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Gestione dei rifiuti Gestione dei rifiuti Profili tecnico-operativi Vittorio Giampietro Rieti, 26/01/09 Ordine dei Avvocati di Rieti Corso di formazione sul Testo Unico Ambientale

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Gestione dei rifiuti Gestione dei rifiuti Profili tecnico-operativi

Vittorio Giampietro

Rieti, 26/01/09

Ordine dei Avvocati di Rieti

Corso di formazione sul Testo Unico Ambientale

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La direttiva 2008/98/CE

Cenni alla parte IV del D. Lgs. 152/06

Gestione di alcune tipologie di rifiuti (T&R da scavo – residui da C&D – rifiuti da cava –

amianto)

Prospettive

Argomenti principali

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La direttiva 2008/98/CE sui rifiuti

•i “considerando …”

•nuove definizioni di sottoprodotto, riutilizzo e preparazione per il riutilizzo, riciclaggio, recupero trattamento

•apertura alla regolamentazione comunitaria e nazionale dell’End of Waste

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i nuovi “considerando …” europei

Alcuni rilevanti “considerando” della nuova direttiva quadro sui rifiuti

(11) : “la qualifica di rifiuto dei suoli escavati non contaminati e di altro materiale allo stato naturale utilizzati in siti diversi da quelli in cui sono stati escavati dovrebbe essere esaminata in base alla definizione di rifiuto e alle disposizioni sui sottoprodotti o sulla cessazione della qualifica di rifiuto ai sensi della presente direttiva”

(22) : “ la direttiva dovrebbe chiarire:

• … quando sostanze od oggetti derivanti da un processo di produzione che non ha come obiettivo primario la loro produzione sono sottoprodotti e non rifiuti …

•quando taluni rifiuti cessano di essere tali, stabilendo criteri … che assicurano un livello elevato di protezione dell’ambiente e un vantaggio economico e ambientale ; eventuali categorie per le quali dovrebbero essere elaborati criteri e specifiche … rifiuti da C&D… Per la cessazione della qualifica del rifiuto, l’operazione di recupero può consistere semplicemente nel controllare i rifiuti per verificare se soddisfano i criteri volti a definire quando un rifiuto cessa di essere tale.”

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i nuovi “considerando …” europei

(42) : “Gli strumenti economici possono svolgere un ruolo cruciale nella realizzazione degli obiettivi di prevenzione e gestione dei rifiuti. Spesso i rifiuti hanno un valore in quanto risorse e un maggiore ricorso agli strumenti economici può consentire di massimizzare i benefici ambientali. Il ricorso a tali strumenti dovrebbe quindi essere incoraggiato al livello appropriato sottolineando al tempo stesso che i singoli Stati membri possono decidere circa il loro impiego”.

(49) : “Poiché l'obiettivo della presente direttiva, vale a dire la protezione dell’ambiente e della salute umana, non può essere realizzato in misura sufficiente dagli Stati membri e può dunque, a causa delle dimensioni e degli effetti della direttiva, essere realizzato meglio a livello comunitario, la Comunità può intervenire in base al principio di sussidiarietà sancito dall'articolo 5 del trattato. La presente direttiva si limita a quanto è necessario per conseguire tale obiettivo in ottemperanza al principio di proporzionalità enunciato nello stesso articolo”

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Nuovi sottoprodotti europei

Una sostanza o oggetto possono essere qualificati come sottoprodotti alle seguenti condizioni:

a)certezza dell’ulteriore utilizzo;

a)possibilità di utilizzo direttamente senza alcun ulteriore trattamento, diverso dalla normale pratica industriale;

a)produzione come parte integrante di un processo di produzione;

a)ulteriore utilizzo legale (la sostanza o l'oggetto soddisfa, per l'utilizzo specifico, tutti i requisiti pertinenti riguardanti i prodotti e la protezione della salute e dell'ambiente e non porterà a impatti complessivi negativi sull'ambiente o la salute umana).

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Cessazione della qualifica di rifiuto (art. 6)

1. Taluni rifiuti specifici cessano di essere tali ai sensi dell'articolo 3, punto 1, quando siano sottoposti a un'operazione di recupero, incluso il riciclaggio, e soddisfino criteri specifici da elaborare conformemente alle seguenti condizioni:

a) la sostanza o l'oggetto è comunemente utilizzata/o per scopi specifici;

b) esiste un mercato o una domanda per tale sostanza od oggetto;c) la sostanza o l'oggetto soddisfa i requisiti tecnici per gli scopi

specifici e rispetta la normativa e gli standard esistenti applicabili ai prodotti; e

d) l'utilizzo della sostanza o dell'oggetto non porterà a impatti complessivi negativi sull'ambiente o sulla salute umana.

I criteri includono, se necessario, valori limite per le sostanze inquinanti e tengono conto di tutti i possibili effetti negativi sull'ambiente della sostanza o dell'oggetto.

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Cessazione della qualifica di rifiuto (art. 6)

2. Le misure che riguardano l'adozione di tali criteri e specificano i rifiuti, intese a modificare elementi non essenziali della presente direttiva, integrandola, sono adottate secondo la procedura di regolamentazione con controllo di cui all'articolo 39, paragrafo 2. Criteri volti a definire quando un rifiuto cessa di essere tale dovrebbero essere considerati, tra gli altri, almeno per gli aggregati, i rifiuti di carta e di vetro, i metalli, i pneumatici e i rifiuti tessili.

4. Se non sono stati stabiliti criteri a livello comunitario in conformità della procedura di cui ai paragrafi 1 e 2, gli Stati membri possono decidere, caso per caso, se un determinato rifiuto abbia cessato di essere tale tenendo conto della giurisprudenza applicabile. Essi notificano tali decisioni alla Commissione in conformità della direttiva 98/34/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 22 giugno 1998 che prevede una procedura d'informazione nel settore delle norme e delle regolamentazioni tecniche e delle regole relative ai servizi della società dell'informazione, ove quest'ultima lo imponga.

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… per non dimenticare

•Art. 2, c. 3, punto 3 del DPR 915/82: “sono rifiuti speciali… i materiali provenienti da demolizioni, costruzioni e scavi…”

•Decreto Ronchi (nelle sue diverse versioni...)

•Circ. Min. Amb. 28/07/2000, n. UL/2000/10103 (Applicabilità del D. Lgs. n. 22/97 alle terre e rocce da scavo)

•L. n. 93 del 23/03/2001 (disposizioni in campo ambientale);

•L. n. 443/2001 (“Lunardi”- interpretazione autentica artt. 7-8 del D. Ronchi)

•L. n. 306 del 31/10/2003 (“Comunitaria 2003” – “ritocco” all’interpretazione autentica)

•D. Lgs. 152/06, decreti attuativi ( “giuridicamente

improduttivi d’effetti”) e correttivi …

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La normativa e la giurisprudenza italiane, fin dall’82, hanno sempre distinto dalla nozione comunitaria di rifiuto due fattispecie di natura generale:

•il residuo di produzione (o di consumo), che ha di per sé un valore economico e che è suscettibile di riutilizzo nello stesso processo produttivo o in altro processo produttivo, avente ab origine le caratteristiche equivalenti a quelle di una materia prima e, pertanto, idoneo ad essere riutilizzato tal quale (o con trattamenti preliminari, non qualificabili come recupero in senso stretto)

•la Materia Prima Secondaria (MPS), che scaturisce a valle di operazioni di recupero, anche in regime semplificato e che acquisisce le caratteristiche qualitative (merceologiche) di una materia prima vergine, conformi alle regole tecniche di settore

In entrambi i casi si esige un riutilizzo effettivo, certo, dimostrabile dall’interessato

Eccezioni italiane …

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… e conflitto con la Corte di Giustizia

La Corte di Giustizia ha ritenuto che l’esonero dalla disciplina comunitaria sulla gestione dei rifiuti era riconducibile a previsioni legislative nazionali generali ed astratte, che prescindevano da ogni accertamento della ricorrenza, nel caso concreto, degli indici di riconoscimento (volontà del disfarsi, certezza del riutilizzo..)

Il difetto di regolamentazione delle prove e, quindi, dei controlli, spettanti all’Autorità competente e, quindi, al giudice nazionale per la verifica, in concreto, delle condizioni comunitarie dei residuo-sottoprodotto, giustificanti la deroga alla nozione generale del residuo-rifiuto.

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Le M.P.S. (materie, sostanze e prodotti secondari), a valle del recupero, devono rispondere ai criteri, requisiti e condizioni previste dall’art. 181, c.1, lett. a) – e)

I metodi di recupero devono garantire l'ottenimento di materiali con caratteristiche fissate con DM Amb., ai sensi dell'articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400 … da emanarsi entro il 31 dicembre 2008

Sino all'emanazione del citato decreto, continuano ad applicarsi le disposizioni del DM 5/02/98 (rifiuti non pericolosi) e DM 161 del 12/06/02 (rifiuti pericolosi), nonché la Circ. Min. Amb. 28 giugno 1999, Prot. n 3402/V/MIN.

In caso di mancata adozione del decreto nel termine previsto, il CdM provvede in sostituzione nei successivi 90 giorni, ferma restando l'applicazione del regime transitorio …

Ancora un’esclusione (transitoria...) delle MPS a monte della nozione di rifiuto???

M.P.S. nel correttivo (transitorio …)

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Sottoprodotti nel correttivo - art. 183, c.1 lett. p)

“Sono sottoprodotti le sostanze ed i materiali dei quali il produttore non intende disfarsi ai sensi dell'articolo 183, comma 1, lettera a), che soddisfino tutti i seguenti criteri, requisiti e condizioni: 1)siano originati da un processo non direttamente destinato alla loro produzione;2)il loro impiego sia certo, sin dalla fase della produzione, integrale e avvenga direttamente nel corso del processo di produzione o di utilizzazione preventivamente individuato e definito;3)soddisfino requisiti merceologici e di qualità ambientale idonei a garantire che il loro impiego non dia luogo ad emissioni e ad impatti ambientali qualitativamente e quantitativamente diversi da quelli autorizzati per l'impianto dove sono destinati ad essere utilizzati;4)non debbano essere sottoposti a trattamenti preventivi o a trasformazioni preliminari per soddisfare i requisiti merceologici e di qualità ambientale di cui al punto 3), ma posseggano tali requisiti sin dalla fase della produzione;5)abbiano un valore economico di mercato”

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Limiti al campo d’applicazione

Non rientrano nel campo di applicazione della parte IV del TUA:

•le emissioni gassose in atmosfera

•in quanto regolati da altre disposizioni normative:1)le acque di scarico, eccettuati i rifiuti allo stato

liquido;2)i rifiuti radioattivi;3)i materiali esplosivi in disuso;4)i rifiuti risultanti dalla prospezione,

dall'estrazione, dal trattamento, dall'ammasso di risorse minerali o dallo sfruttamento delle cave;

5)le carogne ed i seguenti rifiuti agricoli: materie fecali ed altre sostanze naturali e non pericolose utilizzate nell'attività agricola

•i materiali vegetali, le terre e il pietrame, non contaminati in misura superiore ai limiti stabiliti dalle norme vigenti, provenienti dalle attività di manutenzione di alvei di scolo ed irrigui

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Deposito temporaneo

Raggruppamento dei rifiuti effettuato, prima della raccolta, nel luogo in cui sono prodotti

Deve essere effettuato per categorie omogenee di rifiuti e nel rispetto delle relative norme tecniche, nonché, per i

rifiuti pericolosi, nel rispetto delle norme che disciplinano il deposito delle sostanze pericolose in essi contenute

Devono essere rispettate le norme che disciplinano l'imballaggio e l'etichettatura delle sostanze pericolose

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Registri di carico/scarico

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Deposito temporaneo – limiti temporali e/o quantitativi

I rifiuti devono essere raccolti ed avviati a recupero/smaltimento, a scelta del produttore:

a. con cadenza almeno TRIMESTRALE, indipendentemente dalle quantità in deposito

Oppureb1. quando il quantitativo raggiunga i 10 mc (per i rifiuti

pericolosi) b2. quando il quantitativo raggiunga i 20 mc (per i rifiuti non

pericolosi) In ogni caso, il deposito temporaneo non può

superare un anno

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FIR - 1

Durante il trasporto i rifiuti devono essere sempre accompagnati da un formulario di identificazione (FIR)

Il formulario di identificazione deve essere redatto in 4 esemplari: una copia del formulario deve rimanere presso il

produttore, le altre 3 consegnate al trasportatore …

Quando il mezzo giunge a destinazione, il destinatario apporrà la firma, la data e l’ora d’arrivo, nonché il peso

riscontrato …

La quarta copia deve pervenire entro 3 mesi al produttore del rifiuto

Le copie del formulario devono essere conservate per 5 anni

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FIR - 2

I FIR devono essere numerati e vidimati dall'ufficio dell’Agenzia delle entrate o dalle Camere di commercio,

industria, artigianato e agricoltura, e devono essere annotati sul registro IVA-acquisti

La vidimazione dei FIR e' gratuita e non e' soggetta ad alcun diritto o imposizione tributaria

La movimentazione dei rifiuti esclusivamente all’interno di aree private non è considerata trasporto (ai fini del FIR)

I formulari di identificazione integrano le informazioni dei registri di carico e scarico dei rifiuti prodotti o gestiti

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MUD

Il MUD (Modello Unico di Dichiarazione Ambientale) è la dichiarazione dei rifiuti prodotti e smaltiti nell’anno

precedente.

La dichiarazione va fatta ogni anno, entro il 30 aprile, mediante supporto informatico o cartaceo disponibile

presso le locali Camere di Commercio

IL DPCM 02/12/08 ha introdotto alcune novità riguardanti le modalità di redazione e trasmissione del MUD 2009, nonché

l’estensione dell’obbligo ai produttori di apparecchiature elettriche ed elettroniche

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In linea di principio le terre e rocce da scavo sono rifiuti speciali (CER 17 05 03* e 17 05 04): Corte Giustizia 18/12/2007 (causa C – 194/05), salvo che sussistano due condizioni:

1.il rispetto di i requisiti previsti dall’art. 186;

1.vengano utilizzate per “reinterri, riempimenti, rimodellazioni e rilevati”.

Solo in presenza delle suddette condizioni T&R possono ritenersi sottoprodotti.

T&R da scavo - la disciplina del 186

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a) siano impiegate direttamente nell’ambito di opere o interventi preventivamente individuati e definiti (espressione simile, ma non uguale, a quella prevista dall’art. 183, c. 1, lett. p in relazione ai sottoprodotti)

b) sin dalla fase di produzione vi sia certezza dell’integrale utilizzo;

c) l’utilizzo integrale … sia tecnicamente possibile senza necessità di preventivo trattamento o di trasformazioni preliminari …(secondo l’inefficace DM 2/05/06 le trasformazioni preliminari si intendevano come “qualsiasi comportamento unicamente finalizzato ad alterare il contenuto medio degli inquinanti di un ammasso di terre e rocce da scavo”, risultando, quindi, esclusa l’essiccazione mediante stendimento al suolo ed evaporazione …

I requisiti previsti dal 186 - 1

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d) sia garantito un elevato livello di tutela ambientale;

e) sia accertato che non provengono da siti contaminati o sottoposti ad interventi di bonifica;

f) il loro impiego nel sito prescelto non deve determinare rischi per la salute e per la qualità delle matrici ambientali interessate. In particolare deve essere dimostrato che il materiale da utilizzare non è contaminato con riferimento alla destinazione d’uso del medesimo nonché la compatibilità di detto materiale con il sito di destinazione.

g) la certezza dell’integrale utilizzo sia dimostrata

I requisiti previsti dal 186 - 2

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Nel caso di impiego delle terre e rocce da scavo come sottoprodotti nell’ambito dei processi industriali in sostituzione dei materiali di cava i requisiti sono quelli previsti dall’art. 183, c. 1 lett. p.

Si tratta di un regime di (ulteriore) deroga rispetto al regime dell’art. 186 del TUA, in considerazione del diverso uso delle terre e rocce da scavo (non vengono reimmesse nell’ambiente)

I requisiti previsti dal 186 - 3

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1. Opere soggette a VIA o ad AIA

1. Opere soggette a permesso di costruzione o DIA

1. Lavori pubblici che non rientrano nei due casi citati

Procedure amministrative

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La sussistenza dei requisiti previsti e dei tempi di deposito devono risultare da apposito progetto approvato dall’autorità titolare del relativo procedimento

Il tempo di deposito massimo un anno (di norma); nel caso in cui il progetto preveda il riutilizzo del medesimo progetto i tempi possono essere quelli di realizzazione del progetto (purché non superiori a tre anni)

1. Opere soggette a VIA/AIA

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La sussistenza dei requisiti (compreso il tempo di utilizzo non superiore ad un anno) deve essere dimostrata e verificata nell’ambito della procedura per il medesimo permesso di costruire o secondo le modalità della DIA

Non è più richiesto il parere preventivo di ARPA ed i tempi di deposito passano da sei mesi ad un anno

Non vengono indicati i tempi delle relative procedure (l’originaria formulazione dell’art. 186, c. 9, prevedeva un termine perentorio di 30 giorni per il rilascio del parere da parte di ARPA)

2. Opere soggette a permesso di costruzione/DIA

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I requisiti e i tempi (non superiori a un anno) devono risultare da idoneo allegato al progetto dell’opera, sottoscritto dal progettista.

Si pongono due problematiche:1.Non vengono indicati i tempi delle relative procedure.2.Vengono esclusi i lavori “privati”.

3. Lavori pubblici

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L’accertamento che le terre e rocce da scavo non provengono da siti contaminati è svolto a cura e a spese del produttore e accertato dalle autorità competenti nell’ambito delle relative procedure

La caratterizzazione dei siti contaminati e di quelli sottoposti ad interventi di bonifica viene effettuata secondo le modalità previste per la bonifica dei siti contaminati

Aspetti comuni delle 3 procedure

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Terra & rocce: i “criteri” dell’art. 186

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Terra & rocce: cosa campioniamo e a che pro?

1. indagine sul suolo-sottosuolo (potenzialmente) contaminato

• criteri in Allegato 2 al Titolo V, parte IV, D. Lgs. 152/06

• se il sito è contaminato o sottoposto ad interventi di bonifica?

1. campionamento dei cumuli:

• caratterizzazione ai fini dell’esclusione dal regime dei rifiuti

• quali criteri dal D. Lgs. 152/06?

• il deposito temporaneo dei rifiuti (art. 183, c. 1, lett. m) è diverso da quello dei sottoprodotti (art. 186, c. 2, 3 e 4)

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Casi di sospetta contaminazione del suolo-sottosuolo

• uso di tecnologie di scavo con prodotti contaminanti

• aree industriali/artigianali interessate da:

serbatoi e/o cisterne interrati contenenti sostanze pericolose

impianti ricadenti in aree comprese in: Alleg. A DM 16/05/89 (piani reg. bonifica) - D. Lgs. 334/99 (incidenti rilevanti) – D. Lgs. 372/99 (IPPC) – impianti gestione Rifiuti – D. Lgs. 209/99 (PCB)

• aree interessate da interventi di bonifica

• aste fluviali o canali con potenziali fonti di contaminazione (scarichi)

• aree di sospetta contaminazione limitrofe a bordi stradali di strutture viarie di grande traffico

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Quali criteri per i cumuli

• UNI 10802 – Rifiuti liquidi, granulari, pastosi e fanghi: Campionamento manuale e preparazione ed analisi degli eluati

• Indirizzi guida per la gestione delle terre e rocce da scavo (APAT 2005)

• Allegato 2 al Titolo V, parte IV, D. Lgs. 152/06

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Terra & rocce: campionamento cumuli

Fatte salve eventuali indicazioni delle normative regionali e accordi già in atto per progetti approvati, il campionamento dei cumuli può essere effettuato secondo quanto indicato nella norma UNI 10802 per i materiali massivi, oppure come criterio di massima e per cumuli di media entità si può considerare il seguente criterio: posto uguale a n il numero totale dei cumuli realizzabili dall’intera massa da scavare, il numero m dei cumuli da campionare è dato dalla seguente formula:

m = k n1/3

dove k=5 per un volume complessivo da scavare fino a 5.000 m3 e k=6 per un volume complessivo superiore a 5.000 m3, mentre i singoli m cumuli da campionare sono scelti in modo casuale. (Il campo di validità della formula è n>m, al di fuori di detto campo (per n<m) si dovrà procedere alla caratterizzazione di tutto il materiale ogni 1.000 m3). 1/2

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Salvo evidenze organolettiche, ogni singolo cumulo potrebbe essere caratterizzato in modo da prelevare almeno 8 campioni elementari, di cui 4 in profondità e 4 in superficie, al fine di ottenere un campione composito, che per quartatura, darà il campione finale da sottoporre ad analisi chimica.

Al fine di assicurare la rappresentatività del campione, i cumuli dovrebbero avere una volumetria mediamente pari a circa 1.000 m3.

Selezione (in campo) della frazione inferiore a 2 cm - Se la frazione 2 mm è inferiore al 10% in peso, si dovrebbe ridurre la granulometria fino ad ottenere almeno il 10%.

Per i cantieri di grandi opere si dovrebbe predisporre piano di campionamento ed analisi, nell’ambito delle procedure previste dall’art. 186 del TUA (il piano dovrebbe comprendere la gestione del materiale escavato, degli eventi critici, delle fasi progettuali, il protocollo di campionamento ed analisi di dettaglio …) 2/2

Terra & rocce: campionamento cumuli

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Analisi, sulla frazione inferiore a 2 mm, riferita alla totalità dei materiali secchi compreso lo scheletro (frazione 2 cm) - Metodiche con limite di rilevabilità pari ad almeno 1/10 del limite prescritto

Parametri da ricercare dovrebbero essere quelli suggeriti dall’esame del ciclo produttivo e/o dei dati storici del sito, come indicato nel citato Alleg. 2, oltre a quelli presenti nei prodotti eventualmente utilizzati per lo scavo

I limiti di contaminazione sono costituiti dalle CSC (Concentrazioni Soglia di Contaminazione , Tab. 1, All. 5, Tit. V, parte IV, TUA)

Non sembra necessario, salvo casi particolari, effettuare il test di cessione (sul campione tal quale, secondo la UNI 10802)

Le linee guida APAT suggeriscono, per le aree in prossimità di strade di grande traffico (fonti diffuse di contaminazione), di ricercare i parametri Piombo, Cadmio, BTEX ed IPA, con particolare riferimento agli strati superficiali del terreno (30-50 cm), che andrebbero pertanto separati dal resto per una caratterizzazione più specifica

Terra & rocce: campionamento ed analisi

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Terra & rocce “fuori dal 186”

Terre & Rocce, quali rifiuti, possono essere destinati a:

• smaltimento in discarica per inerti (DM 03/08/05), senza preventiva caratterizzazione (esclusi i primi 30 cm di suolo, la torba e purché non provenienti da siti contaminati; inclusi i rifiuti prodotti dalla lavorazione della pietra, CER 01 04 13)

• recupero in procedura semplificata (DM 05/02/98 e s.m.i.):

campionamento sul rifiuto tal quale (UNI 10802)

test di cessione (All. 3 al DM 05/02/98 e UNI 10802), ai fini della caratterizzazione dell'eluato

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Riassumendo …

La gestione delle terre & rocce da scavo è influenzata dalle condizioni d’origine e dalla destinazione finale:

suolo-sottosuolo potenzialmente contaminato

suolo-sottosuolo contaminato

cumuli

suolo-sottosuolo sottoposto a bonifica

rifiuto inviato a smaltimento o a recupero

sottoprodotto

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“Costruzione & Demolizione”

• Rifiuti (pericolosi, non pericolosi, inerti, di imballaggio, materiali ferrosi) – residui – MPS (Materie Prime Secondarie) – sottoprodotti …

• Utilizzo – riutilizzo – riciclo – recupero – smaltimento …

• Deposito temporaneo & scritture ambientali

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Rifiuti da C & D

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Sottoprodotti da C&D

Alcune condizioni “operative”, previste dall’art. 183, c. 1, lett. p) del TUA:

origine da un processo non direttamente destinato alla loro produzione;

1) impiego certo, sin dalla fase della produzione, integrale e direttamente nel corso del processo di produzione o di utilizzazione preventivamente individuato e definito;

2) requisiti merceologici e di qualità ambientale idonei a garantire che il loro impiego non dia luogo ad emissioni e ad impatti ambientali qualitativamente e quantitativamente diversi da quelli autorizzati per l'impianto dove sono destinati ad essere utilizzati;

3) non debbano essere sottoposti a trattamenti preventivi o a trasformazioni preliminari per soddisfare i requisiti merceologici e di qualità ambientale di cui al punto 3) ma posseggano tali requisiti sin dalla fase della produzione;

4) abbiano un valore economico di mercato;

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Requisiti merceologici

• Circ. Min. Amb. del 15/07/05, n. UL/2005/5205, indicazioni per l’operatività nel settore edile, stradale e ambientale, ai sensi del D.M. 8 maggio 2003, n. 203 (Norme affinché gli uffici pubblici e le società a prevalente capitale pubblico coprano il fabbisogno annuale di manufatti e beni con una quota di prodotti ottenuti da materiale riciclato nella misura non inferiore al 30% del fabbisogno medesimo)

• UNI EN 13285: 2004 Miscele non legate – SpecificheRequisiti per miscele non legate impiegate per la costruzione e la manutenzione di strade, aeroporti e altre aree soggette a traffico. La norma si applica a miscele non legate di aggregati naturali, artificiali e riciclati con dimensioni superiori comprese tra 8 mm e 80 mm, e dimensione inferiore pari a 0

• UNI EN 13242:2008 - Aggregati per materiali non legati e legati con leganti idraulici per l'impiego in opere di ingegneria civile e nella costruzione di strade

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Requisiti ambientali

Come certificare i requisiti ambientali dei sottoprodotti?

•La Circ. Min. Amb. del 15/07/05, n. UL/2005/5205, prevede l’esecuzione del test di cessione (ex All. 3 al DM 05/02/98) …

•… Ma il DM 05/02/98 e s.m.i. individua i rifiuti non pericolosi sottoposti alle procedure semplificate di recupero

•Il test di cessione è obbligatorio ?

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Niente trattamenti …

Demolizione selettiva (vedi il progetto di norma UNI U32014580 - Demolizione di opere edilizie e di ingegneria civile. Indicazioni progettuali ed esecutive)

•non dovrebbe costituire trattamento preventivo né trasformazione preliminare

•consente una separazione immediata dei flussi dei sottoprodotti (inerti, materiali ferrosi etc.) dai rifiuti destinati

al recupero-riciclo (MPS) e/o smaltimento, con indubbi vantaggi economico-ambientali

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riassumendo …

Per una “serena” gestione dei residui da C & D come sottoprodotti

si consiglia:

demolizione selettiva, preventivamente pianificata

utilizzo solo all’interno del cantiere di produzione

attestazione (verbale di verifica) dei requisiti merceologici ed ambientali dei sottoprodotti (vedi Circ. Min. Amb. del

15/07/05, n. UL/2005/5205)

test di cessione (o idonea documentazione relativa al materiale d’origine)

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Rifiuti da attività di cava – D. Lgs. 117/08

Il Decreto, attuativo della Dir. 2006/21/CE, disciplina i rifiuti di estrazione nel sito di formazione (miniera, cava o

torbiera) nonché nelle strutture di deposito destinate all’accumulo e/o deposito allo stato solido o liquido, in

soluzione o in sospensione

L’operatore elabora un piano di gestione dei rifiuti di estrazione per la riduzione al minimo, il trattamento, il

recupero e lo smaltimento dei rifiuti stessi, nel rispetto dei principi dello sviluppo sostenibile

La gestione deve proseguire anche dopo la chiusura della struttura di deposito, attraverso il monitoraggio post

esercizio

Le strutture di deposito non possono operare senza preventiva autorizzazione, rilasciata dalla CdS dietro

garanzia finanziaria.

La domanda deve contenere anche il piano finanziario

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Riempimento di volumi e volumetrie

L’utilizzo dei rifiuti di estrazione per la ripiena dei vuoti, ai fini di ripristino e ricostruzione, deve essere previsto nel

citato piano di gestione ed è possibile solo se:

•è garantita la stabilità dei rifiuti di estrazione

•è impedito l’inquinamento del suolo e delle acque

•è assicurato il monitoraggio dei rifiuti di estrazione e dei vuoti

Il comma 3 dell’art. 10 prevede che: “Il riempimento dei vuoti … con rifiuti diversi dai rifiuti d’estrazione … è sottoposto alle disposizioni di cui al D. Lgs. 36/2003

…”

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Responsabilità civile in campo ambientale

L’art. 15 del decreto modifica l’allegato 5 alla parte VI del D. Lgs. 152/2006, in merito alla responsabilità civile in campo

ambientale:

l’attività di gestione dei rifiuti di estrazione ai sensi della direttiva 2006/21/CE è stata aggiunta nell’elenco delle

attività che non fanno sorgere responsabilità oggettiva per il danno ambientale cagionato in

assenza di colpa o dolo (v. art. 308 c. 5, lett. a) e b))

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Introduzione all’amianto

Con il termine amianto o asbesto (dal greco: incorruttibile, indistruttibile) si indica un minerale, anzi un gruppo di

minerali a struttura microcristallina, di aspetto finemente fibroso, appartenente alla classe chimica dei silicati ed alle

serie mineralogiche del serpentino e degli anfiboli.

Unito ad altri minerali, veniva estratto da cave e miniere per frantumazione della roccia madre, al fine d’ottenere la fibra

purificata.

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Classificazione dell’amianto

Per la normativa italiana, sotto il nome d’amianto sono compresi seguenti composti: crisotilo (dal greco: fibra d’oro),

detto anche amianto bianco, actinolite (dal greco: pietra raggiata), amosite (acronimo di “Asbestos Mines of South Africa”), chiamato anche amianto bruno, antofillite (dal

greco: garofano), crocidolite (dal greco: fiocco di lana), detto anche amianto blu, e tremolite, dal nome della Val Tremola

in Svizzera.

I sei tipi di amianto sono distinguibili tra loro (per colorazione e conformazione delle fibre) solo al microscopio, con un ingrandimento di circa 150 volte. Il più utilizzato in

Italia è stato il crisotilo (circa l’80%), che presenta caratteristiche refrattarie migliori, ma è più facilmente attaccabile da soluzioni acide o fortemente alcaline.

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Caratteristiche dell’amianto

L’asbesto resiste alle temperature elevate, all’azione di agenti chimici e biologici, alla trazione, all’usura.

E’ molto elastico, facilmente filabile, termoisolante e fonoassorbente.

Si lega agevolmente ai materiali da costruzione (calce, gesso, cemento) e ad alcuni polimeri (gomma, PVC).

È, infine, anche un buon isolante dal punto di vista elettrico.

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Utilizzo dell’amianto

Tutte queste proprietà, legate ad un basso costo di produzione, hanno fatto dell’amianto un materiale

estremamente versatile, impiegato in molti settori, con estese e svariate applicazioni industriali, edilizie, e nei

mezzi di trasporto, tra cui:

· fibrocemento e pannelli (il 69% ca. della produzione);

· materiale di rivestimento (ca. il 10%);

· carte, cartoni e materiali spruzzati (ca. il 7%);

· freni e frizioni (ca. il 3%);

· prodotti tessili (ca. 2%)

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Utilizzo dell’amianto

Nell’industria è stato utilizzato principalmente come isolante termico nei cicli industriali (es. centrali termiche e

termoelettriche, distillerie, zuccherifici, ecc.).

Nell’edilizia, come materiale spruzzato per il rivestimento (ad es. di strutture metalliche, travature) per aumentare la

resistenza al fuoco; nelle coperture sotto forma di lastre piane o ondulate, in tubazioni e serbatoi, canne fumarie, ecc. in cui l'amianto è stato inglobato nel cemento per

formare il cemento-amianto (noto con il nome commerciale di eternit); nei pannelli per controsoffittature.

In tali prodotti, manufatti ed applicazioni, le fibre possono essere libere o debolmente legate, oppure possono essere fortemente legate in una matrice stabile e solida (come il

cemento-amianto).

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Consistenza e pericolosità dell’amianto

La distinzione tra amianto friabile e compatto si ritrova nell’allegato al D.M. 06/09/1994, ove si definiscono friabili i materiali che

possono essere facilmente sbriciolati o ridotti in polvere con la semplice pressione manuale; sono, invece, compatti quei materiali

duri che possono essere sbriciolati o ridotti in polvere solo con l'impiego di attrezzi meccanici (dischi abrasivi, frese, trapani, ecc.).

La consistenza fibrosa è alla base delle proprietà tecnologiche, ma anche della pericolosità dell’amianto, potendo causare gravi

patologie a carico dell’apparato respiratorio (asbestosi, carcinoma, mesotelioma).

La pericolosità consiste, infatti, nella capacità che i MCA hanno di rilasciare in atmosfera (per effetto di qualsiasi tipo di sollecitazione

meccanica, eolica, da stress termico, dilavamento di acqua piovana) fibre potenzialmente inalabili, dalla granulometria molto

fine.

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Cenni alla legislazione sull’amianto

L’amianto è stato oggetto, negli anni, di diverse normative, volte dapprima a tutelare la salute dei lavoratori esposti (L. 455 del

12/04/1943, che estendeva l’assicurazione obbligatoria contro le malattie professionali all’asbestosi; D. Lgs. 277/1991, finalizzato a

prevenire i rischi da esposizione alle fibre aerodisperse) e poi a salvaguardare la salute della popolazione, ponendo restrizioni

alla immissione sul mercato e all’uso di taluni MCA (DPR 24/05/1988, n. 215).

Successivamente sono stati promulgati:

•la L. 257/1992, che ne ha disposto la cessazione, vietando a tal fine l’estrazione, l’importazione, l’esportazione, la

commercializzazione e la produzione di amianto, di prodotti di amianto o di prodotti contenenti amianto;

•il DM 471/1999 (oggi parte IV del D. Lgs.152/06), concernente la bonifica dei siti inquinati.

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La legge 257/92 - 1

Per il controllo e la difesa dei pericoli derivanti dall’amianto e la tutela dell’ambiente, la legge n. 257 richiedeva che le Regioni

adottassero (entro il 4 maggio 1995!!), appositi piani di decontaminazione, smaltimento e bonifica.

I piani devono prevedere, in particolare:

•il censimento delle imprese che utilizzano o abbiano utilizzato amianto nelle rispettive attività produttive e delle imprese che

operano nelle attività di smaltimento o di bonifica;

•il censimento degli edifici nei quali siano presenti materiali o prodotti contenenti amianto libero o in matrice friabile;

•l’individuazione dei siti che devono essere utilizzati per l'attività di smaltimento dei rifiuti di amianto.

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La legge 257/92 - 2

Inoltre, la legge stabilisce che prioritariamente l’amianto debba essere “fissato”, in modo da non disperdere fibre libere; in seconda

istanza, solo in caso di necessità, le regioni possono disporne la rimozione (v. art. 12, c. 3). Le tecniche e le procedure per il

fissaggio e la rimozione sono, invece, demandate ai successivi decreti ministeriali.

Infine, presso le ASL, cui è affidato il controllo degli edifici contenenti amianto, va istituito un registro nel quale è indicata la

localizzazione dell’amianto floccato (spruzzato) o in matrice friabile, presente negli edifici, mentre i proprietari degli immobili devono

comunicare alle unità sanitarie locali i dati relativi alla presenza dei materiali.

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…e i decreti attuativi - 1

•D.M. 6 settembre 1994 - norme e le metodologie tecniche per la valutazione del rischio, il controllo, la manutenzione e la bonifica di materiali contenenti amianto presenti nelle strutture edilizie.

Il decreto stabilisce: i metodi di bonifica (rimozione, incapsulamento e confinamento); le misure di sicurezza ed igiene sul lavoro e di tutela dall’ambiente da rispettare durante gli interventi di bonifica; le procedure e le tecniche da impiegare per le coperture in cemento-amianto; la determinazione quali-quantitativa dell'amianto e delle relative fibre; la certificazione della restituibilità degli ambienti bonificati.

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…e i decreti attuativi - 2

•il D.M. 14 maggio 1996 - integra il DM del 94 relativamente agli interventi di bonifica, tra cui quelli relativi ai siti industriali dismessi. Per questi siti si richiede che, prima di procedere all’intervento, bisogna presentare alla ASL competente per territorio il piano di lavoro di cui all'art. 34 del D. Lgs. 277/1991, corredato di copia dell’autorizzazione della discarica a cui saranno avviati i rifiuti contenenti amianto; copia della iscrizione all’Albo del trasportatore, nominativi del personale impiegato in cantiere con i rispettivi certificati di idoneità medica.

Per quanto concerne le operazioni di bonifica, si fissano norme e procedure per la bonifica degli edifici e dei terreni. A proposito dei terreni inquinati da amianto, da accertare mediante opportune indagini di carotaggi: «si effettuerà la bonifica del suolo nei casi in cui sia previsto un riutilizzo del sito industriale che renda necessaria una escavazione del suolo stesso (fondazioni o altro). Nel caso di riutilizzo del sito con conservazione della situazione superficiale esistente ed in assenza di particolari situazioni di rischio derivanti dall'assetto idrogeologico del territorio, gli eventuali rifiuti interrati di amianto risultanti dal carotaggio potranno non essere rimossi dall'area. In questo caso dovrà comunque essere data comunicazione alle Aziende U.S.L. competenti per territorio chi vincoleranno il riutilizzo del sito stesso per utilizzazioni diverse da quella conservativa alla rimozione dell'amianto residuale.»

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…e i decreti attuativi - 3

•il D.M. 20/08/1999, che specifica in dettaglio le metodologie e i requisiti prestazionali minimi dei rivestimenti incapsulanti (materiali che inglobano e/o ricoprono le fibre di amianto per prevenirne il rilascio), i protocolli di applicazione e gli adempimenti necessari per eseguire correttamente gli interventi di bonifica di manufatti in cemento amianto. Il decreto prevede anche che, prima dell’inizio dei lavori, occorre effettuare una notifica preliminare alla ASL competente per territorio.

•il D.M. 29 luglio 2004, n. 248, che stabilisce le procedure e le tecniche per la gestione dei rifiuti contenenti amianto (RCA), la cui gestione (raccolta, trasporto, stoccaggio, trattamento e smaltimento finale in discarica) era disciplinata anche dal D. Lgs. n. 22/1997, cosiddetto decreto Ronchi.

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… senza dimenticare

•D.L. n. 257 del 25 luglio 2006 - Attuazione della direttiva CE per la protezione dei lavoratori dai rischi amianto

•Delibera 10 luglio 2006 Ministero Ambiente - Regolamento relativo alla determinazione e disciplina delle attività di recupero dei prodotti e beni di amianto e contenenti amianto

•D.M. 3 agosto 2005 - Definizione dei criteri di ammissibilità dei rifiuti in discarica

•D.Lgs. 36/03 - Attuazione della direttiva 1999/31/CE relativa alle discariche di rifiuti

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Classificazione dei RCA

Per una corretta gestione, occorre innanzitutto procedere alla classificazione dei RCA ricorrendo all’Elenco europeo dei rifiuti approvato con la decisione 2000/532 e ss. modifiche. In questo elenco i RCA presenti nello stabilimento compaiono alle voci:

•17 06 01 (*) materiali isolanti contenenti amianto,

•17 06 05 (*) materiali da costruzione contenenti amianto

sia le coperture di cemento amianto sia l’amianto utilizzato per le coibentazioni sono da annoverare tra i rifiuti pericolosi

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Gestione dei RCA

I RCA (v. DM 248/2004) devono essere raccolti e stoccati separatamente (per tipologia e da altri rifiuti di diversa natura). Prima di essere allontanati dai luoghi di lavoro (tramite imprese di trasporto iscritte ad apposito Albo) essi devono essere adeguatamente imballati (in doppio contenitore), nel rispetto delle modalità fissate dal DM 6 settembre 1994 (v. punti 6 e 7 dell’allegato al decreto).

I RCA possono essere preliminarmente sottoposti a trattamenti finalizzati a:

•ridurre il rilascio di fibre di amianto senza modificarne la struttura cristallochimica; a seconda se l’indice di rilascio (la cui determinazione va effettuata con la metodologia riportata negli allegati 1 e 2 al decreto in questione) è maggiore/eguale o inferiore a 0,6, i RCA vanno smaltiti, rispettivamente, in discarica per rifiuti pericolosi o per rifiuti non pericolosi;

•modificare la struttura cristallochimica dell’amianto, per cui ne viene annullata la pericolosità; i RCA così trattati, che soddisfino alle prove stabilite nell’allegato 3, possono essere riutilizzati come materia prima.

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Bonifica del suolo-sottosuolo

Il D. Lgs. 152/06 prevede l’avvio dell’iter di bonifica quando vi sia il superamento dei limiti fissati negli allegati al Tit. V, parte IV del D. Lgs. 152/06.

Per l’amianto, il decreto fissa un valore limite di concentrazione pari a 1.000 mg/kg (come fibre libere) nel suolo e nel sottosuolo.

Per stabilire se il terreno su cui insiste lo stabilimento comporta un inquinamento da amianto occorre procedere ad opportuni rilevamenti (carotaggi). Qualora da tali accertamenti dovesse risultare un superamento di detto limite, il D.M. 14 maggio 1996 richiede la bonifica del suolo, con rimozione dell’amianto, solo nei casi in cui si renda necessaria una escavazione del suolo stesso, ad esempio per realizzare fondazioni o altro.

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Localizzazione e caratterizzazione dell’amianto - 1

Negli stabilimenti industriali e nei fabbricati per abitazioni civili l’amianto è presente soprattutto nei manufatti di cemento-amianto (tipo eternit) utilizzati per le coperture dei capannoni e dei tetti, e nelle coibentazioni di tubazioni e apparecchiature. Molto rara è, invece, la presenza di amianto nel sottosuolo. L’inquinamento è, in tal caso, associato ai singoli interramenti di materiali contenenti amianto.

La presenza di materiali contenenti amianto negli edifici non comporta, di per sé, un pericolo immediato per la salute degli occupanti. Se tali manufatti sono in buone condizioni e non vengono manomessi è estremamente improbabile il rilascio di fibre in atmosfera. Il rischio, d’altra parte, esiste qualora interventi manutentivi, vandalismo, usura, invecchiamento etc., deteriorino le caratteristiche di coesione facilitando la dispersione aerea delle fibre d’amianto.

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Localizzazione e caratterizzazione dell’amianto - 2

La distinzione fondamentale ai fini della prevenzione della salute degli occupanti (nonché degli operatori della bonifica) è quella tra materiali a matrice friabile o compatta: tale distinzione può essere rilevata a mani nude per semplice compressione del materiale.

La scelta tra i tre sistemi di bonifica – rimozione, confinamento, incapsulamento – dipende, tra l’altro, anche dalla consistenza della matrice legante. Un avanzato stato di disgregazione della medesima non consente, ovviamente, l’incapsulamento del manufatto e rende quasi obbligata la sua rimozione.

Le tecniche di bonifica presentano differenze sostanziali in quanto ai costi. La rimozione, in particolare, rappresenta una soluzione definitiva ma molto dispendiosa, a causa delle procedure necessarie per minimizzare i rischi per l’ambiente e gli operatori, dei costi di trasporto e smaltimento presso idonee discariche.

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Localizzazione e caratterizzazione dell’amianto - 3

Le lastre di eternit – costituite da un impasto compatto di cemento e amianto (generalmente del tipo crisotilo, il meno pericoloso) in concentrazione di circa il 16% – sono state utilizzate per la copertura di molti capannoni industriali. Esse rilasciano fibre di amianto, se vengono danneggiate, sbriciolate, con l’impiego di attrezzi meccanici (dischi abrasivi, frese, trapani, ecc.) oppure se sono deteriorate per azione delle intemperie.

L’eventuale deterioramento, che deve essere attentamente valutato, non comporta necessariamente (vedi L. 257/1992) la rimozione delle lastre, purché si provveda al loro incapsulamento, che il DM 248/1994 annovera tra i metodi di bonifica. Esso «consiste nel trattamento dell'amianto con prodotti penetranti o ricoprenti che (a seconda del tipo di prodotto usato) tendono ad inglobare le fibre di amianto, a ripristinare l'aderenza al supporto, a costituire una pellicola di protezione sulla superficie esposta.» (v. par. 3b) del D.M. 6/09/1994). Le lastre più deteriorate, invece, devono essere avviate in discarica.

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Localizzazione e caratterizzazione dell’amianto - 4

I rivestimenti isolanti (coibentazioni), costituiti da amianto (prevalentemente del tipo amosite), spesso miscelato con gesso in proporzione di circa il 50%, sono prodotti a matrice friabile. Questo tipo di amianto viene, quindi, solitamente rimosso.

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I costi della bonifica - 1

I costi per la bonifica dell’amianto dipendono dalle diverse tecnologie applicabili (smaltimento incapsulamento, sconfinamento), della situazione sito-specifica che condiziona il cantiere (posizione e condizioni dei MCA, eventuali costi di trasporto e smaltimento, etc.). I prezzi praticati dagli operatori del mercato sono, quindi, molto variabili.

Ogni intervento non può prescindere da una valutazione puntuale ed approfondita dei meccanismi di rilascio (vedi il citato indice di rilascio) delle fibre di amianto, legata ai seguenti fattori:

•caratteristiche fisiche di superficie e di volume delle tipologie di MCA;

•evoluzione della dispersione di fibre durante i vari stress (termici, meccanici, etc) cui i MCA sono sottoposti;

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I costi della bonifica - 2

Nella tabella sono esposti alcuni dati medi di letteratura, relativi alla densità reale ed al peso specifico del MCA, associati a costi medi di smaltimento, che devono essere presi solo come primissimo riferimento, da verificarsi prima di effettuare un computo metrico estimativo relativo ai singoli (e specifici) casi reali.

Tipologia Densità reale Peso specifico Costi medi di (g/cm3) (kg/m2) smaltimento

Eternit 2,45 15,6 0,08 €/kg

(compatto)

Pannelli di 2,12 - 0,23 €/kg

coibentazione

(friabile)

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L’applicazione del D. Lgs. 36/03

Il D. Lgs. 36/03, attuativo (?) della Dir. 1999/31/CE, è effettivamente vigente?

La deroga vale per le discariche nuove o “esistenti” (al 16/07/01 – 27/03/03 – 31/12/09)?

Il piano d’adeguamento rende efficaci le disposizioni della nuova disciplina?

(Cass. Pen. n. 37559/2008)

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Prospettive di riforma del TUA

La nuova direttiva quadro sui rifiuti (ma anche la direttiva 2008/99/CE sulla tutela penale dell’ambiente, che rappresenteranno la disciplina comunitaria penale minima e comune) impongono una revisione del TUA.

Il disegno di legge, approvato in CdM 01/08/08, prevede la riapertura dei termini (fino al 30/06/2010) per revisioni ed integrazioni del TUA, anche alla luce della necessità di “un adeguamento per il contrasto dei fenomeni emergenziali in alcune Regioni … e della tutela risarcitoria per il danno ambientale”.

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Lavori in corso sulla parte IV del TUA … 1

Precisazione del momento in cui avviene il completamento delle azioni di recupero dei rifiuti (181, comma 3, D. Lgs. 152/2006) che si realizza quando “non sono necessari ulteriori trattamenti perché le sostanze, i materiali e gli oggetti ottenuti possono essere usati in un processo industriali o commercializzati come materia prima secondaria, combustibile o come prodotto da collocare, a condizione che il detentore non se ne disfi o non abbia deciso o non abbia l’obbligo di disfarsene”.

Recepimento della definizione di sottoprodotto contenuto nella nuova direttiva quadro, che consente di considerare tali anche le sostanze ed i materiali sottoposti “a normali pratiche industriali”. (“ogni trattamento utile applicabile ai residui, affinché gli stessi possano essere oggetto, quali sottoprodotti, di un utilizzo legale, soddisfacendo i requisiti imposti dall’ordinamento ai fini della protezione della salute e dell’ambiente e non portando impatti complessivi negativi” v. Posizione comune del Consiglio Ue 4/2008 )

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Lavori in corso sulla parte IV del TUA … 2

Introduzione della possibilità di riutilizzare come sottoprodotti terre e rocce scavate da siti contaminati e non superanti determinate soglie.

Esclusione dall’obbligo di MUD per i produttori di rifiuti non pericolosi che conferiscono al servizio pubblico di raccolta

Soppressione dell’obbligo di tenuta dei registri di carico e scarico per i soggetti che producono i rifiuti speciali non pericolosi previsti dall’articolo 184, comma 3, lettere c), d), g) del D. Lgs. 152/2006).

Eliminazione dell’obbligo di vidimazione dei registri di carico e scarico da parte delle Camere di Commercio con conseguente eliminazione del versamento dei diritti di segreteria

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Lavori in corso sulla parte IV del TUA … 3

Modifiche al regime di iscrizione semplificato all’Albo gestori ambientali mediante “comunicazione”, prevedendo la possibilità di intraprendere subito l’attività di gestione rifiuti in seguito all’effettuazione della medesima alla Sezione regionale dell’Albo e la durata quinquennale dell’iscrizione

Riformulazione dell’attuale sistema consortile per particolari categorie di rifiuti al fine liberalizzare la concorrenza nelle attività di settore

Incentivazione della bonifica dei siti contaminati, mediante l’incentivazione degli interventi di reindustrializzazione dei terreni interessati da parte di imprese

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Bonifica e Danno ambientaleBonifica e Danno ambientaleProfili tecnico-operativi

Vittorio Giampietro

Rieti, 03/02/09

Ordine dei Avvocati di Rieti

Corso di formazione sul Testo Unico Ambientale

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Dal DM 471/99 al Titolo V, Parte IV del D. Lgs. 152/06

Definizioni – valori limite – procedure ordinarie e semplificate - criteri generali per l’analisi di rischio e la caratterizzazione

dei siti

Direttiva europea e Parte VI del D. Lgs. 152/06

Campo d’applicazione e definizioni - criteri di stima del danno ambientale – cenni all’esperienza USA

Argomenti principali

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Il libro bianco del 2000 – finalità ed obiettivi

Definire un regime di responsabilità per danni all'ambiente su scala comunitaria, strumento che porterà l'autore del danno all'ambiente

a pagare per rimediare il danno che ha causato: occorre poter identificare l'autore, quantificare il danno e stabilire un nesso

causale (non adatta nel caso dell'inquinamento diffuso).

Ispirazione ai principi “chi inquina paga", prevenzione e precauzione, al fine di

decontaminare e ripristinare l'ambiente,

Il sistema di responsabilità dovrebbe incentivare le imprese ad un comportamento più responsabile ed esercitare quindi un effetto

preventivo.

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Il libro bianco del 2000 – elementi essenziali -1

• nessuna retroattività

• copertura sia del danno all'ambiente (contaminazione del sito e danno alla biodiversità) che del danno tradizionale (lesioni alle persone e danni alle cose)

• campo d’applicazione circoscritto, correlato alla legislazione comunitaria per l'ambiente: copertura della contaminazione di siti e del danno tradizionale soltanto se causati da un'attività pericolosa o potenzialmente pericolosa regolamentata su scala comunitaria

• copertura del danno alla biodiversità soltanto se si tratta di zone protette della rete Natura 2000

• responsabilità oggettiva per il danno causato da attività intrinsecamente pericolose, responsabilità per colpa per il danno alla biodiversità causato da un'attività non pericolosa

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Il libro bianco del 2000 – elementi essenziali -2

• eccezioni limitate a quelle comunemente ammissibili

• attenuazione dell'onere della prova incombente all'attore in giustizia ed eque possibilità di difesa per il convenuto

• responsabilità che fa perno sull'operatore che ha il controllo dell'attività all'origine del danno

• obbligo di destinare le somme pagate dall'autore dell'inquinamento al ripristino dell'ambiente

• maggiori possibilità di accesso alla giustizia nel caso di danni all'ambiente

• coordinamento con le convenzioni internazionali

• garanzia finanziaria per responsabilità potenziali, in collegamento con i mercati

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Cenni al DM 471/99 - 1

Il DM 471/99, in applicazione dell’art. 17 del D. Lgs. 22/1997, è di tipo “Command and control”

Definisce la soglia di intervento e l’obiettivo di bonifica

Standardizza i metodi di caratterizzazione

Introduce una procedura amministrativa, definendo il ruolo dei vari attori (CdS).

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Cenni al DM 471/99 - 2

La logica “tabellare” dei VCLA risulta immediata e di facile applicazione

Utilizza gli strumenti di semplificazione amministrativa (CdS)

Chiarezza nei ruoli Comune (amministrativo), Provincia e ARPA (controllo), Regione (programmazione), Responsabile

e Proprietario (esecuzione intervento);

L’effetto è un ottimo volano che in pochi anni determina l’avvio di migliaia di procedure di bonifica in tutta Italia e

l’esecuzione dei relativi interventi

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Cenni al DM 471/99 - 3

La logica “tabellare” dei VCLA risulta non flessibile e presenta alcune “sviste” (Sn, PCB, metalli pesanti in

generale)

Nei Comuni di piccole dimensioni iniziale difficoltà di gestione di una nuova onerosa competenza

Procedura molto strutturata e quindi tempi medi di diversi anni per la chiusura dell’iter (Avvio, Mise, Caratterizzazione,

Progetto Preliminare e Definitivo)

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DM 471/99 e siti di interesse nazionale

L’attività nei SIN sotto la supervisione del MATT ha portato:

•Mobilitazione di ingenti risorse economiche (pubbliche private)

•Ampia applicazione di misure di sicurezza e di emergenza nei siti prioritari e generale accelerazione nelle dinamiche

complesse

•Allungamento delle attività istruttorie relativo all’alto numero di siti e all’elevata complessità degli interventi

•Creazione di una prassi interpretativa, generalmente conservativa

•Aumento delle controversie di carattere legale

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D. Lgs. 152/06

Nel D. Lgs. 152/06, si è abbandonato l’approccio rigidamente tabellare, adottandone uno di tipo risk based

Queste modifiche appaiono riscrivere il ruolo di valutazione tecnica e di controllo in un’ottica meno stringente:

•Limiti meno restrittivi allo scarico degli impianti di trattamento acque di falda contaminate;

•Rischio incrementale accettabile sostanze cancerogene < 10-5

•Valore di concentrazione comprensivo dello scheletro

•Validazione piani di caratterizzazione da parte di ARPA di carattere qualitativo

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D. Lgs. 152/06

Nelle aspettative il nuovo decreto doveva rappresentare una garanzia di snellezza dell’iter (procedure semplificate), di riduzione dei tempi nonché di una gestione delle risorse pubbliche e private più connessa all’effettivo rischio presente nell’area (es. messa in sicurezza operativa):

•Possibilità di rimodulazione per interventi ex DM. 471/99;

•Applicazione generalizzata AdR;

•Introduzione Messa in sicurezza operativa;

•Ampliamento procedure semplificate per aree ridotte dimensioni.

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D. Lgs. 152/06

Nella realtà l’effetto del nuovo decreto è stato (al netto delle rimodulazioni accettate) di un generale rallentamento a causa:

•Iniziale stop per necessità delega funzioni amministrative (dalla Regione al Comune);

•Evoluzione della prassi tecnica per applicazione AdR, causa Allegati non esaustivi;

•Scarsa conoscenza degli strumenti applicativi di AdR e loro conseguenze nella gestione del territorio;

•Mancata applicazione in alcune realtà territoriali per leggi regionali o interpretazioni difformi.

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D. Lgs. 152/06 – problemi principali

PROBLEMATICHE PRINCIPALI

CONCETTUALI CARATTERIZZAZIONE CALCOLO

Protezionerisorsa idrica

Punto diconformità

Composti nonInclusi in

tabelle CSC

Parametrisito-specifici

Definizionesorgente

Idrocarburi

Utilizzosoftware

Concentrazionerappresentativa

sorgente

CSR < CSC

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D. Lgs. 152/06 – protezione risorsa idrica

L’APAT nei “Criteri metodologici” ha integrato e superato quanto definito dalla legge, introducendo un nuovo concetto di rischio per la risorsa idrica (diverso dal rischio sanitario e legato al principio della salvaguardia della multifunzionalità della risorsa)

Il MATT per i Siti di Interesse Nazionale si è allineato a quanto proposto da APAT. (nell’ultima versione del decreto correttivo tale interpretazione èstata recepita integralmente con la ridefinizione del Punto di Conformità)

La problematica, già presente per l’applicazione del DM471/99, non è affatto tramontata con l’avvento dell’analisi di rischio (vedi MtBE).

A tale riguardo il MATT e quasi tutti gli Enti di controllo continuano a fare diretto riferimento ai limiti “proposti” dall’ISS, che a sua volta facendo estensivo ricorso al principio di cautela non si limita ad indicare il composto tossicologicamente più affine utilizzabile secondo quando definito dalla legge (peraltro solo per quanto riguarda i terreni), ma “propone” nuovi valori limite.

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D. Lgs. 152/06 – idrocarburi e software

Il D. Lgs. 152/06 ha il merito di aver chiarito, mediante una delle poche correzioni alle tabelle preesistenti, la questione del limite relativo agli idrocarburi totali nelle acque sotterranee.

L’utilizzo di software è molto diffuso tra le società di consulenza e quasi incoraggiato da parte degli Enti di Controllo, per la garanzia di correttezza ed uniformità dei calcoli e per la semplicità di verifica e di rielaborazione.

Nonostante siano presenti e in evoluzione programmi prodotti da Enti pubblici (APAT, Provincia Milano) al momento il software più utilizzato risulta essere RBCA Toolkit, elaborato da una società statunitense.

L’unica problematica significativa riguarda il metodo utilizzato per cumulare i rischi, differente da quanto indicato da APAT.

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D. Lgs. 152/06 – CSR vs. CSC

Nell’applicazione pratica dei modelli di analisi è possibile che le CSR calcolate risultino inferiori alle CSC.

Il D. Lgs. 152/06 non sembra concepito considerando questa evenienza. Ad esempio nelle definizioni iniziali si trova: “Sito non contaminato: un sito nel quale la contaminazione rilevata nelle matrici ambientali risulti inferiore ai valori CSC, oppure, se superiore, risulti comunque inferiore ai valori CSR determinati a seguito dell’analisi di rischio…”.

Questo probabilmente perché le CSC sono considerate cautelative per ogni possibile situazione specifica.

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Il D. Lgs. correttivo n. 4/2008

Il Decreto correttivo ha introdotto alcune importanti novità:

• Per le acque restituzione allo stato originale per tutti i suoi usi potenziali;

• Rispetto CSC al Punto di conformità posto al confine e uso 10-6 per la singola sostanza cancerogena (10-5 cumulativo)

• AdR per le acque per certificare la presenza di rischi residuali nel sito

• Siti di Preminente interesse per la riconversione industriale, tramite accordi di programma

•Proprietario del sito obbligato in via sussidiaria, previa escussione del soggetto responsabile dell’inquinamento

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Le normative a confronto

•D.M. 471/99

•D. Lgs. 152/06 prima del decreto correttivo n. 4/08

•D. Lgs. 152/06 dopo il correttivo

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Ipotesi di contaminazione

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Valutazione secondo DM 471/99

Valori concentrazione nel suolo eccedono VCLAV=10.000 m3 (1.000m2 x 10 m)

Contaminazione nella falda si estende 200 m a valle del sito

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Valutazione secondo DM 471/99

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Possibile approccio secondo DM 471/99

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Iter secondo DM 471/99 - 1

Messa in Sicurezza d’Emergenza (MISE) Acque•Pump-and-Treat•Costo installazione: €100.000•Costo operazione: €100.000/anno•Durata iter approvativo progetto definitivo di bonifica: 3 anni•Costo totale MISE: €400.000

Bonifica Terreni•Scavo e smaltimento•Ritombamento con terreno non contaminato•V=10.000 m3

•Costo unitario €120/m3

•Costo totale € 1,2M

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Iter secondo DM 471/99 - 2

Bonifica acque di falda

•Barriera fisica al confine del sito•Palancolatura•Diaframma impermeabile

•Costo: €1M•Operazione sistema P&T per controllo idraulico•Utilizzo sistema MISE con pompaggio ridotto•Costo operazione: €10.000/anno•Durata: 30 anni•Costo totale: €300.000

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Note sull’iter 471/99

Tempistica lunga•Mediamente almeno 3 anni da MISE ad approvazione progetto definitivo di bonifica•Spesso azioni legali da parte di soggetti responsabili per la bonifica

Costi elevati di bonifica•Valori limite dei suoli sono bassi, impediscono l’utilizzo di tecnologie in situ, bisogna ricorrere a scavo e smaltimento•Eccessivo uso di Pump-and-Treat e barriere fisiche a discapito di tecnologie più economiche

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Il D. Lgs. 152/06

•Distingue tra•Concentrazione Soglia di Contaminazione (CSC)•Essenzialmente valori VCLA del DM 471/99•Concentrazione Soglia di Rischio (CSR)•Determinata mediante AdR con rischio cancerogeno 10-5

•Generalmente CSR > CSC

•CSC/CSR per suoli applicano solo alla zona insatura

•Richiede CSR al confine del sito (punto di conformità)

•Permette valori >CSC ( ma <CSR) fuori dal confine del sito

•Limitazioni d’uso nell’area

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Possibile approccio secondo il D. Lgs. 152/06

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Iter del D. Lgs. 152/06 - 1

MISE•Restrizioni accesso (recinzione)•Monitoraggi ambientale (gas, polveri, acque ecc.)•€10.000/anno•1 anno

Bonifica TerreniScavo e smaltimento suoli >CSRRitombamento con terreno non contaminatoV=2.500 m3

Costo unitario €120/ m3

Costo totale € 300.000Restrizioni uso per suoli >CSC ma <CSR

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Iter del D. Lgs. 152/06 - 2

Bonifica acque di falda•Trattamento in-situ

•Chem ox (Ossidazione Chimica)

•ORC (Oxygen Release Compound )

•Biotrattamento•MNA (Monitored Natural Attenutation)

•Etc•Costo: €500.000

•Monitoraggio•10 anni•€10.000/anno

•Restrizioni uso risorsa idrica

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Decreto correttivo n. 4/08

•Essenzialmente un ibrido del DM 471/99 e D. Lgs 152/2006

•Terreni•Uso dell’Analisi di Rischio•CSR basate su 10-6 invece che 10-5

•Acqua di Falda•Ripristino stato originale•Richiesta rispetto CSC a confine •Analisi di rischio residuale per Valori >CSC all’interno del sito

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Possibile approccio secondo il decreto correttivo

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Iter secondo il decreto correttivo - 1

MISE•Restrizioni accesso (recinzione)•Monitoraggio ambientale•€10.000/anno•1 anno

Bonifica Terreni•Scavo e smaltimento (suolo >CSR con 10-6)•Ritombamento con terreno non contaminato•V=4.000 m3•Costo unitario €120/m3

•Costo totale € 500’000•Restrizioni uso per suolo >CSC <CSR

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Iter secondo il decreto correttivo - 2

Bonifica acque di falda•Barriera fisica al confine del sito

•Palancolatura•Diaframma impermeabile

•Costo: €1M

•Installazione e operazione sistema P&T per controllo idraulico•Costo installazione: €100.000•Costo operazione: €10.000/anno•Durata: 30 anni•Costo totale: €400.000

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Note sul decreto correttivo

•Il decreto intende definire un’elevata protezione per la risorsa idrica (ritorno alle modalità del DM 471/99)

•Costi di bonifica suoli intermedi fra l’approccio “152 e 471”

•Potenziale maggiore accettazione a livello localeDefinitiva scelta di bontà dell’Analisi di rischio (suoli)

•Restrizioni d’uso limitate a suoli interni all’area

•Non risolto il problema delle Tempistiche (siti di interesse produttivo? – Siti di ridotte dimensioni?)

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Confronto tra i costi

DM 471/99 ~ € 3M

D.Lgs 152/06 originario ~ €1M

D.Lgs152/06 vigente ~ €2M

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La valutazione tecnica del danno

1. STUDY ON THE VALUATION AND RESTORATION OF DAMAGE TO NATURAL RESOURCES FOR THE PURPOSE OF ENVIRONMENTAL LIABILITY (Commissione Europea, 2001)

1. IL DANNO AMBIENTALE EX ART. 18 L. 349/86, Aspetti teorici e operativi della valutazione economica del risarcimento dei danni (ANPA 2002)

1. DIRETTIVA 2004/35/CE sulla responsabilità ambientale in materia di prevenzione e riparazione del danno ambientale

1. D. Lgs. 152/06, Parte VI

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1 - lo Studio europeo del 2001

Successivo al Libro Bianco del 2000, è finalizzato:

• alla definizione del danno “significativo” alle risorse naturali e del “livello mimino di ripristino”

• allo studio delle tecniche di valutazione monetaria, utilizzate per valutare il danno economico delle risorse naturali;

• allo studio dell’analisi costi-benefici, applicata alla scelta tra diverse opzioni di ripristino

Lo Studio trae spunto ed ispirazione dalle linee guida statunitensi di Natural Resource Damage Assessment (NOAA, 1997)

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1 - lo Studio europeo del 2001

I passi della valutazione:

• Damage Assessment and Significance: definizione dello stato della/e risorsa/e prima dell’incidente che ha causato il danno, valutazione della scala (geografia, habitat e/o specie, danni acuti e/o cronici) del danno, valutazione degli impatti (reversibili/irreversibili), valutazione della significatività del danno (valori soglia)

• Primary Restoration Options: scelta degli obiettivi, identificazione e scelta tra le opzioni di ripristino, stima delle perdite temporanee

• Compensatory Restoration Options: scelta degli obiettivi per le opzioni di rispristino, compensazione monetaria e/o ripristino delle risorse, identificazione e scelta delle opzioni di risarcimento-ripristino

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1 - Un caso di studio

•Miniera inattiva (estrazione di cobalto e rame nel periodo 1890-1960), di circa 360 ha.

•Rilascio di sostanze pericolose (cobalto, rame, nichel, zinco), attraverso scarti di coltivazione, materiali di riempimento etc. ha contaminato la falda

•Azione NRDA nel 1992 dal parte dell’Idaho

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Damage Assessment

servizi e funzioni garantiti dalla risorsa palude

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Damage Assessment - scala del danno

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Damage Assessment - Impact

Assessment

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Il processo di valutazione

delle Primary Restoration

Options

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La valutazione delle Primary Restoration Options

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Selezione delle Primary Restoration

Options

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Il processo di valutazione

delle Compensatory

Restoration Options

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2 – Il manuale ANPA ex art. 18 L. 349/86

La valutazione economica del risarcimento dei danni:

•Definizione di bene ambientale quale bene pubblico (natura pubblica libera e gratuita), con caratteristiche di fruizione di

tipo non-rivale e non-escludibile, in assenza di mercato.

•Valore Economico Totale (VET) dei beni ambientali in funzione del valore d’uso, valore d’opzione, valore di lascito,

valore di esistenza o implicito

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Valutazione monetaria del danno ex art. 18

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3 – Direttiva 2004/35/CE

Nozione di danno ambientale, significativo e misurabile, rispetto alle condizioni originarie, alle specie ed agli habitat,

alle acque ed al terreno (cfr. art. 18 L. 349/86 qualunque fatto doloso o colposo … che comprometta l’ambiente, ad

esso arrecando danno, alterandolo, deteriorandolo o distruggendolo …)

Misure riparatorie primarie, complementari e compensative: criteri di scelta

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3 – D. Lgs. 152/06, parte VI

È danno ambientale qualsiasi deterioramento significativo e misurabile, diretto o indiretto, di una risorsa naturale o

dell'utilità assicurata da quest'ultima (paesaggio?)

Ai sensi della direttiva 2004/35/CE (a titolo esemplificativo?) il deterioramento (significativo?)… di specie ed habitat

naturali protetti, acque interne, costiere e ricomprese nel mare territoriale, terreno

Legame alle attività professionali? (vedi art. 311, c.2)

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3 – D. Lgs. 152/06, parte VI

Danno al terreno, ovvero il rapporto tra parte IV e VI

La parte VI è applicabile solo:

• agli eventi successivi al TUA• in caso di dolo o colpa (art. 311 c. 2)

• in assenza di azioni di bonifica (art. 303 c. 1, lett. i) ed art. 313 c.1), salvo che ad esito di tale bonifica non permanga

un danno ambientale

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Incentivazione della bonifica dei siti contaminati, mediante l’incentivazione degli interventi di reindustrializzazione dei

terreni interessati da parte di imprese

Trasferimento ai Sindaci dei Comuni con popolazione superiore ad 1 milione di abitanti dei compiti in materia di tutela, prevenzione e riparazione dei danni ambientali del

Ministero dell’Ambiente

Prospettive di riforma

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grazie per l’attenzione

Vittorio Giampietro