gazzetta amnesty lazio 01 2013

16
Pagina 1 Il Gazzettino di Amnesty Lazio l l a a G G A A Z Z Z Z E E T T T T A A di AMNESTY LAZIO All'interno Editoriale 1 Donne vittime di violenza 2 Essere Uomini 3 Amnesty International premiata a Formia 4 Interviste 5 L'angolo dei Gruppi 5 Buone Notizie 7 Il 'punto di vista' di Max 10 I gruppi del Lazio 11 Recensioni 13 La Posta 15 Editoriale Il numero 1 di un giornale o di una rivista di qualsiasi genere, è sempre qualcosa di emoziante, dopo il numero di prova di novembre eccoci pronti a ripartire con molti contenuti interessanti e spunti per un 2013 che come sempre o forse di più, si prospetta difficile per l'attivismo e per i diritti umani. E' cosa nota che in tempi di crisi come quello che stiamo vivendo, si tenda sempre di più a chiudersi agli altri e a pensare maggiormente ai propri problemi; a volte neanche lo si fa per scelta. Si perde il lavoro, si guadagna meno, è tempo di tagli e spending review e se già prima era difficile avvicinare nuovi attivisti, ora è ancora più difficoltoso. E' proprio per questi motivi che presentare il numero 1 di un "qualcosa" che noi della redazione reputiamo molto importante ci emoziona e ci rende ottimisti: il nostro obiettivo è quello di essere contagiosi, di trasmettere a chiunque legga queste righe la nostra voglia di fare, la nostra costante indignazione per quello che ci accade sotto il naso, nel mondo. Siamo felici di constatare che chi ha letto il numero zero ha espresso pareri perlopiù positivi e siamo felici di raccogliere anche alcuni preziosi suggerimenti e qualche critica. Vogliamo ricordare che questa Gazzetta non è uno strumento a senso unico, chiunque voglia scrivere un articolo o esprimere la propria opinione sugli argomenti trattatati può farlo liberamente. Stiamo lavorando il più possibile sui contenuti, al miglioramento grafico, al miglioramento tecnico (l'email non è arrivata a molti) e a tanto altro. Spero che possiate perdonare la minor mole di pagine dovuta alle feste; tra le perdite più "gravi" la rubrica sulla storia di Amnesty che dai prossimi numeri sarà focalizzata sulla storia della sezione italiana con tanto di testimonianze d'eccezione. Simone Mercacci 15 Gennaio 2013 Numero 1

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Numero di Gennaio della Gazzetta Amnesty Lazio

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Page 1: Gazzetta Amnesty Lazio 01 2013

Pagina 1 Il Gazzettino di Amnesty Lazio

llaa GGAAZZZZEETTTTAAdi AMNESTY LAZIO

All'interno

Editoriale 1

Donne vittime di violenza 2

Essere Uomini 3

Amnesty International

premiata a Formia 4

Interviste 5

L'angolo dei Gruppi 5

Buone Notizie 7

Il 'punto di vista' di Max 10

I gruppi del Lazio 11

Recensioni 13

La Posta 15

Editoriale

Il numero 1 di un giornale o

di una rivista di qualsiasi

genere, è sempre qualcosa di

emoziante, dopo il numero

di prova di novembre eccoci

pronti a ripartire con molti

contenuti interessanti e

spunti per un 2013 che come

sempre o forse di più, si

prospetta difficile per

l'attivismo e per i diritti

umani.

E' cosa nota che in tempi di

crisi come quello che stiamo

vivendo, si tenda sempre di

più a chiudersi agli altri e a

pensare maggiormente ai

propri problemi; a volte

neanche lo si fa per scelta. Si

perde il lavoro, si guadagna

meno, è tempo di tagli e

spending review e se già

prima era difficile avvicinare

nuovi attivisti, ora è ancora

più difficoltoso. E' proprio

per questi motivi che

presentare il numero 1 di un

"qualcosa" che noi della

redazione reputiamo molto

importante ci emoziona e ci

rende ottimisti: il nostro

obiettivo è quello di essere

contagiosi, di trasmettere a

chiunque legga queste righe

la nostra voglia di fare, la

nostra costante indignazione

per quello che ci accade sotto

il naso, nel mondo.

Siamo felici di constatare che

chi ha letto il numero zero ha

espresso pareri perlopiù

positivi e siamo felici di

raccogliere anche alcuni

preziosi suggerimenti e

qualche critica. Vogliamo

ricordare che questa

Gazzetta non è uno

strumento a senso unico,

chiunque voglia scrivere un

articolo o esprimere la

propria opinione sugli

argomenti trattatati può

farlo liberamente.

Stiamo lavorando il più

possibile sui contenuti, al

miglioramento grafico, al

miglioramento tecnico

(l'email non è arrivata a

molti) e a tanto altro. Spero

che possiate perdonare la

minor mole di pagine dovuta

alle feste; tra le perdite più

"gravi" la rubrica sulla

storia di Amnesty che dai

prossimi numeri sarà

focalizzata sulla storia della

sezione italiana con tanto di

testimonianze d'eccezione.

Simone Mercacci

15 Gennaio 2013Numero 1

Page 2: Gazzetta Amnesty Lazio 01 2013

Pagina 2Numero 1

C'è ancora molto da fare e

non solo in India

Morire a 23 anni, dopo

essere stata violentata,

torturata e gettata esanime

da un autobus in corsa. E

questo per aver osato andare

al cinema in compagnia del

fidanzato. Quanto è

accaduto alla studentessa

indiana, che ha perso la vita

poco prima di Capodanno a

seguito delle feroci violenze

subite, è solo una delle tante

storie di crimini contro le

donne in un Paese, l'India,

in cui ogni 14 ore una donna

viene stuprata.Dati ufficiali

che però non tengono in

considerazione i tanti casi

non denunciati per paura,

vergogna o perché le famiglie

delle vittime preferiscono

alla giustizia di un

tribunale, la strada del

matrimonio riparatore con

gli aguzzini delle loro figlie o

sorelle. Una storia che

assomiglia tristemente a

molte altre. Ad essere

diversa, però, questa volta è

la reazione indignata di una

nazione che reclama

giustizia. E lo fa con proteste

di piazze e gesti simbolici ma

significativi come quello dei

trentacinque uomini che si

sono fatti radere la testa in

strada in segno di sdegno.

Un clamore mediatico

internazionale che ha portato

qualche primo risultato come

la creazione di un Tribunale

speciale per giudicare per

direttissima gli autori della

brutale violenze alla

studentessa e una legge più

severa contro questo crimine,

che porterà il nome delle

giovane indiana. Ma la

violenza sulle donne non è

solo a sfondo sessuale e non

riguarda naturalmente solo

l'India. Spostandoci più ad

occidente, in Italia, ha

sollevato vibranti polemiche

l'affissione in una

parrocchia ligure, durante le

festività natalizie, di un

volantino dal titolo "Le

donne e il femminicidio.

Facciano sana autocritica,

quante volte provocano?".

L'artefice, un parroco noto

per le sue posizioni estreme e

isolate, ma che suonano

come un campanello

dall'allarme di un sentire

che copre, quando non

giustifica le violenze. Nel

2006 in Italia, 101 donne

sono state uccise dal partner,

dal marito o dall'ex partner,

nel 2010 le vittime sono state

127. Tutto questo in un

contesto caratterizzato "da

una società patriarcale e

incentrato sulla famiglia,

dove la violenza domestica,

non sempre viene percepita

come reato" come afferma la

relatrice speciale dell'Onu

sulla violenza di genere

Rachida Manjoo. La

dipendenza economica come

pure la percezione che la

risposta dello stato a tali

denunce possa non risultare

utile, sono alcune delle

criticità evidenziate nel

rapporto della Manjoo, che

sottolinea come in Italia "un

quadro giuridico

frammentario e

l'inadeguatezza delle

indagini, delle sanzioni e del

risarcimento alle donne

vittime di violenza sono

fattori che contribuiscono al

muro di silenzio e di

invisibilità che circonda

questo tema". Situazione più

volte denunciate da Amnesty

International che ha

sollecitato la sottoscrizione

da parte del governo italiano

della Convenzione europea

sulla prevenzione e la lotta

contro la violenza nei

confronti delle donne e la

violenza domestica. Il 27

settembre scorso a

Strasburgo è arrivata la

firma tanto attesa.

Ci si trova spesso ad

ascoltare o leggere della

perdita dei ruoli nella

società moderna. Della

scomparsa di quelle attività

o di quei pensieri che

distinguono gli uomini dalle

donne. Ma davanti a 113

donne uccise nel 2012,

assassinate dagli uomini che

avevano giurato di amarle e

difenderle, bisogna chiedersi

se sia davvero questo il modo

giusto di porsi il problema

del cambiamento dei ruoli.

Storicamente, il compito del

maschio era di proteggere e

garantire i mezzi di

sussistenza per la propria

famiglia. Quello femminile

di allevare i figli e accudire

l’uomo. I ruoli erano ben

definiti. Tuttavia, molto

spesso la netta demarcazione

dei ruoli si concretizzava in

una posizione di dominio

dell’uomo sulla donna.

Il desiderio di poter

esprimere completamente il

loro potenziale, non essendo

limitate alle sole attività a

cui erano relegate, limitate

alla vita domestica o

comunque a lavoro di basso

profilo, il desiderio di

accedere ad un ruolo

decisionale al pari e a

supporto dell’uomo, hanno

spinto le donne a crearsi uno

spazio diverso nella società,

lottando e conquistando

diritti fino ad allora

esclusivamente maschili. È

stata la più grande

rivoluzione e innovazione

della società moderna: non si

produceva un nuovo prodotto

ma si iniziava a prendere in

considerazione idee fino ad

allora inascoltate.

Questo ha reso la donna

indipendente dal reddito

maschile e più libera di

scegliere ciò che voleva dalla

propria vita; quel tipo di

uomo che in passato era

abituato a prevaricare la

donna, si è trovato ad dover

affrontare una realtà

differente, continuando ad

intendere il rapporto con la

propria partner come

possesso, in un modo che non

ha nulla a che fare con

l’amore. L’80% percento delle

violenze sulle donne avviene

da parte di partner o ex­

partner.

Si arriva alla violenza su

una donna quando non si ha

la capacità di conquistarla,

di farsi amare o

semplicemente di accettare

una vita dove non si è

compresi. Avere queste

capacità significa essere

uomini.

Il numero crescente di donne

uccise per queste motivazioni

richiede una risposta

immediata. Ci sono diversi

modi per affrontare il

problema. Tutte le azioni

comunque, da quelle che

permettono di affrontare casi

di violenza conclamata, fino

a quelli che affrontano

situazioni di disagio

familiare e sociale,

dovrebbero essere preventive.

Ci sono azioni da applicare

per la tutela della donna in

casi contingenti, ma non si

può trascurare l’educazione

che inizia nelle scuole e nella

famiglia. E’ necessario avere

un programma scolastico che

preveda l’insegnamento del

rapporto con l’altro sesso e la

gestione delle delusioni che

colpiscono tutti nella vita. È

necessario disporre di

docenti preparati, in grado

di fornire ai giovani un

indirizzo in tal senso,

soprattutto nei casi in cui le

situazioni familiari di

origine non siano in grado di

formare in modo adeguato.

Le donne maltrattate devono

essere istruite ed educate

alla consapevolezza dei

propri diritti e devono essere

messe in grado di

denunciare subito i propri

partner violenti, perché da

sole non possono affrontare

il problema, in modo da dare

ai propri figli la possibilità

di vivere in un ambiente

dove non imparerà che lo

schiaffo può sostituire la

parola.

La lotta di tante donne ha

modificato la nostra società.

Ora tocca al sesso maschile

evolversi per diventare

uomini.

Donne vittime di violenza Essere UominiAlessandra Fabri

Caryl Chessman

Page 3: Gazzetta Amnesty Lazio 01 2013

Pagina 3 Il Gazzettino di Amnesty Lazio

C'è ancora molto da fare e

non solo in India

Morire a 23 anni, dopo

essere stata violentata,

torturata e gettata esanime

da un autobus in corsa. E

questo per aver osato andare

al cinema in compagnia del

fidanzato. Quanto è

accaduto alla studentessa

indiana, che ha perso la vita

poco prima di Capodanno a

seguito delle feroci violenze

subite, è solo una delle tante

storie di crimini contro le

donne in un Paese, l'India,

in cui ogni 14 ore una donna

viene stuprata.Dati ufficiali

che però non tengono in

considerazione i tanti casi

non denunciati per paura,

vergogna o perché le famiglie

delle vittime preferiscono

alla giustizia di un

tribunale, la strada del

matrimonio riparatore con

gli aguzzini delle loro figlie o

sorelle. Una storia che

assomiglia tristemente a

molte altre. Ad essere

diversa, però, questa volta è

la reazione indignata di una

nazione che reclama

giustizia. E lo fa con proteste

di piazze e gesti simbolici ma

significativi come quello dei

trentacinque uomini che si

sono fatti radere la testa in

strada in segno di sdegno.

Un clamore mediatico

internazionale che ha portato

qualche primo risultato come

la creazione di un Tribunale

speciale per giudicare per

direttissima gli autori della

brutale violenze alla

studentessa e una legge più

severa contro questo crimine,

che porterà il nome delle

giovane indiana. Ma la

violenza sulle donne non è

solo a sfondo sessuale e non

riguarda naturalmente solo

l'India. Spostandoci più ad

occidente, in Italia, ha

sollevato vibranti polemiche

l'affissione in una

parrocchia ligure, durante le

festività natalizie, di un

volantino dal titolo "Le

donne e il femminicidio.

Facciano sana autocritica,

quante volte provocano?".

L'artefice, un parroco noto

per le sue posizioni estreme e

isolate, ma che suonano

come un campanello

dall'allarme di un sentire

che copre, quando non

giustifica le violenze. Nel

2006 in Italia, 101 donne

sono state uccise dal partner,

dal marito o dall'ex partner,

nel 2010 le vittime sono state

127. Tutto questo in un

contesto caratterizzato "da

una società patriarcale e

incentrato sulla famiglia,

dove la violenza domestica,

non sempre viene percepita

come reato" come afferma la

relatrice speciale dell'Onu

sulla violenza di genere

Rachida Manjoo. La

dipendenza economica come

pure la percezione che la

risposta dello stato a tali

denunce possa non risultare

utile, sono alcune delle

criticità evidenziate nel

rapporto della Manjoo, che

sottolinea come in Italia "un

quadro giuridico

frammentario e

l'inadeguatezza delle

indagini, delle sanzioni e del

risarcimento alle donne

vittime di violenza sono

fattori che contribuiscono al

muro di silenzio e di

invisibilità che circonda

questo tema". Situazione più

volte denunciate da Amnesty

International che ha

sollecitato la sottoscrizione

da parte del governo italiano

della Convenzione europea

sulla prevenzione e la lotta

contro la violenza nei

confronti delle donne e la

violenza domestica. Il 27

settembre scorso a

Strasburgo è arrivata la

firma tanto attesa.

Ci si trova spesso ad

ascoltare o leggere della

perdita dei ruoli nella

società moderna. Della

scomparsa di quelle attività

o di quei pensieri che

distinguono gli uomini dalle

donne. Ma davanti a 113

donne uccise nel 2012,

assassinate dagli uomini che

avevano giurato di amarle e

difenderle, bisogna chiedersi

se sia davvero questo il modo

giusto di porsi il problema

del cambiamento dei ruoli.

Storicamente, il compito del

maschio era di proteggere e

garantire i mezzi di

sussistenza per la propria

famiglia. Quello femminile

di allevare i figli e accudire

l’uomo. I ruoli erano ben

definiti. Tuttavia, molto

spesso la netta demarcazione

dei ruoli si concretizzava in

una posizione di dominio

dell’uomo sulla donna.

Il desiderio di poter

esprimere completamente il

loro potenziale, non essendo

limitate alle sole attività a

cui erano relegate, limitate

alla vita domestica o

comunque a lavoro di basso

profilo, il desiderio di

accedere ad un ruolo

decisionale al pari e a

supporto dell’uomo, hanno

spinto le donne a crearsi uno

spazio diverso nella società,

lottando e conquistando

diritti fino ad allora

esclusivamente maschili. È

stata la più grande

rivoluzione e innovazione

della società moderna: non si

produceva un nuovo prodotto

ma si iniziava a prendere in

considerazione idee fino ad

allora inascoltate.

Questo ha reso la donna

indipendente dal reddito

maschile e più libera di

scegliere ciò che voleva dalla

propria vita; quel tipo di

uomo che in passato era

abituato a prevaricare la

donna, si è trovato ad dover

affrontare una realtà

differente, continuando ad

intendere il rapporto con la

propria partner come

possesso, in un modo che non

ha nulla a che fare con

l’amore. L’80% percento delle

violenze sulle donne avviene

da parte di partner o ex­

partner.

Si arriva alla violenza su

una donna quando non si ha

la capacità di conquistarla,

di farsi amare o

semplicemente di accettare

una vita dove non si è

compresi. Avere queste

capacità significa essere

uomini.

Il numero crescente di donne

uccise per queste motivazioni

richiede una risposta

immediata. Ci sono diversi

modi per affrontare il

problema. Tutte le azioni

comunque, da quelle che

permettono di affrontare casi

di violenza conclamata, fino

a quelli che affrontano

situazioni di disagio

familiare e sociale,

dovrebbero essere preventive.

Ci sono azioni da applicare

per la tutela della donna in

casi contingenti, ma non si

può trascurare l’educazione

che inizia nelle scuole e nella

famiglia. E’ necessario avere

un programma scolastico che

preveda l’insegnamento del

rapporto con l’altro sesso e la

gestione delle delusioni che

colpiscono tutti nella vita. È

necessario disporre di

docenti preparati, in grado

di fornire ai giovani un

indirizzo in tal senso,

soprattutto nei casi in cui le

situazioni familiari di

origine non siano in grado di

formare in modo adeguato.

Le donne maltrattate devono

essere istruite ed educate

alla consapevolezza dei

propri diritti e devono essere

messe in grado di

denunciare subito i propri

partner violenti, perché da

sole non possono affrontare

il problema, in modo da dare

ai propri figli la possibilità

di vivere in un ambiente

dove non imparerà che lo

schiaffo può sostituire la

parola.

La lotta di tante donne ha

modificato la nostra società.

Ora tocca al sesso maschile

evolversi per diventare

uomini.

Donne vittime di violenza Essere UominiStefano Gizzarone

Page 4: Gazzetta Amnesty Lazio 01 2013

Pagina 4 Il Gazzettino di Amnesty Lazio

Ogni fine anno, da quattro

anni, a Formia (LT) viene

conferito il Premio

‹‹Cittadino Solidale››, un

progetto il cui obiettivo è far

emergere le azioni e i valori

positivi presenti in città,

volti alla promozione della

cultura e della pratica del

volontariato in ambito

sociale.

Ogni anno una commissione

giudicatrice, rappresentata

da diversi esponenti della

scuola, dei servizi sociali e

della cultura, vaglia le

diverse entità di volontariato

presenti nel territorio. A

dicembre 2012, il

Premio ‹‹Cittadino

Solidale›› è stato

conferito a tre “ veri

esempi di solidarietà

e altruismo” –

secondo l’Assessorato

alle Politiche Sociali

del Comune di

Formia – tra cui il

gruppo 277 di

Amnesty International.

Il gruppo 277 di Formia di

Amnesty International,

guidati

dalla

Responsabil

e Viviana

Isernia, è

composto

da una

decina di

attivisti e

attiviste e, dal 2005,

organizza sul territorio del

Sud Pontino una puntuale

attività di diffusione dei

valori contenuti nella

Dichiarazione

Universale dei Diritti

Umani, attraverso

cineforum a tema (ad

es. “Diritti e Minori” )

, cene solidali (in

particolare l’8 marzo

“Festa delle Donne­

Donne in Festa: vi

diamo un motivo in

più per festeggiare” in

cui si festeggiano le

Buone Notizie di

Amnesty

International relative

alle Donne), spettacoli

teatrali, convegni (ad es.

“Tibet” oppure contro lo

“Sfruttamento sessuale”),

mercatini solidali,

presentazioni del

Rapporto Annuale

di Amnesty

International e

libri sui Diritti

Umani (ad es.

“L’autobus di

Rosa”, “Poesie da

Guantanamo”, “Il

cielo dentro di noi”),

mobilitazioni in piazza (ad

es. “Pechino 2008 – free

Tibet”) e progetti di

educazio

ne ai

diritti

umani in

varie

scuole di

ogni

ordine e

grado

della

zona.

Il Premio

‹‹Cittadi

no

Solidale

2012›› è

stato loro conferito, in

particolar modo, per

l’attività di

Educazione ai

Diritti Umani

come strumento

principale

attraverso cui

promuovere la

conoscenza e

l’adesione

responsabile e

attiva ai valori

contenuti nella

Dichiarazione Universale dei

Il gruppo 267 di Amnesty

International agisce sul

territorio di Ostia, del

tredicesimo municipio di

Roma e Fiumicino. Conta

circa 15 attivisti/e di ogni

età ed agisce sul territorio

attraverso l’educazione ai

diritti umani nelle scuole,

l’organizzazione di eventi e

cineforum su temi specifici e

quant’altro esca fuori dalla

creatività degli attivisti e

delle attiviste.

Tra i progetti recenti spicca

la realizzazione di un cd

musicale con famose cover

riarrangiate da gruppi del

napoletano (ma non solo) sui

temi della campagna “Io

Pretendo Dignità” di

Amnesty International. Nei

prossimi mesi organizzeremo

un evento per presentare

questo cd che può essere

acquistato direttamente da

noi anche dagli altri gruppi

del Lazio.

Nell’immediato futuro

inoltre, abbiamo in

programma delle cene di

raccolta fondi e la

realizzazione di un

cineforum oltre che un

programma molto denso di

incontri con le scuole

elementari, medie e superiori

del territorio.

Per avere maggiori

informazioni sul nostro

gruppo e poter partecipare

alle riunioni potete

contattarci ai seguenti

recapiti:

E­mail: [email protected]

Cell: 393­5233071 (Arianna

Eberspacher, responsabile

del gruppo)

Pagina face book: Amnesty

Ostia e Amici

Amnesty International premiata a Formia.Viviana Isernia

Diritti Umani.

Ricordiamo che al Gruppo

277 di Formia fu conferito

un premio simile nel 2008 “

per il loro prezioso e generoso

impegno a favore di Amnesty

International” da parte del

precedente Assessorato alla

Cultura della Città di

Formia.

Per avere informazioni sul

gruppo 277 e su come

attivarsi con loro:

[email protected] / 349

54 57 563

oppure su FB: “Gruppo

Amnesty 277 – Formia”.

GRAZIE! Per il loro costante

impegno civico a Viviana,

Silvia, Noni, Ilaria, Ettore,

Gennaro, Giuseppe,

Gabriella, Enza, Michela,

Roberto e le nuove attiviste

Gilda, Barbara e Aurora.

Page 5: Gazzetta Amnesty Lazio 01 2013

Pagina 5 Il Gazzettino di Amnesty Lazio

Ogni fine anno, da quattro

anni, a Formia (LT) viene

conferito il Premio

‹‹Cittadino Solidale››, un

progetto il cui obiettivo è far

emergere le azioni e i valori

positivi presenti in città,

volti alla promozione della

cultura e della pratica del

volontariato in ambito

sociale.

Ogni anno una commissione

giudicatrice, rappresentata

da diversi esponenti della

scuola, dei servizi sociali e

della cultura, vaglia le

diverse entità di volontariato

presenti nel territorio. A

dicembre 2012, il

Premio ‹‹Cittadino

Solidale›› è stato

conferito a tre “ veri

esempi di solidarietà

e altruismo” –

secondo l’Assessorato

alle Politiche Sociali

del Comune di

Formia – tra cui il

gruppo 277 di

Amnesty International.

Il gruppo 277 di Formia di

Amnesty International,

guidati

dalla

Responsabil

e Viviana

Isernia, è

composto

da una

decina di

attivisti e

attiviste e, dal 2005,

organizza sul territorio del

Sud Pontino una puntuale

attività di diffusione dei

valori contenuti nella

Dichiarazione

Universale dei Diritti

Umani, attraverso

cineforum a tema (ad

es. “Diritti e Minori” )

, cene solidali (in

particolare l’8 marzo

“Festa delle Donne­

Donne in Festa: vi

diamo un motivo in

più per festeggiare” in

cui si festeggiano le

Buone Notizie di

Amnesty

International relative

alle Donne), spettacoli

teatrali, convegni (ad es.

“Tibet” oppure contro lo

“Sfruttamento sessuale”),

mercatini solidali,

presentazioni del

Rapporto Annuale

di Amnesty

International e

libri sui Diritti

Umani (ad es.

“L’autobus di

Rosa”, “Poesie da

Guantanamo”, “Il

cielo dentro di noi”),

mobilitazioni in piazza (ad

es. “Pechino 2008 – free

Tibet”) e progetti di

educazio

ne ai

diritti

umani in

varie

scuole di

ogni

ordine e

grado

della

zona.

Il Premio

‹‹Cittadi

no

Solidale

2012›› è

stato loro conferito, in

particolar modo, per

l’attività di

Educazione ai

Diritti Umani

come strumento

principale

attraverso cui

promuovere la

conoscenza e

l’adesione

responsabile e

attiva ai valori

contenuti nella

Dichiarazione Universale dei

Riccardo Noury – Staff,

Portavoce.

Riccardo, 49 anni di cui

più di 30 all’interno di

Amnesty International: c’è

argomento migliore per

essere il portavoce ufficiale

dell’associazione?

­ Ricordi qual è stato il tuo

primo incontro con

Amnesty?

­ Ero ancora al liceo e

vennero alcune persone a

parlarci, se non ricordo

male fra loro c’era Antonio

Marchesi. Nel 1980 mi

sono iscritto e ho cominciato

a fare attivismo e due anni

dopo ho iniziato a far parte

dello staff. Da allora il mio

lavoro è stato, con vari

incarichi, sempre all’interno

dell’Ufficio Comunicazione.

­ A proposito di questo,

quando rappresenti Amnesty

in situazioni ufficiali qual è

la sua peculiarità che cerchi

sempre di mettere nel giusto

rilievo?

­ Il fatto che ogni singola

azione può essere utile, dare

risultati positivi; non

bisogna mai lasciare spazio

al senso di impotenza e alla

disperazione…

­ Tra gli Human Rights

Interviste

L'angolo dei Gruppi

Giuseppe Meffe – Responsabile del Gruppo 56

Patrizia Sacco

Il gruppo 267 di Amnesty

International agisce sul

territorio di Ostia, del

tredicesimo municipio di

Roma e Fiumicino. Conta

circa 15 attivisti/e di ogni

età ed agisce sul territorio

attraverso l’educazione ai

diritti umani nelle scuole,

l’organizzazione di eventi e

cineforum su temi specifici e

quant’altro esca fuori dalla

creatività degli attivisti e

delle attiviste.

Tra i progetti recenti spicca

la realizzazione di un cd

musicale con famose cover

riarrangiate da gruppi del

napoletano (ma non solo) sui

temi della campagna “Io

Pretendo Dignità” di

Amnesty International. Nei

prossimi mesi organizzeremo

un evento per presentare

questo cd che può essere

acquistato direttamente da

noi anche dagli altri gruppi

del Lazio.

Nell’immediato futuro

inoltre, abbiamo in

programma delle cene di

raccolta fondi e la

realizzazione di un

cineforum oltre che un

programma molto denso di

incontri con le scuole

elementari, medie e superiori

del territorio.

Per avere maggiori

informazioni sul nostro

gruppo e poter partecipare

alle riunioni potete

contattarci ai seguenti

recapiti:

E­mail: [email protected]

Cell: 393­5233071 (Arianna

Eberspacher, responsabile

del gruppo)

Pagina face book: Amnesty

Ostia e Amici

GGrruuppppoo 226677

Diritti Umani.

Ricordiamo che al Gruppo

277 di Formia fu conferito

un premio simile nel 2008 “

per il loro prezioso e generoso

impegno a favore di Amnesty

International” da parte del

precedente Assessorato alla

Cultura della Città di

Formia.

Per avere informazioni sul

gruppo 277 e su come

attivarsi con loro:

[email protected] / 349

54 57 563

oppure su FB: “Gruppo

Amnesty 277 – Formia”.

GRAZIE! Per il loro costante

impegno civico a Viviana,

Silvia, Noni, Ilaria, Ettore,

Gennaro, Giuseppe,

Gabriella, Enza, Michela,

Roberto e le nuove attiviste

Gilda, Barbara e Aurora.

Page 6: Gazzetta Amnesty Lazio 01 2013

Pagina 6Numero 1

Buone Notizie

Guinea Equatoriale ­ Fabián

Nsue Nguema, avvocato e

difensore dei diritti umani, è

stato rilasciato il 30 ottobre

2012. Era stato arrestato otto

giorni prima, quando si era

recato a un colloquio con un

suo cliente, detenuto nella

famigerata prigione della

Spiaggia nera, nella capitale

Malabo. Per tre giorni era

scomparso e le autorità

negavano la sua presenza in

carcere, nonostante la sua

automobile fosse

parcheggiata all'entrata. A

seguito dell'azione urgente di

Amnesty International, il 25

ottobre era riapparso in una

stazione di polizia per essere

poi rimesso in libertà cinque

giorni dopo.

Malawi ­ Il 5 novembre 2012

il ministro della Giustizia

Ralph Kasambara ha

disposto la sospensione, in

attesa di un voto del

parlamento sulla loro

abrogazione o meno,

dell'applicazione delle leggi

che puniscono con pene fino

a 14 anni e la sanzione

accessoria delle frustate le

relazioni sessuali tra uomini

e con pene fino a cinque anni

le "pratiche indecenti tra

donne". Da anni, Amnesty

International e altre

organizzazioni, locali e

internazionali, chiedono

l'abolizione di questa

legislazione.

Messico ­ Il 15 novembre il

Congresso dello stato di

Nuevo León ha approvato la

legge che riconosce e

istituisce il reato specifico di

sparizione forzata. Amnesty

International, che era in

visita nello stato, ha

dichiarato che se applicata

in modo efficace, la legge

potrà contribuire in modo

significativo alla lotta contro

le sparizioni e alla punizione

dei responsabili.

Myanmar ­ Il 19 novembre

2012 sono stati rilasciati

oltre 50 prigionieri politici e

prigionieri di coscienza. Tra

questi ultimi, U Myint Aye,

cofondatore della Rete dei

difensori e promotori dei

diritti umani condannato nel

2008 all'ergastolo, e Saw

Kyaw Kyaw Min, difensore

dei diritti umani e avvocato,

condannato a sei mesi

nell'agosto 2012.

Regno Unito ­ Il 29 novembre

2012 il ministro della Difesa

ha annunciato che manterrà

in vigore a tempo

indeterminato la sospensione

dei trasferimenti dei detenuti

in sua custodia in

Afghanistan. La decisione,

sollecitata dalle Nazioni

Unite, da Amnesty

International e da altre

organizzazioni non

governative, è stata presa in

quanto i detenuti

rischierebbero "gravi

maltrattamenti" se trasferiti

alle autorità afgane.

Messico ­ Il 28 novembre

2012 la Corte suprema ha

annullato le condanne a sette

anni di carcere inflitte il 12

luglio 2010 a José Ramón

Aniceto Gómez e Pascual

Agustín Cruz. I due difensori

dei diritti delle popolazioni

native erano stati giudicati

colpevoli del furto di

un'automobile, sulla base di

prove prefabbricate da un

gruppo di interessi economici

dello stato di Puebla. Gómez

e Agustín erano impegnati in

una campagna per l'accesso

libero e gratuito all'acqua

pubblica. Amnesty

International per oltre due

anni aveva sollecitato la loro

liberazione.

Italia ­ Il 4 dicembre 2012 la

Camera dei deputati ha

definitivamente approvato in

seconda lettura le "Norme

per l'adeguamento alle

disposizioni dello statuto

istitutivo della Corte penale

internazionale".

Arabia Saudita ­ A seguito

di un'azione urgente di

Amnesty International, nel

settembre 2012 la condanna

all'amputazione della mano

destra e del piede sinistro di

Barzan bin Raheel al­

Shammari, Amer bin Eid al­

Jarba’, Muhammad bin Ali

al­Shammari, Muhammad

bin Dhiyab Maddhi,

Abdullah bin Dhiyab

Maddhi and Bandar bin

Abbas al­As’adi, sei uomini

accusati di una serie di

rapine lungo un'autostrada.

Giuseppe Meffe ­

Responsabile gruppo 256

Chi conosce personalmente

Giuseppe spesso si chiede se e

quando trovi il tempo di

dormire. 52 anni (“Sono nato

nel ’61, lo stesso anno di

Amnesty” ci tiene a

precisare) in gran parte spesi

tra associazioni, volontariato

e attivismo in vari campi,

oltre naturalmente al lavoro

e alla famiglia, fanno di lui

un vulcano in perenne

eruzione.

­ Una famiglia “allargata” la

tua, vero?

­ Volutamente allargata nel

senso che oltre ai miei due

figli ho preso in affidamento

una bimba che vive con noi

da sei anni. Da questa

esperienza deriva anche il

mio impegno con

l’associazione che riunisce le

famiglie affidatarie.

­ E non è la sola con la quale

collabori…

­ C’è anche il gruppo degli

aiutatori podistici, frutto

della mia passione per le

marce e le maratone, e poi

naturalmente Amnesty.

­ Come ci sei arrivato?

­ Frequentavo la biblioteca

Basaglia, dove andavo anche

a raccontare fiabe ai

bambini e là ho conosciuto il

direttore, Aldo Coccia,

attivista di Amnesty da

sempre. Sono entrato nel suo

gruppo, il 56, e ho avuto

vari incarichi, da un anno

circa ne sono responsabile.

­ Tra le tante cose di cui ti

sei occupato ce n’è una che ti

ha dato più soddisfazioni?

­ Mi è piaciuto occuparmi di

web­attivismo e credo che

quello sia un settore da

sviluppare. Una delle cose

più divertenti che ho fatto è

stata la realizzazione di un

cd di aiudiofavole sui

diritti umani, un progetto

che ha portato al nostro

gruppo un buon risultato

di raccolta fondi. Lo

abbiamo ideato e realizzato

tutto noi, scrivendo le

fiabe, recitandole,

registrandole e

masterizzando i cd.

­ Hai un consiglio per

fidelizzare gli attivisti

all’interno dei gruppi?

­ Penso che sia necessario

lavorare in sinergia con

altre associazioni e altri

ambienti, quello dello sport,

il teatro, le biblioteche,

perché ognuno possa trovare

gli spazi in cui sviluppare le

proprie attitudini e le

potenzialità. Così il lavoro

degli attivisti sarà più vario

e stimolante.

Patrizia Sacco

Defenders con cui sei venuto

in contatto in tutti questi

anni ce n’è uno che ti ha

lasciato un ricordo

indelebile?

­ Senz’altro la persona di

maggior impatto che ho

conosciuto è stata Sakae

Menda, un ex condannato

giapponese che ha passato

34 anni nel braccio della

morte prima di essere

assolto, liberato, e iniziare la

sua crociata contro la

pena capitale.

­ Se tu fossi completamente

libero di scegliere c’è un

personaggio del mondo dello

spettacolo e della cultura che

vedresti bene e vorresti come

testimonial per Amnesty?

­ Il mio sogno nel cassetto è

Mina, ma questa è davvero

un’utopia… Un sogno più

realizzabile è avere Franco

Battiato.

­ Ad ogni attivista può

ca

pitare di essere per una volta

portavoce di A.I. Hai un

consiglio da dargli per essere

più incisivo?

­ Metaforicamente gli

suggerisco di spogliarsi dei

suoi abiti e indossare la

casacca gialla e nera:

dovrebbe ricordarsi

semplicemente che in quel

momento sta parlando a

nome di chiunque nel mondo

subisce ingiustizia.

Page 7: Gazzetta Amnesty Lazio 01 2013

Pagina 7Numero 1

Buone Notizie

Guinea Equatoriale ­ Fabián

Nsue Nguema, avvocato e

difensore dei diritti umani, è

stato rilasciato il 30 ottobre

2012. Era stato arrestato otto

giorni prima, quando si era

recato a un colloquio con un

suo cliente, detenuto nella

famigerata prigione della

Spiaggia nera, nella capitale

Malabo. Per tre giorni era

scomparso e le autorità

negavano la sua presenza in

carcere, nonostante la sua

automobile fosse

parcheggiata all'entrata. A

seguito dell'azione urgente di

Amnesty International, il 25

ottobre era riapparso in una

stazione di polizia per essere

poi rimesso in libertà cinque

giorni dopo.

Malawi ­ Il 5 novembre 2012

il ministro della Giustizia

Ralph Kasambara ha

disposto la sospensione, in

attesa di un voto del

parlamento sulla loro

abrogazione o meno,

dell'applicazione delle leggi

che puniscono con pene fino

a 14 anni e la sanzione

accessoria delle frustate le

relazioni sessuali tra uomini

e con pene fino a cinque anni

le "pratiche indecenti tra

donne". Da anni, Amnesty

International e altre

organizzazioni, locali e

internazionali, chiedono

l'abolizione di questa

legislazione.

Messico ­ Il 15 novembre il

Congresso dello stato di

Nuevo León ha approvato la

legge che riconosce e

istituisce il reato specifico di

sparizione forzata. Amnesty

International, che era in

visita nello stato, ha

dichiarato che se applicata

in modo efficace, la legge

potrà contribuire in modo

significativo alla lotta contro

le sparizioni e alla punizione

dei responsabili.

Myanmar ­ Il 19 novembre

2012 sono stati rilasciati

oltre 50 prigionieri politici e

prigionieri di coscienza. Tra

questi ultimi, U Myint Aye,

cofondatore della Rete dei

difensori e promotori dei

diritti umani condannato nel

2008 all'ergastolo, e Saw

Kyaw Kyaw Min, difensore

dei diritti umani e avvocato,

condannato a sei mesi

nell'agosto 2012.

Regno Unito ­ Il 29 novembre

2012 il ministro della Difesa

ha annunciato che manterrà

in vigore a tempo

indeterminato la sospensione

dei trasferimenti dei detenuti

in sua custodia in

Afghanistan. La decisione,

sollecitata dalle Nazioni

Unite, da Amnesty

International e da altre

organizzazioni non

governative, è stata presa in

quanto i detenuti

rischierebbero "gravi

maltrattamenti" se trasferiti

alle autorità afgane.

Messico ­ Il 28 novembre

2012 la Corte suprema ha

annullato le condanne a sette

anni di carcere inflitte il 12

luglio 2010 a José Ramón

Aniceto Gómez e Pascual

Agustín Cruz. I due difensori

dei diritti delle popolazioni

native erano stati giudicati

colpevoli del furto di

un'automobile, sulla base di

prove prefabbricate da un

gruppo di interessi economici

dello stato di Puebla. Gómez

e Agustín erano impegnati in

una campagna per l'accesso

libero e gratuito all'acqua

pubblica. Amnesty

International per oltre due

anni aveva sollecitato la loro

liberazione.

Italia ­ Il 4 dicembre 2012 la

Camera dei deputati ha

definitivamente approvato in

seconda lettura le "Norme

per l'adeguamento alle

disposizioni dello statuto

istitutivo della Corte penale

internazionale".

Arabia Saudita ­ A seguito

di un'azione urgente di

Amnesty International, nel

settembre 2012 la condanna

all'amputazione della mano

destra e del piede sinistro di

Barzan bin Raheel al­

Shammari, Amer bin Eid al­

Jarba’, Muhammad bin Ali

al­Shammari, Muhammad

bin Dhiyab Maddhi,

Abdullah bin Dhiyab

Maddhi and Bandar bin

Abbas al­As’adi, sei uomini

accusati di una serie di

rapine lungo un'autostrada.

Giuseppe Meffe ­

Responsabile gruppo 256

Chi conosce personalmente

Giuseppe spesso si chiede se e

quando trovi il tempo di

dormire. 52 anni (“Sono nato

nel ’61, lo stesso anno di

Amnesty” ci tiene a

precisare) in gran parte spesi

tra associazioni, volontariato

e attivismo in vari campi,

oltre naturalmente al lavoro

e alla famiglia, fanno di lui

un vulcano in perenne

eruzione.

­ Una famiglia “allargata” la

tua, vero?

­ Volutamente allargata nel

senso che oltre ai miei due

figli ho preso in affidamento

una bimba che vive con noi

da sei anni. Da questa

esperienza deriva anche il

mio impegno con

l’associazione che riunisce le

famiglie affidatarie.

­ E non è la sola con la quale

collabori…

­ C’è anche il gruppo degli

aiutatori podistici, frutto

della mia passione per le

marce e le maratone, e poi

naturalmente Amnesty.

­ Come ci sei arrivato?

­ Frequentavo la biblioteca

Basaglia, dove andavo anche

a raccontare fiabe ai

bambini e là ho conosciuto il

direttore, Aldo Coccia,

attivista di Amnesty da

sempre. Sono entrato nel suo

gruppo, il 56, e ho avuto

vari incarichi, da un anno

circa ne sono responsabile.

­ Tra le tante cose di cui ti

sei occupato ce n’è una che ti

ha dato più soddisfazioni?

­ Mi è piaciuto occuparmi di

web­attivismo e credo che

quello sia un settore da

sviluppare. Una delle cose

più divertenti che ho fatto è

stata la realizzazione di un

cd di aiudiofavole sui

diritti umani, un progetto

che ha portato al nostro

gruppo un buon risultato

di raccolta fondi. Lo

abbiamo ideato e realizzato

tutto noi, scrivendo le

fiabe, recitandole,

registrandole e

masterizzando i cd.

­ Hai un consiglio per

fidelizzare gli attivisti

all’interno dei gruppi?

­ Penso che sia necessario

lavorare in sinergia con

altre associazioni e altri

ambienti, quello dello sport,

il teatro, le biblioteche,

perché ognuno possa trovare

gli spazi in cui sviluppare le

proprie attitudini e le

potenzialità. Così il lavoro

degli attivisti sarà più vario

e stimolante.

Patrizia Sacco

Defenders con cui sei venuto

in contatto in tutti questi

anni ce n’è uno che ti ha

lasciato un ricordo

indelebile?

­ Senz’altro la persona di

maggior impatto che ho

conosciuto è stata Sakae

Menda, un ex condannato

giapponese che ha passato

34 anni nel braccio della

morte prima di essere

assolto, liberato, e iniziare la

sua crociata contro la

pena capitale.

­ Se tu fossi completamente

libero di scegliere c’è un

personaggio del mondo dello

spettacolo e della cultura che

vedresti bene e vorresti come

testimonial per Amnesty?

­ Il mio sogno nel cassetto è

Mina, ma questa è davvero

un’utopia… Un sogno più

realizzabile è avere Franco

Battiato.

­ Ad ogni attivista può

ca

pitare di essere per una volta

portavoce di A.I. Hai un

consiglio da dargli per essere

più incisivo?

­ Metaforicamente gli

suggerisco di spogliarsi dei

suoi abiti e indossare la

casacca gialla e nera:

dovrebbe ricordarsi

semplicemente che in quel

momento sta parlando a

nome di chiunque nel mondo

subisce ingiustizia.

Page 8: Gazzetta Amnesty Lazio 01 2013

Pagina 8 Il Gazzettino di Amnesty Lazio

I sei erano stati condannati

all'amputazione incrociata

nel marzo 2011, in un

processo celebrato senza

assistenza legale. Il re ha

deciso di commutare la

condanna in 20 anni di

carcere.

Macedonia ­ Il 13 dicembre

2012, per la prima volta, la

Corte europea dei diritti

umani ha stabilito la

responsabilità di uno stato

europeo per il coinvolgimento

nei programmi segreti della

Cia: la Corte ha infatti

giudicato responsabile l’Ex

repubblica jugoslava di

Macedonia (Macedonia)

dell’arresto illegale, della

sparizione forzata, della

tortura e di altri

maltrattamenti nei confronti

del cittadino tedesco Khaled

El­Masri, nonché del suo

trasferimento in un luogo

dove l’uomo subì ulteriori

gravi violazioni dei suoi

diritti umani. La

Macedonia, inoltre, è venuta

meno al suo obbligo di

svolgere un’indagine efficace.

Khaled El­Masri, cittadino

tedesco di origini libanesi,

venne arrestato il 31

dicembre 2003 dalle autorità

macedoni, al suo ingresso

nel paese dalla Serbia.

Queste lo trattennero in

isolamento, sottoponendolo a

sparizione forzata, a ripetuti

interrogatori e a

maltrattamenti, fino al 23

gennaio 2004, quando lo

consegnarono ad agenti

della Cia. L’agenzia

statunitense, nell’ambito dei

programmi di detenzione

segreta e di rendition,

trasferì El­Masri in un

centro segreto di detenzione

in Afghanistan. Qui, per

quattro mesi, egli fu posto in

detenzione illegale e segreta,

sottoposto a sparizione

forzata e a tortura, mai

accusato di alcun crimine né

messo in grado di ricorrere a

un giudice. Il 28 maggio

2004 venne imbarcato su un

volo per l’Albania, dove

venne rilasciato.

Bosnia ed Erzegovina ­ Il 12

dicembre 2012 il Tribunale

penale per l'ex Jugoslavia ha

condannato all'ergastolo

Zdravko Tolimir per

genocidio, crimini di guerra

e crimini contro l'umanità

commessi nel 1995 dopo la

conquista delle città di

Srebrenica e Zepa. All'epoca,

Tolimir era vicecomandante

e capo dell'intelligence

dell'Esercito serbo bosniaco.

Turchia ­ Il 6 dicembre 2012

il tribunale di Eskisehir ha

assolto il difensore dei diritti

umani Halil Savda e altri

tre attivisti dall'accusa di

"alienare le simpatie

dell'opinione pubblica verso

il servizio militare", reato

previsto dall'art. 318 del

codice penale. Il

procedimento nei loro

confronti era iniziato nel

2011 e si riferiva a una

protesta svolta fuori dal

tribunale nel quale veniva

giudicato un obiettore di

coscienza. Il tribunale, nel

provvedimento di

assoluzione, ha stabilito che

gli slogan pronunciati in

quell'occasione non avevano

incitato alla violenza ed

erano tutelati dalla

Dichiarazione universale dei

diritti umani, dalla

Convenzione europea dei

diritti umani e dalla stessa

Costituzione turca.

Nigeria ­ Il 15 dicembre 2012

la Corte di giustizia della

Comunità economica degli

stati dell’Africa occidentale

ha giudicato la Nigeria

responsabile della violazione

della Carta africana dei

diritti umani e dei popoli

riguardo alle condizioni di

vita della popolazione del

Delta del fiume Niger. La

Corte ha stabilito che il

governo nigeriano è

responsabile del

comportamento delle

compagnie petrolifere e che

ad esso spetta chiamarle a

rispondere dell’impatto

ambientale del loro operato.

Stati Uniti d'America ­ Il 7

dicembre 2012 Bobby Tarver

è stato trasferito dal braccio

della morte dell'Alabama. A

settembre, un giudice

federale aveva stabilito che il

detenuto non poteva essere

messo a morte, alla luce

della sentenza della Corte

suprema federale di dieci

anni prima, che vieta le

esecuzioni di persone affette

da ritardo mentale.

Sudafrica ­ A seguito di

un'azione urgente emessa un

mese prima, il 29 novembre

2012 il governo ha incontrato

una delegazione di Amnesty

International e ha dichiarato

Page 9: Gazzetta Amnesty Lazio 01 2013

Pagina 9Numero 1

I sei erano stati condannati

all'amputazione incrociata

nel marzo 2011, in un

processo celebrato senza

assistenza legale. Il re ha

deciso di commutare la

condanna in 20 anni di

carcere.

Macedonia ­ Il 13 dicembre

2012, per la prima volta, la

Corte europea dei diritti

umani ha stabilito la

responsabilità di uno stato

europeo per il coinvolgimento

nei programmi segreti della

Cia: la Corte ha infatti

giudicato responsabile l’Ex

repubblica jugoslava di

Macedonia (Macedonia)

dell’arresto illegale, della

sparizione forzata, della

tortura e di altri

maltrattamenti nei confronti

del cittadino tedesco Khaled

El­Masri, nonché del suo

trasferimento in un luogo

dove l’uomo subì ulteriori

gravi violazioni dei suoi

diritti umani. La

Macedonia, inoltre, è venuta

meno al suo obbligo di

svolgere un’indagine efficace.

Khaled El­Masri, cittadino

tedesco di origini libanesi,

venne arrestato il 31

dicembre 2003 dalle autorità

macedoni, al suo ingresso

nel paese dalla Serbia.

Queste lo trattennero in

isolamento, sottoponendolo a

sparizione forzata, a ripetuti

interrogatori e a

maltrattamenti, fino al 23

gennaio 2004, quando lo

consegnarono ad agenti

della Cia. L’agenzia

statunitense, nell’ambito dei

programmi di detenzione

segreta e di rendition,

trasferì El­Masri in un

centro segreto di detenzione

in Afghanistan. Qui, per

quattro mesi, egli fu posto in

detenzione illegale e segreta,

sottoposto a sparizione

forzata e a tortura, mai

accusato di alcun crimine né

messo in grado di ricorrere a

un giudice. Il 28 maggio

2004 venne imbarcato su un

volo per l’Albania, dove

venne rilasciato.

Bosnia ed Erzegovina ­ Il 12

dicembre 2012 il Tribunale

penale per l'ex Jugoslavia ha

condannato all'ergastolo

Zdravko Tolimir per

genocidio, crimini di guerra

e crimini contro l'umanità

commessi nel 1995 dopo la

conquista delle città di

Srebrenica e Zepa. All'epoca,

Tolimir era vicecomandante

e capo dell'intelligence

dell'Esercito serbo bosniaco.

Turchia ­ Il 6 dicembre 2012

il tribunale di Eskisehir ha

assolto il difensore dei diritti

umani Halil Savda e altri

tre attivisti dall'accusa di

"alienare le simpatie

dell'opinione pubblica verso

il servizio militare", reato

previsto dall'art. 318 del

codice penale. Il

procedimento nei loro

confronti era iniziato nel

2011 e si riferiva a una

protesta svolta fuori dal

tribunale nel quale veniva

giudicato un obiettore di

coscienza. Il tribunale, nel

provvedimento di

assoluzione, ha stabilito che

gli slogan pronunciati in

quell'occasione non avevano

incitato alla violenza ed

erano tutelati dalla

Dichiarazione universale dei

diritti umani, dalla

Convenzione europea dei

diritti umani e dalla stessa

Costituzione turca.

Nigeria ­ Il 15 dicembre 2012

la Corte di giustizia della

Comunità economica degli

stati dell’Africa occidentale

ha giudicato la Nigeria

responsabile della violazione

della Carta africana dei

diritti umani e dei popoli

riguardo alle condizioni di

vita della popolazione del

Delta del fiume Niger. La

Corte ha stabilito che il

governo nigeriano è

responsabile del

comportamento delle

compagnie petrolifere e che

ad esso spetta chiamarle a

rispondere dell’impatto

ambientale del loro operato.

Stati Uniti d'America ­ Il 7

dicembre 2012 Bobby Tarver

è stato trasferito dal braccio

della morte dell'Alabama. A

settembre, un giudice

federale aveva stabilito che il

detenuto non poteva essere

messo a morte, alla luce

della sentenza della Corte

suprema federale di dieci

anni prima, che vieta le

esecuzioni di persone affette

da ritardo mentale.

Sudafrica ­ A seguito di

un'azione urgente emessa un

mese prima, il 29 novembre

2012 il governo ha incontrato

una delegazione di Amnesty

International e ha dichiarato

il proprio impegno a

indagare su un'ondata di

violenza xenofoba della

polizia, i cui agenti avevano

costretto alla chiusura e poi

razziato 600 negozi ed

esercizi commerciali gestiti

da richiedenti asilo e

rifugiati nella provincia di

Limpopo. Alcuni degli

esercenti erano stati

arrestati, sottoposti a

ingiurie razziste e multati.

Stati Uniti d’America ­ Il 17

dicembre 2012, su

raccomandazione del

Comitato per la grazia, il

governatore dell'Ohio ha

commutato la condanna a

morte di Ronald Post, la cui

esecuzione era prevista il 16

gennaio 2013. Il governatore

John Kasich ha preso la

decisione affermando che "a

prescindere dalla natura

orribile del delitto, un

condannato ha diritto a una

difesa efficace e il Board ha

concluso che in questo caso

ciò non si è verificato".

Bahrein ­ Il 2 gennaio 2013

è stato rimesso in libertà

Mohammad Mohammad

'Abdulnabi 'Abdulwasi, un

ragazzo di 16 anni arrestato

l'11 dicembre 2012 a Sitra,

in un raid delle forze di

sicurezza nell'abitazione

della sua famiglia. Ha

trascorso parte della

prigionia in un centro di

detenzione per adulti.

Amnesty International aveva

lanciato un'azione urgente in

suo favore.

Nepal / Regno Unito ­ Il 3

gennaio 2013 la polizia del

Regno Unito ha arrestato un

alto ufficiale dell'esercito del

Nepal, sospettato di aver

torturato prigionieri nel

2005, durante la guerra

civile allora in corso nel

paese asiatico. Nell'arrestare

il sospetto, le autorità di

Londra hanno esercitato la

giurisdizione universale,ai

sensi della legge di

attuazione della Convenzione

delle Nazioni Unite contro la

tortura.

Page 10: Gazzetta Amnesty Lazio 01 2013

Pagina 10 Il Gazzettino di Amnesty Lazio

Il "punto di vista" di Max

Questo mese commenterò tre

fatti.

Il primo ha rilevanza

interna: il “rapporto di A.I.

sullo sfruttamento dei

lavoratori migranti

nell’agricoltura” nel nostro

Paese, pubblicato il 18

dicembre scorso.

Trovo questo documento

della massima importanza,

perché dà “corpo e numeri” a

una piaga ben visibile agli

occhi di tutti gli italiani, ma

della quale poco si parla (e

scrive), se non in occasione di

eventi che raggiungono

dimensioni spettacolari, sui

quali la stampa

“sensazionalista” si getta

avidamente, per poi ricadere

nella più totale abulia.

Con il risultato di assegnare,

al fenomeno una

connotazione episodica, che

come tale è quindi recepita

dall’immaginario sociale,

quando invece è del tutto

“sistemica”.

Mi si obbietterà che, per chi

segue il fenomeno, molte

delle informazioni del

rapporto sono note: ma

questo significherebbe

sminuirne il valore, che

assume invece importanza

per la duplice ragione della

sua notevole sintesi, da un

lato: chi avrà bisogno di

notizie in materia ha ora

una fonte unica e certificata;

dall’altro per il “timbro” che

il problema riceve dalla

verifica amnestiana

dell’impatto sulla “Carta dei

Diritti” universali: un

“giudizio” ben più pesante di

un’analisi in termini di

violazioni delle leggi

nazionali, che anzi neppure

escono bene dalla

comparazione.

Ho rilevato però: una

“singolarità”: ancorché nella

premessa sia detto con

chiarezza che nel corso dei

lavori è stata sentita la

Direzione nazionale

antimafia, poi nel testo, a

meno di qualche mia

distrazione, non ho trovato

alcuna associazione del

fenomeno analizzato con le

sue fin troppo note

implicazioni con la

criminalità organizzata.

Eppure è dal 2009 che il

riconoscimento della

connessione tra l’operato

delle mafie e le violazioni dei

D.U. è parte della policy” di

A.I., a livello sia nazionale

che internazionale.

Il secondo fatto che porto

alla vostra attenzione è

invece di natura esterna.

Da un articolo di stampa (“il

Fatto Q.”, giovedì 3 gennaio

2013), ho appreso che

l’ospedale di Padova ha

riconosciuto di fatto come

“partner” la compagna

omosessuale di una

partoriente fecondata

artificialmente.

In quel nosocomio, infatti, i

felici genitori sono dotati di

un apposito braccialetto

identificativo, che permette

loro l’accesso al reparto

neonatale, sul quale, insieme

all’identificativo del neonato,

è incisa la condizione di

“padre”/“madre”, a seconda

del genitore.

Si deve alla sensibilità del

Direttore del reparto (G. B.

Nardelli, è bene

incominciare a fare nomi e

cognomi), l’aver compreso

l’inadeguatezza della misura

e il possibile imbarazzo che

avrebbe potuto creare: ha

così modificato i bracciali,

che d’ora innanzi porteranno

le diciture “madre/partner”.

A mio avviso non è una

“notiziola”: nonostante gli

ostacoli che continuano a

essere frapposti, una realtà

più generale si va man mano

affermando; se poi

osserviamo che l’evento è

accaduto nell’ospedale di

Padova, città ad altissima

densità “confessionale” di

matrice cattolica, non

possiamo che ricavarne

ulteriori motivi per sperare

in un futuro migliore.

Il terzo argomento riguarda

il famigerato “G8” di

Genova, un brutto capitolo

della storia nazionale, ma

anche di quella dei Diritti

Umani in un paese che si

Massimo Grandicelli

Ufficio regionale:

Telefono e fax: 06 64501011

Indirizzo: via Cattaneo 22/b

00185 Roma

Indirizzo web:

www.amnesty.it/lazio

Email: [email protected]

ROMA

Gruppo 001

Zona: Roma Est (Prenestina,

Casilina, Tuscolana, Appia

Nuova)

Telefono: 3294270127

Fax: 06 97252438

Indirizzo: Bottega del Mondo

Kinkelbà

via Macerata, 54 (zona

Pigneto)

00176 Roma (RM)

Indirizzo web:

http://www.amnestyroma1.i

t

Scrivi un'email al Gruppo

001

Quando si riunisce: tutti i

martedì ­ h. 20.30

Gruppo 002

Zona: Prati, Delle Vittorie,

Balduina

Indirizzo: Libreria

Claudiana

piazza Cavour, 32

00193 Roma (RM)

Quando si riunisce: tutti i

lunedì alle 16.30 (in estate

17.00)

Scrivi un'email al Gruppo

002

Gruppo 015

Zona: Trieste, Salario,

Parioli

Telefono: 366 3666108

Indirizzo: presso la

Parrocchia del Sacro Cuore

via Poggio Moiano, 12

(presso Piazza Vescovio)

00199 Roma (RM)

Scrivi un'email al Gruppo

015

Quando si riunisce: tutti i

mercoledì ­ dalle 19.00 alle

21.00

Gruppo 056

Zona: Aurelio, Bravetta,

Boccea, Montespaccato,

Casalotti, Primavalle, Monte

Mario

Telefono: 338 4795737

Indirizzo: presso la casa di

una socia in zona

Torrevecchia

Scrivi un'email al Gruppo

056

Quando si riunisce: di solito

tutte le settimane, il martedì

­ h. 21.00

Gruppo 105

Zona: Portuense,

Monteverde, Trastevere,

Testaccio

Telefono: 329 6265981

Indirizzo: Coordinamento

I gruppi nel Lazio

considera “civile”, tema sul

quale la nostra Associazione

si è già espressa severamente.

Dopo le note sentenze, molti,

tra cui il capo della Polizia

Manganelli (mai “nomen” fu

più “omen”) si sono

compiaciuti di considerare la

faccenda un “capitolo

chiuso”.

Costoro non hanno fatto i

conti con la Corte Europea

dei Diritti Umani di

Strasburgo, che ha inviato in

questi giorni al Governo

Italiano i quesiti preliminari

all’esame del ricorso

presentato da alcune parti

civili in relazione ai fatti di

Bolzaneto, mentre ricorsi

analoghi sono in

preparazione con riferimento

agli eventi omologhi della

Diaz.

Saranno portate certamente

in luce le discrasie tra la

legislazione nazionale e

quella comunitaria,

soprattutto in termini del

mancato inserimento del

reato di tortura nel nostro

ordinamento, a onta delle

ripetute sollecitazioni della

Corte Europea.

Di conseguenza, è stato

possibile far scattare la

prescrizione per molti capi

d’accusa, quando la

giurisprudenza di

Strasburgo considera invece

inapplicabile la prescrizione

al reato di tortura.

Sarà una vicenda da seguire

con attenzione. Intanto, per

maggiori dettagli, vi

rimando alla notizia

completa, che trovate al

“link” qui appresso.

http://www.genova24.it/201

3/01/g8­le­violenze­alla­

diaz­e­a­bolzaneto­vanno­a­

strasburgo­le­motivazioni­

del­ricorso­pene­non­

effettive­manca­il­reato­di­

tortura­44991/

Page 11: Gazzetta Amnesty Lazio 01 2013

Pagina 11Numero 1

Questo mese commenterò tre

fatti.

Il primo ha rilevanza

interna: il “rapporto di A.I.

sullo sfruttamento dei

lavoratori migranti

nell’agricoltura” nel nostro

Paese, pubblicato il 18

dicembre scorso.

Trovo questo documento

della massima importanza,

perché dà “corpo e numeri” a

una piaga ben visibile agli

occhi di tutti gli italiani, ma

della quale poco si parla (e

scrive), se non in occasione di

eventi che raggiungono

dimensioni spettacolari, sui

quali la stampa

“sensazionalista” si getta

avidamente, per poi ricadere

nella più totale abulia.

Con il risultato di assegnare,

al fenomeno una

connotazione episodica, che

come tale è quindi recepita

dall’immaginario sociale,

quando invece è del tutto

“sistemica”.

Mi si obbietterà che, per chi

segue il fenomeno, molte

delle informazioni del

rapporto sono note: ma

questo significherebbe

sminuirne il valore, che

assume invece importanza

per la duplice ragione della

sua notevole sintesi, da un

lato: chi avrà bisogno di

notizie in materia ha ora

una fonte unica e certificata;

dall’altro per il “timbro” che

il problema riceve dalla

verifica amnestiana

dell’impatto sulla “Carta dei

Diritti” universali: un

“giudizio” ben più pesante di

un’analisi in termini di

violazioni delle leggi

nazionali, che anzi neppure

escono bene dalla

comparazione.

Ho rilevato però: una

“singolarità”: ancorché nella

premessa sia detto con

chiarezza che nel corso dei

lavori è stata sentita la

Direzione nazionale

antimafia, poi nel testo, a

meno di qualche mia

distrazione, non ho trovato

alcuna associazione del

fenomeno analizzato con le

sue fin troppo note

implicazioni con la

criminalità organizzata.

Eppure è dal 2009 che il

riconoscimento della

connessione tra l’operato

delle mafie e le violazioni dei

D.U. è parte della policy” di

A.I., a livello sia nazionale

che internazionale.

Il secondo fatto che porto

alla vostra attenzione è

invece di natura esterna.

Da un articolo di stampa (“il

Fatto Q.”, giovedì 3 gennaio

2013), ho appreso che

l’ospedale di Padova ha

riconosciuto di fatto come

“partner” la compagna

omosessuale di una

partoriente fecondata

artificialmente.

In quel nosocomio, infatti, i

felici genitori sono dotati di

un apposito braccialetto

identificativo, che permette

loro l’accesso al reparto

neonatale, sul quale, insieme

all’identificativo del neonato,

è incisa la condizione di

“padre”/“madre”, a seconda

del genitore.

Si deve alla sensibilità del

Direttore del reparto (G. B.

Nardelli, è bene

incominciare a fare nomi e

cognomi), l’aver compreso

l’inadeguatezza della misura

e il possibile imbarazzo che

avrebbe potuto creare: ha

così modificato i bracciali,

che d’ora innanzi porteranno

le diciture “madre/partner”.

A mio avviso non è una

“notiziola”: nonostante gli

ostacoli che continuano a

essere frapposti, una realtà

più generale si va man mano

affermando; se poi

osserviamo che l’evento è

accaduto nell’ospedale di

Padova, città ad altissima

densità “confessionale” di

matrice cattolica, non

possiamo che ricavarne

ulteriori motivi per sperare

in un futuro migliore.

Il terzo argomento riguarda

il famigerato “G8” di

Genova, un brutto capitolo

della storia nazionale, ma

anche di quella dei Diritti

Umani in un paese che si

Ufficio regionale:

Telefono e fax: 06 64501011

Indirizzo: via Cattaneo 22/b

00185 Roma

Indirizzo web:

www.amnesty.it/lazio

Email: [email protected]

ROMA

Gruppo 001

Zona: Roma Est (Prenestina,

Casilina, Tuscolana, Appia

Nuova)

Telefono: 3294270127

Fax: 06 97252438

Indirizzo: Bottega del Mondo

Kinkelbà

via Macerata, 54 (zona

Pigneto)

00176 Roma (RM)

Indirizzo web:

http://www.amnestyroma1.i

t

Scrivi un'email al Gruppo

001

Quando si riunisce: tutti i

martedì ­ h. 20.30

Gruppo 002

Zona: Prati, Delle Vittorie,

Balduina

Indirizzo: Libreria

Claudiana

piazza Cavour, 32

00193 Roma (RM)

Quando si riunisce: tutti i

lunedì alle 16.30 (in estate

17.00)

Scrivi un'email al Gruppo

002

Gruppo 015

Zona: Trieste, Salario,

Parioli

Telefono: 366 3666108

Indirizzo: presso la

Parrocchia del Sacro Cuore

via Poggio Moiano, 12

(presso Piazza Vescovio)

00199 Roma (RM)

Scrivi un'email al Gruppo

015

Quando si riunisce: tutti i

mercoledì ­ dalle 19.00 alle

21.00

Gruppo 056

Zona: Aurelio, Bravetta,

Boccea, Montespaccato,

Casalotti, Primavalle, Monte

Mario

Telefono: 338 4795737

Indirizzo: presso la casa di

una socia in zona

Torrevecchia

Scrivi un'email al Gruppo

056

Quando si riunisce: di solito

tutte le settimane, il martedì

­ h. 21.00

Gruppo 105

Zona: Portuense,

Monteverde, Trastevere,

Testaccio

Telefono: 329 6265981

Indirizzo: Coordinamento

I gruppi nel Lazio

considera “civile”, tema sul

quale la nostra Associazione

si è già espressa severamente.

Dopo le note sentenze, molti,

tra cui il capo della Polizia

Manganelli (mai “nomen” fu

più “omen”) si sono

compiaciuti di considerare la

faccenda un “capitolo

chiuso”.

Costoro non hanno fatto i

conti con la Corte Europea

dei Diritti Umani di

Strasburgo, che ha inviato in

questi giorni al Governo

Italiano i quesiti preliminari

all’esame del ricorso

presentato da alcune parti

civili in relazione ai fatti di

Bolzaneto, mentre ricorsi

analoghi sono in

preparazione con riferimento

agli eventi omologhi della

Diaz.

Saranno portate certamente

in luce le discrasie tra la

legislazione nazionale e

quella comunitaria,

soprattutto in termini del

mancato inserimento del

reato di tortura nel nostro

ordinamento, a onta delle

ripetute sollecitazioni della

Corte Europea.

Di conseguenza, è stato

possibile far scattare la

prescrizione per molti capi

d’accusa, quando la

giurisprudenza di

Strasburgo considera invece

inapplicabile la prescrizione

al reato di tortura.

Sarà una vicenda da seguire

con attenzione. Intanto, per

maggiori dettagli, vi

rimando alla notizia

completa, che trovate al

“link” qui appresso.

http://www.genova24.it/201

3/01/g8­le­violenze­alla­

diaz­e­a­bolzaneto­vanno­a­

strasburgo­le­motivazioni­

del­ricorso­pene­non­

effettive­manca­il­reato­di­

tortura­44991/

Page 12: Gazzetta Amnesty Lazio 01 2013

Pagina 12Numero 1

Recensioni

“Il cielo dentro di noi:

conversazioni sui Diritti

Umani (sul mondo che c’è e

quello che verrà)” di Roberto

Fantini

Il libro di Roberto Fantini

contiene una serie di dieci

conversazioni con

personalità impegnate nel

campo dei diritti umani, su

diversi temi: l’antisemitismo,

con Lorenza Mazzetti; la

tragedia dei desaparecidos

argentini, con Enrico

Calamai; il genocidio

ruandese, con Yolande

Mukagasana; i campi di

concentramento in Cina, con

Harry Wu; la pena di morte,

con Giuseppe Lodoli; la

situazione delle carceri in

Italia, con Patrizio

Gonnella; la tortura, con

Andrea Taviani; Amnesty

International, con Antonio

Marchesi; il disarmo, con

Maurizio Simoncelli; la

religione e i Diritti Umani,

con Luigi de Salvia. Il libro

ha il patrocinio di Amnesty

International, che da oltre

50 anni si pone l’obiettivo di

migliorare l’umanità, di

farla uscire dallo stato di

barbarie, ancora così

presente nel mondo.

La bicicletta verde ­ film

Claudio Pipitone

L'Arabia Saudita è il Paese

islamico forse più progredito

socialmente ( attesa di vita

73 anni, tasso di alfabetismo

83%), ma tra i più chiusi e

rigidi nell'applicazione della

religione di Stato e nel

reprimere il dissenso in tutte

le sue forme. La condizione

della donna è

particolarmente pesante:

relegata in casa nei soliti

ruoli domestici, non può

uscire se non nei limiti

imposti dagli uomini. Il

codice penale prevede

sanzioni ancestrali ed è

vigente la pena di morte (in

forme brutali, come la

lapidazione). In questo

contesto la regista saudita

ambienta una storia che, pur

nella forma di commedi,

rispecchia il dramma della

ottusa ostilità verso

qualsiasi aspirazione alla

libera espressione che si

discosti dal verbo

politico/religioso di quel

Paese.

Protagonista è una bambina

che desidera un bicicletta

verde, ovvero l'innocenza che

anela e lotta con tutte le sue

forze per ottenere la piena

libertà di movimento

(compresa quella di uscire

dalla propria casa).

Tutta la vicenda si svolge tra

donne, ciascuna con un ruolo

significativo: l'autorità

istituzionale cui è

demandata la prima

formazione religiosa (la

direttrice scolastica,

inflessibile quanto

ipocritamente sensibile ai

richiami della modernità),

l'autorità familiare (la

madre che si dibatte tra

imposizione teologica ed

amore materno), l'umanità

che trasgredisce in nome di

diritti elementari negati (la

giovinetta della bicicletta), la

platea delle donne toccate

dalla tentazione ma che non

trovano il coraggio di lottare

apertamente (le compagne

della scuola coranica). Sono

esclusi dal campo gli uomini,

fonti delle limitazioni dei

diritti delle donne, tranne un

adolescente autorizzato ad

usare quel mezzo a due

ruote, ancora insensibile agli

insegnamenti dei grandi e

sostanzialmente complice

della piccola protagonista.

Tutte le scene sono girate in

interni, tranne il finale in

cui domina una periferia

spoglia ma decorosa,

dilatata ed aperta come gli

orizzonti della ragazzetta che

pedala negli ampi spazi di

una città che sa di

immobilità; una conquista

che nasconde forse la verità

di un sogno o comunque una

prospettiva di speranza.

Tutto è ovattato, come se una

nebbia diffusa smorzasse

ogni segno di violenza, che

invece si avverte “dietro” ogni

immagine, tranne che nella

del Volontariato della XVI

Circoscrizione

via del Casaletto, 400

Roma (RM)

Scrivi un'email al Gruppo

105

Quando si riunisce: cadenza

bisettimanale, martedì ­ h.

21.00

Gruppo 159

Zona: S. Basilio,

Valmelaina, Montesacro,

Africano, Tiburtina

Telefono: 335 7510539

Indirizzo: Associazione La

Maggiolina ­ via

Bencivenga, 1 (altezza

Batteria Nomentana)

Roma

Indirizzo web:

www.amnestygr159.altervist

a.org

Scrivi un'email al Gruppo

159

Quando si riunisce: ogni

martedì/giovedì ­ h. 19.30

Gruppo 221

Zona: centro storico

Telefono: 335 5953640

Indirizzo: Via Carlo

Cattaneo, 22/B

00185 Roma (RM)

Indirizzo web:

http://amnesty­

gruppo221.blogspot.it/

Scrivi un'email al Gruppo

221

Quando si riunisce: tutti i

giovedì ­ h. 20.00 (telefonare

per conferma)

Gruppo 251

Zona: Roma sud (Ardeatina,

Colombo, Ostiense)

Telefono: 349 1677272

Indirizzo: presso la Scuola

Elementare 75simo Circolo,

viale dell'Elettronica, 3

(Eur)

Indirizzo facebook: Amnesty­

International­ITA­251

Scrivi un'email al Gruppo

251

Quando si riunisce: tutti i

martedì ­ h.20.30

Gruppo Giovani 085

Gruppo universitario Roma

Scrivi un'email al Gruppo

Giovani 085

CASTELLI ROMANI

Gruppo 140

Telefono: 335 5742242

Scrivi un'email al Gruppo

140

Quando si riunisce: incontri

settimanali o quindicinali

nei giorni di lunedì, martedì

o mercoledì,

alle h. 21.00, in casa di

alcuni attivisti del gruppo, a

rotazione a Marino,

Grottaferrata e Frascati.

CIVITAVECCHIA (RM)

Gruppo 240

Telefono: 328 3378273

Indirizzo: presso la propria

sede

piazza Luigi Piccinato, 10

00053 Civitavecchia (RM)

Scrivi un'email al Gruppo

240

Quando si riunisce: tutti i

martedì ­ h. 21.00

FORMIA ­ FONDI ­ GAETA

­ SPERLONGA ­ ITRI

Gruppo 277

Telefono: 3495457563

Indirizzo: sale della Chiesa

di S.Erasmo ­ Formia

Indirizzo web:

www.amnestyformia.net

Scrivi un'email al Gruppo

277

Pagina Facebook: Gruppo

Amnesty 277 ­ Formia (LT)

Quando si riunisce:

pomeriggio 2° sabato del

mese

FIANO ROMANO ­

MONTEROTONDO ­

MORLUPO

Gruppo 245

Telefono: 347 8467219

Indirizzo:Circolo Ricreativo

Culturale Ponte Storto

Piazza delle Terrazze, 6/a

località Ponte Storto a

Castelnuovo di Porto (RM)

Scrivi un'email al Gruppo

245

Quando si riunisce: primo

martedì di ogni mese ­

h.18.00

LITORALE ROMANO

(OSTIA, POMEZIA,

FIUMICINO)

Gruppo 267

Telefono: 329 7870922

Indirizzo: Centro sociale

Affabulazione

piazza M.V. Agrippa, 7/H

00141 Ostia Lido (RM)

Scrivi un'email al Gruppo

267

Quando si riunisce:

quindicinale, il mercoledì ­

h. 21.00

Page 13: Gazzetta Amnesty Lazio 01 2013

Pagina 13 Il Gazzettino di Amnesty Lazio

Recensioni

“Il cielo dentro di noi:

conversazioni sui Diritti

Umani (sul mondo che c’è e

quello che verrà)” di Roberto

Fantini

Il libro di Roberto Fantini

contiene una serie di dieci

conversazioni con

personalità impegnate nel

campo dei diritti umani, su

diversi temi: l’antisemitismo,

con Lorenza Mazzetti; la

tragedia dei desaparecidos

argentini, con Enrico

Calamai; il genocidio

ruandese, con Yolande

Mukagasana; i campi di

concentramento in Cina, con

Harry Wu; la pena di morte,

con Giuseppe Lodoli; la

situazione delle carceri in

Italia, con Patrizio

Gonnella; la tortura, con

Andrea Taviani; Amnesty

International, con Antonio

Marchesi; il disarmo, con

Maurizio Simoncelli; la

religione e i Diritti Umani,

con Luigi de Salvia. Il libro

ha il patrocinio di Amnesty

International, che da oltre

50 anni si pone l’obiettivo di

migliorare l’umanità, di

farla uscire dallo stato di

barbarie, ancora così

presente nel mondo.

La bicicletta verde ­ film

Claudio Pipitone

L'Arabia Saudita è il Paese

islamico forse più progredito

socialmente ( attesa di vita

73 anni, tasso di alfabetismo

83%), ma tra i più chiusi e

rigidi nell'applicazione della

religione di Stato e nel

reprimere il dissenso in tutte

le sue forme. La condizione

della donna è

particolarmente pesante:

relegata in casa nei soliti

ruoli domestici, non può

uscire se non nei limiti

imposti dagli uomini. Il

codice penale prevede

sanzioni ancestrali ed è

vigente la pena di morte (in

forme brutali, come la

lapidazione). In questo

contesto la regista saudita

ambienta una storia che, pur

nella forma di commedi,

rispecchia il dramma della

ottusa ostilità verso

qualsiasi aspirazione alla

libera espressione che si

discosti dal verbo

politico/religioso di quel

Paese.

Protagonista è una bambina

che desidera un bicicletta

verde, ovvero l'innocenza che

anela e lotta con tutte le sue

forze per ottenere la piena

libertà di movimento

(compresa quella di uscire

dalla propria casa).

Tutta la vicenda si svolge tra

donne, ciascuna con un ruolo

significativo: l'autorità

istituzionale cui è

demandata la prima

formazione religiosa (la

direttrice scolastica,

inflessibile quanto

ipocritamente sensibile ai

richiami della modernità),

l'autorità familiare (la

madre che si dibatte tra

imposizione teologica ed

amore materno), l'umanità

che trasgredisce in nome di

diritti elementari negati (la

giovinetta della bicicletta), la

platea delle donne toccate

dalla tentazione ma che non

trovano il coraggio di lottare

apertamente (le compagne

della scuola coranica). Sono

esclusi dal campo gli uomini,

fonti delle limitazioni dei

diritti delle donne, tranne un

adolescente autorizzato ad

usare quel mezzo a due

ruote, ancora insensibile agli

insegnamenti dei grandi e

sostanzialmente complice

della piccola protagonista.

Tutte le scene sono girate in

interni, tranne il finale in

cui domina una periferia

spoglia ma decorosa,

dilatata ed aperta come gli

orizzonti della ragazzetta che

pedala negli ampi spazi di

una città che sa di

immobilità; una conquista

che nasconde forse la verità

di un sogno o comunque una

prospettiva di speranza.

Tutto è ovattato, come se una

nebbia diffusa smorzasse

ogni segno di violenza, che

invece si avverte “dietro” ogni

immagine, tranne che nella

Page 14: Gazzetta Amnesty Lazio 01 2013

Pagina 14 Il Gazzettino di Amnesty Lazio

libera interazione dei due

adolescenti.

Haifaa Al Mansour, che si è

avvalsa di un produttore

straniero per realizzare il

film, è riuscita ­ sia pure

attraverso abili espedienti

"cautelari"­ a mostrare al

mondo la realtà dura ed

oppressa di un Paese ricco di

mezzi ma poverissimo di

libertà, soprattutto per le

donne doppiamente colpite

in quanto tali dalla protervia

del maschilismo dominante.

In Arabia Saudita non è

arrivata la primavera araba,

anche se affiorano qua e là

sprazzi di una timida

opposizione. Le richieste di

attenzione e di aiuto sono

quindi affidate all'arte, più

accattivante e meno

compromettente, che, come in

questa opera di chi conosce

bene la verità, può

contribuire in modo efficace

a sollevare il velo sulla

violenta repressione contro il

principale nemico dei sistemi

teo­politici fondamentalisti:

la donna, con il suo

connaturato coraggio e

l'ostinazione a non

arrendersi all'odio

maschilista contro la

"mannaia" della parità dei

generi.

Cari lettori e care lettrici,

il lancio del numero zero

della Gazzetta di Amnesty

Lazio ormai è avvenuto un

mese fa, e siamo qui con il

numero Uno, il primo

numero del 2013, pronti per

iniziare questo nuovo anno e

questa nuova avventura

redazionale.

Come vi avevo scritto il

mese scorso questo spazio in

realtà è vostro: qui

vorremmo infatti pubblicare

le mail e/o le lettere che ci

arriveranno con il fine di

sapere cosa pensate a

proposito di tutto ciò che

riguarda questa rivista: la

grafica, gli articoli, i temi

trattati, persino gli stessi

“giornalisti”. Insomma per

noi è importante sapere cosa

vi piacerebbe noi

migliorassimo, al fine di

rendere La Gazzetta un

mezzo di informazione e

comunicazione piacevole per

tutti. Durante questo mese

abbiamo avuto modo di

sentire diversi pareri

riguardo questo progetto

ancora in divenire, e

abbiamo appuntato i

suggerimenti che voi ci avete

dato in modo da poterci

perfezionare e offrirvi un

prodotto che sia sempre

migliore. Tuttavia per avere

un parere che provenga da

più lettori abbiamo deciso di

inserire nella nostra pagina

Facebook (cercateci con La

Gazzetta di Amnesty Lazio:

anche la nostra pagina Fb è

ancora neonata e in corso di

miglioramenti) dei sondaggi

in cui potrete esprimere le

vostre preferenze e le vostre

opinioni. Questa novità

“social” oltre a permetterci di

interagire con voi in maniera

più immediata, ci permetterà

anche di cogliere nei vostri

commenti apprezzamenti e

suggerimenti per noi

fondamentali, quindi non

esitate a partecipare al lato

web del nostro progetto, dove

tra l’altro potrete trovare

anticipazioni, anteprime e

approfondimenti degli

articoli del mese.

Vi ricordo anche che

questo spazio a voi dedicato

ha la funzione di potervi far

comunicare anche con la

Circoscrizione Lazio e i suoi

membri, ai quali noi

inoltreremo le mail a loro

indirizzate: spesso non si ha

l’opportunità di potersi

facilmente confrontare, ma

questa forse è l’occasione

giusta per sfruttare questa

piazza virtuale e manifestare

le proprie idee nere su

bianco.

Spero quindi che

accoglierete l’appello a

scriverci numerosi, è

importante per noi sapere

cosa è meglio per voi e allo

stesso tempo è bello vedere

partecipazione attiva da

parte di tutti a questo nuovo

progetto.

Aspetto quindi i vostri

commenti!

Al prossimo mese

La redazione

La Posta

Page 15: Gazzetta Amnesty Lazio 01 2013

Pagina 15Numero 1

libera interazione dei due

adolescenti.

Haifaa Al Mansour, che si è

avvalsa di un produttore

straniero per realizzare il

film, è riuscita ­ sia pure

attraverso abili espedienti

"cautelari"­ a mostrare al

mondo la realtà dura ed

oppressa di un Paese ricco di

mezzi ma poverissimo di

libertà, soprattutto per le

donne doppiamente colpite

in quanto tali dalla protervia

del maschilismo dominante.

In Arabia Saudita non è

arrivata la primavera araba,

anche se affiorano qua e là

sprazzi di una timida

opposizione. Le richieste di

attenzione e di aiuto sono

quindi affidate all'arte, più

accattivante e meno

compromettente, che, come in

questa opera di chi conosce

bene la verità, può

contribuire in modo efficace

a sollevare il velo sulla

violenta repressione contro il

principale nemico dei sistemi

teo­politici fondamentalisti:

la donna, con il suo

connaturato coraggio e

l'ostinazione a non

arrendersi all'odio

maschilista contro la

"mannaia" della parità dei

generi.

Cari lettori e care lettrici,

il lancio del numero zero

della Gazzetta di Amnesty

Lazio ormai è avvenuto un

mese fa, e siamo qui con il

numero Uno, il primo

numero del 2013, pronti per

iniziare questo nuovo anno e

questa nuova avventura

redazionale.

Come vi avevo scritto il

mese scorso questo spazio in

realtà è vostro: qui

vorremmo infatti pubblicare

le mail e/o le lettere che ci

arriveranno con il fine di

sapere cosa pensate a

proposito di tutto ciò che

riguarda questa rivista: la

grafica, gli articoli, i temi

trattati, persino gli stessi

“giornalisti”. Insomma per

noi è importante sapere cosa

vi piacerebbe noi

migliorassimo, al fine di

rendere La Gazzetta un

mezzo di informazione e

comunicazione piacevole per

tutti. Durante questo mese

abbiamo avuto modo di

sentire diversi pareri

riguardo questo progetto

ancora in divenire, e

abbiamo appuntato i

suggerimenti che voi ci avete

dato in modo da poterci

perfezionare e offrirvi un

prodotto che sia sempre

migliore. Tuttavia per avere

un parere che provenga da

più lettori abbiamo deciso di

inserire nella nostra pagina

Facebook (cercateci con La

Gazzetta di Amnesty Lazio:

anche la nostra pagina Fb è

ancora neonata e in corso di

miglioramenti) dei sondaggi

in cui potrete esprimere le

vostre preferenze e le vostre

opinioni. Questa novità

“social” oltre a permetterci di

interagire con voi in maniera

più immediata, ci permetterà

anche di cogliere nei vostri

commenti apprezzamenti e

suggerimenti per noi

fondamentali, quindi non

esitate a partecipare al lato

web del nostro progetto, dove

tra l’altro potrete trovare

anticipazioni, anteprime e

approfondimenti degli

articoli del mese.

Vi ricordo anche che

questo spazio a voi dedicato

ha la funzione di potervi far

comunicare anche con la

Circoscrizione Lazio e i suoi

membri, ai quali noi

inoltreremo le mail a loro

indirizzate: spesso non si ha

l’opportunità di potersi

facilmente confrontare, ma

questa forse è l’occasione

giusta per sfruttare questa

piazza virtuale e manifestare

le proprie idee nere su

bianco.

Spero quindi che

accoglierete l’appello a

scriverci numerosi, è

importante per noi sapere

cosa è meglio per voi e allo

stesso tempo è bello vedere

partecipazione attiva da

parte di tutti a questo nuovo

progetto.

Aspetto quindi i vostri

commenti!

Al prossimo mese

La redazione

La Posta

Page 16: Gazzetta Amnesty Lazio 01 2013

Pagina 16 Il Gazzettino di Amnesty Lazio

Amnesty International

Circoscrizione Lazio

Via Carlo Cattaneo 22b, Roma

Tel. e fax 06­64501011

email: [email protected]

web: www.amnestylazio.it

Simone Mercacci

Alessandra Fabri

Stefano Gizzarone

Viviana Isernia

Patrizia Sacco

Massimo Grandicelli

Agostino Marconi ­ Progetto grafico e impaginazione

AAuuttoorrii::