tokugawa (1603 - 1867) indica quella parte della storia del Giappone in cui la famiglia Tokugawa

detenne, con lo shogunato, il massimo potere politico e militare nel paese.

L'epoca Tokugawa è meglio nota come periodo Edo, dal nome della capitale shogunale, Edo appunto, ribat-

tezzata Tokyo nel 1869, mentre lo shogunato è anche noto con il termine bakufu.

Iniziò con la battaglia di Sekigahara (1600), o meglio con l'assunzione del titolo di Shōgun da parte di Toku-

gawa Ieyasu, nel 1603, e si concluse con la caduta dello shogunato dei Tokugawa e la restaurazione Meiji,

ovvero l'assunzione del potere politico da parte dell'imperatore (dopo che per molti secoli gli imperatori

giapponesi erano rimasti figure solo simboliche, prive di ogni potere reale).

Durante il periodo detto della Restaurazione Meiji (1868-1912), in reazione alla politica culturale di chiusura

che aveva caratterizzato il periodo precedente, si attuò una decisa svolta in direzione filoccidentale: massic-

cia fu l’importazione di forme del tutto estranee alla tradizione nazionale.

La penetrazione di stili architettonici occidentali seguì due canali: da un lato, furono gli stessi architetti stra-

nieri, a partire dal 1868 invitati in Giappone per importanti commissioni, a realizzare opere di impronta

spiccatamente occidentale, soprattutto a Tokyo (tra le figure più importanti, ricordiamo i britannici T.J. Wa-

ters e Josiah Conder; l’americano R.P. Bridgens; l’italiano C.V. Cappelletti; il tedesco H. Ende); dall’altro lato,

i giovani giapponesi che durante gli anni Settanta si trasferirono in Europa per studiare, una volta tornati in

patria eressero edifici che risentivano delle tendenze e delle scuole occidentali. Tokyo in particolare fu centro

di sperimentazione architettonica: ne sono testimonianza la sede della Banca del Giappone, disegnata da

Tatsuno Kingo (1890-1896) e il Teatro Imperiale costruito nel 1911 da Yokogawa Tamisuke. I frequenti ter-

remoti spinsero inoltre, dalla fine dell’Ottocento, all’adozione massiccia di materiali nuovi ed estranei alla

tradizione edile giapponese, come gabbie d’acciaio e cemento armato.

Quest’ultimo fu impiegato in larga misura nell’epoca Taisho (1912-1926) per la costruzione di grattacieli.

Esercitarono notevoli influssi sull’attività e la progettazione edilizia di questo periodo i movimenti occidenta-

li della Secessione viennese e del razionalismo, e le figure di Frank Lloyd Wright, Walter Gropius, Le Corbu-

sier e Ludwig Mies van der Rohe. Scarso successo ebbero invece i tentativi volti al recupero dell’architettura

tradizionale e alla sua conciliazione con le più moderne esigenze di razionalità e funzionalità.

La partecipazione di artisti giapponesi alle esposizioni internazionali di Vienna (1873), Chicago (1893) e Pa-

rigi (1900) diede grande impulso alla produzione di oggetti d’arte destinati al mercato estero.

Nell’oreficeria, nell’arte della ceramica e nella produzione di tessuti si attuò un’interessante connubio tra

tecniche tipiche della tradizione nazionale e un repertorio di motivi decorativi aperto a nuove influenze e

suggestioni.

Nel momento in cui la scultura buddhista si andava ormai lentamente perdendo (limitandosi alla produzione

di piccole statue in avorio), a causa dell’affermazione del movimento antibuddhista, si attuava un avvicina-

mento dell’arte giapponese alla scultura occidentale. Per dirigere la cattedra di scultura della neonata Scuo-

la d’arte Kobu fu chiamato l’italiano Vincenzo Ragusa; la decorazione architettonica vide l’affermarsi di stili

occidentali, mentre sempre più numerosi furono gli artisti giapponesi che decidevano di formarsi o aggior-

narsi in Europa.

Nonostante il perdurare di orientamenti tradizionali, ancora fortemente radicati nel grande pubblico, le

nuove tendenze europeizzanti iniziarono a essere accolte favorevolmente dalla maggior parte dei giappone-

si dal 1907, quando si tenne a Tokyo il primo Salone nazionale delle belle arti, con grande partecipazione di

artisti filoccidentali (fra gli altri, si segnalarono Asakura Fumio e Ogiwara Morie). La tradizionale scultura

Giappone

©2008 Andrea Soldati Pagina 22

giapponese in legno fu gradatamente abbandonata a vantaggio delle tecniche europee; in particolare, eser-

citò una speciale influenza sugli artisti giapponesi l’opera di Auguste Rodin.

Anche nell’ambito della pittura durante l’epoca Meiji ebbe luogo una decisa apertura verso l’arte

occidentale, che si concretizzò innanzitutto nell’importazione della tecnica a olio; tuttavia, la difficoltà di

una sintesi armonica con gli stili tradizionali della pittura comportò che le due impostazioni coesistessero

indipendenti l’una dall’altra, dividendo in pratica gli artisti giapponesi in due grandi scuole parallele.

Nel 1876 fu inaugurata la Scuola d’arte tecnologica di Tokyo, di orientamento europeizzante, presso la qua-

le furono chiamati Edoardo Chiossone e Antonio Fontanesi: quest’ultimo soprattutto esercitò un grande

ascendente nel paese del Sol Levante. La scuola di Tokyo si dimostrò particolarmente ricettiva nei confronti

del fauvismo e di molte altre correnti europee d’avanguardia (cubismo, futurismo, dadaismo, surrealismo,

espressionismo).

Sul fronte opposto si schierarono gli artisti più tradizionalisti, incoraggiati in questo anche da voci esterne

alla cultura giapponese: accanto a Okakura Kakuzo, ad esempio, si pronunciò a favore della difesa della sto-

ria e dell’identità giapponese anche il filosofo americano Ernest Francisco Fenellosa.

Da queste due tendenze opposte derivarono due categorie artistiche usate ancora oggi: lo yoga (pittura di

stampo occidentale) e il nihonga (pittura giapponese).

Il periodo Showa, il più recente nella storia dell’arte giapponese, ha inizio nel 1926: è caratterizzato da

grandi cambiamenti e innovazioni, in cui l’arte occidentale giocò un ruolo molto importante.

Dopo il grande terremoto del 1923 l’architettura di stile occidentale si impose in modo sempre più massic-cio, offrendo i modelli più adottati per gli edifici pubblici costruiti tra gli anni Venti e Trenta. Dopo la seconda guerra mondiale, la quasi integrale distruzione di numerosi centri cittadini pose il problema

urbanistico e architettonico in primissimo piano: le nuove tecniche e i nuovi materiali entrarono definitiva-

mente nell’uso corrente, mentre nelle tipologie l’edilizia giapponese si distinse da quella americana solo per

una speciale predilezione per le superfici ondulate. Attualmente gli edifici giapponesi sono tra i più famosi

del mondo per innovazione estetica e per la

tecnologia antisismica.

L’architetto più celebre dell’immediato dopo-

guerra è senza dubbio Tange Kenzo, autore nel

1960 del piano urbanistico di Tokyo e, per la

stessa città, dello stadio coperto e del Palazzet-

to dello Sport per le Olimpiadi del 1964. A un

periodo successivo appartengono Isozaki Arata

e Ando Tadao, grazie ai quali il Giappone rico-

pre un ruolo d’avanguardia sulla scena architet-

tonica internazionale.

Nel secondo dopoguerra la pittura giapponese

ha continuato a conoscere la contrapposizione

tra tradizione e tendenze filoccidentali, anche

se negli ultimi decenni del XX secolo quest’ultima

corrente si è mostrata più vitale e produttiva.

Recentemente la pittura giapponese si è ancor

più internazionalizzata e oggi i pittori giapponesi

danno con la loro opera importanti contributi ai maggiori movimenti artistici contemporanei.

Parchi e Riserve naturali

Figura 24 Il Parco nazionale Nikko, 150 km circa a nord di Tokyo, occupa una suggestiva area ricca di laghi, tra cui il Chūzenji, e di cascate: nella foto, la cascata Kegon con il suo salto di oltre 100 metri.

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L’alta percentuale di superficie a foresta, ed un territorio in gran parte montuoso, rendono possibile anche il

turismo escursionistico. Se la fauna selvatica è limitata, la vegetazione è invece molto varia: si passa dalla

sub artica a quella tropicale. Nelle zone di media montagna e in quelle co-

stiere si trovano foreste temperate, mentre nelle zone montuose sono si-

tuate le foreste boreali di conifere. Tra i 400 e i 1500 metri si trova spesso

la brughiera giapponese (Hara): un insieme di conifere.

Esistono attualmente 28 grandi parchi nazionali e più di 350 parchi minori, che coprono oltre il 14% della

superficie del paese. Un’ampia serie di riserve faunistiche e di santuari speciali si estendono per oltre l’8%

del territorio. Sono inoltre stati istituiti almeno 28 parchi marini. La Legge per la conservazione della natura

del 1972 prevede che tutti i sistemi naturali siano inventariati ogni cinque anni, un mandato che il governo

ha rispettato con l’ausilio di volontari e di organizzazioni non governative. La frequenza di visite da parte dei

cittadini ai parchi nazionali è fra le più alte del mondo e fin dagli anni Ottanta si è imposto un forte movi-

mento ambientalista.

Tra le principali aree protette vi sono il parco nazionale dei Monti Daisetsu,

sull’isola di Hokkaido, il Joshin-Etsu-Kogen (1949) e il Bandai-Asahi (1950),

entrambi sull’isola di Honshu. Nel 1980 il governo ha dichiarato 4 Riserve

della biosfera nell’ambito del programma MAB (Man and the Biosphere, l’uomo e la biosfera) dell’UNESCO.

La storia

I primi riferimenti scritti al Giappone compaiono in brevi note in testi di storia cinese del I secolo. La storia

giapponese è stata marcata da periodi alternati di isolamento e di influenze radicali dal mondo esterno. La

sua cultura odierna è una miscela di influenze esterne e di sviluppi interni.

Figura 27 Il Parco nazionale Shiretoko (in giapponese: 知床国立公園知床国立公園知床国立公園知床国立公園, Shiretoko Kokuritsu Kōen) è un parco nazionale che si e-stende sulla maggior parte dell'omonima penisola, nella parte nord-orientale dell'isola di Hokkaidō, in Giappone. "Shiretoko" è una parola che in lingua ainu significa fine della terra. Il parco, essendo situato in una delle regioni più remote del Giappone, è accessibile solo a piedi o via mare. Qui si trova la più im-portante popolazione di orsi del Giappone, oltre ad un gran numero di specie in pericolo d'estinzione o endemiche; nel 2005 il sito è stato inserito nell'elenco dei Patrimoni dell'umanità dell'UNESCO, con la raccomandazione di sviluppare un parco della pa-ce che inglobi parte delle vicine isole Kurili, un territorio russo ma rivendicato dal Giappone.

Figura 26 Il Parco naturale di Shirakami-Sanchi si trova sui monti settentrionali dell’isola di Honshu. Di esso fa parte l’ultimo tratto vergine di quella foresta di faggi che un tempo co-priva tutte le colline e le montagne del nord del Giappone. La fauna comprende l’orso ne-ro ed 87 diverse specie di uccelli.

Figura 25 Situato nella zona interna dell’isola di Yaku, al confine tra le regioni biometriche paleartica ed orientale, il Parco nazionale di Yakushima ha una flora molto ricca, con oltre 1,900 specie e sottospecie di piante, tra le quali il sugi (cedro giapponese). Il territorio del parco comprende anche gli ultimi resti delle antiche foreste temperate che un tempo rico-privano la regione.

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Le ricerche archeologiche indicano che era abitato già nel Paleolitico superiore, mentre i primi segni di civi-

lizzazione risalgono al X millennio a.C. circa con la cultura Jōmon1, caratterizzata dal mesolitico al neolitico

1 Il periodo Jōmon (giapponese: 縄文時代 Jōmon-jidai) è il periodo di storia giapponese che va da circa il 10.000 a.C. fino al 300

a.C.. Con Jōmon ci si riferisce al popolo e cultura giapponese di quell'epoca, occorre comunque tener ben presente che dato la va-

stità del periodo temporale coperto non è esistito un popolo e cultura "Jōmon" monolitica, quanto piuttosto più popoli e culture

accumunate dall'uso di certe tecniche (in particolare alla tecnica di produzione di vasellame).

Il termine «Jōmon» è una traduzione in giapponese del termine inglese cord-marked («segnato dalle corde») e si riferisce ai motivi

con cui era decorato la maggior parte del vasellame di argilla tipico di questo periodo e che venivano creati utilizzando corde o ba-

stoni con corde avvolti intorno ad essi. Il termine è stato introdotto nel 1879 da Edward Sylverster Morse studioso americano e pro-

fessore di zoologia presso l'Università di Tokyo, che nel libro Shell Mounds of Omori descrisse i ritrovamenti del kaizuka («cumuli di

conchiglie» - resti degli scarti, principalmente conchiglie, di insediamenti preistorici), di Omori (da lui scoperto due anni prima).

Il popolo Jōmon produsse vasellame e figure in argilla decorati con disegni ottenuti imprimendo nell'argilla umida bastoncini, corde

intrecciate o non intrecciate con una sofisticazione in continua crescita. Le decorazioni a corda pur avendo una funzione decorativa

avevano in realtà anche la funzione pratica di impedire la formazione di crepe sul vaso quando veniva posto sul fuoco. In generale il

vasellame di questo periodo viene detto Jōmon doki (縄文土器), «vasellame Jōmon».

Il periodo Jōmon viene ulteriormente suddiviso in sei sottoperiodi (a loro volta ulteriormente suddivisi) e caratterizzati dalla tipolo-

gia del vasellame prodotto, le date sono da considerare in maniera indicativa, dato che non esiste un preciso accordo tra gli archeo-

logi e che i periodi sono identificati dal tipo di vasellame prodotto. Si ha quindi:

� Jōmon Incipiente (10.000 - 7.500 a.C.): suddiviso in Linear applique, Nail impression, Cord impression e Muroya inferiore;

� Jōmon Iniziale (7.500 - 4.000 a.C.): suddiviso in Igusa, Inaridai, Mito, Tado inferiore, Tado superiore, Shiboguchi e Kaya-

ma;

� Primo Jōmon (4.000 - 3.000): suddiviso in Hanazumi, Sekiyama, Kurohama, Moroiso A, Moroiso B e Juusanbodai;

� Medio Jōmon (3.000 - 2.000 a.C.): suddiviso in Katsusaka/Otamadai, Kasori E1 e Kasori E2;

� Tardo Jōmon (2.000 - 1.000 a.C.): suddiviso in Horinouchi, Kasori B1, Kasori B2e Angyo 1;

� Jōmon Finale (1.000 - 400 a.C.): suddiviso in Angyo 2e Angyo 3.

L’era Jōmon ebbe inizio attorno al 10.000 a.C., quando condizioni di vita più stabili fecero sorgere intorno al 10.000 a.C. una cultura

mesolitica, o come alcuni studiosi argomentano neolitica. I membri dell'eterogenea cultura Jōmon sono forse i distanti antenati de-

gli Ainu, il popolo aborigeno del giappone moderno.

Secondo le prove archeleogiche il popolo Jōmon creò i primi esemplari di vasellame al mondo, datati a circa l'XI millennio a.C. (ri-

trovamenti del sito di Odai-Yamato), così come i primi manufatti in pietra levigata. L'antichità di questi esemplari venne stabilita per

la prima volta dopo la seconda guerra mondiale mediante il metodo di datazione del carbonio 14.

La produzione di vasellame tipicamente implica un qualche tipo di vita sedentaria, poiché il vasellame è molto fragile e pertanto

inutile ad una società di cacciatori-raccoglitori in costante movimento. Pertanto gli Jōmon furono probabilmente la prima popola-

zione sedentaria o perlomeno semisedentaria del mondo. A causa di ciò le prime forme di agricoltura sono a volte attribuite al

Giappone (Ingpen & Wilkinson) nel 10.000 a.C., duemila anni prima della loro diffusione nel Medioriente.

I più antichi esemplari di vasellame ritrovato sono privi di decorazioni (mumon) successivamente compaiono vasellami con decora-

zioni in successione bean applique (toryumon), linear applique (ryukisenmon) e simili a unghie (tsumegatamon). Per la fine del peri-

odo compare un quinto tipo di decorazione (oatsu), quest'ultima ha segni di corda su tutta la superficie ed una base piatta con un

bordo spesso (a differenza della base appuntita o arrotondata dei tipi precedenti). La tecnologia di produzione del vasellame non è

comunque ancora ben sviluppata, non si ritrova in tutti i siti del Jōmon Incipiente e quelli ritrovati non sono solitamente di buona

fattura.

La caccia è la principale fonte di cibo ed i siti sono stati ritrovati in corrispondenza di caverne.

Tra il 7.500 ed il 4.000 a.C.. Cominciano a comparire siti con case in legno costruite su fosse poco profonde. Inizia lo sfruttamente

delle risorse marine (i primi ritrovamenti di cumuli di conchiglie risalgono a questo periodo).

Nel Primo Jōmon, grazie ad un clima lievemente più caldo aumenta la popolazione. Il livello dei mari è più alto di 2-3 metri di quello

odierno, pertanto la linea costiera si spingeva più all'interno. I villaggi assumono una natura maggiormente a lungo termine, au-

mentano le dimensioni delle case e delle staccionate, anche se pare che venissero occupate stagionalmente. Il vasellame diventa

più elaborato e compaiono stili regionali. La maggior parte hanno fondo piatto.

Grazie al periodo di clima favorevole iniziato nel periodo precedente la cultura Jōmon raggiunge il suo apice tra il 3.000 ed il 2.000

a.C. A questo periodo risalgono gli insediamenti più grandi ritrovati ed a questo periodo risalgono molti tipi elaborati di vasellame.

Non è certo che gli insediamenti fossero occupati tutto l'anno o solo su base stagionale (alternando la residenza nelle montagne nei

mesi estivi e autunnali con le pianure nell'inverno e primavera).

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da uno stile di vita semi sedentario cacciatore-raccoglitore e da una forma rudimentale di agricoltura. Il

polo Jomon produceva vasi di argilla decorati, spesso decorati con motivi realizzati premendo corde contro

l'argilla umida. Alcuni dei più antichi esemplari di vasellame esistenti al mondo si trovano in Giappone. Il

successivo Periodo Yayoi2, iniziato intorno al 300 a.C. segnò l'introduzione di nuove pratiche come la coltiva-

Al periodo Jōmon Medio appartengono i pezzi più appariscenti e barocchi, grazie all'affinamento della tecnica vengono prodotti

vasi con orli sporgenti e grandemente decorati, decorazioni in rilievo, forme sinuose che rappresentano fiamme. Il vasellame che

presenta questo tipo di orli viene detto suien doki (水煙土器) - suien significa «spumeggiante» (perché ricorda gli spruzzi delle on-

de che si infrangono a riva). A causa di questi stili elaborati si è ipotizzato che avessero un significato simbolico o rituale.

Molti elementi della cultura giapponese risalgono a questo periodo e riflettono un'immigrazione mista dal'asia continentale setten-

trionale e dalle zone meridionali del pacifico. Tra questi elementi ci sono la mitologia Shintoista, i costumi matrimoniali, gli archetipi

architettonici e sviluppi tecnologici come la laccatura, la tessitura, la metallurgia e la produzione del vetro.

Durante il tardo Jōmon e lo Jōmon Finale il numero di insediamenti e la popolazione declinano bruscamente. Aumenta l'attività ri-

tuale ed in tutto il giappone diventano più numerosi i siti di sepolture e vengono ritrovati molti manufatti rituali (bastoni, falli in

pietra e statuette). Anche se l'incisione e la scultura di statutette in forme decorative era popolare nel Medio Jōmon ritorna l'uso

delle decorazioni a corda, ma in questo caso porzioni delle decorazioni dopo essere state applicate vengono rimosse e la superficie

lisciata. Viene sviluppata la tecnica di cottura del vasellame in un'atmosfera riducente.

Se all’inizio dell’era Jōmon le principali fonti di sussistenza erano la raccolta, la caccia e la pesca, nella fase finale comincia a diffon-

dersi l’agricoltura, anche se il suo impatto sulla popolazione è ancora minimo, le piante coltivate sono, infatti, solo un'integrazione

della dieta. Si potrà cominciare a parlare di sviluppo dell'agricoltura (con la diffusione della coltivazione del riso) durante il successi-

vo Periodo Yayoi. 2 Il periodo Yayoi (弥生時代 Yayoi-jidai) è un'era nella storia del Giappone che ufficialmente va dal 300 a.C. al 250 d.C. Il suo nome

deriva dal distretto di Tokyo dove furono per la prima volta ritrovati resti archeologici di quell'era. A seconda della fonte che si

prende in considerazione il periodo Yayoi viene fatto iniziare o con l'inizio della coltivazione del riso nelle risaie oppure con nuovi

tipi di terraglie. Seguendo in ordine cronologico il Periodo Jōmon, la cultura Yayoi fiorì prevalentemente nella Kyūshū meridionale e

nell'Honshū settentrionale. Recenti scoperte, tuttavia, fanno pensare che il periodo Yayoi sia iniziato verso il 900 a.C.

Le prime genti appartenenti alla cultura Yayoi si pensa siano apparse nella zona nord di Kyūshū. Successivamente si spostarono

sull'isola principale, Honshū, dove erano presenti in massa i nativi dell'era Jōmon. Ci fu così uno scambio di materiale genetico.

Sebbene le terraglie Yayoi fossero tecnologicamente più avanzate di quelle del periodo Jōmon (poiché erano prodotte al tornio),

esse erano decorate in modo più semplice. I Yayoi fecero anche campane cerimoniali in bronzo, specchi e armi. Intorno al I secolo

d.C. iniziarono ad utilizzare strumenti e armi in metallo.

La popolazione Yayoi crebbe e la loro società divenne sempre più complessa. Indossavano vestiti, vivevano in insediamenti stabili,

costruivano abitazioni in legno e pietra, accumulavano ricchezza attraverso il possesso della terra e la conservazione del grano e

svilupparono distinte classi sociali,. Questo fu possibile grazie all'introduzione di una cultura del riso dall'estuario dello Yangtza nel

sud della Cina. Fino a poco tempo fa si riteneva che il riso fosse stato importato dalla Corea. Questa tesi era completamente sba-

gliata poiché i DNA delle due specie di riso non coincidono per niente. L'introduzione del riso permise lo sviluppo in Giappone di

una società sedentaria e agraria. Tuttavia, a differenza della Cina e della Corea, lo sviluppo sociale e politico a livello locale divenne

più importante di quello a livello di autorità centrale.

Risalgono a questo periodo le più antiche registrazioni riguardanti i giapponesi. Ci vengono da fonti cinesi del periodo. Wa (倭), la

pronuncia giapponese di un antico nome cinese indicante il Giappone, fu menzionato per la prima volta nell'Han Shu (Storia di

Han), una storia cinese completata intorno all'82 d.C.. Nel racconto si fa riferimento alla “Terra di Wa” (che al tempo significava

«Terra dei nani») che era composta di circa 100 regni, i cui messaggeri pagavano regolarmente i tributi alla base cinese di Lo-lang,

in Corea. Nell'Hou Han Shu(Storia del tardo periodo Han), scritta nel 445 circa ci si riferisce anche allo stato di Na, appartenente a

Wa, il cui imperatore ricevette un sigillo d'oro dall'Imperatore della Dinastia Han. Questo sigillo fu scoperto nella zona nord dell'iso-

la di Kyūshū nel 1784 nella prefettura di Fukuoka. Il regno di Wa fu menzionato anche nel Wei zhi (Storia di Wei – Uno dei tre regni

in cui era divisa la Cina in quel periodo), del 297 d.C., in una sezione dedicata ai “barbari orientali” che include anche vari vari popoli

della Corea e della Manciuria.

I primi storici cinesi descrivono Wa come una terra di centinaia di tribù combattenti, non la terra unificata da 700 anni descritta dal

Nihongi, un racconto mitico-storico che fa risalire la fondazione del Giappone al 660 a.C. . Fonti cinesi del terzo secolo riportano che

la gente di Wa viveva di pesce crudo, vegetali, riso servito su tavolette di bambù e legno. Inoltre applaudivano durante i culti ( cosa

ancora fatta nei templi Shinto oggi) e costruivano cumuli di terra in funzione di tombe. Stabilirono anche relazioni di tipo servitore-

padrone, iniziarono ad effettuare la raccolta delle tasse e avevano granai provinciali e mercati. La società era caratterizzata da vio-

lenti combattimenti.

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Nel Wei Chih si parla di una visita a Wa, nel 240, effettuata da parte dei Wei cinesi. Ed è proprio in questo brano che si fa riferimen-

to al più forte dei cento regni: il regno «Yamatai» (in cinese Xiematai ). In questo paese vi era una regnante, Himiko, una figura al-

quanto misteriosa. Si racconta che ella fosse divenuta regina dopo innumerevoli guerre e che al tempo viveva in una fortezza sor-

vegliata da cento uomini e servita da mille donne ed un solo servitore. Era attraverso questo che comunicava col mondo esterno.

Ella si preoccupava principalmente di faccende spirituali, mentre suo fratello minore si occupava degli affari di stato tra cui le rela-

zioni con i Wei cinesi (220-265). Nel 238 Himiko versò i tributi all'imperatore cinese (pratica che era stata avviata nel 57 d.C.) e in

questo modo ottenne il riconoscimento di Regina di tutta la terra di Wa (e non solo del suo regno). Ella ricevette dall'imperatore

vari doni tra cui stoffe, gioielli e specchi e lei ricambiò inviando schiavi, tessuti e cinabro. Quando la regina morì nel 248, aveva ses-

santacinque anni. Dopo di lei vi fu un periodo di caos finché una ragazza di tredici anni, parente di Himiko, di nome Iyo, salì al trono

sostituendo un sovrano a cui la gente non voleva obbedire.

Quando gli ambasciatori cinesi chiesero alle genti di Wa quali fossero le loro origini questi risposero di essere discendenti del Re

Taibo di Wu, una figura storica che fondò il primo Regno di Wu (吳國) nei pressi del delta dello Yangtze. Yamatai che fiorì intorno al

III secolo fu come si può ben capire, il regno più importante del periodo. Tuttavia sussistono ancora dubbi sulla sua esatta ubicazio-

ne poiché la narrazione del viaggio compiuta dagli ambasciatori cinesi contenuta nel Wei Chih è aperta a varie interpretazioni: alcu-

ni pensano che si tratti di Yamato, nelle vicinanze del bacino di Nara, altri affermano che lo stato si trovasse nella parte nord di Kyū-

shū.

L’origine della cultura Yayoi è stata a lungo fonte di dibattito tra gli storici. Di seguito sono illustrate le teorie considerate più atten-

dibili.

a) Una teoria che si affermò nel primo Periodo Meji affermava che la cultura Yayoi fosse stata portata in Giappone da migranti pro-

venienti dalla penisola coreana. Alcuni, tuttavia, si domandano se questi migranti costituivano i moderni coreani. Comunque, molti

autori occidentali e giapponesi, hanno concluso che i ritrovamenti archeologici del periodo Yayoi «derivano chiaramente dalla peni-

sola coreana». Questi ritrovamenti includono «risaie, nuovi strumenti di pietra, miglioramenti dell'agricoltura, strumenti di metallo,

nuovi metodi di tessitura, vasi di ceramica, nuovi tipi di insediamenti, maiali addomesticati, rituali effettuati con le ossa mascellari,

e tombe megalitiche».

Questa teoria trova la sua forza anche nel fatto che la cultura Yayoi inizia sulla costa nord di Kyūshū, ossia nel punto dove il giappo-

ne è più vicino alla penisola coreana. Le ceramiche, i tumuli funerari e i metodi di conservazione del cibo con i Yayoi si sono dimo-

strati molto simili a quelli in Corea. Inoltre vi era una consistente popolazione giapponese nel sud della Corea (Gaya) intorno al 300

a.C. (ed è per questo motivo che oggi le due nazioni affermano di essere stata una vassalla dell'altra. In aggiunta «molti altri ele-

menti della nuova cultura Yayoi erano inconfutabilmente provenienti dalla penisola coreana e precedentemente ignoti al Giappone,

inclusi oggetti di bronzo, tessitura, perle e stili di strumenti e di case».

In ogni modo, alcuni affermano che l'incremento della popolazione fino a quattro milioni in Giappone tra il periodo Jōmon ed il pe-

riodo Yayoi non può essere spiegato soltanto attraverso la migrazione. Questi affermano che l'aumento della popolazione fu dovu-

to principalmente al passaggio da un'alimentazione basata sulla caccia e la raccolta alla coltivazione, con l'introduzione del riso.

Probabilmente la coltivazione del riso e la sua successiva deificazione (vedi Inari) permisero un incremento della popolazione.

Le prove archeologiche supportano la tesi di un afflusso in massa di contadini dalla penisola coreana al Giappone, che ha soppianta-

to le popolazioni native di cacciatori-raccoglitori. Una comparazione diretta tra gli scheletri del periodo Jōmon e di quelli del perio-

do Yayoi permette di distinguere nettamente i due tipi. I Jōmon erano più bassi, con avambracci più lunghi e gambe più corte, di-

stanza tra gli occhi maggiori, visi più corti e ampi, e una topografia facciale più pronunciata. I Yayoi erano più alti, occhi più vicini,

facce lunghe e strette,. Dal Periodo Kofun in poi, quasi tutti gli scheletri trovati in Giappone, eccetto quelli degli Ainu e di Okinawa,

assomigliano a quelli dei giapponesi e coreani dei giorni nostri.

Le prove genetiche supportano questa teoria. Gli Ainu si pensa che siano i discendenti dei Jōmon, con alcuni geni degli Yayoi.

b) La cultura Yayoi fu portata in Giappone da popolazioni provenienti dalla Cina. La nascita della cultura Yayoi, infatti, fu improvvisa.

Tale civiltà era molto evoluta se comparata con il periodo Jōmon. Introdusse capacità in Giappone come il bronzo e le armi di rame,

gli specchi di bronzo, le campane e le risaie. Ciò che, secondo questa teoria, è la prova dell'origine cinese è il fatto che i tre maggiori

simboli della cultura Yayoi sono lo specchio di bronzo, la spada ed il sigillo reale (questi sono esattamente i simboli utilizzati dalla

Dinastia Qin).

In anni recenti prove genetiche e archeologiche sono state trovate sia in Giappone occidentale che nella Cina orientale. Tra il 1996

ed il 1999, una squadra guidata da Satoshi Yamaguchi, ricercatore al Museo Nazionale della Scienza Giapponese, fece una compara-

zione tra i resti Yayoi (nelle prefetture di Yamaguchi e Fukuoka ) con quelli del primo periodo della dinastia Han (202 a.C.-8) nella

provincia costiera di Jiangsu e trovarono varie similitudini tra i teschi e le membra degli Yayoi e delle genti di Jiangsu. Due teschi

mostravano le tracce dove i denti anteriori erano stati estratti, di una pratica comune nel periodo Yayoi e risalente al periodo Jō-

mon. Anche dal punto di vista genetico vi sono delle somiglianze. Questi ritrovamenti suggeriscono che alcuni dei primi coltivatori

di riso in Giappone sarebbero potuti arrivare dallo Yangtze più di 2.000 anni fa.

Giappone

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zione del riso e la produzione di oggetti in bronzo e ferro, probabilmente portate da immigrati dell'Asia con-

tinentale orientale. Durante il Periodo Kufun3, la società Yayoi si sviluppò dando luce ad un'aristocrazia mili-

tare ed a clan patriarcali, il centro politico dominante di quest’epoca è basato nell’area di Yamato, da dove

proviene la linea dinastica degli imperatori giapponesi. Anche questi cambiamenti furono facilitati, proba-

bilmente, dall'immigrazione dalla terra ferma.

Il Buddismo fu importato dal regno coreano di Baekje in Giappone, dove venne promosso dalla classe

vernante. (Il Giappone fornì supporto militare a Baekje). Il principe Shōtoku4 si impegnò a diffondere il Bud-

dhismo e la cultura cinese in Giappone. Gli viene attribuito l'aver portato una pace relativa al Giappone me-

diante la proclamazione della Costituzione di 17 articoli5.

Queste informazioni sembrano essere confermate da racconti cinesi riguardanti la Dinastia Wei. Questi infatti inviarono degli am-

basciatori nel Giappone Yayoi e quando chiesero di chi erano i discendenti, essi (i giapponesi) affermarono di essere i discendenti

del Re Taibo (太伯) di Wu (呉), una regione costiera nei pressi del Delta dello Yangtze che include gli attuali Jiangsu, Shanghai e

Zhejiang.

c) La cultura Yayoi è l risultato dell’incrocio tra i nativi Yomon ed alcuni immigranti provenienti dalla Cina/Corea. Alcuni resti terra-

glie mostrano chiaramente l'influenza delle ceramiche Jōmon. In aggiunta, gli Yayoi vivevano nello stesso tipo di dimore circolari

come quelle dei Jōmon. Altri esempi delle comunanze sono le pietre scheggiate per la caccia, le ossa per la pesca, braccialetti di

conchiglie e la capacità di laccare vascelli ed accessori. Il Museo Nazionale della Scienza Giapponese una volta tenne una esibizione

chiamata Un lungo viaggio nel Giappone preistorico nella quale si affermò che i Yayoi arrivavano dalla Cina del sud poiché vi erano

somiglianze tra le varie ossa.

d) La cultura Yayoi deriva da quella Yomon con una limitata interazione con popolazioni provenienti dalla Cina e/o dalla Corea. La

pratica della coltivazione del riso prima si pensava che fosse arrivata in Giappone dalla Cina attraverso la Corea. Secondo questa

teoria invece è arrivata dalla Cina meridionale attraverso Okinawa, e poi è giunta in Corea. Le differenze fisiche riscontrabili nei

giapponesi di oggi sono spiegabili da un cambiamento della dieta e del modo di vivere. Il fatto che i giapponesi siano generalmente

simili (con eccezione degli Ainu e degli abitanti di Okinawa) suggerisce che i giapponesi non siano provenuti dalla Cina. Questa teo-

ria, sebbene piaccia di più ai giapponesi perché non li lega in modo stretto ai loro vicini asiatici, risulta essere l'ultima in ordine di

attendibilità ed è propugnata da un antropologo giapponese. 3 Il periodo della storia del Giappone che va dal 250/300 d.C. fino alla metà del VI secolo è detto periodo Kofun o periodo dei Tu-

muli.

Il nome deriva dalle caratteristiche tombe a tumulo che andarono via via diffondendosi sempre più. Le tombe potevano essere di

diverse dimensioni e forme a seconda dello status sociale del defunto. All'interno, intorno al corpo del defunto venivano posti og-

getti a lui cari, per lo più d'origine continentale e di tipo prezioso. I Kofun erano spesso corredati di sculture in terracotta (haniwa)

che ritraevano elementi zoomorfi o soldati, a protezione dello spirito del defunto.

Le famiglie più importanti venivano chiamate Uji e possedevano tombe maestose. Il termine Uji viene tradotto come clan, ed il ca-

postipite era lo uji no kami ovvero colui che discendeva direttamente dalla divinità protettrice e detentore dei tre simboli sacri: la

spada, lo specchio in bronzo e il gioiello; tutto ciò ribadiva e rinforzava il legame di continuità tra passato e presente. 4 Il Principe Umayado noto anche come Principe Shotoku Taishi (聖徳太子聖徳太子聖徳太子聖徳太子, 574-622 o 621) fu un principe del Giappone e prin-

cipe ereditario (dal 592 alla sua morte), nonché reggente (dal 593 alla sua morte) dell'imperatrice Suiko, sua zia. Altri suoi nomi:

Principe Toyotomimi e Principe Kamitsumiya. Fu uno dei leggendari saggi del Giappone.

Umayado era il primo figlio dell'imperatore Yomei e dell'imperatrice Principessa Anahobe no Hashihito. I suoi genitori erano insie-

me figli dell'imperatore Kinmei. Quando suo padre Yomei morì nel 587, aveva tredici anni.

Trascorsi cinque anni, nel 592 sua zia divenne l'imperatrice Nukatabe, oggi conoscuita con il suo titolo, quello di imperatrice Suiko.

Suiko aveva figli propri ma di età troppo giovane e Umayado pertanto sposò sua figlia, la principessa Udonokaidako. Suiko nominò

Umayado, che era suo nipote e genero, quale principe ereditario.

Nel 574 iniziò a dedicarsi alla politica.

Inviò una delegazione in Cina. Una volta tornati gli ambasciatori essi introdussero in Giappone il buddismo, i kanji, oltre a principi di

organizzazione politica, di architettura, di urbanistica, eccetera.

Era saggio e aveva un ingegno profondo. Fu un fervente del Buddismo e fondò il tempio Horyu-ji a Ikaruga (oggi parte della prefet-

tura di Nara), che in alcune parti originarie rappresenta il più antico edificio ligneo al mondo.

5 La costituzione di 17 articoli (十七条憲法 Jūshichijō kenpō) è un documento del 604 che si presume sia stato scritto dal principe

giapponese Shōtoku nel periodo Kofun.

Giappone

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Cominciando con gli Editti di riforma di Taika6 del 645 la corte Yamato

intensificò l'adozione di pratiche culturali cinesi e riorganizzò il governo e

il codice penale basandosi sulla struttura amministrativa cinese dell'e-

ca. Ciò preparò la strada al dominio della filosofia confuciana in

ne fino al XIX secolo. In questo periodo venne utilizzata per la prima volta

la parola Nihon (日本, Nihon?) come nome per lo stato emergente.

Il periodo Nara7 dell'VIII secolo segnò il primo emergere di un forte stato

giapponese, centrato

torno alla corte imperiale

nella città di Heijō

dierna Nara). La corte

imperiale si trasferì

vemente a Nagaoka, e

quindi a Heian (ora Kyōto).

Gli scritti storici del Giappone culminarono all'inizio dell'VIII secolo con le

cronache epiche del Kojiki e del Nihon Shoki. Queste due cronache danno

un resoconto leggendario delle origini del Giappone. Secondo esse il Giappone venne fondato nel 660 a.C.

dall'imperatore Jimmu, un discendente della divinità shintoista Amaterasu (la dea del sole). Si dice che Jim-

mu sia l'antenato della dinastia imperiale, rimasta ininterrotta fino ai nostri giorni. Comunque secondo gli

storici il primo imperatore realmente esistito fu l'imperatore Ōjin, sebbene la data del suo regno sia incerta.

Durante il periodo Heian (794-1185) fiorirono arte, poesia e letteratura autoctone, immortalate all'inizio

dell'XI secolo dalla dama di corte Murasaki Shikibu nel Genji monogatari (Il racconto di Genji), il più antico

racconto ancora esistente. I reggenti del clan Fujiwara controllarono la politica dell'epoca.

Il documento mette l'enfasi non tanto sulle regole fondamentali sulle quali si dovrebbe fondare uno stato (come le costituzioni mo-

derne) ma evidenzia soprattutto gli ideali confuciani. Il documento infatti presenta una serie di prescrizioni morali ed elenca una

serie di virtù che dovrebbero essere proprie di un sovrano. É uno dei più antichi documenti del genere 6 Gli editti di riforma di Taika (大化の改新 Taika no Kaishin) sono un insieme di dottrine stabilito in Giappone nel 646 dall'Impera-

tore Kōtoku. Furono scritti poco dopo la morte del principe Shōtoku, e la sconfitta del clan Soga, che aveva unificato il Paese. Il

principe ereditario Naka no Ōe (il futuro Imperatore Tenji), Nakatomi no Kamatari, e l'Imperatore Kōtoku insieme affrontarono una

serie di riforme, dalle quali l'Imperatore prese il nome "Taika" (大化? "Grande Riformatore").

Le riforme cominciarono con quella della terra, basata su idee e filosofie confuciane importate dalla Cina, ma il vero scopo delle

riforme era quello di aumentare la centralizzazione e potenziare l'autorità della corte imperiale, anch'essa basata sulla struttura

governativa cinese. Ambasciatori e studenti furono inviati in Cina per apprendere tutto ciò che potevano: il sistema di scrittura, le

religioni, la letteratura, l'architettura, perfino i costumi alimentari furono modellati sulla base di quelli cinesi. Ancora oggi, l'impatto

delle riforme sulla vita culturale giapponese resta evidente.

La Taikwa o Taika fu una importante riforma politico-amministrativa attuata in Giappone dal 646 al 650 d.C. dall'imperatore Kotoku.

Questa riforma rese il Giappone uno stato centralizzato, secondo il modello statale cinese. Altro aspetto importante della riforma

fu l'introduzione del censimento delle terre, che, dichiarate proprietà dello stato, venivano assegnate da quest'ultimo ai contadini

dietro pagamento di un canone in natura. Fu inoltre attuato un censimento della popolazione e i vari sistemi di governo locale ven-

nero sostituiti da governatori nominati dall'imperatore. 7 Il periodo Nara (奈良時代 Nara-jidai) è un'epoca della storia del Giappone che va dal 710, anno in cui l'Imperatrice Gemmei spo-

stò la capitale a Heijō (odierna Nara), al 784, quando l'Imperatore Kammu la spostò nuovamente a Nagaoka prima di Heian (odierna

Kyōto), nel 794. In realtà durante questo periodo la capitale non fu sempre Nara: tra il 740 e il 745 infatti la capitale fu spostata per

un breve periodo per volontà dell'Imperatore Shōmu.

La capitale Nara venne modellata ad imitazione della capitale cinese Chang'an (長安?), corrispondente all'odierna Xi'an (西安

?); in

questo periodo, infatti, le classi aristocratiche del Paese imitavano gli usi e i costumi cinesi, e molti nobili adottarono il buddhismo,

mentre la popolazione, prevalentemente rurale, rimaneva per lo più shintoista. A questo periodo risale l'importazione del sistema

di scrittura cinese: i kanji, i primi caratteri di scrittura giapponese, furono modellati sulla base degli hanzi cinesi.

Figura 28 Un'incisione in bianco e nero, non datata, ri-

trae Jimmu Tenno (660-585 a.C.), il primo imperatore

del Giappone. Discendente della dea del Sole, Tenno è

considerato il fondatore dell'impero Kashiwabara; la

sua tomba si trova a Nara.

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L'era medievale giapponese fu caratterizzata dell'emergere di una classe governante di guerrieri, i samurai8.

Nel 1185 in seguito alla sconfitta dei nemici del clan Taira, Minamoto no Yoritomo9 venne nominato Shōgun

8 La parola giapponese samurai (侍) deriva da un verbo, saburau, che significa servire o tenersi a lato ed indica un guerriero del

Giappone feudale. Un termine più appropriato sarebbe bushi (武士, letteralmente: guerriero), che risale all'epoca Edo.

Attualmente il termine viene usato per indicare la nobiltà guerriera (non, ad esempio, gli ashigaru o i fanti). I samurai che non ser-

vivano un daimyō o perché era morto o perché ne avevano perso il favore, erano chiamati rōnin.

I samurai costituivano una classe colta, che oltre alle arti marziali, direttamente connesse con la loro professione, praticava arti zen

come il cha no yu o lo shodō. Col tempo, durante l'era Tokugawa persero gradualmente la loro funzione militare. Verso la fine

dell'era Tokugawa, i samurai erano essenzialmente burocrati dello shōgun, e la loro spada veniva usata soltanto per scopi cerimo-

niali. Con il rinnovamento Meiji (tardo XIX secolo) la classe dei samurai fu abolita in favore di un esercito nazionale in stile occiden-

tale. Ciò nonostante, il bushidō, rigido codice d'onore dei samurai, è sopravvissuto ed è ancora, nella società giapponese odierna,

un nucleo di principi morali e di comportamento che parallelamente, nelle società occidentali, è costituito da principi etici di deri-

vazione religiosa. 9 Minamoto no Yoritomo era il terzo figlio di Minamoto no Yoshitomo, erede del clan Minamoto, e della sua moglie ufficiale, Fuji-

wara no Saneori, discendente dell'illustre clan Fujiwara; nacque a Heian (odierna Kyōto), allora capitale del Giappone. All'epoca suo

nonno, Minamoto no Tameyoshi, era il capofamiglia del clan Minamoto.

Nel 1156, le divisioni in fazioni della corte scoppiarono in una vera e propria guerra civile; l'Imperatore claustrale Toba e suo figlio

Go-Shirakawa si schierarono con il figlio del reggente Fujiwara no Tadazane, Fujiwara no Tadamichi, e con Taira no Kiyomori (mem-

bro dell'influente clan Taira), mentre l'Imperatore claustrale Sutoku si schierò con il figlio minore di Tadazane, Fujiwara no Yorinaga;

la guerra fu chiamata Ribellione di Hōgen. Il clan Minamoto era diviso; Tameyoshi, il capofamiglia, si schierò con l'Imperatore clau-

strale Sutoku, mentre suo figlio Yoshitomo, padre di Yoritomo, si schierò con l'Imperatore claustrale Toba e con l'Imperatore Go-

Shirakawa. Alla fine, i seguaci dell'Imperatore Go-Shirakawa vinsero la guerra civile, e l'Imperatore Sutoku fu messo agli arresti do-

miciliari. Yorinaga era stato gravemente ferito in battaglia, e Tameyoshi fu condannato a morte, nonostante l'intervento in suo fa-

vore di Yoshitomo. Yoshitomo divenne così il capofamiglia, e Yoritomo l'erede del clan. Essendo Yoritomo imparentato sia con l'im-

peratore (da parte di padre) sia con i Fujiwara (da parte di madre), ricevette i suoi primi incarichi a corte e fu nominato amministra-

tore.

La pace non durò a lungo, perché Kiyomori e Yoshitomo, i vincitori della precedente guerra, cominciarono a discutere e alla fine i

due clan entrarono in guerra: i Taira sostenevano Imperatore Nijō, figlio di Go-Shirakawa, ed avevano il sostegno di Fujiwara no

Nobuyori, mentre i Minamoto sostenevano l'ormai claustrale Imperatore Go-Shirakawa ed avevano il sostegno di Fujiwara no Ta-

damichi e Fujiwara no Michinori (il clan Fujiwara era quindi diviso); la guerra fu chiamata Ribellione di Heiji. I Minamoto non erano

adeguatamente preparati, e i Taira occuparono Kyōto; Michinori e Tadamichi furono condannati a morte e il palazzo dell'Imperato-

re claustrale Go-Shirakawa fu messo a fuoco dai Taira. Yoshitomo era riuscito a lasciare la capitale poco prima della disfatta, ma fu

tradito da un suo seguace e ucciso a Owari nel 1160.

Yoritomo si ritrovò così nuovo capofamiglia del clan Minamoto, esule a Hirugashima, un'isola della provincia di Izu nel Kantō, all'e-

poca sotto il controllo del clan Hōjō. I Taira erano ormai i samurai più potenti del Giappone; Yoritomo fu lasciato in vita grazie a Ike-

nozunni, madre adottiva di Kiyomori. Il fratellastro di Yoritomo, Minamoto no Noriyori, fu esiliato, mentre Minamoto no Yoshitsu-

ne, un altro fratellastro, fu costretto a prendere i voti e rinunciare alla vita politica. Tutti gli altri fratelli di Yoritomo furono mandati

a morte.

Yoritomo crebbe quindi in esilio. Nel 1179, sposò Hōjō Masako, figlia di Hōjō Tokimasa: il matrimonio aveva anche una chiara va-

lenza politica, poiché Yoritomo avrebbe potuto contare sugli Hōjō in caso di guerra.

Nel 1180, il principe Mochihito, figlio dell'Imperatore claustrale Go-Shirakawa, umiliato dai Taira nell'occasione dell'ascesa al trono

del nipote Antoku, che era stato sostenuto dal clan in quanto imparentato con loro, chiese aiuto al clan Minamoto. Yoritomo fu ini-

zialmente titubante, ma dopo la morte di Minamoto no Yorimasa e dello stesso principe Mochihito comprese che il clan Minamoto

doveva scendere in campo con tutte le sue forze, perciò forte della sua posizione di capofamiglia e del sostegno economico del clan

Hōjō organizzò le truppe del clan a Kamakura; in questi anni dovette anche fronteggiare le insidie degli altri membri del clan, alcuni

dei quali, come lo zio Yukiie e il cugino Yoshinaka, cospiravano contro di lui.

Nel 1181, Kiyomori morì, e il nuovo capofamiglia dei Taira, Munemori, adottò una politica molto più aggressiva contro i Minamoto,

attaccando da Kyōto le loro basi più vicine. Ciò nonostante, Yoritomo e le truppe principali del clan erano ben difese nella roccafor-

te di Kamakura. I suoi fratellastri, Yoshitsune e Noriyori sconfissero i Taira in diverse battaglie, mentre Yoshinaka, cugino e rivale di

Yoritomo, entrò a Kyōto nel 1183 e scacciò i Taira che fuggirono verso Sud con l'Imperatore Antoku. Quando Yoritomo entrò nella

capitale, il clan mise sul trono l'Imperatore Go-Toba.

Nella sua prima grande battaglia, quella di Ishibashiyama, Yoritomo fu sconfitto, indebolendo la sua posizione nei confrontidei riva-

li; fino al 1184, grazie agli screzi interni alla corte dominata dai Taira, riuscì però a consolidare la sua autorità sull'aristocrazia guer-

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e stabilì la sua base di potere a Kamakura. Dopo la morte di Yoritomo un altro clan guerriero, il clan Hōjō,

divennero reggente per gli shōgun. Lo shogunato Kamakura riuscì a respingere le invasioni mongole nel

1274 e nel 1281 con l'aiuto di una tempesta che venne interpretata dai giapponesi come un kamikaze, o

"Vento Divino". Lo shogunato Kamakura durò altri cinquant'anni e venne infine spodestato da Ashikaga Ta-

kauji nel 1333. Il successivo shogunato Ashikaga non riuscì a controllare i signori della guerra feudali (daim-

yō) e scoppiò una guerra civile. La guerra Ōnin (1467-1477) viene generalmente considerata come l'antica-

mera degli "Stati in guerra" o periodo Sengoku10.

Nel XVI secolo commercianti e missionari portoghesi raggiunsero per la prima volta il Giappone, iniziando il

periodo Nanban ("barbari meridionali") di attivi scambi commerciali e culturali tra il Giappone e l'Occidente.

riera del Kantō e ebbe modo di costruire una propria struttura amministrativa, centrata nella sua fortezza di Kamakura. Alla fine

ebbe ragione dei suoi rivali nel clan, e nella battaglia di Dan-no-ura nel 1185 impresse ai Taira una terribile sconfitta.

Ormai senza rivali, Yoritomo estese la sua struttura amministrativa a tutto il Paese, rendendo di fatto Kamakura la nuova capitale;

nel nuovo sistema feudale la casta aristocratico-guerriera dei samurai ottenne l'egemonia che avrebbe mantenuto fino alla metà

del XIX secolo. Sette anni dopo, l'Imperatore Go-Toba gli concesse il titolo di shōgun, ufficializzando la sua posizione e dando inizio

al bakufu (shogunato, ovvero il governo dello shōgun). 10 L'epoca Sengoku (戦国) o periodo degli stati combattenti è un periodo di vasta crisi politica che il Giappone dovette fronteggia-

re dal 1478 e che protrasse fino al 1605. Fu un'epoca in cui il Giappone era diviso in tanti piccoli feudi costantemente in guerra tra

loro.

Il Giappone era uno stato amministrato dallo Shogun (il generale più forte, consigliere dell'imperatore, e talvolta più influente di

quest'ultimo); da costui dipendevano i Daimyo a cui dava in amministrazione vaste porzioni di terra appartenenti allo stato. I feudi

erano dei centri di potere autonomi: avevano propri emissari doganali e tributari, un proprio codice di leggi penali ed economico

finanziarie (conosciuti come "codici della Casa") e potevano contare solo su se stessi per imporsi sui vicini più deboli. Solo una tren-

tina di feudi, su circa 250, erano abbastanza potenti all'inizio del XVI secolo.

Sebbene lo Shogunato Ashikaga avesse ereditato la struttura politica e amministrativa dello Shogunato Kamakura, istituendo un

governo di sovrani guerrieri in base agli stessi diritti e doveri sanciti dal codice Jōei nel 1232 e stabiliti dal potente clan Hōjō, esso

non fu capace di guadagnarsi la fedeltà di gran parte dei daimyo, soprattutto di quelli i cui domini erano molto lontani dalla capitale

Kyoto.

L'inizio dell'Era Sengoku si ebbe con lo scoppio della guerra di Onin (1467-1477) durante la quale le continue rivolte dei Daimyo as-

sestarono duri colpi alle fondamenta del potere amministrativo del Giappone, fino allora detenuto dallo Shogunato Ashikaga. Ogni

Daimyo fondò un proprio stato, in guerra con tutti gli altri, armato con un proprio esercito, formato da migliaia di uomini, spesso

contadini reclutati nei propri appezzamenti. Le guerre sempre più cruente e devastatrici aumentavano nel corso degli anni e alla

fine del 1550, si arrivò ad avere un numero largamente ridotto dei daymyo ancora al potere, che passò da 300 a meno di 20. Tra le

infinite battaglie combattute sono da menzionare,quella tra il clan Takeda e quello Uesugi, quelle di Tokugawa Ieyasu, che unificò la

parte ovest del Giappone, e le guerre di Oda Nobunaga(1534-1582),sotto il cui controllo il Giappone ritrovò la via dell'unificazione

parziale ma non certo senza spargimenti di sangue. Nobunaga, con Tokugawa e Toyotomi Hideyoshi, sono tra gli eroi più famosi del

Giappone, in particolar modo Oda è passato alla storia per la sua incredibile abilità militare, per le sue aperture alle correnti occi-

dentali (Cristianesimo), ma anche per la sua grande ferocia e mancanza di pietà. Con l'assassinio di Nobunaga, per mano di Akechi

Mitsuhide, Tokugawa e Hideyoshi si spartirono le province, cosa che comportò l'inizio di una nuova guerra civile. Hideyoshi, che

non poteva assumersi la guida totale del paese a causa delle proprie umili origini scelse per se un appellativo meno altisonante ma

di egual potere: "reggente dell'Imperatore" ossia "kanpaku", intorno al 1590 Hideyoshi inizia le Campagne di Corea ufficialmente

per ampliare l'impero ma ufficiosamente con lo scopo di indebolire i propri avversari politici impegnandoli in una guerra all'estero.

Inizialmente i samurai giapponesi ebbero la meglio ma quando la Cina si impegnò minuziosamente il sogno di conquista svanì. Hi-

deyoshi morì e fu formato il Consiglio dei Cinque Reggenti con lo scopo di consegnare l'impero al proprio erede quand'egli sarebbe

stato maggiorenne. Il Consiglio dei Reggenti era in sostanza un senato speciale composto da cinque daimyo, i più potenti, mutui

avversari che non sarebbero mai stati d'accordo tra di loro e che non si sarebbero lasciati manovrare da altri sia interni che esterni

al consiglio. Hideyoshi aveva calcolato bene i cinque rappresentanti ma ne aveva sottovalutato uno: Ieyasu. Dopo mille peripezie,

intrighi e colpi di scena nel giro di 2 anni dalla morte di Hideyoshi l'impero è nuovamente spaccato. I rappresentanti delle due fa-

zioni contrapposte sono Ieyasu Tokugawa con circa 80mila samurai e Ishida Mitsunari, anch'egli membro del Consiglio, con 110mila

soldati. Nella famosa battaglia di Sekigahara del 1600 persero la vita 40mila samurai, prevalentemente di Ishida, e Ieyasu trionfan-

te, essendo la forza politica predominante in grado di esercitare la propria autorità e controllo sui daimyo, pone fine al periodo più

sanguinoso della storia dell'Impero. La carica di Shogun viene "concessa" dall'imperatore nel 1603, data in cui, simbolicamente, si fa

finire l'era Sengoku. I Tokugawa amministreranno il Giappone fino alla seconda metà del XIX secolo.

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Oda Nobunaga11 conquistò numerosi altri daimyo utilizzando tecnologie e armi da fuoco europee ed era sul

punto di unificare la nazione quando venne assassinato ("Incidente di Honnōji"12) nel 1582. Toyotomi Hide-

yoshi succedette a Nobunaga e unificò la nazione nel 1590. Hideyoshi tentò due volte di invadere la Corea

ma venne ogni volta arrestato dalle forze coreane e della dinastia Ming cinese. In seguito a numerose scon-

fitte e alla morte di Hideyoshi le truppe giapponesi vennero ritirate nel 1597.

Dopo la morte di Hideyoshi, Tokugawa Ieyasu sfruttò la sua posizione di reggente del figlio di Hideyoshi, To-

yotomi Hideyori, e i conflitti sorti tra i lealisti del clan Toyotomi, per ottenere il supporto di diversi signori

della guerra da tutto il Giappone. Quando scoppiò la guerra aperta sconfisse i clan rivali nella battaglia di

Sekigahara nel 1600. Ieyasu venne nominato shōgun nel 1603 e stabilì lo shogunato Tokugawa a Edo (la

moderna Tōkyō).

Dopo aver sconfitto il clan Toyotomi all'assedio di Osaka nel 1614 e nel 1615 i Tokugawa divennero i gover-

nanti del Giappone, imponendo un sistema feudale centralizzato con lo shogunato Tokugawa a capo dei

domini feudali. Dopo la morte di Ieyasu, lo shogunato Tokugawa instaurò diverse misure per controllare i

daimyo, tra cui la politica sankin-kōtai di rotazione forzata della residenza tra i feudi e Edo. Nel 1639, lo

shogunato iniziò la politica isolazionista del sakoku («paese chiuso») che diede due secoli e mezzo di tenue

unità politica conosciuto come periodo Edo. Questo viene spesso considerato come l'acme della cultura me-

dievale giapponese. Lo studio delle scienze occidentali, conosciuto come rangaku, continuò in questo perio-

do mediante contatti con l'enclave olandese di Dejima a Nagasaki. Il periodo Edo vide la nascita del kokuga-

ku, letteralmente «studi giapponesi», sebbene più correttamente rappresenti lo studio delle origini del

Giappone da parte dei giapponesi stessi.

Il 31 marzo 1854, il commodoro Matthew Perry e le "Navi Nere" della marina degli Stati Uniti forzarono l'a-

pertura del Giappone all'Occidente con la Convenzione di Kanagawa. La guerra Boshin del 1867-1868 con-

dusse all'abdicazione dello shogunato e alla restaurazione Meiji instaurando un governo centrato intorno

all'imperatore. Il Giappone adottò numerose istituzioni occidentali, inclusi un sistema legale, un esercito

moderno e un sistema parlamentare, quest'ultimo modellato su quello britannico, con Ito Hirobumi come

Primo Ministro nel 1882.

11

Oda Nobunaga (織田 信長, ?) - (Nagoya, 23 giugno 1534 – Kyōto, 21 giugno 1582) è stato un militare giapponese. Figlio di Oda

Nobuhide, un daimyō (feudatario) minore della provincia di Owari, condusse una serie di campagne militari che lo portarono a con-

quistare gran parte del Giappone prima del suo assassinio nel 1582. 12

Nel 1582, Hashiba Hideyoshi, uno dei generali più vicini a Nobunaga, invase la provincia di Bitchu, assediando il castello di Taka-

matsu; quest'ultimo era vitale per il clan Mori, perché occupava una posizione strategica dalla quale era possibile penetrare con

facilità nel loro dominio. Mori Terumoto arrivò perciò con il suo esercito a sostegno del castello di Takamatsu, e le due parti si tro-

varono in uno stallo. A questo punto Hideyoshi chiese rinforzi a Nobunaga.

È stato osservato che Hideyoshi non aveva realmente bisogno di rinforzi, ma chiese comunque l'aiuto del suo signore; secondo al-

cuni lo fece per non assumersi direttamente il merito della vittoria, in quanto molti generali non vedevano di buon occhio il succes-

so di un generale di umili origini e non appartenente a un clan samurai; secondo altri Hideyoshi intendeva mettere Nobunaga in

una posizione critica in modo da poterne trarre un vantaggio personale.

In ogni caso, Nobunaga lasciò i preparativi per l'invasione di Shikoku a Niwa Nagahide e partì con Akechi Mitsuhide per raggiungere

Hideyoshi. Lungo il tragitto, Nobunaga e i suoi uomini sostarono nel tempio Honnō-ji a Kyōto, dove Nobunaga, essendo al centro

del suo dominio e ritenendosi al sicuro, si lasciò scortare solo da pochi servitori e guardie di fiducia. Inaspettatamente, Akechi Mi-

tsuhide dispose i suoi uomini intorno al tempio in un tentativo di colpo di stato; nella schermaglia che seguì, Nobunaga perse e si

ritirò all'interno del tempio. Mitsuhide, applicando la tecnica che Nobunaga aveva tante volte usato, appiccò fuoco al tempio.

Non si sa cosa accadde a Nobunaga nelle sue ultime ore di vita; probabilmente lui e il suo attendente Mori Ranmaru compirono

seppuku mentre il tempio bruciava. I suoi resti non furono mai ritrovati tra le macerie del tempio, dando adito a una vasta gamma

di leggende popolari.

Immediatamente dopo il colpo di stato, gli uomini di Mitsuhide attaccarono il castello di Nijō, dove costrinsero l'erede di Nobunaga,

Nobutada, a compiere seppuku a sua volta. Per undici giorni Mitsuhide incontrò vari esponenti del clan Oda e della corte imperiale

per essere nominato successore di Nobunaga, ma invano. Hideyoshi, che appena ricevuta la notizia aveva siglato una tregua con il

clan Mori, raggiunse e uccise Mitsuhide nella battaglia di Yamazaki dopo soli 11 giorni dalla morte di Nobunaga.

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L'era Meiji di riforme trasformò l'Impero del Giappone in una potenza mondiale, che si imbarcò in diversi

conflitti militari per aumentare il suo accesso alle risorse naturali e la sua influenza su Corea e Cina, come la

prima guerra sino-giapponese (1894-1895) e la guerra russo-giapponese (1904-1905). Con quest'ultima per

la prima volta una nazione asiatica sconfisse una potenza nazionale europea. Nel 1910 il Giappone control-

lava la Corea e la metà meridionale di Sakhalin. L'anno successivo i trattati ineguali firmati dal Giappone

con le potenze occidentali vennero cancellati.

L'inizio del XX secolo vide un breve periodo di "democrazia Taisho", messa in ombra dalla crescita

dell'espansionismo giapponese e della militarizzazione. La prima guerra mondiale permise al Giappone, che

combatté al fianco degli Alleati vittoriosi, di espandere la sua sfera di influenza in Asia e i suoi possedimenti

coloniali nel Pacifico. Nel 1920 il Giappone si unì alla Lega delle Nazioni divenendone un membro del consi-

glio di sicurezza, ma nel 1933 ne uscì in seguito alle critiche per l'occupazione della Manciuria del 1931. Nel

1936 firmò il patto anti-Comintern con la Germania nazista, unendosi all'Asse nel 1941.

Il Giappone attaccò il resto della Cina, così come molte altre nazioni e isole dell'Asia orientale, iniziando la

seconda guerra sino-giapponese (1937-1945). In risposta alle sue azioni, alcuni Stati occidentali, tra cui prin-

cipalmente gli Stati Uniti, il Regno Unito e i Paesi Bassi, imposero un embargo delle forniture di petrolio e

altre sanzioni. Il 7 dicembre 1941 il Giappone attaccò la base navale statunitense di Pearl Harbor dichiaran-

do guerra a Stati Uniti, Regno Unito e Paesi Bassi. Quest'azione fece entrare nella seconda guerra mondiale

gli Stati Uniti, che quattro giorni dopo dichiararono guerra alla Germania nazista.

Con progressione costante le forze giapponesi furono respinte o distrutte. Man mano che gli Stati Uniti si

portavano sempre più vicini al Giappone furono in grado di usare efficacemente i bombardamenti. I bom-

bardamenti strategici di città come Tokyo e Osaka culminarono con il bombardamento atomico di Hiroshi-

ma e Nagasaki. Questi attacchi uccisero migliaia di giapponesi e portarono al termine della guerra. A segui-

to di ciò, il 21 settembre 1945 il Giappone accettò una resa incondizionata. Venne organizzato un tribunale

militare per perseguire i leader giapponesi per crimini di guerra. Altri criminali di guerra vennero giudicati in

tribunali locali dell'Asia e del Pacifico. L'imperatore Hirohito ricevette l'immunità e mantenne la posizione di

imperatore.

La guerra costò al Giappone milioni di vite e distrusse la maggior parte della struttura industriale e infra-

strutturale. Nel 1947 il Giappone adottò una nuova costituzione pacifista, cercando la cooperazione interna-

zionale, enfatizzando i diritti umani e le pratiche democratiche. L'occupazione statunitense durò ufficial-

mente fino al 1952; nel 1956 il Giappone divenne membro delle Nazioni Unite. Grazie a un programma di

sviluppo industriale aggressivo e con l'assistenza degli Stati Uniti, l'economia giapponese crebbe rapidamen-

te fino a diventare la seconda più grande economia del mondo, con un tasso di crescita medio del 10% per

quattro decadi. Questa crescita si arrestò negli anni novanta quando soffrì una grave recessione.

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Bibliografia

Giappone. (2008). Tratto il giorno 04 23, 2008 da wikipedia: www.wikipedia.org

Microsoft Corporation. (2008). Microsoft Encarta 2008.

Soldati, A. (2007, 05 12). Il Giappone. Levico Terme (TN).

Touring Club Italiano. (1988). Il Patrimonio dell'Umanità. Milano: Touring Editore S.r.l.

Unesco World Heritage List. (s.d.). Tratto il giorno 4 26, 2008 da Unesco Official Site: http://whc.unesco.org

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Sommario

Aspetti geofisici e climatici ................................................................................................................................ 1

Hokkaidō ........................................................................................................................................................ 4

Honshū ........................................................................................................................................................... 4

Shikoku .......................................................................................................................................................... 5

Kyūshū ........................................................................................................................................................... 5

Idrografia ....................................................................................................................................................... 5

Demografia ........................................................................................................................................................ 6

Divisioni amministrative e città principali ......................................................................................................... 7

Ordinamento dello Stato ................................................................................................................................... 9

Economia ........................................................................................................................................................... 9

Industria ....................................................................................................................................................... 10

Risorse minerarie ed energetiche............................................................................................................ 10

Agricoltura e settori correlati ...................................................................................................................... 10

Terziario ....................................................................................................................................................... 11

Finanza ..................................................................................................................................................... 11

Il commercio internazionale .................................................................................................................... 12

Turismo .................................................................................................................................................... 12

Siti culturali .......................................................................................................................................... 13

Parco della Pace di Hiroshima ......................................................................................................... 13

I monumenti buddisti dell’area di Horyu-ji ..................................................................................... 13

Gusuku ............................................................................................................................................. 13

Himeji-jo .......................................................................................................................................... 13

Il centro storico di Kyoto ................................................................................................................. 14

Il cento storico di Nara .................................................................................................................... 14

Hirakawa-go e Gokayama ................................................................................................................ 14

Isola di Itsuku shima ........................................................................................................................ 15

Le miniere d’argento di Iwami Ginzan ............................................................................................. 15

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I siti sacri e la via dei pellegrini sui monti Kii ................................................................................... 15

Santuario Toshogu a Nikko .............................................................................................................. 15

La cultura giapponese .......................................................................................................................... 16

Arte .................................................................................................................................................. 16

Periodo Jōmon ............................................................................................................................. 16

Periodo Yayoi ............................................................................................................................... 16

Periodo Yamato ........................................................................................................................... 17

Periodo Nara ................................................................................................................................ 18

Periodo Heian .............................................................................................................................. 19

Periodo Kamakura ....................................................................................................................... 19

Periodo Muromachi ..................................................................................................................... 20

Periodo Azuchi-Momoyama ........................................................................................................ 20

Periodi successivi ......................................................................................................................... 21

Parchi e Riserve naturali ...................................................................................................................... 22

La storia ........................................................................................................................................................... 23

Bibliografia ....................................................................................................................................................... 33

Sommario ........................................................................................................................................................ 34