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Franco Rinaldi

Nei giardini del sogno

a cura diMaurizio Bernardelli Curuz

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In copertina: Il Giardino delle Beatitudinio La Danza della Vita, 2003, particolare.Misura: 203x409 cm. Tecnica: olio su tela

sponsor tecnici:

FFrraannccoo RRiinnaallddii

Nei giardini del sognoBrescia - Castello, Piccolo Miglio

19 settembre - 8 novembrePiccolo Miglio, Castello di Brescia

con il patrocinio di:

con la collaborazione di:

sponsor:

Mirka Adami

Bagnolo Mella (BS)

Testo in catalogo:Maurizio Bernardelli CuruzAlberto Albertini

Progetto grafico:Federico Bernardelli CuruzStile Arte

Stampa:Intese grafiche

Trasporti:T&T Italia

Assicurazioni:Zurich -Mirka AdamiBagnolo Mella (BS)

Ringraziamenti:Alberto Albertini, Andrea Arcai, Natania Arici, Maurizio Bernardelli Curuz, Sergio FantoniGerardo Losi, Agostino Mantovani,Giuseppe Mazzadi, Roberto Mora, Maria Repossi, Giuseppe Senini

Apparati:Fondazione Brescia MuseiMaurizio Bernardelli CuruzNatania Arici

Fotografie:Roberto MoraGiuseppe SeniniGerardo Losi

Allestimento:Fondazione Brescia MuseiMaria Repossi

Segreteria organizzativae coordinamento:

Fondazione Brescia MuseiNatania Arici

Rapporti con la stampa:Luca NobiliniUfficio stampa Comune di BresciaInes de GiuliUfficio stampa - Fondazione Brescia Musei

Orari:

Dal 19 al 30 settembre

dal martedì alla domenica ore 10,30 - 18,00

chiuso tutti i lunedì non festivi

Dal 1° ottobre all’ 8 novembre

dal martedì alla domenica ore 9,30 - 17,00

chiuso tutti i lunedì non festivi

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alla nebulosa indistinta del sogno, ecco staccarsi uninsieme di forme e colori in divenire, idee e pensieri

che abbandonano il sonno e l’inconscio per essere accoltenel mondo reale.Segni caratterizzati da una diafana e impenetrabilecortina; linee rette o curve dai contorni vaghi; cromie chesi sovrappongono in una danza flessuosa, in attesa delmomento della rivelazione.Ciò che è in potenza attende, placidamente, di esseretradotto in atto. Ma sarà un percorso faticoso e denso diimprevisti e sacrifici. Un vero e proprio percorsoiniziatico.L’eterea materia di cui sono composti i sogni viene insuperficie nelle opere di Franco Rinaldi e ciò è evidentenell’ambito della mostra promossa dalla Fondazione Cab“Giovanni Folonari” negli spazi del Castello, rassegnacurata da Brescia Musei.Franco Rinaldi è un paesaggista che dipinge luoghi

mentali, luoghi che vanno – e utilizziamo i titoli deidipinti - Oltre i comuni sensi. Oltre il paesaggio dellenuvole fino a giungere a Il paesaggio che ascolta, a Ilpaesaggio dei silenzi, a I laghi misteriosi, a Il paesaggiofelice, Il paesaggio della grande nube… braniappartenenti a universi altri. Luoghi in cui la dimensioneconcettuale supera quella topografica.Rinaldi descrive infatti una quinta scenografica“intelligente” e al tempo stesso pervasa da un’aurasacrale intensa, che si ricollega, in percorso interiore,tanto all’esplorazione quanto alla riscoperta dell’anima,in direzione di una dimensione incorporea dotata di unlinguaggio perduto

Andrea ArcaiAssessore alla Culturadel Comune di Brescia

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ultura come evento, cultura come strategia, culturacome investimento: sono tre delle linee direttrici

lungo le quali la Fondazione Cab si è mossa e ancora sista movendo.E’ troppo facile affermare che parlare, che goderedell’opera di Franco Rinaldi significa parlare d’arte,godere dell’arte. Ma allora poniamoci la domanda: checos’è l’arte? Che cos’è quel concetto, quell’espressionedella genialità umana che la Fondazione stessa ha sceltocome strumento di valorizzazione, di affermazione, dicrescita per Brescia? Citando un detto di ormaidimenticata provenienza potremmo affermare che “arte èvita!”. Questa definizione, liberata da ogni possibileconnotazione retorica e propagandistica, esprime unconcetto antropologico di indubbia verità. L’arte, infatti,nasce nello stesso tempo in cui nasce l’Essere Umano.Basti pensare ai graffiti, che pure non hanno avuto lastessa caratteristica sviluppata durante l’evoluzione dellaciviltà: infatti quando l’uomo preistorico comincia aprodurre arte, lo fa quasi esclusivamente al fine di dareuna sorta di informazione, senza considerare questaforma espressiva come un esercizio di rappresentazioneestetica fine a se stessa, bensì piuttosto una testimonianzadelle scene della vita quotidiana, come la caccia e lapesca.Una sorta di mezzo mediatico ante litteram, ma qui ciinteressa non tanto quell’uso dell’arte, bensì l’analisi dellasua successiva evoluzione, che ci porta a vederla sotto unprofilo più profondo: cioè come informazione riguardo almondo interiore. Insomma, l’arte così come vienecomunemente intesa, è investita di un significato che ciesprime qualcosa di sublime: essa è davvero lo specchiodell’animo umano, è l’espressione delle emozioni e deisentimenti di chi la produce. Per questo assume unaconnotazione che dà concretezza ad un qualcosa chedefiniamo culturale e spirituale. Non solo: contemporaneamente essa è anche esercizio distile, di eleganza, è rappresentazione del bello e perciò èforma esteticamente piacevole che rifugge lo squalloreprosaico della vita quotidiana, del mondo empirico e daesso ci fa rifuggire nel momento in cui ci induce a fruirne.Ecco quindi due significati del concetto di arte così comeci sono stati dettati dalla storia. Ma vi è anche un terzosignificato, quello della forma più evoluta di espressione,

che tuttavia è comprensibile solo dopo avere analizzatoalcuni aspetti importanti, il primo dei quali riguarda lafigura dell’artista, la sua identità e personalità. Chi è l’artista? Nel primo caso, quello in cui abbiamoconsiderato l’equazione “arte = informazione”, possiamodefinire l’artista una sorta di comunicatore; nel secondocaso, invece, questa definizione diventa notevolmenterestrittiva e richiede ulteriori considerazioni. Vi sonomolte opere, soprattutto nella pittura, apparentementecriptiche e di ben difficile interpretazione, che fannosovente esclamare frasi del tipo “Questo autore ha unagran fantasia”. Giunti a questo punto, si potrebbefacilmente cadere in una tautologia, sostenendo che lafantasia è la dote intrinseca di essi, o che rappresenta unadelle tante manifestazioni della superiorità umana rispettoagli altri animali (vale a dire della natura divina degliuomini), e quindi che è l’essenza stessa dell’arte. Questapiccola trappola argomentativa si evita introducendo aquesto punto due diversi approcci all’argomento: quellostorico-mitologico e quello psicanalitico.Non andiamo oltre: il terreno si fa impervio, né è questala sede per affrontarlo sul piano filosofico.Basterà dire che quest’ultimo passaggio ci porta al terzo -e più elevato - momento di considerazione dell’arte e dellesue funzioni. Quel momento che definisce l’arte in unanuova veste di ricerca, rappresentata da un continuo voler“andare oltre”, un continuo aspirare e tendere a qualcosache adesso non c’è o non si vede; e l’artista è colui che,nella maniera a lui congeniale - cioè con la creatività -aspira a raggiungere e scoprire quel qualcosa che manca.E’ il cosiddetto quid che gli artisti, nel corso dei secoli edin conformità al loro contesto storico e culturale, hannodefinito con nomi diversi, i quali nomi però sembranotutti sottintendere il medesimo referente psicologico:alcuni sostengono di ricercare la conoscenza, altri laperfezione, altri ancora la massima espressione dellabellezza. Certi artisti, poi, usano l’arte per scavare nelleparti più intime e nascoste dell’animo umano, e poirappresentarle sotto forma di racconti, di versi, diimmagini scolpite o, come nel nostro caso, dipinte.Ora, qualunque sia la forza che motiva ciascuno aprodurre arte (o a fruirne), la si può per tutti identificarecome una sorta di desiderio di maturazione, di crescita,di evoluzione personale.

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Ed è così che finalmente si rivela il significato dell’arteintesa come risorsa pedagogica: per capire bene un’operad’arte, o per produrla, si deve essere in grado dianalizzare gli elementi del reale e di rielaborarli secondole prospettive più disparate, attraverso l’attuazione diprocessi cognitivi che derivano da conoscenze giàacquisite, ma che a loro volta sviluppano l’acquisizione dinuove e più approfondite conoscenze. Sono conoscenzeriguardanti l’ambiente che ci circonda, le persone che cisono accanto, i sentimenti ed i tratti della nostrapersonalità che troppo spesso ignoriamo, il modo stesso diesprimere al meglio questi sentimenti per vivere inarmonia con noi e con gli altri...Insomma, per riassumere tutto in una frase possiamoaffermare che conoscere ed amare la pittura, ma anche lamusica e la poesia - ed ancor di più saper dipingere,suonare, comporre in versi - aiuta l’individuo adesprimere e maturare la propria umanità, intesa come ciòche nell’Uomo c’è di più nobile ed elevato. L’arte è unarisorsa umanizzante; è l’espressione della più pienatotalità dell’Essere e come tale diventa pedagogia, intesacome sviluppo della più piena totalità della Persona.E’ in questa chiave che leggiamo, quindi, l’arte di FrancoRinaldi, attraverso un’opera che sembra restare una dellepoche, veramente valide testimonianze della grandezza eal tempo stesso della tragicità del mondo. Di questa suaarte ha scritto a suo tempo la poetessa Alda Merini: “Il

segno pittorico comincia e muore in se stesso. Belle,strategiche, felici le composizioni di Franco Rinaldi;praticamente incomprensibili. Ma se l’arte non sisottraesse alla curiosità sospetta non sarebbe vera arte.C’è il rito e la simbologia, il canto e la penetrazioneideale e l’incubo magistrale del sogno. C’è la traccia delvissuto, il segno sanscrito della memoria e il silenzioorribile e felice dopo una grande fatica”. C’è un aforisma che Rinaldi ha mostrato di condividere:“Un pittore deve dipingere una cosa sola: quella che nonsi vede”. Può essere interpretata come la sintesi dellafilosofia di un pittore che appare come un alchimista deisogni, che riesce addirittura a fare proprio del sogno, ilvero generatore della propria arte e della propriacreatività, caratterizzata da una grande forza surreale,dall’energia e dalla poesia, che irradiano dalle sue opere.Ma nei lavori di Rinaldi ci sono altri due aspetti cheandrebbero evidenziati: l’atemporalità, e la molteplicitàdei suoi mondi paralleli. Infatti le sue raffigurazioni sonosempre sospese in una dimensione senza spazio e senzatempo e rimandano alla mitologia e, al tempo stesso, allamaterialità di corpi ed all’immaterialità del sogno.

Agostino MantovaniSegretario della fondazione CAB

“Giovanni Folonari”

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roiezioni oniriche di tratti universali guizzano sulletele di Franco Rinaldi. Verrebbe da pensare a una

linea fortemente neoplatonica e per certi aspetti junghianapiù che a un’elaborazione intesa, sensu strictu, comeconseguenza evolutiva della poetica surrealista; anche se iluoghi intellettuali non sono, in fondo, così distanti; là, alcentro del movimento bretoniano, nel raccordo tra Freud eMarx, si lavorava a un concetto di elaborazione delrapporto tra realtà e sogno che mettesse in linea ilmoderno - inteso nella connotazione di palcoscenico dellamostruosità del quotidiano - e il sogno come fonte diinquietanti - o spiazzanti - interrogativi, capaci disegnalare l’assurdità di comportamenti acquisiti nell’alveodella normalità. L’attività onirica, vettrice di pulsioni, era orientata dai

surrealisti con la forza distruttrice di frecce intinte nelmiele e nel curaro, a un’azione rivoluzionaria. A unarivoluzione dell’anima, che potesse incidere anche a livellosociale. Allora: l’es contro l’io corrotto; la profondità deglistrati della psiche contro la superficie instabile di quellaparte di personalità estroflessa sul mondo e ipnotizzata dalsogno borghese; la pulsione digrignante e flagellante controil piano instabile di una banale razionalità che si manifestacome una cialda di materiale lieve, eppur possente, perchésorretta dalla volontà di potenza industriale. Il sogno siprofilava allora nella valenza di un ordigno poeticorivoluzionario, capace di ribaltare i valori della realtà,dimostrando l’assurda incongruità di una materiadisconnessa e di un equilibrio basato sul profitto, sullaconvenienza, sul consumo che aveva come contrappeso ilnulla. La rivoluzione di Rinaldi persegue altri sacri sentieri

paralleli. Essa si basa sul rispetto dei luoghi del silenzio incui l’assoluto sguscia come serpe presso una fontana grecao come un’aquila che getti ombre in planata, sulla candidavaporosità delle nubi.

Rinaldi intende la sfera onirica come cosmo; non comeun’attività, pertanto; non come una catena di montaggio dibrandelli di quotidianità ruminati dalla mente e rigettatisotto i denti per una nuova masticazione nel corso dicompensativi ripensamenti notturni, ma un luogo diinterconnessione tra il mondo di démoni-dei - intesi insenso neo-platonico - e il mondo degli uomini. E poichél’anima umana è copula mundi, collegamento tra materiae idee immutabili, il sogno risulta il ponte sul qualel’arcano, l’intelligibile e il divino dichiarano, attraversouna forma, la volontà di manifestarsi. Le figure e i corpi filiformi, che rinviano ad umanoidi conteste di girino, le flessuose animule che si staccano conleggerezza dai fondali dei dipinti di Rinaldi, remigandoverso la luce e l’aria, gli occhi, i puri occhi privi di ognicorporeità e sorretti esclusivamente da una linea che liconchiude nello sguardo scrutatore di lampade confinatesulla cima di un lampione appartengono ai segni delleprofondità e pertanto alla dimensione dell’assoluto. L’artista invita a meditare, senza categorie preconcette. Ariporre in questione una visione semplicistica della realtà.A considerare il rapporto tra corteccia e significato. Cosasta, al di là delle apparenze; quali i caratteri ricorrenti delsogno, i suoi alfabeti? E come si manifestano le Idee?Come si configurano le armonie delle sfere, il giocoprofondo dell’anima che connette il microcosmodell’individuo al macrocosmo dell’universo? E soprattutto:cosa abbiamo perduto irrimediabilmente nellasottovalutazione dei messaggi che giungono dall’antro delleNaiadi in cui, in un azzurro luminoso, le idee galleggianoin forma di piccole sculture di pino? E quali sono state,per l’uomo, le conseguenze dell’amputazione - provocatadal bisturi positivista - della spiritualità e della poesia? Un’umanità priva d’ali resta schiacciata al terreno,consegnata a una fragilità bestiale, sotto una gravitàimmane. Franco Rinaldi lavora sul versante diricostituzione dei pensieri eterei ma fondamentali, suun’isola, dalla quale si dipartono erti sentieri che possonocondurre a una dimensione spirituale. Significativo a

Rinaldi, le Idee che nuotano nell’anima

di Maurizio Bernardelli Curuz

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Il Giardino delle Beatitudini o La Danza della Vita

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questo proposito, per comprendere su un pianoeminentemente concettuale l’opera dell’artista bresciano èla passione - corroborata da una costante frequentazione -per la poesia, cioè il genere espressivo più praticato e menoletto, nell’ambito della contemporaneità. Indizio e spia diun approccio alla tela che transita attraverso la gestioned’illuminazioni poetiche. Poesia - in pittura, in parola - irrisa dalla societàcontemporanea per la sua meravigliosa inutilità; poesia chesi erge in modo davidico contro le facili certezze delLeviatano meccanicista; contraria alla somma di piccoleazioni senza significato e senza proiezione; contraria allatrinità blasfema (costo, ricavo, guadagno) alla qualerisulta prona la religione dell’utilità; avversa a quelnichilismo di fondo nel quale il mondo dellamateria industriale sprofonda dopo ilconsumo. Poesia e pittura divengono così inRinaldi le azioni di ribellione di ali candide,che si dibattono, dopo il taglio inferto dalrazionalismo, con la violenza di code dilucertola spiccate dal corpo.Eppure da regioni lontane, da porte chiuse,da meandri schiacciati e in parte diruti, dacamminamenti sotterranei, da proiezionijunghiane, da cantine spirituali, da grotte diNaiadi, da cavità d’alberi monumentaliemerge, con il soffio della provocazionespiritualista, l’ala dell’Idealismo vilipeso cheRinaldi raccoglie e compone sacralmente.

In questi giorni sto rileggendo Saul Bellow.Avevo meno di vent’anni quando miarrampicai su Il dono di Humboldt, ma ora la mia anima èpiù matura a coglierne i significati abbacinanti. E’ un’altradimensione rispetto al fragore nichilista di Miller diTropico del cancro. E direi che si tratta quasi di unarisposta polemica, fornita decenni dopo al capolavoromilleriano. Leggo Bellow e guardo Rinaldi per questobreve saggio. L’opera di Rinaldi, pur non deliberatamente,rotea attorno alle tematiche del libro poiché, per quantominoritaria, nel Novecento, si è mossa una schiera nonesigua di antinichilisti e, seppur casuale, l’accostamentotra Humboldt e il sogno flottante di Rinaldi, non èconcettualmente infondato.

Entrambi riferiscono della battaglia tra poesia eproduzione industriale, tra assoluto e tecnocrazia;Humboldt è l’eroe-poeta che combatte una battagliaperdente contro la logica produttivistica, pur essendonesedotto, attratto e poi respinto. Il Novecento contribuì aseppellire la poesia. “Orfeo smoveva le pietre e gli alberi - scrive Bellow -; maun poeta non sa eseguire un’isterectomia o inviareun’astronave nello spazio: non ha più alcun poteretaumaturgico. Quindi i poeti sono amati, ma solo perchénon sanno star al mondo”.

Le tele di Rinaldi inducono a pensare ai pieni e ai vuotidell’anima. Credo che lo spazio dell’anima, una volta

estirpata la sublime inquilina, sia statatrasformata in una dispensa che nonpossiamo sentire vuota sicché l’abbiamoriempita di scatole di pomodoro, scarpe,gelati, abiti, cinture, computer e cellulari,maionese e cozze. Ma ora siamo in crisi. Inuna crisi dei consumi che è certo prodottodella congiuntura ma che risultamoralmente fatale in quanto consente diriconsiderare quelle ali candide che sidibattono al suolo e la necessità di giungeread innestarle nuovamente nel triangolo dellescapole; il nostro mondo ancorato alpossesso, alla tangibilità, all’introiezione dimateriale non appare più come un antidotoal deragliamento nevrotico. Il consumorivela tutti i limiti poiché basato sullacoazione a ripetere e sull’alienazione.

L’uomo, costretto a proiettare se stesso interamente sulprodotto - prima come produttore, poi come consumatore- perde la propria identità e diventa esso stesso oggetto dimercificazione. Il ritorno - o l’accesso - di masse al mondodella cultura rappresenta proprio questo segno di disagio,al quale fa seguito una riappropriazione dei beniimmateriali. Rinaldi percorre da tempo i sentieri che conduconoall’immateriale. Non ha mai nemmeno operatofinalizzando la propria produzione alla conquista delmercato, come spesso accade agli artisti; non ha maitrasformato le proprie opere in prodotto. Ha piuttosto

I personaggi del lago del mito

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lavorato affinché le tele si trasformassero in un tersospecchio d’acqua. Uno dei suoi dipinti si riferisce al motivodi Narciso, che non contempla semplicemente la propriaimmagine, che non è innamorato di se stesso, come vuolela parte superficiale del mito, ma che ha la capacità disondare in sé, con la malinconia che caratterizza losguardo acuto dell’artista, fino a rendere evidenti la stellapolare e la croce del Sud.E da una nebulosa indistinta, ecco allora il fluttuare - inNarciso e in Rinaldi - di forme e colori in divenire, idee epensieri che abbandonano i luoghi delle profondità perriemergere al visibile, pur con una connotazione misterica.

La metafora equorea quanto l’allegoria legata al concettodi profondità dalla quale trarre il Senso, emergonodall’immagine poetica utilizzata dal poeta per descrivere lapropria tecnica di captazione del Sogno.Dopo “aver piantato il cavalletto sul bordo del pozzodell’anima” afferma infatti l’artista, trasferisce sulla tela

ciò che erompe allaluce. E’ unripescaggio diarchetipi - e il rinviopiù vicino e intuibileè quello alleimmagini-idee sullaferrovia Klee-Mirò -che avviene grazie aun rapporto dicomplicità con leforme stesse,attraverso un’azionedi rispetto.

Il cavalletto accantoal pozzo ricorda la

vergine al limitare del sacro bosco dell’Unicorno nelpensiero estetico-allegorico del Medioevo. Il piccolo cavallopoteva essere avvicinato soltanto da una giovane pura, conla circospezione e la delicatezza necessari ad accostareun’anima sensibile, che rifugga ogni clamore e ogni bruscaazione. Ora l’Unicorno è l’anima. E l’anima fugge dalfrastuono; fugge quando viene messa in dubbio, quando ècolpita o è scientificamente negata e sostituita dalla topica

freudiana - una sorta di officina psichica di tipo medico-meccanicista -; fugge quando è vilipesa, ritenutaincongruente con l’efficienza dei tempi; un fossile bislacco,proprio come l’unicorno.Siamo nello stesso serbatoio d’immaginario collettivo.L’atto della pittura, in Rinaldi, prevede l’avvicinamentoalla realtà spirituale attraverso un atteggiamento basatosul silenzio, sulla purificazione rituale che prevede lafrequentazione di testi poetici, in attesa che le acque siplachino e il limo della contemporaneità, in perennesospensione, si depositi. Le figure di Rinaldi emergono daquel punto.

Non è casuale che l’artista, giunga a una pittura dipensiero dopo una stagione di meditazione dechirichiana.De Chirico apre la porta della Metafisica che, a sua volta,batte una parte del percorso che avrebbe portato alSurrealismo. Ma tante tracce nel recupero dell’immaterialeerano già presenti nella stagione simbolista, a partire dalmomento in cui si decise di abbandonare la pittura retinicadi stampo impressionista per passare dalla superficie alsignificato, dal transeunte all’eterno, dall’effimero alcardinale. L’impressionismo era collegato all’etereasopravvivenza dell’istante, al canto apicale di una materiadestinata alla caduta e alla putrefazione. Per questo, in

Allo specchio del Narciso

La moglie del giardiniere

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gioventù, Franco Rinaldi, dipingendo in natura, accanto alcollega Tita Mozzoni, accolse l’esortazione del maestro chelo invitava ad abbandonare i conforti tiepidi del paesaggio,il sole che imbeve le erbe, la piacevolezza del muschio checopre la radice di un albero. E da quel distacco Rinaldiparte per cercare la propria strada che porta al pozzo in sé.La rivoluzione che sta in Gauguin fu proprio quella diindicare la coabitazione tra corporeo e immateriale,rifiutando la pittura en plein air, sul soggetto. Avvicinò ilproprio sguardo a quello di gruppi o etnie marginali oculturalmente non toccati dal processo razionalistico dellamodernità. Era, anche questo, un atteggiamentofinalizzato al recupero dell’acqua da un pozzo.Rinaldi muove concettualmente da questi ambiti e, nelperiodo di formazione, ripercorre i silenzi immotidechirichiani ed esplora al contempo, un’altra realtà,quella cubista, suscitata dallo sviluppo delle ricerchestrutturali compiute da Cézanne e dagli esempi primitividell’arte africana. Ma presto, egli decide di agire, per quanto sia possibile,evitando programmaticamente ogni filtro. Sceglie di nonpassare alla pittura attraverso la pittura precedente, ma digiungere a un atto di rifondazione della propria percezioneche gli consenta, in una sorta di scrittura automatica, dientrare in possesso dei linguaggi del profondo e diaccoglierli nel momento del suscitante riapparire, tantonelle armonie quanto nelle dissonanze compositive.

I titoli sono parte poetica dell’opera. E’ pertanto doverosoraccoglierli, esaminarli, come materiale meta-pittorico ingrado di segnare il percorso di ricerca condotto dall’artista.In Rinaldi ricorrono i seguenti sostantivi: sogni, isola,giardino, montagna. Sono luoghi che stanno al di là deglispazi dell’ordinario. Ricordiamo allora il fondale vivido de Il giardino delleBeatitudini (o La danza della vita) che ben si amalgamacon le frenetiche figure antropomorfe che permeano lacomposizione, oppure il trittico Il Giardino delle delizie (o Isogni sognanti), che invita a una pace superiore dal respironirvanico, ad una vita priva di pathos su una porzione diterra le cui coordinate, purtroppo, non sono possibili daindividuare sui piani cartesiani terrestri, concetto reiteratoanche ne I personaggi del lago del mito.Ambienti abitati da proiezioni di vita che condividono uno

stato animale e, al contempo, un midollo vegetale, oppureesseri appartenenti alla mitologia, ma non a un Olimpoche rinvii alla tradizione greca o romana, quanto ad unamitologia astorica e atemporale, strutturale, condivisa, chealligna nel cuore di ciascuno, come accade nel dipinto Allospecchio del Narciso o in Medusa. Una lettura in grado dioffrire elementi introspettivi e perlustrativi che ritroviamoNel labirinto, rimando ai dilemmi che abitano l’essereumano. Pure ne La moglie del giardiniere assistiamo allarappresentazione di un ibrido umano-vegetale. Nel dipintoil soggetto è raffigurato con cromie fredde, chiare, di unbianco lunare, in contrasto con il fondale azzurro, dotatodi vita propria.Il diretto riferimento alla materia onirica risulta temaricorrente nelle opere di Franco Rinaldi. Ecco Sul fondodei sogni, L’uomo dei sogni, La cacciatrice di sogni,Cacciato nel sogno...Ognuno di noi hasogni o, alla peggio,li ha avuti. Il sogno èqui inteso inun’accezione attiva,in una connotazioned’indicatore disignificato. O come,in Artemidoro, comeun presagio.“Un tempo sapevamoquella terra Tu ed Io,ed una volta làvagando siamoandati (…) neldormire tu e ioviaggiammo sicuri(…) per scoprire latiepida viuzzatortuosa che ora nonsappiamo più trovare” scrive Tolkien ne La casa del giocoperduto. Il romanziere inglese racconta di sogni perduti ilcui ricordo permane da qualche parte, sopito, quasiirrecuperabile. Con Rinaldi ci affacciamo invece al limitaredel pozzo in cui nuotano le Idee. Basta una tela perrecuperarle.

La cacciatrice di sogni

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Alberto Albertini incontra Franco Rinaldi.

orse nessun concetto è stato equivocato e fraintesoquanto quello epicureo di piacere. Piuttosto era la

pazienza, la serena accettazione del presente, il principiopiù importante di quella scuola, insieme all’amicizia, allaconversazione, alla tranquillità spirituale e allagratitudine. Una conversazione che si coltivava neigiardini della scuola, in luoghi appartati, lontano da unasocietà e un mondo che non sembravano piùrappresentare un palcoscenico degno delle parole di queipensatori e filosofi.Quando incontro Franco Rinaldi, nella sua casa diprovincia, e conversiamo come nella scuola di Epicuro,spesso richiamandoci - senza saperlo - a quegli antichi

valori, capisco che la provincia non è sempre un limite.Anzi, in quel “giardino” appartato che è il suo studio,Franco è riuscito a coltivare a lungo e con tenacia la suapaziente poetica, lontano dalle distrazioni inevitabili della“città”, ma anche dalle mode e dai condizionamenti delmercato. Avevano ragione gli antichi Greci che definivano la felicitàin modo semplice: “Eudaimonia”, la buona realizzazionedel proprio demone, il classico “nosce te ipsum”, laconoscenza delle proprie inclinazioni e dei propri limiti.Una realizzazione sempre molto difficile, soprattutto oggiche siamo circondati dalle sirene e dai richiami del potere,dell’avidità, della seduzione, dell’odio e della rivalità.Invece mi sembra che Franco abbia assecondato il propriodemone con perseveranza, anche se mi rendo conto che ilsuo percorso è stato molto sofferto e difficile. In fondo

viviamo tutti per il riconoscimento, inutile negarlo, amaggior ragione un artista che vuole, spera di farsiportavoce di un messaggio collettivo e non soloindividuale; che cerca altri “compagni di sventura” con iquali dividere, condividere e approfondire i propri percorsidi ricerca, le proprie conquiste intellettuali. Senza ilconfronto non c’è infatti arricchimento, noi ci definiamosoprattutto attraverso gli altri. Nel suo percorso a ostacoli ha avuto un ruolodeterminante una pittura così originale e diversa, cosìrestia alle citazioni. Anche il critico esperto arrancadavanti ai suoi quadri, cerca qualche appiglio. CertamenteFranco Rinaldi ha i suoi maestri, più o meno consapevoli.Ma la sua pittura è spesso spiazzante, straniante, quasi siritaglia un proprio posto, s’incide in chi guarda come icontorni netti e affilati che sono tipici delle sue figure,dando al lettore un sottile senso di disorientamento. Dico lettore perché i quadri di Franco Rinaldi non sipossono solo guardare e presuppongono una serie diletture. Vanno meditati, osservati ripetutamente perchéogni volta si riesce a cogliere un nuovo strato, un altrosignificato. Ad esempio molti suoi sfondi sono un quadronel quadro: ci sono centinaia di sfumature, una profonditàdel colore che sembra animarsi, vivere come una materiaprima allo stato fuso, o nelle varie fasi chimiche della suatrasformazione.Mi sembra comunque che tutta la pittura di Rinaldi abbiaun senso diacronico, è una pittura che sarà rivalutata neltempo, come purtroppo è accaduto a molti artisti postumi,una pittura che ha bisogno di tempo per le sue qualitàanticipatorie, in un certo senso divinatorie, per il suomostrare ciò che ci spaventa seppur ci abiti, ciò cherimuoviamo anziché affrontare. Anche per questo mi sembra importante partire dallacronologia, da Franco Rinaldi nel tempo, nel suo tempo.

Mi racconti il tuo percorso artistico, i momenti di svolta,ma anche quelli di sofferenza e paura? Immagino che molte volte tu sia stato tentato di lasciarperdere tutto, hai temuto di sbagliare. Me l’hai ripetutospesso nei nostri incontri, ma poi le nostre conversazioni tidavano nuovi stimoli e conforto, vedevi che non eridavvero così solo.Cosa ti ha aiutato a proseguire?

Un cavalletto al limitar del pozzo

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Il Giardino delle delizie o I sogni sognanti

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Dopo un periodo iniziale di attenzione al figurativoho capito che non si poteva più piantare il cavallettonel paesaggio, e ho piantato il cavalletto sul bordo delpozzo dell’anima dove poter attingere dal profondomio e degli altri, solo così avrei potuto realizzareopere che fossero vere nel senso più autentico.Qui la poesia la letteratura mi sono venute incontroprepotentemente, gli scrittori sono diventati i mieicompagni di viaggio, e una fonte d’ispirazione.Gli artisti possono mostrare immagini che esistonosolo nell’anima dell’individuo e della società, e comei poeti non mentono mai.I lavori crescevano di dimensione e di numero, misono reso conto presto che interi cicli giacevanorischiando di essere inghiottiti dal nulla: ecco questisono i momenti più duri da superare, il senso dellavoro è che venga fruito ma non è sempre così. Poi compare un amico poeta, si progetta un lavoroinsieme e una nuova strada si apre davanti a te, tuttosi riaccende.Questi sono i tempi che scandiscono la realizzazionedelle opere, ma una cosa costante è il dubbio, si puòcercare il mistero se ci si libera dalle certezze,percorrendo il viaggio sempre scrutando l’orizzontedel buio.Io sono un solitario, ma condividere i pensieri conamici mi è vitale: loro mi aiutano ad amalgamarel’idea creativa e a proseguire.

Kundera dice che l’esibizione nuoce agli uomini, i qualisono sempre e nonostante tutto “in scena”, compresa lamorte che vivono “come un gran finale a teatro” .Sorprende tutti non trovare la tua firma sui quadri, solouna sigla sul retro della tela. Mi piace il tuounderstatement, la tua timidezza. Forse uno scrittore, unartista in genere non dovrebbe mai mostrarsi, dovrebbelasciar parlare esclusivamente la propria opera. Senza arrivare agli eccessi di J.D. Salinger e ElenaFerrante, mi piace chi rimane defilato. Un giorno miraccontasti che mandavi un amico che ti assomigliava aritirare i premi di pittura. Mi colpì ascoltarlo in un tempo dove tutti chiedono anchesolo pochi minuti di visibilità e celebrità, dove ci si sente

vivi se si appare, se qualcuno ci vede e ci ascolta. L’assenza della firma: un vezzo, una scelta consapevole eprogrammatica?

No, non è un vezzo, piuttosto è un modo di concepirel’opera, una buona opera di un artista sconosciutorimane una buona opera. L’artista non serve all’operasemmai serve alla società. Quando porto gli amici avisitare i musei li invito a non cercare l’autore ma avivere l’opera.In un mondo dove siamo sommersi da immaginicome mai prima d’ora, le immagini ci sono quasiindifferenti e questo è dovuto al vuoto delle immaginistesse; è all’interno dell’immagine che deve esserecercato il messaggio,non nell’artista: eccoa me piace pensareche qualcuno guardile mie operetrovando gioia odisperazione comenella vita.L’opera deve viveredi vita propria, ognifruitore vedeun’immaginepropria una voltaentrata nel mondo.Se è utile per ilmondo vivrà e si adatterà: il frammento di una statuagreca porta al suo interno la magia del tutto anche senoi non conosciamo l’opera completa. I grigi del Foppa (tra l’altro nato a Bagnolo dove iorisiedo), che io adoro, sono altri da quelli che eranoall’epoca, per chi guardava i quadri a quel tempo, maper me ora sono diventati i suoi grigi.Questo è il senso del non firmare le opere: renderericonoscibili le opere senza caricarle di altri intoppi,sperando che possano vivere nel mondo e nel tempo,indipendentemente da me, da chi le ha create.

Torniamo alla tua pittura così originale, così difficilmenteclassificabile o iscrivibile in una corrente, in un

Il cattura poesie

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continuum. Quali sono i tuoi tributi, a livello individuale odi pensiero artistico, come vedi la tua ricerca nel confrontocon gli altri? Che tipo di stimoli accogli o rifuggi quando tiguardi intorno?

Per me il fare è essenziale, la preziosità delle gammecromatiche, il realizzare l’opera perfettamente fino alsuo compimento. Certo ho amato e amo molti artisti,ma è il loro pensiero che mi è vitale più che le loroopere, quelle le assaporo e le vivo ma non miservono.Non esiste opera autentica che non contenga al suointerno l’intera storia dell’arte, io considero l’opera

come l’ultimo anellodi una catena,diverso ma parte diun tutto.Io, come ho giàdetto, sono unsolitario, ma oggiessere informati eindispensabile. Peròquesto non modificail mio modo diprocedere, sonoconvinto che ognunoabbia cose da direcon mezzi propri,posso essere attrattoda un buon lavoro,felice di vederlo, ma

quando mi metto davanti alla mia tela bianca tuttoscompare, esiste solo la motivazione di vedere usciredal di dentro l’opera, il processo creativo è lungo etortuoso ed è accompagnato solo dall’idea.

T.S. Eliot parla di “correlativo oggettivo” per indicarenell’arte “una serie di oggetti, una situazione, unasuccessione di eventi che saranno la formula di quellaparticolare emozione”.Secondo me la tua pittura ha un correlativo oggettivofortissimo: i tuoi personaggi, le tue figure (tra l’altro anchequelle sono senza citazioni, senza analogie, così uniche eparticolari), ciò che dipingi ha un impatto che oltrepassa

l’occhio e scava un posto nel sistema limbico del cervello,dove vengono appunto elaborate le emozioni. Anzi a voltearrivano fino all’amigdala, quella piccola ghiandola checondividiamo con i rettili, la nostra parte più istintiva eanimale. Ecco perché spesso i tuoi quadri inquietano: richiedonouno sforzo, che non è solo interpretativo, ma è ancherichiesto, direi necessario, fin dal primo sguardo. Ci costringi a guardarli con il nostro occhio interno, con laparte più tormentata e inconscia di noi, quella che nonvorremmo mai interrogare, aprire, “vedere”. I tuoi quadri sono quasi uno specchio della nostra partepiù sconosciuta, arrivano sì al cervello tramite cornea,cristallino, retina, corpo vitreo e nervo ottico, ma in unluogo diverso dal solito.Mi viene in mente il verso di una canzone di Sting: “SeDio è morto e un attore recita la sua parte, le sue parole dipaura scaveranno un posto nel tuo cuore”. Ci vuole unattore per farci capire la morte di Dio e la sua paura, civuole un medium. I tuoi quadri, sono il mezzo, il mediumche rende più comprensibile (anche solo visibile) ciò chenon potremmo altrimenti, ci mette davanti il nostro latooscuro. Ma in fondo questo è il compito dell’arte in genere,altrimenti come giustificare la sua forza, la sua presenzacostante che accompagna qualsiasi epoca, scenariosociale, economico e umano?

Il pittore dipinge quello che vede, e non quello cheappare. Ti cito una frase di Maurice Merleau-Ponty:“L’occhio dell’artista vede il mondo, ciò che manca almondo per essere quadro, e ciò che manca al quadroper essere se stesso”. Io cerco di dare esistenzavisibile all’invisibile, cerco di portare nel cuore dellavisione il cuore del mondo, per questo le opere che nenascono richiedono uno sforzo di visione particolare.Klee diceva: “Quando sono nella foresta sento chenon sono io a guardare gli alberi ma gli alberi aguardare me”. L’arte ha il compito di mostrare questisguardi, descrive il suo tempo.Il mio è uno scavo per cercare la parte più profondadella mente dell’umanità, quella parte inconscia dovetutti attingiamo. La realizzazione dell’opera avvienein modi che spesso sorprendono anche me, èun’invenzione del senso latino di “inventio”, scoperta:

Séraphita

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l’idea prende forma, si modifica, si alleggerisce, sirealizza e poi si stacca dal cordone ombelicale enaviga nel mondo. Questo motiva l’esistenza dell’artenel costante divenire del mondo. Spero che le mieopere contengano sempre la sincerità e la purezzadella visione, e riescano a trasmetterla, perché solocosì manterrano la promessa di accompagnarci.

Nelle Elegie Duinesi Rainer Maria Rilke profetizza che ildestino della terra sarà diventare invisibile. In effetti ogginon cogliamo più il mondo nella sua ricchezza cromatica,nella sua varietà infinita. Si vive nel virtuale (soprattuttoTV e computer), si procede a testa bassa. Di fretta. Comescrive Robert Pogue Harrison: “…di questi tempi lavisione è più in sintonia con il virtuale che con il visibile,con le immagini più che con le apparenze, con lerappresentazioni più che con i fenomeni”.La domanda, sempre di Rilke in una lettera del 1922 aLou Andreas Salomé: “Quando è il presente?”, riguardatutti noi ancora oggi; quando termina l’attesa, quando sivive davvero e non sempre “fra” e “intanto”? Siamo tuttiproiettati in un futuro, nell’attesa di un risarcimento, unmiglioramento, un successo che oggi ci sono preclusi. Tuttoè differito, promesso, immaginato.I tuoi quadri si mettono invece in evidenza, scolpisconouna visione, un istante, un sogno e li rendonotridimensionali, visibili, possibili, qui e ora, noti, rivelati,scoperti come dicevi prima ricordando l’etimologia latinadel termine.

Giovanni Paolo II nella lettera agli artisti ricordavache “rendere visibile è un privilegio che spetta agliartisti”. Io cerco di costruire l’opera attorno e dentrol’immagine traendola dall’idea come da un blocco dimarmo, ecco perché le mie opere sono così tangibili,scultoree, multidimensionali. Ho tolto alle immaginiperché potesse essere aggiunto, credo questo possafarle vivere nel presente e soprattutto nel futuro. Midicono che i cani hanno un fiuto 400 volte piùsviluppato del nostro; quando penso a questo midico: un artista deve avere la capacità di avvertire ilmutamento, bisogna sentire ogni piccolocambiamento, ogni flebile odore che viene dalprofondo, avvertire l’arrivo della tempesta quando

ancora è lontana, o la poesia che ancora non c’è,affinché possa poi trasformarsi in un’opera vera. Poile opere, credimi, si modificano con l’ambiente che leaccoglie, con l’occhio di chi le guarda, con la luce chele avvolge: tutto contribuisce a farle vivere di vitapropria, o di un’altra vita. Molte volte ho sentitoletture dell’opera che non erano nelle intenzioniiniziali, ma che successivamente se ne sonoimpadronite.Io non parlo di nessuna delle mie opere inparticolare perché credo che a me spetti il compito direalizzarle, a altri invece il compito di analizzarle.Certo oggi dipingere può sembrare anacronistico eforse lo è, l’arte magari non salva il mondo macontribuisce amostrarcelo in modidiversi, e forse a salvarenoi stessi da un mondoche non sempre èaccogliente. Come ci hamostrato la storia, l’arteci precede e ciaccompagna, aprendocialtri mondi,mostrandoci voltiinaspettati, e soprattuttosorprendendoci sempre.In questa mia mostra,che è il frutto di anni dilavoro appartato, vorrei poter dare anche io il miocontributo visibile, concreto, nella speranza che nonsia vano.

Esco dallo studio di Franco e il sole è basso all’orizzonte,in mezzo ai gelsi che stanno sulle rive e i confini dei campicoltivati della Bassa. Cerco attorno a me qualcosa di ciòche ho appena visto sulle sue tele, ma al massimo vedocolori uniformi, forme note, geometrie famigliari.Capisco che Franco ha ragione: l’artista è colui che mostraciò che altrimenti ci sarebbe precluso, ci rivela qualcosa dinuovo e sosprendente. E forse con quell’immagine, oltrequell’immagine, noi conquistiamo anche qualcosa d’altro ece ne andiamo più ricchi di prima, magari anche un po’più forti e sicuri.

Poi il mistero

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Il Giardino delle Beatitudinio La Danza della Vita, 2003.203x409 cm, olio su tela

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Il Giardino dei Supplizio I suoni degli assenti, 2005.200x406 cm, olio su tela

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Il Giardino delle delizie o I sogni sognanti, 2003-2004.200x400 cm, olio su tela

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Il viaggio del Minotauro, 2008. 120x80 cm, olio su tela

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Figure al sole, 2007. 120x100 cm, olio su tela

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Nella stanza, 2006. 120x100 cm, olio su tela

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Il cattura poesie, 2003. 200x190, olio su tela

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La moglie del giardiniere, 2008. 100x120 cm, olio su tela

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Il pittore e la sua tela, 2005. 100x120 cm, olio su tela

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I personaggi del lago del mito, 2005. 100x80 cm, olio su tela

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La montagna di Prometeo, 1998. 97x137 cm, olio su tela

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Movimento spazio sogno, 2005. 145x117 cm, olio su tela

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L’uomo dei sogni, 2003. 120x100 cm, olio su tela

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Allo specchio del Narciso, 2009.120x100 cm, olio su tela

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Nella stanza di Vincent, 1990-91. 208x152 cm, olio su tela

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Prima del gioco, 2007. 120x100 cm, olio su tela

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Sul fondo dei sogni, 2003. 147x112 cm, olio su tela

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Il mondo altro, 2003. 190x147 cm, olio su tela

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Allo specchio del paesaggio, 2008.120x100 cm, olio su tela

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Teresa Raquin, 2006. 100x70 cm, china su carta

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Narciso innamorato, 2008. 100x70 cm, china su carta

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Narratore antico, 1993. 150x130 cm, olio su tela

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Medusa, 2006. 100x70 cm, china su carta

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Leda e il cigno, 2005. 100x80 cm, olio su tela

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Il fiore raccolto, 2007. 100x70 cm, china su carta

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Séraphita, 1993. 150x125 cm, olio su tela

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Nella foresta dell’anima, 2003. 100x80 cm, olio su tela

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Nel ricordo, 2008. 100x70 cm, china su carta

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La cacciatrice di sogni, 2008. 100x70 cm, china su carta

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Velázquez nello studio, 2006. 78x58 cm, olio su tela

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Noli me tangere, 1990. 130x142 cm, olio su tela

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La condanna immobile, 2007. 109x79 cm, china su carta

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Cacciato nel sogno, 2007. 100x70 cm, china su carta

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Nel labirinto, 2005. 100x70 cm, china su carta

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Incontro, 2008. 100x70 cm, china su carta

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Nel bosco l’attesa, 2007. 76x57 cm, china su carta

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L’amante del bosco, 2006. 100x70 cm, china su carta

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Tornato dal buio, 2008. 120x100 cm, olio su tela

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Ho visto fuggire le nuvole, 2009. 120x100 cm, olio su tela

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Bonjour monsieur Courbet, 2007.120x100 cm, olio su tela

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L’angelo Crocifisso, 2006. 120x100 cm, olio su tela

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La Madonna del Manto, 2007. 109x79 cm, china su carta

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Il mistero annunciato, 2008. 77x68 cm, olio su tela

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Poi il mistero, 2007. 120x100 cm, olio su tela

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mostrePERSONALI - COLLETTIVE

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1980 RINALDI & CIFERRI. Galleria Città di Riva, Riva del Garda (TN)

1982 FRANCO RINALDI. Galleria Meridiana, Verona

1984 ARCHETIPO ESISTENZIALE. Galleria San Michele, Brescia

1986 FRANCO RINALDI, testi: Roberto Sanesi – Riccardo Barletta. Galleria San Michele, Brescia

FRANCO RINALDI, testo: Mauro Corradini.Palazzo ex Bertazoli, Bagnolo Mella (BS)

1988 FRANCO RINALDI, testo: Maurizio Panzera.Sala Cacciadeno, Brescia

PROGETTO INSTABILE. Ex chiesa di san Zenone, Brescia

1989 MITICO ARCAICO MATERICO, testo: Riccardo Barletta.Galleria Radice, Lissone (MI)

1991 UNA “METALLURGIA” COME IPERREALISMO DELL’ANIMA, testo e presentazione: Riccardo Barletta.Galleria Paolo Majorana, Brescia

1994 GIOVANI PRESENZE, testo: Renzo Margonari.Galleria AAB, Brescia

1996 XILOGRAFIE, testi: Alda Merini e Ito Itatu.Biblioteca Sormani, Milano

MAGNA, poesie: Alberto Casiraghy. Libreria Libra, Brescia

1998 FUOCHI FATUI, poesie: Alberto Albertini,Presentazione: Riccardo Barletta. Libreria Feltrinelli, Brescia

FUOCHI FATUI. Azienda Agricola Barone Pizzini,Timoline Cortefranca (BS)

EX ANIMO, testo: Adelaide Corbetta. Chiesa di Sant’Antonio, Roccafranca (BS)

2000 OLTRE IL VELARIO DEL SOGNO, presentazione: Arturo Schwarz - Riccardo Barletta.Libreria Tikkun, Milano

2001 IL SOGNO, L’ELISIR MORTIS E L’ANIMA MUNDI,presentazione: Riccardo Barletta. Galleria Brambati Arte, Vaprio d’Adda (MI)

2005 ARRIVERÀ L’UOMO NUOVO?Testi:Riccardo Barletta e altri. Galleria Primo’s Gallery, Brescia

2005 ARTE IN VOLO. Aeroporto Gabriele D’Annunzio, Montichiari (BS)

ARTE IN VOLO 2. Aeroporto Gabriele D’Annunzio, Montichiari (BS)

2006 ART VERONA 06. Fiera Verona, Verona

2006 ESPERIENZE D’ARTISTA. Facoltà di medicina, Brescia

1982 EXPO 1982. Palazzetto dello sport, Brescia

1984 EXPO 1984. Palazzetto dello sport, Brescia

1985 DIE CONSTITUTA. Galleria Vinciana, Milano

DIE CONSTITUTA. Galleria San Michele, Brescia

1986 NATURA IN POSA. Galleria San Michele, Brescia

MATERIALE DI LAVORO. Galleria AAB, Brescia

40 ARTISTI PER GOTHE. PALAZZO PAVESE, Torbole

MOSTRA D’ARTE. Palazzo Comunale, Carpenedolo (BS)

1987 PER UN’IMMAGINE IMPUDENTE. Museo d’A.M. dell’Alto Mantovano, Gazzoldo degli Ippoliti (MN)

UNDER 35.100 artisti per 100 critici. Arte Fiera, Bologna

40 ARTISTI PER GOTHE. Scuderie di Palazzo ducale, Mantova

NUOVO OTTANTASETTE. Expo d’estate, Brescia

1988 ANCORA AVANTI. Sala Bonvicino, Brescia

SPAZIO APERTO. Galleria Multimedia, Brescia

I SEGNI DELLA PACE. Palazzo Pavese, Torbole (TN)

L’ARTE ALLA VITA. Galleria AAB, Brescia

1989 INCONTRO SUL DISEGNO. Galleria AAB, Brescia

1990 PORT-ATTILE. FORTE DI BORGOFORTE, Borgoforte (MN)

IL SEGNO ED I SUOI DINTORNI: biennale (invitato). Biblioteca Comunale, Penne (PE)

1991 ARTE FIERA. Galleria Paolo Majorana, Bologna

TRACCE, testo: Vito Ventrella. Palazzo ex Bertazzoli, Bagnolo Mella (BS)

INVADERE. Galleria De Clemente, Brescia

DENTRO LE MURA. Palazzo ex Bertazzoli, Bagnolo Mella (BS)

UNO SGUARDO CONTEMPORANEO. Palazzo Martinengo, Brescia

1992 PREMIO SUZZARA (invitato). Galleria Civica Suzzara, Suzzara (MN)

THE ARTIST AND THE BOOK IN TWENTIETH-CENTURY ITALY.MOMA, Museo d’Arte Moderna, New York - USA

LA COSTANZA DELLA RAGIONE. Galleria Paolo Majorana, Brescia

MMOOSSTTRREE PPEERRSSOONNAALLII MOSTRE COLLETTIVE

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1993 REPERTORIO DEGLI INCISORI ITALIANI, Gabinetto Stampe Antiche e Moderne, Bagnacavallo (RA)

1995 TRIENNALE DI XILOGRAFIA. Museo d’Arte Contemporanea, Villa Croce (GE)

1996 BIENNALE DI XILOGRAFIA. Gabinetto Stampe Antiche e Moderne, Bagnacavallo (RA)

LA VIOLENZA DELLA GUERRA. Pieve di Urago Mella, Brescia

FRATELLI D’ITALIA. Pieve di Urago Mella, Brescia

GLI ANNI OTTANTA. Galleria AAB, Brescia

GALLERIA IKU, NAGOYA - Giappone

GALLERIA COMUNICA, TOKIO - Giappone

1998 400 PULCINI DI ALDA MERINI. Castello Sforzesco, Milano

ARTISTI PER LA SARGON. Pieve di Urago Mella, Brescia

PER IL “CHE”. Ex Chiesa Maddalena, Bergamo

1999 E DI NOI SI DISSE CHE AVEVAMO PASSATO IL SEGNO. Museo G. I. Katsigra, Larissa - Grecia

1a MOSTRA INTERNAZIONALE MAIL–ART. C. Polivalente ex Municipio, Torreglia (PD)

GRAND CRU. Galleria L’Affiche, Milano

REPERTORIO DELLA XILOGRAFIA. Casa di Dante, Firenze

2000 IL SOGNO E LA FORMA. Chiesa di Sant’Antonio, Roccafranca (BS)

2001 DONNE SOTTO IL BURQA. Grand Hotel President, Spilimbergo (PN)

2002 DONNE SOTTO IL BURQA. Sala mostre Palazzo Pretorio, Sondrio

DONNE SOTTO IL BURQA. Ex chiesa San Giacomo. Tirano (SO)

SEGNI E SOGNI. Ass. Culturale Brambati, Vario d’Adda (MI)

SEGNI E SOGNI. Museo Civico “Della Torre”, Treviglio (BG)

G.MUCCHI, G.CAZZANIGA, E.FRANCO, M.TAPIA, F.FRANCESE, F.RINALDI, E.TADINI. Ass. Culturale Brambati, Vario d’Adda (MI)

MOSTRE - COLLETTIVE

Nato nel 1954, si dedica alla pittura sin dallafine degli anni 70. Numerose sono lepersonali e collettive in Italia ed all’estero.Dal 1989 si dedica anche alla grafica, sua éla xilografia in copertina del libro di AldaMerini- La vita facile - edizione Bompiani1996. Per le edizioni Obliquo ha pubblicatonel 1996 con Alberto Casiraghy, Il miooceano che dorme - e nel 1997- con AlbertoAlberini , Fuochi fatui. Nel 2006 per - LaNuova Rapida Cremona - con P. Galdino

Tagliabue ofm - Necessità della pasqua -, eLa notte che illumina - nel 2007. Numeroseopere accompagnano i libretti del PulcinoElefante e le edizioni dell’Obliquo con autorivari. Città e Dintorni pubblica in copertinaun disegno . Sue opere compaiono in VogueItalia - Tono Minore - Dentro Casa - StileArte - Nostro Lunedì - e numerosiquotidiani. Nel 2005 curata da RiccardoBarletta esce una monografia per la Primo’sGallery edizioni.

FRANCO [email protected] – www.rinaldifranco.it

2002 LE DONNE DEL RUANDA. Palazzina Liberty, Milano

S.I.V.I.E.R.A. Villa Giulia, Pallanza (VB)

ARTE DA MANGIARE IL COLAPASTA. Macef Fiera di Milano, Milano

ARTE DA MANGIARE IL COLAPASTA. Società Umanitaria, Milano

ARTE DA MANGIARE IL COLAPASTA. Casa Italiana Zerilli Marimò New York - USA

2003 Arte da mangiare IL PORTAGHIACCIO.Macef Fiera di Milano, Milano

2003 LIBER/AZIONE 2. Villa Giulia e sedivarie: Verbania, Pallanza (VB), Intra (VB), Premano (VB), Villadossola (VB)

2004 ASTRATTISMI. Le diverse espressioni dell’astrattismo nell’incisione italiana contemporanea. Quistello (MN)

2004 7 ARTISTI. Galleria Bramati arte, Vario d’Adda (MI)

IL PAIOLO. Arte da mangiare. Macef, Fiera di Milano, Milano

INCONTRI CON GLI ARTISTI. Associazione Artisti Bresciani, Brescia

REPERTORIO DEGLI INCISORI ITALIANI.Centro le Cappuccine, Bagnacavallo (RA)

2005 SEGNI. Il Cenacolo di Casorati, Torino

CONTEMPORANEAMENTE. Primo’s Gallery, Brescia

2006 VENT’ANNI DI LIBRI - Edizioni L’Obliquo. Pinacoteca Tosio Martinengo, Brescia

VENT’ANNI DI LIBRI - Edizioni L’Obliquo. Salita dei Frati, Lugano - Svizzera

2007 VENT’ANNI DI LIBRI - Edizioni L’Obliquo. Pinacoteca Tosio Martinengo, Brescia

III BIENNALE. Bozzolo

2009 VI° RASSEGNA INTERNAZIONALE DELL’INCISIONE DI PICCOLO FORMATO. Centro culturale Santa Maria della Pietà