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Poste Italiane SpA - Spedizione in abbonamento postale - D. L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n. 46) art. 1, comma 1, CB PISA anno 26 • numero 2 • maggio 2013 trimestrale NATURALMENTE Fatti e trame delle Scienze ETS Le teorie implicite e l’ordine del mondo Stefania Consigliere L’immagine della fisica Stefania Consigliere Alice Hallgarten Franchetti Luciano Luciani La candela Elio Fabri Gazebo Le mangrovie, gli anfibi vegetali Fabrizia Gianni I fossili, la chiave del presente per conoscere il passato Simone Farina Charles Darwin, il razzista? Brunella Danesi Oli essenziali ed aromaterapia: un approccio scientifico Gianluca Gilardoni Tre arazzi pisani delle Cacce per la Villa medicea di Poggio a Caiano Matilde Stefanini Il Verziere di Melusina Laura Sbrana Recensioni Il Tornalibro Tiziano Gorini Le buone notizie: LDT - Valdera Vincenzo Terreni NATURALMENTE scienza

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anno 26 • numero 2 • maggio 2013 trimestrale

NATURALMENTEFatti e trame delle Scienze

ETS

Le teorie implicite e l’ordine del mondoStefania Consigliere

L’immagine della fisicaStefania Consigliere

Alice Hallgarten FranchettiLuciano Luciani

La candelaElio Fabri

Gazebo Le mangrovie, gli anfibi vegetaliFabrizia Gianni

I fossili, la chiave del presente perconoscere il passato

Simone Farina

Charles Darwin, il razzista?Brunella DanesiOli essenziali ed aromaterapia: un approccioscientificoGianluca GilardoniTre arazzi pisani delle Cacce per la Villamedicea di Poggio a CaianoMatilde StefaniniIl Verziere di MelusinaLaura SbranaRecensioniIl TornalibroTiziano Gorini

Le buone notizie: LDT - ValderaVincenzo Terreni

NATURALMENTEscienza

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Hanno collaborato a questo numero

1. Le teorie implicite e l’ordine del mondo Lacostruzione di un umano (sesta parte)Stefania Consigliere11. L’immagine della fisica Una risposta a Elio FabriStefania Consigliere14. Alice Hallgarten Franchetti La piccola Signoradelle grandi causeLuciano Luciani21. La candelaElio Fabri26. Gazebo Le mangrovie, gli anfibi del regnovegetaleFabrizia Gianni31. I fossili, la chiave del presente per conoscere ilpassato La storia recente del Monte PisanoSimone Farina Museo Scienze Naturali e del Territorio diCalci, Università di Pisa35. Charles Darwin, il razzista? Note a margine delsaggio La sacra causa di Darwin, lotta alla schiavitù e difesadell’evoluzioneBrunella Danesi42. Oli essenziali ed aromaterapia: un approccioscientificoGianluca Gilardoni Dipartimento di Chimica Organica,Università di Pavia48. Arte e scienza Tre arazzi pisani delle Cacce per laVilla medicea di Poggio a Caiano (prima parte)Matilde Stefanini54. Il Verziere di Melusina La panséLaura Sbrana56. RecensioniBrunella Danesi, Maria Turchetto61. Il Tornalibro Parole, contro l’effimeroTiziano Gorini63. Le buone notizie: LDT - ValderaVincenzo Terreni

Degli articoli firmati sono responsabili gli Autori

Fonti delle illustrazioniMatilde Stefanini, archivio della rivista L’INDICE

Spedizione: Poste Italiane SpA - Spedizione in abbona-mento postale - D. L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n.46) art. 1, comma 1, CB PISAIscrizione al ROC numero 16383Direttore responsabile: Luciano LucianiSegretario di redazione: Enrico Pappalettere([email protected]) 3487934426Redazione: Sandra Bocelli, Francesca Civile, Brunella Da-nesi, Fabio Fantini, Fabrizia Gianni, Vincenzo TerreniImpaginazione: Vincenzo Terreni([email protected])Edizione e stampa: ETS Piazza Carrara, 16-19 PISA - tel.050 29544 - fax 050 20158Proprietà: ANISN - Pisa c/o Museo di Storia naturale e delTerritorio, Via Roma, 79 - 56011 Calci (Pi)Abbonamenti:Conto Corrente Postale n. 14721567Banca Intesa - San PaoloIBAN: IT 95 T 0306914020013958150114Cassa Risparmio di Lucca, Pisa e LivornoIBAN: IT 96 A 0620014011000000359148Ordinario 20,00 euro; ordinario e CD tutto Naturalmente30,00 euro; ordinario e tutto Naturalmente pdf 25,00 euro;sostenitore 35,00 euro; Scuole, Associazioni, Musei, Entiecc. 27,00 euro; biennale 36,00 euro; estero 40,00 euro;singolo numero 8,00 euro; numeri arretrati 12,00 euro;copie saggio su richiesta.Registrato il 25/02/1989 presso il Tribunale di Pisa al n. 6/89Informazioni: www.naturalmentescienza.it050/571060-7213020; fax: 06/233238204

Un ringraziamento particolare alle case editriciZANICHELLI e BOVOLENTAper l’aiuto alla realizzazione di questo numero

CollaboratoriMaria Arcà Centro studi Ac. Nucleici CNR RomaMaria Bellucci doc. St. Fil. PratoClaudia Binelli doc. Sc. Nat. TorinoMarcello Buiatti doc.Genetica Università di FirenzeLuciana Bussotti doc. Sc. Nat. LivornoStefania Consigliere dip. Antropologia Università di GenovaLuciano Cozzi doc. Sc. Nat. MilanoTomaso Di Fraia dip. Archeologia Università di PisaElio Fabri doc. Astronomia Università di PisaTiziano Gorini doc. Lettere LivornoAlessandra Magistrelli doc. Sc. Nat. RomaPiegiacomo Pagano ENEA BolognaMarco Piccolino doc. Fisiologia e Storia della ScienzaUniversità di FerraraGiorgio Porrotto cultore di politica scolastica RomaLaura Sbrana doc. Lettere PisaMarco Tongiorgi doc. Stratigrafia Università di PisaMaria Turchetto Dipartimento Filosofia e Beni culturaliUniversità Ca’ Foscari di Venezia

NATURALMENTE anno 26 • numero 2 • maggio 2013 trimestrale

NATURALMENTEscienza

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Le teorie implicite e l’ordine del mondoLa costruzione di un umano (sesta parte)

STEFANIA CONSIGLIERE

Messa in formaNella scorsa puntata abbiamo visto alcune delle pistesecondo cui la biologia umana, estremamente aperta epotenziale (v. puntate n. 2 e 3), si sviluppa durantel’ontogenesi e come, al di fuori del contesto umano(ovvero, al di fuori della particolare cultura che ciaccoglie), non esista alcun uomo di natura “naturale”pronto a diventare adulto secondo linee predetermina-te. Privi di un ambiente affettivo, cognitivo e materialesicuro i neonati umani semplicemente non crescono:entrano in uno stato di inibizione e depressione gene-rale che rallenta l’accrescimento fisiologico fino adarrivare al cosiddetto “nanismo da deprivazione affet-tiva” e, nei casi più drastici, alla morte.Per crescere, e quindi per accedere all’età adulta, gliindividui umani hanno bisogno di essere accolti da uncontesto umano che operi su di essi una precoce eprofonda operazione di contenimento e di messa informa. Tale plasmazione riguarda l’intero dell’indivi-duo: dall’espressione genica alla posizione di comodità,dal funzionamento fisiologico ai modi del sonno, dal-l’anatomia al metabolismo. La cultura non è dunquequalcosa che si aggiunga come un vestito sopra unanatura soggiacente e immutabile: essa andrebbe piutto-sto pensata, nella nostra specie, come uno sfondo-formella, una condizione di possibilità che al contem-po permette e direziona tutte le fasi della traiettoriaontogenetica.Tutti i collettivi umani si trovano dunque di fronte a unmedesimo compito: quello di garantire ai propri mem-bri una certa presenza al mondo attraverso la presa incarico, per via culturale, di ciò che la nostra biologialascia aperto, indeterminato. E proprio per questo, pervia di questa apertura del biologico, i contesti umanisono estremamente variabili. A seconda del periodostorico, dell’ambiente circostante, delle tradizioni, del-la geografia, del clima, del tipo di conoscenze disponi-bili, dei percorsi biografici previsti, delle relazioni conaltri contesti, ciascun collettivo umano mette in formai propri membri in modo da garantire loro una certacongruenza col mondo nel quale sono chiamati avivere e a operare. E dacché nessun contesto è ugualea un altro, i percorsi, i modi, le soluzioni, le pistesaranno, di volta in volta, diversissimi, così comediversi e specifici saranno gli individui così prodotti.Possiamo immaginarci questo processo – e anzi, que-sta miriade di processi – come un’intensificazione e unprolungamento, a livello culturale, della molteplicità

degli ambienti descritti da Von Uexküll per il mondoanimale (Von Uexküll, Kriszat 1934; v. puntata n. 2).Così come, fra i viventi, l’ambiente non è uno spazioastratto, “newtoniano”, identico per tutte le specie eoggettivamente descrivibile da un osservatore neutro,ma un insieme di vincoli e di possibilità che emergeinsieme alla configurazione biologica della specie chelo abita, così anche i soggetti umani plasmati da diffe-renti culture abitano mondi culturalmente differenti,molteplici, ritagliati e lavorati in modi diversi, che nonrimandano a un unico mondo oggettivo e uguale pertutti ma a una miriade di “punti d’osservazione”, dimodi di plasmazione e di cosmo-visioni.Ciascun umano è un umano specifico: compresi noioccidentali, abituati a pensarci come forma-base del-l’umanità e a proiettare sugli altri i nostri modi e ilnostro mondo. Come tutte le altre, anche la nostraforma di umanità è particolare e storica, dipendente daun insieme di circostanze che, lungi dall’essere ovvie,sono il prodotto di un percorso lungo e accidentato.Anche noi, come tutti, abitiamo un mondo che sideclina attorno a noi secondo i paradigmi che la nostracultura specifica.La sottrazione del “mondo unico e oggettivo” e lacontemporanea relativizzazione della nostra culturapotrebbe far temere la caduta in un relativismo assolu-to, in cui tutte le vacche sono nere – così non è.Riprenderemo la questione, con più agio, nell’ultimapuntata. Per il momento basti dire che rinunciare allaVerità Assoluta non significa affatto rinunciare alla, oalle, verità; né alla loro cogenza; e che questa lezione,come già abbiamo visto, ci viene, prima ancora chedall’antropologia, dalla storia della fisica novecentesca.(E per inciso: così come la “scala dell’essere”, con la suagerarchia di viventi ordinati in base alla loro maggioreo minore somiglianza a Homo sapiens, è in corso didismissione nell’ambito della zoologia, così anche lavecchia idea colonialista della “scala evolutiva delleculture”, secondo cui le culture sarebbero tanto piùevolute quanto più simili alla nostra, può tranquilla-mente essere gettata come ferro vecchio.)

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scienze, non sono solo discipline specialistiche, appan-naggio di esperti, ma il modo fondamentale dellaconoscenza occidentale, lo sfondo del nostro apparte-nere a questa cultura. In quanto cittadini della culturaoccidentale siamo tutti tenuti a conoscere almeno unpo’ la scienza e ad aderire al suo modello conoscitivo.Può sembrare banale, ma il semplice fatto che tuttiquanti siamo convinti che la Terra giri attorno al sole,e non viceversa, è evidenza del nostro essere plasmatidalla scienza, e nello specifico dalla fisica.Questo, naturalmente, nulla toglie alle gerarchie e ailivelli di competenza. Per cui se è vero che in quantooccidentale plasmata dalla scienza e contribuente (an-che in senso fiscale) al suo progresso ho un legittimointeresse nella scienza stessa, e sono quindi autorizzataa parlarne, nondimeno, come già detto, la mia compe-tenza specifica resta limitata. Fabri mi rimprovera unuso, diciamo così, approssimativo dei concetti scientifici;e di appoggiarmi ad autori che fanno divulgazione.Tutto vero. La mia conoscenza della fisica deriva daglianni del liceo scientifico, da alcuni esami di filosofiadella scienza e da un certo numero di letture (divulga-tive, ahimè) fatte per passione. Poiché, dunque, ho solole conoscenze di un lettore mediamente colto, non miazzardo a entrare in nessuna delle questioni puntualisollevate da Fabri: non ne avrei i mezzi. Detto altrimen-ti: sul piano di discussione proposto dal prof. Fabri,sono sicura che ha ragione lui e accolgo come precipuealcune delle sue bacchettate (ne farò tesoro...). Entroquali termini, allora, entro quali confini potrò, da non-fisica, parlare di fisica?

L’immagine dellafisicaUna risposta a Elio Fabri

Elio Fabri ha dedicato due puntate della sua rubrica Lacandela (numeri 25/3 e 26/1 di NATURALMENTE) a uncommento del primo articolo della serie La costruzionedi un umano (numero 24/1). Ne esce un’articolata,puntuale e tutto sommato condivisibile stroncatura dellemie affermazioni in merito alla fisica otto-novecente-sca.A questo punto mi trovo in un dilemma. Da un lato misento in dovere di replicare qualcosa, non fosse che persalvare la faccia; dall’altro, temo che una mia rispostapossa aprire un contenzioso sfasato. I contenziosi sfasa-ti sono quelli in cui apparentemente c’è sul tavolo unostesso argomento, ma in realtà gli interlocutori simuovono su piani argomentativi diversi. Semplifican-do molto, direi che il piano del prof. Fabri è quellointerno alla fisica: quello di chi la fisica la pratica, lastudia, la esplora, la chiarifica, la insegna. Il mio pianoargomentativo, invece, è quello esterno: quello di chi lafisica la conosce superficialmente, un po’ per averlastudiata a scuola o in qualche esame universitario, unaltro po’ per averne letto qualcosa, ma senza potervantare alcuna competenza specifica.Le nostre posizioni sono dunque, con ogni evidenza,fortemente dispari: in merito alle questioni interne allafisica la voce del prof. Fabri è, in ogni caso e sotto ogniprofilo, superiore alla mia. E di molto.Ciò detto, si apre però una questione di legittimità: può,chi non è fisico, parlare di fisica?Ammettiamo, giusto per amor di argomentazione, cheno: che chi non è fisico non possa parlare di fisica; chela fisica, insomma, sia una faccenda di esclusivo interessedei fisici. Posizione comprensibile (e, per inciso, a tratticondivisibile: anche a me, spesso, viene voglia di direche di antropologia dovrebbero parlare solo gli antro-pologi...). Ma se così fosse, se la fisica fosse territorioesclusivo dei fisici, non si capirebbe perché mai inse-gnare a scuola la termodinamica o la teoria atomica,anziché la fisica aristotelica o il modello analogicomicro/macrocosmo (oggetti d’interesse di altri grup-pi); o perché, collettivamente, investire soldi nellaricerca fisica.Abbandoniamo dunque la prima ipotesi, palesementeassurda, e teniamoci alla seconda, concedendo cheanche chi non è fisico possa parlare di fisica. A maggiorragione (almeno nella teoria che sto elaborando nellaserie di articoli qui pubblicati) in quanto la fisica, e le

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Alice Hallgarten FranchettiLa piccola Signora delle grandi cause

LUCIANO LUCIANI

Nell’autunno di un secolo faNell’autunno di poco più di un secolo fa, esattamenteil 22 ottobre 1911, nel villaggio di Leysin in Svizzera,una giovane donna concludeva la sua esistenza: unavita breve, la sua, ma ricca di entusiasmi, densa diavventure dell’intelligenza e dello spirito, mossa dalungimiranti esperienze e generose iniziative fondatesu un’idea alta della solidarietà e dell’unione con tutti gliuomini e la natura.Si chiamava Alice Hallgarten Franchetti ed era unadonna ricca e colta. Una privilegiata rispetto a tante,tante altre donne del suo tempo meno fortunate di lei:delle loro condizioni, però, Alice aveva sempre mante-nuta un’acuta consapevolezza, operando, con assenna-tezza e altruismo, per offrire anche a loro almenodignità e speranza.La consumano precocemente a soli 37 anni, febbricoleed emottisi, manifestazioni tipiche delle lesioni tuber-colari, e a poco valgono le cure più moderne e avanzatedel tempo come i ripetuti ricoveri in costose clinicheattrezzate per utilizzare a fini terapeutici il clima d’altamontagna. Le rimane la consolazione di chiudere defi-nitivamente gli occhi immersa nella visione di alcuni trai più splendidi scenari alpini: la valle del Rodano, ilmonte Bianco, i Dents du Midi, Les Diablerets… Lasua ultima lettera datata 16 ottobre 1911 all’amica ecollaboratrice Maria Pasqui Marchetti, ci conferma cheAlice, che aveva sempre apprezzato la bellezza nellegrandi come nelle piccole manifestazioni della natura,negli esseri umani e nelle loro attività, ne fu francesca-namente confortata:

Laudato sii, o Signore, per nostra morte corporale.Prima d’entrare a conoscere la nostra cara sorellaMorte, voglio mandarvi la mia parola di amore, dipace, d’addio. Quanta è stata bella la nostra vita incomune, quante ricchezze dello spirito abbiamopotuto godere assieme. È venuto il momento nelquale dobbiamo separarci: ma, se sentite come mesaprete che per chi veramente ama non c’è separazio-ne, che l’Amore è più forte anche della morte. Perciòsentitemi sempre con Voi, e ciò che di forza di bontànon potete più dare, come tanto avete fatto finora,alla mia persona, impegnatelo ora per l’innalzamentodi Voi stessi, per la devozione allo studio, all’amor delprossimo, al servizio del bene in ogni forma. Ogniatto, ogni pensiero buono sarà un bene per la miaanima, mentre il contrario mi farebbe soffrire.

Questo pensieroVi aiuti!Siate benedetti tutti!Le mie parole d’addio sono:Amore, Pace

Alice Franchetti

Ricca e cosmopolitaAlice Hallgarten era nata a New York nel 1874 da unaricca famiglia ebrea: il padre, J. Adolph, originario diFrancoforte, si era trasferito a New York intorno allametà del secolo conseguendo un cospicuo successofinanziario prima nella veste di mercante all’ingrosso diprodotti farmaceutici, poi come proprietario di unabanca con interessi distribuiti tra gli Sati Uniti e laGermania; ebrea canadese di origine tedesca la madre,Julia Nordheimer (Toronto, 1847 – Roma, 1909). Lasua formazione si realizzò, quindi, in un ambientefamiliare mosso, vivace, cosmopolita, ricco di stimoli epossibilità, ma profondamente segnato dal male delsecolo, la tubercolosi, che prima di Alice porterà allatomba il padre, un fratello minore amatissimo, lamadre. Sarà proprio per usufruire di terapie più adegua-te che la famiglia Hallgarten si trasferirà dalla metropolistatunitense a Francoforte e poi, in seguito ai deludentirisultati di queste cure, a Roma. È anzi probabile che siastata proprio Alice, divenuta nonostante la giovanissi-ma età capofamiglia dopo la prematura scomparsa delpadre, a optare per i benefici del clima mediterraneo ela mitezza dell’aria e delle stagioni romane.

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La candelaPiuttosto che maledire il buioè meglio accendere una candelaLao Tsu

ELIO FABRI

Mentre avevo cominciato a preparare la terza parte diquesta piccola serie dedicata a commentare l’articolo diStefania Consigliere (v. puntata 76, apparsa nel n. 3 del2012, e 78, nel n. 1 del 2013) Terreni mi ha anticipatouna replica intitolata L’immagine della fisica, che usciràinsieme a questa puntata, e nella quale tra l’altro Con-sigliere m’invita a ...spostarsi dal suo campo argomentativo (nel quale, come già dettosopra, ha tutte le ragioni di bacchettarmi), al mio. E vorreichiedergli, in quanto fisico, se quest’immagine della fisica comedisciplina mobile, in grado di affrontare rivoluzioni successive edi toccare questioni ontologiche è falsa, o se è solo semplificata.Per più ragioni non posso far cadere l’invito; tra l’altroaccettarlo mi riesce assai stimolante, anche se tutt’altroche facile. Però chiedo tempo: dovrò rifletterci alquan-to, e la stesura di questa puntata è già in ritardo per ipiani della Redazione. D’altra parte il mio commentonon era finito: mancava - come sapete - nientemenoche la meccanica quantistica, e a questa vorrei dedicarela presente puntata, che non sarà neppure sufficiente.Per l’allargamento di prospettiva, prego voi tutti, e inprimis Consigliere, di attendere la conclusione.Riprendiamo dunque l’analisi e il commento all’artico-lo di Stefania Consigliere. Ci eravamo lasciati davanti aquesta frase:La fisica quantistica è la prima teoria scientifica a superarerisolutamente questa aspirazione a una conoscenza divina.Nel seguito cercherò di dare una rapida esposizione dicome la m.q. si è sviluppata, e di come viene intesa dallapratica totalità di coloro che la usano. Ma prima vogliomettere l’accento su ciò che in modo quasi totalitarioviene recepito di questo grande capitolo della fisica del’900, da chi non la conosce da un punto di vista profes-sionale, ma solo attraverso la mediazione dei divulgatori(o di molti filosofi della scienza, purtroppo).

* * *

Ci sono due parole chiave in quella che posso chiamarel’immagine esterna della m.q.: indeterminismo e complementa-rità. Anticipando la mia valutazione, dico subito che sela prima ha un suo fondamento e interviene in partenell’uso quotidiano della teoria, la seconda è quasi privadi qualsiasi utilità scientifica. Alle due parole chiave sipossono associare due nomi: Heisenberg per la prima,Bohr per la seconda. Oltre ad aver enunciato per primii concetti che in quelle parole si riassumono, entrambihanno contribuito, attraverso vari scritti di carattere

anche filosofico, a divulgare quell’immagine che sopraricordavo.Ma conviene cominciare, se non proprio dal principio,almeno da un secolo fa esatto, quando compare l’arti-colo che avrebbe dato a Bohr la sua fama: quello dovefu proposto per la prima volta un modello atomico incui gli elettroni occupano solo stati discreti, con energiequantizzate. Per inciso, è curioso - ma anche indicativodel peso che oggi si dà a quella scoperta - che questocentenario non abbia avuto quasi nessuna risonanza: siconfronti con quanto spazio ha ricevuto, non solo inambito scientifico, il centenario nel 2005 dei primilavori di Einstein sulla relatività.C’è una ragione per questo, e non è estranea al nostrotema. Per ora la descrivo così: mentre il lavoro diEinstein è stato il fondamento, in sé completo, di unateoria che avrebbe costituito in seguito (e costituiscetutt’oggi) un pilastro della fisica moderna, quello diBohr era solo un mezzo passo, che coglieva una veritàsottostante ma in modo del tutto primitivo e che nonavrebbe avuto sviluppi.

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Albert Einstein e Niels Bohr

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GazeboLe mangrovie, gli anfibi del regno vegetale

FABRIZIA GIANNI

PremessaPerché parlare di Mangrovie (Mgr)? Potrei risponderecon una lunga serie di argomentazioni, ma quella chetrovo più appropriata alla mia scelta riguarda l’interesseche mi hanno procurato gli straordinari adattamentiche queste specie vegetali hanno sviluppato nel tempo,come risposta a un ambiente difficile e poco ambito daaltri organismi vegetali. Elenco solo alcune delle mira-bili soluzioni trovate: radici aeree, succulenza e sclero-fillia delle foglie, viviparità del seme, sistemi altamentespecializzati per eliminare i sali in eccesso o per neutra-lizzarli. Questi argomenti verranno trattati nei prossimiarticoli. Ora è interessante notare che tutte questepeculiarità anatomiche e fisiologiche, presenti nellediverse componenti vegetali delle foreste di Mgr, costi-tuiscono uno dei più convincenti casi di evoluzioneconvergente. Apro subito una parentesi sul significatodel termine Mgr. Il sostantivo si riferisce a piantelegnose e arbustive, spesso non imparentate tra loro,che crescono nei Paesi tropicali e subtropicali sullespiagge basse e fangose sottoposte ai ritmi di marea. LeMgr sono le specie dominanti delle foreste presentisulle sponde delle lagune salmastre, agli estuari deigrandi fiumi là dove le acque salmastre dell’oceano siincontrano con quelle dolci e torbide dei corsi di acquatropicali cariche di sedimenti e di fango finissimo. Dalpunto di vista botanico, le Mgr appartengono a ungruppo di famiglie di dicotiledoni, il cui elenco non èancora completamente definito. Le associazioni di Mgrformano la comunità dei Mangrovieti (Mti), considera-ti l’equivalente costiero del bosco tropicale sulla terraferma. In questi anni ho avuto modo di visitare alcuniMti. Le impressioni che di seguito riporto riguardanoprincipalmente la Riserva Ecologica Manglares Cayapas-Mataje nella regione costiera Nord Occidentale dellaprovincia di Esmeraldas in Ecuador al confine con laColombia. Lunghe radici a trampolo partono dal tron-co principale e dopo essersi fatto spazio in tutte ledirezioni, si incurvano verso il basso e stabilizzano lapianta al suolo. Mi ricordano complesse strutture ar-chitettoniche progettate da un raffinato designer. Tuttoattorno vive un intenso mondo di colori: foglie verdebrillante, fiori color crema, corteccia marrone chiaro,radici marrone scuro, granchi rosso corallo, cielo az-zurro, nuvole bianche. Mentre attraverso la riservaecologica su una piccola imbarcazione che si muovecon un ritmo dolce e lento, percorro strade di acquadelimitate da Mgr alte 50m. Le osservo e mi rendo

conto per la prima volta di quante sfumature di verdepossano esistere. La presenza degli animali non èimmediatamente percepibile, ben nascosti essi emetto-no una serie di suoni strani, gutturali, attutiti dallalontananza.Superato l’iniziale stordimento procurato dalla bellez-za del luogo, inizio a ragionare sul fatto che si tratta diuna foresta sui generis, formata da un’associazione dipiante che vivono nell’acqua salmastra, con i piedicostantemente a mollo su un terreno instabile e chedevono avere ingaggiato con l’ambiente una strenualotta per la sopravvivenza, ma che l’hanno anche vintainventando soluzioni efficienti e logiche meritevoli diqualche riflessione (Fig. 1).

I Mangrovieti sono formazioni forestali sempre-verdiAnche a un’osservazione superficiale le diverse specievegetali dei Mti presentano caratteristiche non comuni:oltre al complicatissimo intrico di radici, maremagnumradicolar (Misael Acosta Solís,1961), possiedono fogliecoperte di minuti cristalli di sale e semi che germoglianosulla pianta madre. Nel 1965 il cileno Gastón AcuñaMac-Lean, mentre attraversa con fatica i Mti de Gua-yas, riporta le seguenti sensazioni:Ecologicamente i Mangrovieti sono comunità che vivono permiracolo in quella striscia di terra in cui il mare e la terra siscontrano, nella zona di oscillazione delle maree. Un rifugio tantoperfetto che non lo possono abbandonare. Ne consegue un mododi vivere singolare, fatto di ricca complessità e caratterizzato daun aspetto sconcertante...(…).

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I fossili, la chiave del presente perconoscere il passatoLa storia recente del Monte Pisano

SIMONE FARINA

La paleontologia, oggi sempre più paleobiologia, è ladisciplina che studia i fossili, cioè la vita del passato, esi integra sia con le scienze geologiche che con quellebiologiche.Il termine fossile (dal latino foedere, scavare), fu introdot-to da Georg Bauer (1495-1555), conosciuto con ilnome di Agricola e, originariamente, si riferiva a qual-siasi oggetto scavato e portato alla luce, senza distinzio-ne tra animali, vegetali o minerali. Oggi i fossili vengo-no considerati come ex vivi, ovvero resti di organismivissuti nel passato (più o meno recente), che si conser-vano all’interno delle rocce grazie a particolari processifisici e chimici, e che comprendono resti di animali,vegetali e delle tracce lasciate da questi organismi.Si tratta quindi di una disciplina estremamente utileche, integrata con altre come la paleobotanica, la geo-logia, la stratigrafia, la geomorfologia, la geocronologiae la paleoclimatologia, aiuta a tentare di capire gliambienti e la vita del passato.I fossili fin dall’antichità hanno suscitato curiosità eattrattiva nell’uomo e, salvo rare eccezioni (Senofane,Pitagora e Erodoto elaborarono le prime ricostruzionipaleoambientali basate su ritrovamenti di conchigliefossili), ispirarono miti e leggende. Molti fossili infatti,vennero utilizzati come amuleti, talismani, pietre medi-cinali e anche come “ingredienti” per riti magici; altri,alimentarono i miti dei giganti, dei draghi, dell’unicor-no, del diavolo e del grifone; altri ancora, come adesempio lo scheletro di una salamandra gigante, furitenuto un uomo vittima del diluvio universale (1).Solo dal XVI secolo i fossili acquistarono il modernosignificato, e la prima interpretazione razionale dei fossilinel contesto di un modello paleoambientale e geologicofu di Leonardo Da Vinci (1452-1519), che precorreva dicirca due secoli la storia della geologia e anticipava JamesHutton (il “padre” della geologia moderna). Nella sueinterpretazioni, Leonardo dimostrava di conoscere lanozione di strato e di stratigrafia e suggeriva ancheosservazioni sulla posizione di vita dei molluschi ritrova-ti, sull’accrescimento delle conchiglie e sulla loro dispo-sizione negli strati, che precorrono la tafonomia (cioè lastoria degli organismi dalla morte al momento del lororitrovamento come fossili) (2).Successivamente, grazie a Stenone (1638-1686), si arri-vò a comprendere il vero significato dei fossili ed il lorolegame con le scienze della terra. Stenone, osservando

gli strati rocciosi, arrivò a formulare tre principi cheancora oggi sono alla base della geologia, ovvero ilprincipio di sovrapposizione, l’orizzontalità degli strati ed ilprincipio della continuità laterale.Alla fine del Settecento e nei primi anni dell’Ottocento,grazie a William Smith (1769-1839) e a Georges Cuvier(1769-1832), il fondatore della paleontologia dei verte-brati e dell’anatomia comparata, si comprese come unasuccessione di strati poteva essere divisa in base aifossili e quindi questi potevano essere usati per corre-lare, cioè per stabilire la contemporaneità di una suc-cessione di strati trovati in zone diverse. I fossili sonoquindi diventati sempre più importanti sia come markerscronologici che come strumento per comprenderel’evoluzione degli ecosistemi del passato (2). Negliultimi 50 anni sono stati poi introdotti e sviluppatinuovi metodi di indagine stratigrafica, come la strati-grafia paleomagnetica e isotopica, ed oggi i fossili nonsono più il solo marcatore cronologico a disposizionedei ricercatori, anche se la biostratigrafia riveste sempreun ruolo fondamentale.

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Charles Darwin, il razzista?Note a margine del saggio La sacra causa di Darwin, lotta alla schiavitùe difesa dell’evoluzione

BRUNELLA DANESI

Gli storici della scienza Adrian Desmond e JamesMoore sono forse i più competenti biografi di Darwin,noti da tempo al pubblico italiano per l’opera Darwin(1991) tradotta in italiano nel 1992, in cui era affrontatala vita personale e pubblica di Darwin, mettendo inrisalto le relazioni fra il lavoro dello scienziato inglese,la tradizione whig della famiglia e la situazione economi-ca e politica in cui il suo pensiero prese forma per poivenire a maturazione. Il presente volume, altrettantopoderoso, ha come titolo originale Darwin’s SacredCause: How a Hatred of Slavery Shaped Darwin’s Views onHuman Evolution (La sacra causa di Darwin, come l’avversio-ne per lo schiavismo plasmò le idee di Darwin sull’evoluzioneumana). Il saggio mette in luce un aspetto nuovo diquesto scienziato sul quale sembrava fosse tutto ormainoto: l’intreccio profondo fra il suo impegno antischia-vista e la sua teoria più dirompente e scandalosa, latrasformazione dell’uomo da altre forme di vita, masoprattutto l’origine comune di tutti gli uomini. Essiformulano l’interessante ipotesi che la sua teoria dellatrasmutazione della specie sia stata formulata sullaspinta dell’impegno antischiavista del suo autore.Il libro ha suscitato in Italia e nel mondo un’infinità dipolemiche che mi sembrano francamente fuori luogo;siti di creazionisti e di quanti condividono l’IntelligentDesign hanno accusato gli autori di distorcere il pensie-ro di Darwin o quanto meno di tacere gli atteggiamentidichiaratamente razzisti di colui che, a loro avviso, èstato il padre indiscusso del darwinismo sociale. InItalia si fa notare in particolare Enzo Pennetta, chegestisce un sito dal titolo impegnativo, Critica scientifica.Costui ha condotto una polemica scagliandosi in par-ticolare contro Telmo Pievani; il libro La sacra causa, cheGiulio Giorello e Pievani hanno presentato presso ilpalazzo ducale di Genova nel novembre del 2012 e a cuiha partecipato uno degli autori, James Moore (1), è statooggetto di critiche astiose, che di scientifico hannopoco: si legge fra l’altro: “Nella prefazione del libro diAdrian Desmond e James Moore, Telmo Pievani eGiulio Giorello compiono il passo che in fondo tutti ciaspettavamo: la santificazione di Darwin. Ebbene sì, infondo ce l’aspettavamo un po’ tutti, dopo le celebrazio-ni in pompa magna delle due ricorrenze del bicentena-rio della nascita e del centocinquantesimo della pub-blicazione dell’Origine delle specie, dopo l’infittirsi deiDarwin day, mancava solo la richiesta di santificazione

dello scienziato inglese. Ed ecco che puntualmenteessa è arrivata. I postulatori della causa di santificazio-ne sono i Mons. Giulio Giorello e Telmo Pievani, chepresentano la causa istruita dai teologi Adrian De-smond (Dipartimento di Biologia dell’University Col-lege di Londra), James Moore (Professore di Storiadella scienza alla Open University)”.Credo che queste affermazioni parlino da sole, circa lacredibilità di questo personaggio e il suo modo diliquidare gli avversari in modo offensivo; in altre suepagine Pennetta sostiene che Darwin avrebbe favoritoil razzismo, l’eugenetica (lo si accusa curiosamente,come se fosse una colpa, di essere il cugino di Galton)e altri crimini, fra cui quello di essere un ateo (e dove hatrovato i dati per questa e le altre affermazioni?). Sitratta, insomma, di uno dei tanti imbonitori purtroppoabbondanti nel web, le cui affermazioni non possonoessere neppure confutate, dato cha mancano di qualun-que credibilità scientifica; e che, soprattutto, non con-testualizzano mai le loro asserzioni.

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Oli essenziali ed aromaterapia: unapproccio scientifico

GIANLUCA GILARDONI

IntroduzioneL’aromaterapia può essere definita come la disciplina cheimpiega gli oli essenziali con finalità salutistiche. Questapratica, nata all’inizio del XX secolo in riferimentoall’impiego terapeutico dei profumi, aveva presto su-bìto un declino con lo sviluppo della chimica farmaceu-tica. Dagli anni ’30 agli anni ’70 del secolo scorso, iprogressi delle scienze in generale e della chimica inparticolare, unitamente ad una parziale percezionedelle ripercussioni che la loro applicazione industrialestava comportando sul piano sociale ed ambientale,non generavano l’esigenza di un approccio naturale allasalute. La situazione iniziò a cambiare a partire daglianni ’70 ed ancor più dagli anni ’80 quando, soprattuttonei paesi d’oltralpe, si sviluppò un progressivo interes-se per le medicine alternative.Tale interesse, tutt’oggi in continua crescita, si è pur-troppo spesso rivelato carente di fondatezza scientifi-ca, facendo leva più sulle paure collettive e sui luoghicomuni che sull’evidenza di una reale efficacia.A questo proposito è assolutamente doveroso farealcune distinzioni. Se la fitoterapia, cioè l’impiego dellepiante officinali e dei loro derivati con finalità salutisti-che, quando praticata con cognizione di causa, è scien-tificamente fondata e rispondente alle leggi della chimi-ca e della farmacologia, altrettanto non si può diredell’omeopatia, in cui la diluizione dei principi attivi è taleche non vi è una correlazione farmacologicamentespiegabile tra il farmaco e la sua azione. Per questomotivo, a meno di ipotizzare l’intervento di leggiancora sconosciute ed agenti in senso contrario a quellenote, l’efficacia dei prodotti omeopatici è scientifica-mente spiegabile solo invocando l’“effetto placebo”.

Per quanto riguarda l’aromaterapia, oggetto del presentearticolo, ci troviamo in un campo di validità scientificaintermedia tra quelli appena presi in esame; infatti, glioli essenziali sono miscele di composti organici naturalidotati, al pari dei prodotti fitoterapici, di comprovateattività biologiche, ma sono molto spesso applicatisecondo modalità scientificamente infondate, se nonaddirittura potenzialmente dannose.A questo proposito è bene fin d’ora mettere in evidenza come illuogo comune secondo cui naturale sarebbe sinonimo di innocuoin contrapposizione a chimico, sinonimo di nocivo, sia falso.Non solo qualunque sostanza materiale possiede unanatura chimica, sicché i prodotti naturali sono a tutti gli

effetti sostanze chimiche, ma si possono annoveraremolti esempi di composti naturali nocivi: le micotossi-ne ad esempio, prodotte da alcune muffe comuni, sonosostanze naturali estremamente tossiche, spesso po-tenti cancerogeni, che si ritrovano frequentementesugli alimenti impropriamente conservati. Anche tra lepiante più comuni vi sono molte specie tossiche epotenzialmente letali, dal mughetto alla digitale, dallupino selvatico al tabacco, per non parlare dei funghi.Lo stesso petrolio, preso frequentemente come arche-tipo dei prodotti chimici dannosi, è di fatto di originenaturale. A completare queste considerazioni, si ag-giunga che le proprietà chimico-farmacologiche di uncomposto dipendono esclusivamente dalla sua struttu-ra molecolare e non dalla sua origine; ne consegue che,a meno di eventuali impurezze, una molecola naturale èidentica sotto tutti gli aspetti alla stessa molecola otte-nuta artificialmente per sintesi.La maggior parte dei prodotti naturali di uso erboristicosono effettivamente poco tossici e presentano spessoscarsi effetti collaterali, essi sono molto utili se impie-gati a scopo preventivo ovvero per contrastare unapredisposizione all’insorgenza di determinate proble-matiche, tuttavia non sostituiscono i farmaci nel tratta-mento delle manifestazioni patologiche gravi.

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Arte e scienza

Tre arazzi pisani delle Cacce per la Villamedicea di Poggio a Caiano(prima parte)

MATILDE STEFANINI

Prima di approfondire il problema degli arazzi cinque-centeschi di Poggio a Caiano conviene analizzare comeil rapporto dell’uomo con la natura influisca sullerappresentazioni narrative e figurative.Per i rapporti millenari con l’uomo, gli animali sonocoinvolti in ogni aspetto della storia sociale, economi-ca, materiale, culturale, religiosa, simbolica e artisticadell’umanità. Essi sono presenti dappertutto; sin dalpaleolitico, periodo nel quale l’unica fonte di proteineveniva dalla caccia, ignoti artisti ci hanno lasciato idocumenti rappresentati dalle grandi pitture parietali incaverna, dai manufatti dell’arte mobiliare, e da quellimateriali come i resti ossei di pasto. Con l’allevamento,nel neolitico, diminuisce progressivamente l’importan-za della caccia, fino a che essa diverrà, come oggi, un(deprecabile) passatempo. In epoca storica, gli animalie il loro rapporto con l’uomo sono stati soggetto, oltreche delle arti visive, di rappresentazioni teatrali e di testiletterari, come le favole di Esopo e quelle in versi diFedro, e in epoca cristiana, interpretando la Bibbia, essidiventano elementi di un rapporto fisico-dottrinale esimbolico con l’uomo - e tra l’uomo e dio - i cui confinisono molto incerti. Solo dalla metà del Novecento si ècominciato a porre attenzione al rapporto uomo/animale considerandone i molteplici aspetti e ad analiz-zare le testimonianze di questa complessa relazione, siamateriali, con l’archeo-zoologia, che visivo-letterari,attraverso la storia dell’arte e le altre scienze umanisti-che, in una prospettiva storica, cioè, per quanto possi-bile, considerandolo alla luce della cultura che lo haprodotto. Prima di allora manifestazioni letterarie eartistiche come le Venationes, o le descrizioni greco-romane da Aristotele a Plinio e i Bestiari medievali,venivano letti alla luce della cultura del tempo, e non diquella dell’epoca in cui erano stati concepiti. La zoolo-gia antica e medievale non è quella moderna che nasce,tra il Sei e il Settecento, dalle osservazioni degli studiosiLincei come Cassiano dal Pozzo (che raccolse, a partiredal 1620, molti disegni di animali, piante e oggetti d’artead uso di illustrazioni o come sostituti dell’originale nelMuseum Chartaceum) e più tardi degli scienziati comeLinneo cui si deve una prima sistematica del mondoanimale e vegetale. Ogni epoca ha avuto le sue categoriee si rischia di cadere in gravi errori e anacronismi, anche

se bisogna tener conto che alcuni artisti con i lorodisegni anticipano talvolta gli scienziati. Nel Medioevola distinzione tra animali selvatici e domestici eradiversa dalla nostra: erano domestici tutti quegli anima-li che gravitavano intorno alle case o fattorie e quindinon solo cani, bovini, capro-ovini, anatidi e il gatto -purché non rossiccio o nero, colori intesi come espres-sione diabolica- ma anche il ratto, il topo, la donnola,il furetto, il merlo, la gazza, il corvo e persino la volpeperché frequentava i pollai. Il toro però era consideratoselvatico anche se allevato, mentre del maiale si ricono-scevano due specie, la selvatica e la domestica, inter-cambiabili tra loro, così come l’asino o la capra; e questianimali dalla duplice natura hanno un significato sim-bolico ambiguo. Il cavallo è domestico, ma se destriero,è una via di mezzo tra animale e umano ed è capace dinobili sentimenti quali gioia in caso di vittoria o di pietà:può piangere la perdita del condottiero, porta sempreun nome proprio, e non va confuso con i semplicipalafreni per cavalcare o i ronzini per il trasporto disome, questi sì interamente animali, comunque da nonmangiare (1).

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Il Verziere di MelusinaLa pansé

LAURA SBRANA

Finto fiore di carta e di tela…volevi esser una panzé! R. Scotellaro

La pansé (rarissimo panzé) o viola del pensiero, in botanicaViola tricolor, appartiene alla famiglia delle Violaceae epare che derivi i nomi volgari dal fatto che, come spiegaJuan E. Cirlot nel Dizionario dei simboli, “simboleggiaproprio il pensiero grazie alla chiarezza del suo schemapentagonale, come l’uomo stesso riferito al simboli-smo del cinque” (cfr. l’Uomo vitruviano di Leonardo),“numero indivisibile, unione del virile tre e del femmi-nile due… ed anche l’ordinale predominante nella natu-ra animata, mentre manca, per esempio, nella forma-zione dei cristalli”.La pansé, in passato, era detta anche erba della SantissimaTrinità perché, come osserva Ippolito Pizzetti, “intempi superstiziosi e di fanatismo religioso si vollevedere nei tre colori che tingono i petali il simbolo dellaTriade del Cristianesimo e l’immagine del Creatore peruna certa analogia con la figura simbolica che Lorappresenta: l’occhio onniveggente posto al centro diun triangolo, ciascun lato del quale indica una delle trePersone divine. I nostri buoni padri ravvisarono l’oc-chio divino nello stimma della Viola, il triangolo nellelinee tracciate dagli orli dei petali piegati e la raggera diluce nelle screziature”.Questa pianta in Toscana era chiamata anche Sòcera enòra “per i due colori contrastanti che si contrappongo-no nei petali”.Colette, l’indimenticabile autrice di Gigi, in Pour unherbier, suo penultimo libro, “in cui circola tutta lafreschezza dell’ispirazione della scrittrice che torna aisuoi temi preferiti: l’osservazione minuziosa ed appas-sionata della natura… e l’ardita poesia di fiori e piante”,ricorda una pansé nera Faust nel giardino della suainfanzia, fiore cui “il nome valse, al tempo della suanovità, un successo grande quanto la sua stranezza:cinque petali monocolori al cui centro ci guardava unpiccolo occhio di un giallo intenso. Quando il sole latoccava, la impregnava di una polvere di costellazionie mostrava che alla base di tanto nero regna un princi-pio blu la cui materia suscitava la nostra ammirazione:un velluto scuro come l’ala della farfalla amazzonica”.Ma Colette ricorda anche la lezione di sua madre che,pur consapevole dell’attrazione che la “nerezza” eser-citava anche su di lei, le insegnava che “un’aiola di fiori

non è un addobbo da lutto… che, senza andar a cercarei Faust funebri, un’aiola di pansé ha il dovere di proteg-gere le tradizioni e di perpetuare le varietà classiche,come quelle grandi, belle, sciocche per metà gialle e permetà color malva, quelle facce bianche con baffettigranata, quelle specie di farfalle color limone, quellepiccole cornute rivali delle violette, con le sopraccigliaferoci, un po’ comuni, ma maestose”.Della coltivazione della pansé si occupa GianvettorioSoderini che, dopo aver osservato che “le vivuole sondi varie sorte, perché, oltre a le bianche, ce ne son discure, di color di loto, pagonazze, brizzolate et ceru-lee”, consiglia a “chi poi brami averne copia, che nonperdan mai la foglia et faccin continuamente o più volteil fiore, facci arginuzzi volti al sole in grasso terreno,rimuginato co’ la vanga minutamente et ben letamatodi concime putrefatto et marcito; et fatte in quellofossette fonde un piede, a lo principio di marzo, ponghipiante d’un anno innanzi. Séminasi lo seme de levivuole a questi tempi, o pure innanzi, et a novembrene’ luoghi temperati et ne’ vasi pieni di terriccio buono;si coltivano sarchiandole a tempo, cogliendole, tosan-dole et levando lor tutti li seccumi; et quando son fattevecchie, si rinnovan cacciandole in terra ben sotto arifar nuove barbe”.

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Chiara CeciEmma WedgewoodDarwin Ritratto di unavita, evoluzione diun’epocaSironi, 2013

L’autrice, Chiara Ceci, èuna naturalista che fral’altro è stata coordina-trice scientifica della bel-la mostra “Darwin 1809-2009”; è membro delconsiglio direttivo della

Recensioni francese e italiana. In quest’ambiente interessante, leragazze Wedgwood si trovarono molto bene. Lasciatala madre, che non godeva di buona salute dalla sorella,i viaggiatori proseguirono alla volta dell’Italia, dovevisitarono Torino, Firenze, Roma, Napoli, Bologna eMilano. A Firenze ammirarono molto Raffaello, men-tre trovarono Michelangelo piuttosto “ripugnante”.Durante il viaggio, le ragazze furono seguite da inse-gnanti che perfezionarono la loro educazione.Rientrate nella grande casa a Maer, nello Staffordshire,ripresero la loro vita scandita da lezioni, libere letturenella ricca biblioteca, incontri con i numerosi cugini ealtri amici di famiglia, frequenti viaggi all’estero. Laragazza aveva dunque ricevuto un’educazione di prim’or-dine, amava la letteratura, sapeva il francese, il tedesco el’italiano, suonava il piano con sensibilità e competenza,ma soprattutto, grazie alle numerose relazioni familiari,era in contatto con amici colti e stimolanti.Chiara Ceci illustra anche la vita dei nonni di questafamiglia straordinaria. Josiah Wedgwood, il creativofondatore della fabbrica di ceramiche, aveva moltoamato l’arte antica e da essa si era lasciato ispirare perla creazione dei suoi splendidi manufatti; in breveaveva acquisito fama internazionale, ricevendo com-missioni da tutta Europa, tanto che nel 1774 Caterinadi Russia aveva ordinato un servizio da 952 pezzi. Il suocapolavoro è considerato la splendida copia del vasoBarberini, in vetro cammeo, allora proprietà dellavedova del duca di Portland e risalente ai primi annidopo Cristo. Wedgwood era grande amico di ErasmusDarwin, medico e poeta; entrambi liberali e amantidelle scienze, avevano fondato la “Lunar Society”, frai cui membri figuravano anche il grande naturalistaJoseph Priestley e James Watt, che aveva perfezionatola macchina a vapore; si trattava di un gruppo informaledi amici che si riuniva a turno nelle rispettive case perparlare di scienze e delle nuove tecnologie che stavanosegnando la nascente rivoluzione industriale inglese; gliamici erano anche impegnati nel sociale e avevanoaderito con fervore alla campagna antischiavista, siafornendo sostegno finanziario, sia scrivendo sull’argo-mento (in particolare Erasmus) o elaborando il famosocammeo, simbolo della Società per l’abolizione dellatratta degli schiavi, distribuito a pioggia e divenuto un’immagine popolare in tutto il Regno Unito.Il figlio di Josiah, Josiah II e quello di Erasmus, Robert,erano intimi amici e i loro rapporti si consolidaronoquando Susannah Wedgwood sposò Robert e l’impe-gno antischiavista fu tramandato e, se possibile, sirafforzò in entrambe le famiglie. Susannah morì quan-do Charles aveva solo otto anni, per cui i suoi numerosifigli furono spesso ospiti a casa dello zio Josiah II, chefra l’altro convinse il cognato ad acconsentire al viaggiodi Charles. Il naturalista nel 1836 ritornò dal suo giro

SIBE - Società Italiana Biologia Evoluzionistica eredattrice di Pikaia, il portale italiano dell’evoluzione.Vive a Cambridge, dove lavora alla Royal Society ofChemistry.La biografia dedicata a Emma Wedgewood (1808 –1896), basata sullo studio approfondito di numerosidocumenti, ci narra la lunga vita della compagna, amicae collaboratrice di Charles Darwin, mostrando anche iprofondi cambiamenti cui stava andando incontrol’Inghilterra; nata sotto il regno di Giorgio III, visse inpieno l’epoca vittoriana, con i trionfi e i problemi legatiallo sviluppo della rivoluzione industriale.Il saggio si apre con la descrizione del grand tour che lei,con le quattro sorelle e i genitori, si accinse a fare all’etàdi sedici anni. Era tipico del tempo che le famigliebenestanti europee visitassero i luoghi culturalmentepiù importanti, in particolare le città italiane, così ricchedi storia e d’arte.Il viaggio fu preparato con cura; la famiglia discussel’itinerario e lesse libri sulle città che avrebbero visitato;in particolare le ragazze rimasero incantate dai quadrisul Vesuvio in eruzione di Joseph Wright di Derby, cheera stato amico delle famiglie Wedgwood e Darwin eaveva fra l’altro immortalato Erasmus Darwin. Dopominuziosi preparativi, finalmente, nei primi giorni del1825, giunse il momento della partenza. Prima tappa fuParigi, città in cui le ragazze avevano già soggiornato,per cui decisero di recarsi subito a Ginevra, dalla ziaJessy, sorella della madre; il marito, Jean Charles Léo-nard de Sismondi, era un intellettuale, esperto di storia

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del mondo e si recò a Maer Hall per rivedere le cugine,che lo bombardarono di domande per conoscere tuttii particolari della sua avventura; il giovane, che eraormai diventato uno scienziato famoso per la mole dimateriale che aveva fatto pervenire in Inghilterra, fufelice di soddisfare la loro curiosità. Emma non avevamai pensato al matrimonio; era soddisfatta della suavita, circondata com’era dall’affetto della sua famiglia,ma guardò al vecchio compagno di giochi con occhinuovi e Charles, rientrato a Londra, dopo aver valutato“scientificamente” i pro e i contro il matrimonio,decise che i vantaggi erano superiori agli svantaggi e cheera opportuno, come consigliava il padre, sposarsipresto per mettere su una famiglia sana e numerosa.Malgrado si sapesse che i matrimoni fra consanguineierano sconsigliabili, ci si sposava spesso all’internodella stessa cerchia di parenti e i Darwin e i Wedgwooderano già legati da una fitta rete di parentele.Durante un successivo incontro a Londra in casa difamiliari, i due cugini si accorsero che fra loro c’eramolto di più che una semplice amicizia. Le rispettivefamiglie furono felicissime di poter rafforzare i lorolegami, anche se questo implicava che Emma si sarebbeallontanata da casa, dove con la sorella accudiva condevozione e competenza la madre da tempo inferma.L’unica preoccupazione di Charles era se dovesse o noconfidare a Emma i suoi dubbi religiosi; sebbene ilpadre gli consigliasse di tacere per non creare dissapori,Charles si aprì con la fidanzata che gliene fu moltograta, apprezzando la sua sincerità. La sua educazionela portava al rispetto e alla tolleranza delle idee altrui,per cui, anche se addolorata, lo pregò solo di leggere “ildiscorso di addio di nostro Signore ai suoi discepoli[…] pieno d’amore per loro e devozione”. Ritornòsull’argomento poco dopo il matrimonio, scrivendouna lettera in cui esprimeva le sue preoccupazioni,perché la mancanza di fede di Charles poteva significa-re che “non erano destinati a trascorrere insiemel’eternità”. Darwin conservò con cura la lettera e viscrisse a margine: “Quando sarò morto, sappi chemolte volte ho baciato e pianto su questo foglio”.La biografia di Chiara Ceci, godibile come un romanzostorico, dimostra come il proverbio latino “Dotataanimi mulier virum regit” (Una donna provvista dicoraggio/di spirito sostiene/consiglia il marito) si adat-ti benissimo a questa donna straordinaria, che nonstava dietro il grande uomo, ma, come recita il detto, losostenne in una situazione di piena parità. Ci illustracome Emma organizzò la vita di Charles, gli fu accanto,curandolo amorevolmente, durante le ripetute ricadutedel misterioso male che lo affliggeva; tollerò paziente-mente che la loro casa, prima a Londra e poi a Down,nel Kent, fosse letteralmente invasa da casse piene direperti. Insieme e confortandosi reciprocamente, af-frontarono lutti dolorosi, non solo quelli naturali dei

genitori e di molti parenti, ma anche la morte di tre deidieci figli, in particolare della piccola Annie venutameno all’età di dieci anni dopo una straziante agonia.Fu accogliente e ospitale verso i colleghi che frequen-temente venivano in visita con le loro famiglie. Seguìcon intelligenza e sollecitudine l’educazione dei figli epoi dei nipoti, si occupò attivamente della piccolacomunità di Down, istituendo fra l’altro una scuola peri bambini del villaggio e aiutando i “bisognosi merite-voli”. Soprattutto, però, capì l’importanza del lavoroche stava portando avanti il marito ed ebbe un ruolodeterminante nello sviluppo e nella pubblicazione deisuoi libri rivoluzionari. Fu la prima cui Charles conse-gnò l’abbozzo del 1844; Emma lo lesse e vi fece delleannotazioni, di cui lo scienziato tenne conto. “L’ideapericolosa” del marito divenne di dominio pubblico,anche grazie alla lettura attenta fatta da Emma allebozze, soprattutto per controllarne la leggibilità.La vita cambiò molto a Down House, quando la famainternazionale raggiunse Darwin; anche se Charlescontinuò a tenersi in disparte e a evitare confrontipubblici, molti volevano aver l’onore di visitare ilgrande scienziato e organizzare momenti di pausa dallavoro divenne sempre più difficile per Emma.Quando fu pronta la stesura de L’origine dell’uomo,ancora una volta fu Emma, ora aiutata dalla figliaHenrietta, a leggere le bozze, anche se scrisse in unalettera che il libro era molto interessante, ma che lei nonlo avrebbe apprezzato se avesse finito “per cacciareDio dalla scena ancora di più”.Quando il marito venne meno, Emma si trasferì aCambridge, vicino ai suoi figli.La Ceci termina il libro con quest’appropriata afferma-zione:“Emma – prima che la moglie di Charles Darwin – erauna Wedgewood. Essere protagonisti di cambiamentiepocali era un carattere di famiglia”.

Brunella Danesi

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Telmo PievaniAnatomia di una ri-voluzione. La logicadella scoperta scien-tifica di DarwinMimesis Edizioni(Collana Epistemo-logia)Milano-Udine 2013,pagine 198

È davvero un’anatomiadel capolavoro diDarwin quella che Tel-

mo Pievani presenta in questo testo: non una semplice“dissezione”, poiché non si limita a una lettura analiticama fa emergere la struttura concettuale e argomentativaportante dell’Origine delle specie; tantomeno un’autopsia,visto che l’opera risulta tuttora ben viva, “ancora oggiun’agenda aperta sul futuro”. Il libro è un invito e unasplendida guida alla lettura dell’opera di Darwin, sostenutada un intelligente lavoro di confronto tra le diverseedizioni e da una meticolosa indagine storica e linguistica.L’introduzione e il primo capitolo danno conto dell’in-tricata genesi dell’opera: dai Taccuini in cui prende formal’idea della discendenza con modificazioni e si delinea unsolido metodo scientifico che non è né “ingenuo indut-tivismo” né “deduttivismo speculativo”, alla corrispon-denza con cui Darwin sonda l’effetto delle sue “ideepericolose” (in primo luogo quelle relative all’originedell’uomo, “qualcosa che potrebbe rivoltare l’interametafisica”); dallo Sketch del 1842, primo abbozzo dellateoria in cui per la prima volta compare il termine“selezione naturale”, all’Essay del 1844, scritto già cospi-cuo “che Darwin è risoluto a mantenere segreto, tanto dacorredarlo di una lettera per la moglie, da aprire solo incaso di morte improvvisa, contenente le disposizioni sucome pubblicare postuma la sua opera”. E poi il lungoe tormentato lavoro di stesura dell’Origine, che subisce“un’accelerazione non voluta” per la vicenda del mano-scritto di Alfred Russel Wallace che presentava unmodello di evoluzione assai simile – Lyell risolverà lasituazione escogitando “la soluzione più saggia”, ossiainvitando Darwin e Wallace ad annunciare congiunta-mente le loro scoperte.I capitoli successivi mostrano la peculiare strutturadell’Origine delle specie, opera “scritta alla rovescia”: Darwinevita infatti di presentare l’evoluzione come un “granderacconto” di progresso biologico (come avevano fattoChambers e Spencer), ma rifugge anche l’esposizionetradizionale che fa precedere i dati osservativi alla formu-lazione della spiegazione. “Subito la novità teorica […],poi la difesa dalle obiezioni, e infine la panoplia delleevidenze: non una massa di fatti prima e poi un’ipotesiesplicativa fra tante altre”. In questo modo, secondo

Pievani, Darwin “sembra voler scongiurare un’evenien-za puntuale: che il lettore possa sì accettare l’evoluzionecome un insieme di dati di fatto, ma non la sua spiegazio-ne causale centrale, cioè la selezione naturale”. Eviden-temente a Darwin premeva mettere in primo piano lateoria, ossia l’impianto esplicativo, della cui portata“rivoluzionaria” era ben consapevole: non solo e nontanto per l’impatto sulle idee e sulle credenze tradiziona-li, quanto soprattutto per l’effetto innovativo sul futurodella pratica scientifica. Scrive infatti nell’Origine: “Quan-do le opinioni esposte da me in questo volume, e daWallace, o quando opinioni analoghe sull’origine dellespecie saranno generalmente ammesse, possiamo pre-vedere che vi sarà una considerevole rivoluzione nellastoria naturale”.Il nocciolo della teoria di Darwin si impernia suiconcetti di variazione, ereditabilità delle variazioni favore-voli, scarsità delle risorse e conseguente lotta per la vita,selezione naturale. La variazione risulta esuberante alpunto da rendere incerta la stessa nozione di specie: lespecie non sono che “varietà fortemente marcate”, dicui è vano cercare l’“essenza” – il punto è moltoimportante perché in questo modo Darwin rovescia ipresupposti del “pensiero essenzialista” allora domi-nante per inaugurare quello che Ernst Mayr definirà“pensiero popolazionale”. E la variazione è casuale: insenso epistemologico, in quanto non ne conosciamo lecause; ma anche in senso anti-lamarckiano, in quantole modificazioni non emergono perché sono utili ma“emergono e basta” e costituiscono a posteriori ilmateriale grezzo con cui viene costruita la vita. L’ere-ditabilità delle nuove varianti rappresenta un presup-posto cruciale della teoria, particolarmente arduo daaffrontare senza la conoscenza della genetica – comespiega Pievani, i lavori di Gregor Mendel degli stessianni passarono inosservati e non attirarono l’attenzio-ne di Darwin. Il capitolo quinto dell’Origine “è un saggiosu come un sagace naturalista di metà Ottocento – traerrori, pregiudizi infondati e buone intuizioni osserva-tive – poteva ragionare sulle leggi della variazione senzaconoscere minimamente la genetica”. L’ereditabilitàdelle variazioni rimane comunque per Darwin un datoosservativo, “il combustibile del cambiamento” chealimenta senza sosta il processo plasmante della sele-zione naturale. Lotta per la vita e selezione naturale -precisa Pievani - non sono sinonimi: la prima rappre-senta il contesto ecologico che fornisce alla selezione lapossibilità di operare, in modo sempre contingente datala complessità delle relazioni ambientali. Se analoghepressioni selettive possono dar luogo ad adattamentisimili per “convergenza”, ogni percorso evolutivorisulta unico e irreversibile.Particolarmente interessante l’ultimo capitolo del li-bro, dedicato al “pluralismo darwiniano”. Pievani pre-mette che “il programma di ricerca darwiniano ha

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ricevuto, nel secolo e mezzo che ci separa dalla pubbli-cazione di Origine delle specie, conferme sperimentaliprovenienti da tutte le scienze della vita ed è oggi lapietra angolare del pensiero biologico”. Ovviamente,come ogni programma scientifico fecondo, ha dovutoaffrontare profonde riforme a causa “del vastissimo eradicale arricchimento della sua base empirica, in par-ticolare nei campi della genetica, della biologia dellosviluppo e dell’ecologia. A tal proposito è importantenotare che, rispetto ad alcuni “indurimenti” teorici asenso unico degli epigoni novecenteschi, l’originaleformulazione della teoria darwiniana presenta un par-ticolarismo esplicativo su base probabilistica che sirivela di forte attualità”.Uno di tali “indurimenti” era costituito dall’adattazioni-smo della Sintesi Moderna, radicalmente criticato e defi-nito “panglossiano” da Gould e dai suoi collaboratori.Darwin, tuttavia, scrive testualmente nell’introduzionedell’Origine che “la selezione naturale è stata il più impor-tante, ma non l’esclusivo mezzo della modificazione”. Ineffetti, la considerazione dei caratteri non-adattativi èmolto importante nella sua elaborazione – si tratta dievidenze cruciali per desumere la discendenza comunedi specie diverse. Darwin considera inoltre i fenomenidella cooptazione funzionale (ciò che oggi sulla scorta diGould e Lewontin chiamiamo exaptation), della perditasecondaria e della variazione correlata.Nel complesso, “si tratta di una visione complessivadell’evoluzione e delle sue strategie di cambiamento dinotevole modernità anche rispetto alle conoscenzeattuali, improntata com’è all’interazione tra forze inter-ne ed esterne, all’intreccio di fattori molteplici, nonsoltanto selettivi”. Molto opportunamente Pievani notacome tale pluralismo esplicativo non rappresenti unamera tattica argomentativa ma un’essenziale strategiateorica: “selezione naturale e discendenza comunepossono davvero stare insieme solo se: 1) ipotizziamo[…] che la selezione naturale non sia onnipotente, maabbia bisogno di altre cause del cambiamento, e 2)diamo alla teoria evoluzionistica una veste pluralista,con più ritmi e più livelli possibili di cambiamento”.

Maria Turchetto

F. Civile, B. Dane-si, A. M. Rossi (acura di)Grazie Brontosauro!Per Stephen JayGouldEdizioni ETS, Colla-na Finestre I libri diN A T U R A L M E N T E

SCIENZA), Pisa 2012,pagine 232

“Il rimpianto di Gouldsi fa sentire…”; “Gould

ci manca…”; “Le lezioni di Gould non si dimenticanomai…”. Sono frasi tratte dai vari scritti che compongo-no Grazie Brontosauro! Testimoniano qualcosa di piùdell’ammirazione per un autore importante, più dellagratitudine per l’insegnamento di un maestro: testimo-niano affetto. Gould è un autore amato. Amato daibiologi per le svolte che ha saputo imprimere alla teoriadell’evoluzione, conducendola fuori dalle secche dellaSintesi Moderna, riformulandola in un modo che lariportava all’altezza delle nuove acquisizioni scientifi-che e al tempo stesso apriva nuove ipotesi di ricerca.Amato dagli storici e dai filosofi della scienza, a cui hadato una grandissima lezione di metodo, mostrandoquello che è l’effettivo procedere della scienza, che èsempre immersa nel contesto della società e delle ideeextra-scientifiche, e dunque è influenzata dallo “spiritodel tempo”, e tuttavia cerca la verità e in questo sensonon è “un discorso come un altro” come pretendecerto relativismo estremo. Amato dagli uomini di buo-na volontà per il suo impegno civile, per la costantedenuncia degli usi ideologici della scienza, impropria-mente chiamata a giustificare disuguaglianze sociali,razziali, di genere. Amato infine da tutti coloro per cuiha rappresentato un formidabile accesso alla scienza,grazie alle sue eccezionali qualità di scrittore e divulga-tore, non so se innate o coltivate ma certamente legatealla convinzione che la scienza – anche nelle sueformulazioni più recenti e innovative – deve esserepatrimonio di tutti.Grazie Brontosauro! dà ampiamente conto di questi di-versi interessi – e affetti – che l’opera di Gould suscita.Dopo due esaurienti saggi introduttivi di Anna MariaRossi e Brunella Danesi, la sezione Raccontare la scienzaraccoglie tre brevi contributi che cercano di spiegare lastraordinaria efficacia degli scritti di Gould. Con “lacura, non scontata, per tutto ciò che ‘circonda’ i testi[…]. Titoli, prologhi, introduzioni, indici, dediche,epigrafi, immagini”, come mostra Paola Gallo, Diecimi-la atti di gentilezza… Con lo straordinario meccanismoespositivo, come mostra Maria Turchetto, De minimisscientia curat. Sul fascino degli scritti divulgativi di S. J. Gould.

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Mi soffermo brevemente sul contributo di StefaniaConsigliere, La scienza e gli avverbi, che testimonia l’im-patto emotivo che nel suo non comune percorsoformativo hanno avuto due diversi approcci teorici,rispettivamente quello della Sintesi Moderna e quellodi Gould: nel primo caso, meraviglia nonostante, “nono-stante la semplicità del meccanismo evolutivo”; nelsecondo caso, meraviglia perché, “per la sottigliezza deipercorsi adattativi, per la molteplicità dell’evoluzio-ne…”. Per concludere che “questi perché mi erano […]più cari di qualunque nonostante”.La sezione La vita meravigliosa approfondisce alcunipunti cruciali della “rivoluzione teorica” di Gould. Inprimo luogo gli equilibri punteggiati, “messi alla prova”nell’articolo di Marco Ferraguti, Gli equilibri punteggiatimessi alla prova. L’articolo ripercorre la vicenda dellavoro di Eldredge e Gould che enunciò la nuovaipotesi interpretativa, mostrando il ruolo di “catalizza-tore” delle ricerche che Gould svolgeva nei confrontidei suoi collaboratori. Poi il concetto di exaptation, nelcontributo di Anna Maria Rossi, Adattamento e esatta-mento. Un dibattito incandescente. Infine, il tema dellacontingenza (il titolo della sezione evoca del resto il testoin cui Gould affrontò più apertamente il problema),diversamente svolto da Joachim Langeneck, Contingen-za e conservazione, che prende spunto per riflettere sul“posto dell’uomo nella natura”, raccomandando diridimensionarlo “al di là del delirio di onnipotenza checi vuole signori o parassiti della biosfera”; e da FabioFantini, La vita è un film? – che cito perché osa un’obie-zione che a Gould sarebbe piaciuto discutere… L’arti-colo di Federica Turriziani Colonna, Ontogeny & Phylo-geny. Lo strano caso di un libro fuori moda chiarisce le ragioniche hanno recentemente portato a tradurre questaprima importante opera di Gould. Infine GiambattistaBello, Gould’s progress, indaga un aspetto trascurato della“poliedrica personalità” di Gould: Gould biometrista,cioè studioso delle leggi naturali che regolano i rapportitra le dimensioni corporee dei viventi.La sezione Dietro le quinte mostra ciò che della lezionedi Gould travalica il contributo specialistico al campodisciplinare della biologia evoluzionista: ne mostra leposte in gioco filosofiche e politiche e le prese diposizioni non sempre facili. Lo stesso Gould ricordache i suoi scritti sono nati tra “due tensioni”: da un lato,la controversia “puramente politica e non intellettuale”suscitata dal neo-creazionismo; dall’altro, la profondarevisione in atto di quella versione “eccessivamentezelante” (eccessivamente determinista) del darwini-smo rappresentata dalla Sintesi Moderna. Tensioninon così estranee l’una all’altra: come ricorda AndreaCavazzini in Storia delle scienze e conoscenza oggettiva, “larivoluzione conservatrice reaganiana, di cui Gould èstato certo oppositore, è stata, dal punto di vista

ideologico, fautrice sia di un ritorno ai valori tradizio-nali di Dio e della patria, sia di un culto fanatico dellatecnologia e dell’applicazione di presunti saperi scien-tifici alla gestione dei fenomeni sociali”. Quest’ultimoaspetto è approfondito dal contributo di Marirosa DiStefano, Sociobiologia & Co.L’ultima sezione, Non overlapping magisteria, contiene uncontributo di Marcello Buiatti, Un evoluzionista agnostico,che mostra appunto un Gould “agnostico che nonsopportava né i dogmi religiosi né il Dogma Centrale dellabiologia molecolare e che difendeva coraggiosamente larazionalità scientifica e la specificità del suo metodo”.Infine, un articolo di David Gianfranco Di Segni, Lamusica del caso, ingegnoso tentativo di conciliare teoriadell’evoluzione e religione ebraica che francamentetrovo interessante solo come testimonianza di quantosia arduo per le religioni ingoiare le nozioni di caso econtingenza – non stupisce: sono nate per consolarcidella nostra spaventosa esposizione a queste terrenecondizioni che condividiamo con tutti i viventi, comediceva Darwin “compagni, fratelli in dolore, malattia,morte e sofferenze e fame”.

Maria Turchetto

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Il TornalibroParole contro l’effimero

L’isola del dottor Moreau, HerbertG. Wells, Newton, Roma 1994 (1)George Wells (2) , insieme a JulesVerne, è considerato l’iniziatoredel genere letterario fantascienti-fico; ma, a differenza dello scrit-tore francese, più attratto dallepossibili applicazioni tecnologi-che della conoscenza scientifica(come il celeberrimo sottomarino

Nautilus, del romanzo 20.000 leghe sotto i mari), egli,biologo e zoologo, v’introduce le tematiche controver-se e inquietanti della recente teoria dell’evoluzione edella genetica, anch’essa ai primi passi nella secondametà del XIX secolo. Ad esempio, nella novella Il bacillorubato anticipa l’idea, e l’incubo, della guerra batteriolo-gica, e in La guerra dei mondi sono proprio i batteripresenti nell’atmosfera terrestre che uccidono i marzia-ni invasori, privi delle difese immunitarie di cui invecel’evoluzione biologica ha fornito i terrestri; in L’osserva-torio di Aun descrive la mostruosa mutazione evolutivadi una specie, mentre in La macchina del tempo il viaggia-tore temporale assiste ai progressivi mutamenti dellavita, da un’epoca in cui l’ambiente è abitato da un’uma-nità divisa in predatori e prede (i Morlocchi e gli Eloi)a un’altra in cui gli esseri viventi sono soltanto grandicrostacei e insetti Lepidotteri, per approdare infine a unpianeta Terra ormai buio, desolato e deserto, conl’unica presenza di uno strano essere di forma globula-re e tentacolare. Il romanzo, però, dove il saperebiologico e medico genera l’orrore è L’isola del DottorMoreau (3). Isola che sembrerebbe uno di quei bestiarimedievali meravigliosamente popolati d’ippocentauri,cinocefali ed epifugi, se non fosse che, poiché vi regnasovrano il dolore, è paragonabile piuttosto all’infernodantesco, affollato di diavoli, mostri e anime dannate.Tale almeno appare al protagonista Edward Prendick,il quale, salvato da un naufragio, si trova a vivere inquest’isola del Pacifico dove i suoi salvatori, il Dott.Moreau e il suo assistente Montgomery, svolgonomisteriosi terribili esperimenti su degli animali, contor-nati da strane creature il cui aspetto suscita in luiragionevole curiosità e istintiva repulsione. Terrorizza-to dalle urla che provengono da una parte della casadove è alloggiato quasi come un prigioniero, temendoper la propria vita, fugge nella foresta, scoprendosconcertato che è popolata da una sorta di tribù diuomini-bestie; ritrovato da Montgomery e Moreauquesti lo rassicura sulla sua sorte, garantendogli che

non ha intenzione di seguire esperimenti su di lui; glispiega qual è lo scopo dei suoi cruenti esperimenti,realizzati soprattutto per mezzo della vivisezione:umanizzare gli animali. Ma in seguito la situazioneprecipita: l’ultimo animale vivisezionato, un puma, silibera e uccide lo scienziato, mentre gli altri animaliumanoidi dopo la sua morte, ormai privi di freniinibitori, regrediscono ai loro istinti animaleschi, siribellano, distruggono la casa e uccidono Montgomery.Avrebbero ucciso anche Prendick, se questi non avessetrovato miracolosamente una barca con cui spingersi inalto mare. Nuovamente soccorso fa ritorno nella socie-tà civile ma dovrà convivere con l’incubo che haattraversato, che non lo abbandona e anzi lo induce asentimenti paranoici:Il mio malessere assumeva le forme più strane. Non riuscivo apersuadermi che gli uomini e le donne che incontravo non fosseroun altro popolo di animali passabilmente umani, plasmati conl’immagine esterna della nostra specie, ma che sarebbero prestoregrediti fino a mostrare ora questo ed ora quel segno bestiale (4).Si trova insomma in una condizione analoga a quella diGulliver che, tornato tra gli umani, li trova insopporta-bilmente disgustosi per la loro somiglianza con i repel-lenti yahoos (5).Ecco la spiegazione che il Dr. Moreau dà della sua opera:Ora aspettate che io vi tenga la mia conferenza… E cominciandocoll’intonazione di un uomo profondamente annoiato, ma riscal-dandosi poco a poco, prese a spiegarmi tutto il procedimento delsuo lavoro.Il suo discorso fu semplice e convincente. Di quandoin quando la sua voce assumeva un tono di sarcasmo:ed io finii col trovarmi mortificato per la nostra rispet-tiva posizione.

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“Le buone notizie”: LDT - ValderaVINCENZO TERRENI

Da un po’ di tempo la rubrica di Luciano Luciani Lebuone notizie su NATURALMENTEScienza.it è in attesa dinuovi inserimenti, forse Luciano è stanco di cercarecon passione e pervicacia le cose che ci fanno dire ognitanto, sì, però lì è stata aperta una nuova biblioteca,l’osservatorio degli astrofili funziona, il Museo delRisorgimento di Lucca è ben impostato e la sala tecno-logica è affascinante perché ti proietta nel passato conun effetto coinvolgente.Se poi si va a parlare di scuola i motivi di preoccupazio-ne abbondano e le lagnanze di piccolo e grande cabo-taggio navigano in una tempesta senza fine in maripericolosamente inquinati da chiacchiere inconcluden-ti e spesso fuorvianti, mentre i disegni di stravolgimen-to del servizio pubblico mietono successi incontrastati.In compenso si fa finta di aver trovato la soluzione perl’occupazione giovanile: si favoleggia di assumere gio-vani neolaureati qualificatissimi nelle pubbliche ammi-nistrazioni a costo zero, con il solo compenso di vederenel proprio curriculum il grande titolo di merito e diqualificazione di aver prestato la propria opera al serviziodella pubblica amministrazione. La realtà della scuola èben rappresentata da quello che accade a Grosseto: laDirigente organizza una lotteria per assegnare lo stipen-dio ai supplenti escludendone momentaneamente i 4/9per mancanza di fondi sufficienti.La Costituzione della nostra Repubblica (l’art. 36,comma 1) stabilisce che il lavoratore deve essere retri-buito proporzionatamente alla quantità e alla qualità dilavoro svolto e sufficientemente per poter aver una“esistenza libera e dignitosa”. Da qualche parte si diceanche che la retribuzione deve avvenire veramente!In Italia ci sono delle norme severissime sul lavoro chesono nate, non certo gratuitamente, per tutelare illavoratore e anche la dignità del lavoro stesso. Basta unqualunque programma radiofonico, della radio pubbli-ca, per apprendere che il lavoro nero è proibito, ma illavoro “bianco” è quasi impossibile da trovare. E simoltiplicano le esternalizzazioni (che schifo di nome)anche dei call center perché quelli che ci lavorano in Italiasecondo i cosiddetti datori di lavoro costano troppo. Inaltri settori, molti lavoratori dipendenti si accontenta-no, pur di continuare a lavorare, di quel che passa ilconvento, con il cappello in mano, il pensiero allafamiglia e la morte nel cuore. Infine la discussione, chesi vorrebbe pacata e responsabile dato l’attuale “mo-mento” di crisi, finisce per dire: “è tutta colpa deisindacati che non insegnano ai lavoratori la flessibilità!”Come si fa ad essere ottimisti? Ma certo, andiamo avedere che cosa succede nelle scuole e torna il buon

umore e la speranza nel domani! Non sto scherzando.Vi ricordate la festa di NATURALMENTE del 2010? “Pro-muovere e insegnare le Scienze: una risorsa per ilterritorio” (1) l’attività che venne presentata in quellaoccasione in un bell’incontro pieno di proposte etestimonianze, è partita veramente coinvolgendo gli 11Istituti comprensivi della Valdera. C’è stata una varietàdi difficoltà assai ampia: dalla cronica mancanza dirisorse economiche, alla cronica mancanza di tempoper la riflessione e lo studio da parte dei docenticoinvolti. Ma tutto è rimasto in secondo piano di frontealla adesione massiccia ad un progetto di RicercAzionedi ampio respiro che ha coinvolto più del 10% delpersonale docente della scuola dell’infanzia, elementa-re e media inferiore. C’era anche la scuola superiore, malì si sono rinserrati in uno stretto riserbo.La situazione della nostra scuola in conseguenza di undecennale trattamento intensivo di deprivazione corti-cale della dirigenza politica e amministrativa, è stataportata al mirabolante risultato di essere, secondol’indagine Eurostat, all’ultimo posto in Europa perpercentuale di spesa pubblica nell’istruzione (dellaRicerca si parlerà forse un’altra volta per non superarei limiti di guardia della sopportazione). A questo disin-vestimento conseguono i dati drammatici sugli abban-doni scolastici e sulle condizioni, di lavoro dei docenti,o almeno di quella parte che è rimasta in servizio. Perun quadro più completo e doloroso vedere anche ladozzina di grafici, pochi i commenti: si capisce subito(2).

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FinestreI libri di NATURALMENTE Scienza sono luoghi di sosta, si formano inaspettati all’incrocio dei tanti percorsi,multiformi, eclettici, battuti dalla rivista NATURALMENTE.Sono come finestre aperte dagli esploratori più diversi, per osservare e descrivere i panorami più vari,per natura e ordini di grandezza, svelati dalla esplorazione dei fatti e delle trame delle scienze.

M. Bellucci, F. Civile, B. Danesi, L. Luciani, G. PerugiRina, Rebecca e le altre Voci femminili nell’Italia unita

F. Civile, B. Danesi, A. M. Rossi Grazie Brontosauro! PerStephen Jay Gould

E. Gagliasso (cura) Vivi perché diversi Per i cinquant’anni diricerca e insegnamento di Marcello Buiatti

T. Pievani, M. Sala, E. Serrelli La scoperta tra scienziati ebambini Il caso dei Taccuini giovanili di Charles Darwin

ETS

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