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Firenze e l’Astrologia Lo cielo i vostri movimenti inizia;/ non dico tutti, ma posto ch’io ‘l dica,/ lume v’è dato a bene e a malizia,/e libero voler; che, se fatica/ nelle prime battaglie col ciel dura,/ poi vince tutto, se ben si nutrica." (Purg. C.XVI,73-76) E’ Marco Lombardo, uomo di corte del XIII secolo, che con queste parole risponde a Dante, ponendo l’accento sull’influenza che gli astri hanno sul comportamento di ciascun individuo e quanto partecipa la volontà umana per vincere le cattive inclinazioni. La Dottrina Ermetica vede nell’immensità della volta celeste il linguaggio utilizzato dal Creatore per parlare all’umanità: i corpi stellari e planetari, con i loro influssi, possono produrre armonie o dissonanze che si riflettono sulla terra e su quanto in essa vive. La trasmissione telepatica tra “uomo” e “stella” fu una delle più antiche scoperte dei Magi della Caldea, ma ritroviamo le stesse tematiche in Egitto, in India, nel Tibet e presso gli Esseni del Mar Morto. Questa conoscenza fu antichissima e si trasmise di civiltà in civiltà, grazie a quei pochi individui di alto livello spirituale, che furono in grado di saper custodire e tramandare nei secoli quei metodi astrologici. Un tempo il Sacerdote era anche medico, alchimista, astronomo ed astrologo capace di individuare, leggendo nelle posizioni delle stelle, il momento più propizio per intervenire con la cura adatta sul paziente. Durante il Medioevo l’Astrologia ebbe un forte impulso e, nonostante la Chiesa di Roma combattesse strenuamente chi la professava, vennero riportati alla luce gli insegnamenti del filosofo persiano Albumasar, matematico, astronomo e astrologo, che seppe unire le sue conoscenze con quelle provenienti dalla cultura caldea.

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! ! ! Firenze e l’Astrologia

“Lo cielo i vostri movimenti inizia;/ non dico tutti, ma posto ch’io ‘l dica,/lume v’è dato a bene e a malizia,/e libero voler; che, se fatica/ nelle prime battaglie col ciel dura,/ poi vince tutto, se ben si nutrica." (Purg. C.XVI,73-76)

E’ Marco Lombardo, uomo di corte del XIII secolo, che con queste parole risponde a Dante, ponendo l’accento sull’influenza che gli astri hanno sul comportamento di ciascun individuo e quanto partecipa la volontà umana per vincere le cattive inclinazioni.La Dottrina Ermetica vede nell’immensità della volta celeste il linguaggio utilizzato dal Creatore per parlare all’umanità: i corpi stellari e planetari, con i loro influssi, possono produrre armonie o dissonanze che si riflettono sulla terra e su quanto in essa vive. La trasmissione telepatica tra “uomo” e “stella” fu una delle più antiche scoperte dei Magi della Caldea, ma ritroviamo le stesse tematiche in Egitto, in India, nel Tibet e presso gli Esseni del Mar Morto. Questa conoscenza fu antichissima e si trasmise di civiltà in civiltà, grazie a quei pochi individui di

alto livello spirituale, che furono in grado di saper custodire e tramandare nei secoli quei metodi astrologici.Un tempo il Sacerdote era anche medico, alchimista, astronomo ed astrologo capace di individuare, leggendo nelle posizioni delle stelle, il momento più propizio per intervenire con la cura adatta sul paziente.Durante il Medioevo l’Astrologia ebbe un forte impulso e, nonostante la Chiesa di Roma combattesse strenuamente chi la professava, vennero riportati alla luce gli insegnamenti del filosofo persiano Albumasar, matematico, astronomo e astrologo, che seppe unire le sue conoscenze con quelle provenienti dalla cultura caldea.

Gli antichi testi astrologici, già in epoca carolingia, vennero riscoperti, ricopiati, miniati e conservati nelle biblioteche dei più grandi monasteri europei. Fu tra l’XII e il XIII secolo che si ebbe la maggiore diffusione dei simboli zodiacali all’interno delle chiese e delle cattedrali; pavimenti, absidi, portali e facciate vennero decorati con immagini che rappresentavano i Segni dello Zodiaco. Quelle raffigurazioni furono spesso associate ai Mesi ed alle Stagioni oppure a figure mitologiche, proponendo un processo di fusione allegorica tra mitologia e teologia.Un esempio lo offre Ambrogio Lorenzetti per i suoi affreschi nel Palazzo Pubblico di Siena; egli rappresentò Venere come simbolo della Primavera, Cerere come quello dell’Estate, Bacco come l’Autunno e Saturno come l’Inverno. Divinità del così detto mondo “pagano” si andavano a fondere con il mondo cristiano per dar vita ad un insieme di simboli che doveva parlare, in forma velata, a quelle coscienze pronte per recepire un simile messaggio.Lo storico Jean Seznec afferma che un tempo l’Astrologia, era talmente fusa con la scienza, “da assoggettare di fatto non solo l’astronomia, ma tutte le

scienze naturali, dalla mineralogia alla botanica e alla zoologia, dalla fisiologia e alla medicina”.Nel XIII secolo il corpo umano diventò una “mappa astrologica” ed ogni sua parte venne messa in relazione con il Segno zodiacale che le corrispondeva. In quegli anni fu riscoperta l’Astrologia Medica di Ippocrate, che non fu solo un grande medico, ma anche scrittore ed astrologo. Fu lui che individuò nel “sangue, nella flemma, nella bile gialla e bile nera”, i quattro umori che governano il corpo umano e che determinano il carattere dell’individuo e le possibili predisposizioni alle malattie.L’Astrologia Medica doveva tener

conto del tema natale dell’individuo, del suo temperamento ed evitare di operare se vi erano delle posizioni planetarie sfavorevoli. Per quanto riguardava la cura, il medico-astrologo si avvaleva dell’aiuto della scienza erboristica seguendo precise regole per la preparazione, la modalità di somministrazione e la posologia dei singoli medicamenti.Dante, poeta, teologo ed astrologo, risentì fortemente di questa scienza inserendo nella Divina Commedia un’infinità di riferimenti astrologici e mitologici. Il Sommo Poeta prese come

punto di partenza il pensiero platonico, esponendo l’idea di un universo sferico e di un Cristo-Sole che rappresenta il punto fisso intorno al quale ruota tutto l’Universo. “L’obliquo cerchio che i pianeti porta” di cui parla Dante nella Divina Commedia, è lo Zodiaco stesso, la fascia o zona celeste sulla quale orbitano i pianeti. Questo cerchio, centrato dal punto, diventa l’Uroboros dei Greci, il serpente che nel rincorrersi si morde la coda, simbolo del divenire cosmico ed emblema della ruota dell’esistenza che tiene le coscienze addormentate e dalla quale è importante uscire.Firenze, tra l’XI ed il XVII secolo risentì fortemente di questa antica tematica e durante quegli anni si arricchì, nei palazzi e nelle chiese, di

riferimenti astrologici e mitologici. Un esempio particolarmente interessante lo cogliamo nella Basilica di San Miniato al Monte, edificata tra l’XI ed il XII secolo; la sua pavimentazione, insieme a quella del Battistero, è la più chiara rappresentazione di questa conoscenza che stava entrando nel mondo della cultura fiorentina.Una raffinata guida intarsiata di marmi conduce dal portale d’entrata all’altare; al centro di questa vi è un ampio quadrato ed al suo interno vi è inscritto un cerchio che riproduce i dodici Segni zodiacali. Quello

Zodiaco così finemente riprodotto come fosse un prezioso merletto, rispecchia perfettamente l’idea astrologica che si era voluto raffigurare. Il quadrato rappresenta simbolicamente la terra, mentre quel cerchio è l’immagine della volta celeste che si riflette in essa, riconfermando l’antico concetto di corrispondenza tra il mondo planetario e quello terrestre.Lo stesso pensiero è ben reso anche dalle formelle che decorano il Campanile di Giotto: nei rilievi quadrangolari eseguiti da

Andrea Pisano, nel 1334, appare una chiara relazione tra Pianeti, Virtù ed Arti Liberali, mentre in quelli esagonali venne raffigurata un’umanità impegnata in attività lavorative con immagini che immortalano i maggiori rappresentanti delle arti e delle scienze. Il medesimo tema venne ripreso da Andrea Bonaiuti per gli affreschi presenti in Santa Maria Novella, sulla parete che immortala il Trionfo di San Tommaso. In questo caso le cuspidi triangolari dei seggi che ospitano le sette Arti

liberali, riportano al centro la raffigurazione del pianeta corrispondente.Con il passaggio dal Medioevo al Rinascimento qualcosa cambia anche nel campo della scienza astrologica: l’Astrologo da medico e “dottore in tutte le Arti”, passa al ruolo di insegnante universitario e di consigliere privato alla corte del proprio principe. Così accadde per Marsilio Ficino, alla corte di Cosimo de’ Medici il Vecchio.Il Ficino abbracciò in pieno le tematiche espresse dal Corpus Hermeticum, l’antico manoscritto di Dottrina Er met i ca che i l monaco Leonardo da Pistoia portò a Firenze nel 1460. L’assioma “come in alto, così in basso”, così ben esposto da Ermete Trismegisto nel suo Trattato, riproponeva ancora una volta la stretta relazione che esiste tra macrocosmo e microcosmo, tra l’Alto e il basso, tra il Divino e l’umano.

Quelle stesse argomentazioni furono esposte dal Ficino nel “De Vita”, tre libri che furono composti in tempi diversi, ma stampati insieme nel 1489 e dedicati a Lorenzo il Magnifico. Le prime due opere mettevano in luce il principio su cui si basava la medicina medievale e cioè che i pianeti presiedono non solo ai temperamenti umani, ma anche a minerali, piante e animali e che, in base alla dominante planetaria di ciascun elemento, si poteva intervenire sul soggetto con metodi di cura adeguati. Nel terzo libro, “Come attingere la vita dal cielo”, il Ficino affiancò alle prescrizioni mediche, oggetti materiali o talismani a forma di stella, capaci di mettere in contatto l’uomo con un universo fatto di corrispondenze armoniche: i

talismani, sollecitando gli influssi planetari, operavano guarigioni ed effetti straordinari. La Magia e l’Astrologia, strenuamente combattute dalla Chiesa Romana di quegli anni, ottennero una nuova dignità. La “magia”, esposta dall’insigne filosofo, consisteva nel sapiente uso e dominio di “forze” che sono nel cosmo e che, se sapute sapientemente dirigere ed organizzare, potevano facilitare la “via al Paradiso”. Magia, dal greco “magheia” è la Scienza e arte dei Magi e per Mago s’intendeva il Sacerdote, vero depositario di tale conoscenza. Marsilio Ficino, ricordato come il “maggior huomo che abbia avuto

Fiorenza” fu anche il più grande traduttore ed interprete della dottrina platonica, e f o n d a t o re d e l l ’ o m o n i m a Accademia nella Villa Medicea di Careggi: qualifiche che testimoniano quanto la sua cultura spaziasse su tutti i campi. Tra le numerose Lettere da lui s c r i t t e, l ’ “Ep i s to la de l l a prosperità fatale quale dalle stelle riceviamo”, indirizzata a

Lorenzo il Magnifico, riconferma le sue profonde conoscenze in campo astrologico; in questa lettera il Filosofo affronta il tema dello stretto legame esistente tra le virtù morali e l’influsso dei pianeti quando si dispongono favorevolmente. Che i Medici tenessero in grande considerazione la scienza astrologica, lo conferma l’affresco eseguito sul soffitto a volta che sovrasta l’altare della Sagrestia Vecchia di San Lorenzo. La cupolina absidale della Cappella, dedicata a San Giovanni Evangelista, riproduce la posizione esatta che i pianeti avevano in cielo il giorno 4 luglio del 1442. Questa data così precisa, apre ancor oggi interrogativi su quale evento straordinario si sia voluto immortalare. Un’ipotesi mette in luce la possibilità che si sia voluto evidenziare la nascita di Piero de’ Medici, primogenito di Cosimo il Vecchio, ed un’altra quella dell’arrivo a Firenze di Renato d’Angiò, re di Napoli e titolare di Gerusalemme, ma entrambe non sembrano giustificare l’importanza di quel giorno.

L’affresco, eseguito da Giuliano d’Arrigo detto il Pesello, pittore fiorentino che ben seppe interpretare gli interessi culturali dell’epoca, fu realizzato con una preziosa tecnica innovativa che utilizzò elementi astrologici dorati a foglia, su fondo di azzurrite. Paolo dal Pozzo Toscanelli, medico, matematico, cartografo ed astrologo fiorentino e ospite assiduo alla corte medicea, fu l’ideatore di questa singolare mappa del cielo ricordata come primo Oroscopo dipinto. Sembra che B r u n e l l e s c h i s tesso avesse provveduto a

costruire per Toscanelli un grande strumento astronomico, posto nella cupola di Santa Maria del Fiore, dal quale lo scienziato poteva osservare il cielo e cogliere quella particolare posizione dei pianeti e delle stelle.

L’opera del Pesello mette in evidenza l’eclittica, con il Sole posto tra i Gemelli ed il Cancro e le costellazioni zodiacali della porzione di emisfero settentrionale; la stessa identica raffigurazione la ritroviamo nella cupola absidale della Cappella dei Pazzi in Santa Croce, riconfermando la straordinarietà di quella data.Anche Leon Battista Alberti si interessò agli studi astrologici e si deve a lui il completamento della facciata di Santa Maria Novella progettata intorno al 1458, esempio di fusione tra la cultura ermetica latina e greca. La raffigurazione del Sole, presente sul timpano della facciata, e dei tre ordini di fiori realizzati a mosaico, riportano alla tradizione di Albumasar. A quanto pare l ’Alberti tenne in molta considerazione la teoria dell’astrologo arabo che vedeva la possibilità di

rappresentare le stelle come “fiori”; quelle immagini floreali possono trovare relazione con le tre Età indicate da Gioacchino da Fiore: “Tempus legis”,“Tempus gratie”,“Tempus amplioris gratie”.Cosimo il Vecchio, da saggio mecenate che era, accolse i più grandi artisti e letterati alla sua corte, iniziando così una tradizione medicea che tenne sempre in grande considerazione la scienza

astrologica; dopo di lui anche Lorenzo il Magnifico si contornò di personaggi della cultura e dell’arte depositari di quella stessa conoscenza. Lorenzo nacque il primo gennaio del 1449, sotto il segno del Capricorno e da allora la famiglia de’ Medici prese questa costellazione come identificazione di regalità e potere. Perfino il suo elmo, indossato per partecipare alla giostra del 1469, doveva ricordare il tema natale di quel giorno: sulla parte anteriore fu riprodotto Marte, il pianeta dominatore dell’ascendente Scorpione, mentre sul retro fece porre la testa del Capricorno, simbolo di pensiero profondo ed antica Sapienza.

Alla corte medicea, della prima metà del Cinquecento, apparve un altro famoso astrologo, Luca Gaurico. Le sue profezie furono così veritiere che Caterina de’ Medici lo volle presso la sua corte come “consulente astrologo”, commentatore di mappe stellari ed autore di pronostici sulle vicende politiche e militari. Leone X, figlio di Lorenzo de’ Medici, eletto nel 1513 al soglio pontificio, coltivò una cultura astrologica profonda; il suo consigliere astrologo di fiducia fu Agostino Nifo. Nel 1520, Leone X commissionò la decorazione della Sala dei Pontefici, in Vaticano, affidandone la realizzazione alla scuola di Raffaello; sul soffitto, suddiviso in scomparti, trovarono collocazione le dodici

Costellazioni zodiacali e personaggi mitologici degni di grande regalità. Famosi anche gli arazzi da lui ordinati al fiammingo Tommaso Vincidor; in una di quelle tessiture fu raffigurato il Segno del Leone, con chiaro riferimento al suo nome, ed accanto l’aquila e la fenice, simbolo di sapienza e di rinascita.Oltre a Leone X, anche altri papi come Giulio II e Gregorio XIII, dimostrarono

grande interesse per l’Astrologia. Di Giulio II, predecessore di Leone X, ad esempio, si ricorda che la sua incoronazione fu più volte rimandata perché, secondo gli astrologi di corte, non era il momento propizio. La tradizione astrologica alla corte medicea riprese nel 1537 con Cosimo I ed il Vasari. Cosimo, uomo di notevole cultura, provava grandi interessi per gli studi alchemici e l’Astrologia. Egli utilizzò il segno dell’ascendente Capricorno come simbolo ricorrente nelle decorazioni di soffitti e pavimenti di alcune sale di Palazzo Vecchio, dove risiedeva insieme ad Eleonora di Toledo. Una simbolica testa di Capricorno fu inserita nella parte absidale della Grotticina Madama nel Giardino di Boboli; inoltre dette il compito di coniare su alcune medaglie

questo stesso simbolo zodiacale, circondato dalle stelle dell’omonima costellazione. Paolo Giovio, nel suo “Dialogo delle imprese militari et amorose” dedicato al Granduca, trascrisse il motto “Fidem fati virtute sequemur”, indicando l’intenzione di Cosimo I a conseguire ciò che le stelle gli promettevano. Andando a visitare le sale di Palazzo Vecchio ci accorgiamo che quello stesso tema fu molto seguito: nella Sala degli

Elementi vi è un grande affresco che raffigura il dio planetario Saturno, contornato da figure elargitrici di primizie, e ai suoi piedi un Capricorno con la sfera medicea tra le zampe; lo stesso simbolo fu riprodotto nelle Sale dedicate a Clemente VII e a Leone X. Un ciclo zodiacale completo si ritrova nella Sala di Opi: attorno alla dea dell’Abbondanza, moglie di Saturno, appaiono le immagini delle Stagioni e dei Mesi con i rispettivi Segni zodiacali, riproponendo l’antico concetto di quelle corrispondenze.Quando nel 1564 il Granduca abdicò in favore del figlio Francesco I, i richiami all’Astrologia ed all’Alchimia, all’interno della corte medicea,

risultarono ancora più numerosi. La raffinata cultura di Francesco I si rispecchia ancor oggi nello Studiolo, una piccola camera dal soffitto a volta completamente affrescato, tappezzata da pannelli e raffigurazioni legate al mondo della mineralogia e dell’Alchimia. Quella stanza, allestita da Vincenzo Borghini, senza finestre e con due porte segrete che comunicavano con il Tesoretto e con l’esterno del Palazzo, divenne per il giovane Granduca il luogo segreto dove ritirarsi per studiare i misteri della Natura.L’intero ambiente, completato da statuette bronzee raffiguranti divinità mitologiche, è un richiamo

continuo alla Natura ed all’Arte: in quel piccolo studio, microcosmo e macrocosmo si fondono in una perfetta corrispondenza, producendo in chi vi si introduce curiosità e meraviglia.Grandi meriti vanno riconosciuti a questi personaggi della storia che, nonostante le enormi difficoltà incontrate per portare avanti una tale conoscenza, sono riusciti a lasciare dei segni tangibili della loro ampia cultura.Purtroppo alla concezione di “magia” medievale e rinascimentale di un universo vivo e pulsante fatto di infinite e continue corrispondenze, si è sempre contrapposto lo spauracchio delle superstizioni popolari che vedevano ovunque stregonerie e malie e, ancora più terribile, quello dell’Inquisizione. Un primo tribunale fu fondato nel 1184 dalla Chiesa

cattolica per combattere teorie e movimenti spirituali considerati eretici; uno ancora più temibile fu indetto nel 1545 con il Concilio di Trento. Un secolo più tardi, passerà sotto quel terribile vaglio anche Galileo Galilei, astronomo ed astrologo alla corte di Cosimo II de’ Medici. La sua colpa fu di aver voluto

contrapporre alla teoria aristotelico-tolemaica sul moto dei corpi celesti, le concezioni astronomiche ispirate al sistema dottrinale copernicano. Quest’atto fu visto come un affronto alle Sacre Scritture e, se non fosse intervenuto Cosimo II in suo aiuto, la sua fine sarebbe stata seriamente segnata."Se segui la tua stella,/ non puoi fallire a glorioso porto”, scrive Dante nel Canto XV dell’Inferno, ed in questa frase mette in

evidenza la direzione giusta da tenere. Seguire la propria stella vuol dire farsi come quei “Magi”, portatori di Sapienza, che non persero mai di vista la stella luminosa che apparve loro in cielo ed arrivarono alla meta desiderata. La volta celeste, che fin dalla più remota antichità esercitò grande fascino sugli osservatori delle stelle, se saggiamente interpretata, può diventare il libro Divino nel quale leggere le più sottili armonie e corrispondenze.

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