g. leopardi l’infinito...vo comparando: e mi sovvien l'eterno, e le morte stagioni, e la presente...
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L’INFINITOG. Leopardi
prof.ssa Irene Biasi
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Sempre caro mi fu quest'ermo colle,e questa siepe, che da tanta partedell'ultimo orizzonte il guardo esclude.Ma sedendo e mirando, interminatispazi di là da quella, e sovrumanisilenzi, e profondissima quieteio nel pensier mi fingo, ove per pocoil cor non si spaura. E come il ventoodo stormir tra queste piante, io quelloinfinito silenzio a questa vocevo comparando: e mi sovvien l'eterno,e le morte stagioni, e la presentee viva, e il suon di lei. Così tra questaimmensità s'annega il pensier mio:e il naufragar m'è dolce in questo mare.
● Idillio composto nel 1819 a Recanati
● INFINITO = IN-FINITO = CHE NON HA CONFINI
● Metro: endecasillabi sciolti● Presenza di numerosi
Enjambement
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Sempre caro mi fu quest'ermo colle,e questa siepe, che da tanta partedell'ultimo orizzonte il guardo esclude.
Ma sedendo e mirando, interminatispazi di là da quella, e sovrumanisilenzi, e profondissima quieteio nel pensier mi fingo, ove per pocoil cor non si spaura.
E come il ventoodo stormir tra queste piante, io quelloinfinito silenzio a questa vocevo comparando: e mi sovvien l'eterno,e le morte stagioni, e la presentee viva, e il suon di lei.
Così tra questa
immensità s'annega il pensier mio:e il naufragar m'è dolce in questo mare.
● L’idillio è divisibile in 4 parti, corrispondenti ai 4 periodi.
● Individuiamo i verbi e le proposizioni principali
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Sempre caro mi fu quest'ermo colle,e questa siepe, I che da tanta partedell'ultimo orizzonte il guardo esclude. II
Ma sedendo e mirando, interminatispazi di là da quella, e sovrumanisilenzi, e profondissima quiete Iio nel pensier mi fingo, I ove per pocoil cor non si spaura. II
E come il ventoodo I stormir tra queste piante, I io quelloinfinito silenzio a questa vocevo comparando: I e mi sovvien l'eterno,e le morte stagioni, e la presentee viva, e il suon di lei. II
Così tra questa
immensità s'annega il pensier mio:Ie il naufragar m'è dolce in questo mare. II
● Riflettiamo sui soggetti…
● Chi è il protagonista?
● Cerchiamo la catena anaforica di “io”...
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Sempre caro mi fu quest'ermo colle,e questa siepe, I che da tanta partedell'ultimo orizzonte il guardo esclude. II
Ma sedendo e mirando, interminatispazi di là da quella, e sovrumanisilenzi, e profondissima quiete Iio nel pensier mi fingo, I ove per pocoil cor non si spaura.
E come il ventoodo I stormir tra queste piante, I io quelloinfinito silenzio a questa vocevo comparando: I e mi sovvien l'eterno,e le morte stagioni, e la presentee viva, e il suon di lei. II
Così tra questa
immensità s'annega il pensier mio:Ie il naufragar m'è dolce in questo mare. II
● L’”IO” percorre tutta la poesia compiendo un viaggio. Quale?
● Quale immagine apre la poesia e quale lo chiude?
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Sempre caro mi fu quest'ermo colle,e questa siepe, I che da tanta partedell'ultimo orizzonte il guardo esclude. II
Ma sedendo e mirando, interminatispazi di là da quella, e sovrumanisilenzi, e profondissima quiete Iio nel pensier mi fingo, I ove per pocoil cor non si spaura.
E come il ventoodo stormir tra queste piante, I io quelloinfinito silenzio a questa vocevo comparando: I e mi sovvien l'eterno,e le morte stagioni, e la presentee viva, e il suon di lei. II
Così tra questa
immensità s'annega il pensier mio:I
e il naufragar m'è dolce in questo mare. II
● L’”Io” passa dalla concretezza di COLLE E SIEPE all’ampiezza di NAUFRAGIO e MARE
● Viaggio dell’Io dalla materialità di elementi finiti e statici alla liquidità di un elemento indefinito e dinamico. Come è accaduto questo passaggio?
● Come l’autore ci porta da una dimensione finita a una infinita?
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Sempre caro mi fu quest'ermo colle,e questa siepe, I che da tanta partedell'ultimo orizzonte il guardo esclude. II
Ma sedendo e mirando, interminatispazi di là da quella, e sovrumanisilenzi, e profondissima quiete Iio nel pensier mi fingo, I ove per pocoil cor non si spaura.
E come il ventoodo stormir tra queste piante, I io quelloinfinito silenzio a questa vocevo comparando: I e mi sovvien l'eterno,e le morte stagioni, e la presentee viva, e il suon di lei. II
Così tra questa
immensità s'annega il pensier mio:I
e il naufragar m'è dolce in questo mare. II
● Analizziamo gli aggettivi dimostrativi ricordando che:QUESTO: serve ad indicare qualcosa di vicinoQUELLO: serve ad indicare qualcosa di lontano
● Dove troviamo un apparente errore?
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QUESTO (= vicino, definito) QUELLO (= lontano, indefinito)
Quest’ermo colle Quella (pronome, sta per siepe)
Questa siepe Quello infinito silenzio
Queste piante
Questa voce
Quest’immensità
Questo mare
ANALISI DEGLI AGGETTIVI/PRONOMI DIMOSTRATIVI DELLA POESIA
Domanda: Leopardi si è confuso sulla grammatica?...
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Certamente no.C’è qualcosa che dobbiamo scoprire.Proviamo a cercare la risposta nel testo…
Analizziamo ora le parole vuote, cioè le congiunzioni che collegano tra loro le varie parti della poesia.
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Sempre caro mi fu quest'ermo colle,e questa siepe, I che da tanta partedell'ultimo orizzonte il guardo esclude. II
Ma sedendo e mirando, interminatispazi di là da quella, e sovrumanisilenzi, e profondissima quiete Iio nel pensier mi fingo, I ove per pocoil cor non si spaura. II
E come il ventoodo stormir tra queste piante, I io quelloinfinito silenzio a questa voce
vo comparando: I e mi sovvien l'eterno,e le morte stagioni, e la presentee viva, e il suon di lei. II
Così tra questaimmensità s'annega il pensier mio:I
e il naufragar m'è dolce in questo mare. II
● Il “Ma” di solito indica opposizione a qualcosa. Il “Ma” dice che Leopardi va oltre quella siepe che gli è cara e che preclude tanta parte dell’orizzonte.
● Il poeta si siede e ammira.
● Di fronte a interminati spazi, sovrumani silenzi, profondissima quiete, il pensiero immagina, il cuore si smarrisce, avviene il confronto tra quell’infinito silenzio e “questa voce”, e tutto si fonde in un tutt’uno.
Sempre caro mi fu quest'ermo colle,e questa siepe, I che da tanta partedell'ultimo orizzonte il guardo esclude. II
Ma sedendo e mirando, interminatispazi di là da quella, e sovrumanisilenzi, e profondissima quiete Iio nel pensier mi fingo, I ove per pocoil cor non si spaura. II
E come il ventoodo stormir tra queste piante, I io quelloinfinito silenzio a questa voce
vo comparando: I e mi sovvien l'eterno,e le morte stagioni, e la presentee viva, e il suon di lei. II
Così tra questaimmensità s'annega il pensier mio:I
e il naufragar m'è dolce in questo mare. II
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Sempre caro mi fu quest'ermo colle,e questa siepe, I che da tanta partedell'ultimo orizzonte il guardo esclude. II
Ma sedendo e mirando, interminatispazi di là da quella, e sovrumanisilenzi, e profondissima quiete Iio nel pensier mi fingo, I ove per pocoil cor non si spaura. II
E come il ventoodo stormir tra queste piante, I io quelloinfinito silenzio a questa voce
vo comparando: I e mi sovvien l'eterno,e le morte stagioni, e la presentee viva, e il suon di lei. II
Così tra questaimmensità s'annega il pensier mio:I
e il naufragar m'è dolce in questo mare. II
● Il “Ma” fa da campanello d’allarme: apre al passaggio, introduce l’esperienza straordinaria che Leopardi sta per vivere: la fusione tra il vicino e il lontano, tra il limite della siepe e l’infinito dell’orizzonte.
● Ecco perchè la siepe diventa “quella” e l’immensità e il mare dell’infinito diventano “questi”: c’è una fusione totale dell’io con l’infinito.
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E’ spaventato l’Io di fronte a questa liquidità senza limiti, in cui tutto quello che vive è in-finito, cioè senza confini?
… e il naufragar m’è dolce in questo mare.