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sviluppo e ambiente E Q UILIBRI Periodico trimestrale del Consorzio Obbligatorio degli Oli Usati - Regis74 78 - Marzo 2016 - Poste Italiane SPA - Spedizione in abbonamento postale - 70% - DCB Roma COP21 Ora tocca a noi 87

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sviluppo e ambienteEQUILIBRI

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Periodico trimestrale del Consorzio Obbligatorio degli Oli Usati

Registrazione Tribunale di Roma n. 374/89 del 21/06/1989

Direttore Responsabile: Paolo Tomasi

Segreteria di redazione:Domenico Zaccaria

Anno XXVINumero 87Marzo 2016

Direzione, redazione, amministrazione: Consorzio Obbligatorio degli Oli Usati Via Virgilio Maroso, 50 - 00142 Roma

Progetto grafico e realizzazione:eprcomunicazione Via Arenula, 29 - 00186 Roma

Stampa: Piramide ComunicationRoma

Stampato nel mese di Maggio 2016

EDITORIALE 3Il mondo della Green Economye l’eredità dalla COP21 di Parigi

PRIMA PAGINA 4Emissioni e aumento delle temperature, ecco i punti salienti dell’accordo di Parigi

Parigi “chiama” e l’Italia risponde

ARIA 8Il consenso si è finalmente allargatocon un nuovo approccio metodologico

TERRA 10Acquisti verdi ed economia circolarel’esempio virtuoso della città di Mantova

Rifiuti, l’Italia viaggia a due velocità:8 Regioni hanno raggiunto gli obiettivi UE

ACQUA 12Trent’anni in difesa del mare italianola Goletta Verde è pronta a salpare

LIBRI 14EquiLibri

INDICE

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A volte basta poco per inquinare tanto: un cambio d’olio dell’auto gettato inun tombino o in un prato. Un gesto insensato che rischia di inquinare unasuperfice enorme di 5000 metri quadri. Invece se raccolto correttamente l’oliousato è una preziosa risorsa perché con il riciclo diventa nuovo lubrificante.Così si risparmia sull’importazione del petrolio e anche l’ambiente ci guadagna.Aiutaci a raccoglierlo, non mandare a fondo il nostro futuro: numero verde800.863.048 - www.coou.it

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Si è parlato a lungo, alla fine dello scorso anno, della ven-tunesima Conferenza delle Parti (COP21) di Parigi: i temiambientali, i nostri temi che in Italia spesso non trovanoadeguato spazio all’interno del dibattito politico, sonoimprovvisamente balzati agli onori delle cronache sulleprime pagine dei quotidiani e nei servizi dei telegiornali ditutto il mondo. Ma qual è oggi, a sei mesi di distanza, l’e-redità che gli accordi siglati in Francia hanno lasciato? E quali le ricadute concrete sulle vite dei cittadini e di tuttigli operatori della Green Economy nel nostro Paese? In questo numero di Equilibri abbiamo cercato di fornirealcune risposte a quesiti che, nell’immediato futuro,dovranno necessariamente orientare le scelte dei deci-sori pubblici e degli addetti ai lavori. Lo abbiamo fattoanalizzando gli accordi parigini sotto molteplici aspettie attraverso una lente d’ingrandimento particolare,quella degli elementi naturali: aria, terra e acqua.Abbiamo così fatto il punto sui temi della riduzionedelle emissioni e dei cambiamenti climatici, delle cittàintelligenti e degli acquisti verdi, della gestione semprepiù sostenibile dei rifiuti tramite il recupero di materiae dello stato di salute dei nostri mari. Dopo la Conferenza di Parigi un primo passo concreto è

stato già mosso: il 22 aprile scorso, a New York, oltre 170Paesi tra i quali l’Italia hanno firmato l’Accordo globale sulclima. Un passaggio decisivo per tutti coloro che, come ilConsorzio Obbligatorio degli Oli Usati, lavorano quotidia-namente per contribuire alla salvaguardia dell’ambiente ealla riduzione delle emissioni nell’atmosfera. La grande attenzione che il mondo politico e l’opinionepubblica sta riservando negli ultimi mesi alle tematicheambientali, infatti, non può che spronarci a fare sempremeglio, continuando lungo la strada tracciata sin dal1984 - anno in cui abbiamo iniziato a raccogliere gli olilubrificanti usati in tutta Italia per destinarli in via priorita-ria al riciclo tramite rigenerazione - e, se possibile, cer-cando di fare ancora di più. Negli ultimi tempi ci siamoposti due ambiziosi obiettivi: recuperare il 100% dell’oliolubrificante usato raccoglibile e migliorare ulteriormentela quantità e la qualità degli oli base provenienti dallarigenerazione degli oli usati.Questa è la strada tracciata, che continueremo a seguirenegli anni a venire da operatori consapevoli della GreenEconomy italiana.

Paolo Tomasi

Il mondo della Green Economye l’eredità della COP21 di Parigi

TERRA ACQUAEDITORIALE LIBRIARIAPRIMA PAGINA

L’intervento del Ministro Gian Luca Galletti in occasione del 30° anniversario del COOU

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l 22 aprile 2016 a New Yorkoltre 170 Paesi hanno firmato,nello stesso giorno, il primoAccordo globale sul clima,

licenziato lo scorso dicembre aParigi al termine della ventunesimaConferenza delle Parti (COP21)della Convenzione quadro sul cam-biamento climatico delle NazioniUnite (UNFCCC). È la prima voltache si registra una tale mobilitazio-ne attorno a un accordo multilate-rale come questo. In realtà, lafirma è solo il primo passo cheimpegna le Parti a giungere allaratifica vera e propria, per la qualeci potranno volere mesi (o ancheanni, come accadde per ilProtocollo di Kyoto): l’accordoentrerà in vigore solo quandoalmeno 55 Paesi, le cui emissioni digas serra complessive sono pari adalmeno il 55% di quelle globali,avranno concluso l’iter di ratifica.Tuttavia, non si possono noncogliere i moltissimi segnali positivi

che sembrano indicare come, dopoanni di trattative estenuanti, didelusioni, di illusioni e di nuovi fal-limenti, questa potrebbe esseredavvero la volta buona. Forse il segnale più evidente - ecertamente il più importante sefosse davvero confermato - è l’ar-resto della crescita delle emissioniglobali di gas serra registrato perdue anni di seguito, nel 2014 e nel2015. È la prima volta negli ultimidecenni che questo si verificasenza che vi sia, contemporanea-mente, un rallentamento dell’eco-nomia mondiale. Negli ultimi dueanni abbiamo assistito, dunque, aquello che si potrebbe definire ingergo un “quasi-decoupling”: undisaccoppiamento quasi assolutotra la crescita economica, con il PILche è cresciuto a tassi del 3%annuo e oltre, e le emissioni di gasserra che, pur non essendo dimi-nuite in modo significativo, hannocomunque arrestato la loro cresci-

ta. È certamente troppo presto perdire se sia stata inaugurata unanuova tendenza, se questo cam-biamento sia davvero strutturale eci abbia fatto scollinare, portando-ci al di la del “picco”, il punto piùalto nel profilo delle emissioni digas climalteranti nella storia passa-ta e futura dell’umanità. Ma alcunedinamiche reali potrebbero daresostanza a questa idea, o per lomeno a quella che, se pure il picconon è stato ancora aggiunto, lopotrà essere tra breve. Una dinamica è di natura politica,e consiste nel cambio di atteggia-mento verso le politiche climaticheche ha caratterizzato Cina e StatiUniti, tradizionalmente poco sensi-bili, certamente meno dei cuginieuropei, a questi temi. In questiultimissimi anni, passando ancheper il patto sottoscritto da Obamae Xi Jinping alla vigilia della COP21per ridurre le proprie emissioni cheha certamente pesato sugli esiti

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EMISSIONI E AUMENTO DELLE TEMPERATURE, ECCO I PUNTI SALIENTI DELL’ACCORDO DI PARIGI

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della Conferenza stessa, i primi dueemettitori mondiali hanno attivatoimportanti iniziative interne infavore di una transizione low car-bon (anche se certamente nonprive di contraddizioni). In partico-lare la Cina, che è la principaleresponsabile dell’arresto della cre-scita delle emissioni globali negli

ultimi due anni, secondo l’econo-mista Lord Nicholas Stern sarebbeentrata in una fase di “nuova nor-malità” dello sviluppo, con tassi dicrescita del PIL non più a due cifre,ma comunque sostenuti intorno al6-7%, e la crescita di attività eco-nomiche a minore impatto ambien-tale, meno legate alle grandi infra-strutture e più ai servizi e basate sutecnologie più pulite. E così la Cinaha deciso di chiudere miniere dicarbone e spingere sulle fonti rin-novabili, diventando il primo Paeseinvestitore al mondo in questo set-tore e superando l’Unione euro-pea, storicamente prima della clas-se contribuendo così ad alimentarel’altra dinamica, tecnologica, cheha caratterizzato gli ultimi anni eche ha portato nel 2015 al nuovorecord di investimenti nelle fontirinnovabili saliti a 286 miliardi di $e al sorpasso delle rinnovabili sui

fossili non solo negli investimenti,ma anche nella potenza elettricainstallata: nel 2015, secondoBloomberg New Energy Finance,oltre il 50% dei nuovi impianti digenerazione elettrica era alimenta-to da energia verde. Si tratta di untrend generale che è difficile imma-ginare di invertire, come testimo-

niano il numero crescente di Paesiche hanno adottato target per lefonti rinnovabili, oggi arrivati a164, o hanno dato un prezzo alleemissioni di carbonio (secondo laWorld Bank circa il 12% delle emis-sioni globali è interessato da 38 ini-ziative di carbon pricing, per unvalore complessivo di oltre 50miliardi di $). Ecco, l’Accordo di Parigi è statopossibile per questo e, in quantoancorato a dinamiche reali e non ascenari astratti, potrebbe esseredavvero efficace. E la sua efficaciasi tradurrebbe non nell’innescareun processo nuovo, ma nel poten-ziarne uno già in corso.Per questo l’elemento più impor-tante dell’Accordo non riguarda gliaspetti più tecnici, pure importanticome quelli sul finanziamento osugli strumenti di monitoraggio econtrollo, ma un elemento che

ancora una volta potremmo defini-re politico, entrato quasi inaspetta-tamente nella trattativa. Si trattadell’indicazione a contenere l’au-mento di temperatura rispettoal periodo pre-industriale non “a 2 °C”, come concordato dallacomunità internazionale finoall’avvio della Conferenza di Parigi,

ma bensì “ben al di sotto dei 2 °C”e “puntando fortemente verso illimite di 1,5 °C”. Ecco l’elementodi accelerazione. Oggi abbiamo giàsuperato la soglia di 1°C di aumen-to della temperatura media globa-le. Passare da uno scenario di 2 °C,come quelli finora presi in conside-razione dall’organismo tecnicodella Convenzione, l’IPCC, a uno di1,5 °C richiede di accelerare inmodo significativo l’uscita dall’eradei combustibili fossili. Questo per-ché, secondo la letteratura esisten-te, richiederebbe di dimezzare ilcarbon budget previsto da uno sce-nario a 2 °C, ossia la quantità digas serra che potremo emettereper il resto del secolo compatibilicon tale scenario. Ciò avrà riper-cussioni dirette sull’utilizzo deicombustibili fossili: basti pensareche l’obiettivo condiviso fino allaConferenza di Parigi avrebbe già

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Impieghi finali rinnovabili Impieghi finali fossili Quota rinnovabili

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significato, secondo un recentearticolo pubblicato su Nature, cheun terzo delle riserve accertate dipetrolio, metà di quelle di gasnaturale e l’80% di carbone nelsecolo in corso sarebbero dovuterestare sotto terra. Per capire meglio le ricadutedell’Accordo di Parigi, la Fondazioneha presentato nel suo recentemeeting annuale l’Italy ClimateReport 2016 che contiene, oltre adalcune delle analisi sin qui esposte,anche i nuovi scenari emissivimondiali, europei e nazionali inlinea con l’Accordo di Parigi. Peravere una misura dell’accelerazio-ne, per l’Italia rispettare le indica-zioni di Parigi, fissando obiettivi diriduzione delle emissioni a metàstrada tra un percorso a 2 e uno a1,5 °C, significherebbe entro il2030 dimezzare le emissioni di gasserra rispetto al 1990 (oggi leabbiamo ridotte del 20%) e entro

il 2050 ridurle di oltre l’80%, arri-vando di li a poco a un sistema conbilancio di emissioni nulle (carbonneutral). Per capire concretamentecosa questo comporti, nel report èstata presentata una proposta peruna nuova Strategia energeticanazionale al 2030 con i seguentiobiettivi: -50% di emissioni di gasserra, 35% del consumo finalelordo da rinnovabili, 40% di con-sumi di energia in meno rispettoallo scenario tendenziale.Conseguire questi obiettivi vorreb-be dire ogni anno fare 1 Mtep dinuove rinnovabili e ridurre i consu-mi finali di 2 Mtep, con il compar-to elettrico che dovrebbe arrivare auna produzione basata per oltre il66% sulle fonti rinnovabili. L’Accordo di Parigi potrebbe dav-vero spingere l’umanità intera adaffrontare con la massima deter-minazione quella che è probabil-mente la più grande sfida della

nostra epoca.E, soprattutto, a vincerla. Abbiamole tecnologie, la creatività, oggianche l’esperienza (dopo undecennio intero di grande crescitadelle fonti rinnovabili e dell’effi-cienza energetica) per realizzareun cambiamento epocale. Forsequello che non abbiamo è iltempo.Un tempo misurato tenendo contodell’inerzia di un sistema che persecoli ha basato la sua esistenzasui combustibili fossili. Per questol’Accordo di Parigi, con l’introdu-zione di un target ancora più sfi-dante, è un segnale importante.Uno sparo verso l’alto. Che lacorsa cominci!

Andrea Barbabella Responsabile clima ed energia dellaFondazione per lo Sviluppo Sostenibile

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Seppur quello del clima sia semprestato un tema di grande attualità,oggi rappresenta uno degli argomen-ti più discussi sul panorama interna-zionale. La ventunesima Conferenzadelle Parti (Cop) di Parigi ha sugellatola volontà di 195 Paesi di trovare unasoluzione per contrastare il riscalda-mento terrestre provocato dalle mas-sicce emissioni in atmosfera di anidri-de carbonica. La storica intesa rag-giunta, si fonda sulla riduzione delleemissioni e dunque su una produzio-ne meno inquinante; sull’incrementodell’efficienza energetica e l’utilizzodelle fonti rinnovabili; sulla costruzio-ne di un nuovo modello economicocircolare che ricicli la materia, riducagli sprechi, elimini i rifiuti e inneschiun sistema capace di diminuire ildebito ambientale dei Paesi ricchi neiconfronti di quelli in via di sviluppo. Questo accordo consegna a ogniStato un preciso dovere: quello diridisegnare in maniera sostenibile icentri urbani, i luoghi dove l’inquina-mento ha un impatto maggiore.L’Accordo di Parigi nell’art.2 fissa dueobiettivi estremamente ambiziosi: ilprimo di lungo termine, fornisce lecoordinate strategiche per mantene-re l’aumento della temperatura glo-bale al di sotto dei 2 °C rispetto ailivelli pre-industriali, e per la primavolta, riconosce l’importanza di nonsuperare il limite dell’1,5 °C. Il secon-do invece, di mitigazione, spinge iPaesi a raggiungere il picco globaledelle emissioni nel minor tempo pos-sibile e a effettuare rapide riduzioni.Ogni Paese si impegna a comunicareogni 5 anni i contributi nazionali dimitigazione mentre i Paesi che hannoun contributo nazionale con unobiettivo al 2025, sono sollecitati acomunicare un contributo entro il

2020 con un obiettivo al 2030. Altroimpegno fondamentale sancito nel-l’accordo (Art.9) è quello di favorireuna trasformazione delle economierendendo tutti i flussi finanziari ven-turi compatibili con l’impegno diriduzione delle emissioni gas ad effet-to serra. Con l’approvazione della legge diStabilità per il 2016 e del collegatoambientale, in Italia è stato dato il vialibera ad un ampio pacchetto di misu-re a sostegno della green economy edella tutela ambientale. Le misurevarate prevedono, tra le altre, lo stan-ziamento di risorse programmate cheammontano a circa 405 milioni dieuro così ripartiti: 35 milioni dalCollegato ambientale per la mobilitàsostenibile, 50 milioni per il finanzia-mento alle imprese che sviluppanoprogetti di mobilità sostenibile all’in-terno delle nostre città e 250 milioniper l’efficienza energetica in scuole,strutture sportive e condomini attra-verso il Fondo Kyoto. L’obiettivo èquello di investire ancora di più sullerinnovabili, settore in cui il nostroPaese ha già fatto molti passi avanti,con il 17% di produzione di energierinnovabili sul totale della produzione. Anche la Legge di Stabilità ha asse-gnato numerose risorse funzionaliall’attuazione di misure in grado dicombattere in modo incisivo i cambia-menti climatici. Innanzitutto la proro-ga dell’Ecobonus al 65% per leristrutturazioni, un fondo congiuntotra Ministero dell’Ambiente e delloSviluppo Economico da 25 milioni dieuro per la messa in efficienza degliedifici pubblici, l’acquisto di mezzipubblici da cedere alle agenzie regio-nali per la mobilità con la soluzioneleasing, 91 milioni in tre anni per lamobilità ciclabile e disincentivi vari agli

automezzi più inquinanti. A tuttoquesto infine va aggiunto lo sbloccodei 900 milioni del Conto Termico,che possono diventare uno strumentodavvero strategico per rendere perva-siva e proattiva una politica di acquistigreen nel nostro Paese. Sezione ancora molto aperta quellarelativa all’articolo 10 dell’Accordo diParigi, il quale al momento prevedel’istituzione di un framework tecnolo-gico che fornisca linee guida generalial lavoro del Technology Mechanismsoprattutto nei Paesi di sviluppo. Ci sono alternative tecnologicamenteinnovative in campo per mitigare leconseguenze della crisi climatica, laprincipale è la riduzione delle emis-sioni di CO2 alla fonte. Questo signi-fica ridurre su vasta scala il consumodi combustibili fossili e utilizzare fontidi energia rinnovabili. Tuttaviaaumentare l’efficienza e ridurre leemissioni serra ha costi di investimen-to pesanti. Per questo è fondamenta-le sensibilizzare il cittadino che esisto-no innovazioni non solo di tipo tec-nologico. Produrre e consumare dimeno, adottare nuovi modelli di pro-duzione e consumo, innovare le atti-tudini e le culture, sono strumentialtrettanto validi in grado di produrrerisultati riconoscibili nel tempo.Partendo da questi presupposti cultu-rali, economici e tecnologici, abbia-mo tutti gli elementi per mettere incampo un piano di azione in grado dipreservare l’ambiente e allo stessotempo rispettare gli impegni chel’Italia, insieme ad altre nazioni, si èassunta nei confronti del meraviglio-so pianeta che abitiamo.

Carlo Maria MedagliaCapo Segreteria Tecnicadel Ministro dell’Ambiente

PARIGI “CHIAMA” E L’ITALIA RISPONDE

TERRA ACQUAEDITORIALE LIBRIARIAPRIMA PAGINA

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L’accordo di Parigi sul clima è davve-ro destinato a “fare la storia” dellenegoziazioni internazionali sulclima?A differenza del passato, quando lasostanza era inversamente propor-zionale all’enfasi con cui venivacomunicata, oggi si può dire che,oltre al fumo di prammatica, c’èanche un inaspettato e sugosoarrosto. Il risultato, però, non sta tanto nel-l’impegno (come sempre, ribadito) acontenere le emissioni di gas serraper prevenire un eccessivo aumentodelle temperature medie globali. Ilcambiamento è prima di tutto meto-dologico, e muove – per la primavolta – proprio dalla presa d’atto delfallimento degli incontri precedenti.Anche se nel felpato linguaggio delleNazioni Unite le cose non vengonoespresse in questi termini, infatti, ildeciso scarto di Parigi sta proprio inun radicale cambiamento di approc-cio, che ha consentito di coagulareun consenso ampio anche tra quei

Paesi (come gli Stati Uniti e le econo-mie emergenti del Brics) che tipica-mente mantenevano un atteggia-

mento più distaccato quando nonscettico.La differenza non sta tanto negliobiettivi, che sono stati confermati eanzi rafforzati: dal commitment amantenere l’incremento della colon-nina di mercurio al 2100 entro i 2 °Cal di sopra dei livelli pre-industriali siè passati all’auspicio di stare al disotto di 1,5 °C. Una concessione, questa, alla retori-ca, che tuttavia era ed è funzionale aintrodurre ben più tangibili innova-zioni. Primo e più importante: se è rimastaferma la barra sull’obiettivo ambien-tale di lungo termine, si è passatidalla pretesa di fissare obiettivi glo-bali vincolanti di riduzione delleemissioni nel breve alla raccolta diimpegni volontari a livello nazionale.In sostanza, si è abbandonato il vico-lo cieco della decisione top-downper tentare il sentiero più complesso,ma anche più pragmatico, della stra-tegia bottom-up. In secondo luogo,accanto alla mitigazione (cioè iltaglio delle emissioni) ha finalmenteconquistato piena dignità l’adatta-mento (cioè lo sforzo non solo di fre-nare il global warming, ma anche ditrovare gli strumenti per conviverci).In terzo luogo, attraverso il progetto“Mission Innovation”, si è compresoche, oltre alle riduzioni vere o pre-sunte (ma comunque costose) dellaCO2 nell’immediato, è più efficacesostenere l’innovazione e il progres-so tecnologico allo scopo di garanti-re miglioramenti di lunga gittata.Quarto, grazie alla “BreakthroughEnergy Coalition”, si è riconosciutoun ruolo centrale agli investimenti

privati, senza i quali le politiche pub-bliche rischiano di ridursi a gridamanzoniane. Quinto e ultimo, dauna visione astratta dell’ambiente

come variabile indipendente, si èfatto un passo verso una più artico-lata comprensione di ciò che è politi-camente ed economicamente possi-bile. In sostanza: Parigi segna decisa-mente una svolta verso il pragmati-smo e la concretezza. Restano, naturalmente, dei probleminon secondari da risolvere. Uno èquello, citato, del complicato coordi-namento tra gli obiettivi declamati agran voce e i risultati che possonorealisticamente essere raggiunti,anche tenendo conto dell’incertezzasulle dinamiche del clima.A questo proposito, un recente stu-dio del Mit di Boston ha trovato che,se saranno rispettati, gli impegninazionali presentati a Parigi sarannoprobabilmente sufficienti a scongiu-rare gli scenari più catastrofici, madifficilmente consentiranno di resta-re al di sotto dei 2 °C (e tanto menodegli 1,5 °C). Ancora più rilevante,da Parigi esce una governance glo-

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aria

IL CONSENSO SI È FINALMENTE ALLARGATOCON UN NUOVO APPROCCIO METODOLOGICO

Decisiva è stata lapresa di coscienza delfallimento degli accor-di precedenti, che hapermesso di allargareil consenso ai Paesistoricamente più scet-tici e distaccati rispet-to a questi temi

La differenza non statanto negli obiettivi,quanto nella raccoltadi impegni volontarivincolanti a livellonazionale. E il pro-gresso tecnologicogiocherà un ruolosempre più decisivo

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bale ancora frammentata e potenzialmente incapace dilimitare i comportamenti opportunistici delle parti.Infine, a dispetto delle tante innovazioni, resta un’ambi-guità di fondo tra quali siano i reali fini dell’azione glo-bale, e quali siano invece gli strumenti: per esempio, lefonti rinnovabili sono un mezzo o un obiettivo? E l’effi-cienza energetica? E se sono entrambi fini, come posso-no le due cose “parlarsi” tra di loro evitando un sovrain-vestimento che avrebbe (e ha avuto) l’effetto di genera-re costi per i consumatori e benefici ambientali menoche proporzionali?Da questo punto di vista, si può dire che sì, Parigi rap-presenta una decisa virata, ma che no, questa virata nonè ancora acquisita. Come spesso accade, i cambiamenti– per essere veramente efficaci – devono sedimentarsied essere tradotti in realtà. Solo col tempo si capirà sel’atteggiamento è mutato sul serio, o se si è trattato diuna deviazione casuale priva di conseguenze effettive. In ogni caso, è essenziale fare ordine mentale e distin-guere con nettezza quali siano i pilastri irrinunciabili inun orizzonte più ampio di quello che separa un verticedal successivo. È in particolare necessario che si cemen-

tino due parole chiave: tecnologia e competitività. Pervincere la partita del clima non bisogna giocare una par-tita pauperista il cui sottinteso sia quello di una riduzio-ne del tenore di vita nei paesi ricchi e dell’evaporazionedelle speranze di sviluppo in quelli poveri: occorre piut-tosto alimentare tecnologie capaci di sostenere le esi-genze del mondo moderno riducendone gli impattiambientali.E, dunque, bisogna mettere queste tecnologie nellacondizione di diventare ed essere competitive, anzichésostenerle con la droga dei sussidi a tempo indetermi-nato. Ma ciò può avvenire solo in un contesto aperto edi mercato, nel quale le tecnologie (e le soluzioni orga-nizzative, come la digitalizzazione dell’industria e la sha-ring economy) si confrontino al di fuori dei vincoli di una“politica industriale” spendacciona e presuntuosa. Non si può costruire un futuro sostenibile, insomma, senon si fa tesoro degli errori e delle miopie del passato.

Carlo StagnaroCapo della Segreteria del Ministro dello SviluppoEconomico

STAGNARO

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n qualità di prima Amministrazione in Italia adaver inserito gli oli lubrificanti rigenerati nei pro-pri bandi di gara, come valutate l’esperienza?Si tratta di un’esperienza senza dubbio positiva, un

primo passo concreto in difesa dell’ambiente. Il 26 giugnodel 2013, con la sottoscrizione del Protocollo, il Comune diMantova si è impegnato a diffondere la cultura dell’utilizzodell’olio rigenerato nell’ambito degli acquisti pubblici e apromuoverne la cultura dell’utilizzo presso le proprie parte-cipate. Già nel 2015 è stato ottenuto un primo risultatoconcreto: nell’ambito di un bando di gara di TEA, parteci-pata del Comune, è stata aggiudicata la fornitura di 8.000Kg di olio lubrificante prodotto da basi rigenerate, pari apiù del 70% di prodotto messo a gara. Gli Acquisti VerdiPubblici hanno l’obiettivo di integrare aspetti di carattereambientale all’interno dei processi di acquisto dellePubbliche Amministrazioni: questa modalità di acquistopuò avere un ruolo molto importante per la diffusione di unmercato e di una cultura più attenti dell’ambiente. In che modo i Comuni possono promuovere e appli-care le procedure degli Acquisti Verdi?A fronte di recentissime novità a livello normativo, tutti gliEnti Pubblici sono oggi tenuti ad acquistare in modo“verde” per almeno il 50% del valore complessivo dellegare d’appalto di alcune tipologie di beni e servizi e per il100% relativamente ad altre tipologie. Se le disposizioni dilegge sono, naturalmente, fondamentali per incanalare lepratiche d’acquisto di un Comune, esse possono però nonbastare a far attecchire una vera e propria cultura degliAcquisti Verdi tra gli “addetti ai lavori”. Da questo punto divista aiutano spazi regolari e costanti di aggiornamento econdivisione di buone pratiche: partecipazione a corsi, fieree convegni dedicati alla tematica del GPP ma anche esoprattutto l’attivazione e la cura di tavoli di lavoro perma-nenti all’interno dei quali i diversi uffici possano fare perio-dicamente il punto sull’andamento degli Acquisti Verdinell’Ente. Un fronte su cui i Comuni hanno ancora moltastrada da fare è invece quello della diffusione della filosofiadegli Acquisti Verdi tra i propri cittadini e sul territorio.Cosa state facendo per migliorare anche da questopunto di vista?A partire dal 2014 abbiamo avviato la sperimentazione diuna nuova modalità di diffusione dei contenuti della

Dichiarazione Ambientale e di quest’ultima è stata elabora-ta una versione “in pillole” che, affiancandosi al documen-to integrale, ne sintetizza in formato poster i punti princi-pali. Grazie alla collaborazione con “Teatro Magro”, inoltre,è in corso il progetto di educazione ambientale “Siamodove stiamo”, rivolto principalmente agli studenti delleclassi quarte e quinte delle scuole superiori mantovane,imperniato su una performance della durata di circa 20/25minuti che “irrompe” a sorpresa nel contesto della norma-le attività didattica di classe. Circa 400 tra i ragazzi e leragazze coinvolti, mantovani e mantovane del presente esoprattutto del futuro, hanno inoltre accettato di sottoscri-vere simbolicamente un “decalogo” di buoni comporta-menti ambientali attraverso il quale esprimere il proprioimpegno per una Mantova sempre più “verde” ed ecologi-camente responsabile. Il Comune è registrato EMAS dal 2008 ed è un model-lo qualificato di amministrazione virtuosa. Quali sonoi futuri progetti per restare al passo delle smart city?Il Comune di Mantova è certificato dal 2004 secondo leNorme internazionali UNI EN ISO 9001 e UNI EN ISO 14001ed è registrato dal 2008 secondo il Sistema comunitario diecogestione e audit EMAS. L’Amministrazione intende svi-luppare un piano triennale Smart-City che includa tutti isettori della pubblica amministrazione, dalla mobilità all’e-ducazione, dal welfare alla cultura, dall’ambiente alla sicu-rezza. Un piano che dia una prospettiva di lungo periodo,così da integrare armonicamente tutti i progetti di innova-zione smart che già sono in essere e pianificare in manierarazionale ed efficiente i prossimi interventi, al fine di otti-mizzare le risorse e minimizzare gli sprechi. Esistono molte-plici benefici per i Comuni, quali insiemi di Comunità in ter-mini soprattutto ambientali ma anche economici. In que-st’ottica, anche l’integrazione degli aspetti ambientali neiprocessi di acquisto si basa su una visione d’insieme di tuttoil ciclo di vita, permettendo così di prendere in considera-zione non solo gli aspetti attribuibili a progettazione, pro-duzione, uso, ma anche riutilizzo dei materiali, beneficiambientali, minor costo per la collettività.

Andrea MurariAssessore all’Ambiente del Comune di Mantova

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ACQUISTI VERDI ED ECONOMIA CIRCOLAREL’ESEMPIO VIRTUOSO DELLA CITTÀ DI MANTOVA

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tto Regioni italiane hanno già raggiunto, con ben6 anni di anticipo, l’obiettivo UE fissato per il2020 del 50% di avvio a riciclo, mentre oltre3.000 Comuni hanno centrato l’obiettivo con un

aumento percentuale a doppia cifra rispetto allo scorsoanno. Sono questi i dati più interessanti che emergono dalV Rapporto Banca Dati Anci-Conai su raccolta differenziatae riciclo dei rifiuti. Lo studio evidenzia un lieve aumento(+2,03%) della produzione dei rifiuti nell’ultimo anno, ter-mometro inequivocabile di una ripresa dei consumi e, alcontempo, un aumento della raccolta differenziata(+3,67%) che ha contribuito al raggiungimento degli obiet-tivi di riciclo in moltissime realtà. Allungando lo sguardoall’Italia nel suo comples-so, scopriamo ancora unavolta che ci troviamo difronte a un Paese a duevelocità, con un Norddotato sia di impianti piùadeguati che di una mag-giore sensibilità rispettoalla tematica. Se le regio-ni del Centro-Nord rag-giungono in media quasiil 50% di effettivo riciclola gran parte delMezzogiorno, in assenzadi provvedimenti straordi-nari, difficilmente riusciràa centrare l’obiettivoentro il 2020. Le Regioniche hanno già superato lapercentuale del 50%di materiali avviati a riciclo sono Piemonte,Lombardia, Trentino-AltoAdige, Veneto, Friuli-Venezia Giulia, Marche,Sardegna e l’Emilia-Romagna. Valle D’Aosta,Toscana, Umbria, Abruzzoe Campania sono invecevicine al raggiungimento

dell’obiettivo. I comuni che hanno già raggiunto l’obiettivodel 50% di avvio a riciclo sono ben 3.141.Tutti indicatori che mettono in luce come l’Italia sia un siste-ma virtuoso che non solo non ha niente da invidiare aglialtri Paesi ritenuti a torto migliori, ma che oggi costituisce,all’interno dello stesso contesto europeo, un modello daimitare. E questo è vero anche in una situazione di crisistrutturale delle regioni del Sud, dove però iniziano a veder-si dei timidi segnali di miglioramento. È quindi un’Italia pronta a cogliere la sfida del passaggio daun’economia lineare a un’economia circolare, un Paese nelquale molti Comuni hanno già sviluppato un’industriadel riciclo efficiente che ha trasformato i rifiuti in una

reale opportunità disviluppo per i territori.Da questo punto divista, il progressivoaumento della qualitàdel materiale conferitoai Consorzi del CONAIe successivamentereimmesso nei cicli pro-duttivi è la prova di unaormai consolidata atti-tudine dei cittadini allapratica della correttaseparazione dellematrici recuperabili.Ma è ormai inevitabileche i cambiamenti climatici imponganodi valutare l’impattoambientale del sistemaintegrato della gestio-ne dei rifiuti: l’aumen-to di CO2 (+3,72%)rilevato nel 2014 nonva interpretato inchiave negativa, ma èstrettamente legatoall’aumento dei con-sumi e quindi dei rifiu-ti raccolti.

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RIFIUTI, L’ITALIA VIAGGIA A DUE VELOCITÀ:8 REGIONI HANNO RAGGIUNTO GLI OBIETTIVI UE

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el corso degli ultimitrent’anni ha accompa-gnato il Paese verso le piùimportanti conquiste in

campo ambientale, in particolaresui temi legati alla qualità delleacque di balneazione e alla salva-guardia delle coste italiane dall’as-salto del cemento. Dal 1986 Legambiente porta avan-ti con la sua storica campagnaGoletta Verde un viaggio este-nuante, senza pause, per difenderel’immenso patrimonio marino ecostiero nazionale dai pirati delmare: denuncia gli oltraggi dellaspeculazione edilizia e dell’abusivi-smo, la mancata depurazione delleacque, i tentativi di privatizzazione

del demanio, l’offesa delle trivella-zioni petrolifere e della pesca difrodo, i pericoli derivanti dall'au-mento delle plastiche in mare

(macro e microlitter). Un lavorocertosino, sottoposto a rigidi pro-tocolli scientifici, ma anche diascolto, di chi è sempre pronto araccogliere le preoccupazioni deicittadini e le loro denunce. Duemesi, da giugno ad agosto, perraccontare la bellezza e l’inferno: ipanorami mozzafiato e le acquecristalline; ma anche le spiaggedevastate dal cemento e dall’incu-ria, offese da rifiuti e scarichi inqui-nanti che continuano a minare unadelle maggiori risorse di questoPaese.Anche quest’anno la Catholica èpronta a riprendere il viaggio lungogli oltre settemila chilometri dicoste della nostra penisola: dalla

Liguria al Friuli-Venezia Giulia,2mila miglia nautiche e 500 ore dinavigazione, per prelevare e analiz-zare circa 500 campioni d’acqua,

eseguendo su ognuno le analisipreviste dalla legge. Oltre a diffon-dere in tempo reale i risultati delleanalisi dei luoghi visitati, anchequest’anno Goletta Verde proporràeventi in ogni tappa per parlarecon i cittadini e le amministrazionidi tutte le questioni che influenza-no la salute del mare. Ma saràanche un viaggio per promuoveree valorizzare il ruolo fondamentaledelle aree marine protette per laconservazione del delicato ecosi-stema marino e per raccontarel’Italia più bella e il turismo sosteni-bile.Il lavoro di analisi della qualità delleacque, portato avanti da decine divolontari specializzati che accom-

pagna via terra il viaggio dellaCatholica con un laboratorio mobi-le specializzato, è l’emblema diquell’ambientalismo scientifico che

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TRENT’ANNI IN DIFESA DEL MARE ITALIANOLA GOLETTA VERDE È PRONTA A SALPARE

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da sempre caratterizza l’approcciodi Legambiente per sostenere lesue battaglie. Ragazzi e ragazzeche rappresentano anche gli occhidi questa avventura, coloro i qualiarrivano per primi sui territori,accompagnati dai volontari dei cir-coli della Legambiente, pronti ascovare e denunciare anomalie escarichi fognari non depurati cheinsidiano il mare, che arrivano attra-verso fiumi, tubi e canali spesso nonopportunamente controllati. Unmonitoraggio reso possibile daglistessi cittadini che possono segnala-re situazioni sospette attraverso ilservizio “Sos Goletta”. Così come negli ultimi anni il viaggiodi Goletta Verde si concentreràanche sulla minaccia rappresentatadalle trivellazioni petrolifere neinostri mari, per promuovere quelcambiamento del modello energeti-co che sta già mettendo le fonti fos-sili ai margini e promuovere un altroscenario più conveniente, pulito,democratico, chiedendo al Governoe al Parlamento di accelerare sullescelte di tutela degli ecosistemi e di

sviluppo incentrato sulle fonti rinno-vabili, rispettando così anche neifatti gli impegni sottoscritti allaCop21 di Parigi. Sarà quindi un viag-gio durante il quale proseguirà labattaglia - che con il recente refe-rendum ha visto una straordinariapartecipazione dal basso di cittadinie associazioni - affinché si interven-ga da subito sulle numerose criticitàemerse rispetto alle attività estrattivein mare, a partire dalla dismissionedelle piattaforme che già oggi nonsono più attive e per stabilire royal-ties giuste per tutte le attività estrat-tive, cancellando un sistema iniquoper cui larga parte delle concessioninon paga le royalties e chi lo fa lededuce dalle tasse.Anche quest'anno, inoltre, GolettaVerde proseguirà il suo monitorag-gio di macro e micro litter: il proble-ma dei rifiuti, nei mari e sulle spiag-ge, sta infatti assumendo proporzio-ni davvero preoccupanti.La prima indagine realizzata dall’im-barcazione ambientalista sulla pre-senza dei rifiuti nei mari italiani –durata due estati (2014-2015) e

frutto di 2.600 Km di navigazione,120 kmq di mare monitorato, 205ore di osservazione diretta di rifiuti e8 transetti che hanno riguardato lapresenza di microplastiche in mare –ha permesso di individuare 2.597rifiuti galleggianti di cui ben il 95%costituito da plastica, in particolareteli (39%) e buste di plastica, interee frammentate (17%), ma anchecassette di polistirolo e frammenti(7%), bottiglie di plastica (6%), retie lenze (5%), stoviglie di plastica(2%). In questo mare magnum dispazzatura, il mare più denso dirifiuti galleggianti è risultato ilTirreno centrale con 51 rifiuti/kmq,seguito dal mar Adriatico meridio-nale con 34 e Ionio con 33. Inoltre,grazie a un protocollo d’intesa traIspra e Legambiente, è stato condot-to, nell’estate 2015, anche il primostudio preliminare sulla presenza dimicroplastiche negli arcipelaghi ita-liani: sei le isole campionate.

Serena CarpentieriResponsabile CampagneLegambiente

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foto di Anna Paola Monutoro per Legambiente

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Il clima è (già) cambiato10 BUONE NOTIZIESUL CAMBIAMENTO CLIMATICO

di Stefano Caserini

er dirla con le parole di uno dei commentatori piùautorevoli, “a meno di miracoli, l’umanità è in unterribile pasticcio”. E c’è da credergli, perché negli

ultimi 200 anni abbiamo bruciato a tutto spiano carbone,gas e petrolio, e abbiamo cambiato il clima. Le tesi nega-zioniste ormai non hanno più nessuna credibilità scientifica:

un esempio famoso, in unmessaggio su twitterBarack Obama ha citatouno studio da cui risultache per il 97% degli scien-ziati il cambiamento cli-matico è un fatto “reale,causato dall’uomo e peri-coloso”. Negli ultimitempi è però comparsauna nuova figura, specu-lare a quella del tipiconegazionista: è quella dichi, a fronte dei dati edegli scenari presentati,spalanca la bocca e si faprendere dallo sconforto.

Sconforto che si trasforma facilmente in apatia e rassegna-zione... Si tratta di una reazione comprensibile, ma va dettoche solo rispetto a pochi anni fa sono cambiate parecchiecose. Se prima infatti si doveva frugare a lungo per trovarequalche notizia positiva, oggi basta seguire un po’ l’attualitàper vedere che segnali positivi ce ne sono e sono sempre piùfrequenti. Che sia l’impegno di Cina e Stati Uniti sulla ridu-zione delle emissioni, che si tratti della nuova enciclica papa-le, dei progressi delle energie rinnovabili o dei successi dellecampagne di pressione contro le industrie dei combustibilifossili, ragioni di ottimismo ce ne sono. Stefano Caserini,uno dei più lucidi climatologi italiani, in questo suo nuovolibro ne individua 10. E lo fa con il rigore e l’ironia che dasempre lo contraddistinguono, supportato dalla convinzio-ne che “la spinta per un cambiamento profondo non puòderivare solo dal riconoscere un pericolo, ma dal riuscire ascorgere un altro futuro possibile”.

Anatomia di una grande operaLA VERA STORIA DELLA BREBEMI

di Roberto CudaDamiano Di SimineAndrea Di Stefano

a direttissima Brescia-Bergamo-Milano, meglionota come Brebemi, doveva essere la prima gran-de opera in completo autofinanziamento. Dopo

pochi mesi dall’inaugurazione, mentre le previsioni suiflussi di traffico si rivelano clamorosamente sbagliate edi macchine ne passano poche, lo Stato stanzia 320milioni per evitare la chiusura e garantire i profitti aisoci. Tutto questo in un contesto, la Pianura Padana, ai

primi posti almondo per densitàdi veicoli per abi-tante e livelli diinquinamento.Questo libro fa lucesui processi decisio-nali, sui personag-gi, sugli intrecci, suiflussi di denaro esulle vicende menonote che stannodietro l’infrastruttu-ra e che hannoattraversato politi-ca, industria negliultimi quindici anni.Perché la Brebemi,oltre a essere un

precedente che dovrebbe far riflettere anzitutto i fana-tici delle grandi opere, riproduce gli stessi vizi di unsistema distorto che fa capo alla “cricca delle autostra-de”, che sembra anteporre gli interessi di pochi “amicidegli amici” a quelli della collettività e dell’ambiente.

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Stefano Caserini

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Due gradiINNOVAZIONI RADICALI PER VINCERE LA SFIDADEL CLIMA E TRASFORMARE L’ECONOMIA

di Gianni Silvestrini

un anno dalla prima edizione, la versioneaggiornata dopo l’Enciclica Laudato si’ e laConferenza sul Clima di Parigi del libro Due Gradi di Gianni Silvestrini: innovazioni

radicali per vincere la sfida del clima e trasformare l’e-conomia. Gli indicatori ci sono tutti, basta guardarsi

intorno. I tetti dellecase sono punteggiatidi pannelli solari.Nelle grandi città il carsharing è un fattoacquisito, e anche inquelle più piccole leauto elettriche e ibri-de sono sempre piùnumerose. I super-mercati vendono sololampadine ed elettro-domestici ad altissimaefficienza, e le case inclasse “A” sono lostandard. Questi emolti altri segnali indi-cano che siamo nelmezzo di una rivolu-zione che sta già cam-

biando i modi in cui lavoriamo, ci muoviamo e abitia-mo. In questa nuova edizione aggiornata di Due GradiGianni Silvestrini spiega quali sono le spinte che stannoalla base di questa trasformazione epocale – cambia-menti climatici, crisi nella disponibilità delle risorse,innovazione tecnologica – e delinea, con lucido ottimi-smo, possibili trasformazioni future.

Economia dell’abbastanzaGESTIRE L’ECONOMIA COME SE DEL FUTURO CIIMPORTASSE QUALCOSA

di Diane Coyle

are sacrifici, ma per ottenere cosa? Gli scenariche si vanno configurando per l’Italia, come pergran parte del mondo che fino a oggi abbiamo

definito “ricco”, sono caratterizzati da politiche di rigo-re fiscale e austerità nelle spese e nei consumi. Ma piùspesso si parla di sacrifici da “lacrime e sangue”. Comeè possibile dare un senso a queste prospettive? Il cam-biamento più urgente e importante, sostiene l’autrice, èiniziare a pensare al futuro. Se per le crisi in atto (eco-nomica, finanziaria, ambientale) si volesse cercare untratto d’origine in comune, lo si potrebbe con certezzaidentificare nell’incredibile disprezzo per il domani, che

emerge in modo clamo-roso soprattutto se si guarda a comeviene gestita l’economia.Crearne una sostenibile,in cui tutti abbiano ilnecessario senza com-promettere il futuro, nonsarà facile. In Economiadell’abbastanza, DianeCoyle avvia una profon-da riflessione su come sipossa dare inizio a que-sto cambiamento e suquali siano i primi passida fare. Prima di formu-lare delle risposte,Economia dell’abbastanza

ci propone di comprendere a fondo i nodi, i meccanismie le contraddizioni nel modo in cui fino a oggi è statagestita l’economia. E le risposte che arrivano sono chia-re e radicali come poche altre.

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AGLI ABBONATIInformativa ai sensi dell’art. 13 D.Lgs.196/2003

Ai sensi dell’art. 13 del D.Lgs.196/2003, in materia di protezione datipersonali, la informiamo che i dati rac-colti vengono trattati nel rispetto dellalegge. Il trattamento sarà correlatoall’adempimento di finalità gestionali,amministrative, statistiche, di recuperocrediti, ricerche di mercato, commer-ciali e promozionali su iniziative offerte

dall’Editore, e avverrà secondo criteri diriservatezza, correttezza, liceità e tra-sparenza, anche mediante l’ausilio dimezzi elettronici e/o automatizzati. I datiraccolti potranno essere comunicati apartner commerciali dell’Editore, il cuielenco è disponibile presso il Respon-sabile Dati. Il conferimento dei dati èfacoltativo. Tuttavia il mancato conferi-mento degli stessi comporterà la man-cata elargizione dei servizi. In ognimomento si potranno esercitare i dirittidi cui all’art. 7 del D.Lgs. 196/2003, fra

cui cancellare i dati od opporsi al loroutilizzo per finalità commerciali, rivol-gendosi al Responsabile Dati dell’edi-tore: Consorzio Obbligatorio degli Oli Usati,Via Virgilio Maroso, 50 – 00142 Roma,o anche via fax 065413432.

La informiamo infine che il Titolare del tratta-mento complessivo è il Consorzio Obbligatoriodegli Oli Usati nella persona del presidente consede in Roma in Via Virgilio Maroso, 50.

www.coou.it

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