fashion 24 2014

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Il magazine di news, business e trend Anno 45 | N ° 24 del 10.12.2014 | quindicinale | . 5,50 | www.fashionmagazine.it Nella foto: Burberry Prorsum Pre-Fall 2015 Société Anonyme a Firenze Trend Credito, Borsa e private equity in corsa per finanziare il made in Italy Precollezioni donna 2015 Concept store Comunicazione Sempre più virtuale sempre più internazionale Business Fatturati della moda la classifica delle top 50 italiane Mapic Come si reinventa il retail real estate 2015 pronti per il

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Page 1: Fashion 24 2014

Il magazine di news, business e trend

Anno 45 | N°24 del 10.12. 2014 | quindicinale | €. 5,50 | www.fashionmagazine.it

Nella foto: Burberry Prorsum Pre-Fall 2015

Société Anonymea Firenze

Trend

Credito, Borsa e private equity in corsa per

finanziare il made in Italy

Precollezioni donna 2015

Concept store

ComunicazioneSempre più virtualesempre più internazionale

BusinessFatturati della modala classifica delle top 50 italiane

MapicCome si reinventail retail real estate

2015

pronti per il

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LA MODA VIVE QUI.SPALANCATE GLI OCCHI.NUTRITEVI CON LE NOSTRE PAROLE.

UTILIZZATE LE NOSTRE CORSIE.

RESPIRATE LA NOSTRA ARIA. FIUTATE L’ISPIRAZIONE.

DITE I LOVE YOUDITE I HATE YOUASCOLTATE IL COLORE.FIDATEVI DELLE VOSTRE IDEE.

RINNOVATEVI.QUI SIETE LIBERI.

QUI NULLA PUO’ FERMARVI.

NON LASCIATEVI SFUGGIRE NULLA. SOGNATE.RICOMINCIATE UN’ALTRA VOLTA.

QUI SI RESPIRA.

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premierevision.com 10 -12 febbraio 2015

Dedichiamo il salone a tutti i principali attori della moda, riunendo a Parigi, sotto il marchio Première Vision tutti i savoir faire:

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24

14 32

n°24 10 DICEMBRE 2014

www.fashionmagazine.itSommario

In copertina Burberry Prorsum Pre-Fall 2015

Courtesy of Burberry

9 L’Editoriale

NEws

10 Prada: un 2014 «impegnativo»

11 Milano Moda Uomo: il calendario

13 Furla rilancia sull’uomo

BUsINEss

14 Credit Crunch Banche, con le imprese un approccio tailor made

16 Capitale di rischio Borsa e private equity: è il momento giusto?

20 Chi sale e chi scende Fatturati della moda a confronto

22 Comunicazione online La pubblicità corre sul web

24 Pianifcazione Adv

Sempre più globale, sempre più virtuale

28 Trussardi Torna la linea Jeans

29 swarovski L’Italia? «Noi ci crediamo»

30 Miroglio Textile Un mondo di innovazioni

31 Digital fashion E-tailer made in Italy

32 Mapic Il diktat è reinventarsi

36 Modaprima Prezzi giusti e fessibilità

37 Maredimoda La rivoluzione hi-tech

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6 10_12_2014

38

48

49

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4540 50

TrEND

38 store to watch Firenze: Société Anonyme

40 Advertising fall-winter 2014/2015 Back to the future 44 Anticipazioni Pre-fall 2015

45 Brand to watch

n°24 10 DICEMBRE 2014

www.fashionmagazine.itSommario

PErsoNE

46 Cronaca di una rinascita Alessandro Dell’Acqua: tra N°21 e Rochas

47 Carriere

48 Dieci domande Francesca Mambrini

49 Bloc notes

50 Get together

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l’editoriale

L’ ultimo numero dell’anno si presta a bi-

lanci e previsioni. A una foto di gruppo del nostro settore. Che sappia essere, per quanto possibile, al contempo riepi-logativa e proiettata nel futuro. Partiamo dunque dallo stato dell’arte. Il mood che si evince parlando del mercato domestico

con negozianti, imprenditori e operatori di moda è che la crisi sia finita. Ma la ripresa stenta ad arrivare. Più che essere sospesi in una specie di limbo, ci sia-mo attestati su un nuovo livello zero. Dati alla mano, l'apparente fase di calo continuo è ormai terminata. La domanda di abbigliamento sembra essersi asse-stata, in Italia, al di sotto di ciò che era normale fino a qualche anno fa. Ma - ed è questa la novità positi-va - da lì non si scende più. Dà, invece, primi segnali di disgelo. I fatturati, dunque, ci sono. D’altro canto i consumatori si sono abituati ad acquistare in ma-niera più mirata, tenendo in piena considerazione anche tutti i canali alternativi, dagli outlet alle ven-dite private online. In questo panorama variegato, il dettaglio multimarca tiene, ma a due condizioni. La prima è che il contenuto moda sia fresco, originale, veramente al passo con i tempi. La seconda è che l’offerta merceologica sia sufficientemente ampia all'interno del proprio segmento di riferimento. En-trambe, insieme, connotano un quadro competitivo straordinariamente selettivo. Le stesse aziende di moda, che su questo mercato si affacciano, devono

Gli strumenti per ripartire

eccellere in duplice maniera. Sapendo dapprima puntellare il proprio posizionamento con investi-menti di prodotto, precisi ed efficaci. E comunican-do, in un secondo momento, in maniera intelligente ed efficiente. È a proposito di questi aspetti stra-tegici che Fashion intende fare un po’ di luce. Dal punto di vista degli investimenti, spiegando quali opzioni di finanziamento esistono, oggi, per chi il mercato lo sa prendere di petto. In tempi di tassi bassi, non è affatto vero che i rubinetti del credito siano destinati a rimanere chiusi per sempre. Anzi, come spiegano a Fashion alcuni dei player bancari più importanti del Paese, gli stessi istituti finanziari si stanno evolvendo per comprendere e intercettare meglio le esigenze di un settore costellato più che mai da una galassia di piccole e medie imprese. Che, aggiungiamo noi, dal canto loro trovano un interes-samento mai visto prima da parte sia dei fondi di private equity, sia dello stesso mercato azionario. Dal punto di vista della comunicazione, il quadro si è invece negli ultimi anni notevolmente complicato. Oltre all’avvento dell’online in tutte le sue varianti, le aziende del made in Italy, anche le più piccole, si affacciano ormai su un mercato globale. In cui biso-gna conoscere bene i media di una miriade di Paesi, con cui coltivare i rapporti. Anche a questo propo-sito abbiamo raccolto una serie di indicazioni che ci auguriamo possano essere utili. Oltre che di buon auspicio per il 2015.

Marc Sondermann

Direttore

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Nei nove mesi terminati il 31 ottobre, il Gruppo Prada ha mantenuto sostanzialmente stabili i ricavi a 2,55 miliardi di euro (-0,9% a cambi correnti e +0,5% a valute costanti). Il canale retail, in particolare, ha totalizzato 2,17 miliardi di fatturato (-0,5%), mentre il wholesale ha registrato un -3,7%. A livello di mercati, nelle vendite dirette spicca il +6% realizzato negli Usa, il +8% in Giappone e il +9,8% nel Medio Oriente. L’Europa registra invece un calo dell’1,8% e l’Asia-Pacifco arretra del 4,3%. Quanto ai brand in portafoglio, Prada mostra una lieve fessione (-1,5%), mentre crescono Miu Miu (+3,9%), Church’s (+13%) e Car Shoe (+7,6%). «I margini - spiegano dal gruppo - sono stati condizionati dall’andamento dei ricavi, che non ha consentito di assorbire i maggiori costi per l’ampliamento della rete distributiva (64 nuove aperture in un anno, ndr)». L’ebitda a nove mesi è sceso da 821 a 681,7 milioni di euro (-17%) e l’utile netto è passato da 440,9 a 319,3 milioni (-27,6%). Il terzo quarter registra un calo dei proftti del 44% a 74,5 milioni di euro. La media degli analisti interpellati dall’agenzia Bloomberg aveva stimato utili pari a 108,6 milioni, mentre gli esperti di JP Morgan prevedevano il raggiungimento di 112 milioni. Prada, come spiegano gli analisti, si trova a scontare un calo della domanda in Asia-Pacifco, condizionata dalla politica anti-corruzione del governo cinese (contraria alla pratica del “gifting”) e dalle perduranti proteste pro-democrazia a Hong Kong. L’ex colonia britannica, secondo stime, pesa per il 10% dei ricavi totali del gruppo guidato da Patrizio Bertelli. In più è in contrazione la spesa dei turisti in Europa. «Prada ha un numero insuffciente di nuovi modelli di borse, nel range di prezzo 1.000-1.500 euro», criticano dalla Sanford

C.Bernstein. I risultati sono stati una «grande sorpresa negativa» per Exane Bnp Paribas. Bertelli ha ammesso che il 2014 si sta dimostrando un periodo più impegnativo del previsto. «Oltre alla persistente complessità del contesto economico internazionale - ha detto - il lusso sta attraversando una fase di assestamento, i cui contorni non sono ancora del tutto defniti». «Siamo positivi sulle prospettive di crescita di medio termine - ha continuato Bertelli - ma siamo anche coscienti del crescente livello di complessità del mercato». «Stiamo lavorando - ha concluso - anche per rendere la struttura più effciente e per migliorare la performance operativa dei nostri negozi, in modo da assicurare al gruppo di perseguire livelli soddisfacenti di profttabilità». (e.f.)

bilanci

Un 2014 «più impegnativo» delle attese per Prada. -28% l’utile

La location è di primo piano: 450 metri quadrati in via della Spiga 7. È nel cuore del Quadrilatero della moda che Tory Burch ha scelto di aprire il suo primo punto vendita a Milano, il secondo in Italia dopo quello di Roma. «Siamo molto emozionati per questo opening - commenta la stilista Tory Burch - che consolida la presenza in Italia, uno dei mercati chiave per la nostra espansione in Europa». Il fagship, che è stato inaugurato durante il ponte dell’Immacolata, si trova a pochi passi dagli headquarters della griffe in via Senato e si sviluppa su due piani raccogliendo l’intera collezione del brand, con prêt-à-porter, calzature, pelletteria, accessori, bijoux, arredo, orologi, profumi e bellezza. Il marchio Usa, che nel 2014 ha festeggiato i 10 anni dalla fondazione, ha pensato a una boutique dall’atmosfera intima, upper class, con dettagli femminili, in piena sintonia con il suo stile che ha conquistato il pubblico femminile americano e non solo. Lo store di Milano rientra in una serie di aperture retail nel Vecchio Continente: in primavera verrà inaugurata anche una boutique a Parigi, che si aggiungerà a quelle già attive di Roma, Londra, Monaco di Baviera e Istanbul. (an.bi.)

Via della Spiga dà il benvenuto a Tory Burch

new opening

Il nuovo store Prada nella Goetheplatz di Francoforte: mille metri quadrati interamente dedicati al menswear

news in primo piano

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news in primo piano

A tre anni di distanza da quel tristemente

famoso “I love Hitler”, John Galliano è

tornato in pubblico nella sua nuova veste,

quella di direttore creativo di Maison

Martin Margiela. L’occasione sono stati i

British Fashion Awards di Londra, dove

lo stilista di Gibilterra ha avuto il compito di

consegnare il premio alla carriera ad Anna

Wintour. Un’uscita pubblica signifcativa,

perché i media di mezzo mondo hanno

riportato l’immagine dell’ex designer di Dior

con il potente direttore di Vogue, che per

l’occasione ha deciso di indossare proprio un

outft della griffe nell’orbita dell’italianissima

Otb. Una scelta dalla doppia valenza: da

un lato la defnitiva “riabilitazione” di John

Galliano - che al personaggio sopra le righe

ante 2011 oppone un’immagine più sobria,

con capelli corti e look epurati da ogni

eccesso - e dall’altro un imprinting positivo

per il nuovo corso di Maison Martin Margiela,

il cui esordio è atteso per gennaio, durante

l’haute couture parigina. (a.t.)

Il riscatto di John Galliano: Anna Wintour veste Maison Martin Margiela

BRITISH FASHION AWARDS

Tante novità nel calendario di Milano Moda

Uomo, in programma dal 17 al 20 gennaio.

Come il ritorno in passerella di Brioni (nella foto).

Lo show è previsto il 19 gennaio 2015 alle 20,

preceduto da un altro debutto di stagione, quello

di Marcelo Burlon County of Milan. Ancora,

le sflate di Stella Jean e Christian Pellizzari.

Secondo quanto risulta a Fashion, sono 42 i déflé

previsti, spalmati su quattro giorni. Il compito di

inaugurare la kermesse spetterà come al solito

a Corneliani e a Ermenegildo Zegna, mentre

tra le sflate manca all’appello Z Zegna: sei

mesi fa era in trasferta a Pitti mentre questa

stagione dovrebbe solo presentare la collezione.

Anche Iceberg rinuncia alla pedana per una

presentazione, mentre Andrea Incontri trasloca a

Firenze, dove è in agenda un evento. On schedule

spicca Dsquared2. Per festeggiare i primi 20 anni,

il marchio ha in programma un evento venerdì

16 gennaio all’Hangar Bicocca, preceduto dalla

sflata autunno-inverno 2015/2016. Una scelta che

pone fne ai rumors che davano il brand pronto a

traslocare a London collections: men. (an.bi.)

Attesa per Brioni e Burlon, Tra i giovani on stagePellizzari e Stella Jean

MILANO MODA UOMO

Molte sorprese

nella Top 50

delle fashion

company

italiane. Boom

di ricavi non

tra i soliti

noti, ma tra le

aziende sotto i

200 milioni di

fatturato

‘‘

‘‘La sflata primavera-estate 2015 di Prada, gruppo al vertice della Top 50 di Fashion

a pag. 20-21

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13 10_12_2014

TrimesTrale con segno

meno per abercrombie

Nel terzo trimestre terminato il 2 novembre,

il retailer americano Abercrombie &

Fitch ha subito un calo dei ricavi del 12%

a 911 milioni di dollari, a causa delle

deludenti performance sia in madrepatria

sia all’estero, soprattutto in Europa.

Anche il margine lordo è diminuito con

l’intensifcarsi delle attività promozionali,

passando dal 62,2% al 61,4%. Per la fne

dell’esercizio il management ha ridotto

le stime dell’utile per azione, dal range

di 2,15-2,35 dollari precedentemente

annunciato all’intervallo 1,50-1,65 dollari.

Questo nell’ipotesi in cui il turnover degli

ultimi tre mesi si riduca del 5%-9%.

sTuarT WeiTzman nel mirino

di coach e broWn shoe

Già dalla scorsa estate si sa che il fondo

Sycamore Partners ha incaricato

Citigroup e Goldman Sachs come

advisor per valutare la vendita del marchio

di calzature Stuart Weitzman, entrato in

portafoglio lo scorso aprile con l’acquisizione

della controllante Jones Group. Ora pare

che tra gli interessati ci siano il marchio di

accessori del lusso accessibile Coach, il

retailer di calzature Brown Shoe Company

e una società del private equity. Quanto

alla valutazione dell’azienda in vendita, si

parla di una cifra che oscilla tra 1.000 e i

600 milioni. E che siano state scartate le

proposte che valutano la Stuart Weitzman

meno di 10 volte l’ebitda.

roberTa di camerino

Torna alla ribalTa con

un nuovo proprieTario

Il fondo di private equity United Trademark

Group, creato nei primi anni Ottanta e

operativo in Europa, America e Asia, ha

acquisito Roberta di Camerino, marchio

che non ha bisogno di presentazioni e che

aveva già tentato un rilancio nel 2008,

quando era stato rilevato dal Gruppo Sixty.

Sulla carta, le chance per una “seconda

vita” ci sono: un brand iconico, fondato nel

1945 da Giuliana Coen, una produzione

made in Italy tuttora affdata a esperti

artigiani. All’attuale amministratore delegato,

Ercole De Cesare, vengono affancati

Yuexi Pan e Cedric Devroye.

Non un semplice marchio di borse e accessori,

ma un premium lifestyle brand: per ribadire

questo messaggio, Furla si affda a una

campagna di comunicazione ad ampio raggio,

frmata da un grande dell’obbiettivo come Mario

Testino (nella foto, il backstage con Anja Rubik,

copyright Barwerd van der Plas) e rivolta a tutti

i media, tradizionali e non. Del resto, l’azienda

annuncia che nel 2015 triplicherà gli investimenti

in marketing. Il nuovo anno porta con sé novità

su tutti i fronti: il rilancio delle proposte maschili

con un evento a Pitti Uomo il 14 gennaio,

l’opening di fagship in piazze importanti come

New York (sulla Fifth avenue), Vienna e Madrid

- ma in scaletta c’è anche il restyling del punto

vendita milanese di piazza Duomo -, più licenze,

l’acquisizione di una piattaforma operativa in

Toscana per creare in esclusiva i prodotti Furla

e, non ultimo, un trasloco degli headquarters

milanesi nell’ex Palazzo Ricordi di via Berchet

2. Qui Furla occuperà una superfcie di circa

3mila metri quadri su cinque livelli. Fra il 2010 e

il 2013 il fatturato della casa di moda (presente

in 100 Paesi con oltre 350 monomarca, più un

migliaio tra boutique multimarca e department

store) è passato da 157 a 228 milioni di euro,

con prospettive «incoraggianti e in linea con le

aspettative» per il 2014. (a.b.)

Il rilancio dell’uomo a Pitti, la nuova sede milanese, l’intesa con Mario Testino

FURLA

Zegna è pronta a uno spin off immobiliare, che

sfocerà nella creazione della Ermenegildo Zegna

Real Estate, controllata da Zegna Holding. Una

newco nella quale confuiranno terreni e immobili

con un patrimonio netto contabile pari a 75 milioni

di euro e un valore superiore ai 100 milioni.

Un’operazione che in molti hanno catalogato come

un primo passo verso la quotazione del gruppo con

quartier generale a Trivero, nel biellese, anche se

l’amministratore delegato Gildo Zegna (nella foto)

ha gettato acqua sul fuoco, limitandosi a parlare di

un processo di «razionalizzazione», per concentrarsi

sul core business manifatturiero e commerciale-

distributivo della società. «Con la vecchia

impostazione - ha affermato - si determinava

un allungamento della catena decisionale, con

un sovraccarico organizzativo». Si è parlato di

Zegna anche a proposito delle novità relative

alla collezione Z Zegna: dal prossimo autunno-

inverno 2015/2016 sarà un ex Jil Sander,

Francesco Muzi, ad affancare Murray Scallon

nella realizzazione della collezione. Muzi prende

il posto di Paul Surridge, che a sua volta, prima

di entrare in Z Zegna due anni fa, aveva lavorato

per Jil Sander. Allo scorso Pitti Uomo era stato

annunciato il rilancio della collezione, che dalla

primavera-estate 2015 incorpora la Zegna Sport,

di cui si occupava Scallon. (a.b.)

Lo spin off immobiliare (forse pre-quotazione) e i nuovi assetti di Z Zegna

ZEGNA

news in primo piano

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14 10_12_2014

di Andrea Bigozzi

In questi ultimi anni le relazioni tra le banche e le imprese sono diventate - complice la crisi - sempre più ìperi-

colose”. Con aziende e imprenditori che accusano gli istituti di credito di non concedere loro prestiti e, così facendo, di frenare la tanto attesa ripresa. E con le banche che, dal canto loro, replicano di fare già il massimo e di doversi atte-nere ai rigidi parametri imposti dall’Eu-ropa, da molti considerati vere e proprie regole anti-credito. Tuttavia, potremmo essere vicini a una risoluzione in chiave positiva di questo rapporto conflittuale, specie nel settore della moda. E non solo perché Banca d’Italia in-travede segnali di attenuazione per il credit crunch, come indicato dagli ultimi bollettini economici di Palazzo Koch, che citano «i sondaggi più recenti presso le imprese» e prevedono che nel 2015 il problema del finanziamento al-lenterà la presa (ma la contrazione dei prestiti, pur attenuandosi, proseguirà). Altro segnale che inizia a rischiarare il difficile quadro del credito sono gli ultimi dati presentati dall’Abi-Asso-ciazione Bancaria Italiana, secondo cui nei primi 10 mesi dell’anno i nuo-vi finanziamenti fino a 1 milione sono tornati positivi, seppure con una per-centuale minima (+0,2%). Parla di un ritorno al segno più, ma non prima di un paio d’anni, anche Ernst & Young, che prevede nella Penisola una cresci-ta dei prestiti alle aziende del 3,6% nel 2016. L’altra novità è che il mondo del-la finanza ha deciso di conquistare la fiducia delle aziende del tessile-moda, affiancandole con tutti gli strumenti ne-cessari, in maniera dedicata e struttu-

Veri o falsi i tagli ai prestiti? La parola ai banchieri, che allontanano l’accusa di credit crunch e per rinsaldare la relazione con le imprese puntano ad adottane la mentalità. Così le banche prendono lezioni di moda da Smi, Pitti, Assocalzaturifici e Camera Moda. E sullo sfondo gli ultimi bollettini economici che prevedono che il problema del finanziamento rallenterà

rata. Come dire: un servizio su misura. Gianfranco Di Natale, direttore gene-rale di Smi-Sistema Moda Italia, è otti-mista: «La maggior parte delle imprese - dice - si sta riorganizzando e chiede alle banche sostegno, specie nell’inter-nazionalizzazione. I grandi istituti di credito sono d’accordo e per favorire la riorganizzazione delle 50mila aziende del settore tessile-moda made in Italy offrono una rete di protezione specifica, che abbraccia tutta la filiera produttiva da monte a valle. Unicredit (che già fi-nanzia il settore con circa 4 miliardi di prestiti) punta a diventare la ìbanca

business finance

credit crunch

Banche, con le Imprese un approccio taIlor made

credit crunch: il peggio è passato, ora il credito può ripartire

Fonte: elaborazione Fashion, su dati di Bankitalia* Variazione percentuale

Prestiti bancari alle società non fnanziarie*

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33

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della moda” e, dopo l’accordo del 2013 con il Centro di Firenze per la Moda Italiana, quest’anno ha siglato un’alle-anza anche con Smi e la Camera Nazio-nale della Moda Italiana. L’obiettivo delle partnership con le istituzioni di settore, prima ancora che un risultato numerico, ne insegue uno qualitativo: si parte dal finanziamento delle filiere sul territorio, per arrivare all’affianca-mento strategico delle aziende più dinamiche, passando per il poten-ziamento di competenze come creatività, marke-

po». Musica per le orecchie di molti im-prenditori (magari fautori di start up) che, nonostante le potenzialità del loro progetto, non possono consolidarsi ed esprimersi sul mercato, perché si vedo-no negare i finanziamenti dalle banche a causa delle loro dimensioni limitate, mentre per le grandi aziende, anche

quelle meno innovative, i rubinetti restano sempre aperti. In effetti uno degli obiettivi delle alleanze tra Unicredit e le orga-nizzazioni del fashion è anche quello di arrivare a una sorta di “certifica-

le associazioni di moda collaborano a certifcare

qualitativamente le aziende del settore

con Altagamma e Decoded Fashion di Pitti Immagine. «Sempre di più l’obiet-tivo di chi fa il nostro lavoro è quello di parlare la stessa lingua dei clienti», fa il punto Marco Perelli-Rocco, head of luxury and consumer goods e responsa-bile della relazione con tutti i principali gruppi industriali della moda e del lusso per il gruppo bancario. «Da noi - prose-gue - la specializzazione settoriale inizia con la formazione dei dipendenti». Che, tradotto nella pratica, vuol dire che gli imprenditori continuano a lamentare un difficile accesso al credito, eccessive garanzie richieste e i tempi lunghi per

zione” di categoria, che pos-sa supportare l’artigiano sub-fornitore di una grande casa di moda o il designer in ascesa nei rapporti con la banca. In attesa c’è anche chi fa da sè. «L’esperienza diretta del settore - sottoli-nea Tamburini - è una delle parti più complesse del no-stro lavoro, ma è possibile

grazie alla nostra conoscenza del ter-ritorio e alla presenza internazionale. Oggi una banca che non ha contenuti, ma solo prodotti, non va da nessuna

In alto, da sinistra, Federico Ghizzoni (Unicredit), Jane Reeve e Mario Boselli (Cnmi), Claudio Marenzi (Smi) durante la conferenza stampa di presentazione dellÕalleanza tra lÕistituto di credito e le associazioni di settore

ting e comunicazione attraverso formazione, fiere ed eventi. «La sfi-da è culturale, più che economica - osserva Fabio Tamburini, se-nior advisor corporate di Unicredit Banca - il nostro istituto ha già superato da tempo logi-che del credito tradizio-nale, legate alla mera lettura dei bilanci, e ha scelto di entrare nel merito della vita aziendale, valutando e prendendo parte direttamente a progetti di svilup-

parte». Gli intermediari finanziari sono quindi chiamati ad acquisire quella mentalità d’impresa che è propria dei loro principali interlocutori. Ma una co-noscenza ìglobale” del fare impresa at-tualmente non è più sufficiente, ci vuole sempre più focalizzazione. Per questo gli istituti di credito si sono impegnati a ridisegnare la loro presenza sul territorio e a portare avanti un ap-proccio più ìcustomizzato” ai diversi set-tori di business. Un esempio lampante in tal senso è Intesa Sanpaolo, che nelle ultime settimane ha rifondato la propria struttura organizzativa in questa chiave. Tra le novità più significative del nuo-

vo assetto, disegnato dal d.g. Gaetano Miccich•, la ri-fon-dazione della divisione Cor-porate & Investment Banking con i gruppi industriali che fanno parte dell’area, non più suddivisi per area geografica o dimensione del fatturato, ben-sì per settore: quello luxury & consumer goods dispone di un team ad hoc, competenze dedicate e un budget specifico , che nel 2015 sarà investito in una lunga serie di partnership e iniziative, comprese quelle

❝ Dobbiamo parlare la stessa lingua dei clienti. Per questo • necessario innalzare la competenza sul settore

Intesa Sanpaolo

Marco Perelli-Rocco

Gli istituti di credito per venire incontro alle imprese studiano soluzioni ad hoc per le aziende del made in Italy (nella foto, a sinistra, produzioni Nero Giardini, a destra Bulgari)

❝ Le logiche del credito tradizionale sono superate: • tempo di entrare nella vita delle aziende

Unicredit Banca

Fabio Tamburini

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business finance

chiudere le pratiche. Le banche, che de-vono comunque rispettare le loro regole e algoritmi, rispondono incrementando consulenza e formazione, in modo che l’attività di impresa si configuri in manie-ra tale da generare quel flusso di cassa in grado di garantire il credito. «Abbiamo erogato credito in misura considerevo-le negli ultimi anni, tenendo presente che le aziende della moda - sottolinea Perelli-Rocco - hanno meno problemi di liquidità rispetto a quelle di altri settori. Spesso, più che di finanziamenti tradi-zionali, hanno bisogno di consulenza per vincere la sfida della crescita dimensio-nale e dell’internazionalizzazione. Pos-siamo finanziare un piano di aperture retail, ma con l’advisory possiamo anche aiutare il cliente nella ricerca di nuovi partner. Per questo dobbiamo innalza-re il livello di competenze sul settore e prevedere servizi mirati per le aziende». L’approccio tailor made alle aziende di moda e più in generale alle Pmi del made in Italy è diventato un cavallo di battaglia per le banche, e la riprova arriva anche dal gran ritorno del tema dell’accesso al credito nelle campagne pubblicitarie dei gruppi finanziari, che negli ultimi anni avevano trascurato questo aspetto nelle loro comunicazioni. In queste settimane non è raro imbattersi in spot o affissioni di banche in cui i testimonial sono sarti e calzolai. Del resto, sono i numeri a dimostrare che il settore moda si merita le atten-zione del credito. Secondo i dati predit-tivi di Smi-Sistema Moda Italia, il 2014 vedrà per la prima volta dal 2008 un segno positivo: la crescita per il com-parto prevista è del 3,6%, per un valore complessivo che supererà i 52 miliardi. Ce n’è abbastanza perché gli istituti di credito continuino a supportare i player, anche più piccoli, della filiera del tessile-abbigliamento-accessori. In occasione dell’ultimo convegno di Assocalzaturi-fici che si è svolto a novembre a Firen-ze, Massimo Viola, a.d. di Monte dei Paschi di Siena, ha annunciato l’alleanza per aiutare le aziende del comparto a in-ternazionalizzarsi: «Stiamo lavorando a un progetto per finanziare la filiera, che prevederà non solo offerta di credito ma anche accompagnamento all’internazio-nalizzazione e aumento dell’equity che può sostenere l’impresa». Insomma, per il made in Italy le banche non offrono solo la stampella dei soldi, ma finanza per crescere. Per tutti è arrivato il mo-mento di spingere sull’acceleratore. n

di Elisabetta Fabbri

ci avviamo a chiudere un 2014 inter-locutorio, con i titoli della moda a prezzi scontati (-28% la performan-

ce di Cucinelli in Borsa da inizio anno, -21% Ferragamo, -25% Moncler, -40% Tod’s, -40% Yoox) e aziende che, dopo la decisione di sbarcare a Piazza Affari, hanno fatto un passo indietro (vedi la cosmetica di Intercos) o rimandato al 2015 (vedi il retailer di abbigliamento Ovs), in attesa che tornino i compratori sul settore. Se si guardano le acquisizioni del private equity, invece, gli investimenti aumentano. In base alle statistiche elabo-rate in esclusiva per Fashion da Aifi - As-sociazione italiana del private equity e venture capital, nel primo semestre 2014 le operazioni che hanno interessato moda e lusso nel nostro Paese sono state 12, contro le 8 dello stesso periodo del 2013, per un ammontare di 366 milio-ni di euro (da 114 milioni). Il segmento, come numero di operazioni, rappresen-ta una quota dell’8,6% del mercato del private equity (dal precedente 5%) e del 19,4% in valore (dall’8,1%). Le aziende target? «Da gennaio a giugno sono state quelle che in media hanno un fatturato di 42 milioni di euro e 120 dipendenti», dicono dall’associazione, precisando che l’investimento è stato mediamente di 48 milioni. Il fashion&luxury è andato in con-trotendenza, visto che le operazioni totali nei sei mesi sono scese a 139 (-13,7%). Il

Le due opzioni restano un’alternativa al credito bancario per supportare i piani di crescita delle aziende. Ma a certe condizioni

capitale di rischio

Borsa e privateequity: è il momento gIusto?

❝ LÕItalia • il bacino di brand del lifestyle per eccellenza. Chi vuole investire in questo settore deve passare di qui

Piquadro

Marco Palmieri

Page 17: Fashion 24 2014

17 10_12_2014

to di advisor e avvocati d’affari. «Essere chiari sugli obiettivi - racco-manda il ceo di Piquadro - è fondamentale. A volte l’imprenditore fissa target aggressivi per strappare il prezzo più alto, ma questo può compromettere i rap-porti reciproci nel perio-do di co-gestione: meglio vendere a una cifra più

bassa e giocarsela sul premio in uscita». E se la società d’investimenti apporta denaro in cassa, ordine e disciplina, an-che l’imprenditore conserva un ruolo chiave. Non solo nella direzione creati-va (che potrebbe perdere solo se vende la maggioranza) ma anche in termini di continuità e di expertise nella gestione di una Pmi. «Quando manca questa figu-ra e bisogna ricostruire la struttura da zero - precisa il numero uno di Piquadro - il turnaround ha scarse probabilità di riuscita». Ma oggi i fondi hanno la li-quidità per procedere con nuove acqui-sizioni nel made in Italy? «Il problema forse è che mancano gli imprenditori che vogliono vendere o le aziende ve-ramente interessanti - risponde -. Cer-to è che l’Italia è il bacino di brand del lifestyle per eccellenza: chi vuole fare investimenti in questo segmento deve passare per il nostro Paese. Per l’hi-tech si va in California».

Numero Valore % sul tot. % sul tot.

operazioni (Euro Mln) (numero) (valore)

2006 4 141 1,4% 3,8%

2007 8 1.428 2,6% 34,0%

2008 9 257 2,4% 4,7%

2009 6 229 2,1% 8,8%

2010 4 14 1,4% 0,6%

2011 7 334 2,1% 9,3%

2012 9 666 2,6% 20,6%

2013 16 179 4,3% 5,2%

1° sem. 2014 12 366 8,6% 19,4%

Totale 75 3.614 2,1% 12,1%

evoluzione degli investimenti di private equitynel settore moda e lusso

Fonte: AIFI-PwC

spettato l’arrivo di investi-tori esteri, «a patto che le aziende sotto osservazione presentino determinati re-quisiti». «Il mercato italia-no del lusso - ha spiegato - ha performato bene fino a maggio. Nella seconda metà dell’anno ha rallenta-to, a causa di alcuni fattori tra cui una limitata esposi-zione su online e digital e il rallentamento del turismo da Russia e Cina. In futuro tenderemo a focalizzarci su marchi che investono anche sui ca-nali digitali, come veicolo di crescita ed espansione». «Moda e lusso sono stati ben valutati, a volte anche troppo, fino a qualche mese fa e oggi scontano l’effetto opposto - dice Marco Palmieri, fonda-tore dell’azienda di pelletteria Piqua-dro, quotata a Milano dall’ottobre 2007, e a capo della società d’investimenti Pi-qubo -. Ma quanto sta succedendo capi-ta ciclicamente». Al di là della volatilità del mercato azionario, l’apertura del capitale a una società di private equity permette di reperire capitali più velo-cemente che attraverso il listing. Nelle stime di Palmieri, vanno messi in conto circa sei mesi a partire dalla due dili-gence ed è bene tener presente che l’o-biettivo del fondo, in media, è rimanere nel capitale per cinque anni. «L’impren-ditore - allerta Palmieri - deve capire che prima o poi il fondo se ne andrà. A quel punto po-trebbe arrogarsi il diritto di vendere anche il pacchetto rimasto in mano al fonda-tore, a prescindere dal fatto che sia o meno socio di mag-gioranza. Questo in base a meccanismi di co-vendita spesso fissati alla stesura dell’accordo». Anche la exit strategy di solito è decisa per contratto. La trasparen-za è fondamentale e quando si comincia a prendere in considerazione l’ingresso di un partner come il private equity è bene, secondo Pal-mieri, avvalersi del suppor-

valore è salito del 34,3% a 1,89 miliardi, grazie ai soggetti esteri (51% del totale).

il lusso rallENta iN borsa, Ma PassErÀ Per quelle aziende che stanno valutando modalità di finanziamento alternative al credito bancario meglio il private equity o un’Ipo (Initial public offering)? In real-tà un’ ipotesi non esclude l’altra e spes-so la prima è propedeutica alla secon-da. Meglio, nella valutazione, non farsi condizionare troppo dalla volatilità dei prezzi sul mercato azionario. E ascol-tare esperti come Diego Selva, head of Investment Banking Italy di Bank of America Merrill Lynch che allo scorso Milano Fashion Global Summit ha pro-

La sflata Versace spring-summer 2015.In febbraio nel capitale della Medusa è entrato il fondo Blackstone

❝ In futuro tenderemo a focalizzarci sui marchi che investono nei canali digitali

BofA Merrill Lynch

Diego Selva

Page 18: Fashion 24 2014

18 10_12_2014

business finance

rapporto Bankitalia

più Borsa e più bond, anche “mini”ll Rapporto sulla stabilità

fnanziaria, pubblicato in

novembre dalla Banca dÕItalia,

rileva che sono sempre meno le

aziende che chiedono prestiti alle

banche e sempre di più quelle

che si rivolgono direttamente al

mercato. Per esempio decidendo

di andare in Borsa: nei primi

nove mesi del 2014 si contano

18 nuove quotazioni (il livello

più alto dal 2007), in gran parte

realizzate sul mercato Aim

(Alternative investment market) di

Borsa Italiana. In più le imprese

hanno fatto ricorso alle emissioni

obbligazionarie per 21 miliardi di

euro. Una cifra inferiore ai volumi

degli anni passati, anche se il

numero di società che hanno

collocato obbligazioni per la

prima volta è aumentato del

60% rispetto alla media annuale

calcolata nel quinquennio 2009-

2013. Un recupero che benefcia

degli effetti dell’introduzione (a

fne 2012, con il decreto Sviluppo)

dei minibond, che agevola le

emissioni da parte delle imprese

non quotate. A oggi, come

riporta Bankitalia, si contano 57

collocamenti in taglia “mini”, per

un ammontare di 7 miliardi.

Una classifica di brand allettanti (vedi in basso) è stata compilata di recente dalla società di ricerche ICM Research con Le-galcommunity.it. Gli esperti hanno esa-minato 1.002 aziende italiane delle 3F (fashion, food e furniture) con ricavi tra i 30 e i 300 milioni di euro a livello non consolidato, per le quali il marchio rap-presenta un vettore critico di sviluppo. Ne sono emerse 21 imprese della moda, che si sono distinte negli ultimi anni per eccellenza economica (crescita di fattu-rato e redditività) e marketing (forza e potenziale sviluppo del brand). Tenendo conto del valore economico del marchio, in vetta c’è Liu Jo, seguita da Canali e da Roberto Cavalli. Fabiana Filippi si colloca in coda però ottiene il maggiore brand equity score (indicatore di forza, potenzialità e rischi connessi al marchio).

la forMazioNE PEr caMbiarE MENtalitÀ Un altro gruppo di società potrebbe at-trarre presto l’attenzione di investitori italiani e stranieri. Sono quelle selezio-nate da Borsa Italiana per il progetto di formazione Elite. «Un modello in grado di supportare le imprese a crescere, in-ternazionalizzarsi e aprire il capitale», lo definisce Raffaele Jerusalmi, ceo di Borsa Italiana. Ma anche «un programma a sostegno del cambiamento culturale e organizzativo delle aziende, che offre la possibilità di inserirsi in un’unica com-munity internazionale», secondo Luca Peyrano, responsabile primary market. Fra le 31 new entry annunciate in no-vembre si contano, nel fashion, Golden Goose, Antony Morato, Piazza Italia e le Pelletterie Bianchi e Nardi. Passati due anni e mezzo dal lancio e superata la vetta dei 200 ammessi (di 16 diversi settori), Elite ha prodotto questi risul-tati: 15 Ipo allo studio e una realizzata (TechValue, sul mercato alternativo del capitale Aim), 13 operazioni di private equity, 10 minibond emessi (vedi box a lato) e 35 attività di M&A e joint venture. Viene da pensare che probabilmente sentiremo ancora parlare di collocamenti e deal con gli investitori nel ca-pitale di rischio. n

I brand italiani più appetibili per valore economico del portafoglio marchi

Dati in milioni di euroFonte: ICM Research con Legalcommunity.it

Liu Jo

111,8

Canali

106,2

Roberto Cavalli96,6

Furla96,2

Capri (Alcott)66,7

Imap Export (Original Marines)

Vitale Barberis Canonico

Corneliani

Imperial

Baldinini

Ciro Paone (Kiton)

Betty Blue

BBB (Boggi e Brian & Barry)

Braccialini

Harmont & Blaine

Essedi (Antony Morato)

Primadonna

Arcadia (Dondup)

Crivelli

Giorgio Fedon & Figli

Fabiana Filippi

65,8

51,2

50,4

47,4

46,8

44,7

42,6

32,8

29,5

29,3

26,6

25,6

25,5

25,2

22,7

22,0

44,7

42,6

In alto, un recente store Harmont & Blaine a Mosca. In ottobre il 35% del capitale del brand è stato rilevato dal fondo Clessidra. Accanto, un look Antony Morato: il marchio è fra le new entry di Elite e nella classifca dei brand più appealing di ICM Research

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20 12_10_2014

Sotto osservazione i ricavi annuali delle maggiori aziende italiane di abbigliamento e accessori e le relative performance. Tra le “lepri” alcuni grandi del lusso ma anche imprese small size

business anaLISI

a cura della redazione

In attesa che le aziende italiane della moda discutano il bilancio 2014 - che dovrà scontare “imprevisti” come la

crisi Europa-Russia, le tensioni a Hong Kong, il rallentamento cinese e, non ulti-ma, la recessione in Giappone - Fashion pubblica la classifica delle 50 maggiori società italiane, attive nell’abbigliamento e accessori (eyewear escluso), in base al fatturato 2013.

prada e gucci sopra i 3 miliardi di euro

Prada spicca, al vertice, con ricavi che sfiorano i 3,6 miliardi di euro, in aumen-to del 9% rispetto al 2012. Una crescita sostenuta - e per il quarto anno conse-cutivo, nonostante «il quadro macroeco-nomico complesso e l’euro forte» - che il management spiega con l’espansione nel mercato mondiale dei beni di lusso e «una presenza retail nelle location in-ternazionali più prestigiose». E poi c’è l’offerta, che coniuga «qualità, innova-zione stilistica ed eccellenza nel servizio

alla clientela». Al secondo posto nella graduatoria, grazie a un volume d’affa-ri sopra i 3 miliardi, emerge il marchio fiorentino Gucci: il business maggiore in capo al colosso francese Kering lo scorso anno ha però accusato un calo del 2,1%. Anche di recente, dopo alcuni quarter con segno meno, la griffe delle due G è stata presa di mira dagli analisti finanziari, che hanno accusato il brand di scarsa capacità innovativa e criticato le politiche di pricing: sarebbero stati eliminati troppi prodotti del segmento “accessibile” e aumentati i prezzi medi, senza incrementare la produzione di proposte nel lusso estremo (tra i 2.500 e i 4.500 euro, in valore). Sul terzo gradino del podio c’è la Giorgio Armani, con 2,2 miliardi di ricavi, in aumento del 4,5% sull’anno prima. Nel 2013 il gruppo ha continuato a espandere il network di-stributivo, che ha raggiunto i 2.473 punti vendita worldwide. Gli investimenti, che riguardano anche una maggiore integra-

zione e ottimizzazione della supply chain, hanno raggiun-to i 100 milioni di euro.

c’è chi cresce di oltre il 20%

Dando un’occhiata alle per-formance, salta agli occhi il +25% messo a segno da Valentino Fashion Group che - sotto la guida creativa di Maria Grazia Chiuri e Pierpaolo Piccioli e con al timone Stefano Sassi - ha raggiunto i 490 milioni di ricavi. Il gruppo beneficia

anche dell’arrivo di un nuovo proprie-tario (e conseguente ricapitalizzazione), Mayhoola Lux, la società del Qatar ri-conducibile all’emiro Hamad bin Khali-fa al Thani, che nel 2012 è subentrato al fondo Permira. Tra quanti sono riusciti a spuntare tassi di crescita a due cifre ci sono anche i piumini di alta gamma Moncler (+18,8%), che nel dicembre 2013 si sono quotati alla Borsa di Mila-no. La Gianni Versace, che quest’anno ha aperto il capitale al fondo Blackstone

fatturati della modaa confronto

Chi SALE e chi SCENDE

1

2

4

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21 12_10_2014

LA TOP 50 DEL FASHION ITALIANO

Società Marchi Ricavi 2013 Ricavi 2012 Var.%

Gruppo Prada (+) Prada, Miu Miu, ChurchÕs e altri 3587 3290 9,0

Gucci Gucci 3561 3639 -2,1

Giorgio Armani Giorgio Armani, Emporio Armani e altri 2186 2091 4,5

Benetton Group * United Colors of Benetton, Sisley e altri 1600 1800 -11,1

Calzedonia Calzedonia, Intimissimi e altri 1665 1503 10,8

OTB Holding Diesel, Dsquared2, Marni e altri 1572 1508 4,2

Max Mara Fashion Group Max Mara, Marina Rinaldi, Marella e altri 1289 1300 -0,8

Ermenegildo Zegna Z Zegna, Ermenegildo Zegna e altri 1270 1261 0,7

Salvatore Ferragamo Group Salvatore Ferragamo 1258 1152 9,1

Bottega Veneta Bottega Veneta 1016 945 7,5

Tod’s Group TodÕs, Hogan, Fay, Roger Vivier 968 963 0,5

Dolce & Gabbana * (+) Dolce & Gabbana 1000 959 4,2

Miroglio Fashion Motivi, Elena Mir˜ e altri 683 750 -8,9

Geox Group Geox 754 808 -6,6

Golden Lady Company Filodoro, Omsa, Sisi e altri 622 624 ±0

Moncler Moncler 581 499 18,8

Teddy Group Terranova, Calliope, Teddy e altri 506 411 4,3

Valentino Fashion Group Valentino, M Missoni 490 390 25,0

Loro Piana Loro Piana 484 462 4,7

Gianni Versace Versace, Versus e altri 480 409 17,2

Basicnet Superga, K-Way, Jesus Jeans e altri 435 434 0,2

Etro Etro 325 320 1,6

Brunello Cucinelli Brunello Cucinelli 322 279 15,4

Liu Jo Liu Jo, Ajay e altri 281 273 3,0

Pianoforte Holding Yamamay, Jaked, Carpisa 272 269 1,1

Aeffe Moschino, Alberta Ferretti, Pollini 251 254 -1,2

Furla Furla 228 212 7,5

Imap Export Original Marines 227 225 0,9

Imac Igi & Co., Primigi 220 205 7,3

Canali Canali 214 211 1,4

Fashion Box Replay 204 219 -6,8

Roberto Cavalli Roberto Cavalli, Just Cavalli e altri 201 184 9,2

Bag NeroGiardini 191 206 -7,3

Dama Paul&Shark 170 170 ±0

Light Force Twin-Set Simona Barbieri, Scee by Twin Set 177 145 20,4

Stefanel Stefanel, High 167 187 -10,7

Cris Conf Pinko, Toy G 165 165 ±0

Gruppo Capri Alcott 155 120 29,0

Imperial Imperial, Please 154 119 29,0

Corneliani Corneliani 130 137 -5,1

CSP International Sanpellegrino, Orobl•, Lepel e altri 129 135 -4,4

Tessilform Patrizia Pepe 130 130 ±0

Luisa Spagnoli Luisa Spagnoli 125 127 -1,6

Vicini (+) Vicini, Giuseppe Zanotti Design 115 85 35,0

Baldinini Baldinini 111 105 5,7

Jil Sander * Jil Sander 110 110 ±0

Betty Blue Elisabetta Franchi, Betty Blue 106 105 0,9

Ciro Paone Kiton 105 94 11,7

Dati in milioni di euro* Stime (+) Il Gruppo Prada ha chiuso il bilancio il 31 gennaio 2014, Dolce & Gabbana il 31 marzo 2014 e Vicini il 31 ottobre 2013

(20% la quota ri-levata) ha messo a segno un +17%, sostenuto da un +19% delle ven-dite retail e da un +16,6% del who-lesale. La strate-gia di espansione «garbata» di Bru-nello Cucinelli ha permesso al suo gruppo di ac-celerare a un tas-so del 15%. 322 milioni i ricavi annuali dell’a-zienda umbra del cashmere, sbar-

cata a Piazza Affari nel 2012. A soste-nere il trend è la forte vocazione all’ex-port (quasi l’80% delle vendite totali) e i successi soprattutto in Greater China (+52%), Nord America (+23%) ed Euro-pa (+20%). Sul mercato italiano, invece, ha accusato un -2,9%. Anche nella par-te bassa della top 50 si trovano imprese della moda in corsa. Come la Light Force, che controlla il marchio Twin-Set Simo-na Barbieri: nel 2013 è cresciuta di oltre il 20% a 177 milioni di euro. Il Gruppo Capri, proprietario del brand Alcott, ha registrato un +29% (a 155 milioni) come anche un’altra realtà della moda, Impe-rial (a 154 milioni), specializzata nella fast fashion. Nelle calzature si mette in luce Vicini, che controlla anche il marchio Giuseppe Zanotti Design: +35% la per-formance della società, che lo scorso apri-le ha ufficializzato l’ingresso, tra i soci, di L Capital Management e L Capital Asia, società di private equity sponsorizzate da Lvmh, che hanno acquistato il 30% del capitale. Da rilevare che, nella lista delle 50 aziende, quelle con numeri in flessione sono poco più di una decina. n

1. La mostra di Gucci “Forever Now - The Icons”, a Mosca fno all’11 gennaio2. La sflata Prada spring-summer 2015 3. Pierpaolo Piccioli e Maria Grazia Chiuri designer di Valentino: lo scorso anno la griffe ha registrato un +25% del fatturato 4. Un look Imperial: nel 2013 l’azienda è cresciuta del 29%

3

Page 22: Fashion 24 2014

22 10_12_2014

1. Il flm pubblicitario di Chanel Nº 5 con protagonista la top Gisele Bündchen. Diretto da Baz Luhrmann, il movie su YouTube ha ottenuto quasi 7 milioni di visualizzazioni2. Un’immagine che evidenzia l’importanza dei social (da Decoded Fashion)3. Il motore di ricerca Google, il nuovo “padrone” del mercato pubblicitario online

La pubblicità corre sul web

Il mercato pubblicitario continua a ral-lentare, eppure la corsa di Internet è inarrestabile. Lo spartiacque è stato nel

2013, quanto i ricavi online hanno supe-rato quelli a mezzo stampa (1,8 miliardi di euro di fatturato contro i 1,4), ma a un anno di distanza la forbice si è ulterior-mente divaricata: mentre l’intero settore si avvia a chiudere il 2014 con un ennesi-mo calo (secondo Nielsen, nei primi nove mesi è stato del -3,2%, con l’advertising dell’abbigliamento in flessione del 4,6%), le sponsorizzazioni totali sul web guada-gnano ancora posi-zioni, volando a quasi 2 miliardi di euro, con una crescita a doppia cifra (+12,7%) e una fetta dell’intera tor-ta pubblicitaria pari al 25% (dati Iab su rilevazioni Nielsen e Politecnico di Mila-no). Cifre che parla-no chiaro: i giornali, ma anche la Tv, che a livello generale pola-rizza ancora la mag-gior parte degli inve-stimenti, devono oggi

di Angela Tovazzi

business comunicazione

fare i conti con l’exploit di un canale in grado di offrire minore esposizione finan-ziaria, semplificazione della pianificazio-ne e massimizzazione degli investimenti. Sfidando una corazzata composta da veri colossi della Rete, in campo per la leader-ship: in primis Google, che secondo stime non ufficiali (il player di Mountain View da tre anni fornisce i dati dei ricavi in Ita-lia all’AgCom come cortesia e con obbligo di riservatezza) è il dominus dell’arena competitiva, con una raccolta pubblicita-

1

2

ria pari a circa 1,1 miliardi, il 55% delle vendite totali sul web. «Internet - spiega Michele Marzan, vicepresidente di Iab Italia - è ormai il secondo media pubblici-tario dopo la televisione, tanto che agen-zie e aziende si stanno sempre più strut-turando per rispondere efficacemente alle nuove esigenze di fruizione ìmultipla” dei contenuti, grazie alla combinazione di mezzi e risorse». Sì, perché oggi la vera ri-voluzione non è tanto il sensibile sposta-mento dei budget sul digital marketing,

trend che vediamo da qual-che anno, quanto l’avan-zata del cosiddetto ìnew Internet”, con nuove forme di dialogo con i consuma-tori che permettono anche pianificazioni in un’ottica di cross-device. Se infatti a trainare il mercato sono ancora sistemi tradizionali come i banner (che cre-scono dell’8,2% ma stan-no rallentando), l’e-mail advertising e soprattutto il search, ossia le sponsoriz-zazioni legate ai motori di ricerca (che mantengono saldamente la leadership, con una progressione del

Aumentano le inserzioni su Internet, nonostante la crisi. Dopo aver superato i ricavi sulla carta stampata, la pubblicità online continua a crescere, e a doppia cifra, mentre l’intero mercato si appresta a chiudere l’anno con un ennesimo calo. Boom del “programmatic advertising” e delle promozioni su misura

3

in iTaLia

Internet advertising - Investimenti in ItaliaRielaborazione IAB su dati Nielsen e PoliMi - mio E

Totale Internet (mio E)

Page 23: Fashion 24 2014

23 10_12_2014

Il digital advertising, come abbiamo visto, continua a erodere quote ai format di pubblicità

tradizionale, stampa in primis. Eppure per il settore del fashion le pagine patinate dei

magazine di moda restano un atout per l’impatto emozionale che riescono a suscitare. Lo

dimostra l’andamento degli investimenti in base alle stime della società milanese Visual

Box, che ha stilato la classifca dei 400 top spender del settore sui periodici internazionali,

disegnando (per i marchi più importanti) la geografa degli investimenti. Risultato: tra gennaio

e settembre 2014 la crescita delle advertising page su scala mondiale è stata di circa il 18%,

pari a oltre 15mila pagine in più rispetto all’analogo periodo del 2013, mettendo a segno

incrementi spesso a due cifre (nella tabella la top ten). Con

sorprese signifcative per quanto riguarda le destinazioni più

gettonate: «Di fronte a un’Italia statica, che sostanzialmente

mantiene le posizioni ma non avanza - commenta Paolo

Valota, alla guida di Visual Box - in quanto ad appeal nei

primi nove mesi dell’anno hanno conquistato terreno Stati

Uniti e Germania, con aumenti nell’ordine del 40%». Le

quote di mercati chiave per il fashion come la Francia e

il Regno Unito sono rimasti più o meno invariati, con una

progressione di 7-10 punti percentuali, «mentre a rallentare

- evidenzia Valota - sono Cina, Corea e, per ovvi motivi, la

Russia». Un discorso a parte meritano i cosiddetti emerging

market, quelli che stanno attirando capitali stranieri e

raccogliendo buoni feedback a livello di consumi: «Nelle

pianifcazioni pubblicitarie - dice Valota - sono soprattutto

tre le aree che si stanno ritagliando spazi progressivamente

maggiori: Brasile, Turchia e Messico. Anche da parte delle

industrie made in Italy». (a.t.)

La pubblicità sulla carta stampata rimane un must per il settore fashion, che sta dirottando parte dei budget verso nuove destinazioni. Con meno Russia, pi• Germania e Usa. E altri Paesi in accelerazione

Paolo Valota

14%), a crescere prepo-tentemente sono segmenti come il video (+25%, per un valore pari a 300 milio-ni di euro), i social network (+ 70%, pari a 70 milioni di euro), il mobile (+50%, per

290 milioni di euro), con un picco emble-matico di quella che viene chiamata ìpub-blicità programmatica”, che anche in Italia si sta imponendo come frangia più inno-vativa del display advertising. Una moda-lità cresciuta nel 2014 a tre cifre (+120%) grazie a 110 milioni di investimenti, dove a farla da padrone è ancora Google, accan-to ad altri leader come Rubicon Project, e che si sviluppa sulla vendita automatiz-zata, ossia su inserzioni in tempo reale in base alla profilazione e alle abitudini di navigazione degli internauti. Detto in altre parole, promozioni ìsu misura”, visi-bili solo al singolo utente, che - cookie e privacy permettendo - si stanno delinean-do come la sfida del futuro. Vincenti pro-prio perché, come spiega Marzan, grazie a «targettizzazioni specifiche, sia dal punto di vista socio-demografico che da quello della geolocalizzazione, sia in base alle preferenze dei consumatori, offrono am-biti di azione mirati». Con la possibilità di strategie complementari: «Il video online rende fruibile ovunque il tradizionale at-taccamento al mezzo televisivo senza per questo sostituirlo, gli smartphone e i ta-blet sono ormai il secondo schermo dopo la Tv e addirittura davanti al pc, il social aiuta la condivisione real time dei conte-nuti». Ed è solo l’inizio. n

I I big spender sullo scacchiere internazionale

BRAND Pagine pubblicitarie

2013 2014 VAR. VAR.%

1. Chanel 3.418 3.910 492 14%

2. Louis Vuitton 2.471 3.012 542 22%

3. Prada 2.636 2.925 289 11%

4. Dior 2.433 2.553 120 5%

5. Gucci 1.821 2.188 367 20%

6. Giorgio Armani 1.824 2.016 192 11%

7. Max Mara 1.574 1.910 336 21%

8. Dolce&Gabbana 1.312 1.508 196 15%

9. TodÕs 1.367 1.490 123 9%

10. Cartier 1.224 1.403 180 15%

Fonte: Visual Box

La copertina di Vogue Brasil. In alto a destra, la campagna pubblicitaria di Louis Vuitton per l’autunno-inverno 2014/2015

Va’ dove ti porta il business

Moda E Carta Stampata

Page 24: Fashion 24 2014

24 10_12_2014

business comunicazione

Pianificazioni sempre più internazio-nali, campagne sempre più digitali: due tendenze indiscutibili che gui-

dano le strategie di comunicazione delle aziende italiane della moda. Il fenomeno della globalizzazione, unito agli effetti della crisi, ha reso imprescindibile inve-stire al di fuori dei confini nazionali, sia per i grandi nomi del prêt-à-porter, sia per le aziende di medie dimensioni. Di conseguenza è diventato fondamentale trasmettere adeguatamente i propri va-lori a consumatori spesso lontanissimi geograficamente ma anche culturalmen-te, andando a colpire il giusto target. A rendere più veloce e mirata la diffusio-ne dei messaggi c’è il digitale, che nelle sue multiformi sfaccettature è divenuto un veicolo sempre più attuale e soprat-tutto imprescindibile. «Oggi - conferma Bernard Kedzierski, managing direc-tor di K.Media, concessionaria di testate straniere - la metà degli investimenti in comunicazione delle aziende del settore moda sono rivolti all’estero, quota che può salire fino al 70-80% e in alcuni casi toccare il 100%. Uno scenario che riflet-te le difficoltà del mercato italiano e la conseguente necessità per diverse realtà di promuovere i propri prodotti e la pro-pria immagine oltrefrontiera». Ad aggra-vare la situazione nel mercato interno interviene anche la perdita di appeal di molta della stampa italiana, a sua volta penalizzata dalla recessione. «Il mercato soffre anche a causa di un downgrading qualitativo che, invece, non investe na-zioni come Francia, Inghilterra e Germa-nia - spiega Andrea Tremolada, diret-tore comunicazione del Gruppo Rober-

Media mix in trasformazione per le pianificazioni delle aziende italiane del fashion: in un contesto globale i budget per gli investimenti internazionali diventano sempre più consistenti, mentre guadagna costantemente terreno il digital, più rapido, mirato e misurabile. Ma il ruolo della stampa non si discute

di Carla Mercurio

1. L’affssione interattiva dedicata al profumo MY Burberry2. Un adv di Diesel sulla versione online del quotidiano francese Le Monde 3. Un’immagine della campagna resort 2015 di Prada

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La comunicazione DeLLa moDa

SemPre più globale, sempre più virtuale

to Cavalli, che spende oltreconfine il 90% dei propri budget nell’advertising -. Gli editori hanno tagliato i borderò ai direttori e i contributi redazionali si sono notevolmente ridotti. Per giunta sono spariti i settimanali che fanno ap-profondimento, mentre restano solo pe-riodici e quotidiani».

Quotidiani e periodici:

come orientarsi nel mercato globale

Quali sono le scelte da operare nel mare magnum delle testate cartacee diffuse in tutto il mondo? «Bisogna selezionare uno o due giornali “di base” molto ancorati al settore, tipo Vogue, Vanity Fair, Harper’s Bazaar o Elle e, se si vuole dialogare con la rete distributiva, optare per una testa-ta trade come Fashion - consiglia Ber-nard Kedzierski -. Quanto ai quotidiani, si tratta di mezzi fondamentali in occa-sione di eventi molto importanti o per aziende con una brand awareness forte, che sviluppano anche linee di accessori». In ogni caso occorre individuare la giusta testata in ogni singolo Paese. In Francia, fra i giornali più accreditati per i fashion brand ci sono il Le Monde con il supple-mento settimanale (M) e Le Figaro, nel Regno Unito non si può prescindere dal Daily Telegraph, in Germania sono rac-comandati il Die Zeit (è un settimanale ma ha il formato di un quotidiano), il Süddeutsche Zeitung, il Frankfurter Allge-meine Zeitung e Die Welt, in Olanda c’è il Nrc Handelsblad, negli Stati Uniti il New York Times con il T magazine e il Wall Street Journal con il suo magazine. Le scelte diventano più complesse in Paesi più lontani, dove per questioni di lingua

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e di mancanza di obblighi di certificazio-ne è difficile capire la reale circulation. Fra i nomi su cui andare a colpo sicuro in Russia spiccano il Kommersant e il Ve-domosti, che hanno anche supplementi lifestyle interessanti, in Cina i quotidiani in inglese per la comunità occidentale come il China Daily e il South China Mor-ning Post o lo Shanghai Evening News, mentre nelle metropoli di second tier si opta per i giornali locali. E siccome ormai quotidiani e periodici hanno anche un sito Internet, è ovvio che le opportunità di visibilità si moltiplicano.

scelte mirate per un valido investimentoA proposito di visibilità, non si discute il valore delle affissioni, che danno la chan-ce di rivolgere messaggi di impatto a un pubblico vastissimo, in transito nelle vie e nelle piazze strategiche delle gran-di città, negli aeroporti e nelle stazioni ferroviarie. Quanto alla televisione, si tratta del mezzo di elezione per la pro-mozione di profumi ma è poco gettonata per abbigliamento e accessori. Rimane comunque difficile generalizzare, a pre-scindere da quelli che sono gli obiettivi e le priorità di ciascun brand. «Per ottene-re la miglior efficacia del proprio media plan - suggerisce Alessandra Persico, amministratore delegato del centro me-dia Absolute Media - è indispensabile a monte analizzare tutte le opportunità che il mercato offre, al fine di individuare i migliori indici di affinità e non disper-dere le proprie risorse».

digitale in ascesa costante, ma con la stampa è Questione di feelingDi sicuro una fetta sempre più consisten-te degli investimenti in comunicazione è rappresentata dal digitale, anche se il comparto della moda ha proprie pe-culiarità da cui non si può prescindere. «L’online - rivela il responsabile dell’uf-ficio stampa e media mondiale di un’im-portante azienda quotata in Borsa - è un mezzo più veloce di diffusione di messag-gi ma la stampa è più mirata per quanto riguarda il posizionamento e l’immagine. L’online non fa branding ma è di suppor-to al commerciale ed è vitale per quei marchi che hanno più linee ed estensioni di prodotto». D’accordo Alessandra Per-sico: «Per le aziende della moda la pub-blicità “fisica” ha una valenza e un’emo-zione difficilmente riproducibili, quindi di norma sconsigliamo di spostarsi trop-po sul web». Un assunto che non trova d’accordo alcuni protagonisti del settore. Basti pensare a Burberry, che del digita-

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business comunicazione

le ha fatto il proprio cavallo di battaglia nelle strategie di rilancio dell’etichetta. O di Diesel, che con Burberry condivide questo approccio pionieristico. «Siamo stati i primi al mondo a dotarci di un sito di e-commerce nel 1995, quando la ven-dita su Internet era decisamente scono-sciuta ai più - chiarisce un portavoce del marchio del mohicano -. Ancora oggi sia-mo all’avanguardia, sia nelle vendite che nelle scelte di comunicazione online: due aspetti importantissimi». Emblematica la campagna dell’inverno in corso, molto presente a livello digitale e non solo nei media tradizionali, con una forte target-

tizzazione che ha coperto diverse aree, dai principali social alle home page delle più importanti pubblicazioni, con opera-zioni di retargeting per massimizzare il traffico sul sito e-commerce e iniziative di lookalike su Facebook.

dati in progress sul web, ma l’italia va piÙ a rilentoUn insegnamento, quello di Diesel, che molte aziende italiane stanno seguen-do, anche se in ritardo rispetto alle col-leghe d’oltreconfine. Basti pensare che una griffe come Prada, che nel 2015 ha in programma un ulteriore sviluppo dei canali social con progetti dedicati, sta modificando la struttura organizzativa aziendale con l’inserimento di compe-tenze specifiche. «Essendo Prada un marchio globale, il peso dell’investimen-to pubblicitario nel digitale è aumenta-to di anno in anno, coerentemente con l’evoluzione del mercato media e con la sensibilità dei consumatori nei confronti del web», rivela un portavoce della casa di moda. I dati in generale sono emble-matici e parlano di una percentuale di investimenti pubblicitari che nel digitale raggiunge una quota del 10-15% circa, con picchi di realtà come Burberry che, secondo i bene informati, sarebbe atte-stata su una quota superiore al 50%. Il trend è in ascesa: si calcola che gli inve-stimenti nel digitale siano in aumento a un ritmo del 25-30% l’anno a livello glo-bale. In questo scenario, l’Italia corre un po’ meno, ma comunque dimostra sem-pre più sensibilità alle logiche del web. n

il giusto media mix

Quali sono le linee guida da

seguire in questo momento

nel mondo della rete, senz’altro

più complesso rispetto a quello dei

media tradizionali, non foss’altro

perché meno conosciuto? Lo

abbiamo chiesto a Stefano

Vendramini, media director della

business unit Media-Marketing

di Triboo Digitale, che nel settore

della moda annovera clienti come

Prada, Stefanel, Salvatore

Ferragamo e Les Copains.

«Gli investimenti media digitali si

suddividono prevalentemente in due

macro obiettivi: brand awareness

e performance. Per gli obiettivi

di brand awareness i principali

investimenti sono su campagne

display e social adv. Per quanto

riguarda il display, i formati suggeriti

sono banner, video e skin, veicolati

attraverso i principali editori, da

Condé Nast a Hearst, da Rcs a

Mondadori, per citarne alcuni». In

particolare, chiarisce Vendramini, i

modelli di pianifcazione e gestione

delle campagne avvengono in open

market tramite il modello rtb (real

time bidding) affdato a importanti

player come Rocket Fuel e

Adform. Per quanto riguarda i

social adv, i network di riferimento

sono tuttora Facebook, Twitter,

Instagram e Linkedin. Nella sfera

della performance gli investimenti

si orientano su campagne sem,

ossia le keyword advertising sui

motori di ricerca (Google in primis),

retargeting (campagne display

che inseguono l’utente nella sua

navigazione su Internet), le affliation

(display pianifcati su circuiti di

piccoli editori affliati) e infne

l’email marketing, che si avvale di

database proflati. Ovvviamente il

media mix varia a seconda degli

obiettivi da centrare, della time

line e dei mercati di riferimento,

ma in linea di massima un format-

tipo prevede una quota del 45%

indirizzata alla modalità search,

un 10% al retargeting, un 10% ai

social media, un 15% all’rtb, un

10% all’affliation, un 5% all’email

marketing e un 5% ad altro.

online

1. Rita Ora, testimonial della campagna Roberto Cavalli autunno-inverno 2014/20152. Un’immagine della campagna Moncler autunno-inverno 2014/2015 scattata da Annie Leibovitz 1

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promotion

Valentin Zanin

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Il denimwear 100% mediterraneoNei capi in denim di Le Temps des Cerises e Japan Rags, nati a Marsiglia, si concentra il meglio del dna mediterraneo, sintesi di qualità e autenticità. Del resto, è da qui che è partita la grande avventura del jeans. E il meglio deve ancora venire.

Il jeanswear non è nato in america, ma nel

bacino del Mediterraneo, tra Genova

(da cui la parola “jeans”) e nîmes, terra

d’origine del denim (“de nîmes”).

a metà strada tra queste due città si trova

Marsiglia, crocevia di culture e creatività.

Qui Gil Richardière e il fglio Lylian hanno

fondato nel 1998 Le Temps des Cerises,

sinonimo di jeans “100% mediterranei”,

inizialmente declinati solo al femminile

e poi, grazie all’introduzione della linea

Japan Rags, anche al maschile. Jeans

che si diversifcano da tutti gli altri perché

posseggono un dna e una personalità

autentici, con la qualità sempre in primo

piano. Gran parte del denim utilizzato, ma

anche i flati e le etichette, provengono

dall’Italia, con lavorazioni realizzate in

Spagna per quanto riguarda le etichette in

pelle. La produzione è affdata ad aziende

tunisine, marocchine e portoghesi, tutte

sostenibili e in linea con gli standard ISO:

il che signifca, per esempio, che l’acqua

di scarico degli impianti, prima di essere

immessa nell’ambiente, viene “purifcata”

all’interno degli stabilimenti. Il prodotto

che arriva nei negozi è frutto di controlli

accurati fno al più piccolo dettaglio, come

si faceva una volta. Questo non signifca

scarsa attenzione all’innovazione: all’interno

delle proposte frmate Le Temps des

cerises e Japan rags c’è spazio per i capi

“Heritage”, i più “autentici”, ma anche per i

“Morpho-jeans” (che utilizzano la “Tri-Blend

technology” a base di Lycra per garantire

un comfort superiore), i “Pulp” che esaltano

le curve grazie a speciali accorgimenti, i

“Blue-jogg” fatti con una speciale “fanella

indigo”. E l’elenco potrebbe continuare.

competitivi i prezzi: spendendo fra gli 80 e

i 150 euro si portano a casa capi resistenti,

affdabili, fashion, belli da vedere e comodi

da indossare.

Saremo presenti a:

PITTI UOMO – SHOW anD OrDEr – MODE FaBrIEK

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Trussardi, torna la Jeans più giovane e selettiva

La maison del levriero riporta sul mercato la linea Jeans. «Una rivoluzione a 360 gradi», che prevede anche l’apertura di 25 monomarca entro il 2017. Intanto, in linea con la strategia di riposizionamento del gruppo, arriva una serie di nuove licenze

Nuove energie, un piano industriale a medio-lungo termine, che preve-de la riorganizzazione distributiva,

la decisione di mantenere in Italia alme-no il 50% della produzione, oltre all’uf-ficio stile. Su questo mix di elementi si basa il piano di rilancio che Trussardi ha messo a punto per la linea Jeans, nata nel 1987 e congelata due anni fa «per fare pulizia nella distribuzione e per aggiornare lo stile», spiega Tomaso Trussardi, ceo della griffe bergamasca con oltre 100 anni di storia. «Abbiamo fatto - aggiunge - un lavoro di selezio-ne del canale wholesale, passando da 1.500 clienti a mille, ma con ordini medi più alti, intorno a 30mila euro». La strategia di riposizionamento della linea sarà in chiave selettiva e interna-zionale. A partire dall’autunno-inverno 2015 Trussardi Jeans sarà presente in department store come Coin, La Rina-scente, Harrods, Galeries Lafayette e El Corte Inglés. In mercati strategici come la Russia e la Cina saranno sigla-te partnership con distributori locali. I negozi monomarca - attualmente due, a Milano e Verona - diventeranno 25 entro il 2017. Ma la rivoluzione Jeans non riguarda solo la distribuzione. «È a 360 gradi - dice Gaia Trussardi, di-rettore creativo della casa di moda - e

di Andrea Bigozzi

1. Gaia Trussardi, direttore creativo di Trussardi2. Tomaso Trussardi guida l’azienda di famiglia, che chiuderà il 2014 con 160 milioni di ricavi 3 e 4. Due look della collezione Trussardi Jeans inverno 2015, presentati con una sflata evento a Milano

business IN prImo pIaNo

investirà tutti gli aspetti del gruppo, dal prodotto alla comunicazione». Con il 50% della produzione made in Italy, la Jeans parlerà ai giovani e avrà prez-zi accessibili: i capi in denim andranno dagli 85 ai 220 euro. «Il mood - sotto-linea Gaia - è rilassato e casual, ma an-che elegante. Non ci siamo limitati al denim, ma abbiamo introdotto alcuni capi in pelle, a cui tengo particolar-mente e che in passato trovavamo solo nella prima linea o nella Tru. La nuova Jeans si è evoluta e ora è perfettamen-te in linea con il dna del marchio». De-nim e seconda linea a parte, il gruppo Trussardi conta di chiudere il 2014 con un fatturato di 160 milioni di euro in crescita del 10%. «Se aggiungia-mo il business delle licenze e il mercato giapponese, il nostro giro d’affari raggiunge quota 400 milioni». Cifre destinate ad essere superate, grazie a una serie di nuove licenze: oltre a quella con Morella-to per gli orologi (vedi box), sono in arrivo anche l’un-derwaer Trussardi Jeans e il beachwear di Tru, realizzati in tandem con Tollegno, e gli accessori per smartphone con Samsung. n

Morellato mette l’orologio al levriero

Morellato frma il ritorno al mondo

del’orologeria per Trussardi. L’accordo

tra i due gruppi era stato annunciato la scorsa

estate, ma la collezione debutta nelle boutique

della griffe di moda in Italia e all’estero in questi

giorni. La distribuzione internazionale nei canali

specializzati partirà invece all’inizio del 2015.

Obiettivo: 10 milioni di euro all’anno entro il 2018.

«Per noi - ha sottolineato Tomaso Trussardi

- è un ritorno nel mondo dell’orologeria, dove

eravamo negli anni Ottanta, con mio padre

che era un grande appassionato». La linea

completa di modelli per uomo e per

donna, tutta Swiss made, è composta

da 10 modelli da uomo e otto femminil.

«Si tratta di un incontro tra due tradizioni

manifatturiere», ha dichiarato il presidente

e a.d. di Morellato, Massimo Carraro,

ricordando che Trussardi nasce come azienda di

guanti e Morellato di cinturini.

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business case history

L’Italia? «Noi ci crediamo»Per il colosso del cristallo il Bel Paese rappresenta il quarto mercato per fatturato e il secondo per numero di pezzi venduti. Tanto che gli investimenti continuano, a partire da Milano

Quasi 300 metri quadri di superficie espositiva su tre piani, sette vetri-ne, qualcosa come 15mila prodotti

a disposizione. Siamo in corso Vittorio Emanuele a Milano, dove Swarovski ha appena inaugurato il suo primo flagship store italiano. Un negozio con tutto l’uni-verso del big austriaco del cristallo, che si aggiunge ai 250 punti vendita mono-marca e ai circa 700 clienti multimarca sparsi su tutta la Penisola. «Un progetto che testimonia la volontà dell’azienda di investire ancora sul mercato italia-no, quarto per fatturato e secondo per numero di pezzi venduti dopo gli Stati Uniti», spiega al nostro giornale Miche-

le Molon, dal 2010 managing director di Swarovski Consumer Goods Busi-

ness Italia, divisione che gestisce i pro-dotti finiti, dai gioielli agli orologi, dagli accessori all’oggettistica, fino ai pezzi da collezione. «Per noi - aggiunge - è una grande sfida: stimiamo fra i 350 e i 400mila visitatori e 150mila scontri-ni l’anno». Una tappa fondamentale, e ad alta visibilità, per l’espansione del brand nel Bel Paese, che ha in agenda

di Angela Tovazzi

già un altro appuntamento clou: «Dopo Milano - anticipa Molin - toccherà a una piazza strategica come Roma, dove a fine 2016 arriveremo con un flagship in via Del Corso». Importanti investimenti che non toglieranno energie al proces-so di upgrading distributivo intrapre-

so da Swarovski da qualche anno con il nuovo concept “Crystal Forest”, che sta continuando a spron battuto: «Nel 2014 il restyling ha toccato circa 120 negozi ed entro il 2015 procederemo con un altro centinaio. Per arrivare a coprire l’intero network italiano all’i-nizio del 2017». «Ma oltre a mantenere i clienti e le posizioni fin qui acquisite, puntiamo a crescere», ribadisce Mo-lon. In primis a livello merceologico: «In futuro - spiega - punteremo con decisione sul segmento degli orologi donna, che stanno raccogliendo buoni feedback dal mercato, con l’obiettivo di raggiungere il 20% dei ricavi nel giro di tre anni». n

1. Il fagship store di Swarovski in corso Vittorio Emanuele a Milano2. Michele Molon, managing director di Swarovski Consumer Goods Business Italia 3. Il bracciale Stardust, lanciato a ottobre 2014 e già best seller 4. La campagna pubblicitaria di Lolaandgrace

swarovski

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Dna austriaco, ambizioni internazionali

Dopo essere approdato a Roma nello shopping center Euroma 2 e nel

capoluogo lombardo con un negozio in corso Buenos Aires e uno shop-in-shop

da Coin in piazza Cinque Giornate, Lolaandgrace (marchio giovane e fashion

lanciato da Swarovski nel 2012) ha recentemente fatto il bis nel cuore di Milano,

con un monomarca in via Dante. Una nuova tappa dell’avanzata del brand nelle

fila dell’auzienda austriaca in Italia, che grazie alla posizione strategica promette

di beneficiare del futuro afflusso di visitatori in arrivo in città per l’Expo. «Il vostro

Paese - spiega la general manager Nina Müller (nella foto) - è un mercato chiave per Lolaandgrace.

Tanto che è la seconda nazione in cui abbiamo deciso di lanciare il brand dopo il Regno Unito, dove

contiamo sette negozi». «Siamo sempre alla ricerca di nuovi punti vendita strategici - continua - anche

se al momento non abbiamo progetti retail imminenti. Stiamo invece spingendo molto sui multimarca:

basti pensare che in Italia, nel giro di un anno, siamo arrivati all’interno di 100 shop Bluespirit (catena

di Morellato Group, ndr)». Nuovi investimenti retail sono previsti in Germania e Francia, per spostarsi

successivamente in Australia, Usa e America Latina. (a.t.)

LOLAANDGRACE

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Un mondo di innovazioni

Siamo a Govone, vicino ad Alba, in provincia di Cuneo: è qui che bat-te il cuore tecnologico del Gruppo

Miroglio, con 829 milioni di euro di fatturato nel 2013 una delle realtà di spicco del sistema tessile-abbigliamen-to nel nostro Paese. La divisione Texti-le - che in loco dà lavoro a 240 persone e produce per primarie realtà del fast fashion a livello internazionale, oltre che per la consorella Miroglio Fashion - iniziò circa cinque anni fa un percorso di riconversione tecnologica, culminato in un assoluto salto di qualità. “Il 70% della nostra produzione avviene ad oggi con nuovissime stampanti di ma-trice digitale, a bassissimo impatto am-bientale per quanto concerne il consu-mo di acqua, energia e solventi nocivi”, spiega Andrea Ferrero, amministra-tore delegato della divisione. Il gruppo piemontese ha infatti investito nell’arco degli ultimi tre anni 15 milioni di euro per dotarsi di macchinari di ultimissi-ma generazione. Si tratta di un investi-mento, con i tempi che corrono, di tutto rispetto anche per una realtà che come divisione fattura 135 milioni di euro e impiega in totale 580 persone. Ed è pro-prio a tutela della forza competitiva del proprio territorio che la famiglia pro-prietaria del Gruppo ha scelto di agire. “In termini di meri costi è per noi oggi

business Filiera

La divisione Textile, fiore all’occhiello del Gruppo Miroglio, in seguito a una significativa opera di ammodernamento tecnologico si colloca ora ai vertici del mercato in termini di ecosostenibilità. Anche i clienti al di fuori del gruppo apprezzano

di Marc Sondermann

1 e 2. Due scorci degli impianti produttivi della Miroglio Textile a Govone, che stampa su tessuto al 70% in digitale3. L’amministratore delegato della Miroglio Textile Andrea Ferrero

difficile fare concorrenza a produttori siti in Paesi quali la Turchia, la Cina o l’India” - sottolinea Ferrero - “Puntia-mo dunque a differenziarci, offrendo da un lato un servizio di prim’ordine per quanto riguarda i tempi di reazio-ne, sempre più cruciali. Dall’altro, sap-piamo che dare priorità ad altissimi livelli di ecosostenibilità paga. I nostri stessi clienti ce lo chiedono, è un trend in netto aumento a cui ci sentiamo chiamati di rispondere, anche per la responsabilità che ricopriamo in quan-to corporate citizen di questo Paese.” Il concetto di chilometro zero si ritrova in un’ulteriore mossa fatta recentemente dalla Miroglio Textile, quella di accor-ciare ulteriormente la propria filiera, facendo leva sul principio di reshoring. “Abbiamo scelto di aprire all’interno di questo stesso stabilimento un repar-to di tessitura di jersey installando 17 telai nuovi di zecca. Questo ci dà un’au-

tonomia operativa di circa 4/5 milioni di metri all’anno, con cui possiamo fare fronte a picchi di domanda o a partico-lari esigenze di reattività in termini di tempi di produzione”, racconta Ferre-ro. Sulla stessa traiettoria di sviluppo si trova anche lo stabilimento Sublitex a Guarene, località denotata dall’omo-nimo castello. Qui la Miroglio lavora sulla base di inchiostri sublimatici, una tecnologia particolarmente ecologica per stampare il poliestere. Con l’aiuto di film termoadesivi si possono perso-nalizzare oggetti tra i più disparati, ap-plicando loghi e motivi grafici stampati dapprima su carta e poi trasferiti termi-camente, senza alcun consumo d’acqua. Anche famosissime maison apprezzano la competenza della Miroglio Textile in questo campo, oltre a condividerne la matrice ecofriendly. Di chi si tratta? Andrea Ferrero si trincera dietro a un rigoroso “no comment”. n

MirOGliO TeXTile

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Page 31: Fashion 24 2014

E- tailer made in Italy:la rivoluzione è iniziataLe ricerche via web incentrate sul made in Italy aumentano nel mondo al ritmo del +18% l’anno: segno che esistono opportunità di crescita tangibili per l’e-commerce dei nostri marchi. Se ne è parlato all’E-commerce People Summit di FiloBlu

a cura di Elena Azzola

business DIGITAL FASHION

L’azienda specializzata nell’ideazione e nello sviluppo di siti di e-commerce Filo-

Blu ha festeggiato i suoi primi cinque anni di attività organizzando a Villa Far-

setti di Santa Maria di Sala (Venezia) un “big event” di informazione e riflessione. Il primo dato saliente emerso durante il Summit è che l’attenzione internazionale nei

confronti del made in Italy è elevata, come dimostra l’incremento del 18% annuo delle ricerche online associate a questa parola chiave. L’utente medio, nel 27% dei casi, spende per le collezioni italiane su piattaforme straniere, il che alimenta un business crossborder. Le occasioni di sviluppo per il nostro e-commerce sono da-

vanti agli occhi di tutti, ma vanno colte. «Siamo nel pieno dell’era dell’omnicanalità - ha affermato Christina Lundari di Microsoft Italia - e le realtà del nostro Paese

devono sapersi riorganizzare per non perdere una grande opportunità». Non va di-menticato che i compratori (soprattutto della moda) cercano innanzitutto storie, emozioni, passioni e il web in quest’ottica offre il grande vantaggio dell’interattività. «La nostra specializzazione - ha concluso la country manager della divisione Adver-tising & Online di Microsoft Italia - è creare format di pubblicità altamente coinvol-genti, come la “gamification”, attraverso la quale il pubblico, divertendosi, impara a conoscere il brand». Internet consente di profilare gli utenti, per veicolare i mes-saggi al target corretto. Messaggi che spesso passano, più o meno indirettamente, attraverso i social network. Valerio Perego di Facebook Italia ha ricordato come

Facebook abbia nel nostro Paese oltre 20 milioni di utenti, di cui 16 accedono da un device mobile. «Non solo user - ha precisato - ma persone che ci rendono partecipi dei loro gusti e interessi». In sintesi, il futuro del social commerce non può prescin-

dere dalla comunicazione profilata one to one. A questo discorso si è riallacciato Fe-

derico Zambelli Hosmer di PayPal Italia, citando alcune cifre: una piattaforma di compratori pari a 157 milioni di utenti attivi (di cui 4 milioni nella Penisola), 7mila dollari processati al secondo solo nel terzo trimestre. «Ma il 23% degli acquirenti

- ha fatto notare - abbandona

un sito quando deve lasciare i

suoi dati e registrarsi. Il 45% interrompe il percorso di ac-

quisto, perché non ricorda le credenziali di accesso». Ales-

sandra Domizi di Google

Italia si è detta convinta del

potenziale di crescita delle

Pmi italiane, che hanno se-

condo lei un vero potenziale

inespresso nell’e-commerce. Come ha sottolineato Chri-

stian Nucibella di FiloBlu, le aziende devono imparare a giocare su più tavoli. «È in atto una rivoluzione - ha detto -. La gente fino a poco tempo fa si informava sui siti e comprava nei luoghi fisici, mentre ora accade il contrario, soprattutto tra i gio-vani». Le imprese, secondo Nucibella, non possono fare altro che imparare a com-

mercializzare i propri prodotti su più canali, cambiando radicalmente i presupposti della customer care e «investendo nell’online la stessa energia con cui gestiscono il punto vendita fisico». Per l’imprenditore, le parole chiave del futuro saranno anche internazionalizzazione (senza perdere di vista la propria “italianità”, un patrimonio prezioso) e customer engagement. (m.s.)

Brightcove

Il video: una risorsa preziosaI video sono sempre più utilizzati nelle strategie di digital

marketing: lo ha ribadito recentemente a Milano Tracy

Hutchinson (nella foto), senior director Emea e Latam di

Brightcove, società leader a livello mondiale nei servizi cloud

per i flmati, che si prepara a sbarcare in Italia. La manager ha

presentato una serie di dati, che testimoniano l’apprezzamento dei

video su Internet. Dalle sue parole emerge che nei siti dove sono

presenti si riscontra un aumento del traffco del 157% e il tempo

speso dagli utenti sul website aumenta del 45%, soprattutto se

si dà loro l’opportunità di vedere altri movie correlati. Il tasso di

conversione migliora del 75%. Infne, le vendite sulle piattaforme

di e-commerce dotate di flmati migliorano del 30% e si registra

un minor tasso di resi. Brightcove è attiva in particolare con Video

Marketing Suite, la

soluzione che aiuta le

aziende ad aumentare

la notorietà dei brand,

il coinvolgimento dei

potenziali clienti e la

conversione in acquisti

attraverso gli short

movie.

Camicissima

Il negozio piùassortito è onlineNuova immagine digitale per Camicissima. Il marchio italiano

di camiceria integra il sito istituzionale con la piattaforma di

e-commerce, gestita da Zerogrey, per una navigazione più

funzionale e completa. Su camicissima.com si può utilizzare, ad

esempio, la risorsa “store locator” per trovare con rapidità il negozio

della catena più vicino, ma anche conoscere la storia e l’evoluzione

dell’azienda e le sue novità. Quanto alla parte dedicata agli

acquisti, per la prima volta sono disponibili online tutte le collezioni

Camicissima, con arrivi allineati agli store tradizionali: un’iniziativa

che rende di fatto l’e-shop l’indirizzo con l’assortimento più ampio

in assoluto. Ogni modello, variante colore e taglia sono a portata di

click per soddisfare il consumatore più esigente. Quest’ultimo può

ricorrere anche alla funzione “shop by look” per rendere più semplice

e piacevole la scelta di più capi oppure usufruire del servizio cifre per

personalizzare la camicia. Sul sito c’è spazio anche per i regali: gift

box e biglietto sono assicurati.

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Da un lato la scommessa del digitale e dell’entertainment, dall’altro le opportunità (ma anche le minacce) di sviluppo internazionali: centri commerciali, oulet center e retail park devono mettersi in gioco e reinventarsi, di pari passo con l’evoluzione delle attitudini d’acquisto e delle modalità di vivere il tempo libero dei consumatori. È quanto emerge dal Mapic, la fiera dell’immobiliare commerciale di Cannes, che dal 2015 sarà anche a Shanghai

di Elisabetta Campana

Innovazione, internazionalizzazione e una

rinnovata fiducia da parte di investitori e retailer hanno caratterizzato la 20esima

edizione del Mapic, la fiera degli investi-menti immobiliari commerciali organizzata da Reed Midem, svoltasi a Cannes dal 19 al 21 novembre scorsi. Innovarsi vuol dire confrontarsi con la sfida omnichannel da un lato e con le formule più evolute di enter-tainment (comprese le food court) dall’altro. Internazionalizzarsi significa guardare ai mercati emergenti - Far East e Cina in primis - senza perdere di vista quelli più consolidati come Europa, Stati Uniti e Medio Oriente. Il tutto con progetti di qualità, dalla forte iden-

tità (l’omologazione adesso più che mai è bandita), di grandi dimensioni (i format che vanno di più sono quelli super regional di oltre 80mila metri quadri di gla, superficie lorda affittabile) e innovativi. L’obiettivo è soddisfare un cliente sempre più infedele, trasversale e alla ricerca di esperienze di ac-

quisto e di intrattenimento inedite. La scom-

messa per centri commerciali, outlet center e retail park è sapersi reinventare di pari passo con l’evoluzione delle attitudini d’ac-

quisto e delle modalità di vivere il tempo libero dei consumatori. Il settore - come ha evidenziato la recente edizione del Mapic, cartina al tornasole del retail real estate -

Il dIktat è ReInventaRsI

non si perde certo d’animo e investe in nuo-vi mega progetti, ma anche nel restyling di realtà esistenti. Con oltre 8.400 partecipanti, in leggera crescita rispetto all’anno prece-

dente (8.200 presenze), di cui 2.400 retailer (con 500 new entry), la rassegna ha visto la partecipazione di 697 espositori (+1,8% rispetto al 2013). La tre giorni di Cannes si è chiusa con un bilancio positivo, in special modo per il nostro Paese: «Le aziende italia-

ne (378) seconde per numero solo a quelle francesi (1.078), sono aumentate di circa il 3% - dice Nathalie Depetro, direttrice del Mapic - e devono essere prese a esempio di intraprendenza e apertura ai mercati in-

ternazionali, come evidenziano i progetti di Larry Smith (Infinity Walk a Chongqing e Baia Blu D’Oriente Binhai New City a Nin-

gbo) e Arcoretail (35 Jihua Park) in Cina». Il rapporto tra il Mapic e l’Italia «diventerà ancora più stretto nell’edizione 2015 grazie alla partnership creata con il Cncc, Consi-glio Nazionale dei Centri Commerciali» sottolinea Depetro. Se gli italiani guardano oltreconfine, ma anche alla Penisola viste le importanti iniziative in essere a Milano e nel resto del Paese, «gli stranieri tornano a interessarsi concretamente all’Italia con in-

vestimenti non solo speculativi ma anche di lungo termine, come quelli effettuati da Al-

business retail real estate

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1. Place Vendôme a Lusail nel Qartar: il mega lifestyle ed entertainment center di United Developers aprirà nel terzo trimestre del 2017 2. Suzhou Center di CapitaMalls in Cina si propone come il paradiso dello shopping con circa mille negozi (opening previsto per il 2017)

mapic

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lianz e dal fondo sovrano di Singapore Gic», assicura Massimo Moretti, presidente del Cncc ed head of business unit portfolio retail di Beni Stabili Siiq.

L’ITALIA TORNA IN PRIMO PIANO

«Numerosi fondi hanno mostrato interesse per Scalo Milano» conferma, tra i tanti, Fi-lippo Maffioli, sales&marketing director di Promos, che ha in cantiere l’innovativo for-mat city style alle porte di Milano, giocato su fashion, food e design (l’opening è previsto per il prossimo settembre). Altri mega pro-

scommette sulla Cina e sbarca a shanghai

V isto il ruolo sempre pi• importante giocato dalla

Repubblica Popolare allÕinterno del retail real estate,

il Mapic organizza un nuovo evento dedicato al settore,

che debutterˆ a Shanghai lÕ11 e il 12 giugno 2015,

presso lÕInterContinental Hotel. La manifestazione

rappresenterˆ un punto di incontro e di confronto tra

retailer e developer internazionali e locali. ÇIl nuovo

Retail Real Estate Market (Rrem), gestito dal

Mapic, sarˆ una due giorni di business, conferenze e

networking per creare opportunitˆ di sviluppo nel Paese,

confrontandosi direttamente con i proprietari degli

shopping mall cinesi e con gli operatori del settoreÈ,

ha spiegato Filippo Rean, direttore della divisione

real estate di Reed Midem, la societˆ organizzatrice

del Mapic. La rassegna vuol essere il primo passo per

clonare la formula del Mapic in Cina. (e.c.)

Il futuro del Mapic

getti nel capoluogo lombardo e dintorni si contraddistinguono per l’unicità del format: innanzitutto l’Arese Shopping Center di Fi-niper, la cui inaugurazione è prevista per il marzo 2016: «È un complesso di grandi nu-

meri e dimensioni (92mila metri quadri di gla e oltre 200 negozi) all’insegna del “back to the future”» spiega Davide Padoa, ceo di Design International (che al Mapic ha pre-

sentato anche il Cleopatra Mall al Cairo e il Mall of Guadalajara in Messico). «Il centro si sviluppa lungo una galleria (senza quindi il percorso circolare comunemente adotta-

3. Scalo Milano, il nuovo format city style di Promos, debutterà il prossimo settembre 4. Il portico di Milano Centrale con gli shop in box trasparenti, che aprirà per lÕExpo (il progetto di restyling della struttura • di Grandi Stazioni)

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5. LÕoutlet center The Village vicino a Lione (Compagnie de Phalsbourg) 6. Il Palazzo del Profumo allÕinterno dellÕArese Shopping center7. Il progetto del restyling del Mega Khimki di Mosca

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to) che è stata triplicata in altezza e volume ,per ricreare l’effetto di una strada urbana». «Inoltre - prosegue l’architetto - la galleria è duplicata all’esterno, con negozi che si affac-ciato su un porticato e un giardino: il layout si rifà alle cascine lombarde». Sempre vicino al capoluogo lombardo, nei pressi dall’aero-porto di Linate, è in programma il mega mall Westfield Milan (175mila metri quadri di superficie, oltre 300 negozi e un investimen-

to di 1,4 miliardi di euro), i cui lavori dovreb-bero iniziare tra fine 2015 e inizio 2016 (con opening all’inizio del 2018): «Puntiamo a un concept dalla forte identità - racconta Keith Mabbett, direttore leasing di Westfield Eu-rope - che interpreterà in modo innovativo quegli elementi architettonici, culturali e soprattutto di stile che contraddistinguono Milano nel mondo. Grande attenzione verrà data all’interazione tra mondo fisico e vir-tuale, così come investiremo sulla food court per garantire un’esperienza di shopping ed entertainment unica». Nel cuore della città, Grandi Stazioni sta ristrutturando Milano Centrale: «La galleria sotto il portico verrà aperta per l’Expo - spiega Stefano Mereu,

responsabile vendite e media della società - si tratta di 500 metri quadri, con box tra-

sparenti dedicati al beauty e e agli accessori moda di target medio-alto». Il resto del pro-getto - per complessivi 60mila metri quadri, di cui 500 boutique, un department store e ristorazione varia - «sarà completato entro il 2018-2019, per un investimento di circa 50 milioni di euro» dice Mereu. «Il nostro obiettivo - precisa - è dare nuova vita a una parte rilevante della città, anche attirando designer emergenti e proponendo varie ini-ziative di intrattenimento». In primo piano, sempre in Italia, lo shopping center Mon-doJuve a Sud Ovest di Torino (opening nel 2015), il centro commerciale Appio 1, in via

Appia Nuova a Roma in apertura (in marzo) e il GrandApulia a Foggia, di Svicom, la cui

inaugurazione è on schedule tra fine 2015 e inizio 2016: questo centro rappresenta la più grande iniziativa commerciale attual-mente in fase di realizzazione nel “difficile” meridione del nostro Paese. Grazie a questi progetti di caratura internazionale e a un rinnovato appeal del mercato italiano, i re-tailer di tutto il mondo tornano a guardare con interesse all’Italia: «Abbiamo lavorato molto al Mapic, giornate decisamente frut-tuose, con richieste di location da parte di importanti insegne internazionali, alcune delle quali non ancora presenti nella Peni-sola» dice Rodolfo Rustioni, patron della società di consulenza e intermediazione immobiliare Rustioni & Partners (che sta commercializzando anche Appio 1).

IL fOcus su cINA e MedIO ORIeNTe

Oltrefrontiera le possibilità di sviluppo e investimento sono numerose, a partire da Cina e Stati Uniti, i due Paesi presi in esa-

me dalla manifestazione di Cannes. «Nel mercato americano, come in quello euro-peo, si evidenzia una forte attività basata principalmente sulla ristrutturazione e sull’ampliamento delle strutture esistenti - sintetizza Nathalie Depetro - mentre nel-la Repubblica Popolare l’enfasi è sui nuovi progetti: 49 milioni di metri quadri di shop-

tra i vincitori kiko, Uniqlo e Fashion Outlets of Chicago

Quest’anno il Mapic ha

assegnato i tradizionali

“Awards”, festeggiando anche il

proprio ventesimo compleanno,

in una serata di gala con tanto di

fuochi d’artifcio. Il “Best Fashion &

Footwear Retail Concept” è andato

a Uniqlo, insegna giapponese del

Gruppo Fast Retailing. L’Italia

si è imposta nella categoria “Best

Retail Global Expansion”, con il

brand di beauty Kiko Milano. Tra

gli altri premiati spiccano i nomi

della tedesca Vapiano (“Best Food

& Beverage Retail Concept”) e,

dalla Francia, Causses (“Best New

Retail Concept”), Qwartz (“Most

Innovative Shopping Centre”), Les

Terrasses du Port (“Best Retail

Urban Project”) e Beaugrenelle

(“Special Jury Award Project”).

L’”Anniversary Special Tribute” è

andato a FrŽdŽric Laloum, ai vertici

del player transalpino Altarea.

Altre nazioni sono salite alla ribalta.

Gli States, con i Fashion Outlets

of Chicago (“Best Factory Outlet

Centre”), la Turchia, con l’Armada

Development Project di Ankara

(“Best Refurbished Shopping

Centre”), il Regno Unito con New

Look (“Special Jury Award Retailer”),

e la Cina, che con Wanda Group ha

ricevuto il Tributo Speciale per i 20

anni della manifestazione.

I Mapic awards

1. Dopo una battuta d’arresto sono ripresi i lavori del Cleopatra Mall al Cairo: il debutto a fne 2016 (progetto di Design International)2. Il Designer Outlet Provence di McArthurGlen nel Sud della Francia (opening nel 2016)3. Una veduta di Vegas Kuntsevo di Crocus Group a Mosca che sarà inaugurato nel 2016

business retail real estate

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ping mall verranno inaugurati entro il 2016 e Wanda Group è tra i leader del mercato (con in cantiere 26 nuovi mall Wanda Plaza

per il 2015, ndr)». Tra le iniziative che fanno più parlare in Cina spicca lo Suzhou Cen-ter Mall, a opera del colosso CapitaMalls: il complesso di 1,1 milioni di metri quadri totali, con 340mila metri quadri di super-ficie retail e circa mille negozi, si propone come il paradiso dello shopping e dell’in-

trattenimento (opening nel 2017). I Jihua Park - i primi tre apriranno a Changchun, Chongquin e Yangzhong - giocano invece la carta della destination turistica per i locali, scommettendo su sport, wellness e sul-la formula del travel retail: «Ci rivolgiamo alla classe media cinese, che ha possibilità economiche limitate - dice Luca Bastagli Ferrari, ceo dell’italiana Arcoretail, che sta sviluppando il progetto - e pertanto chiedia-

mo alle aziende di aprire negozi come quelli negli aeroporti, con un assortimento tale da garantire uno scontrino medio più basso del 20-25% rispetto ai punti vendita normali». «Ci proponiamo - prosegue Bastagli - anche come piattaforma per le aziende italiane e francesi che vogliono vendere in Cina con il nostro supporto e abbiamo già raccolto ol-tre 45 adesioni». In Medio Oriente il proget-to protagonista è Place Vend™me di United

affidarsi ciecamente ai partner russi, ma di occuparsi direttamente del proprio busi-ness per poterlo gestire al meglio. Sempre al Mapic Crocus Group ha presentato il nuovo Vegas Kuntsevo che dovrebbe esse-re inaugurato nel 2016, e Morgan Stanley

l’ampliamento dello shopping center Me-tropolis (opening inizio 2016). Facendo un salto oltreoceano, negli States, gli occhi sono puntati sull’America Dream di Triple Five: 250mila metri quadri, con 400 negozi, a 8 chilometri da Manhattan con tanto di pi-sta da sci, un parco a tema Dream Works

e uno della Lego. Altre proposte di rilievo presentate a Cannes hanno come protago-nisti gli outlet center. McArthurGlen, che in Italia sta investendo sull’ampliamento dei suoi centri, sbarcherà nel 2016 con due strutture in Turchia, nelle parti occidentale e orientale di Istanbul, e ha da poco firmato un accordo di sviluppo con Sonae Sierra,

sancendo il suo ingresso in Spagna: «Il De-signer Outlet M‡laga, in apertura nel 2017 - dice Gary Bond, managing director deve-lopment di McArthurGlen - sarà adiacente a Plaza Mayor un parco di intrattenimento e centro commerciale gestito da Sonae Sierra e sfrutterà pertanto queste sinergie: è una strategia che protremo replicare, così come possiamo valutare l’acquisto di realtà già esistenti, anche in Italia». In Francia, dove McArthurGlen prevede di iniziare in marzo i lavori del Designer Outlet Provence vicino a Marsiglia, è già in costruzione The Village,

di Compagnie de Phalsbourg: 30mila me-tri quadri, per 140 store, vicino a Lione, «con un concept luxury che reinterpreta in chiave moderna il famoso villagio di Asterix» rac-conta Jean Sylvain Camus di Compagnie de Phalsbourg. Nuova vita, infine, per The Pra-ga Outlet, vicino all’aeroporto della capitale ceca che, dopo tante peripezie, dovrebbe de-buttare il prossimo ottobre. Anche gli outlet center puntano a reinventarsi. n

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Developers in costruzione a Lusail, la nuo-va città che sta nascendo nel Qatar. Il mega lifestyle ed entertainment center (800mila metri quadri complessivi, con 400 store e investimento di un miliardo di euro) porte-rà il glamour e il lusso parigini nell’emirato (inaugurazione nel terzo trimestre 2017).

LA RussIA fA I cONTI cON LA cRIsI

In Russia anche l’immobiliare commercia-

le deve fronteggiare la crisi del Paese e la svalutazione del rublo di oltre 20%: secon-

do Olga Yasko della società di consulenza Knight Frank, gli investimenti nel settore negli ultimi 10 mesi sono diminuiti del 40% ed i retailer hanno perso tra il 15% e il 30% del fatturato in questo periodo. «Stiamo tenendo le posizioni - spiega Armin Mi-chaely, general director di Ikea Shopping Centres Russia - grazie anche al fatto che siamo gli unici operatori internazionali che gestiscono i contratti in valuta locale. I retailer che lavorano con noi non si sono visti pertanto aumentare gli affitti». «La no-stra strategia nel Paese è di lungo termine - aggiunge - e abbiamo stanziato 2 miliar-di di euro per nuovi progetti come il Mega Mytischi a Mosca e il restyling delle strut-ture esistenti, in primis l’Ikea Khimki». Alle aziende italiane Michaely suggerisce di non

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4. GrandApulia a Foggia • il progetto pi• importante in costruzione nel Sud Italia 5. MondoJuve a Torino scommette sullo sport ma non solo (opening nel marzo 2016)6. Appio 1 a Roma • un centro commerciale di vicinato di nuova generazione 7. Wanda Group in Cina conta di aprire 26 nuovi mall entro il 2015

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Prezzi giusti e fessibilità:un binomio che fa centroPensare in grande, partendo da piccoli numeri, è possibile. Lo dimostrano le storie delle aziende di scena a Modaprima: realtà che, grazie anche alla fiera, vendono sempre di più all’estero

Tomoaki Uchida, presidente di You-Bee, viene dal Giappone; Beata Sto-larz, titolare di International Tra-

ding, dalla Polonia. Come loro, circa 800 buyer e distributori, su un totale di 1.800, si sono mossi da ogni angolo del pianeta per visitare Modaprima, la rassegna fio-rentina del ready-to-wear italiano per la media e grande distribuzione, che dal 21 al 23 novembre ha schierato alla Leopolda 150 collezioni. Il dato sulle presenze este-re evidenzia da un lato l’osmosi commer-ciale tra le produzioni italiane, per quanto piccole e talvolta sconosciute, e gli inter-locutori internazionali, dall’altro il ruo-lo di tramite svolto dalla fiera. «Ho visto un made in Italy con un ottimo rapporto qualità-prezzo» commenta Uchida. E Bea-ta Stolarz: «Mi sono confrontata con realtà che hanno coniugato la loro storia familia-re con i trend più contemporanei, senza perdere di vista prezzo e qualità». Com-menti che fotografano l’espositore tipo di Modaprima: un’azienda di piccola o media dimensione, che affida prevalentemente la produzione a una rete di laboratori sul proprio territorio per collezioni di buona qualità, con un discreto tasso di stile e li-stini abbordabili. Imprese che rispondo-

di Mariella Barnaba

1. Compratori a Modaprima: su 1.800, 800 provenivano da oltreconfne 2. Una proposta di Club Voltaire: dei 3 milioni di fatturato, la metà viene realizzata con le esportazioni 3. Un abito di Edas, brand made in Italy che fa capo alla Edas Italia di Roma

no alla morsa recessiva con la flessibilità. «Molti dei presenti - dice Tamara Gualan-di, cotitolare della carpigiana Donne da Sogno (130 clienti in Italia e 50 all’este-ro), nonché presidente provinciale di Cna Federmoda - sono nati dal pronto moda; facevamo collezioni veloci, aggiornate ogni due settimane, che la distribuzione italiana assorbiva con facilità. La crisi in-terna ci ha costretti a guardare oltreconfi-ne, a strutturarci e a convertire totalmen-te o in parte le tempistiche di produzione nel programmato, perché gli stranieri ri-chiedono ritmi di acquisto diversi. In que-sta fase di internazionalizzazione la fiera ci ha aiutati parecchio: è qui che abbiamo costruito negli anni il 60% del nostro fat-turato». «Le relazioni commerciali con gli stranieri e i loro pagamenti puntuali - ag-giunge Alan Anav, sales manager della romana Edas Italia - ci consentono di af-frontare le difficoltà del mercato interno e di avviare, per esempio, progetti retail in partnership con la clientela, con successo e rischi condivisi». Massimo Savino, del-la pugliese Vezzo (2 milioni di euro il giro d’affari), interviene: «La fiera è piccola ma concreta; prendiamo qui buona parte dei contatti per sviluppare il nostro business

nel mondo. L’Italia? Abbiamo cancellato quest’anno l’ultimo cliente. Ora andiamo forte in Giappone». Tra gli stand di Moda-prima i listini oscillano indicativamente tra i 20 e i 100 euro, cifre quasi impensa-bili a fronte di produzioni nazionali, anzi distrettuali. «Realizziamo tutto a Pistoia - afferma Cristina Casartelli, titolare di Club Voltaire (3 milioni di euro di fattu-rato, per metà frutto di export) - e cerchia-mo di stare nel prezzo giusto con un lavo-ro di lima, mai a scapito della qualità». Un punto di forza è sempre la velocità nella gestione degli ordini: «All’occorrenza - fa sapere Giovanna Gazzola, referente com-merciale di Goldme Italia, realtà pado-vana che alterna pronto e programmato - siamo in grado di rispondere nel giro di una settimana. I nostri interlocutori sono i dettaglianti, l’ingrosso, i grandi magazzi-ni, i distributori, a cui offriamo anche un servizio di private label». «L’internazio-nalità - conclude Agostino Poletto, vice direttore generale di Pitti Immagine, che organizza Modaprima - è tuttora vincente per il sistema moda italiano. Continuere-mo a investire, in collaborazione con Ice, sull’attività di incoming, richiamando de-legazioni di compratori stranieri». n

business SALONI

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MODAPRIMA

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business SALONI

La rivoluzione hi-tech conquista la CroisetteLa tecnologia riscrive regole e processi produttivi dei tessuti per il beachwear e il bodywear, protagonisti di MarediModa. Indemagliabili, anti UV, anti-batterici e anti-fatica, si proiettano verso nuovi concetti di benessere e funzionalità

Alla Playtex servirono ben 21 strati di tessuti diversi per confezionare la monumentale tuta con cui Neil

Armstrong sbarcò sulla luna quel me-morabile 20 luglio del 1969. Oggi al Massachussets Institute of Techno-logy (Mit) basta un materiale compo-sto da bobine in grado di assumere la forma del corpo per realizzare BioSuit, la nuova mise spaziale, aderente e leg-gera come un body second skin. Ma non è il caso di compiere un viaggio inter-planetario per confrontarsi con l’inno-vazione tessile: il futuro è già a portata di mano. «In ambito militare, ma anche nello sport e nel fitness - afferma Mau-rizia Botti, docente del Politecnico di Milano e consulente moda - assistia-mo al notevole sviluppo di materiali intelligenti. L’utilizzo di nanoparticelle consente, per esempio, di ottenere tes-suti anti UV, antibatterici, antistatici, energizzanti, tonificanti, snellenti e ras-sodanti». L’impiego di dispositivi elet-tronici, come cellette solari, connettori e led «facilita la progettazione di abiti e giacche fotovoltaici, e T-shirt capaci di rilevare il consumo di calorie o para-metri vitali, quali la frequenza cardiaca e la pressione arteriosa». Vetrina inter-nazionale di questa rivoluzione hi-tech è stata la 13esima edizione di Mare-diModa, salone dei tessuti per il bea-chwear e il bodywear, svoltosi al Palais des Festivals di Cannes tra l’11 e il 13 novembre, con un centinaio di esposito-ri esclusivamente europei. Il filone della funzionalità sembra quello più esplora-to dalle aziende. Si va dalle performance shaping di “Venezia” dell’italiana Car-vico (un indemagliabile con Xtra Life Lycra, ultra resistente a cloro, oli e cre-me solari), fino al “Mirage” del francese Billon Design, che esalta le forme o le assottiglia laddove serve, grazie a una

di Mariella Barnaba

pellicola ologrammatica applicata alla stoffa, capace di creare strategici effetti trompe l’oeil. Sulla Croisette Maglificio Ripa ha portato e vivide fantasie nate dalla nuova divisione aziendale consa-crata alla stampa, mentre posizionava sulla rampa di lancio il progetto “Inner-gy”, condotto con Nilit Fibers: una linea di tessuti capaci di ridurre l’affaticamen-to durante l’attività fisica, sfruttando gli effetti di additivi minerali e raggi infra-

rossi. «Quello dei tessuti altamente per-formanti - commenta David Shah, trend setter di fama mondiale - sarà un busi-ness importante nel futuro. Dal punto di vista dell’immagine, i tessuti dell’estate 2016 indicano che siamo arrivati al pun-to culminante e finale del massimalismo. Poi torneremo a un gusto più tranquil-lo». Fra i temi individuati dal guru delle tendenze c’è “Jungle Fever”, l’animalier rivisto attraverso lenti psichedeliche, con colori resi vibranti dalle tecniche digitali e dal contrasto col nero, dove le geometrie tribali sono ottenute con tra-fori al laser e il maculato rivive grazie ad applicazioni e floccati. E accanto al latti-ce, alle stampe “corazza di armadillo” e alla profusione dell’oro del trend “Brutal Glam”, ai rasi animati da riflessi metallici o illusioni ottiche di “Rave Couture”, si fa strada il “Memphis Sport”, un pop-rétro ispirato agli anni ‘80 di Fiorucci e del Gruppo Memphis, che conferma l’avvi-cinamento di un materiale come il neo-prene al mondo del costume da bagno, giocando su tagli sportivi, stampe kitch e colori ottimisitici. n

MAREDIMODA

The Link 2014 premia un’italiana e un’olandese

Come ogni anno MarediModa ha fatto da

cornice alla fnalissima del concorso The

Link, dedicato ai fashion designer delle scuole

europee, che ha visto premiate Lara Bui Marelli

della Nuova Accademia di Belle Arti di Milano

(categoria beachwear) e Inge van De Ven

dell’Artez Institute di Arnhem (categoria intimo).

In palio uno stage nell’uffcio stile di Parah.

Un concorso a MarediModa

1. Proposte in mostra a MarediModa2. “Happy or not?”: così gli organizzatori hanno sondato lo stato d’animo dei visitatori 3. Il tessuto indemagliabile Venezia di Carvico con Xtra Life Lycra 1

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trend store to watch

Société Anonyme Parlando di moda non convenzionale, è a negozi così che si pensa. Société Anonyme,

concept store nato nel 1999 a Firenze in zona Sant’Ambrogio-Piazza Beccaria, lontano

dalle traiettorie del centro e dai flagship dei grandi marchi. Uno spazio giovane e

dall’atmosfera cosmopolita (gli addetti alla vendita arrivano dalla Germania e dall’Olanda)

che ospita anche mostre e dj-set, e dove sfilano nomi stranieri poco conosciuti e innovativi

(per lo più belgi, svedesi e giapponesi), insieme all’omonimo marchio di casa (100% made

in Italy) e ai più trendy tra i brand low cost: Topman e Topshop

Per maniaci della ricerca

di Andrea Bigozzi

Quando lo si vede incollato allo schermo del suo Mac, non è faci-le immaginare che Massimilano

Giannelli, titolare del concept store Société Anonyme, stia monitorando le vendite del suo negozio che avvengano a migliaia di chilometri di distanza da via Niccolini a Firenze, dove il punto vendita si trova. Per Giannelli, «mania-co della ricerca», l’idea è nata in modo naturale. Quando si è trovato a dover espandere il suo business al di là del capoluogo toscano, senza potersi al-lontanare dalla sua città, ha subito pen-sato a Farfetch. «E dal 2008, grazie all’e-commerce la nostra offerta indipendente arriva in tutto il mondo. Vede, abbiamo appe-na venduto un maglione in Azerbaijan e uno negli Stati Uniti», racconta l’impren-ditore mentre ci presenta il suo spazio, che oggi ospi-ta una ventina di collezio-ni (sia uomo che donna), quasi tutte straniere. Ma la storia imprenditoriale di Giannelli inizia ben prima dei tempi frenetici di Internet e dell’e-commerce. Grazie a un percorso eclettico di consulente per diversi brand e aziende, commer-ciante di tessuti con la moglie Catia che lo segue nel lavoro, Giannelli ha potuto distillare tutte le sue competen-

Il negozio di via Niccolini si articola fra womenswear, menswear e accessori. La natura dello spazio, che si snoda su tre aree ben integrate fra loro, ha permesso di ricavare due spazi tutti dedicati a Topman e Topshop, di cui Société Anonyme è uno dei pochi rivenditori in Italia

Visione

di coppia

Massimilano Giannelli, insieme alla

moglie Catia, ha fondato SociŽtŽ

Anonyme nel 1999. Il nome SociŽtŽ

Anonyme • un omaggio a Marcel

Duchamp e Peggy Guggenheim, che

negli anni Ô20 a New York fondarono

una galleria dÕarte dÕavanguardia

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posta internazionale di abbigliamento, accessori, bijoux. Tutti (o quasi) capi provenienti da Paesi stranieri (specie da Giappone, Svezia e Belgio), difficili da trovare altrove. «Portiamo avanti molta ricerca tra Parigi e Berlino, ma

anche a Pitti Uomo: specie nelle nuove sezioni molto at-tente alle correnti, si fa un ot-timo scouting». L’unico brand 100% made in Italy presente nello store è proprio Société Anonyme, che Giannelli pro-duce dal 1999: due collezioni all’anno, per uomo e donna. «I nostri best seller - raconta il buyer - sono MM6 by Maison Martina Margiela, tutte le li-nee di Comme Des Garçons e Société Anonyme per l’ab-bigliamento. Tra le calzature, le Eytys sono richiestissime». La brand list del concept sto-re include poi nomi come Su-per D, Kitsuné, Jimi Roos, Retro Super Future, b sto-re. E dalla prossima stagione si aggiungeranno all’elenco Helmut Lang e Christophe Lemaire. «Société Anonyme - tiene a precisare Giannelli - nasce dal desiderio di porta-re anche in questa città tutto quello che c’è di originale nel mondo della moda, all’inter-no di un contenitore che sap-pia di Europa e di modernità. La gente vuole approfondi-mento e forse le aziende ita-liane dovrebbero iniziare ad assecondare questa esigenza, presentando collezioni più in-novative». Nonostante nello store fio-rentino il focus sia sui marchi più d’avanguardia e di nicchia, gli spazi più frequentati sono quelli dedicati ai capi low cost di Topman e Topshop». «Ritengo - conclude Giannelli - che sia importante inserire in uno stesso negozio la pos-sibilità di acquisti a portata di tutti. Certo, questo abbassa lo scontrino medio, ma ci rifac-ciamo con l’online, dove su-periamo i 200 euro di acquisto medio». n

Il punto vendita, che si trova nel quartiere Sant’Ambrogio a Firenze, si ispira alle atmosfere underground dei quartieri hot di Berlino, Anversa e Brooklyn a New York

ze e interessi nel suo progetto. Così nel 1999 pensa a qualcosa di diverso dai soliti negozi: uno spazio ispirato dalle atmosfere underground dei quartieri alternativi di Berlino, Anversa e Bro-oklyn, che si caratterizza per una pro-

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Campagne virali, native advertising, social media marketing: il fatto che nella comunicazione

di moda sia in corso una rivoluzione non è una novità. Ci si sorprende, tuttavia, quando si scopre

che in alcune delle campagne di maggiore impatto tornano alla ribalta temi evergreen

come la natura, il viaggio, la complicità femminile e l’utilizzo delle celebrity, giovanissime

(come Miley Cyrus per Golden Lady) ma anche più mature, vedi l’inossidabile Julia Roberts

per Calzedonia o, nel 2015, Madonna per Versace. Sempre più importante il ruolo

dei video, da condividere con la propria web community per scambiare opinioni ed emozioni

a cura di Alessandra Bigotta ed Elena Azzola

trend ADVERTISING

Adv fall-winter 2014/2015:

back to the future

ArcAdiAn rhApsody

BOTTEGA VENETA: uno scatto di Ryan McGinley per la Cruise 2014/2015 al Giardino Botanico di New York

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cosMopoLiTAn FEVEr

GUESS: la campagna per il periodo natalizio, scattata da Chen Man

cELEBriTy WATch

CALZEDONIA: Julia Roberts interpreta ÒLa vita • un viaggioÓ, spot televisivo curato dallÕagenzia Saatchi&Saatchi

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trend ADVERTISING

FEMALE coMpLiciTy

MY BURBERRY: Kate Moss e Cara Delevingne fotografate (per la prima volta insieme) da Mario Testino

posiTiVE Mood

adidas Original = PHARRELL WILLIAMS: un gruppo di millennials si unisce a formare un grande cuore

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Festival dei Popoli di Firenze: va in scena, il 30

novembre scorso, l’anteprima nazionale del docu-

flm Dior and I, in cui FrŽdŽric Tcheng (già regista

di pellicole come l’acclamato Valentino The Last

Emperor nel 2009 e Diana Vreeland nel 2011)

segue il lavoro dietro le quinte di Raf Simons, in

occasione del suo debutto nel 2012 come direttore

creativo della maison francese. La sala del Cinema

Odeon è piena, i 600 posti tutti occupati. Claudia

Maci - coordinatrice di una manifestazione che non

ha la moda, ma i flm-documentari in genere, come

tema centrale - è soddisfatta. «Ho voluto questo movie

tra i piatti forti del programma - dice - non solo perché

apprezzo Tcheng come regista, ma anche perché la

sua pellicola rispecchia un cambiamento: moda non

solo come “lustrini e paillette”, ma come frutto del

lavoro collettivo di un gruppo di persone. Un tema che

interessa tutti, non solo le fashion victim, e il sold out

alla proiezione del 30 novembre lo dimostra». Da qui a

conquistare l’attenzione delle masse però ce ne passa,

soprattutto in Italia. Per esempio nell’ambito dei bio-pic,

parenti stretti dei docu-flm ma in teoria più accessibili

Docu-flm, bio-pic: una chance arriva dal web

Raf Simons nel documentario Dior and I, diretto da Frédéric Tcheng (courtesy of CIM Productions)

ai non addetti ai lavori, il recente Yves Saint Laurent

di Jalil Lespert, uscito nelle sale italiane a fne

marzo 2014, non ha ottenuto i risultati sperati. Come

confermano da Lucky Red, che lo ha distribuito sul

nostro territorio in 108 sale, l’incasso di 600mila euro

è stato al di sotto delle aspettative. «Del resto - rifette

Ugo Volli, semiologo, docente universitario, scrittore

ed esperto in comunicazione aziendale - non sono

i grandi numeri a interessare in questo genere di

operazioni, volutamente di nicchia come il settore che

rappresentano». Volli ribadisce come i docu-flm sulla

moda non nascano per realizzare cifre esorbitanti,

ma abbiano in mano un’arma importante: creare

o rafforzare delle community. «Nell’era di Internet

- dice - se un prodotto di questo tipo è ben fatto,

ha ottime chance di diventare virale». D’accordo il

sociologo Vanni Codeluppi: «Lo strumento video e

la disponibilità del web come mezzo di diffusione si

prestano a utilizzi più originali e creativi di quanto sia

stato fatto fnora. Ma occorrono idee innovative. E le

nostre aziende della moda, come sappiamo, si sono

mosse in ritardo sulla Rete». I docu-flm sulla moda

sono in genere stranieri (un paradosso, per la patria del

made in Italy) e questo è un gap da colmare. «I giovani

talenti che potrebbero girarli non mancano» commenta

Ugo Volli. A loro ha pensato Constanza Cavalli Etro,

che a settembre ha lanciato durante le sflate il Fashion

Film Festival di Milano, una vetrina per 350 registi

emergenti di ogni nazionalità, con spettacoli gratuiti e

accessibili a tutti. «Perché non va dimenticato che sono

i nuovi nomi - ha sottolineato Constanza Cavalli Etro - a

dare freschezza ai grandi marchi». (a.b.)

picTUrEs in MoTion

YOOX: Alessandra Mastronardi in ÒA dinner party in VeneziaÓ, lo short movie realizzato dallÕe-tailer per Natale

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Colori accesi, animalier, ispirazioni tirolesi stile “Tutti insieme appassionatamente”, stampe in stile kimono giapponese o di ispirazione bohemien, motivi geometrici, plissé e seta: le Pre-Fall 2015 anticipano le tendenze che domineranno la prossima stagione fredda, in vista delle sfilate di febbraio. Abbiamo scelto i best look di cinque marchi “hot” sul mercato per dare un primo assaggio di quelli saranno i capi d’elezione delle campagne vendita

di Andrea Bigozzi

trend anticipazioni

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Pre-fall 2015

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Steve JBasta un nome per connotare questa nuova collezione di borse, al via con la primavera-estate 2015: Elisabetta Armellin, ossia l’artefice di V°73, fortunata linea di bag che nel giro di qualche stagione (è nata a Venezia nel 2011) ha conquistato 480 multimarca internazionali e aperto due monomarca, a Miami e Venezia. Feedback positivi che hanno convinto la designer-imprenditrice di Treviso a lanciarsi in una seconda avventura: Steve J. Borse ironiche e colorate dalle grafiche pop, commercializzate dalla showroom milanese Baco Distribution e pronte a esordire in 60 multimarca, al prezzo di 249 euro.

INDIvIDUAL«Valorizzare la qualità del

singolo capo e l’individualità di chi lo indossa»: con

questa mission nel 2011 ha debuttato il progetto

Individual, un menswear che trae ispirazione dal

mondo denim e streetwear, per creare capi dalla matrice

preppy, rielaborati in chiave informale. Firmati da Denim

Brands, società nata dalla business unit fashion/apparel

del gruppo manifatturiero Martinelli Ginetto, i capi

sono disponibili nella showroom aziendale di Leffe

(in provincia di Bergamo) e distribuiti in oltre 500 negozi

italiani. Il prezzo medio sell in è di 25 euro.

28.528.5 è un marchio che si è conquistato un posto al sole nel panorama della moda contemporary e dietro il quale ci sono due giovani, Enrico Linassi e Anna Frontoni, entrambi trentenni. Si sono incontrati nel 2009 all’Istituto Marangoni di Milano e da allora hanno unito affetti e business, lavorando alla linea che porta la data del loro fidanzamento. La loro moda è una “sinfonia in multicolor”, con abiti dalle costruzioni fluide, colori accesi e ricami allegri. Nel giro di poche stagioni 28.5 (la prima collezione è del 2012, con la fall-winter 2013/2014) è già riuscito a colpire l’attenzione di molti buyer: il brand, distribuito da Studiozeta.org, è presente in molti punti vendita in tutto il mondo, tra cui Politix a Los Angeles, Library a Londra, Bosco di Ciliegi a Mosca, Both a Shanghai, Intersection a Seoul. In Italia l’etichetta è ben posizionata al Sud, dove conta vetrine di primo piano, tra cui Anna Almonti a Pescara, Luciana a Bari, Giuseppe Contini a Porto Cervo, Helmè a Catania. La collezione è 100% made in Italy e punta a un target giovane, come confermano i prezzi retail, che partono da 160 euro fino a un massimo di 1.000 euro. (an.bi.)

trend brand to watch a cura di Angela tovazzi

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persone ritratti

L’exploit positivo di N°21, che punta per il 2014 a un +60% nei ricavi, il promettente sodalizio con Rochas: a 52 anni lo stilista Alessandro Dell’Acqua sta dando il meglio di sé

Tra N°21 e Rochas:cronacadi una rinascita

aLESSaNDrO

DELL’aCQUaA quasi 52 anni (li compie il 21 dicem-bre), Alessandro Dell’Acqua può dire di essersi finalmente scrollato

di dosso l’etichetta di “giovane stilista”. I risultati raggiunti dal marchio N°21, lanciato nel 2010, sono la testimonianza di una maturità conquistata nel corso di una vita che, professionalmente parlan-do, ne racchiude almeno tre: gli inizi, con una gavetta in piena regola, che gli ha in-segnato quanto sia importante, oltre alla creatività, «conoscere i costi di una cuci-tura fatta in un modo o nell’altro»; il suc-cesso, con il marchio Alessandro Dell’Ac-qua, lasciato in seguito a dolorose vicissi-tudini societarie; infine la rinascita, con il brand N°21 e, dal 2013, la direzione cre-ativa della maison Rochas. L’anno scorso il fatturato di N°21, realizzata in tandem con Gilmar, è stato di 14 milioni di euro, con un ebitda dell’8%. La previsione di crescita per il 2014 è più che ottimistica: +60%, oltre i 22 milioni di euro, grazie a un’immagine «contemporary e stre-etstyle», dai prezzi equilibrati, che mette d’accordo consumatrici e consumatori di età e mercati differenti, pronti a espri-mere il proprio consenso anche sui social network a partire da Facebook, dove la pagina ufficiale della griffe sfiora gli 11mila “like”. Dell’Acqua non subisce le difficoltà, le affronta: e ne esce rafforzato. Con N°21 ha abbandonato un certo “eve-ning mood”, per lasciarsi andare a una nuova modernità. Lui stesso ha dichia-rato di essere stato in passato «impri-gionato in un mondo di chiffon, che non

riuscivo ad abbandonare» e di sentirsi ora nuovamente libero e ispirato. Ringio-vanito, da un certo punto di vista, ma con l’esperienza che solo un 50enne, in pista nel mondo della moda dall’età di 23 anni, può avere. In Giappone, uno dei merca-ti più ricettivi verso il brand - la cui di-stribuzione worldwide si articola in 480 negozi -, è stato inaugurato poche setti-mane fa il primo monomarca: uno spazio

di 170 metri quadri nel quartiere di Omo-tesando a Tokyo, dise-gnato da Hannes Peer Architecture. Intanto Dell’Acqua procede con l’altro grande progetto, Rochas: quando dalla blasonata casa di moda francese lo hanno chia-mato per prendere il posto lasciato libero da Marco Zanini, lo stili-sta lì per lì ha pensato a uno scherzo. Invece era tutto vero e, a febbraio, la prova del debutto in passerella è sta-ta superata con lode. La collezione è stata definita «grandiosa, multi-strato, una sorta di sinfonia». Lui, dietro le quinte, ha parlato con semplicità dell’ap-profondita ricerca sui tessuti, del rispetto

delle origini del marchio, dell’esigenza di guardare il passato senza pulsioni no-stalgiche. Come coniugare due sfide di-verse come N°21 e Rochas? «Non è così complicato - ha risposto -. Quando creo per Rochas, è come se N°21 non esistes-se e viceversa. Perché si tratta di donne differenti, differenti situazioni. E poi, è una vita che faccio tante cose nello stesso tempo. Ci sono abituato». n

� Nasce a Napoli nel 1962. Si diploma all’Accademia di Belle Arti della sua città. A 23 anni diventa direttore creativo di Genny, successivamente di Pietro Pianforini

� Nel 1996 debutta con la collezione donna che porta il suo nome. Seguono l’uomo (nel 1998), le scarpe femminili (nel 2000), i profumi (nel 2001), l’eyewear (nel 2003). Oltre a occuparsi del suo brand, negli anni a venire assume la guida artistica di marchi come La Perla, Malo, Brioni, Les Copains

� Dopo aver lasciato la direzione creativa della linea Alessandro Dell’Acqua, il 2010 è l’anno della svolta: il designer si lancia nel nuovo progetto N°21, di cui è fondatore e mente creativa

� Altro anno-chiave, il 2013: Alessandro Dell’Acqua viene chiamato da Rochas al posto di Marco Zanini

� Nel gennaio 2014 la versione maschile di N°21, realizzata in tandem con Gilmar come la donna, esordisce a Pitti Uomo

di Alessandra Bigotta

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Cambi di poltrone

Nuovo assetto per la Chambre Syndicale du prêt-à-porter des Couturiers et des Créateurs

de mode, l’equivalente francese della Camera della Moda. bruno pavlovsky, ceo di Chanel, subentra in qualità di presidente al posto di ralph toledano, numero uno della divisione moda del gruppo puig e dal primo settembre numero uno della Fédération, un ruolo rivestito in precedenza da didier Grumbach. Pavlovsky sarà affancato dai nuovi vice-presidenti Guillaume de Seynes (managing director di Hermès) e Jean-marc loubier (chairman e ceo di First Heritage

brands). Parallelamente, François-Henri pinault, numero uno di Kering, entra a far parte del consiglio direttivo e del comitato esecutivo della Fédération Française de la Couture du prêt-

à-porter des Couturiers et des Créateurs de mode. Le novità della Chambre non riguardano solo il board: l’associazione che raccoglie le griffe d’oltralpe ha accolto le due nuove maison aganovich e Christophe lemaire come nuovi membri.

madonna sarà il volto della primavera-estate 2015 di Versace. La griffe della Medusa ha confermato le indiscrezioni dei giorni scorsi e svelato le immagini della nuova campagna, scattate a New York dal duo mert alas &

marcus piggott. Si tratta della quarta volta che la popstar, ma anche «visionaria, businesswoman, flantropa, artista, documentarista e regista», come sottolinea la maison, appare nell’advertising di Versace: campagne iniziate nel 1995, che hanno attraversato tre decenni, fno a oggi. Le foto, in bianco e nero, catturano «il potere sfrontato e senza tempo»

teStimonial

Bruno Pavlovsky alla guida della Chambre Syndicale, Pinault entra in Fédération

Separazioni

Risale ad aprile 2014 l’annuncio del ritorno di ingo

Wilts in Hugo boss, con il ruolo di senior vice-president di boss menswear. Una posizione creata ex novo, in un’ottica di “supervisione centrale” delle proposte maschili del brand. Ma Wilts ha scelto di lasciare la società. Non ci sono dichiarazioni uffciali sulla separazione, ma si mormora che la “convivenza” tra Wilts e Jason Wu, direttore creativo del womenswear, non fosse delle più facili. Il posto di Wilts - che in precedenza era stato, tra gli altri incarichi, direttore creativo di tommy Hilfger - sarà occupato dal responsabile prodotto Christoph auhagen. (a.b.)

Ingo Wilts lascia di nuovo Hugo Boss

ClaSSiFiCHe

Dopo il secondo posto del 2013, quest’anno michael Kors torna di nuovo al vertice della classifca degli stilisti più cliccati su Internet negli Usa stilata da bing, il motore di ricerca di microsoft. Un risultato che gli fa bissare il successo del 2012. Lo scorso anno la più gettonata era stata Victoria beckham, che quest’anno non compare nella classifca. È louis

Vuitton ad accaparrarsi il secondo posto, con un balzo signifcativo rispetto al decimo del 2013. Si conferma terzo ralph lauren, seguito da tory

burch e da Gucci, che ha guadagnato una posizione rispetto allo scorso anno. Sesta classifcata è Kate

Spade, che precede nell’ordine burberry, Chanel, Versace e bcbg max azria. (c.me.)

Kors è lo stilista più cliccato sul web. Esce la Beckham

Madonna presta ancora una volta il volto a Versace. È la quarta

persone CARRIEREFo

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dell’ex material girl, 56 anni all’anagrafe ma con un corpo scolpito, che non tradisce l’età. «È sempre emozionante vestire Versace e vivere la creatività e la passione che donatella ha messo in questa collezione», ha commentato la cantante. «Madonna è una delle vere icone Versace. Non solo una cara amica - ha precisato la stilista - ma anche l’artista e il simbolo più forte di oggi». (a.t.)

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Dov’era a 18 anni?Ero a Roma e frequentavo l’ultimo anno del liceo linguistico. Chi erano i suoi idoli?I Police, perché erano “gli anni 80”, un gruppo musicale in grado di esprimere con un sound magico l’energia e la voglia di essere speciali tipici di quel periodo. Altro idolo era la fashion icon e interior designer Iris Apfel con il suo modo unico, iconico, ricercato e raffinato di

essere semplicemente se stessa: la mia cliente ideale. Quando la moda è entrata nella sua vita?Presto: da bambina passavo molto tempo con mia nonna materna. È stata una modista molto nota. Le sue creazioni

erano delle vere opere d’arte. Accanto a lei ho assaporato l’atmosfera dei salotti romani e del cinema con le sue dive. Quante ore lavora al giorno?Mediamente 10 come direttore creativo, e 24 su 24 come madre. A chi deve dire grazie?

A mia nonna e a mia madre, che mi hanno sempre spronato a creare e a dare spazio alla mia fantasia. A mio padre, che mi ha insegnato l’importanza del lavoro (soprattutto per una donna) e per avermi obbligato a studiare prima di scegliere la mia strada definitiva.

Per essere creativi ci vuole…?Oggi ci vogliono due cose fondamentali: la vena creativa e quella manageriale. Il creativo puro, avulso dal mondo del business, non funziona più. È particolarmente attenta al lavoro degli altri colleghi?Molto. È importante essere informati su ciò che accade nel proprio settore. Quanto è importante la formazione nel suo mestiere?La formazione è un punto di partenza, ma quello che conta di più sono la determinazione e tanta gavetta. L’esperienza è la prima delle qualità di un bravo stilista. Quale la parola del fashion system che non vorrebbe mai fosse attribuita a lei? Stilista: una parola che non esiste più. Ormai si parla di direttori creativi, un po’ designer e un po’ manager.

Quale la parola del fashion system ormai dimenticata? Cool. Non necessariamente essere cool vuol dire essere elegante e bello, come Borbonese.

«Cool? molto meglio ElEGANTE»

Francesca

MAMBRINI

persone dIecI doMANdea cura di Carla Mercurio

Francesca Mambrini, direttore creativo del

Gruppo Borbonese

Direttore

Marc Sondermann ([email protected])

Caposervizio

Alessandra Bigotta ([email protected])

Redazione

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Daniela Locatelli, Tatiana Tincani

Realizzazione grafca Nadia Blasevich, Carlo Maraschi, Laura Marcarini

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Amministratore delegato

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Le altre testate moda del gruppo sono:TextilWirtschaft, Frankfurt; TextilJurnal, Praha; Sportswear International, Frankfurt; öTz österreichische Textil zeitung, Wien; DivatMarketing, Budapest;Images Business of Fashion, New Delhi.

Il magazine di news, business e trend

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persone Public relationsa cura di Tatiana Tincani

˃ NOVITà PER GLI OCCHIALIQUATTROCENTOIl brand di eyewear

Quattrocento affda

all’agenzia Pil Associati le sue

pubbliche relazioni. L’azienda,

che dall'esordio ha puntato per

il suo sviluppo e distribuzione

sull'online, dal mese di gennaio

lancerà una rivoluzione nel suo

e-commerce. Sarà possibile

ordinare fno quattro modelli

che ci hanno colpito e riceverli

a casa propria per scegliere

quello più adatto a noi. Questa

decisione è in linea con la

flosofa dell’azienda, prodotta

totalmente in Italy, che vuole

investire e credere nella top

quality, nel design moderno e

nei piccoli laboratori artigianali.

˃ ANNA OBERHAUSER PER RACINE CARRÉE Anna Oberhauser si sta

occupando delle attività di

uffcio stampa, per il mercato

italiano, del brand di calzature

femminili Racine Carrée.

La nuova linea è stata

lanciata nel 2014 dalla

designer Viviana Vignola.

˃ SARENzA SCEGLIE Ad mIRABILIA

Sarenza, uno dei più noti

canali nella vendita di scarpe

online in Europa, annuncia la

nuova collaborazione con Ad

Mirabilia. L'agenzia seguirà

le attività di uffcio stampa e

pubbliche relazioni in Italia

per Sarenza.it, punto di

riferimento per gli acquisti

moda sul web. «Siamo

entusiasti di questo nuovo

incarico e siamo certi di poter

dare un importante contributo

nell’accrescere la notorietà

e la reputazione del brand in

Italia», commenta Lorenza

Bassetti, amministratore

unico di Ad Mirabilia.

˃ NUOVA COLLABORAzIONE

PER JECkERSONPambianco

Communication ha avviato

una nuova collaborazione con

Jeckerson, storico marchio

italiano di casualwear.

L'agenzia seguirà la

comunicazione istituzionale

in riferimento alla strategia

media del brand.

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persone Get toGether

Un’affascinante ricostruzione della storia della maison fiorentina attraverso il prodotto ha suggellato la riapertura della boutique moscovita in Stoleshnikov Lane

LORIBLU brinda all’opening della boutique londineseA.TESTONI festeggia la

riapertura in via Montenapoleone

FERRAGAMO a Mosca con gli artigiani della maison

Annarita Pilotti, titolare di Loriblu, ha accolto amici, giornalisti e vip in occasione dell’inaugurazione dello store londinese di New Bond StreetA.Testoni ha festeggiato il reopening della boutique

di via Montenapoleone con una special edition della borsa iconica “Turtle bag” e una limited della scarpa maschile M11559, proposta in 10 pezzi numerati

L’attrice Ekaterina Vilkova

Elena Kuletskaya, presentatrice tv

Un artigiano della casa di moda

L’allestimento dell’eventoIl ceo di Salvatore Ferragamo, Michele Norsa, con Khaled Jamil, chairman and chief executive di JamilCo, partner nella Federazione Russa

Un momento della serata

La dj Blonde Ambitionalla consolle

La boutique di A.Testoni in via Montenapoleone Sarah Jane Crawford, presentatrice

della versione inglese di Xtra Factor

Valentina Siragusa, Filippo Fiora, Bruno Fantechi, Eleonora Carisi e Filippo Cirulli all’opening

Annarita Pilotti e le tre fglie

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