e dal 1897 e - settimanalelavita.it · riforme ancora in corso pagina 13-14 cambio di guardia in...

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Anno 118 29 NOVEMBRE 2015 e Poste italiane s.p.a. Sped. in a.p. D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n° 46) art. 1, comma 1, DCB Filiale di Pistoia Direzione, Redazione e Amministrazione: PISTOIA Via Puccini, 38 Tel. 0573/308372 Fax 0573/28616 e_mail: [email protected] www.settimanalelavita.it Abb. annuo e 45,00 (Sostenitore e 65,00) c/cp n. 11044518 Pistoia 42 V ita La G I O R N A L E C A T T O L I C O T O S C A N O e 1,10 dal 1897 CONTIENE I.P. LA VIA DELLA CHIESA ITALIANA Papa Francesco, con le sue encicliche e con il forte discorso tenuto nella Cattedrale di Santa Maria del Fiore a Firenze, ha tracciato il cammino per il nostro futuro PAGINA 2 LA PRIMA VOLTA DI FRANCESCO IN AFRICA La prima Porta Santa dell’Anno Giubilare sarà quella della Cattedrale di Bangui nel Centrafrica PAGINA 4 LA MORTE DI DON FURIO FABBRI Ha suscitato dolore in tutta la diocesi PAGINA 9 PROBLEMI ECONOMICI Il presente e il futuro sospesi alla riuscita dei provvedimenti e delle riforme ancora in corso PAGINA 13-14 CAMBIO DI GUARDIA IN ARGENTINA Con una certa sorpresa la linea “peronista” è stata sconfitta e comincia un’era nuova con la politica “liberal” PAGINA 15 l tema dell’umanesimo non è da oggi all’ordine del giorno. Esso ha riempito le cronache dei tempi preconciliari, in po- lemica con le tesi disastrose dell’umanesimo ateo, è stato sempre presente nel corso delle di- scussioni che animarono il concilio, trovò il suo più prestigioso interprete in Paolo VI, colui che ne concluse con merito i faticosi lavori e che, forse, era stato il più vicino alle ricerche e alle attese sfociate più tardi nella grande assise vaticana. Il suo discor- so di chiusura, tenuto il 7 dicembre 1965, merita di rimanere agli atti nel- la memoria della chiesa. Cambiano le mode, le circostanze, le preferenze, ma la verità rimane sempre la stessa. In quell’occasione, l’ultimo papa italiano affermava che la chiesa del concilio “si è assai occupata, oltre che di se stessa e del rapporto che a Dio la unisce, dell’uomo quale oggi in realtà si presenta: l’uomo vivo, l’uomo tutto occupato di sé, l’uomo che si fa non soltanto centro di ogni interes- se, ma osa dirsi principio e ragione d’ogni realtà”. L’uomo moderno, so- prattutto occidentale, che, nel clima secolaristico attuale, volendo esaltare se stesso, si è perfino dimenticato di Dio, anzi non di rado, ne ha perfino negato l’esistenza, prendendo scon- sigliatamente il suo posto. L’incontro fra la chiesa e l’uomo poteva essere anche uno scontro, ma invece è stato una mano tesa in segno di dialogo e di pace, un invito sereno a ricercare in- sieme l’ultima verità. La religione del Dio fatto uomo non poteva mancare al dialogo con l’uomo, l’immagine ter- restre di Dio, l’unica creatura che Dio ha voluto per se stessa, la cosa più perfetta uscita dalle mani del Creato- re, come hanno da sempre insegnato i suoi dottori e i suoi maestri. In questo confronto, afferma Pao- lo VI, “l’umanesimo laico profano alla fine è apparso nella sua terribile sta- tura” e la chiesa ne ha messo in luce le deficienze di fondo e gli effetti de- leteri che ne sono derivati. Il pensiero è riassunto nella formula semplice e lineare dell’attenzione all’uomo, nel senso di “tutto l’uomo” e di “tutti gli uomini”. Tutto l’uomo, perché non si può ridurre la sua natura ricca e comples- sa a una sola dimensione, per esem- pio, quella economica, come rilevava uno dei profeti laici degli ultimi tempi e nemmeno privarla di qualche sua dimensione essenziale, fosse anche una sola. In questione è soprattutto la dimensione religiosa o della tra- scendenza, perché l’uomo “supera infinitamente se stesso” e non può in nessuna maniera rimanere inchioda- to alla dimensione terrestre. Sarebbe la sua fine e i cortocircuiti, le con- seguenze tragiche, non si farebbero attendere a lungo, perché la natura, anche se sembra arrendersi, imman- cabilmente si vendica. La storia, pure quella recentissima, è piena di queste vendette. Tutti gli uomini, perché nessuno degli esseri umani va escluso dalle ric- chezze che la natura mette a dispo- sizione di tutti. Una difesa in cui so- stanzialmente la chiesa non è venuta mai meno e che segna indelebilmente la storia dei nostri tempi. Ma sono stati gli stessi rappresen- tanti del laicismo contemporaneo a dovere mettere in luce il fallimento della negazione forzata della trascen- denza. Un esempio classico è quello offerto da un laico onesto dei nostri tempi: Nicola Abbagnano che, in suo libro-denuncia, affermava: “Nel pro- gettare se stesso, l’uomo deve sempre tener conto della propria finitudine… Quando l’uomo usurpa il trono del Signore della Bibbia, non essendo egli per definizione né onnipotente né on- niveggente né eterno si attira addosso una condanna senza scampo. Questa: combinare e accumulare disastri su disastri, perché ha messo le mani su un potere che non gli appartiene in quanto esula dalla propria misura”. Dostoevskij diceva: “Se l’uomo prende il posto di Dio, si spalancano le porte dell’inferno”. L’umanesimo che la chiesa offre oggi all’umanità non intende essere un trofeo di vittoria, ma un servizio che essa desidera portare all’umanità, perennemente sull’orlo del precipi- zio. Un umanesimo “umano” (laico) e non formalmente cristiano, anche se esso va accompagnato, come avverte il concilio, da una migliore presen- tazione di Dio e dal comportamento coerente della comunità cristiana. Due impegni di sempre, che immanca- bilmente si ripresentano con la mas- sima urgenza a ogni cambiamento di stagione. Giordano Frosini I Dopo il Convegno di Firenze

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Anno 118

29 NOVEMBRE 2015

e 1,10

Poste italiane s.p.a. Sped. in a.p.D.L. 353/2003 (conv. inL. 27/02/2004 n° 46) art. 1, comma 1, DCB Filiale di PistoiaDirezione, Redazionee Amministrazione:PISTOIA Via Puccini, 38Tel. 0573/308372 Fax 0573/28616e_mail: [email protected]. annuo e 45,00(Sostenitore e 65,00)c/cp n. 11044518 Pistoia

42VitaLaG I O R N A L E C A T T O L I C O T O S C A N O e 1,10

dal 1897

CONTIENE I.P.

LA VIA DELLACHIESA ITALIANAPapa Francesco, con le sue encicliche e con il forte discorso tenuto nella Cattedrale diSanta Maria del Fiore a Firenze, ha tracciato il cammino per il nostro futuro

PAGINA 2LA PRIMA VOLTADI FRANCESCOIN AFRICALa prima Porta Santa dell’Anno Giubilare sarà quella della Cattedrale di Bangui nel Centrafrica

PAGINA 4

LA MORTE DI DON FURIO FABBRIHa suscitato dolore in tutta la diocesi

PAGINA 9

PROBLEMI ECONOMICIIl presente e il futuro sospesi alla riuscita dei provvedimenti e delle riforme ancora in corso

PAGINA 13-14CAMBIO DI GUARDIA IN ARGENTINACon una certa sorpresa la linea “peronista” è stata sconfitta e comincia un’era nuova con la politica “liberal”

PAGINA 15

l tema dell’umanesimo non è da oggi all’ordine del giorno. Esso ha riempito le cronache dei tempi preconciliari, in po-lemica con le tesi disastrose dell’umanesimo ateo, è stato

sempre presente nel corso delle di-scussioni che animarono il concilio, trovò il suo più prestigioso interprete in Paolo VI, colui che ne concluse con merito i faticosi lavori e che, forse, era stato il più vicino alle ricerche e alle attese sfociate più tardi nella grande assise vaticana. Il suo discor-so di chiusura, tenuto il 7 dicembre 1965, merita di rimanere agli atti nel-la memoria della chiesa. Cambiano le mode, le circostanze, le preferenze, ma la verità rimane sempre la stessa.

In quell’occasione, l’ultimo papa italiano affermava che la chiesa del concilio “si è assai occupata, oltre che di se stessa e del rapporto che a Dio la unisce, dell’uomo quale oggi in realtà si presenta: l’uomo vivo, l’uomo tutto occupato di sé, l’uomo che si fa non soltanto centro di ogni interes-se, ma osa dirsi principio e ragione d’ogni realtà”. L’uomo moderno, so-prattutto occidentale, che, nel clima secolaristico attuale, volendo esaltare se stesso, si è perfino dimenticato di Dio, anzi non di rado, ne ha perfino negato l’esistenza, prendendo scon-sigliatamente il suo posto. L’incontro fra la chiesa e l’uomo poteva essere anche uno scontro, ma invece è stato una mano tesa in segno di dialogo e di pace, un invito sereno a ricercare in-sieme l’ultima verità. La religione del Dio fatto uomo non poteva mancare

al dialogo con l’uomo, l’immagine ter-restre di Dio, l’unica creatura che Dio ha voluto per se stessa, la cosa più perfetta uscita dalle mani del Creato-re, come hanno da sempre insegnato i suoi dottori e i suoi maestri.

In questo confronto, afferma Pao-lo VI, “l’umanesimo laico profano alla fine è apparso nella sua terribile sta-tura” e la chiesa ne ha messo in luce le deficienze di fondo e gli effetti de-leteri che ne sono derivati. Il pensiero è riassunto nella formula semplice e lineare dell’attenzione all’uomo, nel senso di “tutto l’uomo” e di “tutti gli uomini”.

Tutto l’uomo, perché non si può ridurre la sua natura ricca e comples-sa a una sola dimensione, per esem-pio, quella economica, come rilevava uno dei profeti laici degli ultimi tempi e nemmeno privarla di qualche sua dimensione essenziale, fosse anche una sola. In questione è soprattutto la dimensione religiosa o della tra-scendenza, perché l’uomo “supera infinitamente se stesso” e non può in nessuna maniera rimanere inchioda-to alla dimensione terrestre. Sarebbe la sua fine e i cortocircuiti, le con-seguenze tragiche, non si farebbero attendere a lungo, perché la natura, anche se sembra arrendersi, imman-cabilmente si vendica. La storia, pure quella recentissima, è piena di queste vendette.

Tutti gli uomini, perché nessuno degli esseri umani va escluso dalle ric-chezze che la natura mette a dispo-sizione di tutti. Una difesa in cui so-stanzialmente la chiesa non è venuta

mai meno e che segna indelebilmente la storia dei nostri tempi.

Ma sono stati gli stessi rappresen-tanti del laicismo contemporaneo a dovere mettere in luce il fallimento della negazione forzata della trascen-denza. Un esempio classico è quello offerto da un laico onesto dei nostri tempi: Nicola Abbagnano che, in suo libro-denuncia, affermava: “Nel pro-gettare se stesso, l’uomo deve sempre tener conto della propria finitudine… Quando l’uomo usurpa il trono del Signore della Bibbia, non essendo egli per definizione né onnipotente né on-niveggente né eterno si attira addosso una condanna senza scampo. Questa: combinare e accumulare disastri su disastri, perché ha messo le mani su un potere che non gli appartiene in quanto esula dalla propria misura”. Dostoevskij diceva: “Se l’uomo prende il posto di Dio, si spalancano le porte dell’inferno”.

L’umanesimo che la chiesa offre oggi all’umanità non intende essere un trofeo di vittoria, ma un servizio che essa desidera portare all’umanità, perennemente sull’orlo del precipi-zio. Un umanesimo “umano” (laico) e non formalmente cristiano, anche se esso va accompagnato, come avverte il concilio, da una migliore presen-tazione di Dio e dal comportamento coerente della comunità cristiana. Due impegni di sempre, che immanca-bilmente si ripresentano con la mas-sima urgenza a ogni cambiamento di stagione.

Giordano Frosini

I

Dopo il Convegno di Firenze

2 n. 42 29 NOVEMBRE 2015 LaVitaprimo pianoL’aspetto comunicativo è stato un elemento qualificante del Conve-gno. All’inizio il titolo ‘In

Gesù Cristo il nuovo umanesimo’ aveva destato un po’ di perplessità e diffidenza e poteva sembrare astratto; il metodo ‘sinodale’ e co-municativo adottato ha invece az-zerato da subito le distanze e crea-to un ambiente accogliente”. Ne è convinta Chiara Giaccardi, docente di sociologia e antropologia delle comunicazioni presso l’Università cattolica di Milano.

Il percorso di avvicinamento all’incontro è stato infatti con-trassegnato anche dalla raccolta di contenuti provenienti dal ter-ritorio e pubblicati sul sito www.firenze2015.it e sui social: Twitter, Facebook e Youtube.

“La scelta di porsi in ascolto di esperienze, riflessioni, fatiche, insomma della vita concreta delle diocesi, e di farle confluire, prima e durante il Convegno, in uno spazio di condivisione, si è rivelata vin-cente”.

Quali “atti”? La segreteria e la presidenza del Convegno, prosegue la sociologa, “stanno valutando come preparare gli ‘atti’, ma questi, come gli atti degli apostoli, non saranno un volume da pubblicare e riporre in libreria, ma piuttosto i processi che si innescheranno nelle diocesi a partire da quanto emerso e condiviso a Firenze, una dinamica comunicativa e progettuale”.

“Spero – dice – che questo venga compreso da chi ha la re-sponsabilità di non tradirne le at-tese”. “Come il Papa – fa notare la sociologa -, anche gli organizzatori dell’appuntamento fiorentino non ci hanno detto che cosa dovevamo fare, ma ci hanno indicato, anzi for-nito, strumenti e metodo”.

I tavolIDopo le prime due giornate, la

riflessione-comunicazione è entrata nel vivo nei cinque gruppi di lavo-ro, uno per ciascuna delle cinque “vie” indicate nella Traccia (uscire, annunciare, abitare, educare, tra-sfigurare), divisi ognuno in quattro sottogruppi suddivisi a loro volta in dieci tavoli di dieci partecipanti ciascuno. Tutti, assicura Giaccardi, hanno realmente avuto la possibi-lità di intervenire e di esprimere la propria opinione. “Non ho parte-cipato ai lavori – racconta – ma ho girato per i tavoli. Ho visto lo spa-zio dato ai giovani – un tavolo per ogni via – il loro entusiasmo e il loro impegno”. Quando cento per-sone parlano tutte insieme, come nei diversi gruppi, la confusione e il rumore sono scontati. Giaccardi parla invece di “attenzione a non sovrastare la voce degli altri” e di “brusio operoso, ma non fastidioso, che esprime la capacità di lavorare insieme nell’eterogeneità dei gruppi dove sedevano vescovi, mamme, direttori di testata, insegnanti, ope-ratori parrocchiali…”.

Livelli comunicativi. “Non è mancato qualche caso in cui il ve-scovo ha monopolizzato l’attenzio-ne – ammette con un sorriso -, ma quasi sempre questo metodo, basa-to sui passaggi di comunicazione, si è rivelato vincente”.

Un successo in gran parte di-peso “dall’abilità dei facilitatori e dei moderatori. È grazie a loro se

CONVEGNO ECCLESIALE

Dopo Firenze 2015:ora la Chiesa parli con un linguaggio

di carne

Il nuovo umanesimo che nasce dall’incontro con Gesù Cristo è al tempo stessoincarnato e trascendente, solo così può toccare corpo e anima. E al Convegno

ecclesiale nazionale di Firenze la scelta di uno stile comunicativo all’insegna della concretezza e della condivisione è stata decisiva. Chiara Giaccardi: “Ha azzerato

le distanze ed è stato metodo, contenuto, prospettiva”di Giovanna Pasqualin Traversa

tutti i passaggi tra un livello e l’al-tro hanno funzionato”. Quanto alle sintesi finali, Giaccardi le definisce rappresentative del lavoro svolto: “non un elenco delle cose dette, ma una rilettura unitaria di quanto emerso, propositive per l’identifica-zione di possibili piste d’azione”.

Ma c’è di più: questo stile co-municativo, “vero metodo ‘sinoda-le’, ha contagiato anche vescovi che di norma hanno un codice espres-sivo più tradizionale”, osserva raccontando che il cardinale Betori, “allo stadio, dopo il primo applauso ha detto di avere sentito l’affetto di Firenze, toccata da questo evento diventato in quei giorni parte stes-sa della città, e ha assunto una mo-dalità comunicativa molto più calda, sciolta”. Allo stesso modo, secondo l’esperta, il cardinale Bagnasco, “sempre molto misurato nella ge-stualità e nei toni”, presentando le prospettive “ha avuto un attimo di incertezza con i fogli, ma l’applauso che ha ricevuto ha scaldato l’atmo-sfera e anche lui ne ha respirato il calore umano e l’aria di familiarità”.

GIovanI e socIalPer Giaccardi, i social hanno

costituito uno strumento utile per la “comunicazione ad intra e ad ex-tra. Fin dall’inizio, l’attività su Twit-ter e Facebook e gli accessi al sito hanno rivelato l’interesse anche di chi normalmente non segue eventi ecclesiali”, e hanno dimostrato il possibile “uso ‘educativo’ della rete. Anziché postare sciocchezze, moltissimi giovani hanno condiviso video sul significato dell’essere umani, o esperienze nelle loro parrocchie”. A Firenze, conclude , la comunicazione è stata “metodo, contenuto e prospettiva”.

Ora “la palla torna ai vescovi che non devono deludere le aspet-tative sollevate dando voce alla comunità, ma valorizzare quanto emerso”.

Un sinodoin ogni comunità

Ce lo chiede Francescodi Irene Argentiero

Ricordatevi che il modo migliore per dialogare non è quello di parlare e discutere, ma quello di fare qualcosa insieme, di costruire insieme, di

fare progetti: non da soli, tra cat-tolici, ma insieme a tutti coloro che hanno buona volontà».C’è profumo di sinodo nel discor-so che papa Francesco ha rivolto a Firenze ai 2.200 delegati che partecipano al quinto Convegno ecclesiale nazionale della Chiesa italiana.Alla Chiesa italiana, una «Chiesa adulta, antichissima nella fede, solida nelle radici e ampia nei frutti», papa Francesco, racconta il suo sogno, quello di una Chiesa «inquieta, sempre più vicina agli abbandonati, ai dimenticati, agli imperfetti», una Chiesa «lieta col volto di mamma, che comprende, accompagna, accarezza». E invita a sognare insieme questa Chiesa. Lo fa semplicemente da pastore, lasciandosi sostenere dalla gente, così come ha invitato a fare ai vescovi italiani.Popolo e pastori, insieme in cam-mino, in una Chiesa in uscita, che non ha paura di sporcarsi le mani con le fatiche del quotidiano, che predilige i fatti alle parole, che abbia nel cuore i poveri «che co-

noscono bene i sentimenti di Cri-sto Gesù perché per esperienza conoscono il Cristo sofferente».Un Cristo che soffre per le strade del mondo, più che nelle nostre sagrestie.C’è profumo di sinodo nelle pa-role di Francesco, che si augura possa essere avviato in ogni co-munità, parrocchia e istituzione, in ogni diocesi e circoscrizione, in ogni regione, perché i cinque verbi della “Evangelii gaudium” uscire, annunciare, abitare, educare e tra-sfigurare, possano trovare la loro realizzazione in gesti concreti nel e per il mondo.C’è profumo di sinodo quando Francesco traccia il volto di una Chesa “inquieta”, sempre pronta al cambiamento, che sappia acco-gliere la creatività della povertà evangelica, una Chiesa che si tenga lontano «da ogni surrogato di potere, d’immagine e di denaro».

C’è profumo di sinodo anche nel ricordo di don Camillo, personag-gio uscito - con Peppone - dalla penna di Guareschi, che ci raccon-ta come «la vicinanza alla gente e la preghiera sono la chiave per vivere un umanesimo cristiano popolare, umile, generoso e lieto».(...) «Questo nostro tempo - ha detto Francesco - richiede di vi-vere i problemi come sfide e non come ostacoli: il Signore è attivo e all’opera nel mondo. Voi, dunque, uscite per le strade e andate ai crocicchi: tutti quelli che trovere-te, chiamateli, nessuno escluso», accompagnando chi è rimasto ai bordi della strada e investendo le energie non per costruire muri o frontiere, ma piazze e ospedali da campo.Piazze e ospedali da campo che sono spazi aperti dove alimentare quel dialogare che è «fare qualco-sa insieme, costruire insieme, fare

progetti».«Mantenere un sano contatto con la realtà - ha ricordato Francesco nella messa allo stadio “Artemio Franchi” - con ciò che la gente vive, con le sue lacrime e le sue gioie, è l’unico modo per poterla aiutare, formare e comunicare. È l’unico modo per parlare ai cuori delle persone toccando la loro esperienza quotidiana: il lavoro, la famiglia, i problemi di salute, il traffico, la scuola, i servizi sanitari. È l’unico modo per aprire il loro cuore all’ascolto di Dio. In realtà, quando Dio ha voluto parlare con noi si e incarnato. I discepoli di Gesù non devono mai dimentica-re da dove sono stati scelti, cioè tra la gente, e non devono mai ca-dere nella tentazione di assumere atteggiamenti distaccati, come se ciò che la gente pensa e vive non li riguardasse e non fosse per loro importante».

«

329 NOVEMBRE 2015 n. 42VitaLa

originalità è il segno peculiare dello scrit-tore Viviano Becagli. La competenza,

certo, non è da mettere in dubbio; l’abilità didattica gli è stata sempre riconosciuta da discenti e colleghi; la facilità linguistica si nota sin dalle prime battute. L’originalità, però, si colloca sopra tutte le altre qualità. Qualche anno fa, Becagli sorprese critica e lettori con il volume Menando con la rima la danza delle particelle elementari, che spiegava i difficili concetti della fisica addirittura in forma rimata: una sorta di Divina Commedia della fisica classica e quantistica. Ben pochi possono vantarsi di aver avuto un’idea simili e ancor meno quelli di averla messa in pratica. Adesso, da parte di Becagli, ancora qualcosa di molto originale: un volume che spiega la genesi e il funzionamento degli strumenti della medicina. Detto così non è molto allettante, ma l’autore an-che stavolta ha trovato la formula giusta. Infatti, lungi dal trattare di strumenti medici in astratto e per teoria, correda ogni capitolo con una fotografia dell’esemplare di ciascun strumento presente nell’Ospedale San Jacopo della nostra città. In questo modo gli obiettivi del testo si moltiplicano:

alla considerazione scientifica si unisce l’utilità sociale di far cono-scere a tutti i cittadini la ricchezza della nostra struttura ospedaliera e, ancor più utilmente, come recita anche il sottotitolo del testo, far sì che il paziente, conoscendo il mezzo di terapia a cui si sotto-porrà, possa affrontarlo con quella fiducia che è ingrediente notevole nel percorso di guarigione stesso. Il titolo dunque: Dal termometro alla risonanza magnetica. Storia e funzionamento dei più importanti strumenti della medicina. A questo titolo, in copertina, subito l’aggiun-ta poc’anzi menzionata: Perché i pazienti che si sottopongono al loro uso, conoscendoli, ne traggano maggior fiducia e giovamento.La genesi dell’idea è dispiegata dall’autore nell’introduzione: “L’idea di scrivere insieme un trat-tato sugli strumenti impiegati in medicina nacque durante un collo-quio che ebbi ormai alcuni anni fa con il compianto dottor Giancarlo Niccolai che era, oltre che un va-lentissimo medico dell’ospedale del Ceppo di Pistoia, un noto cultore di storia della medicina. Purtroppo l’amico Giancarlo venne a manca-re e quell’idea non ebbe seguito. Oggi ho pensato di poter dare un contributo al mantenimento del nostro progetto giovandomi delle

mie competenze nel campo della fisica senza trascurare, comunque, i necessari riferimenti alle numero-sissime applicazioni nell’esercizio della medicina”. Detto della nasci-ta dell’idea, l’autore esplica anche altre caratteristiche del testo, sottolineandone l’intenzionale tono divulgativo, il linguaggio semplice, il ricorso a notizie storiche, nonché ad alcuni aneddoti che rendono ancora più scorrevole e piacevole la lettura. Un ruolo di rilievo hanno anche le fotografie degli strumenti diagno-stici e terapeutici di cui l’ospedale cittadino è dotato, ad opera del dottor Luca Bertinotti, nonché le illustrazioni di carattere descrittivo ed esplicativo realizzate dal prof. Giorgio Bardazzi.Nella Prefazione, Roberto Ba-rontini, in qualità di Presidente dell’Istituto storico della Resistenza e dell’età contemporanea e di me-dico, spiega il suo particolare ap-prezzamento del testo: “Natural-mente per la bravura dell’autore, anche perché professore di fisica e di matematica è molto preciso e puntuale nelle descrizioni e nelle argomentazioni, ma anche perché, soprattutto per me, dall’analisi pre-cisa della storia dell’evoluzione de-gli strumenti e delle tecniche per raggiungere una diagnosi e pro-

grammare una terapia, scaturisce necessariamente e ineludibilmente di pensare quello che deve o do-vrebbe essere il ruolo di colui che conosce e usa questi strumenti. Si tratta di mettere al centro della pratica medica il rapporto tra me-dico e paziente. Senza andare a fondo in questa analisi si rischia di avere una medicina tecnicamente evoluta ma eticamente, moralmen-te ed umanamente fredda”.I motivi d’interesse, dunque, sono molti e di diversi orizzonti.Il volume sarà presentato venerdì 27 novembre nella Saletta della Cultura in Via Sant’Andrea, 16. Oltre all’autore saranno presenti Elena Becheri, RobertoBarontini, Letizia Vannucchi e Chiara Caselli.

Fisica, medicina e saluteUn nuovo volume di Viviano Becagli illustra con originalità il funzionamento degli strumenti medici.

Perché conoscere la cura è già un passo verso la guarigionedi Andrea Vaccaro

L’Autunno a SerravalleE ritornano le nebbie.Si alzano lievi coi primi freddidalla valle dell’Ombronee fumate grigie di nuvolesi adagiano lunghe bassetra gli anfratti dei poggi intorno.È il tempo che le tue torri raccontanoremote storie alle nuvole cupee luminose trasmigrantinell’aria celeste.Dalla stradina pulita dal ventosaliamo lungo i bordi dei boschibagnati d’erba,tremante ci saluta la margherita gialladimenticata dall’estate distratta.Camminiamo sospesi perdutitra echi lontani e l’animasi riempie dell’umida malinconiadel sonno autunnale…Ma la speranza somiglia a quell’ortodove in una spera di solebrillano in volo intorno al ficogli ultimi insetti,a quella striscia d’oro di cieloche arde luminosasul violetto profilo del monte Albano.

Anna Tassitano

PoetiContemporanei

cultura

Il pericolodella ricchezzaIl denaro è una specie di

creazione e dà a colui che lo acquisisce, ancor più che al suo possessore, l’imma-ginazione di un suo proprio

potere, tendendo a fare così un idolo di se stesso”.

È il 21 settembre del 1835, festa di san Matteo apostolo: l’allora pa-store e predicatore anglicano John Henry Newman pronuncia un ser-mone che conferma quanto di buono si dice della sua oratoria semplice ma diretta, colta ma capace di colpire il cuore e l’intelligenza di tutti. Il ser-mone, ora pubblicato con il titolo “Il pericolo della ricchezza” (Jaca Book, 41 pagine, con una prefazione di Andrea Riccardi e una considera-zione finale di Inos Biffi) è quanto di più attuale ci possa presentare uno scritto di più di centocinquanta anni fa, non tanto e non solo per il richiamo alle note prese di posizione di papa Francesco contro la ricchezza degli uomini di Chiesa: ci tocca da vicino come se fosse stato scritto oggi perché le parole del futuro cardinale (Newman si fece cattolico undici anni più tardi) attaccano una concezione dell’esistenza fatta di cose materiali e interessi legati al mondo, che tendono a prenderci la mano e a diventare idoli.

Non solo un problema di indivi-dui, quindi, ma globale, quasi biblico, nelle suggestive parole di Newman, che parla al singolo e nello stesso

tempo anche, come vedremo tra poco, alle nazioni, attaccando una concezione della politica basata sui nudi e crudi numeri, e non sui bisogni effettivi della gente. Anche perché Newman ha coraggio da vendere e si rivolge al suo stesso paese, l’In-ghilterra del grande salto in avanti, quella che stava diventando una delle signore del mondo: “Consideriamo soltanto il fatto che noi siamo un popolo dedito a far denaro, tenendo presenti le dichiarazioni di nostro Signore contro la ricchezza, e la fiducia nella ricchezza, e avremo con ciò motivo abbondante per pensarci sopra con molta serietà”.

Come si vede, il grande predica-

tore allora anglicano – e quindi legato a filo doppio all’Inghilterra - si prende le sue responsabilità e non le manda a dire; presenta un conto assai salato e in controtendenza rispetto a una opinione pubblica che vedeva con soddisfazione i progressi economici e strategici dell’Inghilterra di metà Ottocento.

Newman mostra di condividere – e anticipare di poco - i grandi temi dello sfruttamento operaio e della ingordigia dei ricchi, che saranno fatti propri da Charles Dickens (“Oliver Twist” è del 1837) e da John Ruskin, la cui opera di teorico dell’attenzione verso gli ultimi inizia dopo la metà del XIX secolo.

Pubblicato un sermonedi John Henry Newman

sul rapporto tra fedee beni terreni

di Marco Testi

RACCOLTA DI POESIE

Frammenti sparsiCome frecce la pioggiabersaglia la vasca nel cortilesotto un lattiginoso cielomentre passeri ancora allegricantano ignari della sera,non sentono il freddo d’aprilein questa Vallombrosa.Ed io guardo alla finestrae oltre gli scuri scostati della foresteriae la siepe e il muro di cintae gli alberi di tra i ramiqualcosa accade: bisogna scrutarefinché c’è un filo di luce.

Giusto Truglia

La poesia è tratta della recen-tissima raccolta Frammenti sparsi di Giusto Truglia, edita da Ladolfi editore di Novara.

L’autore-sacerdote paolino già direttore di varie riviste come Letture, Vita pastorale, Gazzetta d’Alba e con-direttore di Famiglia Cristiana- affida ai suoi versi le improvvise illuminazioni che, come sottolinea l’editore nella prefazione, non sarebbero estranee a Rimbaud o Ungaretti o, se sei va molto più indietro, ai lirici greci. A me richiama-no, almeno nel titolo, i versi di Clemente Rebora nelle sue prime raccolte. In tutti i casi... in buona, ottima compagnia.

Sono, in effetti, i versi di Truglia, la sintesi di frammenti emotivi legati alla parola e fatti propri in una maniera si direbbe occasionale, ma non secondaria, né marginale.

L’assenza di un titolo specifico mette il lettore già in medias res, dentro la dimensione emotiva di un momento che potrebbe vivere chiunque; in tal modo il lettore attento rivive col poeta le stesse sensazioni, come trascinato dal ritmo poetico, ma ancora di più da quello interiore e morale.

Vincenzo Arnone

Per Newman tutto deve essere ricondotto al Vangelo, non solo quel-lo di Matteo: la tentazione da vincere non è solo quella dell’accumulazione, ma anche del benessere. poiché Gesù aveva predicato che è dei po-veri il regno di Dio. Non si tratta solo di cieca obbedienza alla Parola, ma di una sorprendente analisi psicologica, che pone il benessere come staticità e nevrosi, perché costringe a restare ancorati ad una condizione senza più svolgimento, con persone che “non contemplano nessun mutamento”; la fedeltà alla parola di Cristo invece è dinamica, è tendenza alla crescita spirituale, capacità di tendere in alto con tutto il proprio essere. Avere fame in senso lato è cosa buona, insomma, sicuramente meglio di una passiva sazietà. Anche a volere esulare dal Vangelo, il suo discorso non fa una grinza sul versante della psicologia del profondo. Prova pro-vata che i grandi hanno la capacità di andare oltre i propri tempi e le categorie mentali a loro contem-poranee, perché colgono i motivi profondi che stanno da sempre alla base della comunità umana.

“Il pericolo della ricchezza” è uno di quei testi che potrebbero es-sere letti e compresi perfettamente in qualsiasi momento della storia umana, in grado di essere condiviso anche da coloro che non credono.

4 n. 42 29 NOVEMBRE 2015 LaVitaattualità ecclesiale

Africa per Papa Fran-cesco è una prima volta, “non solo da Pontefice, ma nella sua

vita”, ha rivelato il portavoce vatica-no, padre Federico Lombardi, riper-correndo le tappe dell’undicesimo viaggio internazionale del pontificato in un briefing svoltosi presso la Sala Stampa della Santa Sede. Dal 25 al 30 novembre, in 6 giorni, Francesco toccherà tre Paesi –Kenya, Uganda e Repubblica Centrafricana– percor-rendoli da Est verso Ovest, lungo la linea dell’Equatore.

Neanche i tragici attentati di Parigi hanno dissuaso Bergoglio dalla volontà di concretizzare il suo sogno: sulle strade africane, si muoverà come di consueto con la “papa-mobile” aperta, per non perdere il contatto con la gente. Agli africani, a sua volta, regalerà una prima volta: l’apertura della Porta Santa di un Giubileo, in programma il 29 no-vembre alle 16.30 nella cattedrale di Bangui, capitale della Repubblica Centrafricana. Luogo-simbolo del Paese più martoriato e dilaniato dai conflitti, nel quale Francesco entrerà in una moschea per pregare con i leader musulmani e costruire insieme un futuro di pace, giustizia e riconciliazione.

Francesco è il terzo papa che l’Africa si appresta ad accogliere: il primo a toccare il suo africano è stato Paolo VI, con il viaggio in Ugan-da nel 1969 per rendere omaggio ai martiri ugandesi. Giovanni Paolo II, tra il 1980 e il 1998, ha visitato 28 volte l’Africa recandosi in 42 Paesi. Due le volte in Africa di Benedetto XVI, prima in Angola e Camerun e poi nel Benin.

All’aeroporto di Nairobi verrà accolto dal presidente del Kenya per la cerimonia di benvenuto nella State House, seguita dall’incontro con le autorità del Kenya e con il corpo diplomatico. Al presidente il Papa si rivolgerà in inglese, così come farà con quello dell’Uganda, mentre il discorso alla presidente dello Stato di transizione della Repubblica Cen-troafricana sarà il primo discorso pubblico che Francesco pronuncerà in francese. Il 26 novembre si aprirà con l’incontro interreligioso ed ecu-menico nella nunziatura, poi il tra-sferimento all’Università di Nairobi, dove alle è in programma “l’evento più grandioso della visita in Kenya”, ha annunciato Lombardi: la Messa nel Campus, che può contenere circa 300mila persone a cui si somma la

NO AL TERRORE

Non riusciranno ad avvelenarcicon il dubbio e l’incertezza

Così come gli eventi tragici e indefinibili di Parigi sono stati programmati, pensati dettagliatamente e motivati da ragioni insane ma fatte credere e brillare come degli ideali, così la reazione va costruita, pensata e programmata e non lasciata all’istinto che degrada. Solo il profondo rispetto per se stessi consente di rispettare gli altri e, si noti bene, l’appartenenza a una religione piuttosto che a un’altra non infirma ma

accresce questa postura di tutta la persona come intelligenza, volontà e amoredi Cristiana Dobner

l nostro quotidiano ha subito una scossa molto vicina e profonda: il vile attacco a Parigi ha toccato la nostra civiltà, ha innestato

un clima di guerriglia che nulla a che spartire con una guerra, simile a quella insegnataci dai libri, tramandata dai documenti e dai nostri nonni (bisnonni per i più giovani) che hanno vissuto sul-la loro pelle anni di difficoltà, seminati da orrore, restrizioni e morte.Quanto meno, noto, conosciuto e, purtroppo dichiarato, era lo stato di guerra. Ora ci sentiamo in balia di una strategia che non ci appartiene cultu-ralmente e che mina improvvisamente le fondamenta del nostro vivere: un attacco simultaneo in posti diversi nel vivo di una serata qualsiasi, una come tante altre, è proditorio ed incrina lo sguardo al presente.La sciagura prodotta dalla morte di tanti giovani e di tante persone, ha una sua ripercussione che intende scendere più profondamente del fatto stesso, pur grave e deprecabile, minare cioè i rapporti sociali ed avvelenarli con il dubbio e l’incertezza. Infatti chi mi si trova dinanzi, con cui condivido un tratto di strada, colloquio normalmente, consumo un pasto insieme, è lo stesso che è pronto ad accoltellarmi quando non ho la guardia alta, quando mi sono, in un qualche modo, consegnato all’amicizia, alla prossimità umana?Prima di entrare nell’ambito della religione e delle religioni e quindi della fede, l’interrogativo punta sulla persona umana. È stato smarrito un elemento primo e primordiale che distingue (“fa la differenza” come piace esprimersi oggi!) fra l’animale e la persona umana. Se sono persona umana, chi ho davanti

è ugualmente persona umana. Gode degli stessi diritti all’esistenza, esatta-mente pari ai miei. Quando infierisco su una singola persona infierisco, in fin dei conti su me stesso, e passo la linea di confine: divento un animale.

Come reagire alla paura? Come reagire alla sciagura senza diventare, a propria volta, degli sciagurati?Così come questi eventi tragici e inde-finibili sono stati programmati, pensati dettagliatamente e motivati da ragioni insane ma fatte credere e brillare come degli ideali, così la reazione va costruita, pensata e programmata e non lasciata all’istinto che degrada.Francesco ha giustamente tuonato “Maledetti!”. La sua non è un’impreca-zione, una promessa di vendetta, è solo l’alta denuncia di una constatazione. La maledizione è legata agli atti, ai pensieri, alle programmazioni che non procedono dallo spirito del bene, dallo sguardo amoroso del Padre chino sui suoi figli. Altra è la sua genesi, altra la sua provenienza. Tocchiamo con mano

e viviamo sulla nostra pelle l’incarnarsi con volti diversi, brutali e negativi, di quel “mistero dell’iniquità” che inte-ragisce nella storia per distruggere la libertà della persona e addottrinarla per fini malvagi. Tutto questo processo comporta in se stesso la maledizione, non scagliata da altri, ma fatta scatu-rire come nera pece dagli stessi che l’alimentano. Si ritorce come oscura fiumana che travolge, ottenebra e l’animo e la mente.La libertà, grande dono di Dio all’uma-nità, viene intrappolata e, con difficoltà, riesce a liberarsi.Solo il profondo rispetto per se stessi consente di rispettare gli altri e, si noti bene, l’appartenenza a una religione piuttosto che a un’altra non infirma ma accresce questa postura di tutta la persona come intelligenza, volontà e amore.Chi crede non può non afferrare come questa sia la base su cui poggiare l’ascolto del Dio che chiede di cammi-nare insieme nel tratto di vita donato. Non può negare che solo osservare

gli altri e le loro azioni alla luce della Presenza di Dio in noi, dona serenità e trasmette la pace.I terroristi, loschi e tenebrosi figuri indubbiamente, non sono anch’essi persone? Immerse nella melma di una dottrina che si spaccia per religione e pretende di uccidere vilmente gli inermi in nome di Dio. Come filtrare questa melma? Come non trovarsene prigio-nieri con quella reazione immediata e incontrollata che è odio?Il giovane vedovo parigino e padre di una piccola creatura ci ha lasciato una testimonianza che attraverserà i secoli e sarà l’unica arma per sconfiggere ogni terrorista:

non lasciare che l’odio si tramuti nella broda di cui alimentarsi, bensì aprirsi alle armi della Luce.La vulnerabilità ferita e resa debole, si erge e diventa vigorosa quando taglia le tenebre con la Luce della libertà.Unica strada perché i maledetti pos-sano essere convertiti e ricevere la benedizione dell’Altissimo e la nostra.

I

Dal 25 al 30 novembrel’undicesimo viaggio

internazionale di Bergoglio.Tre i Paesi che attraverserà:

Kenya, Uganda eRepubblica Centrafricana.

Confermata l’apertura della Porta Santa del Giubileo

della Misericordia a Bangui, salvo ripensamenti

dell’ultima ora. Il Papa entrerà in uno “slum” di

Nairobi e visiterà un campo profughi.

Il 30 novembre varcherà la soglia di una moschea per

invocare la pace con i leader musulmani

di M.Michela Nicolais

GIUBILEO: APRIRà LA PORTA SANTA A BANGUI IN CENTRAfRICA

La prima voltadi Francesco in Africa

dai religiosi. Qui il Papa incontrerà gli ospiti, il più piccolo di 6 anni e il più grande di 107, e terrà un discorso rivolto alle 288 istituzioni sanitarie promosse dalla Chiesa cattolica nel paese africano. L’incontro con i vescovi, prima, e con il clero, dopo, concluderà la giornata.

Il 29 novembre, Bangui. Un’altra prima volta di Papa Francesco. La visita ad un campo profughi, la prima cosa che ha scelto di fare dopo l’in-contro con le autorità. Duemila gli sfollati che incontrerà, in un campo appoggiato a una parrocchia catto-lica. Dopo l’incontro con i vescovi e con le comunità evangeliche, – salvo ripensamenti dell’ultima ora dovuti a eventuali cambiamenti della situazio-ne – il Papa aprirà a Bangui la Porta Santa del Giubileo della Misericordia, ha confermato padre Lombardi. Poi la Messa in cattedrale, dopo la quale Francesco uscirà sul sagrato per ini-ziare la Veglia che i giovani continue-ranno per tutta la notte: confesserà cinque di loro, come segno di inizio dell’Anno della Misericordia. Il 30 novembre è la giornata dell’incontro con la comunità musulmana nella Moschea centrale di Koudoukou a Bangui, prima della Messa conclusiva nello Stadio Barthélémy Boganda e della partenza dell’aereo papale per Roma.

L’capienza degli altri due grandi parchi limitrofi, dove possono trovare posto altre centinaia di migliaia di persone. Poi l’incontro con il clero, i religiosi, le religiose e i seminaristi nel capo spor-tivo dell St. Mary’s School, che come gli altri incontri analoghi in Uganda e Repubblica Centrafricana “saranno colloqui informali, come è nello stile del Papa”, ha precisato il portavoce vaticano. Di seguito la visita alle due sedi delle Nazioni Unite a Nairobi, dove il Papa pronuncerà “il discorso più lungo, ampio e articolato del viaggio”, sulla scorta della “Laudato si’”, ha detto Lombardi.

La visita nel quartiere povero di Kangemi è l’evento di apertura della seconda giornata a Nairobi. Il Papa percorrerà le stradine di terra battuta dello “slum” e incontrerà centomila persone, nella parrocchia cattolica di San Giuseppe Lavoratore, dove pronuncerà un discorso in spa-gnolo, “in continuità con quelli fatti ai movimenti popolari”, ha anticipato Lombardi.

Nello stadio Karasami, l’incontro con 70-80mila giovani cattolici, anco-ra traumatizzati dall’eccidio di Arissa dove sono stati uccisi in un campus 150 loro coetanei. Dopo l’incontro

con i vescovi del Kenya, l’areo papale si dirigerà da Nairobi a Entebbe, per l’incontro con le autorità e il corpo diplomatico. Sulla strada per Kampala, il Papa si fermerà in serata in uno dei due luoghi-simbolo dei Martiri ugan-desi, a cui sarò dedicata la Messa nel santuario cattotlico di Namugongo, il giorno dopo. Il 28 novembre è anche la giornata dell’incontro con i giovani a Kampala e della visita alla “casa di Carità” di Nalukolongo, il luogo dove i primi missionari, i Padri Bianchi, si stabilirono 136 anni fa, come testimo-nia l’unico vecchio albero di mango ancora superstite, tra quelli piantati

529 NOVEMBRE 2015 n. 42VitaLa

nizia il tempo di Avvento, che ci prepara al Natale. L’avvento è sempre un intervento di Dio che vuole far nascere qualcosa di nuovo in noi, sorprendendoci. Il non cono-

sciuto fa sempre paura e tendiamo naturalmente a respingerlo, a temerlo. Ma Dio è molto più presente in ciò che non conosciamo rispetto a ciò che conosciamo.L’ultimo discorso di Gesù ai suoi discepoli, prima della cena, contiene un incoraggiamento rispetto ai pericoli esterni e un monito rispetto ai pericoli interni alla comunità. I discepoli avevano chiesto: “quando sarà la fine del mondo e quali i segni?” e finalmente li dice. Nel brano precedente parlava di guerre, rivolte, rivoluzioni, sollevamento di un popolo contro l’altro, persecuzioni, ma poi non dice: “Dopo queste cose ci sarà la fine del mondo o a causa di queste cose” ma dice : “e”, cioè è in continuità; non c’è una rottura nella storia. Dice “e vi saranno segni” quali segni? Sole, luna, astri sono sconvolti. Anzi, dirà che poi “cadono le potenze dei cieli”, cioè si rompe la macchina del tempo, sembra che la vita sia finita. È la sensa-zione che abbiamo davanti a tutte le catastrofi. Non solo, il cielo cade, la terra trema e il mare vuole inghiottire le persone, cioè praticamente è descritto il contrario di quanto Dio ha fatto nella Creazione. Noi col male capovolgiamo tutto il mondo e facciamo regredire il mondo al caos. Il male è fa regredire alla morte. In mezzo c’è l’uomo che è sospeso tra il cielo e l’abisso che vuole inghiottirlo e la terra che non sta ferma. È

descritta abbastanza bene la situazione di paura e di precarietà. In fondo tutto quel che vogliamo è una via di uscita dalle situazioni negative. Que-sto “senza uscita” (in greco c’è àporos/aporia), vuol dire che proprio non esiste un guado: sei lì nell’acqua, travolto e non puoi passare da nessuna parte. È la situazione di angoscia. Cosa c’è sotto a quel male? Innanzitutto notiamo che anche tutta la scienza serve per uscire da questa situazione. Anche tutta la filosofia, la sapienza, le religioni vorrebbero tirarci fuori da questa situazione che l’uomo avverte. Eppure il vero cuore del dramma non è neanche questa situazione esterna ma è non aver più fiducia nella vita, cioè credere che non ci sarà più nulla di positivo, che il male trionferà. Tuttavia il vero male è semplicemente la nostra paura, perché è per la paura che facciamo tutto il male, è per la non fiducia nel bene. Il vero dramma è quello interiore, come emergerà nel versetto successivo.Il problema è che sono scosse le potenze dei cieli. La “potenza” è l’attributo tipico di Dio e il cielo è Dio stesso. Ciò che avviene nella croce è che crolla tutta la nostra idea di Dio: Dio chi è? Un uomo. Il giudice chi è? Uno che è giudicato.

L’onnipotente chi è? È quello che sta nelle mani degli uomini che fanno quello che vogliono di Lui. L’autore della vita chi è? È quello ucciso. È tutto il contrario di ciò che pensiamo, non c’è più nessuna certezza. È in questa situazione che crolla tutto il nostro immaginario su chi è Dio e chi è l’uomo (e che è la radice del male). Noi vivendo in questa paura realizziamo tutte queste paure nella nostra vita, che si rendono visibili poi sulla croce, perché la croce ci fa vedere il capovolgimento di questa immagine di Dio. Noi moriamo per la paura della morte; abbiamo una paura tale che tutto il male che facciamo è per rimuovere la paura di morire; per questo ci feriamo, per questo attacchiamo, per questo distruggiamo, per questo dominiamo, per sentirci diversi dagli altri. La tragedia è che abbiamo pauraQuando c’è questa situazione, (il cielo che cade con la terra che non tiene, col mare che ti inghiotte e la paura e le previsioni di ciò che verrà che ti schiacciano), è proprio lì che vedremo quello che già c’è: il Figlio dell’uomo. Come sulla croce, dove avviene tutto questo, lì vediamo il Figlio dell’uomo. La definizione “Figlio dell’uomo” è l’unica che Gesù applica a sé: Figlio dell’uomo vuol dire

anche uomo, vuol dire profeta e vuol dire anche Dio. Gesù diventa il Figlio dell’uomo proprio sulla croce quando è il non uomo, disprezzato da tutti: è l’uomo ridotto all’essenza, togliendo tutto quello che si può togliere, gli rimane tutta la disumanità del male che fanno a Lui, eppure ancora lì, Lui è uomo, vive da uomo, vive da giusto (per Luca). Dove vediamo il vero uomo, che poi è Dio? In questa situazione, non fuori. Noi vorremo vedere Dio apparire in un’altra immagine, ma lo vediamo nella croce che Dio è Dio. È quello che in questa situazione di male resiste al male; é proprio lì che vediamo la verità di Dio e la verità dell’Uomo che resiste a questo male ed è il Giusto.Noi siamo chiamati a vedere Dio, il Giusto, pre-sente, non nell’altro mondo ma in questo mondo (che è di guerre, carestie, terremoti, pestilenze, persecuzioni, morti, violenza, male). È qui che noi possiamo vedere Dio che vive da testimone dell’amore, del perdono e della misericordia, più forte di ogni male. Lì sulla croce finisce tutto il male e Dio ci chiama a far come Lui, a vivere come Lui, vincendo il male col bene. Allora l’avvento crea avvenire proprio perché si apre nel presente a ciò che incontra e crea così un futuro diverso inseminato dalla novità che viene accolta. L’avvento diviene avventura perché qualcosa di nuovo entra nella nostra vita e genera una novità verso cui andare e da cui siamo attratti e richiamati.

Don Timoteo Bushishi

La Parola e le parolePrima domenica di avvento

anno cGer 33,14-16; Sal 24; 1Ts 3,12-4,2; Lc 21, 25-28,34-36

attualità ecclesiale

I

“Fedeltà è cambIamentoLa svolta di Francesco raccontata da vicino”.

È il titolo dell’ultimo volume di monsignor Dario Edoardo Viganò, prefetto della Segreteria per la comunicazione della Santa Sede e direttore del Ctv (Centro televisivo vaticano), da oggi in libreria. Il libro fa rivivere “in presa diretta” le scelte e gli eventi attraverso i quali Francesco, primo Papa gesuita e sudamericano, sta introducendo un profondo mutamento nella Chiesa e nella società.

Mons. Viganò, il titolo del volume – “Fedeltà è cambiamento” – sembra quasi la risposta alle po-lemiche di questi giorni… “Certo! Ed è il cuore del messaggio di Francesco: essere fedeli per cambiare. Non si tratta di fedeltà a un proprio progetto o a proprie idee. Se avvenisse questo, avremmo una Chiesa fatta di cordate, alleanze e potere. Ed è ciò che il Papa ha denunciato come patologia: fare

della Chiesa una Ong o un Parlamento. Invece, si tratta di essere fedeli all’amore del Padre. Questa fedeltà è cambiamento! E quando si vive questa esperienza di misericordia, allora non fa paura stare tra la gente, nelle strade e nelle piazze, per annunciare il Vangelo”.

Cosa sta cambiando nella Chiesa e come? Qual è il disegno del Papa? “A me pare che l’idea di Papa Francesco non è quella di un pragmatismo spicciolo: avere i piedi ben radicati a terra con lo sguardo rivolto al cielo. Piuttosto, essere uomini e donne con i piedi radicati in cielo, perché la nostra vita possa essere testimonianza reale e concreta dell’amore del Padre. Insomma un capovolgimento di prospettiva: non chiedere a Dio di benedire i nostri progetti e i nostri desideri, ma sintonizzare il nostro cuore sui battiti del cuore di Dio per comprendere cosa chiede oggi alla sua Chiesa”.

RIfORMA DELLA CHIESA

La svoltadi Papa Francesco

raccontata da vicino

Esce oggi in libreria “Fedeltà è cambiamento”, l’ultimo volume del prefetto della Segreteria per

la comunicazione della Santa Sede. “Essere fedeli per

cambiare – spiega – è il cuoredel messaggio di Francesco.

Si tratta di essere fedeliall’amore del Padre”

di Vincenzo Corrado

porto profondo con Dio, che ogni sua parola ha un peso specifico. Basta assistere all’Angelus della domenica: per pochi minuti, in migliaia, credenti e non, arrivano per ascoltare una parola che ha la forza della verità. Del resto, come he recentemente detto il Papa, non si può parlare di povertà e vivere da faraoni. Come dire: ogni parola è giudizio della vita che conduci. E in lui c’è assoluta conformità tra vita e parola”.

Come direttore del Ctv ha il privilegio di “vivere in presa diretta” tutti gli eventi, pubblici e privati, del Papa: quali sono i tratti del suo comunicare? “Ber-goglio è un uomo che non rinuncia mai a ridurre le distanze nei rapporti con le persone. Insomma non c’è ruolo che tenga: più che la correttezza formale, che pure non manca, è la qualità della relazione che ha a cuore. E questo emerge in tutte le occasioni, pubbliche e private.

è la prossImItà Il tratto essenzIale della suacomunIcazIone”

E nel mondo – lei ha partecipato a tanti viaggi – come viene percepito tutto ciò? “Quello che mi commuove in ogni viaggio è guardare le centinaia e migliaia di persone che in fila, lungo la strada, attendono il Papa. Ore di attesa, a volte sotto il sole o sotto la pioggia, e quando passa il Santo Padre, percepisci tutta l’emozione: coppie che si abbracciano e piangono, mamme che baciano i propri bambini come segno di gioia rinnovata… Sapere che basta essere raggiunti dal suo sguardo è davvero consolante. Soprattutto se si tiene conto che Francesco ci ricorda che bisogna vedere come Gesù. E lui è così”.

Un’ultima domanda sulla Segreteria di cui è prefetto: come sta procedendo il lavoro? “Siamo ancora nelle fasi inziali. Il lavoro si dipanerà nel tempo. Una cosa è chiara: non si tratta di un coordinamento o di un maquillage dei media, ma di un ripensamento globale – come dice il Motu Proprio che istituisce la Segreteria – del sistema informativo della Santa Sede”.

Una vera e propria inversione di rotta, ac-compagnata da scelte e gesti forti. È possibile riassumerli in alcune parole-chiave?

“una parola, Forse,le racchIude tutte: tenerezza

È il primo gesto della madre verso il figlio e in-dica lo stupore per un dono ricevuto, la protezione per chi è fragile, la consolazione per chi è triste e sofferente, l’incoraggiamento per chi è sfinito. È il volto materno della Chiesa”.

Cosa ci può dire del rapporto di Francesco con la comunicazione e con i media? “Ci troviamo dinanzi a un Pontefice che non teme di sottolineare la distanza tra la cultura nella quale è cresciuto, quella tipografica, che ha modellato il pensiero lineare dall’andamento logico-argomentativo, e quella cosiddetta ‘digitale’ nella quale, dal marzo 2013, si trova a vivere il proprio ministero petrino. Certamente, all’inizio, ha fatto molta fatica con la presenza della telecamera che riprende e do-cumenta ogni suo momento, gesto, incontro. Ma anche qui, a poco a poco, ha portato un suo stile, difficile da interpretare sul momento. E non ha senso l’accusa di alcuni di un uso strategico della comunicazione.

La novità di Bergoglio nulla ha a che vedere con logiche pragmatiche a fini seduttivi e meno ancora con strategie tipiche delle performance attoriali.

Al riguardo, abbiamo visto addirittura scendere in campo un anticlericale della prima ora come Dario Fo, che ha raccontano: ‘Io l’ho ascoltato con attenzione. Non c’è mai una finzione. È tutto portato dal pensiero pulito… e quello che dice ha un valore straordinario, nella memoria e nell’atten-zione della gente’”.

Il messaggio di Francesco viene recepito con la stessa intensità della sua immagine. “Le persone si rendono subito conto di non essere di fronte a una maschera. L’immagine di Francesco è talmente segnata dalla sua storia personale e dal suo rap-

PistoiaSetteN. 42 29 NOVEMBRE 2015

Agenda del vescovoFausto Tardelli dal 30

novembre al 6 dicembreLunedì 30 novembreOre 8,30: Messa in occasione dell’elezione della badessa delle suore ClarisseOre 17,30: Incontro col Dott. Morello, Dirigente capo dell’area vasta ASLMartedì 1 dicembreOre 21: celebrazione anniversaria della Dedicazione della chiesa della Migliarina in ViareggioMercoledì 2 dicembre Ore 15,30: visita alla misericordia di Montale- casa del sorrisoGiovedì 3 dicembreOre 9: incontro mensile del clero in seminario.Ore 17,30: incontro alla biblioteca Fabroniana.Venerdì 4 dicembreOre 11: Celebrazione di S. Barbara, patrona dei Vigili del fuocoOre 13: pranzo e visita alla Casa Famiglia S. AnnaOre 17: inaugurazione della magione della Confraternita dei Cavalieri del tau a Pian degli Ontani Sabato 5 dicembreOre 8,30: alla madonna dell’umiltà recita del santo rosario e Santa Messa.Ore 10: Presentazione Dossier Caritas in seminario.Ore 17: Ingresso di Mons. Paolo Palazzi nella parrocchia dell’immacolata.Domenica 6 dicembreOre 10: festa dell’anziano a Monte olivetoOre 15,30: incontro con le religiose della diocesi sul Convegno di Firenze.Ore 17: inaugurazione presepe a San Francesco.

Segreteria Vescovile di Pistoia Via Puccini, 27Tel.0573.508960 fax 0573.27165

CARITAS

Dossiersulle povertà

Alla presenza del vescovo di Pistoia, monsignor Fausto Tardelli, la Caritas diocesana di Pistoia invita alla presentazione dei dati dell’Osserva-torio delle Povertà e delle Risorse che si terrà presso l’Aula Magna del Seminario Vescovile, sabato 5 dicem-bre 2015 alle ore 10.

assemblea sinodale ap-pena celebrata va collo-cata certamente fra le esperienze positive fa

noi vissute in questi ultimi anni. Certo ora, dopo la chiusura del sipario, rima-ne il lavoro forse più difficile da fare, non soltanto per tradurre in pratica tutte le cose pensate insieme, ma an-che, anzitutto, per la scelta necessaria delle priorità di riflessione e di azione, perché è semplicemente impensabile mettere all’ordine del giorno dei nostri programmi futuri tutte le cose che abbiamo ascoltato nella relazione dei sei gruppi di studio. Credo che, a conti fatti, le raccomandazioni più frequenti e più insistite siano quelle relative alla formazione. Sono convinto anch’io che questo sia il primo tasto da battere con maggiore impegno e collaborazione da parte di tutti. Se si prova a estendere il contenuto di questa scelta e il vasto panorama di persone interessato a questo programma, si capisce subito quanto grande, quasi infinito, sia l’im-pegno dell’intera comunità. Si pensi sol-tanto al campo assai vasto e bisognoso dei catechisti. Per non proseguire oltre.

Una formazione a tutto campo, cominciando da quella spirituale, ma non dimenticando in contemporanea la formazione biblico-teologica, con quell’aggiornamento che il cam-biamento dei tempi e il cammino compiuto dalla chiesa conciliare e post-conciliare urgentemente richiedo-no. In questo senso, almeno da parte mia, “nihil novi sub sole”, insieme alla constatazione che il lavoro che resta da fare è ancora lungo e faticoso. Ma mi piace aggiungere un’altra conside-razione.

Tenendo presente la categoria fondamentale che papa Francesco ha indicato alla chiesa, cioè la missio-narietà, l’uscita, il dialogo coi lontani, i miscredenti e i non credenti che au-mentano continuamente sotto i nostri occhi esterrefatti, la parte della teologia più necessaria e urgente è quella dei suoi fondamenti, quella che un giorno si chiamava apologetica o difesa della fede. Un’opera di ragione e non tanto di fede, dei suoi preamboli, delle sue premesse, indispensabili perché l’ac-cettazione di questa non sia un salto nel buio, un tuffo nel vuoto, ma un atto umano e ragionevole, anche se libero e naturalmente sotto l’influsso della grazia. Una linea tradizionale della

In margineall’Assemblea Sinodale

chiesa fino dai suoi primi tempi e poi dimenticata anche, ma non solo, per quel certo biblicismo contro cui hanno combattuto sia Giovanni Paolo II che papa Benedetto.

Ricordo a questo proposito che la critica al biblicismo reperibile nell’en-ciclica Fides et ratio parte proprio da questa constatazione. Rileggiamola insieme: “Non mancano neppure pericolosi ripiegamenti sul fideismo, che non riconosce l’importanza della conoscenza razionale e del discorso filosofico per l’intelligenza della fede, anzi per la stessa possibilità di credere in Dio. Un’espressione oggi diffusa di tale tendenza fideistica è il ‘biblicismo’, che tende a fare della lettura della Sa-cra Scrittura o della sua esegesi l’unico punto di riferimento veritativo. Accade così che si identifichi la parola di Dio con la sola Sacra Scrittura, vanificando in tal modo la dottrina della chiesa che il concilio Vaticano II ha ribadito espressamente” (n. 55).

Un testo che avrebbe bisogno di essere sviluppato in tutte le sue espressioni e che, a quanto pare, non gode di simpatia nemmeno nella nostra chiesa, per la cui profonda e analitica comprensione non c’è che da rimandare ai testi specializzati. Ricordiamo, per esempio, quelli di Giuseppe Lorizio che, prima di parlare a Firenze, ha tenuto un bellissimo incontro programmato dal nostro Centro Culturale Maritain. Non dimentichiamo l’importanza del testo in rapporto al tema che ci interessa. Nell’incontro con gli atei, i miscredenti, gli indifferenti, l’unico dialogo possibile è quello della ragione. L’esistenza di Dio e la figura storica di Gesù sono temi da affrontare a questo livello, se non esclusivamente, almeno prevalentemen-te. È su questo piano che va trattato il rapporto fra evoluzione e creazione, chiarendo i termini e dimostrando che non si tratta affatto di due concezioni alternative, ma complementari: non evoluzione o creazione, ma creazione ed evoluzione. Sulla figura storica di Gesù stanno circolando da tempo libri a larga diffusione che ripetono teorie vecchie anche se aggiornate e che stanno convincendo non pochi lettori,

specialmente fra i più giovani.Per discuterne con competenza è

necessario un piccolo sforzo che ognuno deve saper fare in nome dell’evange-lizzazione alla quale è chiamata tutta la chiesa. È doloroso, molto doloroso, incontrare genitori e figli che non hanno trovato chi abbia saputo rispondere alle loro difficoltà e chiarire loro le idee su temi così importanti e fondamentali. Passarci sopra come se nulla fosse, è peccato di omissione, che grava soprat-tutto sui responsabili della vita e della missione della chiesa. Un augurio per il nostro immediato futuro. Se vogliamo dialogare coi lontani, questa è la prima, se non l’unica, strada da percorrere.

Non dimenticando peraltro un ter-zo argomento che i teologi aggiornati raccomandano oggi con insistenza. Più che l’argomento dei miracoli, sempre più difficile e ostico ai nostri giorni, vale l’argomento del cristianesimo come risposta ai problemi della vita, di tutta la vita, cominciando dalla soluzione che esso può dare al desiderio di infinito che geme inestinguibile nel cuore di ogni uomo. Un argomento da accompagnare con la testimonianza esemplare del cristiano e della comunità cristiana, che vivono nella gioia e nella speranza la loro vocazione cristiana e che stagliano il loro comportamento sullo sfondo di un mondo stanco, annoiato, anche dispe-rato, immerso nella superficialità e nel disordine, perché dimentico dei valori che hanno illuminato il nostro passato e che la crisi di fede e di ragione ci hanno rapito da tempo.

Un ultimo suggerimento come frut-to della nostra promettente assemblea sinodale diocesana: come ci suggerisce papa Francesco, mettiamo in atto qualche segno che colpisca l’opinione pubblica distratta e indifferente che ci circonda e che faccia capire a tutti che la nostra chiesa vuole veramente fare sul serio. Perché, a questo punto, il tempo dell’attesa della chiesa italiana e diocesana è finito: ora inizia il tempo della realizzazione e del cambiamento che, a conti fatti, ha tutte le caratteristi-che di una vera e propria rivoluzione. La rivoluzione di papa Francesco.

Giordano Frosini

L’

8 n. 42 29 NOVEMBRE 2015 LaVitacomunità ecclesialeVIRGO fIDELIS

Messain Cattedraleper celebrare

la patronadei CarabinieriIl comando provinciale dei cara-binieri di Pistoia ha festeggiato la Madonna «Virgo Fidelis», patrona dell’Arma dei carabinieri, ricordando nel contempo il 74° anniversario della battaglia di Culqualber e la giornata dell’orfano, con una messa officiata nella cattedrale di San Zeno dal vescovo di Pistoia, monsignor Fausto Tardelli. Alla funzione hanno partecipato tutte le autorità provin-ciali, e folte rappresentanze dell’asso-ciazione nazionale carabinieri,delle associazioni combattentistiche e d’arma, carabinieri in servizio e in congedo, studenti di alcuni istituti della città e numerosi cittadini che hanno voluto testimoniare la loro vicinanza all’istituzione. La «Virgo Fidelis» è divenuta patrona dell’Arma dei carabinieri l’11 novembre 1949, data di promulgazione del Breve relativo di Papa Pio XII, che in tal senso aveva accolto il voto unanime dei cappellani militari dell’Arma e dell’ordinario militare per l’Italia.

PARROCCHIADI VALENZATICO

Alla ricerca di Gesù

La parrocchia di Valenzatico organiz-za un percorso di ricerca del Gesù storico, per non specialisti, aperto a tutti coloro che vogliono saperne di più.Il percorso si articola in sei incontri che si svolgeranno presso la sala don Patrizio Guidi a partire dalle 21,15: il 26 novembre e il 3 dicembre si parle-rà di “La r i c e r c a del Gesù storico”, “ L ’ a m -b i e n t e g e o -g r a f i co, s t o r i co e socia-le” e “Le fonti”.Il 10 di-cembre e il 14 gennaio i temi saran-no: “L’inizio della missione: il Regno”, “Gli atti di Gesù” e “Le parole di Gesù”.Il 21 e il 28 gennaio invece si parlerà: “Seguaci e avversari”, “L’autoco-scienza di Gesù” e “Il processo e la morte”.Per questi primi 6 incontri, orien-tati ad una formazione di base, si consiglia di tenere come testo di riferimento: Giordano Frosini, Il volto storico di Gesù, Edizioni La Vita Pistoia 2014.Chi è stato Gesù? Quale segreto è racchiuso in questo galileo affa-scinante, nato circa duemila anni fa in un villaggio insignificante dell’im-pero romano e giustiziato come un malfattore vicino a una vecchia cava nelle vicinanze di Gerusalemme, quand’era intorno ai trent’anni? Chi è stato quell’uomo che ha segnato in maniera definitiva la religione, la cultura e l’arte dell’Occidente fino a imporne persino il calendario?

er il secondo anno, la comunità parrocchiale di S. Bartolomeo, promuove l’evento “Natale in copa-

gnia”. La festa, che si svolgerà sabato 28 e domenica 29 novembre nei locali attigui l’antica pieve e la piazza del borgo, è finalizzata alla raccolta fondi per sostenere i lavori di manutenzione straordinaria del tetto.

L’intervento più urgente si è con-cluso pochi giorni fa; esso riguardava la sostituzione di una trave incrinata e di alcuni travicelli. Il cedimento della capriata avrebbe comportato lo sfon-damento del contro-soffitto.

È stata ultimata anche la revisione al tetto della sacrestia, il quale, pre-sentava evidenti infiltrazioni di acqua piovana.

Dopo questi interventi “tampo-

ne” (20 000 €), adesso rimane il contro-soffitto della Chiesa- formato da cannicciato con intelaiatura lignea - per evitare il distacco e la caduta dell’intonaco nella parte avvallata in corrispondenza dell’ affresco centrale che raffigura l’assunzione di Maria.

Senza questi lavori di manutenzio-ne straordinaria, la chiesa sarebbe stata inagibile alle celebrazioni liturgiche; anche se non risolvono totalmente i problemi del tetto per il quale va pro-grammato un rifacimento totale.

Per sostenere le spese già affron-tate e quelle future, don Marino con il consiglio pastorale parrocchiale, hanno pensato a due iniziative annuali: una in occasione del santo Natale ed una in occasione della Pasqua; anche le offerte che verranno raccolte in occasione della benedizione delle famiglie, saranno

utilizzate per i lavori di manutenzione del tetto della Pieve di Tizzana.

Con l’evento “Natale in compagnia” inizia anche la vendita dei Biglietti della Lotteria di Natale (estrazione 6 Gennaio nel pomeriggio); l’acquisto viene particolarmente proposto a tutte quelle persone che normalmente non frequentano gli ambienti parrocchiali: persone originarie di Tizzana e Catena; chi ha sulla carta di identità “nato a Tizzana” e tutti coloro che vogliono generosamente contribuire. Stiamo inoltre organizzando un vero “porta a porta” per sensibilizzare tutti i residenti a partecipare con pochi euro (magari rinunciando ad una colazione al bar); affinché possa essere conservata agibi-le una chiesa che non è solo un luogo di culto, ma che porta in sé ha un valore storico, artstico, culturale.

a patrona dell’ordine fran-cescano secolare è Santa Elisabetta di Ungheria (1207 – 1231), la cui festa liturgica

cade il 17 novembre, ma sarà ricordata particolarmente questa Domenica. Eli-sabetta, seppure fosse una regina visse nella povertà evangelica come terziaria francescana. Divenuta presto vedova si consacrò a Dio, operando la carità verso i bisognosi con grande umiltà e fondando per loro anche un ospedale.

Sull’esempio di Santa Elisabetta saranno in cammino alla sequela di Cristo le due nuove consorelle Luciana e Valeria. Attraverso la loro testimonianza oggi possiamo comprendere quanto sia sempre attuale la proposta di san Fran-cesco e quanto sia importante per un laico appartenere ad un ordine religioso.

L’Ordine francescano secolare è composto da laici che, vivendo nel loro stato di vita, vivono nel mondo la regola di Francesco d’Assisi.

Luciana racconta così la sua espe-rienza nella fraternità:

Questo cammino è iniziato un’esta-te di 5 anni fa, durante una serata tra amici dell’associazione di volontariato

di cui faccio parte da 19 anni, l’Aicat (associazione club alcologici territoriali) in cui fui invitata ad andare alla Verna. Io dissi di sì, attirata dall’idea di passare alcuni giorni con amici in montagna e nient’altro, ma lì, invece, sentii qualcosa che non avevo mai provato in vita mia: la fede che avevo cercato da giovane. Sentii la presenza di nostro Signore in quei luoghi così cari e importanti per san Francesco.

Tornando a casa i miei familiari notarono il mio cambiamento e fu lì che decisi di intraprendere il cammino di fede frequentando il gruppo terziario francescano della chiesa di San France-sco, dove ero già stata da giovane.

Mi ha colpito l’accoglienza della fraternità. Dopo 20 anni di volontariato, attraverso due associazioni di cui faccio parte, l’Aicat e Solidarietà e rinnovamen-to, che si occupa di disagio mentale, ho sperimentato nell’Ofs un’accoglienza che si differenzia per l’unione con la Spiritualità. Perché nella vita spirituale si percepisce un cuore, un calore ancora più grande perché dato dalla presenza di Dio.

Ritrovarsi nel gruppo terziario del giovedì, che frequento da 5 anni, mi ha

dato conoscenza, arricchimento interio-re, unione con i fratelli, le sorelle e Dio. Avere come guida padre Claudio ofm conv è stato molto importante, perché è un ottimo teologo.

Essere ammessi all’ordine vuol dire che il mio cammino di fede, seguendo il pensiero di san Francesco, viene ricono-sciuto. Vuol dire a tutti gli effetti entrare a far parte di una grande famiglia, piena di profonda spiritualità. Inoltre è l’avverarsi di un desiderio forte che mi ha accompagnato in questi 5 anni.

“Ho Iniziato questo cammino se-guendo l’esempio di mio marito, ci rac-

conta Valeria. Lui si era “riavvicinato” con grande gioia al Signore: partecipavamo insieme a tutti gli incontri della fraternità e, dopo la sua morte, ho iniziato un percorso. Mi sono trovata molto bene in questa grande famiglia dove si respira una vera fraternità nella semplicità. Il Signore ci chiede di vivere il Vangelo ogni giorno seguendo la sua parola e di stare alla Sua sequela. L’ammissione è il primo passo per poi prendere seria-mente un impegno nella fraternità e, dopo un percorso di formazione, divenire terziaria francescana.

Daniela Raspollini

MERCATINI DI NATALE A TIZZANA

La parrocchia cerca i fondiper sostenere i lavori

P

CHIESA DI SAN fRANCESCO

Cresce l’Ordine Francescano secolare

Domenica 22 novembre alle 15, si è tenuto un incontro delle Fraternità Francescane di Pistoia presso ilmonastero delle Clarisse (Piazzetta Santo Stefano, Pistoia). Alle 16 durante la santa messa presieduta da padre

Gianfranco ofmc, Valeria Bellucci e Luciana Bartolini sono state ammesse nell’ordine francescano secolare

L

abato 28 novembre alle ore 17,15, nella chiesa di San Francesco a Pistoia, si terrà la rappresentazione

L’infinitamente piccolo ispirata alla vita straordinaria del santo di As-sisi. L’iniziativa riprende l’album del cantautore Angelo Branduardi del 2000, che mette in musica la vita di San Francesco di Assisi con testi basati prevalentemente sulle fonti francescane. Vi sono contenuti anche brani che esprimono la traboccante umanità del Francesco storico e in-novatore religioso con la sua totale aderenza al Vangelo: dal Cantico del-le creature al canto XI del Paradiso dantesco, al Salmo 27 recitato dal santo negli ultimi istanti di vita.

La rappresentazione non in-tende essere uno spettacolo, ma la condivisione del messaggio di un fratello universale, che si rivolge ad ogni umano e non solo al credente e che perciò può farci sentire tutti più vicini come umani. Francesco infatti seppe andare alle radici che alimentano la nostra umanità. Per poter essere pienamente fratello, aveva incentrato sulla povertà il suo messaggio radicale, che accomunava l’amore per l’uomo a quello per il creato. In un tempo in cui dominava il progetto imperiale di una Chiesa teocratica, in cui si realizzava l’ascesa della borghesia mercantile basata sul potere del denaro e della proprietà, in cui la religione veniva imposta con la violenza, la sua scelta di una povertà integrale si poneva contro-corrente sia rispetto alla società che alla Chiesa, ricollegandosi alle origini della fratellanza umana e del cristianesimo. Papa Francesco, con i suoi gesti e con il suo insegnamen-to riafferma ogni giorno l’attualità dell’esempio del povero di Assisi per

L’infinitamente piccoloSan Francesco nella storia, nella leggenda, nella letteratura e nella musicaSuna vera e autentica testimonianza cristiana in piena coerenza con la pa-rola del Vangelo e con l’insegnamento di Gesù. La scelta di questo luogo per la rappresentazione, vuole an-che esprimere, condividendo la loro sofferenza, tutta la nostra vicinanza ai padri francescani che sono stati, proprio da questa chiesa, una luce di spiritualità e di fratellanza per la città.

La realizzazione è curata da Maria Celeste Benedetto in collaborazione con l’Associazione Culturidea e con

il Centro di documentazione e di progetto “don Lorenzo Milani” di Pistoia - Letture di Beatrice Papi e di Mauro Matteucci – Voci: Maria Celeste Benedetto, Erika France-schetti, Andrea Mazzei, Michela Panfili, Rosalvo Perticone – Flauto: Valentina Marrassini – Clarinetto: Andrea Mazzei – Violino: Roberto Duma – Chitarra: Rosalvo Perticone – Percussioni: Marco Fattibene – Ta-stiere: Luciano Vannucci.

Mauro Matteucci

929 NOVEMBRE 2015 n. 42VitaLa comunità ecclesiale

o iniziato a conoscere don Furio Fabbri quando il Vescovo, nel 1973, mi inviò come cappellano, nella parrocchia del S. Cuore a Montemurlo: una realtà già grande, ma in continua crescita, perché arrivavano, per motivi di lavoro, nuove famiglie da molte

parti d’Italia, in particolare dal Meridione, richiamate dall’industria tessile in continua espansione.Sono rimasto, insieme a lui 6 anni, fino al 1979, quando la Parrocchia aveva ormai raggiunto dodicimila abitanti. Sono stati 6 anni di intenso impegno pastorale.La catechesi, la liturgia, l’attenzione a persone e famiglie bisognose, agli anziani e ai malati, attraverso la S. Vincenzo parrocchiale; il gruppo Missio-nario che aiutava, in modo particolare, monsignor Rino Carlesi vescovo di Balsas, il gruppo per la pastorale del mondo del lavoro, la collaborazione con la Confraternita della Misericordia, la scuola cattolica delle suore del Sacro Cuore, erano le linee portanti dell’attività pastorale di don Fabbri.Una attenzione tutta particolare era rivolta ala pastorale giovanile. Chi può dimenticare i campi estivi e anche invernali al Melo per i ragazzi e gli adolescenti e i campi estivi per i giovani sulle Dolomiti! Don Fabbri, a Montemurlo, era riuscito a formare uno dei gruppi giovanili più vivi della nostra diocesi.Quello che mi ha sempre impressionato è stata la sua capacità di svolgere un intenso, dire infaticabile lavoro pastorale, derivante non solo dalle sue energie fisiche, ma anche da quella forza interiore che deriva dalla cura della vita spirituale : la fedeltà alla preghiera quotidiana, l’amore per la parola di Dio, meditata, interiorizzata, l’amore per l’Eucaristia, presenza in mezzo a noi di Gesù risorto, “Maestro e buon pastore: via verità e vita”.Da allora, anche se ho lasciato Montemurlo per andare parroco a Tobbiana, il mio rapporto di amicizia con don Furio, non si è mai interrotto, essendo anche io entrato a far parte dell’Istituto dei Paolini Gesù Sacerdote, fondato dal Beato Giacomo Alberione.Siamo andati tante volte insieme agli incontri regionali di spiritualità, agli esercizi spirituali. Don Furio è stato per me un punto di riferimento, un padre a cui rivolgermi nel cammino della vita spirituale e delle scelte pa-storali da compiere nelle varie parrocchie dove sono stato trasferito dal vescovo per essere al servizio della diocesi.Anche nelle parrocchie di Vicofaro e nella più piccola di San Baronto, don Furio è stato punto di riferimento per tanti fratelli e sorelle, non solo laici, che hanno trovato in lui un Padre spirituale che ha donato con larghezza il seme della parola di Dio nello spirito dell’apostolo Paolo: “Tutto io faccio per il vangelo”.Nella “famiglia Paolina” è stato apprezzato e stimato a livello nazionale, e tante volte, veniva chiamato a compiere il servizio della predicazione degli “esercizi spirituali” a sacerdoti, religiosi e laici.Il suo carattere forte, le sue battute argute, possono, talvolta, aver dato fastidio a qualcuno, ma quando c’era bisogno di un aiuto concreto, nello spirito della carità pastorale, potevi sempre contare su di lui.Vogliamo rendere grazie a Dio, perché don Furio è stato un fedele ministro di Cristo. Vogliamo anche accogliere con tanta fede le parole dell’apostolo Paolo: “nulla, neppure la morte, potrà mai separarci dall’amore di Dio in Cristo Gesù”.

Marino Marini

H

MOICA

Incontro con GiovanniCapecchi

Ha avuto luogo venerdì 20 novembre l’incontro conclusivo del corso sull’opera di Saint-Exupery “Il Piccolo Principe. La lezione è stata tenuta da Giovanni Capecchi, docente di letteratura italiana all’Università per stranieri di Perugia, saggista e critico letterario, direttore della rivista “Naturart” del “Giorgio Tesi Group”. I capitoli presi in esame sono stati gli ultimi, dal XXII al XXVII. Capec-chi ha letto il testo facendone scaturire tutta la sottile, malinconica bellezza. Il suo commento ha seguito alcune fon-damentali linee interpretative. In primo luogo egli ha definito l’opera un libro di viaggio. Il viaggio del piccolo principe tra i corpi astrali e gli incontri con i vari personaggi sono una metafora della vita. La nostra vita infatti è un viaggio costellato di incontri. Questi incontri ci segnano e hanno il potere di cambiarci. A tal proposito Capecchi ha richiamato due grandi esempi di libri di viaggio: L’Odissea e la Divina Commedia. L’altro grande tema sottolineato dal docente, presente in vari punti dell’opera, ma citato in particolare a proposito del XXII capitolo, è stato quello del tempo. La differente concezione del tempo nei bambini e negli adulti. L’adulto ha sempre fretta e vuole rapidamente cambiare luogo: “Non si è mai contenti di dove si sta”. Il piccolo principe che è un bambino guarda invece le cose con lentezza, vuole comprendere: “Solo i bambini sanno quello che cerca-no”. Un altro elemento fondamentale nella comprensione dell’opera è il luogo scelto da Saint-Exupery: tutta la narra-zione dell’incontro tra il protagonista e il pilota si svolge nel deserto. Il deserto che, sebbene richiamato come luogo fisico nelle sue caratteristiche, è da intendersi piuttosto come luogo dell’anima. Nei capitoli XXIV e XXV assume un valore eminentemente simbolico la ricerca del pozzo. Dopo molta fatica e pena, il pozzo viene trovato. Ma si tratta di un pozzo che non somiglia a quelli del deserto, sembra piuttosto un pozzo di villaggio. L’acqua non è torbida e fangosa, ma lim-pida e dolce :“Faceva bene al cuore, come un regalo”. Gli ultimi due capitoli sono i più tristi per il dispiacere del distacco tra i due amici e perché il piccolo principe, per tornare al suo pianeta, deve passare attraverso l’esperienza misteriosa e terri-bile della morte, provocata dal morso del serpente giallo. Di struggente tenerezza è la sua paura, ma anche il suo pudore nell’insistere perché l’amico non lo veda nella sofferenza della morte. Ed anche quel suo voler tranquillizzarlo:”Sembrerò morto e non sarà vero” . In effetti il suo corpo scomparirà. Molti e interessanti sono stati gli interventi dei corsisti a pro-posito di questi capitoli, soprattutto nel voler individuare un rapporto tra questa narrazione di intensa spiritualità e la fede cristiana. Capecchi ha voluto terminare il suo commento all’opera senza indicare precise conclusioni. Ha infatti preferito la-sciare aperta a tutti la possibilità di trarre le proprie personali conclusioni sulla base di quanto acquisito attraverso questa lettura molto approfondita. Il corso, nella sua parte letteraria, non avrebbe potuto chiudersi in modo migliore. Il doveroso e sentito ringraziamento del Moica va a tutti i docenti che hanno accettato con grande disponibilità di tenere queste lezioni così interessanti e proficue. Il 26 novembre prossimo Luigi Bardelli presenterà le opere di disegno e pittura relative al “Piccolo Principe,” selezionate tra quelle eseguite durante il laboratorio attivo dal 22 ottobre scorso. Tali opere saranno successivamente trasposte nel ricamo durante l’ultima fase del progetto.

Piera Petracchi

I ricordidi un cappellano

Il salutodalla parrocchia

Dal 1995 Don Furio è stato nominato parroco di San Baronto e dal 2004 anche di Porciano. Pensando a tutte le sue attività pastorali sostenute per la nostra for-mazione cristiana a cui si è dedicato con passione ed entusiasmo, lo ricordiamo come un uomo schivo e timido, ma coraggioso e combattivo nell’annuncio della Parola, uomo che non poteva e insegnava a non fare mai compromessi o sconti all’insegnamento evangelico, austero e rigo-roso con se stesso ma comprensivo e generoso nei confronti dei fratelli, che esortava ad amare ed accettare incondizionatamente così come Dio ama e accetta ciascuno di noi.Noi oggi, la sua comunità parrocchiale, la sua gente, siamo smarriti, ci sentiamo orfani, per aver perso il nostro punto di riferimento, la persona che tante volte abbiamo cercato per condividere una gioia, più spesso per trovare consolazione nella sofferenza o per alleviare un dolore. Don Furio non si è mai tirato indietro e si è sempre reso disponibile, non ci ha mai rimandati a casa a mani vuote. Per ciascuno ha saputo spezzare la Pa-rola di Dio e ha saputo donarci una parola di vita, di speranza, di salvezza.Perciò vogliamo dire grazie al Signore per avercelo fatto incontrare, gra-zie al Signore perché ci ha permesso di ascoltare i suoi consigli e le sue raccomandazioni ( come possiamo dimenticare le sue esortazioni alla preghiera o la sua venerazione per la Madonna?), grazie al Signore perché attraverso Don Furio abbiamo fatto esperienza della Misericordia di Dio.Pensando al suo ultimo periodo della malattia, abbiamo ricordato due versetti di S.Paolo sui quali tante volte ha invitato alla meditazione: “ è giunto il momento di sciogliere le vele. Ho combattuto la buona battaglia, ho terminato la mia corsa, ho conservato la fede. Ora mi resta solo la corona di giustizia che il Signore, giusto giudice, mi consegnerà in quel giorno “(2 Timoteo, 4,6-8)Così è stata la sua vita: ha combattuto sempre la buona battaglia, ha capi-to che era il momento di sciogliere le vele e ha terminato serenamente la sua corsa, ma più importante ha conservato la fede, che aveva fondato sulla roccia della Parola di Dio.Con la sua vita ci ha mostrato come era possibile essere imitatori di Cri-sto, e questo è quello che continua a chiedere a ciascuno di noi.

Massimo e Sandra Buzzigoli

a morte di don Furio Fabbri non è giunta inattesa; era ormai da diverso tempo che vedevamo venir meno

le sue forze per l’aggravarsi di una malattia che lo stava corrodendo. Da tempo non scendeva più a Pistoia, costretto come era a misurare scru-polosamente le sue residue forze che, nonostante le continue cure e i ripe-tuti ricoveri in ospedale, non accen-navano minimamente a recuperare in modo stabile e continuativo. Anche la voce si era fatta flebile e soltanto con difficoltà e una certa sofferenza riusciva a comunicare con amici e conoscenti, che si erano legati a lui nei lunghi anni del suo prezioso mini-stero. Un ministero intenso e di tutto rispetto che l’aveva visto impegnato in non pochi servizi all’interno della comunità diocesana: dal seminario all’Azione Cattolica, alle parrocchie di

Anche don Furio Fabbrici ha lasciato

L

Montemurlo, dove forse egli ha dato la parte migliore della sua vita, e poi di Vicofaro, con l’intermezzo di alcuni anni dedicati alla formazione dei sa-cerdoti come rettore del Seminario e, in ultimo, a san Baronto, dove si era

quasi rifugiato in cerca di riposo, col cuore ormai consumato e la conse-guente necessaria diminuzione degli impegni pastorali. Fin che è stato nella pienezza dei suoi mezzi, don Furio è stato un campione di resistenza e un lavoratore instancabile. Ma per tutti, prima o poi, arriva il momento della fine e di lasciare libero il campo.

Una morte, quella di don Furio, arrivata silenziosamente in queste oscure giornate di autunno, non giunta improvvisa, anzi quasi attesa, però ugualmente dolorosa per tutti coloro che l’hanno conosciuto e gli sono stati vicini nella sua vita, lunga e ricca di risultati. È la vecchia, gloriosa, guardia che ci lascia, purtroppo senza una successione adeguata, speriamo soltanto di numero. Mi piace imma-ginare che la scelta di san Baronto come sua ultima dimora terrena,

fosse il segno della volontà di do-minare dall’alto, come un silenzioso e ignorato protettore, l’intera sua chiesa, divisa in due dal colle omo-nimo, dominato dalla bella chiesa romanica e dal campanile che svetta simbolico sulle pianure circostanti. Fino da ultimo, egli è stato attento alle vicende non sempre felici della nostra diocesi, cui egli guardava con uno sguardo serenamente critico, ma sempre pronto a dare consigli pre-ziosi per la soluzione dei problemi emergenti e per una convivenza più fraterna e corresponsabile. Il tempo aveva raffinato e raddolcito il suo ca-rattere di natura sua forte e volitivo. Personalmente posso attestare che con gli anni egli era molto cambia-to, maturato evidentemente dalle fatiche, dall’età, se vogliamo anche dalle sconfitte e dalle difficoltà quasi invincibili che hanno accompagnato la nostra comune esistenza. L’ultima volta che l’ho incontrato – solo po-chi giorni fa – ha voluto salutarmi in piedi, senza però riuscirci; ci siamo abbracciati fraternamente e mi ha detto commosso e con un filo di voce: “Grazie, grazie, grazie”. Com-mosso a mia volta, non ho potuto ripetere il ringraziamento, forse più motivato del suo. Lo faccio ora da queste colonne ripetendo a lui, con tutti coloro che l’hanno conosciuto e voluto bene, il grazie sincero per l’esempio che ci ha dato e per l’ami-cizia che ci ha arricchito.

Giordano Frosini

10 n. 42 29 NOVEMBRE 2015 LaVita

Quello che fa pensare è che la crisi non è dettata dalla insufficienza delle commes-se o comunque dalla crisi di un mercato, sembra che

questa difficoltà nasca proprio perché bisogna mantenere un livello di profitto e aumentarlo, possibilmente. Quando vige questa logica, ed è la prima logica che determina le scelte, non si va poi molto lontani, perché oggi come oggi uno sviluppo economico vero e che produca benessere ha bisogno di essere portato avanti nel rispetto della giusti-zia, dei diritti, dei doveri, ovviamente di tutti, e deve essere portato avanti anche valorizzando la risorsa fondamentale

ono una sessantina i lavora-tori della Provincia di Pistoia, tra operai forestali, impiegati e addetti al turismo, che non

sanno ancora quale sarà il loro futuro lavorativo da 1° di gennaio 2016, a seguito del riordino delle Province. Que-sto nonostante la legge al riguardo sia chiara, stabilendo che alcuni lavoratori e alcune funzioni dovranno passare all’Unione dei comuni e altre al Comune capoluogo. A lanciare l’allarme sono i sindacati della funzione pubblica e la Rsu, i quali avvertono che questa confu-sione si riperquoterà anche sui cittadini, in termini di disagi sui servizi.«Si tratta di lavoratori – spiega Andrea Mucci, della segreteria Fp Cgil e co-

ordinatore della Rsu – interessati dal passaggio delle funzioni dalla Provincia ai Comuni. Noi da mesi abbiamo cercato contatti con i vari sindaci della provincia, per metterci ad un tavolo e cercare di trovare una soluzione a quest’ultima parte del riordino, che ha più falle che altro. Il problema è che ad oggi con i sindaci non c’è stato un riscontro e questi lavoratori non hanno certezze su quello che succederà dal 1° gennaio». Una soluzione proposta dal sindacato e condivisa dal presidente della Provincia Rinaldo Vanni è quella di «non frantu-mare tutti questi lavoratori sul territorio, dando sì la competenza a chi di legge, ma di ricomandare tutto, almeno tem-poraneamente, alla Provincia di Pistoia».

Questo anche per cercare di ridurre gli inevitabili disagi per i cittadini.«Il rischio – sottolinea Mucci - è che un cittadino che ha bisogno di tagliare qual-che albero nel comune di Lamporecchio e che adesso per chiedere il permesso viene in Provincia a Pistoia, dopo debba andare a San Marcello o all’Abetone, ossia in qualche comune dell’Unione montana».«I lavoratori, intanto – conclude il sin-dacalista -, non sanno, dal 1° gennaio, da chi verranno pagati, quale sarà la loro carta intestata, dove andranno fisicamente a lavorare, quale sarà la loro dognità di lavoratori. Per questo è urgen-te un incontro con i sindaci dell’Unione nmontana e del capoluogo».

PROVINCIA

Sessanta dipendenti ancora senza certezze

Non conoscono la loro destinazionane dal 2016 a seguito della riforma.Chiesto incontro urgente ai sindaci

S

comunità e territorio

COMUNE DI PISTOIA

Un milione di europer migliorare

la viabilitàCantieri al via nel 2016 su 30 strade

l Comune di Pistoia annuncia un milione di euro di interventi sulle strade comunali. Nel 2016 è prevista la bitumatura di altre 30 vie cittadine. Prosegue così il programma di riasfaltatura e di manutenzione delle ar-terie stradali comunali, avviato dall’amministrazione nel 2013 e tuttora in corso, che ha già visto interventi per 250.000 nel 2013, 500.000 euro

nel 2014 e altri 500.000 nel 2015 (ancora da completare). «L’amministrazione comunale – spiega il sindaco Samuele Bertinelli - sta svilup-pando ormai da molti mesi un intenso lavoro per l’attivazione di interventi, anche straordinari, di manutenzione della città, resi possibili grazie ad un lavoro serio e rigoroso sul bilancio comunale, volto, da un lato, a ridurre la spesa interna e a diminuire l’indebitamento consolidato dell’Ente, spegnendo anticipatamente i mutui e non contraendone di nuovi, e, dall’altro, a dare respiro agli investimenti. Dopo i molti interventi già realizzati, la città vedrà l’avvio di nuovi, numerosissimi ed importanti cantieri per la qualificazione degli spazi pubblici, sia in città che nell’ampio territorio diffuso, con l’estensione di un verde fruibile di qualità, di percorsi ciclabili e pedonali, di sottoservizi, e per la manutenzione della viabilità e del patrimonio immobiliare pubblico, a partire dalle scuole, le biblioteche, gli impianti sportivi, i cimiteri». Le 30 strade inserite nel progetto sono via Vecchia di Sant’Agostino (per un’area complessiva di 6650 metri quadrati), via San Felice e Piteccio (4480 mq), via Magni (1250 mq), via Goldoni (750 mq), viale Matteotti (3400 mq), via dell’Edera (2380 mq), il primo tratto di via di Pracchia e Orsigna (6275 mq), via della Repubblica (610 mq), viale Antonelli (5510 mq), via Rodari (65 mq), via Croce e Acqualunga (1500 mq), via della Chiesina (1260 mq), via di Badia (2000 mq), via del Girone (2340 mq), via del Bastione (1780 mq), via Pavese (2000 mq), via Pagliucola (1950 mq), corso Amendola (1350 mq), corso Gramsci e viale dei Pappagalli (1900 mq), via Vivaldi (570 mq), via di Canapale (1050 mq), via Bonellina (1170 mq), via Val di Sammommè (340 mq), via del Poggiale (800 mq), via Villa di Piteccio (1700 mq), via Case Colonna e via Case Fagnoni (3050 mq), via San Pierino Casa al Vescovo (1650 mq), via del Ponte a Iovi (2750 mq).

I

«

LAVORO

Gibus: il vescovoincontra i dipendenti

PARIGI

«Micco» di Pistoiain place

de la Republique

Tante le manifestazioni di solidarietà e vicinanza organizzate anche nella nostra città dopo gli ultimi

attentatia una settimana, in Place de la Republique, a Parigi, luogo divenuto simbolo della reazione civile della Francia e della comunità interna-zionale ai terribili attentati dello scorso 13 novembre, si trova il Micco di Pistoia, simbolo della nostra città, che riporta sul dorso la scritta

«Pistoia è contro la violenza». La statuetta, che raffigura un orso, emblema della città toscana, realizzata e donata al Comune di Pistoia dall’artista Nevio di Marco, è stata portata a Parigi da Filippo Breschi, cittadino pistoiese e noto calciatore che ha vestito, tra le altre, la maglia arancione della squadra cittadina. È stato lo stesso Breschi - si legge in una nota del Comune -, nei giorni scorsi, a contattare direttamente il sindaco di Pi-stoia Samuele Bertinelli per informarlo del suo imminente viaggio a Parigi e per rendersi disponibile a portare nei luoghi degli attentati un messaggio di pace e di fratellanza da parte dell’intera città di Pistoia. E tra le tante manifestazioni di solidarietà e di vicinanza nei confronti della Francia, che hanno avuto luogo in questi giorni anche a Pistoia, segnaliamo la manifesta-zione promossa sabato scorso dalla consulta studentesca, che si è aperta sulle note della «Marsigliese». Decine e decine di ragazzi, qualche professore, e con loro anche l’assessore alla cultura del Comune di Pistoia, Elena Becheri, muniti di striscioni con messaggi di solidarietà rivolti alle vittime degli attentati («Nous sommes avec vous» e «Il terrorismo non ha religione»), si sono dati appunta-mento, nonostante la pioggia battente, in piazza San Francesco, per manifestare solidarietà e vicinanza alla Francia intera e alla città di Parigi dopo gli attentati che hanno insanguinato la capitale francese.

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L’azienda ha annunciato di voler chiudere lo sta-bilimento di Casalguidi dove lavorano oltre 30 persone e di trasferire tutta la produzione a

Padova di Patrizio Ceccarelli

dello sviluppo economico, che è la persona umana».

Così il vescovo di Pistoia, Fausto Tardelli, al termine dell’incontro con una delegazione dei dipendenti della Gibus di Casalguidi, l’azienda che pro-duce tende da sole e che ad ottobre ha annunciato di voler chiudere, dal 31 dicembre, lo stabilimento pistoiese, nel quale lavorano oltre 30 dipendenti, per accentrare tutta la produzione a Padova dove c’è la sede principale dell’azienda: scelta che secondo i sin-dacati non è dettata da una situazione di crisi, ma solo dal voler conseguire un maggior profitto. Monsignor Tardelli ha assicurato il suo impegno per la soluzione della vicenda, annunciando ai lavoratori che scriverà ai responsabili dell’azienda veneta.

Intanto due lavoratori hanno ac-cettato il trasferimento a Padova, come proposto dall’azienda al momento dell’annuncio della chiusura dello sta-bilimento di Casalguidi.

«La situazione rimane complicata, c’è una trattativa in corso difficile – spiega Marco Ballati (Fillea-Cgil) -, ai

responsabili dell’azienda chiediamo di fare uno sforzo di attenzione verso la situazione che hanno generato. I due di-pendenti che sono andati a Padova non costituiscono una resa dei lavorotari, in quanto i due avevano già manifestato la loro volontà di andare a Padova prima dell’inizio della vertenza». «L’incontro con il vescovo – ha aggiunto Ballati – è stato un momento molto importante, perché ha dimostrato sicuramente quanto una vicenda di questo tipo debba andare oltre una gestione squi-sitamente economica. Forse dovremmo veramente, e colgo con piacere le parole del vescovo, iniziare a cambiare visione, a cambiare approccio, tutti quanti, le aziende in primis, le quali dovrebbero cominciare a pensare che il valore è generato da tanti elementi, non solo dai conti che l’azienda stessa genera». «La trattativa – ha aggiunto Daniele Vaccaro (Filca-Cisl) è in fase di stallo, stiamo contrattando un pacchetto di cose, tra cui ammortizzatori sociali e trasferimenti, ci auguriamo che l’in-tervento del vescovo in qualche modo possa dare una scossa».

1129 NOVEMBRE 2015 n. 42VitaLa comunità e territorio

n questo week end prende il via la quinta edizione de “La Magia della Musica” organizzata cdal Comune di Quarrata presso il salone affre-

scato della Villa Medicea La Magia.La prima manifestazione sarà il con-

certo di inaugurazione che vedrà in scena Kuzminac & Lelli in “Acustica”, ossia un progetto musica di Goran Kuzminac che dopo una lunga serie di album e concerti senza una precisa scaletta e senza una traccia predefinita si ispirerà al pubblico e alla sensibilità del luogo e che si farà accompagnare nel concerto dal flauto di Giacomo Lelli.

La manifestazione proseguirà do-menica 13 dicembre con il “Duo voce-violoncello” composto da Enrico Guerzoni e Luisa Cottifogli.

Domenica 24 gennaio ci sarà l’atteso ritorno d’autore “Mimmo Locasciulli Trio” con “Pop Art Tour”; il cantante si presenta in versione live ma anche e soprattutto nella sua veste di cantautore con i suoi

successi più conosciuti e il nuovo repertorio accompagnato sempre da eccellenti musi-cisti e, come al solito, con uno spettacolo che si sviluppa all’insegna del gusto, della musica di qualità e della passione. Insieme a lui, con l’occasione ci saranno Matteo Locasciulli al contrabbasso e Fabrizio Mandolini al sax.

Domenica 21 febbraio sarà la volta di “Two Timeless Piano” cioè “Due pianoforti senza tempo” di Daniele Biagini e Antoni-no Siringo due pianisti senza etichette ad una musica senza confini ad un gusto che, senza soluzione di continuità, ci accompa-gna da Bach al Jazz ed all’improvvisazione per approdare al Milhaud.

Il 13 marzo “Talismano, concerto di arpa celtica e arpa baldica” vede protago-nista Vincenzo Zitello, concertista a livello mondiale e assoluta autorità artistica nel campo dell’arpa celtica. Si tratta in pratica di un concerto che si svolge attraverso un percorso poetico e di matura sintesi espressiva. Si sviluppa in un crescendo

fatto di lirismi, evocazioni, allusioni, ritmi, variazioni e virtuosismi che invariabilmen-te rapiscono ed incantano ogni ascoltatore.

La stagione si chiuderà il 10 aprile con “Andrea Di Cesare e Amelie Projet “ con il primo impegnato al violini elettrico e Valentina Ambrosiano al pianoforte, in una collaborazione creativa e divertente che esegue musiche da film, di grandi compositori, in una versione mai ascoltata prima; in pratica una sorta di performance coinvolgente ed unica in cui il suono ele-gante del pianoforte e quello di un violino elettrico, colorato di effetti e tecnologia si fondono sorprendentemente con la sperimentazione.

“Con l’inizio della stagione dei concer-ti a Villa La Magia -ha detto il sindaco- si ripresenta una nuova opportunità per la nostra città per vivere gli spazi del com-plesso monumentale patrimonio Unesco, che per l’occasione apre le porte alla musica di grandi artisti.”

Edoardo Baroncelli

QUARRATA

Al via “La magia della musica”

I

AL PIANETA MèLOS

Prima del film “Dolce Famiglia”

erata di cinema e spet-tacolo, con sala piena di spettatori e foto di Massimo Vernacchio

dell’associazione Le Look e Da-niele Corallini, al Pianeta Mèlos di Pistoia il 17 novembre per la prima in città del film cor-tometraggio “Dolce Famiglia”, con la regia del giovane pratese Niccolò Vanni 27 anni e la sceneggiatura del giornalista pistoiese Leonardo Soldati, entrambi anche produttori esecutivi dell’opera. La pellicola è stata prodotta dalla Scuola di Cinema “Anna Magnani” di Prato in collaborazione con Sedicinoni Film Production e Tv Regione. L’evento, organizzato da Soldati e Sedicinoni Film, è stato presentato da Maria Elena Ulivi, conduttrice, Selene Moscardi, Greta Ceccarini e Vanessa Petrucci. Ospiti la famiglia Diddi proprietaria di Villa di Groppoli a Pistoia dove il film è stato girato dal 1 al 4 agosto scorso, rappresentata da Fiorenzo Diddi e Giulia Mazzanti, fornitori di oggetti ed indumenti di scena ovvero la VA Misericordia di Pistoia rappresentata da Roberto Fratoni e Daniele Tosi, don Leonardo Giacomelli parroco chiesa San Pietro e Paolo Candeglia che ha gentilmente prestato una veste ecclesiastica, ringraziati i fratelli Elisa e Claudio Monaco dell’omonima sartoria teatrale di Agliana e la Fondazione Maic per la disponibilità ricevuta per l’attrezzatura tecnica. Visto che il cinema è una forma di bellezza, ospite inoltre l’agenzia Mg Moda rappresentata dalla titolare Maria Grazia Giardi e dalla presentatrice Serena Falbo con il giovanissimo attore grossetano Filippo Tassi, 9 anni, seguito dall’agenzia e vincitore della Maschera d’argento per la recitazione al teatro Margherita di Roma. Simpatico scambio di battute in scena tra Tassi ed Andrea Balestri che da piccolo impersonò il bambino di Pinocchio nello sceneggiato Rai di Luigi Comencini, oggi attore di teatro, quindi proiezione del brillante showreel di Tassi realizzato da Mucci Production. Una partecipazione straordinaria nel comparto trucco di “Dolce Famiglia”, con la presenza al Mèlos di Francesco Freda truccatore di cinema da oltre 68 anni. Insieme a Freda sul palco la truccatrice e parrucchiera Letizia Mangiapane. Dopodiché in scena parte del cast tecnico del film, il fonico ed attore Alessio Biagioni, Lorenzo Petrognani autore fiorentino delle musiche, Corallini fotografo backstage ed autore locandina, Paola Bruno assistente di set, Martina Crispino e Lucrezia Calugi in rappresentanza dell’editore di Tv Regione Claudio Migliorini, gran parte degli attori con la partecipazione straordinaria di Sergio Forconi artista di cinema e teatro, Massimo “Loppa” Bianchi più volte su set di Roberto Benigni e non solo oltre che personaggio televisivo, Moreno Fabbri attore teatrale di lungo corso, con foto di rito per immortalare la bella serata. Nel cast artistico inoltre: Annalisa Papa, Valentino Sacchetti, Vincenzo Puzziferri, Roberta Gabbani, Marco Labate, Giulia Ambusta, Daniela Evangelisti, Susanna Mollica, Raffaele Totaro, Diego Ciofi, Lorenzo “Bracco” Lurci, Alessio Arcaleni, Federico Castellani, Stefano Cavalli, Carlotta Gherardi, Giuliano Giovannelli, Ilaria Lomi, Anna Nigro, Massimo Pagnini, Beatrice Papi, Paolo Poli, Giuseppe Simoni, Barbara Van As. La serata è stata aperta dal presidente Fedic Roberto Merlino, presenti in sala anche persone impegnate a vario titolo nel cinema e nello spettacolo come Roberta Mucci di Mucci Production, il regista Dado Martino, Federico Ciampi di Scuterzola Film, Andrea Selloni di Esse Immagine, Marco Berti direttore della fotografia ed operatore di riprese, il cantante e musicista Luca Balleri. Dopo il film, proiezione di un filmato con musica delle foto backstage e del cortometraggio “La stanza oscura” realizzato da Sedicinoni Film con, tra gli altri, sempre Sergio Forconi.

S

i svolgeranno lunedì 30 no-vembre alla parrocchia di San Niccolò e giovedì 3 dicembre al Teatro Moderno sempre alle

21, gli ultimi incontri di presentazione alla cittadinanza dell’aggiornamento del Piano di protezione civile. “Abbiamo deciso di organizzali -afferma l’assessore alla Protezione civile Italo Fontana- per spiegare l’aggiornamento al Piano della protezione civile perché li consideriamo momenti importanti di scambio e di ap-profondimento. Crediamo che ascoltare le informazioni dei residenti sia molto utile per rendere il piano il più adeguato possi-bile al territorio in cui viviamo.” Il Comune periodo si è impegnato per aggiornare il proprio piano sulla scorta dell’esperienza di questi anni. Il nuovo Piano tiene conto dell’assetto del territorio, delle indicazioni

regionali, delle tecnologie a disposizione per meglio allertare e salvaguardare il nostro territorio. Nell’aggiornamento è stato prioritario l’obiettivo di mitigare il più possibile il rischio idraulico che si è dimostrato essere il più rilevante in questo territorio. In questo senso, sono state adottate altre misure di prevenzione come la sensibilizzazione alla pulitura dei fossi perché il reticolo idraulico minore sia sempre alla sua massima efficienza. Gli incontri, oltre ad essere un momento di condivisione del lavoro fatto dagli uffici co-munali, sono importanti per sensibilizzare la cittadinanza ad una partecipazione attiva alla Protezione Civile e a diffondere la cultura della prevenzione del rischio. Il nuovo Piano, per poter funzionare in modo efficiente, prevede infatti la sensibilizzazione della popolazione sui

temi di Protezione civile. Sulla scorta dell’esperienza passata, specialmente dopo l’emergenza vento del 5 marzo, quando un gruppo di cittadini si attivò per aiutare nel ripristino della normalità, è necessario stimolare le persone inte-ressate a avviare un percorso formativo di “cittadinanza attiva” che potrebbe avere un ruolo rilevante per la difesa delle strutture ed edifici esistenti e l’aiuto alla popolazione in difficoltà. “Per difendere il nostro territorio dal rischio idraulico -aggiunge il sindaco di Agliana- stiamo compiendo uno sforzo rilevante, consi-derata la nostra struttura. Le persone devono essere coscienti che la protezione civile parte dai corretti comportamenti in caso di emergenza. Una popolazione informata è senza dubbio più sicura”.

M. B.

S

resentato il progetto”A scuo-la di teatro” giunto ormai alla sua diciottesima edizione. Promosso dall’Associazione

Teatrale Pistoiese e dal Centro di pro-duzione teatrale, anche quest’anno si propone di creare un filo diretto con le realtà scolastiche presenti sul territorio includendo in questo scambio non solo la comunità studentesca ma anche il corpo docente delle varie scuole. Quest’anno la tematica trattata sarà quella del disagio dell’uomo contemporaneo, tema molto sentito dalle persone soprattutto a causa dei cupi avvenimenti di questi giorni. Una maggiore visione di insieme ci viene fornita da Rodolfo Sacchettini, presidente dell’Atp. Egli ci tiene a ricordare che “l’edizione di quest’anno è anche la prima senza il con-tributo della Provincia che ha sostenuto il progetto fin dalla sua nascita. In questo caso possiamo tranquillamente dire che la maggiore età costa cara in quanto por-tare avanti il progetto nella sua interezza senza tali risorse poteva diventare un vero problema, ma non potevamo certo rinunciare alla relazione fondamentale creatasi con i ragazzi delle scuole.Abbia-mo quindi deciso di rilanciare il progetto

Scuola e teatro insieme per i ragazzi

P

AGLIANA

Piano di protezione civilePRESIDENZA E DIREZIONE GENERALE

Largo Treviso, 3 - Pistoia - Tel. 0573.3633 - [email protected] - [email protected]

SEDE PISTOIA Corso S. Fedi, 25 - Tel 0573 974011 - [email protected]

FILIALI CHIAZZANO

Via Pratese, 471 (PT) - Tel 0573 93591 - [email protected] PISTOIA

Via F. D. Guerrazzi, 9 - Tel 0573 3633 - [email protected]

MONTALE Piazza Giovanni XXIII, 1 - (PT) - Tel 0573 557313 - [email protected]

MONTEMURLO Via Montales, 511 (PO) - Tel 0574 680830 - [email protected]

SPAZZAVENTO Via Provinciale Lucchese, 404 (PT) - Tel 0573 570053 - [email protected]

LA COLONNA Via Amendola, 21 - Pieve a Nievole (PT) - Tel 0572 954610 - [email protected]

PRATO Via Mozza sul Gorone 1/3 - Tel 0574 461798 - [email protected]

S. AGOSTINO Via G. Galvani 9/C-D- (PT) - Tel. 0573 935295 - [email protected]

CAMPI BISENZIO Via Petrarca, 48 - Tel. 055 890196 - [email protected]

BOTTEGONEVia Magellano, 9 (PT) - Tel. 0573 947126 - [email protected]

con più forza anche grazie al contributo del nuovo sponsor, Unicoop Firenze”. Il progetto in questa edizione amplia la propria offerta: una novità importante è rappresentata, ad esempio, dalla presenza nel programma di un corso qualificato per soli docenti finalizzato alla trasmissione di metodologie utili alla lettura dello specifico teatrale. Nel corso dell’anno scolastico dunque le varie scolaresche si troveran-no a fruire della visione di tre spettacoli teatrali inerenti al tema scelto e un nu-

mero di laboratori in crescita rispetto alle esperienze passate. Proprio Sacchettini sottolinea come “lo scambio ed il confron-to che questo progetto richiedono con le scuole è estremamente funzionale. Tanto la scuola quanto il teatro infatti possono svolgere una funzione educativa nei confronti dei ragazzi. In tempi bui come quelli a noi contemporanei è giusto che le due ‘istituzioni’ collaborino per ottenere il meglio dalla generazione del futuro’. Lorenzo Vannucci

12 n. 42 29 NOVEMBRE 2015 LaVitacomunità e territorio

Calcio - Basket

Tempi Supplementaridi Enzo Cabella

a GTG (Pistoia Basket) è stata duramente sconfitta a Cremona. E due ex biancorossi _ il coach Pancotto e Washington _ sono

stati i principali ‘demolitori’ della squadra di Esposito. Pistoia ha perso di ben 16 punti, incappando in una serata da incubo, in cui non è praticamente mai entrata in partita, dominata da Cremona che con questo successo è salita al terzo posto della classifica. Mancanza di aggressività e di lucidità, scarso (se non punto) spirito reattivo e tantissimi errori nel tiro sono stati i difetti più appariscenti della pre-stazione dei pistoiesi. Solo due giocatori sono andati in doppia cifra, gli altri hanno segnato percentuali modeste, certo da non primi della classe. Un particolare si-gnificativo è quello dei tiri liberi: solo 5 su 14, nemmeno i giocatori di una squadra di serie C potrebbe far peggio. La leadership della classifica è ancora nelle mani della squadra pistoiese, anche se la divide con l’Armani Milano. Diciamo che una giornata di scarsa vena _ vuoi per la fatica, vuoi per la giovane età _ può capitare, non è che la squadra pistoiese, nonostante l’eccellente e inimmaginabile primato, sia diventata imbattibile. Ora si tratta di vedere se ci sarà una pronta reazione alla batosta di Cremona, quando domenica arriverà al

PalaCarrara Reggio Emilia, un avversario difficile, sanguigno e ambizioso.

La Pistoiese ha perso ancora, e per la seconda volta di fila in casa. È da sei turni che la squadra arancione non vince e la cosa preoccupa non poco, anche perché è precipitata in zona playout. Per la prima volta è uscita dal campo tra i fischi del (poco) pubblico. I tifosi, lo hanno ricono-sciuto gli stessi giocatori, hanno ragione, in quanto è dal dicembre dello scorso anno che soffrono vedendo la propria squadra costantemente in lotta per la salvezza. Lo scorso anno l’ha conquistata solo all’ultima giornata di campionato, quest’anno tutti (soprattutto gli addetti ai lavori) hanno pensato che il gruppo allestito dal ds Ricci fosse più fprte di quello del campionato scorso, ma così non è come la posizione in classifica dimostra chiaramente. Dice: la squadra gioca bene, crea due o tre grosse occasioni da rete (purtroppo non sfrutta-te), poi nei minuti di finali prende un gol e perde la partita. E allora bisogna cambiare condotta e mentalità, essere più concreti e cinici nei momenti chiave della gara e so-prattutto in attacco. Nel prossimo futuro della Pistoiese ci sono due derby, contro la Carrarese e l’Arezzo: due impegni che richiedono prestazioni di alto livello.

l nuoto pistoiese non tradisce: è una garanzia. Ecco un’altra fantastica notizia: Niccolò Bonacchi (nella foto), che da settembre aveva ripreso ad allenarsi a Pistoia agli ordini di Massimiliano Lombardi dopo l’esperienza scaligera, è stato convocato ai prossimi

Campionati Europei in vasca corta, che si svolgeranno a Netanya in Israele da mercoledì 2 a domenica 6 dicembre. Lo potremo definire il ruggito del leone, del 5 volte campione tricolore assoluto dei 50m dorso. Tra i 36 nuotatori chiamati dal direttore tecnico della Nazionale italiana, Cesare Butini, c’è anche il nostro talento, classe ’94, tesserato della Nuota-tori Pistoiesi e del Centro Sportivo Esercito. Sebbene il sito di Federnuoto riporti che “i nuotatori Giuseppe Guttuso, Niccolò Bonacchi e Aglaia Pezzato sono stati inseriti in formazione perché funzionali alle staffette”, “Nicco” dovrebbe scendere in acqua anche nei 50m e 100m dorso individuali e pro-babilmente nei 200m dorso. Sarà un’occasione da cogliere al volo, soprattutto in prospettiva Olimpiadi di Rio de Janeiro 2016: fare bene in Israele significherebbe riproporsi alla grande per i Giochi a 5 cerchi. I 18esimi Campionati Europei di vasca corta rappresenteranno un’edizione storica, perché per la prima volta Israele ospiterà una manifestazione internazionale di nuoto di livello assoluto (e alla luce dei recenti attentati parigini, è scattata la massima allerta: è stata garantita totale sicurezza). Si gareggerà al “National Olympic Swimming Pool”, uno splendido impianto con tribune da 2500 posti (pensate alla nostra Boario, ove Bonacchi si allena… ): una struttura inaugurata giusto un paio di anni fa nel centro di preparazione olimpica ed educazione fisica del Paese. Quarantasette i Paesi in gara, con i migliori nuotatori continentali sui blocchi, tra cui gli azzurri Federica Pellegrini e Gregorio Paltrinieri. Conten-tezza è stata espressa all’unisono dal presidente e dal tecnico della Nuotatori Pistoiesi, Giancarlo Lotti e Massimiliano Lombardi. “Si tratta di una bellissima notizia, che riempie di soddisfazione e felicità la famiglia della ‘Pistoiesi’. Siamo certi che Bonacchi farà di tutto per tenere alto il nome di Pistoia e della sua provincia in campo internazionale: per questo gli facciamo un forte in bocca al lupo”.

Gianluca Barni

NUOTO

Il ruggito di Bonacchisarà agli europei

I L

spor t pistoiese

el quadro della XXXIII Giornata In-ternazionale della pace, della cultura e della solidarietà che si svolgerà a Pistoia domenica 29 novembre con il tema “Po-

poli solidali, ponti di pace nel mondo col coraggio della legalità, accoglienza e riconciliazione”, avrà luogo anche il Premio internazionale di narrativa e poesia “Giorgio La Pira”, uno degli avvenimenti letterari di spicco per la città di Pistoia. Il Premio si ispira a Giorgio La Pira, figura intramontabile della nostra storia e simbolo del Premio stesso, che in uno dei suoi tanti messaggi espresse il pensiero di “far convergere le città per far convergere le Nazioni”. Le sue parole semplici ed universali, la sua testimonianza e la sua lezione, sono il suggello di questo Concorso ed anche il grande soffio di speranza che oggi lievita le coscienze degli uomini.

Abbiamo rivolto alcune domande al Presidente del Centro studi “G. Donati” Giancarlo Niccolai per presentarci questa importante e iniziativa. Oltre quattrocento sono stati i lavori letterari presentati per il vostro premio. Con quale criterio sono stati individuati i vincitori di questa XXXIII edizione? Quali novità emergono in questo vasto panorama letterario?Il Premio internazionale “Giorgio La Pira” che il Centro G. Donati organizza da trentatré anni lo ha intitolato al sindaco santo di Firenze, un uomo alla continua ricerca del dialogo e costantemente impegnato in favore della pace, della solidarietà e della giustizia. Oltre 400 i lavori presentati e le commissioni giudicatrici sono state impegnate nell’individuare i vincitori. La parola scritta è stata anche in questa occasione uno strumento di cre-scita nonché uno straordinario veicolo di dialogo.“Il Mondo di oggi ha bisogno sempre più di persone che sappiano convertire in investimenti di pace gli investimenti di guerra, trasformare in aratri le bombe, in astronavi di pace i missili di guerra”.

Questo messaggio di Giorgio la Pira risuona forte nella sua tragica attualità in questo tempo che ha sete di pace e giustizia. Qual è il contributo che il Centro Donati ha dato alla nostra città e alla nostra chiesa in questi anni per promuovere la pace tra i popoli?Il sindaco santo, Giorgio La Pira, è ancora oggi un faro nella ricerca della pace. Lo stesso cardinale di Firenze, al termine della messa celebrata da Papa Francesco in occasione dell’ultimo convegno della chiesa italiana, ha ricordato la sua figura. Sia con il premio per la pace, sia con altre iniziative sul ter-ritorio pistoiese che hanno visto il coinvolgimento di figure di rilievo nazionale e internazionale per la promozione di un mondo più giusto, il Centro Donati dalla sua costituzione ha coinvolto tanti giovani in un cammino di pace e di riconciliazione fra i popoli. Il centro, in occasione della celebra-zione delle Giornate della pace, della cultura e della solidarietà, ha ricordato tante figure tra le più significative del cattolicesimo democratico italiano e certamente del giornalismo cattolico.Possiamo rintracciare una continuità tra i tanti premiati?La scelta dei premiati è da ricollegarsi idealmente alle precedenti “giornate”. Personalità nazionali ed internazionali impegnate nel promuovere la pace, la solidarietà e la giustizia.Può presentarci brevemente le personalità pre-miate in questa edizione? Tra di loro figurano nomi molto noti, come Romano Prodi e la Comunità di Taizè.Anche quest’anno i premiati sono personalità ed esperienze che sono un segno visibile di come la pace sia possibile e richieda persone impe-gnate costantemente in percorsi di solidarietà, legalità, giustizia e pace. Fra i premiati figurano Romano Prodi, che nel suo impegno politico ha costantemente operato come artigiano della pace (pensiamo anche solo alla questione albanese di

fine anni ’90, la crisi algerina sempre di quegli anni, è da presidente della commissione europea la gestione misurata e saggia delle guerre in Kosovo, Afghanistan e Iraq); il Corpo della guardia di finanza per il suo impegno nelle missioni di pace e la sua costante attività a tutela della legalità; la Casa della carità “Angelo Abriani” per il suo impegno per i poveri, riconosciuto anche dal cardinale di Milano C.M.Martini; la Comunità monastica ecumenica di Taizé, parabola di comunione, per la sua testi-monianza di una riconciliazione fra cristiani delle diverse confessioni; la Rondine cittadella della pace come promotrice di percorsi per la risoluzione dei conflitti internazionali anche attraverso la formazione alla pace di tanti giovani.Questa edizione prevede anche una menzione speciale per alcune note iniziative della nostra diocesi. Può motivarci questa scelta?Il comitato del Centro Donati ha deciso, come del resto anche negli anni precedenti, di sottolineare come nella nostra città operino persone e siano presenti iniziative che aiutano a rendere Pistoia luogo di incontro e di servizio per la pace e la giustizia a favore dei più fragili, i giovani. Per que-sto la decisione di fare una particolare menzione di un’opera diocesana, il Centro giovani che a partire dalla sua costituzione grazie alla intuizio-ne profetica del vescovo Scatizzi e fino a oggi ha operato servendo le marginalità e quelle periferie verso le quali il Papa continuamente richiama la nostra attenzione. Poi il Doposcuola della parroc-chia di Montale, che compie quest’anno il primo lustro dalla sua costituzione, che coinvolgendo la comunità cristiana a un servizio attivo e gratuito al servizio dei piccoli e dei ragazzi è stato capace di rafforzare relazioni di amicizia e solidarietà. Esperienze che la chiesa e la nostra comunità deve sostenere e promuovere anche nell’impegno che nuove ne possano nascere.

Daniela Raspollini

N

DOMENICA 29 NOVEMBRE IN CATTEDRALE

XXXIII Giornata per la pace,la cultura e la solidarietà

PRATACCIO

Un incontro conviviale

L’amministrazione comunale di Piteglio incontra i cittadini di Prataccio il 26 novembre alle 21 presso il ristorante Dina. È un incontro tra cittadini e amministrazione. Sarà l’occasione per il personale del comune di Piteglio, per rivolgere ai partecipanti gli auguri di buone feste. Immerso negli Appennini Tosco-Emiliani, al centro della mon-tagna pistoiese in una riposante oasi di verde dove il tempo pare si fermi sorge il grazioso paese di Prataccio. Il nome pare derivi da distese di campi in terreni scoscesi. Una strada importante, diverse centinaia di persone vivono di tradizioni che si perdono lontane nel tempo. Protagonista principale è comunque la natura rigogliosa ed incon-taminata che fa da cornice a panorami tra i piu suggestivi. Qui nel corso degli anni è facile pescare nel rio buio una trota fario, raccogliere mirtilli, fragole e lamponi. Non mancano funghi e lucide castagne. Nel paese si notano ancora tracce di mulini ad acqua e ghiacciaie per la produzione del ghiaccio naturale. Mentre è ancora probabile imbattersi in tracce di pecore che entrano nell’ovile dopo il pascolo. Sorge a 800m lungo ex strada statale 633 che da Prunetta scende verso la valle della Lima. Prataccio dette i Natali a Padre Paolo-Andreotti vescovo missionario in Pa-kistan.

Giorgio Ducceschi

1329 NOVEMBRE 2015 n. 42VitaLa dall’ItaliaGENERAZIONI CONTRO

Grazie alle pensionigli anziani consumano,

i “millennials” arrancanocoi lavori saltuari

a bella notizia è che i consumi degli anziani over 65 negli anni della crisi dal 2009 al 2014 sono aumentati del

4,7% in termini reali. La brutta notizia, questa volta per i giovani, è che nello stesso periodo il potere d’acquisto dei 18-34enni single è calato bruscamente del -12,4%, e al momento non sembra riprendersi. Facile comprendere il motivo di questo andamento divaricante: gli over-65 anni sono pressoché tutti già in pensione, molti di loro anche da dieci e più anni, e godono di entrate sicure. Mentre i giovani 18-34enni, chiamati oggi “millennials” perché sono la prima generazione adulta che si cimenta col nuovo millennio, si ritrovano single quasi per forza perché senza un lavoro stabile, e devono vedersela con una crisi molto lunga e profonda, da cui sembra che a fatica l’Occidente inizi solo ora a uscire. Ovviamente, guerra all’Isis per-mettendo. Il Censis ha condotto, insieme a Future Concept Lab, uno studio sui consumi degli anziani da cui emerge una potenza di fuoco economica consi-

derevole: soltanto per la sanità, la “terza età” che in Italia è oggi formata da 13,2 milioni di persone, è in grado di mettere sul tavolo ogni anno 13 miliardi di euro. Significa mille euro a testa ogni 12 mesi per visite e cure private, per medicine e trattamenti d’avanguardia.

I nonnI “busIness anGels”

Otto anziani su 10 dichiarano che il proprio reddito, specie quelli che vivono soli o in coppia, è sufficiente per coprire le spese e il 18% di loro addi-rittura hanno aumentato le loro spese generali. Sono del resto ottimisti per il futuro prossimo: ben l’89% pensa che nei prossimi 12 mesi i propri redditi, risparmi e consumi siano destinati ad aumentare (9%) o comunque rimanere stabili (80%). Eccoli quindi intenzionati a fare acquisti i più diversi: elettrodo-mestici, computer, smartphone, tablet, mobili per la casa. Un milione di loro intende ristrutturare la propria abita-zione e 500mila vogliono comprare un appartamento. Molti nonni pensionati

L

Nel suo studio con Future Concept Lab, il Censis dice che i consumi in Italia sono “trainati” dagli anziani over-65. Oltre ad aiutare figli e nipoti, gli anzianispendono e si aggiornano, mentre nel frattempo i

“millennials” fanno fatica a sbarcare il lunariodi Luigi Crimella

bambInI InFelIcIe FelIcIOgni anno il 20 novembre si celebra la Giornata internazionale dei diritti dell’infanzia e dell’adolescenza. Per l’occasione l’organizzazione Save the children ha diffuso il 6° Atlante dell’infanzia (a rischio) in Italia, “Bam-bini senza. Origini e coordinate delle povertà minorili”. I dati che emergono sono allarmanti: “1 bambino su 20 non può permettersi due paia di scarpe l’anno e un pasto proteico al giorno; 1 su 6 attività extra-scolastiche; quasi 1 su 3 almeno una settimana di vacanza lontano da casa; tempo pieno a scuola per 3 alunni su 10; migliaia di minori vittime dell’illegalità e decine di migliaia i giovani in fuga dal Sud al Nord. Non solo: l’Atlante stima in circa 400mila i minori vittime di violenza assistita dentro le pareti domestiche. Se i dati fotografano realmente la realtà italiana, dobbiamo dedurre che il nostro non è un Paese per bambini e adolescenti. Nell’analisi ci aiutano don Fortunato Di Noto e Liviana Marelli.

alcunI dubbIResta perplesso di fronte a questi dati don Fortunato Di Noto, fondatore e presidente di Meter onlus: “Sarebbe interessante capire da dove sono tratti. Sono numeri incontrollabili. Questo è un fenomeno che vive di sommerso:

INfANZIA E ADOLESCENZA

Se la loro povertà cresce, l’Italia è ancora un Paese

per bambini?In occasione della Giornata internazionale dell’infanzia e dell’adolescenza Save the

children ha diffuso il VI Atlante dell’infanzia (a rischio) in Italiadi Gigliola Alfaro

la conseguenza è che non possiamo avere un quadro chiaro”. Ugualmente, il sacerdote si chiede “come si possa dire che un bambino su venti non ha a disposizione due paia di scarpe”. Questione diversa, per don Di Noto, “sono i dati forniti dalle Caritas che vengono dagli osservatori sulle povertà, che, grazie alla presenza capillare delle parrocchie e delle associazioni presenti in diocesi, offrono quadri mol-to più chiari”. Ciò, aggiunge, “non vuol dire che l’infanzia non sia dimenticata o maltrattata, ma esiste anche un grande impegno, anche se certamente si può fare di più e meglio”.Infatti, “la questione dell’infanzia oggi, proprio perché ricorre la Giornata mondiale, deve essere affrontata con passione, ma anche con intelligenza e concretezza”, per portare a casa

risultati reali a favore dei più piccoli.Allora, suggerisce il presidente di Meter, “occorre sempre stare dalla parte dei bambini, ma anche fare un lavoro più organico. Io mi appello pure al governo. È stato creato per legge un osservato-rio sulle violenze sessuali, pedofilia e pedopornografia, ma esiste anche uno nazionale sull’infanzia e l’adolescenza: perché non pensare di far fruire i dati? Altrimenti, non riusciamo a incidere concretamente nella realtà di questi bimbi che hanno bisogno”.

povertà In aumentoDi parere diverso Liviana Marelli, che è responsabile per l’infanzia e l’ado-lescenza del Cnca (Coordinamento nazionale comunità di accoglienza). Pur non avendo ancora letto il report con le fonti da cui sono tratti i numeri,

osserva: “I dati emersi dall’Atlante sono preoccupanti, ma è già da parecchio tempo che le organizzazioni che si oc-cupano di bambini segnalano un impo-verimento progressivo delle famiglie e, di conseguenza, dei minorenni italiani.Il tasso di povertà dei bambini e degli adolescenti italiani, non solo nelle regioni del Sud, è in aumento.Lo diciamo anche nel Piano nazionale dell’infanzia, che contiene delle misure di contrasto alla povertà minorile. Tale Piano è stato approvato dall’Osserva-torio sulle politiche per l’infanzia e l’adolescenza lo scorso 28 luglio, ma è tuttora fermo”. D’altro canto, “se con-tinuiamo a disinvestire, se riduciamo i servizi sociali pubblici, se interveniamo solo nella riparazione delle emergenze, la povertà crescerà, come possiamo constatare quotidianamente”.

– come noto – aiutano figli e nipoti, comportandosi di fatto da “business angels”. Siccome poi gli anziani sono per il 60-70% del totale proprietari di case in Italia, con l’abolizione della Tasi da parte del governo il prossimo anno acquisiranno ulteriore potere d’acquisto grazie alle tasse risparmiate e così potranno spendere ancora di più. Bisognerebbe poi aggiungere un altro fattore: oltre il 70-80% del risparmio gestito è in mano a quanti hanno dai 40 anni in su; mentre i “millennials” in genere dispongono di risparmi – quando li hanno saputi o potuti accantonare – molto contenuti. Ed ecco che con la ripresa che sta prendendo corpo e la ripartenza delle Borse, gli anziani ricchi detentori di patrimoni consistenti diver-

ranno ancora più ricchi. Mentre i giovani dovranno faticare per inseguire la stessa ripresa, sperando di essere assunti da qualche parte e iniziare a guadagnare uno stipendio più o meno stabile.

le FoscheprevIsIonI dImoody’s e dI morGan stanley

Davanti a questo panorama di an-ziani benestanti e giovani “in bolletta”, per i “millennials” la questione si fa molto seria. La società di rating ame-ricana Moody’s stima che nei prossimi 15 anni la popolazione mondiale in età lavorativa sarà la metà rispetto a quella dei 15 anni passati. È vero che molti lavoratori di mezza età nel frattempo

saranno andati in pensione. Ma, se-condo questa previsione, i posti liberati potrebbero non essere più riempiti da giovani e verrebbero di fatto soppressi, lasciando le generazioni dei giovanissimi col becco asciutto: magari tutti super-laureati, ma senza concrete possibilità di lavoro. Rincara poi la dose la banca d’affari americana Morgan Stanley, che in un report recente afferma che nell’arco di 10-20 anni il 50% dei lavori attuali potrebbe essere a rischio perché sostituiti da computer e robot vari che renderanno quasi superflua la presenza e l’azione dell’uomo se non per il controllo.

I mIllennIalsdovranno dIventare “resIlIentI”

Cosa dovrebbe fare un giovane oggi per non soccombere di fronte a queste tristi prospettive occupazionali? La risposta che viene dal mondo della sociologia (lo stesso Censis un paio di mesi fa si cimentò sul tema) è che i “millennials” sono chiamati ad essere sempre più “resilienti”, cioè si debbono adattare a questo trend secolare. Do-vranno essere intraprendenti, creativi, stakanovisti, innovatori in tecnologie e servizi. Dovranno anche scegliere lo stile di vita consono a questa società del futuro sempre più priva del “posto di lavoro sicuro”.

Si imporrà la “digital life” (vita digitale) con la condivisione di lavori ed esperienze (“sharing economy”); il “policentrismo dei valori” rispetto ai grandi sistemi di pensiero ed etici del passato; la necessità di cambiare spesso occupazione senza sensi di inferiorità o peggio di colpa rispetto a quanti avran-no ancora la fortuna del posto fisso. I giovani di oggi, in una parola, dovranno combattere una battaglia quotidiana per sopravvivere in una società di re-lativa maggiore incertezza economica, ma comunque sempre più aperta alla globalizzazione delle esperienze e delle culture. Ci potrebbe sembrare una sfida colossale, ma forse è meno aspra di quanto oggi possiamo pensare.

lavoraresu prevenzIonee educazIoneL’altro dato inquietante è quello riguar-dante i 400mila bambini vittime di vio-lenza assistita tra le mura domestiche: “Io non ho il dato in questo campo in Italia, ma nelle nostre comunità c’è una crescita enorme di richieste di accoglien-za di mamme con bambini provenienti da contesti altamente violenti. Purtrop-po, siamo costretti anche a dire dei no perché non abbiamo sufficienti posti”. Sicuramente “serve un investimento maggiore in centri antiviolenza e in case di accoglienza, che spesso sono autofinanziate, perché non tutte sono coperte da fondi pubblici; come pure potenziare una rete di professionisti dei servizi sociali pubblici e una rete territo-riale di prossimità. Ma occorre un inve-stimento molto alto sulla prevenzione, sulla cultura e sull’educazione. Anche qui non dobbiamo arrivare a occuparci di donne e bambini dopo che hanno subito i maltrattamenti, dobbiamo provare a evitare che accada. Sono necessarie una scuola e una società civile che lavorino su questo fronte. Non può essere una questione solo da addetti ai lavori. Dob-biamo riassumere una responsabilità di una società civile più capace di fare prevenzione e cultura, meno individua-lista, coesa nella stigmatizzazione della violenza sempre”.

14 n. 42 29 NOVEMBRE 2015 LaVita

ra qualche mese Libe-ra compirà vent’anni. Vent’anni di lotte e di battaglie per contrastare

le mafie e per promuovere una cultura della legalità sempre più rara nel nostro Paese. Una storia cominciata all’indomani delle stragi di mafia grazie all’impegno instan-cabile di don Luigi Ciotti che, dopo aver fondato il mensile “Narco-mafie”, decise di raccogliere in un gruppo tutte quelle persone che volevano cambiare la società. O al-meno ripulirla il più possibile dalle macchie della criminalità. Ufficial-mente, l’associazione festeggerà il suo ventesimo anno di attività il 25 marzo, ma in questi giorni ha volu-to lanciare una campagna alquanto originale per celebrare questo im-portante traguardo.

Il grano mafia free. L’iniziativa, che si intitola Venti Liberi, ha visto i ragazzi dell’associazione scendere in strada a raccontare la storia dell’associazione attraverso la ven-dita di un prodotto dal forte valore simbolico: la pasta. In molte piazze d’Italia, infatti, sabato e domenica scorsi Libera ha allestito dei gaze-bo per presentare gli “Spaghettoni Venti Liberi”, prodotti con il grano coltivato sui terreni confiscati alle mafie e gestiti dalle cooperative di “Libera Terra” insieme con i produttori che ne condividono il progetto di riscatto dall’illegalità. I fondi raccolti verranno destinati a finanziare i vari progetti di Libera, come “Sos Giustizia”, il servizio gratuito di sostegno e aiuto alle vittime di usura e racket. O come “Libera Welfare”, un progetto di riconversione dei beni confiscati in

dall’italiaLEGALITà

Libera festeggia i suoi vent’anni con spaghetti

liberati dalla mafiaF In molte piazze d’Italia, nello scorso fine settimana,

l’associazione fondata da don Luigi Ciotti ha allestito dei gazebo per presentare gli “Spaghettoni VentiLiberi”, prodotti con il grano coltivato sui terreniconfiscati alle mafie e gestiti dalle cooperative di

Libera Terra” insieme con i produttori che necondividono il progetto di riscatto dall’illegalità

di Francesco Morrone

dichiarato a questo proposito don Ciotti – e molte cose sono cam-biate, ma purtroppo le mafie sono ancora lì, a gestire i propri affari. E sono tornate forti”.

Proprio contro le mafie, in questi vent’anni Libera ha costru-ito una storia fatta di impegno, di sacrificio e di condivisione, mettendoci sempre la faccia, con coerenza e credibilità. Ma dopo vent’anni è anche ora di fare qual-che bilancio e don Ciotti su questo è categorico: “Libera in questi anni ha fatto molto, è vero. Ma deve anche prendere coscienza dei propri limiti e dei propri errori. Perché solo così si può crescere e migliorare”.

25 marzo 1995. Ne è passato di tempo da quel 25 marzo del 1995. Oggi Libera conta più di 1600 tra associazioni nazionali e locali, mo-vimenti e cooperative. Oltre 9mila ragazzi, sotto la guida di don Ciotti, condividono le proprie giornate e diventano promotori di legalità. Vanno nelle scuole, nelle piazze, nei Comuni. Non hanno paura di alza-re la voce per affrontare la crimi-nalità e, quando serve, non esitano a bussare alla porta delle istituzioni per fare proposte, per offrire pro-getti normativi e amministrativi. In totale sono oltre 200 i presidi lo-cali sparsi per tutta Italia e ognuno di questi è intitolato a una vittima delle “mafie” perché, come soste-neva il giudice Borsellino, “la mafia non è una sola, ma è come un albero fatto di tanti rami secchi”. E tante sono anche le realtà giovanili antimafia presenti dal nord al sud del Paese che non si rassegnano alla corruzione e all’illegalità.

strutture di accoglienza per chi vive situazioni di marginalità. Oppure come ‘La legalità mette radici’, una campagna a sostegno delle coope-rative Libera Terra per il riutilizzo sociale dei beni confiscati ai mafio-si, per promuovere questi esempi concreti di economia sana al servi-zio del bene comune. Gli spaghetti liberati dalle mafie saranno anche i protagonisti della partnership con Gnammo, il più grande e attivo portale italiano dedicato alla risto-razione. Sulla community verrà lan-ciata una petizione per realizzare eventi di Social Eating nelle proprie

case con menu che prevedano gli spaghetti di Libera. I pasti “social” verranno organizzati in tutta Italia e potranno prevedere la parteci-pazione di un membro del gruppo territoriale di Libera.

Il cibo al centro. Non è un caso che Libera abbia deciso di mettere al centro di questa iniziativa il cibo, perché, come la cronaca racconta, le mafie oggi non investono più soltanto nella droga o nelle scom-messe. Ma puntano a espandersi sempre di più proprio nel settore agroalimentare.

“Sono passati vent’anni – ha

a strage di Parigi proba-bilmente farà un’altra, illustre “vittima”: la “disci-plina economica comu-

nitaria” così com’è stata impostata negli ultimi anni soprattutto per volere tedesco. Quella disciplina che ha rivoltato come un calzino l’Italia nell’autunno del 2011; la stessa che ha imposto medicine amare a Irlanda e Portogallo, quindi ha messo in ginocchio una Grecia in questo senso totalmente indisciplinata. Conti pubblici in ordine, riforme strutturali dei welfare, contenimento del debito pubblico con tanto di “compiti” da fare a casa, sotto dettatura di Ber-lino, Francoforte (Bce), Washington (Fmi). Una rigidità interpretativa che ha provocato reazioni politiche in diversi Paesi, e relative conseguenze. Il tutto verrà quasi sicuramente sbriciolato dagli attentati a Parigi, perché Parigi – e non la Comunità Europea, non la presunta Unione de-gli Stati che la definisce – ha dichia-rato guerra a chi quegli attentati li ha realizzati, fiancheggiati, approvati. Quindi non solo un enorme sforzo di polizia interna (si prevedono addirit-

L ECONOMIA

Addio vincoli europei23 novembre 2015: lo tsunami della guerra sulle rigidità dei bilanci

e sull’accordo di Schengendi Nicola Salvagnin

tura leggi speciali e un cambiamento della Costituzione francese) ma pure la portaerei Charles De Gaulle a stazionare a largo della Siria; aerei militari transalpini a solcare quei cieli e a bombardare il territorio occupato dall’Isis. Insomma, uno sforzo bellico che si aggiunge a quello sostenuto dai francesi nel Mali, sempre contro l’integralismo islamico in armi, e che costerà un pacco di miliardi di euro. Perché le guerre costano tantissimo, né si sa come e quando finiranno. Va da sé che la Francia recupererà – volenti o nolenti gli altri partner euro-pei – la piena autonomia di bilancio. Non rispetterà i vincoli di deficit (non ci sarebbe riuscita comunque…), se necessario aumenterà il debito pub-blico e attuerà tutte le politiche fisca-

li e finanziarie che riterrà opportune per lo scopo. Senza che alcuno avrà qualcosa da dire, vista la completa riluttanza dei partner europei – per l’appunto la Germania in primis – a fiancheggiare la dichiarazione di guerra francese. E se qualcuno avrà qualcosa da dire, il tipico sberleffo francese arriverà in automatico, man-dando anche formalmente in crisi un’Unione Europea già priva di una politica estera comune, e da quel punto pure di una politica economi-ca. Rimarranno le regole comunitarie sulla giusta taglia dei cetrioli com-merciabili, e poco altro, perché pure Schengen e la libertà di circolazione dentro i confini comunitari sono an-dati in profonda crisi nei mesi scorsi con l’ondata migratoria che sta at-

traversando l’Europa. In ultimo, dietro la Francia si accoderanno pure quegli Stati – a cominciare dall’Italia – che chiedono a Bruxelles e a Francoforte meno rigore finanziario per stimolare una crescita economica che manca da anni. Se si aggiunge che la Gran Bretagna, uno degli assi portanti del-la Comunità ma che non ha voluto né perdere l’autonomia monetaria (c’è la sterlina e non l’euro) né quella di bilancio, sta decidendo se e come continuare ad aderire all’Ue pure nel capitolo cetrioli&C., ci si rende conto che l’effetto di quegli attentati è alla fine paragonabile ad uno tsunami. O rischia di essere lo scricchiolio fatale di un’impalcatura che non ha mai voluto trasformarsi in una vera Unio-ne degli Stati Europei.

MATTARELLA A fIRENZE

«Non cipiegheremo

al terrorismo»Il Presidente della

Repubblica è intervenuto a Palazzo Vecchio

alla cerimonia su Firenze capitale

di Simone Pitossi

«È un tentativo di guerra globale dalle modalità inedite -ha affermato Matta-rella- quello che sta deturpando l’inizio del nuovo millennio. Dobbiamo essere uniti, determinati e insieme affermare i principi del nostro umanesimo». «Non può mancare -ha continuato- il senso di giustizia, né la disponibilità a coope-rare per uno sviluppo sostenibile e per ridurre le aree dove prevale la violenza e lo sfruttamento. Dobbiamo garantire sicurezza ai nostri concittadini senza rinunciare alle libertà conquistate, affrontare il fanatismo e l’estremismo con assoluta fermezza, e promuovere il dialogo fra le culture e la tolleranza». Inoltre, ha proseguito il Presidente, «non sradicheremo l’odio facendolo entrare nelle nostre vite e nella nostra civiltà. Il terrore vuole snaturarci. Noi non ci piegheremo. Non ci faremo ru-bare il nostro modello di vita e il nostro futuro. Difenderemo la qualità delle nostra civiltà e la offriremo al mondo, rimanendo fedeli ai valori che la hanno ispirata e affinata nel tempo». E poi Mattarella ha fatto riferimento a Firenze «città di pace». «Il sindaco Giorgio La Pira, in questo salone cent’anni dopo la Camera dei Deputati del Regno d’Italia, ha dato vita agli Incontri mediterranei, frutto della sua intuizione sulla centralità del Mare Nostro e sulla necessità storica del dialogo interreligioso, a cominciare proprio dalle fedi monoteiste, dalla fede dei “figli di Abramo”, come lui ripeteva».«Oggi la pace -ha concludo il Presiden-te- ci chiama a nuove responsabilità. Non saranno prove facili: non bisogna mai rinunciare a grandi visioni, alla pro-spettiva di un umanesimo condiviso. Lo dobbiamo ai nostri figli, anche a quelli che sono stati così barbaramente uccisi e che resteranno sempre nel nostro ricordo».Il sindaco Nardella durante la ceri-monia di commemorazione dei 150 anni dall’insediamento del Parlamento italiano a Firenze ringraziando il Pre-sidente «per le espressioni di conforto e saggezza che ha espresso in questi giorni. Abbiamo bisogno di lei: strin-giamoci in un grande abbraccio per tenerci tutti uniti».Nardella ha poi sottolineato «il senti-mento di dolore per i tragici fatti di Pa-rigi di venerdì scorso. Voglio esprimere cordoglio e grande amicizia ai fratelli e alle sorelle francesi».È intervenuto anche il presidente della Regione Toscana Enrico Rossi. «La le-zione di Firenze Capitale -ha detto- ci offre un grande patrimonio di civiltà, soprattutto oggi, in tempi oscuri dove il terrorismo ci interroga su temi di fondo imponendoci di rispondere».Il presidente Mattarella ha consegnato l’onorificenza di Cavaliere di Gran Croce dell’Ordine «Al Merito della Re-pubblica Italiana oggi» al maresciallo dei carabinieri Giuseppe Giangrande, rimasto ferito nella sparatoria davanti a Palazzo Chigi, che era accompagna-to dalla figlia Martina.

1529 NOVEMBRE 2015 n. 42VitaLa

tra bosnIa ed ue

Di seguito all’entrata in vigore, lo scorso 1 giugno, dell’accordo di stabilizzazione e associazio-ne con l’Ue, entro quest’anno la Bosnia Erzegovina presenta la propria candidatura per l’adesione all’Unione europea mentre la Croazia, conclusi i negoziati di adesione, ha già fatto ingresso nell’Ue come 28° stato membro. L’incerto cammino del paese balcanico verso Bruxelles può ora stabi-lizzarsi, se Sarajevo riportasse in luce quello spirito che nel 2000-2006 permise alla Bo-snia di potenziare le proprie istituzioni e di negoziare con Bruxelles l’intesa associativa. A gennaio la guida del consiglio Ue sarà appannaggio dei Paesi Bassi, nazione che, pur avendo registrato rapporti travagliati con l’area balcanica, potreb-be appoggiare l’aspirazione bosniaca.

elettrIcItàdalla cyclette

Nato in India e da anni negli Usa ove è divenuto miliarda-no, Manoj Bhargava nutre il proposito di creare energia pulita per l’umanità. A Detroit, nello stage 2 Innovations lab, cento ingegneri sono impegnati nella realizzazione dell’idea di Bhargava il quale ha inventato una cyclette chiamata Free Electric che, impiegata una sola ora al giorno, è capace di generare energia sufficiente al fabbisogno di un’abitazione per l’intera giornata, la cyclette produce energia trasformando in energia elettrica la forza cinetica usata per pedalare. Presto in India saranno messe in commercio 10mila Free Electric, utili per alimentare 10mila appartamenti. Bhar-gava sta pure lavorando alla produzione di energia elettrica utilizzando acqua piovana ed altre materie prime.

vIte deI corallI

A causa dell’aumento delle temperature delle acque oce-aniche, entro quest’anno il 5% dei coralli del pianeta rischia di svanire: si tratta di una superficie di 12mila chilometri quadrati. È allarme diffuso dall’amministrazione oceanica e atmosferica statunitense (Noaa), secondo cui il globo sta ancora registrando il fenomeno dello “sbiancamento” dei co-ralli (dopo analoghi eventi del 1998 e del 2010) che avviene quando i coralli soggetti a condizioni ambientali dannose, come il surriscaldamento degli oceani, espellono le piccole alghe che ad essi donano il colore e diventano sempre più bianchi fino a morire se lo stress dura a lungo. Lo sbiancamento ha interessato inizialmente il Pacifico del nord, per poi estendersi all’area me-ridionale e all’oceano indiano.

Dal mondo

dall’estero

on una differenza di circa tre punti sul candidato del governo Dan ie l

Scioli, Mauricio Macri ha vinto ieri con quasi il 52% dei voti le elezioni presidenziali nel primo ballottaggio della storia argenti-na. Dopo dodici anni di governi kirchneristi, il nuovo presidente rappresenta la coalizione “Cam-biemos” che raggruppa il “Pro” fondato dallo stesso Macri, il Partito Radicale, la “Coalizione Civica” di Elisa Carrió e la De-mocrazia Cristiana. “Chiedo al Signore di illuminarmi. Questo cambiamento non può fermar-si a rivincite o rese dei conti. Dobbiamo costruire l’Argentina con povertà zero, sconfiggere il traffico di droga e unire tutti gli argentini dietro questi obiettivi”, ha affermato Macri, appena conosciuti i risultati.

C

La sfida che l’ex capo del governo

della città diBuenos Aires e la sua coalizione di

governo dovranno affrontare:

dimostrare che inArgentina la

giustizia sociale può andare oltre il

“peronismo” e che si è in grado di

renderla effettiva e di lasciarsi alle

spalle un Paese con 14 milioni di poveri

di Maribé Ruscica

opo Parigi e la blin-datura delle fron-tiere esterne e in-terne dell’Europa,

quali ricadute sulla grave crisi umanitaria dei profughi? Cen-tinaia di migliaia di persone che bussano alle nostre porte non sono improvvisamente scomparse perché non se ne parla più. La maggioranza fugge dagli stessi pericoli che noi temiamo ora: terrorismo e bombe. Sembra un para-dosso assurdo eppure con le risoluzioni anti-terrorismo che aboliscono Schengen e la libera circolazione delle per-sone, moltiplicando i controlli, una Europa già “fortezza” rischia di diventarlo ancora di più, scaricando tensioni e paure su chi ha più bisogno di aiuto e accoglienza: i rifugiati. Senza rendersi conto che chi è disperato cambierà strada e cercherà qualsiasi mezzo pur di salvarsi. Secondo i dati dell’Unhcr (Alto Commissa-riato delle Nazioni Unite per i rifugiati), quest’anno sono arrivati via mare 836mila persone, soprattutto dalla “rotta balcanica”. Circa 3500 sono morte nel Mediterraneo.Qualcosa sta già cambiando se le Nazioni Unite, negli ultimi giorni, hanno ravvisato segnali di “segregazione nazionale” nei Paesi balcanici, più restii all’accoglienza. Migliaia di per-

D EUROPA: EMERGENZA PROfUGHI

Blindate le frontiere contro il terroreIn Italia, a sorpresa, le parrocchie aprono le porte

Dopo i fatti di Parigi, con le risoluzioni anti-terrorismo che aboliscono Schengen e la libera circolazione delle persone, moltiplicando

i controlli, una Europa già “fortezza” rischia di diventarlo ancoradi più, scaricando tensioni e paure su chi ha più bisogno di aiuto

e accoglienza: i rifugiatidi Patrizia Caiffa

sone provenienti da Pakistan, Sri Lanka, Marocco, Liberia e Repubblica Democratica del Congo sono bloccate alle fron-tiere di Grecia, Croazia, Serbia. Possono passare solo siriani, afghani, iracheni e palestinesi. Dopo i 175 km di muro tra Ungheria e Serbia, i 30 km tra Bulgaria e Turchia e i 10,5 km tra Grecia e Turchia, ora anche la Macedonia ha annunciato la costruzione di un recinzione di 1,5 km alla frontiera con la Grecia, sulle rive del fiume Axios. “Dopo le stragi di Parigi i Paesi dell’est si sentono raffor-zati nelle loro convinzioni –de-nunciano Amnesty internatio-nal e Human Rights watch– e resistono ancora di più all’idea di partecipare al piano europeo di redistribuzione dei rifugiati”.Una resistenza che potrebbe diventare controproducente,

perché in realtà solo un si-stema efficace di controllo e gestione dei flussi, con la redistribuzione sul territorio europeo, garantirebbe al con-tempo sicurezza e rispetto dei diritti umani. Al contrario, ora rischiano di crearsi maggiori criticità, perché gli “hot spot” previsti nei porti ancora non funzionano bene, le persone ricollocate sono pochissime, chi arriva cerca di aggirare il sistema di Dublino non fa-cendosi registrare all’ingresso, creando un mare di irregolarità dove un eventuale terrorista potrebbe nascondersi, anche se è altamente improbabile che chi è finanziato dall’Isis affronti tutti i rischi dei ”viaggi della speranza”. Nei fatti il piano europeo di redistribuzione dei profughi era già fallito prima di iniziare: la Gran Bretagna

presidia l’Eurotunnel e controlla massicciamente le frontiere, l’Austria ha cambiato le re-gole per le richieste d’asilo, la Germania ha fatto dietrofront all’accoglienza dei siriani, la Slo-venia dispone filo spinato alle frontiere con la Croazia. Ora con le richieste della Francia la situazione si complicherà.Siamo preoccupati per gli atteggiamenti di alcuni Paesi in materia di chiusura delle frontiere, ingiustificati rispetto a quello che sta accaden-do”, commenta Oliviero Forti, responsabile dell’area immi-grazione di Caritas italiana. Le Caritas che intervengono sulla “rotta balcanica” devono capire che tipo di risposta dare in un momento così difficile. “Quello che sta accadendo -osserva- rischia di distogliere risorse e attenzione rispetto

l’IdentIkItEx-presidente del Club di

calcio “Boca Juniors” e capo di governo della città Buenos Aires sin dal 2007, Mauricio “Macrí” –come risulta registrato al comune di Polistena nella provincia di Reggio Calabria– è figlio di Francesco Macri (1930), emigrato in Argentina negli anni ’40, fondatore del gruppo economico Socma e noto quale uno degli imprenditori che hanno fatto maggior fortuna nel Paese. Su questo profilo di benestante, figlio di un ricco industriale e giudicato conservatore e indiffe-rente ai gravi problemi sociali, si sono centrati durante la campa-gna elettorale gli attacchi contro di lui provenienti dal peronismo kirchnerista. Sarà questa infatti la sfida che Macri e la sua coalizione di governo dovranno affrontare: dimostrare che oggi in Argentina la giustizia sociale può andare oltre il “peronismo”

e che si è in grado di renderla effettiva e di lasciarsi alle spalle un Paese con 14 milioni di poveri. Il peronismo, intanto, ha davanti a sé un’altra sfida: ricostruirsi e scegliere bene chi sarà il leader di questa ricostruzione.

le sFIdeSfide gravose, quindi, sul

tavolo del presidente eletto che, di fronte a un tasso di inflazione annuale alle stelle (di quasi un 25%), scarse riserve libere dispo-nibili nella Banca Centrale e un notevole incremento della spesa pubblica, dovrà valutare con molta prudenza il costo politico e sociale delle scelte “impopolari” attese con impazienza dai mer-cati. Sarà senza dubbio il Parla-mento, dove nessuna delle forze ieri in gara avrà maggioranza piena, a sostenere o contrastare le politiche pubbliche del nuovo governo. E –se si riuscisse a farlo diventare reale– sarà anche

di vitale importanza il “patto sociale ed economico” che sia Scioli sia Macri hanno detto di voler proporre a imprenditori e sindacati per concordare le linee guida di governabilità e pace sociale, stipendi, prezzi e inflazione. Il “cambiamento” sul quale Macri ha fondato la sua campagna comprenderebbe –secondo quanto annunciato– anche la politica estera, in vista della necessità di riprendere i rapporti con gli Stati Uniti e l’Unione Europea che “Cambi-emos” ritiene “trascurati dalla presidente Cristina Kirchner”. Di certo, sono due le missioni all’estero che non si potranno eludere: una verso la Cina per ri-finanziare il prestito “swap” ( già esaurito dallo Stato argentino in garanzia estera data la scarsez-za di dollari di riserva) e un’altra a New York per contattare Dan Pollack, il mediatore nominato dal giudice Thomas Griesa nel conflitto con i titolari dei “fondi avvoltoio” (chiedono il 100% del valore del titolo).

la squadradI Governo

Resta ancora un’incognita il nome del futuro ministro dell’Economia. “Non credo nel super ministro dell’Economia proprio dell’era dei Cavallo o

dei Kicillof ”, si è limitato a af-fermare Macri nelle ore previe al ballottaggio. Si sa, invece, che quale capo di gabinetto dovreb-be essere scelto Marcos Peña –finora capo della campagna di “Cambiemos”– e che il senatore Ernesto Sanz, presidente del Partito Radicale, sarebbe il pros-simo ministro della Giustizia. Per gli Affari esteri si pensa tanto a Jose Manuel de la Sota quanto ad Alfonso Prat Gay. Quale vi-cepresidente arriva al Governo Gabriela Michetti, che ha iniziato la sua vita politica nella Demo-crazia Cristiana insieme a Carlos Auyero, nella corrente “Umane-simo e Liberazione” e che ha annunciato: “Lavoreremo perché tutti possiamo vivere meglio e soprattutto per le famiglie più povere. Non c’è nulla da temere. Tutto è speranza. Governeremo per tutti”. A giudicare dai risultati delle elezioni, una grande mag-gioranza ha scelto ieri il “cambio” proposto da Macri. Ai 32 milioni di argentini, chiamati alle urne e invitati da Papa Francesco a “votare secondo coscienza”, spetta, d’ora in avanti, garantire che il cambio sia fatto “in pace” e che la polarizzazione che ha accompagnato il fine del ciclo kirchnerista si traduca in un profondo rispetto per l’alternan-za recuperata dalla democrazia.

PRESIDENZIALI IN ARGENTINA

Vince “Cambiemos” con Macri

ad altri grandi problemi da affrontare”. “È la classica re-azione di pancia dettata dalla paura -afferma-. Ma questo non è fare politica perché non si sa fare i conti con la storia, con milioni di persone pronte a raggiungere i nostri Paesi”. Inoltre, “tutti sappiamo che i terroristi erano francesi. Il fatto che avessero un’origine straniera non conta, perché dobbiamo abituarci a una società multietnica, nel bene e nel male. Chiunque può ca-dere nella rete del terrorismo: vuol dire che qualcosa non ha funzionato. Un esame di coscienza varrebbe la pena farlo”.La Caritas italiana ha regi-strato, dopo i fatti di Parigi, un incredibile aumento delle richieste di accoglienza dei profughi nelle parrocchie e nelle famiglie. Questa setti-mana rilancerà il progetto “Un rifugiato a casa mia”, inizialmente previsto per 200 persone e arrivato a 700 un mese fa. “Ci immaginavamo una frenata invece abbiamo raggiunto numeri importanti. Dimostra un disallineamento tra il dibattito politico e me-diatico e la percezione della gente: che ha sicuramente paura ma non la collega al tema ‘rifugiati’, nonostante qualcuno tenti di fare una commistione”.

16 musica e spettacolo n. 42 29 NOVEMBRE 2015 LaVita

LaV itaSettimanale cattolico toscano

Direttore responsabile:Giordano Frosini

STAMPA: Tipografia GF Press MasottiIMPIANTI: Palmieri e Bruschi Pistoia

FOTOCOMPOSIZIONE: Graficamente Pistoia tel. 0573.308372

e-mail: [email protected] - [email protected] Tribunale di Pistoia

N. 8 del 15 Novembre 1949

e-mail: [email protected] internet: www.settimanalelavita.it

Chiuso in tipografia: 25 NOVEMBRE 2015 ore 11,00

V itaLaAbbonamento 2015 euro 45,00Sostenitore 2015 euro 65,00Amico 2015 euro 110,00

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Sostieni

l termine “fumetto” chiama in causa una galassia affollatissima di “pianeti”, anche molto

diversi tra loro; ma nell’insie-me si tratta di un universo particolare in cui… c’è anche Dio. Sì, perché si può racconta-re Dio con i fumetti. Ed è dal 1985 che a Bruxelles il Centro religioso d’informazione e di analisi del fumetto, cerca di “far conoscere la ricchezza del fumetto cristiano a servi-zio dell’evangelizzazione”. Il Centro è nato dalla passione del gesuita Roland Francart, uno dei maggiori conoscitori del settore: “Mi piace di-segnare, ma non sono un artista, e leggo fumetti fin da piccolissimo”, racconta. Fran-cart, insegnante di religione e geografia in pensione, è cre-sciuto tra i grandi classici belgi come Tintin “eroe nazionale” e Spirou, il suo preferito. “In casa si è sempre parlato molto di fumetti perché anche nostra mamma amava i fumetti, cosa rara -dice- tra le donne”. Per il 30° anniversario del Criabd, grande festa il 22 novembre a Bruxelles (www.criabd.be).Come le è venuta l’idea di fondare il Criabd?“Conoscevo le organizzazioni cattoliche internazionali per il cinema e la televisione che esistevano allora (Ocic e Unda), e così ho pensato di far nascere qualcosa di

I

simile anche per la ‘nona arte’, il fumetto. Ho voluto che fosse ecumenico, oltre che interna-zionale”.Quali sono le vostre attività? “Il nostro interesse è rivolto ai fumetti che hanno a tema la Bibbia o la vita dei santi. Ogni anno cerchiamo i nuovi titoli in questo settore: di solito nel panorama francofono su circa 5mila nuove uscite, di cui 2mila manga, ne troviamo una ven-tina. Una giuria sceglie il vinci-tore del ‘Premio Gabriel’, per la buona qualità del tratto e perché la storia raccontata può aiutare nella fede, nella pre-ghiera, incoraggiare il credente o far conoscere il cristianesimo. Nel 2014 abbiamo premiato ‘Poverello’, su Francesco d’Assi-si, un romanzo grafico di 600 pagine. Diamo poi il ‘Premio valore umano’, ai lavori che raccontano storie significative: nel 2013, ad esempio, è stato scelto un fumetto sulla vicenda del premio Nobel birmano Aung San Suu Kyi. Il Criabd fa

poi un lavoro di promozione dei fumetti cristiani presso le librerie religiose e non solo, anche con la rivista Gabriel”.In cosa consiste il vostro essere internazionali ed ecumenici?“Cerchiamo di avere delle antenne in ogni Paese e per quanto le forze lo consentono, cataloghiamo e raccogliamo fumetti presso il Centre de Documentation et de Recher-che Religieuses (Cdrr) dell’uni-versità di Namur. Nella nostra ricerca incontriamo strisce che raccontano l’islam e il corano, il buddismo, o elementi della tradizione ortodossa come ‘il pellegrino russo’. Nel mondo protestante esistono fumetti molto belli sulla Bibbia”.Come se la cava oggi il fumetto rispetto a tv, video giochi e chat? “Certamente se un ragazzo entra in una stanza con la tv accesa e un fumetto sul tavolo, guarderà la tv. Ma se poi salta la corrente elettrica… potrebbe essere attirato dalle

immagini sulla carta.È un’impressione, o a volte i fumetti cristiani non sono tanto accat-tivanti? “Sì, a volte sono un po’ pallidi rispetto al mondo attuale del fumetto, così poco attraenti che si resta scoraggiati.È spesso un problema di risorse: un buon di-segnatore o un buon sceneggiatore va pagato bene.Però ci sono casi eccellenti come il Don Bosco, disegnato dal belga Jijé nel 1941: non è mai passato di moda, continua a essere edito e a fare del bene. O ancora il recentissimo Pove-rello di Robin o ancora il Fran-cesco d’Assisi di Dino Battaglia: questi sono grandi disegnatori, anche se non per i più piccoli. Per loro c’è ad esempio il francese Jean-François Kieffer, che ha disegnato molto ed è stato sovente tradotto. Se noi fossimo un’associazione più grande e più ricca potremmo fare più cose!”.

fEDE E CULTURA

Fumetto religioso:raccontare Diocon una matita

di Sarah Numico

llan Stuart Konisberg, per il mondo Woody Allen, già al tempo in cui era gaggista

e cabarettista di successo nei teatrini off-Broadway, a metà anni ‘60, sfoderava battute miracolosamente in bilico tra Groucho Marx e Nietzsche :-Non solo Dio è morto ma provate a trovare un idraulico di domenica-. Oppure :-Ho un solo grande rimpianto. Quello di non essere qualcun altro- Molti dei suoi sketch e delle sue freddure sono stati raccolti in libretti gustosissimi, “Saperla lunga” e “Citarsi addosso”, e credo di poter dire -forse un poco fuori dal coro- che, per assaporare la vera essenza di Woody, bisogna partire da qui. È in questo spirito, sospeso tra umorismo yiddish ed esistenzialismo da tavola calda, che risiede la vena più autentica del comico, ed è com-provabile analizzando con una sufficiente dose di attenzione la sua copiosa filmografia, qua e là inevitabilmente dispersiva o, a dirla tutta, ripetitiva. Nei casi in cui l’autore ha voluto essere totalmente comico o totalmente serio è incappato in risultati poco convincenti, quando invece ha saputo conciliare il piano intellettuale con quello popolare,

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CINEMA

Woody Allen, il riso e l’angoscia

80 anni il 1 diembredi Francesco Sgarano

essere anche un ottimo direttore d’attori, cui spesso ha fatto otte-nere la statuetta: Diane Keaton, Dianne Wiest -ben due volte- Mira Sorvino, Michael Caine, Cate Blanchett.

La prima battuta d’arresto avviene proprio dopo “Io e Annie” (la cui sceneggiatura è stata votata il mese scorso dalla Screen Writers Guild la migliore di tutto il cinema americano): Woody se ne stette sì a suonare il clarinetto invece di andare a ritirare il premio ma, forse inconsapevolmente, fu investito da manìe di grandezza auto-riale, che hanno rovinato non pochi cineasti. Girò “Interiors”, pensando di essere Bergman, e fece una figuraccia. Si rialzò subito, non smarrendo un po’ di autocompiacimento narcisista, firmando “Manhattan”, aiutato dalla “Rapsodia in blu” di Ger-shwin, dal meraviglioso bianco e nero di Gordon Willis e da alcune battute memorabili (“Pensi di essere Dio!” “A qualcuno dovrò pure ispirarmi”). Poi, a inizi ‘80, alcune uscite sgangherate, per ripigliare il volo, a vette elevate, con il finto documentario “Zelig”, “Broadway Danny Rose” e “La rosa purpurea del Cairo”, forse la riflessione più deliziosa mai fatta sul cinema come frivola

commedia e dramma, spunti sa-tirici con riflessioni filosofiche, ha raggiunto i suoi risultati migliori. È accaduto spesso e a più ripre-se. Già “Amore e guerra” sapeva abbinare stupendamente gag ai grandi della letteratura russa, ne “Il prestanome” (diretto da Martin Ritt ma film “di” Woody) c’erano i suoi guizzi comici spo-sati alla denuncia del maccarti-smo, in “Io e Annie” il rapporto di coppia veniva analizzato con la messa in ridicolo dei tic e delle fobie di due innamorati che al contempo vanno dallo psicana-lista, ma anche con l’uso dello split-screen (lo schermo diviso a spicchi) o la comparsata di un

mass-mediologo di fama come Marshall McLuhan. Hollywood, davanti a un regista-attore genialoide come Woody, non poteva voltarsi dall’altra parte e -in una delle rarissime volte in cui ha saputo essere coraggiosa nell’assegnare gli Oscar- gli ap-pioppò i quattro più importanti, mandando a casa l’impegnato “Giulia” (con le politicamente schierate Jane Fonda e Vanessa Redgrave) e un successone come “La febbre del sabato sera”. Una cosa del genere non si è più vista anche se Woody ha ottenuto spesso la nomination, e vincen-do ancora come sceneggiatore ma soprattutto dimostrando di

fabbrica di sogni. Oscilla poi tra buoni esiti come “Radio days” e scialbi come “Settembre”, tra commedia sulle nevrosi del mon-do moderno (“Hannah e le sue sorelle”) e film d’autore di taglio freudiano (“Un’altra donna”). Negli anni ‘90 scivola e si rialza, prova, mescola, fallisce ma non si perde d’animo (dice di girare come un forsennato per tenere a bada la depressione): con “Mi-sterioso omicidio a Manhattan”, giallo-rosa di classe, “Pallottole su Broadway”, pungente analisi su spettacolo e crimine, “La dea dell’amore”, sugli imprevisti della vita, “Tutti dicono I love you”, musical sui generis assoluta-mente gradevole, ritrova il piglio di sempre, poi a intermittenza rispolvera la vena creativa con omaggi a Django Reinhardt (“Accordi e disaccordi”) e la commedia all’italiana (“Criminali da strapazzo”). Quando il nostro ha cominciato a sentirsi troppo vecchio e stanco – o demotiva-

to?- per recitare e si è messo solo a dirigere, ha dovuto rinunciare ai tratti un po’ strambi ed eccentrici che emanavano i suoi personag-gi, facendo forse contenti i critici europei ma facendo subito soffri-re di nostalgia i suoi vecchi fans. Sono ancora profondamente convinto che i film di Woody ma senza Woody perdano un po’ di mordente, di fascino, di incisività -e questo vale pure per il decan-tatissimo “Match point”, che se è il capolavoro di Woody Allen mi sganascio dalle risate. Non ci posso far niente, vederlo recitare le sue mirabolanti battute è stato e rimane uno dei piaceri cine-matografici cui più sono grato. È il motivo per cui film minori come “Anything else” e “Scoop” li riguardo sempre volentieri, mentre commedie obiettiva-mente meglio congegnate come “Midnight in Paris” -bellissimo- e “Basta che funzioni” mi stancano presto perchè dopo venti minuti mi chiedo sempre dov’è Woody.