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La filosofia dentro la scienza.
L'epistemologia di Albert Einstein
Federico LaudisaUniversità di Milano-Bicocca
PROGRAMMA
1) Epistemologia: il senso
dell’espressione «La filosofia dentro la scienza»
2) L’opera scientifica di Albert Einstein: un esempio di
«filosofia dentro la scienza»
«Che cos’è la scienza? Ecco una domanda alla quale
sembra facile rispondere: tutti sanno che discipline come
la fisica, la chimica e la biologia fanno parte della scienza,
mentre arti, musica e teologia ne sono escluse. Quando
però ci chiediamo in quanto filosofi che cosa sia la
scienza, non è questo il tipo di risposta che cerchiamo.»
«Non chiediamo una mera lista delle attività che
sono di solito chiamate scienza. Piuttosto ci stiamo
interrogando sulla caratteristica comune condivisa
da tutte le attività della lista. Ovvero su ciò che
rende qualcosa una scienza. Intesa in questo modo,
non si tratta di una domanda banale.»
S. Okasha,
Il primo libro di filosofia della scienza,
Einaudi 2006
La domanda è in realtà molto antica e risale alle origini
stesse del pensiero filosofico: il problema di cosa sia la
scienza è al centro di uno dei più importanti dialoghi di
Platone, il Teeteto.
“È proprio questo ciò che mi fa problema, e che
non riesco da me stesso a comprendere a
sufficienza: che cosa è mai scienza? [...]
Ma quello che ti è stato chiesto, Teeteto, non
era questo, ossia di quali oggetti sia la scienza, né quante
siano le scienze. Ponendo la domanda, infatti, non
volevamo enumerare le scienze, bensì sapere che cosa è
mai la scienza in sé.”
Platone utilizzava il termine “scienza” nel senso generale
di “conoscenza autentica” e non distingueva in modo netto
tra ciò che oggi intendiamo con “scienza” e ciò che oggi
intendiamo con “filosofia”.
Nel nostro tempo, supponendo di sapere esattamente
come e perché scienza e filosofia siano distinte, notiamo
che esiste un’implicazione reciproca tra filosofia e scienza:
La scienza influenza la filosofia
(dalla scienza alla filosofia)
La filosofia influenza la scienza
(dalla filosofia alla scienza).
Dalla scienza alla filosofia
Esistono questioni che nascono dalle scienze ma che nonsi esauriscono nelle scienze e che non possono fare ameno di un’analisi filosofica.
Esempio 1:
Perché larga parte della conoscenza scientifica è dimostrativa?
Esempio 2:
Se è vero che molte affermazioni scientifiche sono affermazioni causali, cos’è la causalità?
Dalla filosofia alla scienza
I tentativi di rispondere a queste domande sono importantiin generale non soltanto per la filosofia ma spesso si sonodimostrati importanti anche per la scienza.
Cos’è una dimostrazione?
LOGICA FORMALE
Cos’è un calcolo? G. Frege
INFORMATICA TEORICAA. Turing
Cos’è la mente? SCIENZE
Quale rapporto tra COGNITIVE
mente e linguaggio? N. Chomsky
La filosofia della scienza si configura dunque come
indagine filosofica sulla natura della conoscenza scientifica.
La filosofia si è sempre interrogata sulla natura della
conoscenza in generale: dunque un problema ancora più
urgente è stato quello di interrogarsi sulla natura di quella
particolare forma di conoscenza rappresentata dalla
conoscenza scientifica.
Quando parliamo di filosofia, di scienza e di filosofiadella scienza, assumiamo
• di sapere che la scienza e la filosofia sono discipline bendistinte;
• di essere in grado, con buona approssimazione, ditracciare la linea di demarcazione tra esse.
Ma è sempre stato così?
� L’immagine di scienza come indagine sistematica dei
fenomeni naturali e ad alto contenuto matematico-
formale emerge in epoca moderna con la cosiddetta
Rivoluzione scientifica (tra la seconda metà del XVI
secolo e la fine del XVII secolo).
A partire dalla Rivoluzione
scientifica diventa sempre
più netta la distinzione tra
scienze e altre forme di
cultura.
Il carattere rivoluzionario di questa epoca della cultura
europea si deve all’introduzione di un modo radicalmente
nuovo di analizzare i fenomeni naturali.
Questa nuova modalità di
analizzare i fenomeni
non deriva soltanto
da un’accumulazione di
fatti ed esperienze
precedenti (né dalla sola
scoperta di un presunto
‘metodo scientifico’).
� La Rivoluzione scientifica si configura piuttosto comeun autentico rovesciamento di prospettiva: i pensatorimoderni imparano cioè a costruire modelli dei fenomeni.
� Un segnale culturalmente significativo dellaRivoluzione scientifica è la ricorrenza dell’aggettivonuovo in centinaia di testi filosofici e scientifici del XVII:il Nuovo organo di Bacone, la Nuova astronomia diKeplero, i Discorsi e Dimostrazioni intorno a due nuove
scienze di Galileo, ecc.
� Da ricordare: numerose intuizioni furono espresse giàdagli scienziati di epoca ellenistica! (Lucio Russo, La
rivoluzione dimenticata, Feltrinelli 1996)
Verso la fine del 1944 Robert Thornton, un giovane fisicoalle prese con la preparazione per il suo primo corso difisica da docente, scriveva ad Einstein.
Thornton chiedeva sostegno per la sua ferma intenzione diintrodurre “quanta più filosofia della scienza possibile” nellesue lezioni.
La risposta di Einstein è significativa:
«Concordo completamente con lei sull’importanza e ilvalore educativo della metodologia, della storia e dellafilosofia della scienza.
«Molte persone al giorno d’oggi – compresi scienziatiprofessionisti – mi appaiono come colui che ha vistomigliaia di alberi senza mai vedere una foresta.
Una conoscenza dello sfondo storico e filosofico fornisceproprio quella indipendenza dai pregiudizi della propriagenerazione dai quali la maggior parte degli scienziati sonoafflitti.
Questa indipendenza determinata dall’analisi filosofica è – a
mio giudizio – il segno di distinzione tra un semplice
artigiano o specialista e un autentico cercatore di verità.»
Così Einstein nel 1944. Ma già nel 1916 scriveva:
«Concetti che si sono dimostrati utili per ordinare le coseacquistano una tale autorità su di noi che ci dimentichiamola loro origine terrena e li accettiamo come dati inalterabili.
Così essi diventano ‘necessità del pensiero’, ‘dati a priori’,ecc. Il cammino del progresso scientifico è spesso resoimpossibile per lungo tempo proprio da questi errori.
Per questa ragione, è tutt’altro che un gioco irrilevante
cercare di diventare abili nell’analizzare i concetti che per
lungo tempo sono stati un luogo comune e mettere in
evidenza quelle circostanze dalle quali dipendono la loro
giustificazione e la loro utilità, mostrando come siano
emersi individualmente, a partire dai dati dell’esperienza.
In questo modo, la loro soverchiante autorità saràrovesciata. Essi saranno rimossi se non possono essereadeguatamente giustificati, corretti se la lorocorrelazione con oggetti dati è troppo vaga, sostituiti daaltri concetti se è possibile costruire un nuovo sistemache preferiamo per altre ragioni.»
Einstein, Ernst Mach, «Phys. Zeitschrift» 17 (1916)
� La formulazione della teoria della relatività «speciale»è una dimostrazione concreta di come Einstein, anche
prima di teorizzarlo in forma filosofica, applica la sua ideadi pensiero scientifico come libera creazione, suggeritama non imposta dai fatti empirici.
� In particolare, la teoria della relatività speciale proponedi rinunciare all’idea che il tempo scorra uniformementein tutti i sistemi di riferimento inerziali.
L’idea dell’uniformità dello scorrere del tempo eracontenuta nelle trasformazioni di Galileo:
secondo queste trasformazioni,se S e S’ sono due sistemi diriferimento inerziali – ciascunocon la propria variabile tempo,rispettivamente t e t’ – si pone
t = t’
cioè un osservatore in S misura il tempo t esattamentecome un osservatore in S’ misura il tempo t’.
La scoperta che esiste una velocità c (la velocità della lucenel vuoto) che è invariante in ogni sistema di riferimento,implica però la rinuncia alla validità delle trasformazioni diGalileo per i fenomeni elettromagnetici: infatti
se
c è costante in ogni sistema di riferimento inerziale S, allorail suo valore sarà ancora c anche in un sistema diriferimento S’ che si muova con velocità v rispetto a S;
dunque
non vale l’addizione delle velocità che è una conseguenzadelle trasformazioni di Galileo.
Questo fatto empirico implica quindi anche la rinunciaall’idea che il tempo scorra uniformemente in tutti i sistemidi riferimento inerziali.
Conseguenza filosofica ed epistemologica fondamentaleper Einstein:la condizione t = t’ non è imposta inevitabilmente daifatti, ma è un’ipotesi teorica adatta a descrivere soltantoalcune classi di fenomeni (nel nostro caso, fenomeni ‘abassa velocità’).
In uno scritto del 1918, in onore di Max Planck, Einsteinaveva scritto:«La missione più alta del fisico è dunque la ricerca diqueste leggi elementari, le più generali, dalle quali siparte per raggiungere, attraverso semplici deduzioni,l’immagine del mondo.Nessun cammino logico conduce a queste leggielementari: l’intuizione sola, fondata sull’esperienza, cipuò condurre ad essa.»
Formulazione esplicita di una vera e propria teoria
epistemologica (relativa alla natura delle teorie scientifiche):lettera a Maurice Solovine del 7 maggio 1952
«Io vedo la cosa nel modo seguente:
1) Ci sono date le E (esperienze immediate).
2) A sono gli assiomi da cui traiamo le conclusioni. Dalpunto di vista psicologico gli A poggiano sulle E. Ma non
esiste alcun percorso logico che dalle E conduca agli A; c’è
solamente una connessione intuitiva (psicologica) e sempre
“fino a nuovo ordine”.
3) Dagli A si ricavano, con procedimento deduttivo,enunciati particolari S che possono pretendere di essereveri.
4) Gli S sono messi in relazione con le E (verifica per mezzodell’esperienza).
Questa procedura, a ben vedere, appartiene essa stessa alla
sfera extra-logica (intuitiva), non essendo di natura logica la
relazione tra i concetti che intervengono negli enunciati e le
esperienze immediate.»
Riferimenti bibliografici
�Albert Einstein, Opere scelte (a cura di E. Bellone), BollatiBoringhieri 1988
�Abraham Pais, «Sottile è il Signore…» La scienza e la vita di
Albert Einstein, Bollati Boringhieri 1986
�Gerald Holton, Einstein e la cultura scientifica del XX secolo,Il Mulino 1991
�Thibault Damour, Albert Einstein. La rivoluzione della fisica
contemporanea, Einaudi 2009
�Federico Laudisa, Albert Einstein. Un atlante filosofico,Bompiani 2010