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Foglio di formazione e informazione dell’Associazione Maria Immacolata Anno XII - n.35 MARZO 2011 Sped. Abb. Post. D.L. 353/2003, conv. L. 46/2004, art.1, c.1 DCB Milano Reg. Tribunale Milano N.941 del 16 dicembre 2005 In caso di mancato recapito restituire al mittente C.M.P. Roserio - Milano, detentore del conto editoriale R ispetto: termine che include un signifi- cato di civiltà. Rispettarsi favorisce il vivere civile. Considera l’altro in un ruolo riconosciuto, accettato, anche se non condi- viso. È la base da cui cercare il confronto, il dialogo. Al rispetto dovrebbe conseguire un’azione di mediazione verso obiettivi comuni. Altrimenti diventa una forma, quindi un limite: un essere di fronte agli altri “senza anima”. C’è il rischio di lasciarsi irretire dalla diversità al punto tale da rinunciare a un confronto. Il rispetto deve essere solo l’inizio di un cammino che porta a valorizzare le persone. Fino ad amarle. Fino al perdono che restituisce alle persone la capacità di ritornare attivi nella relazione e riprendersi il ruolo alto di figli e di fratelli. È questa l’espressione più alta di civiltà. Il rispetto è poi una disposizione che si estende alle cose, agli oggetti, a tutto il crea- to. Ne riconosce la funzione individuale in un disegno globale che comprende il valore sorgivo e la finalità relativa all’uomo e all’equilibrio naturale. Ed è proprio all’uo- mo che Dio ha affidato la responsabilità del creato: “Il Signore Dio prese l’uomo e lo pose nel giardino di Eden perché lo colti- vasse e lo custodisse” (Genesi 2,15), e lo ha chiamato a collaborare alla sua azione di redenzione universale “io creo cieli nuovi e nuova terra” (Isaia, 65,17). Qui l’uomo tro- va un supplemento di stimolo per cercare, in una dimensione corretta, cioè etica, la relazione con le cose e le persone. Anche nel campo scientifico e nella salvaguardia del territorio. E il rispetto alle persone e alle cose mi con- duce a quelle regole che sono diventate, purtroppo, obsolete nella coscienza, non solo dei giovani, con i risultati che sono sot- to gli occhi di tutti. Prendiamo per esempio la televisione: con quali linguaggi si espri- me, quali contenuti offre, con quali immagi- ni parla ai bambini e agli adulti? Possiamo dire che ciò che è diseducativo o addirittura immorale, lo è per tutti? E ciò che manca di rispetto ai piccoli, manca di rispetto anche ai grandi? Si sente in giro parlare di “TV spazzatura”, ma non si rinuncia a guardarla e a lasciarsi morbosamente attrarre, rima- nendo incollati al televisore per ore. Tanto per passare il tempo - si dice - per distrazio- ne, per conoscere i fatti. La comunicazione mediatica, che oggi irrompe così prepotentemente nella nostra vita, assurge a diritto di informazione indi- pendente dai contenuti e dalle modalità espressive. L’appello alla coscienza indivi- duale è stemperato in una società che urla i diritti senza contemplare quei doveri, che inverano i diritti. I veri diritti e doveri sono resi invisibili dalle giustificazioni psicologi- che e sociologiche che la dialettica del più abile e del più forte impone. Tutti si trincerano dietro i propri diritti e … in particolare al diritto di libertà: anche quando la stampa è invadente, la ricerca è illimitata, la laicità è intollerante, la politica è supponente; anche quando i bambini, gli adolescenti e i giovani avanzano il diritto di sottrarsi a proposte educative (“se vuoi…”), anche quando le donne impongono la pro- pria indipendenza femminile e gli uomini il proprio ruolo maschile; anche quando il datore di lavoro o l’operatore economico ricercano un guadagno insaziabile, anche quando i lavoratori dipendenti abusano dei propri diritti, anche quando il carcerato mira solo alla sua libertà. Ma questi e altri diritti hanno rispetto dei diritti altrui? Delle lacrime delle loro vittime? Esiste un legame inscindibile tra libertà e rispetto; infatti “nell’esercitare i propri diritti i singoli esseri umani e i gruppi socia- li, in virtù della legge morale, sono tenuti ad avere riguardo tanto ai diritti altrui quanto ai propri doveri verso gli altri e verso il bene comune” (Benedetto XIV, 17.12.2010). don Carlo Stucchi In questo numero L’educazione: il rispetto GLI ORIZZONTI DEL RISPETTO

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Foglio di formazione e informazione dell’Associazione Maria Immacolata

Anno XII - n.35 MARZO 2011

Sped. Abb. Post. D.L. 353/2003, conv. L. 46/2004, art.1, c.1 DCB Milano Reg. Tribunale Milano N.941 del 16 dicembre 2005In caso di mancato recapito restituire al mittente C.M.P. Roserio - Milano, detentore del conto

editoriale

Rispetto: termine che include un signifi-cato di civiltà. Rispettarsi favorisce il

vivere civile. Considera l’altro in un ruoloriconosciuto, accettato, anche se non condi-viso. È la base da cui cercare il confronto, ildialogo. Al rispetto dovrebbe conseguireun’azione di mediazione verso obiettivicomuni. Altrimenti diventa una forma,quindi un limite: un essere di fronte aglialtri “senza anima”. C’è il rischio di lasciarsiirretire dalla diversità al punto tale darinunciare a un confronto. Il rispetto deveessere solo l’inizio di un cammino che portaa valorizzare le persone. Fino ad amarle.Fino al perdono che restituisce alle personela capacità di ritornare attivi nella relazionee riprendersi il ruolo alto di figli e di fratelli.È questa l’espressione più alta di civiltà. Il rispetto è poi una disposizione che siestende alle cose, agli oggetti, a tutto il crea-to. Ne riconosce la funzione individuale inun disegno globale che comprende il valoresorgivo e la finalità relativa all’uomo eall’equilibrio naturale. Ed è proprio all’uo-mo che Dio ha affidato la responsabilità delcreato: “Il Signore Dio prese l’uomo e lopose nel giardino di Eden perché lo colti-vasse e lo custodisse” (Genesi 2,15), e lo hachiamato a collaborare alla sua azione diredenzione universale “io creo cieli nuovi enuova terra” (Isaia, 65,17). Qui l’uomo tro-va un supplemento di stimolo per cercare,in una dimensione corretta, cioè etica, larelazione con le cose e le persone. Anche nelcampo scientifico e nella salvaguardia delterritorio.E il rispetto alle persone e alle cose mi con-duce a quelle regole che sono diventate,purtroppo, obsolete nella coscienza, nonsolo dei giovani, con i risultati che sono sot-to gli occhi di tutti. Prendiamo per esempiola televisione: con quali linguaggi si espri-

me, quali contenuti offre, con quali immagi-ni parla ai bambini e agli adulti? Possiamodire che ciò che è diseducativo o addiritturaimmorale, lo è per tutti? E ciò che manca dirispetto ai piccoli, manca di rispetto ancheai grandi? Si sente in giro parlare di “TVspazzatura”, ma non si rinuncia a guardarlae a lasciarsi morbosamente attrarre, rima-nendo incollati al televisore per ore. Tantoper passare il tempo - si dice - per distrazio-ne, per conoscere i fatti. La comunicazione mediatica, che oggiirrompe così prepotentemente nella nostravita, assurge a diritto di informazione indi-pendente dai contenuti e dalle modalitàespressive. L’appello alla coscienza indivi-duale è stemperato in una società che urla idiritti senza contemplare quei doveri, cheinverano i diritti. I veri diritti e doveri sonoresi invisibili dalle giustificazioni psicologi-che e sociologiche che la dialettica del piùabile e del più forte impone.Tutti si trincerano dietro i propri diritti e …in particolare al diritto di libertà: anchequando la stampa è invadente, la ricerca èillimitata, la laicità è intollerante, la politicaè supponente; anche quando i bambini, gli

adolescenti e i giovani avanzano il diritto disottrarsi a proposte educative (“se vuoi…”),anche quando le donne impongono la pro-pria indipendenza femminile e gli uomini ilproprio ruolo maschile; anche quando ildatore di lavoro o l’operatore economicoricercano un guadagno insaziabile, anchequando i lavoratori dipendenti abusano deipropri diritti, anche quando il carceratomira solo alla sua libertà. Ma questi e altridiritti hanno rispetto dei diritti altrui? Dellelacrime delle loro vittime? Esiste un legame inscindibile tra libertà erispetto; infatti “nell’esercitare i propridiritti i singoli esseri umani e i gruppi socia-li, in virtù della legge morale, sono tenuti adavere riguardo tanto ai diritti altrui quantoai propri doveri verso gli altri e verso ilbene comune” (Benedetto XIV, 17.12.2010).

don Carlo Stucchi

In questo numeroL’educazione:il rispetto

GLI ORIZZONTI DEL RISPETTO

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ASCOLTami n.35 - marzo 2011 - pag. 2

parliamo di...

La scienza, nonostante i grandiprogressi, frequentemente gene-

ra timori e preoccupazioni soprattut-to per mancanza di conoscenza e diquel rispetto intellettuale che èdovuto a chi con coraggio e in pienalibertà di pensiero scopre ciò che lanatura cela e che l’uomo intuisce.Chi non ha mai avuto paura deglisviluppi tecnologici che ne deriva-no? Ma sono proprio queste scoperteche ci offrono il mezzo per avviarericerche sempre più sofisticate volteal nostro benessere e all’umano einsopprimibile desiderio di sapere .La scienza ha cominciato a progredi-re sempre più rapidamente a partiredall'utilizzo del "metodo sperimen-tale" che venne adottato per la primavolta, consapevolmente, da GalileoGalilei. Il metodo sperimentale sioppone alla tendenza di accumularedati passivamente, o all'interpreta-zione delle osservazioni facendo usosolo dell'intelletto. Fin dall'Illumini-smo questo termine (e la sua originelatina) aveva il significato di qualsia-si sistematica o esatta registrazionedella conoscenza. Di conseguenza la"scienza", a quel tempo, aveva lostesso tipo di significato dato allafilosofia, nel senso più ampio del ter-mine. All'inizio del 1600 il metodosperimentale, introdotto da Galilei,innescò un progresso scientifico stra-ordinario in un tempo relativamentebreve sino a prospettare scenari qua-si al di là dell’immaginabile Gli scrit-tori di fantascienza hanno sempre

EDUCAZIONE E RISPETTO PER LA SCIENZA

cercato di ricreare fantasiosi modellidi vita futura e, senza accorgersene,non hanno fatto altro, con la lorosensibilità ed intuizione, che preve-dere una realtà futura. Basti pensareai viaggi sulla Luna, al volo aereo, aisottomarini (immaginati da GiulioVerne) alle pozioni con erbe miraco-lose (progenitrici della futura farma-cologia) al microcosmo e al macroco-smo…Anche i robot sono statiimmaginati da molti autori e sonostati realizzati solo in tempi recenti eora hanno raggiunto un livello diprestazioni tale da poter sostituirel'uomo in moltissimi campi e funzio-ni (medici, diagnostici, ingegneristi-ci, industriali...). Cosa si intende perscienza? Un complesso di conoscen-ze ottenuto con un processo sistema-tico di acquisizione delle stessemediante gli assunti di Galileo: tesi,ipotesi, verifica sperimentale delfenomeno osservato, allo scopo digiungere a una descrizione precisadella realtà delle cose e delle leggi inbase alle quali esse avvengono. Insenso più ampio è stato tentato diapplicare il metodo scientifico anchead aree del sapere quali la sociolo-gia, la storia, e le cosiddette scienzeumane, incontrando però difficoltànell'applicazione dello stesso anchese oggi, con le scoperte più recenti,tutto ciò sembra essere possibile.Dove potrà arrivare la scienza e latecnologia nei prossimi decenni nes-suno lo può immaginare, così comedecenni fa nessuno avrebbe immagi-

nato dove saremmo arrivati oggi. Lascienza non è in grado di dimostra-re, né produrre, verità assolute eindiscusse; piuttosto verifica coeren-temente al meglio le ipotesi suidiversi aspetti del mondo fisico, e,quando necessario, si rimette indiscussione, rivedendo le sue teoriealla luce di nuovi dati e osservazio-ni, ma mettere un freno troppo rigi-do alla creatività scientifica non èmai opportuno anche se ogni dato,ogni teoria, devono essere analizzaticon estremo scrupolo per il bene del-l’uomo, che ne dovrà usufruire allaluce di un’etica del benessere e nondella imposizione. La scienza, tutta-via, non è una sorgente di giudizi edi valori soggettivi, ma può averesenza dubbio un ruolo importante inmateria di etica, indicando, in molticampi del sapere, le probabili conse-guenze di certe scelte. Si può riassu-mere dicendo che la scienza moder-na ha come scopo di rispondere a"come" i fenomeni osservati si svol-gono, lasciando il "perché" a questio-ni filosofiche e religiose. Lo scopoultimo della scienza è la compren-sione e la modellizzazione dellanatura al fine di poter continuare inun affascinante percorso di cono-scenza. Rivediamo brevemente gli ultimi epiù recenti progressi e alcune delleapplicazioni delle scoperte scientifi-che che ai nostri giorni costituiscononon il futuro ma il presente, e cer-chiamo di comprendere con molta

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onestà intellettuale e senza timorequanto un Dio creatore o per alcuniil caso e la statistica, hanno volutoche l’uomo scoprisse gradualmentedurante l’arco dei secoli: non imme-diatamente il tutto perché, come ilcammino dello spirito, così anchequello della scienza richiede unaevoluzione lenta e lunga, opportu-na, in armonia col mondo in cuiviviamo, benefica e paziente lungo iltracciato della vera conoscenza, uti-le ed indispensabile: dono che unDio creatore elargisce quotidiana-mente all’uomo.

LE CELLULE STAMINALISono cellule primitive non specializ-zate dotate della singolare capacitàdi trasformarsi in qualunque altrotipo di cellula del corpo. Utili fonti dicellule staminali sono quelle embrio-nali e quelle adulte localizzate in tut-ti gli organi del corpo.

Cellule staminali

Ricercatori alla McGill University diMontreal hanno ricavato cellule sta-minali dalla pelle capaci di specializ-zarsi in molti tipi di tessuto, compre-si neuroni, cellule muscolari lisce ecellule adipose. Esse sono state tro-vate nel derma, lo strato più profon-do della pelle: queste cellule stami-nali giocano un ruolo centrale nellarimarginazione di piccoli tagli. Siritiene che anche i vasi sanguigni, lapolpa dentaria, l'epitelio digestivo,la retina, il fegato ed anche il cervellocontengano cellule staminali, utili

per la rigenerazione dello stessosistema nervoso centrale, cervello emidollo spinale.

I NEURONI A SPECCHIO

Neuroni a specchio

I dati della ricerca, sull’uomo e suiprimati, hanno dimostrato l’esisten-za di un sistema di neuroni(cellulenervose) visuomotori, nella cortecciacerebrale premotoria, che costitui-scono il principale substrato anato-mo-fisiologico al riconoscimentodelle azioni altrui e al loro apprendi-mento. Il modello è stato poi estesoad altre abilità cognitive, prima fratutte il linguaggio, in cui il sistemadei neuroni mirror (a specchio) giocaun ruolo chiave tanto da costituirecon tutta probabilità il meccanismoneurofisiologico da cui il linguaggioha potuto svilupparsi a partire dallacomprensione dell’azione. La possi-bilità di scoprire attività a specchio,basate su strutture neuronali a rete,non solo per i movimenti ma ancheper le sensazioni ed emozioni, hadischiuso nuovi e ulteriori affasci-nanti orizzonti di ricerca che dallapercezione imitativa del movimentoe delle emozioni passano ai più com-plessi meccanismi psicologici diidentificazione nell’altro, sconfinan-do nei fenomeni di contagio emotivoe di sviluppo di processi empatici,alla base del comportamento socialeed altruistico o delle professionid’aiuto, e in particolare dei meccani-smi comunicativi in medicina; inte-

ressante il loro possibile coinvolgi-mento nelle patologie autistiche.

LA NANOTECNOLOGIA È un ramo della scienza applicata edella tecnologia che si occupa delcontrollo della materia su scaladimensionale inferiore al microme-tro, (1millesimo di millimetro) nor-malmente tra 1 e 100 nanometri,(1milionesimo di millimetro).

Globuli rossi e nanorobot

Costituisce un ambito d'investiga-zione altamente multidisciplinare,coinvolgendo molteplici indirizzi diricerca che vanno dalla biologiamolecolare alla chimica, alla cienzadei materiali, alla fisica , sia applica-ta che di base, fino all’ingegneriameccanica ed elettronica ed allarobotica miniaturizzata ma i suoisviluppi sono impensabili in campidove, date le dimensioni utilizzate,si potrebbe ad esempio con piccolirobot penetrare in un elemento cel-lulare e veicolare farmaci riducendole dosi,eliminando gli effetti collate-rali, e centrando il bersaglio conestrema precisione. Numerosi altricampi di ricerca sono coinvolti nelprogresso della conoscenza e certa-mente non ci stupiremo in un futuroprossimo di comprendere alcuniassilli o domande tuttora prive dirisposta.

Ersilia DolfiniDocente Università degli Studi di Milano

Facoltà di Medicina e [email protected]

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ASCOLTami n.35 - marzo 201 - pag. 4

il volontariato racconta

IL VOLONTARIATO RACCONTA “ONORA LA PERSONA

DEL VECCHIO”“Alzati davanti a chi ha i capelli

bianchi, onora la persona delvecchio”. Il verbo “onorare” che troviamo in questoversetto dal libro del Levitico ( 19,32) rac-chiude in sé una gamma di significati, disentimenti, di atteggiamenti e induce ainterrogarsi, come fa Carlo Maria Martinicommentando il quarto comandamentoin uno dei suoi libri di recente pubblica-zione: “Che significa questo onore chedeve essere tributato all’anziano? Nonpuò certo limitarsi al rispetto, alla curaper il cibo e il vestito, all’assistenza nellamalattia. Onorare l’anziano significaanche e soprattutto riconoscere in luiun’autorevolezza, che si fonda sui valoriautentici che l’anziano reca dentro di sé”.

Le parole di Martini consentono diriprendere due spunti di riflessione che iltempo di Avvento, quest’anno, ci haofferto.

Il primo proviene dal documento del car-dinale Tettamanzi, “In cammino con sanCarlo”, ed è la “piccolezza”, che vienemessa in stretta relazione con la chiamataalla santità.“Con l’incarnazione il Figlio di Dio si èunito in certo modo ad ogni uomo. Inquesto evento di salvezza, infatti, si rivelaall’umanità non solo l’amore sconfinatodi Dio, ‘che ha tanto amato il mondo dadare il suo Figlio unigenito’ (Gv 3,16), maanche il valore incomparabile di ogni per-sona umana. [...] E questo vale per ognivita umana, sempre e in ogni sua condi-zione: dall’inizio del concepimento sinoalla sua fine naturale, nelle condizioni disalute e di malattia”.Da qui, l’esigenza di educare e educarsi alrispetto della vita, specialmente quandosperimenta la “piccolezza”, intesa “nelsenso più ampio e vario, che si estende atutte quelle forme di fragilità e solitudine,di disabilità e disagio, che la rendono fati-cosa, incompresa, trascurata e perfinorifiutata”.

Ricordando la figura e l’opera di san Car-lo, il nostro Arcivescovo ci chiama a rivi-vere la sua eroica dedizione d’amore allepiù diverse condizioni di vita provata,ferita e sofferente e a dedicarle una pre-mura pastorale speciale “mediante senti-menti e atteggiamenti di stima, di venera-zione, di vicinanza, di interessamento, diaffetto sincero e di aiuto concreto”.

Il secondo spunto di riflessione è costitui-to dall’icona di Eleàzaro, che don Carlo ciha descritto e sulla quale si è soffermatoin diverse occasioni dall’inizio dell’annopastorale.

“Un tempo il rispetto per l’autorità del-l’anziano veniva da sé, per il fatto stessodell’età, dell’esperienza acquisita e diquella saggezza che trasmettono le provesuperate”. All’intervistatore che gli espo-neva questa riflessione, Jean Guittonrispondeva: “Bisogna anche essernedegni. Che gli anziani conservino lacoscienza del loro ruolo di saggezza e diesempio; della loro dignità di fronte allasofferenza e di fronte alla morte, questimisteri”.La Scrittura (2 Maccabei 6,18-31) presentaEleàzaro come “uno degli scribi più sti-mati”, cioè come un esperto e qualificatointerprete della legge biblica, “uomo giàavanzato in età” (più avanti egli stessodirà che ha novant’anni) e “dignitoso nel-l’aspetto della persona”.Durante l’occupazione di Gerusalemmeda parte del re Antioco IV, costretto a

sacrificare agli dei mangiando carne sui-na, Eleàzaro rifiuta di sottomettersi alleimposizioni dei conquistatori.Gli amici gli suggeriscono di fingere dimangiare le carni impure, per aver salvala vita. A questo punto il racconto biblico sottoli-nea la consapevolezza con cui il vecchioscriba vive la storia del suo tempo e laforza interiore che orienta il suo compor-tamento: Eleàzaro sceglie infatti il marti-rio non solo per rimanere fedele a se stes-so e alla condotta tenuta per tutta la vita,ma anche per lasciare ai giovani un esem-pio di nobiltà e un ricordo di virtù.

Nel corso del suo lungo pontificato Gio-vanni Paolo II ha avuto un’attenzionecostante per la fragilità della vecchiaia,consapevole che: “Imparare a invecchiarerichiede saggezza e coraggio. L’esperien-za della vecchiaia è uno dei capitoli piùdifficili della grande arte del vivere”.L’icona di Eleàzaro può essere un model-lo, per imparare a invecchiare avendocome riferimento lo stile, la grinta, ilmodo di guardare agli avvenimenti e allavita del vecchio scriba. Un modello da tener presente per noi, maanche da trasmettere alle persone anzia-ne ammalate che incontriamo, perchénonostante l’età avanzata e la salute “pic-colina” vivano il tempo della vecchiaia inmaniera consapevole e incisiva e, nellaprova, “rivelino il loro vero essere, comel’oro nel crogiolo”.

Le citazioni sono tratte da:Carlo Maria Martini, “Le età della vita”,

Mondadori, 2010Dionigi Tettamanzi, “In cammino con San

Carlo”, Centro Ambrosiano, 2010Jean Guitton, “Il libro della saggezza e delle

virtù ritrovate”, Piemme, 2004Giovanni Paolo II, “Non temiamo la verità”,

Piemme, 1995

Sara Esposito

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ASCOLTami n.35 - marzo 2011 - pag. 5

Se dai un pesce a un uomo, si nutrirà unavolta. Se gli insegni a pescare, mangerà

tutta la vita.Questo deve essere stato il proverbio cineseche ha fatto da guida a José Antonio Abreu,65 anni, attivista, politico, educatore, acca-demico e musicista venezuelano quando hafondato, trentadue anni fa, El Sistema, unafondazione per la promozione sociale del-l’infanzia e della gioventù attraverso unpercorso innovativo di didattica musicale.Il Venezuela, come tutti sappiamo, è unpaese in gravi difficoltà economiche e socia-li. La povertà produce delinquenza, e chivive a Caracas, per esempio, ha semprepaura di essere aggredito, minacciato, deru-bato. Ma, come per incanto, proprio in questopaese c’è una realtà che tutto il mondo rico-nosce straordinaria: 150 orchestre giovanilie 140 infantili con 250.000 tra bambini eragazzi che, recuperati dai quartieri piùpoveri e più isolati, hanno avuto in donouno strumento musicale e hanno imparatoa suonarlo, diventando, nel tempo e con lostudio, parte di una orchestra. La musica come mezzo per uscire dall’ab-bandono e dalla delinquenza, la musicacome recupero della spiritualità, la musicacome sviluppo dell’intelligenza, la musicacome mezzo per la dignità dell’uomo, lamusica lontana dalle élites e progetto per ilrecupero di giovani in gravi condizioni didisagio.Sembra quasi impossibile che questo possa

accadere, ma accade grazie a un uomo chetutta la vita l’ha impiegata, e la impiega, perun obiettivo irrinunciabile che si è posto difronte alla realtà del suo Paese.Cosa vuol dire impegnarsi per i giovani?Salvarli e creare una società futura più sanae responsabile. E in più, attraverso una for-ma d’arte e di cultura che li accomuna, cheinsegna a vivere in un gruppo interdipen-dente, eleva e serve a trasformare ragazzisbandati in persone di valore.Il maestro Gustavo Dudamel, 29 anni, chedirige l’orchestra del Teatro alla Scala e legrandi orchestre del mondo, viene dal Siste-maAbreu. E il maestro Claudio Abbado, checelebriamo come uno dei grandi direttorid’orchestra italiani e non solo italiano, si èspeso in Venezuela con quelle orchestre gio-vanili.Trattare gli esseri umani da esseri umani,tenendo conto delle sensibilità, delle intelli-genze, delle pulsioni di ciascuno, non èaffatto facile. Ma per fortuna, esistonouomini, come José Antonio Abreu, che nonsono indifferenti e impiegano una vita pergli altri.L’altra faccia della medaglia? Il PremioNobel per la Pace 2010, il cinese Liu Xiaobo,che non potrà ritirare il premio a Stoccolmaperché il suo Governo non gli permetterà dilasciare il carcere nel quale è rinchiuso daanni per ragioni politiche. Abbiamo parlato di rispetto? Direi di sì.

Maria Grazia Mezzadri

l’ascolto della sofferenza

UNA STORIA LONTANA,

UNA STORIA DI OGGI

visti e letti per voi

“Ogni autentico cammino educativo ha bisognodi una qualche regola, di una disciplina del corpoe dello spirito”. Nella lettera pastorale “Itinerarieducativi” (Milano, 1988) il card. Martini ricordache le più antiche forme di vita monastica hannoespresso i loro ideali e gli strumenti pratici perrealizzarli in codici di regole che hanno in seguitoispirato nuovi ordini religiosi e poi le congrega-zioni maschili e femminili più recenti. A questeregole si ispira il Cardinale nel delineare le pro-poste per i differenti itinerari educativi. I docu-menti più significativi di Martini sul tema dell’“educare oggi” sono stati ripubblicati di recentenel volumetto “Educare nella postmodernità”(Editrice La Scuola, Brescia, 2010) . L’opera nonha la pretesa di essere un trattato di pedagogia,ma si propone di illuminare e sostenere la concre-ta azione educativa della comunità cristiana nellesue varie articolazioni. Dalla lettura orante dellaScrittura l’autore giunge a delineare i tratti prin-cipali della “pedagogia di Dio”. In questa linea dipensiero le regole che sono alla base di ogni atti-vità educativa non vanno intese alla stregua di“istruzioni operative” o “istruzioni per l’uso”come quelle di una macchina, ma prevedonoun’interazione tra educatore e educando, basatasu due principi fondamentali: libertà e rispetto.L’educando, scrive Martini, “non è materia grez-za da plasmare, ma è soggetto libero dal qualel’educatore deve fare emergere l’io profondo oveabita la verità”. E’ del vero educatore il culto perla libertà, il rispetto dell’autonomia della personada educare.

* * * *I genitori sono i primi educatori e, per il bene deifigli, è importante fissare delle regole di compor-tamento, dei paletti che traccino il confine inmodo ben visibile. Segnalo qui un film e un libroche propongono una riflessione sui pericoli chepossono presentarsi, nel primo caso, quando laregola viene negata in nome di una malintesalibertà; nel secondo caso, quando la regola diven-ta una forma vuota, rigida, di cui il genitore esigeil rispetto senza peraltro instaurare un autenticorapporto educativo e affettivo con il figlio.Nel film “La nostra vita” di Luchetti il protagoni-sta lascia vivere i suoi figli nella totale assenza diregole. Emblematica è la scena che si svolge nelsupermercato, quando il papà consegna ai figlidei soldi perché si comprino quello che vogliono.All’estremo opposto, il protagonista del romanzodi Joseph Roth, La marcia di Radetzky, di frontealla crisi e al fallimento del figlio, si interroga conangoscia: “Com’è sempre parso semplice il mon-do! pensava il capitano distrettuale. Per ognisituazione c’era un ben preciso comportamento.Quando il figlio tornava dalle vacanze, gli si face-va l’esame. Quando era diventato sottotenente, cisi congratulava con lui. Quando scriveva le suelettere ossequiose e così povere di contenuto, siricambiava con due righe compassate. Ma comeci si doveva comportare quando il figlio eraubriaco? Quando gridava: “Padre”? Quando dalprofondo gridava: “Padre!”?

Sara Esposito

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ASCOLTami n.35 - marzo 201 - pag. 6

“Io do molta importanza all'etica dellapersona e delle istituzioni; due cosedisgiunte ma che si congiungono nell'uo-mo. L'etica delle persone vuol dire dignitàpropria e del proprio prossimo, quindirispetto delle persone umane che oggi sen-to molto debole. Ancor più sento debole ilrispetto delle istituzioni. Noi le sentiamopoco. Ci vuole il culto delle istituzioni,interpretarle, rispettarle. Accrescerne ladignità. Ecco, mi è molto cara la paroladignità». Carlo Azeglio Ciampi in una recentis-sima intervista.

“Disapprovo quello che dite, ma difenderòfino alla morte il vostro diritto di dirlo.” François Voltaire.

Penso alla nostra situazione politica eparlamentare, sento i dibattiti, i talkshow, leggo i giornali, partecipo acomizi, ad assemblee e sempre, sem-pre, mi chiedo: dov’è il rispetto? Forse,quando il nostro giornale uscirà, lecose saranno un po’ cambiate, lo spe-ro, ma non lo credo. Penso al tema diquesto numero. “L’Educazione:ilrispetto” e mi pare un discorso tal-mente ampio da non riuscire a concen-trarlo. Il rispetto: che parola meravi-gliosa, impegnativa, condivisibile einsieme abbandonata, rigettata, aboli-ta, confusa.

Rispetto di sé, rispetto dell’altro einsieme comprensione, ma anchediversità, opposizione, dialettica, masempre con la lucidità e il distacco cheil rispetto impone.Il rispetto di un confronto democrati-co, idee diverse che si “parlano” conun linguaggio dignitoso, che si affron-tano civilmente, che si combattonoanche fortemente ma sempre in ambi-to eticamente corretto.Discorsi impossibili in questo nostrovillaggio dove il turpiloquio, la fraseoffensiva, scurrile e sboccata, il gestovolgare, la bestemmia condiscono tuttii giorni le espressioni dei nostri gover-nanti.Eppure sono persone che alcuni dinoi hanno scelto, che dicono di rap-presentarci. Sono persone cheandrebbero viste come esempio. Pri-mi ministri, ministri, ministre, sinda-ci, governatori, deputati, onorevoli.Molto onorevoli.Questo è lo specchio del nostro Paese.All’estero, se ti riconoscono come ita-liano, ti bollano subito come sudditodi un premier a dir poco “ineffabile” ecome abitante di un paese mafioso.C’è da esserne orgogliosi. A Parigi, direcente, mi veniva da camminare atesta bassa. Ma perché? Eppure, nelmio piccolo e all’interno della miafamiglia, è proprio il rispetto il nostrominimo comun denominatore. Horispettato i miei figli perché loro mi

IL RISPETTO. DOVE?

la voce dei familiari

rispettassero e ho avuto fortuna.Rispetto i miei piccoli nipoti e da lorochiedo e ottengo rispetto e a loro inse-gno rispetto. E mi riesce. È un atteggiamento primario, insop-primibile, il rispetto. È un punto dipartenza che fa si che tu viva in unasocietà che non calpesterai mai, dallascuola al lavoro, dall’emigrante aldisabile, al diverso. È un valore delcuore che, una volta appreso, ti per-metterà di interagire con il mondo, conla libertà delle tue idee e con la capaci-tà di esprimerle in modo corretto. Eti-camente, come dice Ciampi. Pur sedisapproverai quello che dicono, tibatterai fino alla morte per il lorodiritto di dirlo. Con rispetto.

È un’utopia? È la nostra speranza.

Adriana Giussani K.

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ASCOLTami n.35 - marzo 2011 - pag. 7

il punto di vista

LA RIABILITAZIONE NEL RISPETTO DELLA PERSONA

NELLA SUA TOTALITÀOffriamo ai nostri lettori alcuni pensie-

ri di don Carlo Gnocchi sul tema del-la riabilitazione (tratti da “Poesia dellavita”, a cura di Oliviero Arzuffi e AngeloBazzari, ed. San Paolo, 2006). Il presupposto di partenza nella riflessionedi questo beato è la concezione unitaria del-l’uomo, “composto sostanziale di anima edi corpo”. Ne consegue che la riabilitazio-ne, sia da parte del paziente che da partedell’operatore, non va intesa solo come rie-ducazione funzionale di un arto, ma deveavvenire nel rispetto della persona nellasua totalità. Riabilitare significa “restaurare l’uomo”,riportarlo all’origine, a ciò che Dio ha pen-sato fin dal principio per lui.

297 Il mio progetto va oltre la pastoraledi assistenza [...]. Io vorrei recuperarle eintensificare, attraverso la riabilitazione,la vita che non c’è ma che ci potrebbeessere. Andare alla ricerca di tutti i piùpiccoli frammenti perché anche questilodino il Signore”.

298 Vorrei che i nostri centri di acco-glienza, da una parte fossero laboratoridi ricerca e di applicazione scientifica deimetodi più validi per recuperare ed ele-vare la vita. Da un’altra parte vorrei chediventassero scuole protese ad alimenta-re le potenzialità del mistero d’amore chec’è nel piano di Dio.

301 Non esistono malattie, ma malati,cioè un dato modo di ammalarsi propriodi ciascuno e corrispondente alla suaprofonda individualità somatica, umora-le e psicologica. La grande abilità delmedico è quella di riuscire a comprende-re, o meglio a intuire la personalità fisio-logica di ciascun paziente.

303 Ogni restaurazione della personaumana, che non voglia essere parziale,effimera o dannosa, come quelle finoraattuate dalla civiltà, non può essere quin-

di che la restaurazione della persona diCristo in ogni uomo.

308 [...] Terapia dunque dell’anima e delcorpo, del lavoro e del giuoco, dell’indi-viduo e dell’ambiente, il tutto armonica-mente convergente alla rieducazione del-la personalità vulnerata.

309 Se la società è un organismo dove“tutto si tiene”, questa armoniosa e dina-mica coralità vige anche tra le parti diogni singolo individuo. La fisioterapiapertanto può conseguire risultati, magariimponenti, soltanto a patto che sia tera-pia di tutto l’uomo e non soltanto nel suosettore fisico. Per la semplice ragione chenon esiste, nell’uomo, una minorazioneche limiti il proprio danno al campo fisi-co e non lo estenda, più o meno, anche alcampo morale, psicologico, professiona-le e sociale. Quindi, come la minorazioneè sempre un attentato all’integrità dellapersona umana, così la rieducazione ed ilrecupero di una minorazione deve inte-ressare integralmente tutta la personalitàdell’uomo.

310 Condividere la sofferenza è il primopasso terapeutico.

315 Qualunque possa essere il responsodefinitivo della scienza e dell’esperienza,una cosa è certa: che purtroppo avremoancora una quota di bambini ... resi inva-lidi dall’oscura e crudele malattia. Anchequesti innocenti hanno diritto alla vita,alla integrità e alla dignità assicurata,forse, ai loro fratelli, dai nuovi ritrovati.Anch’essi devono essere recuperati,almeno socialmente, con l’apprendimen-to di una professione e di un mestiere chegarantisca loro una vita dignitosa e indi-pendente.

319 Tutta la riabilitazione deve tendere asviluppare il massimo delle capacità divita.

Nel novembre del 2000, rivolgendosi aglioperatori della Fondazione Don Gnocchiil card. Martini così sottolineava l’impe-gno che contraddistingue la loro opera:”Voi non siete solamente dei tecnici cheriabilitano dei corpi, ma dei costruttori dipace e dei testimoni della resurrezione.Per voi ogni paziente è un volto e ognidisabile è un nome. Per voi ogni inter-vento ed ogni cura significa “creare lavita che non c’è, ma che ci potrebbe esse-re”, e, proprio per questo e così facendo,la rendete possibile di fatto. E la prossi-mità che avete con il corpo dell’uomomalato diventa necessariamente comu-nione di spirito con lui. Questo è il vostrocompito, questa è la vostra vocazione.[...]Con la serietà della vostra professione,voi indicate anche ai responsabili pubbli-ci il fine a cui deve tendere ogni servizioalla persona e ne esemplificate anche ilmodo, ricordando che, nella vostra parti-colare professione, il modo stesso èsostanza. Solo così si rende un serviziosanitario degno dell’uomo e, una Fonda-zione come la vostra, credibile testimonedel Dio Vivente”.

Sara Esposito

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ASCOLTami n.35 - marzo 201 - pag. 8

Leggo nel nostro Giornale questa frase diVoltaire: “Detesto ciò che dici, ma difen-

derò fino alla morte il Tuo diritto di dirlo”,come un paradosso doveristico ma che faintravedere l’eroismo del rispetto.Tento di verificare la categoria “rispetto”incrociando alcune situazioni.1. RISPETTO DI CHI È IN CARCEREChe significa portare rispetto a una personache ha compiuto atti delittuosi e per la suapericolosità relegato in carcere.Rimando a questo proposito agli appunti con-tenuti nella “Vetrina” sull’incontro che abbia-mo avuto con don Luigi Melesi. La penainflitta non deve mai prevaricare la dignitàumana e la giustizia, ci ha tenuto a sottolinea-re, non deve identificarsi con quella dello Sta-to ma con quella della redenzione della perso-na che si trasforma in un impegno riparatore.Credo che abbiamo imparato in quella occa-sione che il rispetto è dovuto ad ogni uomo

memorandun

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Direttore responsabile don Carlo StucchiDirettore di redazione Marina di MarcoGruppo redazionale Ersilia Dolfini, Sara Esposito, Adriana Giussani K., Maria Grazia MezzadriFoto Arch. AMI, pag. 8 e I e IV Vetrina T. MavriciEditing Adriana Giussani K.Impaginazione e Grafica Raul MartinelloStampa NAVA SpA, Via Breda 98, 20136 MilanoChiuso in redazione il: 12 0ttobre 2010

PRIMAVERA

anche quando sbaglia. Il rispetto passa attra-verso l’impegno di recupero per restituirequella dignità che non hanno avuto verso séstessi e che nel recupero possono offrirla ericonoscerla negli altri.2. RISPETTO DI CHI È DIVERSOIn occasione del Natale si è discusso sul dirit-to di allestire il presepio nelle scuole. Argo-mento questo che riguarda l’esposizione deisegni religiosi nei luoghi pubblici. Il presidedel liceo Berchet, in una intervista, che hoavuto l’opportunità di leggere, ha offerto que-sto pensiero che mi sento di condividere convoi: “… Confrontarsi con il diverso, ancorauna volta è un problema di rispetto e di pacifi-ca convivenza. Non si tratta solo di tolleranza.La tolleranza è un atteggiamento sbagliato,perché ha pur sempre una connotazionenegativa. Uno tollera partendo da un presup-posto di superiorità e “concede” che esista unqualcosa di diverso da lui e dai suoi convinci-menti. Credo invece che ci debba essere benaltro: ci deve essere rispetto per l’altro e per lesue convinzioni. ..”3. RISPETTO DI CHI È PIÙ VULNERABILEVincenzo Andraous, giornalista, in un articoloapparso su un quotidiano, descrive un atto di

violenza perpetrato da alcuni bambini, su unaspiaggia, a danno di un uomo di colore: “Ilnero accerchiato, umiliato, percosso è il segna-le ripetuto, ma costantemente rimosso, di undegrado senza ritorno, di una prepotenzaintellettuale e culturale, che fa mancare unavera alleanza, una condivisione, una strategiae una passione, per riuscire a mettere un frenoal disastro che minaccia soprattutto i più gio-vani… Si scambia il dovere del rispetto per séstessi e gli altri per il diritto di poter sopraffa-re, aggirando e manipolando la giustizia…”.La scommessa educativa è il recupero di fidu-cia nella legalità che deve passare dal modo dipensare e di agire degli adulti alla responsabi-lizzazione dei giovani.4. RISPETTO DEL DOLORENon ho trovato parole migliori per definire ildolore che quelle di un giovane scrittore Ales-sandro D’Avenia: “Il dolore è parte dellanostra vita…. anzi è ciò che all’interno dellavita si incarica, come ogni limite e fragilità, diricordarci che la vita non è nostra, non ce lasiamo data, ci è affidata per essere custodita,incoraggiata, amata. .. Il dolore abbatte tuttele manie di controllo, ci riporta in balia dellavita: torniamo creature. Al problema del dolo-re non c’è soluzione se non lo accettiamo den-tro la vita. Solo la fede, che ha l’estensione del-la vita tutta, permette di abbracciare ‘questadebole vita che si fiacca’ (Montale) e di nonrinunciare a nulla che ne faccia parte: anche ildolore”. 5. RISPETTO DELLE REGOLEHo letto in questi giorni sui quotidiani il pro-getto lanciato dal Ministero della Difesa “Vivile Forze Armate”, con il quale si invitavano igiovani a sperimentare la vita militare per unadurata brevissima, solo tre settimane. Il titolodell’articolo era “Messa la divisa si riscopronole regole”. L’incredibile numero di adesioni hafatto rilasciare al comandante, responsabile diquesto particolare addestramento, la seguentedichiarazione: “Abbiamo percepito in questiragazzi la volontà di confrontarsi con delleregole che certamente prima non entravanonel loro orizzonte”. È interessante notare come i giovani ricerchi-no esperienze in cui riscoprono quelle regoleche l’educazione moderna ha minimizzatogiustificando l’individualismo di pensiero edi scelte, creando una scollatura sociale equindi di convivenza.

Marina Di Marco

Nel prossimo numeroL’educazione:la missioneMarsiglia: un tuffo nel mondo

FRAMMENTI DI RISPETTO

Foto

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