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FELICIA BARTOLOTTA IMPASTATO

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Page 1: FELICIA BARTOLOTTA IMPASTATO. Cinisi. Cittadina storicamente mafiosa. Un marito potente tra i capi cinisensi di cosa nostra e nel ruolo di padrone e di

FELICIA BARTOLOTTA IMPASTATO

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Cinisi. Cittadina storicamente mafiosa. Un marito potente tra i capi cinisensi di “cosa nostra” e nel ruolo di padrone e di “pater familias” in casa, nel rispetto dei connotati tipici dell'uomo nella cultura siciliana, maschilista e mafiosa. Un figlio che si opponeva in maniera spregiudicata alla mentalità che lo stesso padre voleva imporgli e all'intero contesto mafioso in cui era nato e cresciuto. E' questo l’ambiente familiare e sociale che Felicia fu costretta a sopportare, una sorta di conflitto interiore nello scegliere tra l'appoggio al figlio o al marito.

E Felicia scelse quel “mondo nuovo”, fatto di ribellione, giustizia e lealtà, che il figlio le aveva fatto scoprire. Una scelta non tanto presa nel rispetto del suo ruolo di madre, ma soprattutto come donna, consapevole della via che stesse intraprendendo. Una scelta che, contestualizzata in un ambiente ostile ad una mentalità rivoluzionaria, un ambiente tradizionalista, legato a degli antichi principi di mafiosità e di potere dei più forti, in una Sicilia in cui la criminalità e la mafia erano fortemente radicati, risulta coraggiosa, rivoluzionaria e forte. E' questa la Felicia che bisogna ricordare, non solo come “madre di Peppino Impastato”, ma soprattutto come donna di coraggio che ha voluto essere esempio per tutte le donne che come lei vivevano in un contesto e in una famiglia fortemente mafiosi e che a questi rimanevano succubi.

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La lotta che intraprese Felicia può sembrare tacita, silenziosa, ma invece sprigiona proprio da questo silenzio la sua più grande voce. E la sua forza e la sua determinazione si fecero sempre più grandi dopo la morte di Peppino, una morte crudele e spietata, da cui Felicia trasse la rabbia necessaria per opporsi a quell’ingiustizia che le aveva sottratto sin troppo nel corso della sua vita: un figlio, un marito, una famiglia, e soprattutto la serenità e la gioia. E questa rabbia, mista a dolore e a voglia di riscatto e giustizia, si esplicano in maniera emblematica in molte sue scelte: l'accusa diretta e fredda contro chi si era fatto fautore dell'omicidio di suo figlio e la cui colpevolezza era stata per lungo tempo nascosta e depistata; il vestire di nero a simbolo di un lutto perenne e insanabile che la affliggeva e che urlava riscatto, desiderio che la mantenne in vita proprio sin quando giustizia fu fatta e da cui trasse la forza per superare ogni dolore e debolezza. E' questa la Felicia da emulare e da ricordare: una donna minuta ma che in sé possedeva una grande vitalità e determinazione. Ma fu la sua lezione di vita ascoltata e capita da chi realmente deve trarne esempio, dalla gente di Cinisi, cittadina in cui la mafia ha sempre comandato e continua a comandare?

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Felicia era sola quando decise di non indossare il manto nero del silenzio, quando con discrete parole allontanò la mafia potente dalla sua casa. Era diversa, non era “fedele” al marito; lo tradiva per la giustizia, per la voglia di onestà. In una lotta tra due estremi chi si trova al centro è dilaniato in una trazione insostenibile, in tensione sul filo del legame con entrambe le estremità. Felicia si trova tra due fuochi, nell’impossibilità di rompere i rapporti con il marito irremovibile nella sua cultura mafiosa ma allo stesso tempo messa in difficoltà dalle provocazioni spregiudicate del figlio. Felicia è colei che in tale conflitto osserva dall’esterno ed è capace di anticiparne le conclusioni, fare il bilancio di possibili danni, e vive sopra le sue gracili spalle, senza colpa, l’oppressione di un conflitto tra giustizia ed affetto, tra legami culturali, imposizioni sociali e libertà. E da esterna tuttavia si arde nel profondo osservando il crollo della propria famiglia, fondata su un equilibrio fittizio, i valori mafiosi che il marito incarnava; una distruzione che nasce dal nucleo familiare e che Peppino avrebbe voluto estendere alla società tutta, per costruire dalle sue ceneri una società reale, che rinnegasse l’ingiustizia ed esaltasse la libertà umana e l’uguaglianza. Felicia credeva nella speranza di cambiare, perché lei seppe cambiare; ebbe il coraggio di dire che quel subdolo sistema in casa sua non ci doveva entrare. E nonostante la pressante difficoltà di una condizione tale, la morte le illumina la consapevolezza della necessità di distruggere per costruire; non eroica, ma coraggiosa e umana, senza rinnegare i propri timori e i propri sentimenti.

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Se la perdita di una persona cara genera un vuoto incolmabile, la scomparsa di un figlio

annienta la vita di un genitore. L'assassinio di Peppino fiacca la voglia di vivere di Felicia,

alimentando in lei il desiderio di giustizia. Nel mondo mafioso, dove spadroneggiano onore

ed omertà, la morte di Peppino poteva inaugurare una lunga scia di sangue e delitti:

Felicia aveva solo da scegliere il miglior sicario, dal momento che gli Impastato erano

una famiglia di “rispetto”. Nonostante ciò, Felicia, chiusa nel suo dolore di madre, non vuole iniziare l'ennesima faida. Il perchè di questa scelta è strettamente correlato non

solo al suo essere madre, che la conduce a sradicare dal suo cuore il disio di vendetta,

“legittimo” nel contesto mafioso, ma anche ad una voglia di contrapposizione consapevole al

mondo d'illegalità in cui viveva. E' tradizione che i cosiddetti “uomini d'onore” tendano alla

vendetta: “sangu chiama sangu”, è la legge sanguinaria che vige nell'ambito mafioso. Per

Felicia il dolore non si cancella arrecando altro dolore ad altre madri; così non resta che

percorrere la via della giustizia, un iter lungo, ma quanto mai onesto. Reclamare che i carnefici di Peppino fossero perseguiti e

condannati dalla legge è una scelta coraggiosa, come lo è del resto l'accusa a viso

aperto al capo-mandamento Gaetano Badalamenti,verso il cui volto impresso nello

schermo puntò il suo esile dito...

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Immagino che l'aria fosse silenziosa, e gravasse disperataIl silenzio... è pregno di mille significati oppostie tutto, tutto giaceva sospeso al cospetto della nobile giustizia

Avresti potuto tacere, e dissolverti nel dolore, e nel rimorsoannegarti, in ginocchio, al ritratto cupo della tua presunta impotenzaIl macigno del silenzio si sarebbe schiantato su chiunquechiunque avesse di lui un brandello di ricordo

Ma amor di madre non sa essere imprecisoamor di madre non si piega al compromesso

Avresti potuto vagare, fantasma senza forma e senza voltorifugiarti nell'amara fede del rimorsoin un nuovo manto di silenzio

Ma il silenzio pesa e il tuo corpo è gracilee il dolore si rigenera ogni istantecome da sempiterna fontecon la sua divina rabbia da azione

E il tremore è intollerabile e il dubbio cresce in fretta, come astro di fuocoonore od amore... onore d'amareun figlio morto, conflagrato nel buio della notte indifferenteQuel buio che consacrò la tua morteMa nel sacro non hai mai creduto

Quali sguardi pesanti? Quale codarda minaccia?No, Felicia, il sistema su di noi non ha potereSu ciò che siamosul nostro dolorela paura è nullal'oppressione, fredda, è ben fiacca

In quel dito esile, nella voce stentorea, nello sguardo fissosi schiude assonnata la luce, trafelata ed esaustacon te si solleva la verità, la giustiziaesile raggio di sole sull'immensità della brulla selva

Nessuno spirito oscuro si aggira per i terreni solcati dalla lottae se cammino per quei sentieri ritrovo le tue parolele tue orme, ben visibili e sicureRitrovo i tuoi gesti e il dito, lume della sicurezzatra le fronde oscure dell'ignoto imposto

Siamo piccoli Felicia, per poteralmeno una volta considerare immensi i nostri gesti.

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Il 7 Dicembre 2004 si spegneva una delle figure più importanti nella lotta alla mafia: Felicia Bartolotta, madre di Peppino Impastato assassinato dalla mafia. Molti organi di stampa hanno taciuto la notizia, del resto era una notizia superficiale, sorpassata da qualche più importante fiction televisiva, così come nel 1978 l’omicidio di Peppino, che moriva nello stesso giorno di Moro. Due morti contemporanee sono troppo difficili da ricordare e come sempre il silenzio di uno stato estremamente colluso con il sistema mafioso è l’unica risposta che ci perviene. L'Italia ha subito una grande perdita. Mi chiedo davvero quali possano essere i veri eroi, i mitici eroi che meritano l’attenzione e gli onori. Questa battaglia Felicia l’ha persa perché ha combattuto un nemico invisibile: l’indifferenza. Poco importa se è morta quella esile donnina che ha dato tanto nella sua vita, lei la mafia la conosceva bene e dopo la morte di Peppino non si è chiusa nello stereotipo della “mater dolorosa” siciliana ma ha lottato contro la mafia, contro chi affonda nell’incoerenza ed è disposto a vendere persino la sua dignità per accaparrarsi vane sicurezze; una donna che fino all'ultimo giorno della sua vita ci ha dimostrato che “la vera misura dell'amore è amare senza misura”, che ha saputo trasformare il suo straziante dolore per l'assassinio del figlio nella linfa vitale di un impegno instancabile in difesa della giustizia e della legalità. Simbolo della migliore delle Sicilie, una Sicilia resistente che sta a testa alta e resiste al menefreghismo dello stato. Ai funerali di Peppino c’erano molte finestre chiuse lungo la strada del corteo... chissà, forse per paura, omertà o indifferenza qualcuno disse che se quelle finestre fossero rimaste chiuse la tua lotta sarebbe stata vana … oggi le finestre sono ancora chiuse ma tu e Peppino più di chiunque altro ci avete insegnato una cosa: una vita vissuta per i propri ideali è una vita piena e degna e se questa vita è l’inferno a cui siamo condannati a vivere, i nostri ideali saranno la terra dove fioriranno i nostri paradisi.

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Il coraggio non è la mancanza di paura, piuttosto la consapevolezza che qualcosa sia più importante

della paura stessa

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Opera pittorica olio su tela (150x50)dedicata dal pittore

antimafiaGaetano Porcasi

a Felicia

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SCRITTO E PRODOTTO DA:

Salvatore BacarellaGiovanni Cusumano

Federica GenovaMaria Stella Nobile

Roberta RoccaVeronica Salvia

Giuseppe Scardino

IV A Liceo Scientifico Santi Savarino Partinico (PA)