eterotopie mediterranee - disegni

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Gaetano Ginex Disegni Mediterranee ETEROTOPIE Gaetano Ginex Mediterranee ETEROTOPIE Gaetano Ginex Dal 1997 si occupa di ricer- che configurabili nel tema delle “Connotazioni e Tra- sformazioni del Luogo e del Costruito nella cultura mediterranea” con viaggi di studio e campagne di rilievo in Nord-Africa, Magna Grecia e area della ro- manità classica, Giodania, Libia, Algeria. Dal 1994 ad oggi Insegna alla Facoltà di Architettu- ra di Reggio Calabria. Fa parte dell’U.I.D. (Unione Italiana per il Disegno). Fa parte del Collegio dei Docenti del Dottorato di ri- cerca in “Rilievo e Rappresentazione dell’Architet- tura Mediterranea”, dottorato mono-sede inserito nella Scuola Nazionale di Dottorato. Nel 1990 ha fondato il CESM (Centro Studi di Cultu- ra Mediterranea). Dal 1999 al 2000 è responsabile scientifico del Pro- getto di Iniziativa Comunitaria Interreg II C Medi- terraneo Occidentale / Alpi Latine. Ha fatto parte dei Progetti PRIN 2003/2005, 2005/2007, 2008/2010 . Fa parte del Progetto Prin 2010/2012 che si occu- pa in modo particolare di un “Progetto di un siste- ma interattivo per la conoscenza e la gestione del patrimonio culturale del Mediterraneo”. Ha fatto parte dal 2002 al 2008 del Programma integrale per la valorizzazione delle Regioni del Sahara e del Sud della Tunisia per lo studio, sal- vaguardia e valorizzazione delle città-oasi della Tunisia Ministero degli Esteri – Governo Tunisino e l’Università degli Studi Mediterranea di Reggio Calabria . Ha tenuto mostre e laboratori di disegno in varie parti d’Italia e in Nord-Africa. ETEROTOPIE MEDITERRANEE 9 788889 367681 ISBN 978-88-89367-68-1 L’immagine che si ha del Mediterraneo è come di un “messaggio cifrato che evoca misteriose atmo- sfere”. Evoca città di pietra e luoghi immaginati, dove ancorarsi, spazi di una ampiezza illimitata e questo tutto immerso in magici riti e in echi di cul- ture che hanno costruito palazzi e piramidi di cui è colma la memoria di questo mare. Pensare ad esso è quasi naturale idealmente farsi spingere dal vento del Sahara che in questo luogo si mescola ad altri venti, e dove il deserto si mesco- la con l’acqua e dove la terra diventa un tutt’uno con il mare.Gli aspetti principali di questi disegni si collocano nel “mito mediterraneo” ed è proprio in esso che trovano una loro ipotetica sintesi at- traverso la sedimentazione di tracce intese come “tracce mediterranee” della cultura architettonica. Il Mediterraneo come tema si presta, come e più di altre aree geografiche e culturali, ad incisive ope- razioni di destrutturazione, per una comprensione della sua identità storica ma anche e soprattutto attraverso tratti distintivi del suo genius e delle sue architetture… Attraverso i disegni presentati in questo volume intendo ripercorrere un itinerario mentale dei luo- ghi mediterranei per ricomporre memorie di luoghi e fissarne immagini permanenti. Edizioni Centro Stampa d'Ateneo

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Disegni di Gaetano Ginex

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Gaetano Ginex

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Gaetano Ginex

Dal 1997 si occupa di ricer-che configurabili nel tema delle “Connotazioni e Tra-sformazioni del Luogo e del Costruito nella cultura

mediterranea” con viaggi di studio e campagne di rilievo in Nord-Africa, Magna Grecia e area della ro-manità classica, Giodania, Libia, Algeria.Dal 1994 ad oggi Insegna alla Facoltà di Architettu-ra di Reggio Calabria.Fa parte dell’U.I.D. (Unione Italiana per il Disegno).Fa parte del Collegio dei Docenti del Dottorato di ri-cerca in “Rilievo e Rappresentazione dell’Architet-tura Mediterranea”, dottorato mono-sede inserito nella Scuola Nazionale di Dottorato. Nel 1990 ha fondato il CESM (Centro Studi di Cultu-ra Mediterranea).Dal 1999 al 2000 è responsabile scientifico del Pro-getto di Iniziativa Comunitaria Interreg II C Medi-terraneo Occidentale / Alpi Latine. Ha fatto parte dei Progetti PRIN 2003/2005, 2005/2007, 2008/2010 .Fa parte del Progetto Prin 2010/2012 che si occu-pa in modo particolare di un “Progetto di un siste-ma interattivo per la conoscenza e la gestione del patrimonio culturale del Mediterraneo”.Ha fatto parte dal 2002 al 2008 del Programma integrale per la valorizzazione delle Regioni del Sahara e del Sud della Tunisia per lo studio, sal-vaguardia e valorizzazione delle città-oasi della Tunisia Ministero degli Esteri – Governo Tunisino e l’Università degli Studi Mediterranea di Reggio Calabria . Ha tenuto mostre e laboratori di disegno in varie parti d’Italia e in Nord-Africa.

ETEROTOPIE MEDITERRANEE

9 788889 367681

ISBN 978-88-89367-68-1

L’immagine che si ha del Mediterraneo è come di un “messaggio cifrato che evoca misteriose atmo-sfere”. Evoca città di pietra e luoghi immaginati, dove ancorarsi, spazi di una ampiezza illimitata e questo tutto immerso in magici riti e in echi di cul-ture che hanno costruito palazzi e piramidi di cui è colma la memoria di questo mare. Pensare ad esso è quasi naturale idealmente farsi spingere dal vento del Sahara che in questo luogo si mescola ad altri venti, e dove il deserto si mesco-la con l’acqua e dove la terra diventa un tutt’uno con il mare.Gli aspetti principali di questi disegni si collocano nel “mito mediterraneo” ed è proprio in esso che trovano una loro ipotetica sintesi at-traverso la sedimentazione di tracce intese come “tracce mediterranee” della cultura architettonica. Il Mediterraneo come tema si presta, come e più di altre aree geografiche e culturali, ad incisive ope-razioni di destrutturazione, per una comprensione della sua identità storica ma anche e soprattutto attraverso tratti distintivi del suo genius e delle sue architetture… Attraverso i disegni presentati in questo volume intendo ripercorrere un itinerario mentale dei luo-ghi mediterranei per ricomporre memorie di luoghi e fissarne immagini permanenti.

EdizioniCentro Stampad'Ateneo

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Gaetano Ginex

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ISBN 978-88-89367-68-1

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a Maria Pia, a Giulia, a Maurilioe alle nostre estati…

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© 2012 Proprietà artistica e letteraria riservata per tutti i paesi.Senza il consenso dell’Editore non è consentita la riproduzione, l’archiviazione o la trasmissione anche parziale in alcun modo e con qualsiasi mezzo(elettronico, meccanico, microfilmatura, fotocopiatura)

Progetto grafico, impaginazione e copertina:Giuseppe Fotia - Ufficio Marketing e Comunicazione Strategica

Disegno di copertina e sovracopertina:Omaggio a MoebiusLa Città delle vie che non si incontranodi Gaetano Ginex

Finito di stampare nel mese di Ottobre 2012presso Università Mediterranea di Reggio Calabria

Ufficio Marketing e Comunicazione StrategicaEdizioni Centro Stampa d’AteneoViale Amendola 8/B89122 Reggio Calabriawww.unirc.it

I disegni originali sono stati realizzati in supporti di vario formato e su carta di diverse qualità. Molti di essi fanno parte dei miei taccuini da disegno e questo è ben visibile. Ho voluto mantenere il carattere “grezzo” di essi senza alterarne la loro disomogeneità.Ho utilizzato matite, acquarelli e china.

La successione dei disegni ha un carattere direi quasi eteroclito è quindi una tassonomia eterogenea che può essere qualificata come “eterotopica” che designa “… luoghi aperti su altri luoghi, luoghi la cui funzione è di far comunicare tra loro degli spazi. Laddove però le utopie designano ambienti privi di localizzazione effettiva, le eterotopie sono luoghi reali…”.

Le citazioni che fanno da introduzione al capitolo sulla città sono tratte da: N. Mahfus, Storie meravigliose dalle Mille e una notte…Italo Calvino, A. Robbe Grillet, Thomas More, Joseph Roth, Il libro di Babilonia.

ISBN 978-88-89367-6-81

UFFICIO MARKETING E COMUNICAZIONE STRATEGICA

UFFICIO MARKETING E COMUNICAZIONE STRATEGICA

A.A.C.M.

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…un semplice muro di mattoni può diventare un racconto avvincente e appassionante…è tanto che sogno di raggiungere questo luogo…non è un semplice quadrilatero ma una cascata di torri, cupole, contrafforti, muraglie, ballatoi, scale, terrazze e cornicioni, tutti gialli come le scarpate dove stanno miracolosamente in bilico…

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INDICE

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La Vertigine Del Segnodi Mario Manganaro

Nel lavoro didattico o di ricerca mi capita spesso di pensare al punto di fuga di una retta. Il concetto dell’infinito mi ha sem-pre messo in difficoltà, mi trasmette un senso di disagio, però la consapevolezza che il punto di fuga sia la proiezione, ma-terialmente definita, del punto improprio, in cui converge un fascio di rette parallele, mi infonde una strana sensazione di fiducia e nello stesso tempo di meraviglia, come una insperata cattura di qualcosa, che, seppur irrilevante, riguarda l’infinito.

I disegni dell’autore di questo lavoro mi danno l’impressione che parlino di realtà che vanno oltre il fantasma del visibile. Sono rappresentazioni di un Mediterraneo “pensato”, fatto di archetipi e visioni classiche, che non hanno un tempo definito. Insomma non privilegiano il punto di fuga, che è segno di tem-poralità e fisicità legate al contingente.Il suo punto di conver-genza è molto distante, improprio, rarefatto; per questo forse preferisce l’uso dell’assonometria.

Il racconto, appena accennato, si sfuma e le tappe acquistano autonomia espressiva, diventando una collana di componi-menti poetici di sintesi, che sembrano tendere ad una serialità tassonomica, senza mai volerla raggiungere a pieno, ferman-dosi solo per aprire altri squarci di visione verso mondi fanta-stici.

L’insistenza nel lavorare con il modello assonometrico testi-monia un certo distacco dagli oggetti rappresentati, descrive l’atto compositivo e nello stesso tempo opera una lettura de-costruttiva dell’insieme. Elabora sottili e raffinate sequenze di montaggio e smontaggio in un febbrile laboratorio architetto-nico di elementi, tratti dai linguaggi mediterranei. Reperti for-mali di antiche civiltà perdute, deserti, piramidi, zigurrat, torri, ponti, cupole, minareti, onde, dune, rocce, palme fanno capoli-no nelle immagini definite da un perimetro netto in un’atmo-sfera disincantata.

Gaetano Ginex rappresenta un’idea di Mediterraneo rarefatta, a cui si può accostare senza sforzo l’attributo di “platonica”. I disegni, costruzioni panoramiche dall’alto, rappresentano grandi plastici scenografici, che invitano l’occhio a percorrere le superfici salendo, scendendo e zigzagando, senza tregua, attraverso terrazze, tetti obliqui e superfici curve e sinuose, come altrettanto veloce scivolando fugge l’ombra proiettata su di essi da un fantastico volatile, che ricorda quello inventato da Moebius e da Jodorowsky.

Alle assonometrie, che raccontano e descrivono straordinarie architetture, si alternano fronti senza profondità, su cui si ac-cavallano una sull’altra, quasi a tracimare, sagome monumen-tali su mura di fortificazioni poderose e turrite, dove si aprono grandi porte, spalancate come fauci.

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Frammenti di città, perimetri di fortificazioni, isole di pietra, fluttuano in un Mediterraneo, culla del mito e di linguaggi e forme diverse, di contaminazioni e d’intersezioni di molteplici rotte.

All’improvviso, però, si cambia registro, l’esplorazione che prima scandagliava la conformazione dell’insieme e cercava le leggi compositive, che governano la costruzione della for-ma architettonica, si sofferma su sagome umane silenziose, in preghiera o in contemplazione. Dervisci sono fermati nelle figure tipiche delle loro danze roteanti e uomini del deserto, fasciati nelle loro tagelmust colorate, si susseguono nelle se-quenze di un racconto che ci trasporta, lieve e senza scosse, tra sabbie e oasi africane. Il disegno ora si occupa da vicino del dettaglio, diventa penetrante, si avventura nella rappre-sentazione simbolica dei miti e dei guardiani di pietre, scava nell’anima dei personaggi, delle figurazioni antropomorfe e i volti si esaltano in primi piani ieratici o in profili saettanti; si fanno carico di una responsabilità che li agghiaccia, fissandoli in una maschera divina.

Chimere e figure di animali fantastici si alternano e mischiano con rappresentazioni urbane, che perdono volume e si assotti-gliano, acquistando morbidezza e leggerezza nel trasformarsi in gualdrappe e mantelli di puro effetto decorativo. Il colore prende spessore, acquista grana materica, brilla e diventa squillante.

La costruzione architettonica si umanizza trasformandosi in abito, copricapo, suppellettile, intrecciando elementi ibridi e fuori scala, mentre dall’altra parte, come in uno specchio de-formante, la figura umana si pietrifica, conquistando consi-stenza scultorea e cerca solidità di ampie fondamenta, recu-perando antiche e labirintiche radici.

Per ritornare all’inizio, l’autore, proprio in questo lavoro plu-ritematico, esprime la sua completa maturità di disegnatore visionario del Mediterraneo. In qualche modo vedo riflesso nel suo incessante lavoro il mio alter ego; infatti, più io cerco i pun-ti di fuga, più lui si astrae, più abbasso la linea d’orizzonte e più lui s’innalza e la supera.

Il suo disegno ha un fascino sottile. Nonostante i temi, di cui si occupa, siano stati trattati da tanti altri disegnatori, da lui sono percepiti, invece, da un’angolazione diversa e più alta, con una visione più ampia, profonda e colma di sereno disincanto.

Ecco, è come se avesse le ali.

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Non Rappresenta: Èdi Gianni Brandolino

Il tempo non è mai abbastanza e il disordine è di regola. Sono intrise nei tratti del leggere interpretazioni, piccoli ritocchi, cernite di disso-nanze i segni di un’archiscrittura. In questo breve inciso, si è cercato di intrecciare un dialogo su un di-battito contemporaneo che riguarda una visione per immagini. Nei disegni di G. si tratta di un dialogo fatto d’interferenze coniugate, di interlinee trascritte, messaggi di un fraseggio di contrappunti e di-sappunti dialoganti. Nel descrivere alcune parti di questo carnet avrei voluto che questa breve nota riguardasse soprattutto il Disegno. Ma, all’improvviso, può accadere quasi casualmente di trovarsi a guardare al disegno come Claude Monet osservava le sue ninfee. Il Disegno appartiene al Paese delle Meraviglie, perché “quando si crea bisogna credere ai sogni”. Così è il Disegno, immagine di un universo senza spazio né tempo.Su un aspetto concreto, quindi del disegno, si potrebbero esporre dif-ferenti considerazioni, a tergo di una breve e veloce istruttoria. Sono autonomie correlate in un linguaggio d’insieme, come ninfee monet-tiane, sono tele di un analogo soggetto sui postumi di una confes-sione.Il punto GC’è un saggio di Isiah Berlin, Il riccio e la volpe, in cui si parla dei diversi modelli di creatività. Il riccio ha un'unica grande idea in tutta la sua vita, la volpe ne ha tante, non altrettanto totalizzanti. Esistono dif-ferenti personalità attraverso cui guardo, leggo, scrivo e disegno tra

curiosità e sforzo di conoscenza. Nei disegni di G. appare una lettu-ra per frammenti. Dall’esplicitazione di immagini cerca di avviare un dialogo espresso nella trascrizione tra architettura, città e visioni in cui subentrano, con originalità, la sintesi visiva e l'invenzione di vere e proprie immagini-apologo. Rileggendo, con un occhio al disegno, come avviene nelle ninfee delle dodici tele di Monet, vi sono altrettanti punti di un linguaggio orien-tato, come afferma Wittgenstein, il pensatore somiglia molto al dise-gnatore che vuol riprodurre nel disegno tutte le connessioni possibili. Come si racconta è importante quanto il cosa si racconta, in un diario visivo di un “disegno” intrinsecamente frammentario e selettivo. È l’incontro con un mondo complesso e unico. Il mare bianco di mezzo“Nel mondo arabo, il Mediterraneo è chiamato «il mare bianco di mezzo». Di fatto non è bianco, né sta in mezzo. Al limite, lo si può col-locare al centro della carta del mondo: tutto dipende dal luogo in chi si sta, da dove lo si guarda. Bianco, perché il suo azzurro è talmente luminoso da confondersi con la luce lunare, quando la luna è piena…” ( Tahar Ben Jelloun) . I disegni ad acqua tinta riflettono un suolo li-quido, nel formulare identità e stasi nel luogo in cui il Mediterraneo rappresenta l’insieme di tutte queste cose. I mediterranei che si trasmettono nelle voci di Vicente Aleixandre, Mohamed Afifi, Yannis Ritsos, Georges Schehadé, Georges Seferis e tanti altri ancora, appartengono ai “disegni” espressi in maniera sin-golare e decentrata, proiettati nella visione di un Mediterraneo in-vertebrato. Un racconto per luoghi può illustrare un percorso onirico:

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- Primo luogo, vi è innanzitutto un legame completo e a incastro che riflette il fatto che l'autore ha imposto derive molto numerose e dif-ficili da osservare. - Secondo luogo, vi è la rappresentazione di una pluralità di storie e descrizioni in un contesto mediterraneo che assumono un rilievo molto maggiore rispetto alla codifica di un linguaggio esteso ai luoghi del sapere.- Terzo luogo, sembra indicare l’aspirazione di narratori/viaggiatori a raccontare la propria storia di attraversamenti e di esplorazioni che, nel condurre con i segni, si sono dedicati a smantellare l'impianto che è stato costruito, per ricomporre un’estensione a tutela dello spazio immaginario. - Quarto luogo, vi è la determinazione che incide, attraverso solchi e motivi d’insidia, nel disegno mediterraneo e che tende a trasformare una stabile avventura della narrazione descrivendo il carattere di ar-tifizio in ogni forma di espressione.- Quinto luogo, qualsiasi direzione è destinata alla volontà di leggere lentamente e ripetutamente una serie di mappe. Forme di una co-noscenza interposta per la meditazione, che già risulta nella nostra memoria.Nel segno dei luoghi vi è la ricerca di un viaggiatore nomade in un pre-sente indefinitamente prolungato, in un paesaggio polimorfo in cui la città è anzitutto lo sguardo che la osserva, la città che da sé abita.In conclusione, alcune considerazioni di un apprendistato che seguo-no, sono tratte dal Manuale di pittura e calligrafia di José Saramago, e sono opportunamente utilizzate nello specifico per la necessità di esplicitare contiguità e continuità di relazioni su un aspetto descritto

e che appartiene a un mondo ri-disegnato. Disegnare è avere torto tutto il tempo.Nel deserto solo il nulla è tutto. L’invenzione non si può paragonare alla realtà: infatti ha più probabilità di essere esatta. La realtà è ciò che è intraducibile e anche dialettica. Nessuna immagine lo può fis-sare: l’istante non esiste. Non è tempo di deserto. Non è più tempo. Non è ancora tempo.In fondo, tra i disegni che appaiono, vi è il disincanto dei luoghi vissuti. Un volo che tende a disvelare un sogno bicefalo, tra Oriente e Occi-dente, in cui, come già disse il poeta francese Renè Char, “gli uccelli non hanno cuore di cantare in un cespuglio di domande”, ma seguono il delineare e ricomporre in frammenti di uno spazio incluso tra le regole assegnate. Si tratta di svelare e rivelare uno sguardo e una vi-sione sul disegno nomade in cui il Mediterraneo non è solo geografia. I disegni di G. precedono uno sguardo semplice e lineare, come non sempre accade, fatto di contraddizioni e complessità, in un continuo programmare, vanificare, ampliare i valori di una ricerca su temi di rilevanza mediterranea che spesso determinano la misura teorica su cui si diffonde la capacità di includere armonia e bellezza, aspirazioni e volontà, tutto ciò che nel disegno può rappresentare sempre una guida sulle tracce di un mestiere complesso.

Dice Ettore Sottsass: Ciò che è più avvincente circa l'atto del disegna-re, è che diventi cosciente di quello che si sta guardando solo attra-verso il tentativo di disegnarlo. E cosa avremmo fatto senza il disegno? …Bene, io non ci ho mai pensato.

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Ha detto:Questo alberoÈ rimasto com’era negli anni della mia infanziaI sentieri che vi conducono sono simili ad un libroE i campi sono le illustrazioni.Adonis

…una volta pensavo che la mia totale incapacità nel di-segno dipendesse dalla mancanza di una naturale pre-disposizione…col tempo ho scoperto invece che avevo un’idea astratta archetipica dell’oggetto che osservavo quello che mi mancava era la possibilità di coglierlo nella sua esatta forma…(F. B.)

…Ad Algeri vedevo per la prima volta il Mediterraneo, po-tevo immergerci la mano, sentirne il contatto.

Per trovarlo non occorreva informarsi, bastava seguire le vie in discesa. Lo si intravedeva anche da lontano, era dappertutto, luc-cicava tra le cose, spuntava infondo alle vie che scende-vano a rotta di collo verso il basso…ma le folate di vento portavano soprattutto il sentore acre del mare e il suo fresco alito ristoratore.

Non avevo visto mai un luogo dove la natura fosse così benevola nei confronti dell’uomo…C’era tutto: il sole, il vento fresco, l’aria chiara, l’argento del mare avevo letto talmente tanto su di esso che mi sembrava di conoscerlo. Nelle sue onde piatte c’era il bel tempo, la pace e l’invito a viaggiare e conoscere.Veniva voglia di unirsi ai pescatori che salpavano da riva in quel momento….Ryszard Kapuściński

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Il Mediterraneo di Lorenzo

Lorenzo, la sua isola.Un’isola che diventa un segno, Lorenzo traccia il foglio di quel blu che ha negli occhi e che incontra ogni mattina, racconta la sua piccola vita, la sua casa, abbracciato dal mare.Riempie i margini del foglio, spera in nuove linee, ma in fondo quello è il suo mare, quella la sua isola. Tutto.Gli chiesi cosa fosse il Mediterraneo. I suoi occhi incorniciati dalla pelle dorata, si accesero, mi rispose che non sapeva bene spiegarmi : “ E’ un mare così grande..”Continuò dicendomi che un giorno sarebbe stato nel Me-diterraneo, con la barca verde di suo padre, e aggiunse : “ è lo stesso mare che hanno in Spagna, quello che hanno i Turchi e forse la barca di mio padre non è così robusta da arrivare così lontano..”Mi parla e cerca di essere dettagliato.Parla della sua casa bianca, che ogni anno va ridipinta,

delle maioliche blu, che sembrano tutte uguali ma non lo sono, della scala segreta incastrata tra gli scogli.Parla e disegna. Come se non avesse mai raccontato: “Su un’isola tutto quello che hai, è di fronte”. Silenzio. Osservo, cercando di percepire e tagliare la linea d’orizzonte, è difficile il mare, è così chiaro ed il cielo così terso.Mi chiede se io conosca il significato di arcipelago, non ho il tempo di rispondere che mi spiega subito, forse per precisare che la sua isola non è “sola”.Continua e dipinge, gli sfugge un galleggiante, lo correggo, mi sorride.Lo scirocco soffia e attenua i colori. Mi spiega che provie-ne da dietro l’isola.Lui, a cinque anni già conosceva tanti tipi di vento e tanti tipi di vela.Lorenzo è libero, di scegliere il suo vento e la sua vela.

Mariangela Insana

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Alcune Brevi Considerazionidi Gaetano GinexL’immagine che si ha del Mediterraneo è come di un “messaggio cifrato che evoca misteriose atmosfere”. Evoca città di pietra e luoghi immaginati, dove ancorarsi, spazi di una ampiezza illimitata e questo tutto immerso in magici riti e in echi di culture che hanno costruito pa-lazzi e piramidi di cui è colma la memoria di questo mare. Pensare ad esso è quasi naturale idealmente farsi spin-gere dal vento del Sahara che in questo luogo si mescola ad altri venti, e dove il deserto si mescola con l’acqua e dove la terra diventa un tutt’uno con il mare. Questi disegni raccolgono nel loro cammino e nella loro memoria, figure di città mitiche e figure in senso lato le cui ombre compaiono sullo sfondo di un orizzonte mitico che ognuno di noi ha in fondo al cuore, pensando al Me-diterraneo. Ricordano terrazzamenti, giardini naturali, canali d’ac-qua, fiumare, muri di pietra, viottoli, trazzere, acquedotti, paesi e paesi e continui paesi e battigie e arenili e spiag-ge e porti e visi che fanno venire a galla tradizioni arcai-che ed antiche, e desideri di luoghi sconosciuti.Tutto è immerso in un microcosmo sospeso tra acqua e terra. Il desiderio è quello di disegnare nuove città, per nuo-vi racconti e per nuove storie che alimentano la nostra memoria e i nostri sguardi che diventano frammenti es-

senziali di un alfabeto visivo ormai del tutto dimenticato. Il luogo diventa così “un luogo sacro, dove le onde greche vengono a cercare le onde latine” .Ma anche dove tutte le onde si incontrano e si mesco-lano… E allora la mia memoria approda in un pavimento unifor-me di acqua che riunisce uno spazio di architetture in cui mitiche immagini si alternano tra sfondo e figura. E allora la memoria di questo spazio e di questo fluido mare diventa il luogo di paesaggi e miti remoti e imma-ginati che naturalmente si riappropriano di una quasi perduta archetipicità. Il disegno diventa così un occhio alato che scruta ed os-serva dall’alto svelando lo stupore degli “archetipi”, e nel suo lento andare attraversa il tempo, assume i connotati di una macchina mnemonica. Diventa esso stesso una metafora globale e come un edificio esposto alla con-templazione, racchiude la totalità. Tutti i disegni diventano così una memoria vagante nel Mediterraneo e si esibiscono come paradigmi che hanno un solo obbiettivo quello di ormeggiare qua e là rinno-vando i suoi archetipi…

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Gli aspetti principali di questi disegni si collocano nel “mito mediterraneo” ed è proprio in esso che trovano una loro ipotetica sintesi attraverso la sedimentazione di tracce intese come “tracce mediterranee” della cultura architettonica. Il Mediterraneo come tema si presta, come e più di altre aree geografiche e culturali, ad incisive operazioni di de-strutturazione, per una comprensione della sua identità storica ma anche e soprattutto attraverso tratti distinti-vi del suo genius e delle sue architetture… Attraverso i disegni presentati in questo volume intendo ripercorrere un itinerario mentale dei luoghi mediterra-nei per ricomporre memorie di luoghi e fissare immagini permanenti che di esso ne ho memoria.Nel Mediterraneo la luce del sole e i colori rappresentano quasi un elemento ordinatore dell’architettura determi-nando una gerarchia di spazi. Ogni disegno si presenta all’interno di un quadro di ri-ferimento più generale così da costruire una complessa stratificazione di riflessioni sul tema e sui suoi modi di rappresentarsi, sul suo farsi reale immagine radicata nei luoghi, come analitica indagine che classifica i suoi ele-menti. E’ soltanto, questa unicità del luogo, che permette una ‘idilliaca danza’ degli elementi che assumono il ruolo di permanenza e di principio compositivo dell’intera area.Disegni che rappresentano tessere di un ipotetico mo-saico e tentano di ricomporre una ‘mappa’ di forme ri-

correnti come sommatoria di parti e allo stesso tempo identificare una continuità in cui forma e architettura si integrano rappresentando un archetipo di riferimento che attribuisce alla città mediterranea e alla sua ‘eterni-tà’ un riconoscimento culturale universale e unico. Nel Mediterraneo mare e deserto sono una continuità di luoghi lontani tra loro legati spesso dalla stessa forma architettonica, e da una ricorrenza di elementi in un si-stema integrato di forme elementari identiche, di cui la corte, il recinto, il sistema di distribuzione degli elementi semplici nel tessuto delle città, ne rappresentano una chiave di lettura e dove l’individuazione di un paradigma elementare riconosce il principio di crescita della costru-zione della città mediterranea.Questa opera di destrutturazione messa in atto attra-verso il disegno fa emergere segni di forme identitarie del luogo, svelate dal nostro sistema mnemonico.E’ quindi il risultato di una esperienza di lavoro compiuta in diversi anni di viaggi e di studi con un particolare rife-rimento all’area del Maghreb islamico. Non tutti i disegni svelano allo stesso modo la comples-sità di una architettura o tratti tipici fisiognomici o altro dell’area mediterranea, ma diversi tipi di disegni insieme possono dare una visione più ampia e più rispondente alla realtà in un linguaggio strettamente proiettato ver-so la definizione di un unico “spazio mentale”. Disegni mischiati e confusi insieme come una sorta di

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rilievo dell’identità mediterranea. La riflessione sulle for-me e la loro interpretazione raccontano una storia fatta di rimandi, ricordi e di citazioni. attraverso una attenta operazione filologica. Da questa fase ne deriva una più complessa che è appunto rappresentata dalla riprodu-cibilità se vogliamo quasi mimetica una sorta di trascri-zione di questa unicità. Collocare non più isolatamente un sistema architettonico ma al contrario inserirlo in un contesto più ampio che comprende altri linguaggi che esplorano l’essenza stessa dell’architettura attraverso letture formali e strutturali. L’opera sceglie di essere rappresentata solo da quei di-segni,” i disegni della sua identità”. L’esperienza del dise-gno diventa un continuo rapporto tra pensiero e traccia-mento come luogo della sintesi. Segno e idea allo stesso tempo. Il segno diventa solo idea riferendosi all’idea della memoria come luogo mentale: Retroactive smoothening, interazione retroattiva tra spazio e relazioni (Deleuze).Il Mediterraneo non più solo “locus” ma spazio eterno e continuo. Il percorso del disegnare mette in atto una ri-producibilità quasi mimetica dell’elemento con la precisa intenzione di appropriarsene. Provare a ricomporre così il mosaico mediterraneo, e iniziare a compilare un cata-logo delle sue forme, e verificare il significato di ciascu-na di esse e il valore dell’una nei confronti dell’altra. Nel Mediterraneo mare e deserto rappresentano una con-tinuità di luoghi, lontani tra loro legati da poche perma-

nenti ed immutate nei secoli forme architettoniche, che consentono di rintracciare delle ricorrenze di elementi in un sistema integrato di più forme elementari. Queste ar-chitetture spesso collocate nel deserto, sono il risultato di un intervento complesso dell’uomo, che con grande sapienza costruttiva di forme, materiali e tecniche ha sa-puto creare con l’ambiente un rapporto, che è il risultato di un’architettura che appare casuale, ma in realtà segue un sistema organizzativo di regole e norme ben precise.Sulla base di questi ragionamenti ho trascritto in disegni la mia idea di mediterraneità, disegni che costituiscono un museo mentale, un alfabeto di forme in cui l’idea ar-chetipica spesso ne costituisce il fulcro generatore. Un viaggio nella memoria, dove acqua, terra, cielo, pietra e sabbia sono sottoposti ad un progetto totale in cui l’ar-tificio, nel confronto con il naturale sembra risolversi in una rassegnata neutralità dell’uno nei confronti dell’al-tro e viceversa.Esiste comunque la permanenza di alcune immagini ar-chetipiche che sono in stretta relazione all’idea stessa di città mediterranea. Sono proprio queste immagini, che vogliono proporsi come sintesi di un contesto geografico in cui la sua intel-ligibilità è possibile solo a grandissima scala. Con queste brevi considerazioni si è aggiunto un altro capitolo per definire un vocabolario mediterraneo. E’ infatti su questo terreno il terreno del disegno e del-

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la rappresentazione che si può costruire un sistema di riferimento che sia oltre che rappresentativo, sinonimo della cultura mediterranea, cercando di evitare generiche associazioni e interpretazioni, ma lentamente scovare le tracce che portano in quel ‘luogo’ mediterraneo, sognan-do di trovarlo, anche perché, come ben sappiamo e come più volte abbiamo detto, il sogno mediterraneo è un so-gno contagioso !…

Attraverso il mio “…disegno imperfetto” alla fine con una espressione nel suo complesso non del tutto esplicita-mente definita, ho rappresentato una vocazione inces-sante a una realtà più desiderabile che davvero concre-tabile…

Ho viaggiato per deserti e luoghi dimenticati con il mio taccuino, ho camminato e osservato, ho rilevato le altez-za, le orizzontalità, le rotondità, le piramidalità;Ho appuntato memorie e ricordi;Ho rispettato una temporalità in atto, rispetto all’idea generale “totale” del luogo;Ho narrato un sistema di idee come memoria per il mio laboratorio mentale;Ho disegnato una strategia analitica per cogliere le geo-metrie, il gioco delle forme, la misura, i contorni, i confini di una architettura, i suoi spessori, le profondità, le lun-ghezza le altezze le sue regole le sue fisiognomiche;Ho cercato di trascrivere in un foglio da disegno, “copie” più o meno fedeli del reale;Ho selezionato e distinto gli stimoli esterni cercando di guardare un’architettura attraverso continui movimenti che ne evidenziassero i dettagli più importanti; …e disegnando e ridisegnando, poco alla volta, ho rilevato le origini, le essenze, le unicità, ho rivelato le armonie e gli squilibri, ho rivelato le tracce e i valori simbolici e da dove essi provengono;Ho disegnato le forme, gli elementi, le strutture per co-glierne l’essenza e trasmetterne l’internità; Mi sono avvicinato alla materia architettonica tanto de-siderata, e con i miei disegni ho stabilito con essa un con-tatto visibile e quasi tattile;

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Il libro raccoglie architetture e luoghi del Mediterraneo, studiati attraverso declina-zioni in una pluralità di paradigmi atem-porali e sistematici, raccolti in sei sezioni tematiche. Si mostrano architetture e città, si rappre-sentano matrici formali, esempi di principi insediativi e di necessità abitative univer-sali, fisiognomiche e miti.Si mostrano luoghi appartenenti alla geo-grafia del Mediterraneo che documentano contaminazioni di idee e religioni, saperi e filosofie, linguaggi, riti e costumi.Sono messaggi subliminali che indagano forme appartenenti a geografie particolari, che introducono atmosfere culturali alla base di identità mediterranee, declinate in pensieri e disegni.Immaginari collettivi, comportamenti e valori simbolici in una sorta di commistio-ne naturale, multiforme e contemporanea secondo uno schema lineare, per giungere all’ipotesi di un Mediterraneo come spa-zio culturale universale, luogo “elaborativo dell’ideazione”, dove, l’essenza delle cose si mostra senza veli.

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Non troverai altro luogo, non troverai altro mare. La città ti verrà dietro…La città ti appare come un tutto in cui nessun desiderio và perduto e di cui tu fai parte poiché essa gode tutto quello che tu non godi, a te non resta che abitare questo desiderio ed esserne contento… Lo sguardo percorre le vie come pagine scritte: la città dice tutto quello che non devi pensare ti fa ripetere il suo discorso, e mentre credi di vi-sitarla non fai che registrare i nomi con cui essa definisce se stessa e tutte le sue parti…Ma la città non dice il suo passato , lo contiene come le linee di una mano, scritto negli spigoli delle vie, delle finestre, delle scale……la città è cinta da mura alte e spesse, con fre-quenti torri e rivellini e intorno alla muraglia corre su tre lati un fossato in secca…le strade principali sono tracciate giudiziosamente…(e) le case tutt’altro che dimesse si vedono affianca-te in lunga serie per interi borghi…le mura della fortezza sono irregolari. Coloro che hanno edifi-cato queste mura erano davvero uomini devoti. Non volevano altro che la difesa della città …una città… composta di ziqqurat, giardini pen-sili, mura smaltate, ponti e canali e gallerie su-bacquee…

Città

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Elementi non come pezzi da comporre, ma come principi organizzativi, come costanti ti-pologiche e morfologiche come momenti che rendono possibile una forma…un principio ar-chetipico e teorico, un fatto elementare e per-ciò stesso estremamente complesso…

“I nomi designano soltanto ciò che è elemen-to della realtà. Ciò che non può venir distrutto, ciò che rimane uguale attraverso tutti i cangia-menti. Ma cos’è questa cosa ? Stava dinanzi alla nostra mente mentre enunciavamo la pro-posizione ! Enunciavamo un’idea ben determi-nata. Una determinata immagine, che vogliamo impiegare. Perché l’esperienza non ci mostra affatto questi elementi. Vediamo parti costi-tuenti, qualcosa di composto… questi sono i materiali, coi quali fabbrichiamo quest’immagi-ne della realtà.” Ludwig Wittgenstein…la nozione di “elemento” attraversa con con-tinuità quasi costante tutta la cultura dell’Oc-cidente: logica, dialettica o alchemica che sia, qualificando il nesso inestricabile tra parole e cose, tra pensiero e costruzione, tra storia e struttura. Nella sua ricerca – durata tutta la vita – tesa a pensare il pensiero, a identificarne

nel linguaggio i dati fondamentali rispetto alla realtà, a ciò che accade, Wittgenstein fa soven-te ricorso a ciò che egli stesso definisce “giochi linguistici”, cercando di coglierne e descriverne – appunto – le regole e i momenti “elementari”; ovvero i nodi fondamentali nei quali si conden-za, per così dire, la massima complessità e ge-neralità dei modi di esistenza. In questo senso và inteso il termine “elemento” ; e non come dato semplice o semplificato, facilmente acces-sibile. Ed infatti, l’esperienza non ci mostra af-fatto questi elementi: vediamo parti costituenti qualcosa di composto: Vediamo materiali for-malmente organizzati; vediamo un tutto com-posto di parti e che non sopravvive mai ad al-cuna di esse, se non interviene un consistente spostamento di livello. Però gli “elementi“ – nel senso forte del termine – non si dànno mai con evidenza al livello delle strutture profonde. …non potrebbero mai restituire…la ricchezza storica ed estetica dell’architettura, né costi-tuire qualcosa di comparabile, per esempio, a ciò che è l’ordine rispetto al tempio ed all’intera struttura della città…

V. U.

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Mito dalla parola greca mythos, rac-contare, è la “parola” che sa narrare, che dà significato a quei valori pro-fondi che si tramandano di genera-zione in generazione. E’ “segno” come la parola di un libro sigillato, che si dà a chi sà leggere gli archetipi. La sua forma espressiva evoca nel crepusco-lo e nell’ombra i suoi personaggi, i suoi luoghi, le sue tipologie dense di significati architettonici anche se non evidenti. E’ una realtà fenomenica che esiste nell’animo dell’uomo da sempre strutture abitative o accampamenti, insediamenti stabili, grandi città con palazzi e templi, usanze, culti e riti, che rivelano una gerarchia di valo-ri su cui si fonda la propria struttura esistenziale. L’uomo occidentale si è impoverito, adulterando il proprio rapporto con il mondo arcaico. Ha perduto la capacità di capire, non rie-sce ad agganciarsi a quei principi che ci portano ai primordi. Intorno al baci-no del Mediterraneo possiamo elabo-rare molti miti ancora celati attraverso un movimento simbolico che ricono-

sce e accomuna gli elementi scissati precedentemente gli uni dagli altri, e decodificarne i segni, nel tentativo di riunirli intorno alla complessità e ric-chezza di altre culture. Riti di popoli connessi alla natura spirituale della Terra, i sufi o i dervisci, che nel loro movimento sprigionano un’energia collettiva che contagia aprendo “spa-zi” ancestrali che rivelano immagini di altre dimensioni. Il mito, ci fa rico-struire uno scenario architettonico fatto di segni, simboli e immagini, per arrivare alla comprensione di esso. Ascoltare il sussurro degli antenati, significa ascoltare i messaggi che pro-vengono dal mondo dello Spirito. Il rito del richiamo della nostra anima at-traverso la luce, tutte manifestazioni di ritmi senza tempo, che dimostrano che il passato ha radici che affondano nel tempo, e ci permettono di speri-mentare la varietà dell’espressione figurativa delle cose e degli esseri, per orientarci verso il significato intelligi-bile tra immagine e idea, sperimen-tando un pensiero che è quello dello

spirito, ma soprattutto che affonda nelle profondità del nostro essere. La società in cui viviamo non compren-de più i valori tradizionali, vive in un mondo disincantato, “imago mundi nova, imago nulla” (Martin Buber). Il mondo moderno manca di una pro-pria identità, se vogliamo che esso si evolva davvero, dobbiamo riscoprire e ricostruirne in una sintesi universale la genesi. Soltanto ciò che è rimosso ha bisogno di essere simbolizzato.

Maria Pia Caradonna

I Miti

Chi và per miti, si sà, prima o poi si imbatte in luoghi reali

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…Poiché io mi diletto a creare “figure” ho dise-gnato i guardiani proprio con l’idea chepossa esserci sempre qualcuno che osservi le opere di noi architetti, vigilando, osservan-do, senza però giudicare, forse con l’intento di proteggere sempre l’architetturada qualsiasi abuso e questo purtroppo è un periodo di quelli in cui è necessario averedei guardiani…che stanno attenti a come si co-struisce…Mi piace pensare che nell’oscurità della notte i guardiani vigilano sui disegni fatti durante il giorno e che nel silenzio diano anche ad ogni architetto dei consigli di come migliorare le proprie architetture…che di notte disegnate all’alba diventano di pietra…

A. K. A.

I Guardiani delle Pietre

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Architetture in TestaVita brevis

Vita brevis, ars longa, occasio praeceps, experimentum periculosum, iudicium

difficile. “La vita è breve, l’arte è lunga, l’occasione

fuggevole, l’esperimento pericoloso, il giudizio difficile”.

Famoso aforisma di Ippocrate: “ Ὁ βίος βραχύς, ἡ δὲ τέχνη μακρή, ὁ δὲ καιρὸς ὀξύς, ἡ δὲ πεῖρα σφαλερή, ἡ δὲ κρίσις χαλεπή “, che Seneca riporta in parte: “l’arte è breve e la vita è lunga”… ah! No, no no, è il contrario. È la vita breve, e l’arte lunga, e l’impegno poi è sfibrante, la lettura impe-gnativa, lo scrivere quasi inutile, e aggiun-gere parole, le mie che, invece, mi occupo di Design, ad una serie di disegni: un giudizio impossibile-difficile e, quindi, l’esperimento pericoloso! Così mi affido a Ippocrate, Se-neca, e Goethe con il Faust. Cosa ci dicono i due Saggi? Che è indispensabile esercitarsi molto - e questo è il nostro caso, qui ci sono ragguardevoli e molteplici esercizi. E Faust? "ach Gott! Die Kunst ist lang, und kurz ist unser Leben": oh Dio! L'arte è lunga, e bre-ve è la nostra vita ". Cosa accostare quindi

a questi disegni, a questi pensieri colorati? All’evidente e costante impegno e capacità nel realizzarli? Cosa? Che non sia pericoloso, gratuito e difficile? mentre il tempo è pre-zioso. Adotto quindi la leggenda di Faust. Ecco apparire Gretchen, con i capelli rossi in acconciature complesse, articolate, monu-mentali quanto un fortilizio, un’acropoli, una reggia. Ecco le magie di Mefistofele, i suoi specchi, i fulmini, la seduzione, il fascino… ed il grigio dell’insidia.Ecco Faust deluso o appagato del patto col Diavolo, eccolo preoccupato e la sua fronte è un mare tempestoso con velieri che ondeg-giano sulla testa. La giovane Gretchen livi-da, eccola prigioniera in una Fortezza, ed ora schiava e persa in un Labirinto, in una Torre, o combattere con la Morte, ecco la Morte. E la Vittoria con la sua vitalità forte e fem-minile, i suoi orpelli, monili, ventagli, la sua profonda ricchezza. Ecco la Salvezza. Ecco cieli tersi come in alcune giornate di giugno. Ecco il nero cinismo dietro una ciminiera in fiamme. Ecco la dannazione di Faust, ecco crollare castelli e precipitare rovinandogli in testa ed il Diavolo infuriato scuotersi con il dannato che affonda, che sprofonda nella

terra, nel mare, ecco il terremoto! Allarme. Ecco la quiete del pericolo scampato. Ecco la calma del mare dopo la tempesta, ecco le case baciate dal sole del tramonto, ecco i mulini che riprendono il tran tran della vita, semplice, del cibo, della natura… tutto un ri-fiorire sulla testa con un viso in primo piano.Case, castelli, manieri, poderi, recinti, gu-glie, cupole, intere basiliche, silos, ma anche porti, fari, imbarcazioni, intere città, mura e fontane, e colori, vita, gente, ornamenti, divise, elmi, corazze e battaglie, ecco l’In-vasore, lo Straniero ed il suo esercito, ecco l’Oriente con il suo popolo, i suoi costumi e le sue case muoversi all’unisono, ecco cit-tà che migrano, con dinastie e mondi, ecco domini che slittano, traslocano, nomadi che sgomberano con alambicchi, stoviglie, ten-de e drappi. Gente in guerra, soldati ed eroi, re cinici matrone consapevoli e ora… ecco Faust che stringe un patto imprudente per conoscere, per guadagnare ciò di cui non ab-biamo abbastanza.Ecco i guardiani del tempo e con loro ecco, infine, l’essenza, il centro, il principio base efondamento: il tempo per gioire!

di Cecilia Polidori

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l'ultima dimora

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Pag. 26/27/28/29Studi di insediamenti sahariani. Desertiade

Pag. 30/31 a sinistraTonnara di Favignana. Favignanea

Pag. 31 destra fino a pag. 36Studi sugli impianti delle moschee islamiche e morfologie di facciata. Studi e Variazioni.

Pag. 38/39Il volo della pietra

Pag. 40/41/42/43Studi sugli impianti della kasbah . Parole di terra

pag. 44/45/46Recinti d’architettura

pag. 47/48/49Mediterranea verticale

pag. 52/53La città delle vie che non si incontrano

pag. 54/55La città dove tutto è gioco

pag. 56La città memoria

pag. 57Particolare della città delle vie che non si incontrano

pag. 58/59La città dentro altre città

pag. 60 Aleppo dimenticata e sua cugina

DIDASCALIE

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Pag. 61Gardaja sognata

Pag. 62/63La città di Kublai Kan

Pag. 64/65La città delle illusioni e particolari di città senza tempo

Pag. 66La città che lascia il mondo

Pag. 67Città dove tutti sono re

Pag. 68/69Studi di città recintateProve di tratto

Pag. 70/71Studi di città possibili

Pag. 72/73/74/75Studi di città irraggiungibili (scolariane)Omaggio a Scolari

Pag. 78/87La città in costruzione ”elementhiade”:

Pag. 88La torre dimenticata e l’acquedotto intrappolato

Pag. 89Il muro inquietante e le tante Volte

Pag. 93Figure scomode

pag. 94Oltre lo sguardo

pag. 95I messaggeri

pag. 96Silenziose abluzioni

pag. 97Omaggio a Ravèreau e dedicata a MP

pag. 98Conviviale deserticoomaggio a H. Fathy

pag. 99/100/101Acropoli affondate

Pag. 102/103Danzatori curdi

Pag. 104/105Fisiognomiche mediterranee

Pag. 106/107/108/109Fisiognomiche guerriere

Pag. 110/111/112Fisiognomiche inquiete

Pag. 113/119Chimere che difendono gli archetipi urbani

Pag. 125 Pizzigoniana

Pag. 149“L’ultima dimora”

Page 154: Eterotopie Mediterranee - Disegni

finito di stampare nel mese di Ottobre presso

Universita degli Studi Mediterraneadi Reggio Calabria