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Repubblica Italiana
In nome del popolo italiano
Tribunale di Roma
Terza Sezione civile
Il Giudice, dott. Guido Romano, ha pronunciato la seguente
sentenza
nella causa civile di primo grado iscritta al n. 24571 del ruolo contenzioso generale dell’anno
2010 posta in deliberazione all’udienza del 30 giugno 2014, con concessione di giorni quattro
alle parti Moody’s Investors Service inc. e Moody’s Corporation per il deposito in cancelleria di
copia della comparsa di costituzione e risposta e vertente
tra
Sani Giorgio, Bisi Flora, Sanguinetti Riccardo, Marozza Umberto, Calabrese Fabrizio,
Calabrese Rita, Calabrese Domenico, Cattani Giuliano, Ferrari Alessandro, Ugolotti
Giancarlo, Monticelli Antonella, Ceci Marcello, Ghezzi Claudia, Pollastri Leopoldo,
Bortolini Marina, Piazza Davide, Cerutti Chiara, Correzzola Rino, Meneghello Stefano,
Correzzola Elena, Grilli Simona, Grilli Bruno, Gelli Giancarlo, Piccioli Maria Carla, Talamo
Rossi Raffaele, Aliani Severino, Greppi Bruno, Pansardi Luisa, Ceresini Cecilia, Fabri
Carlo, Ghirardi Marco, Ferrari Rosaria, Tognoni Gianluca, Vescovi Luciana, Guidetti
Rosanna, Beltrami Mario, Bertrami Mariella, Mora Sergio, Pesci Marisa, Tassi Velia, Pesci
Giuseppe, Adorni Fabrizio e Cocconcelli Angela (questi ultimi due quali eredi del signor
Adorni Lamberto, deceduto il 27 Novembre 2009), Marchesi Elvio, Vettori Paolo, Fanfoni
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Repert. n. 6346/2015 del 27/03/2015
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Marisa, Magnani Ernesto, Mediofina S.R.L., De Cesare Maria Adele, De Cesare Vittorio,
Marzagalli Giovanna, Puliti Valterio; Del Tomba Maddalena, Puliti Gianluca, Bisaschi
Artemio, Cozzani Marzia, Magnani Mariangela, Gavazzoli Rocco, Gandi Bruno, Mauri
Giuliana, Motola Maurizio, Pettazzoni Fedora, Innocenti Caterina, Cesari Sergio, Calderan
Maria Cristina, Girardello Tommaso, Girardello Alvise, Bergami Alessandro, Dallomo
Sandra, Magagni Ruggero, Balducci Luciano, Zanzi Laura, Zucchini Renato, Cevenini
Gianni, Roberti Jessica, Roberti Fabio, Roda Nino, Veronesi Wilma,
tutti elettivamente domiciliati in Roma, via Italo Carlo Falbo, n. 22, presso lo studio dell’avv.
Angelo Colucci che, unitamente all’avv. Giovanni Franchi del foro di Parma, li rappresenta e
difende, in virtù di delega posta a margine dell’atto di citazione,
attori;
e
Marzagalli Giovanna, Mambriani Minetto, Mambriani Enrico, Mambriani Adriana, Galli
Luca, Galli Rita, Galli Paolo, Giannetti Saura, Giannetti Adelino, Baroni Alberto, Contri
Antonietta,
tutti elettivamente domiciliati in Roma, via Italo Carlo Falbo, n. 22, presso lo studio dell’avv.
Angelo Colucci che, unitamente all’avv. Giovanni Franchi del foro di Parma, li rappresenta e
difende, in virtù di delega posta a margine dell’atto di citazione,
intervenienti volontari,
comparsa di intervento depositata in data 22 novembre 2010;
e
Marco Pedroni, elettivamente domiciliato in Roma, via Italo Carlo Falbo, n. 22, presso lo studio
dell’avv. Angelo Colucci che, unitamente all’avv. Giovanni Franchi del foro di Parma, lo
rappresenta e difende, in virtù di delega posta a margine della comparsa di intervento
volontario,
interveniente volontario,
comparsa di intervento depositata in data 13 dicembre 2010;
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Repert. n. 6346/2015 del 27/03/2015
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Cernicchiaro Giancarlo, Mummolo Nardulli Maria Luisa; Mummolo Nardulli Tommaso;
Nardulli Luigia; Nardulli Maria Raffaella, Mummolo Nardulli Giuseppe, Patelli Giancarlo
Prucer Rosa Anna, Donno Giovanni, Stajano Tommaso; Zorloni Ernesto,
tutti elettivamente domiciliati in Roma, via Falbo Italo Carlo, n. 22, presso lo studio dell’avv.
Angelo Colucci, rappresentati e difesi dagli avv.ti Antonio Pinto, Alessandro Amato e Michele
Coratella in virtù di deleghe poste in calce alla comparsa di intervento,
intervenienti volontari,
comparsa di intervento depositata in data 10 novembre 2010;
e
Binetti Silvana Concetta; Cofano Giuseppe; Lunghi Luigi; Lunghi Gabriele; Vitale
Massimo; Levorato Simone
tutti elettivamente domiciliati in Roma, via Falbo Italo Carlo, n. 22, presso lo studio dell’avv.
Angelo Colucci, rappresentati e difesi dagli avv.ti Antonio Pinto, Alessandro Amato e Michele
Coratella in virtù di deleghe poste in calce alla comparsa di intervento,
intervenienti volontari,
comparsa di intervento depositata in data 19 novembre 2010;
e
Fabrizio Alpi, Alessandra Bezza, Giuseppe Battecca, Fabio Roncaglia, Anna Maria
Tamellini, Alessandro Silvani, Marco Grassi, Elena Calabri, Maria Teresa Magnani ed
Ilaria Ghiretti,
tutti elettivamente domiciliati in Roma, via Italo Carlo Falbo, n. 22, presso lo studio dell’avv.
Angelo Colucci che, unitamente all’avv. Giovanni Franchi del foro di Parma, li rappresenta e
difende, in virtù di delega posta a margine dell’atto di citazione,
intervenienti volontari,
comparsa di intervento depositata in data 24 febbraio 2014;
e
Salvatore Toma, Costanzo Loconsole, Ileana Ietri, Ivan Meani, Giovanni Agresti, Vincenzo
Liso, Marta Liso e Carmela Liso,
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Repert. n. 6346/2015 del 27/03/2015
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tutti elettivamente domiciliati in Roma, via Falbo Italo Carlo, n. 22, presso lo studio dell’avv.
Angelo Colucci, rappresentati e difesi dagli avv.ti Pio Pinto, Alessandro Amato, Michele
Coratella e Laura Maria Pia Tota in virtù di deleghe poste in calce alla comparsa di intervento,
intervenienti volontari,
comparsa di intervento depositata in data 26 marzo 2014;
e
Moody’s Investors Service inc. e Moody’s Corporation, in persona dei rispettivi legali
rappresentanti pro tempore, elettivamente domiciliate in Roma, via XX Settembre, n. 1, presso
lo studio degli avv.ti Angelo Anglani e Giovanni Piazza che le rappresentano e difendono, in
virtù di procure alle liti autenticate e munite di apostille in data 3 novembre 2010,
convenute;
e
Fitch Rating Ltd, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata
in Roma, piazza di Spagna, n. 15, presso lo studio degli avv.ti C. Ferdinando Emanuele e Carlo
Santoro che la rappresentano e difendono, in virtù di procura con sottoscrizione autenticata in
data 30 luglio 2010 e munita di apostille,
convenuta;
e
Standard & Poor’s Corporation in liquidazione e scioglimento, in persona del legale
rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in Roma, via di Villa Sacchetti, n. 11,
presso lo studio dell’avv. Carlo Felice Giampaolino che, unitamente agli avv.ti Fabio
Guastadisegni e Lia Campione del foro di Milano, la rappresenta e difende, in virtù di procura
speciale alle lite del 18 novembre 2010 autenticata dal notaio Linda Widmer (rep. 815405),
convenuta;
Oggetto: intermediazione finanziaria
Conclusioni delle parti: come da verbale del 30 giugno 2014
ragioni di fatto e di diritto della decisione
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Sentenza n. 6827/2015 pubbl. il 27/03/2015RG n. 24571/2010
Repert. n. 6346/2015 del 27/03/2015
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Con atto di citazione ritualmente notificato, i Sig.ri Sani Giorgio, Bisi Flora, Sanguinetti
Riccardo, Marozza Umberto, Calabrese Fabrizio, Calabrese Rita, Calabrese Domenico, Cattani
Giuliano, Ferrari Alessandro, Ugolotti Giancarlo, Monticelli Antonella, Ceci Marcello, Ghezzi
Claudia, Pollastri Leopoldo, Bortolini Marina, Piazza Davide, Cerutti Chiara, Correzzola Rino,
Meneghello Stefano, Correzzola Elena, Grilli Simona, Grilli Bruno, Gelli Giancarlo, Piccioli Maria
Carla, Talamo Rossi Raffaele, Aliani Severino, Greppi Bruno, Pansardi Luisa, Ceresini Cecilia,
Fabri Carlo, Ghirardi Marco, Ferrari Rosaria, Tognoni Gianluca, Vescovi Luciana, Guidetti
Rosanna, Beltrami Mario, Bertrami Mariella, Mora Sergio, Pesci Marisa, Tassi Velia, Pesci
Giuseppe, Adorni Fabrizio e Cocconcelli Angela, quali Eredi Del Signor Adorni Lamberto,
Deceduto Il 27 Novembre 2009, Marchesi Elvio, Vettori Paolo, Fanfoni Marisa, Magnani
Ernesto, Mediofina S.R.L., De Cesare Maria Adele, De Cesare Vittorio, Marzagalli Giovanna, Puliti
Valterio; Del Tomba Maddalena, Puliti Gianluca, Bisaschi Artemio, Cozzani Marzia, Magnani
Mariangela, Gavazzoli Rocco, Gandi Bruno, Mauri Giuliana, Motola Maurizio, Pettazzoni Fedora,
Innocenti Caterina, Cesari Sergio, Calderan Maria Cristina, Girardello Tommaso, Girardello
Alvise, Bergami Alessandro, Dallomo Sandra, Magagni Ruggero, Balducci Luciano, Zanzi Laura,
Zucchini Renato, Cevenini Gianni, Roberti Jessica, Roberti Fabio, Roda Nino, Veronesi Wilma,
convenivano in giudizio, dinanzi al Tribunale di Roma, convenivano in giudizio le società
Standard & Poor’s Corporation, Moody’s Corporation, Moody’s Investors Service e Fitch Rating
Ltd al fine di sentire accogliere le seguenti conclusioni: “A) In via principale: accertare e
dichiarare, per tutte le causali esposte in narrativa, la responsabilità da “contatto sociale” della
Standard & Poor’s Corporation, Moody’s Corporation, Moody’s Investors Service e Fitch Ratings
Ltd., in solido tra loro, per aver diffuso e pubblicizzato informazioni errate sulla solvibilità
dell’emittente e per aver violato i principi e le norme di condotta di cui alla narrativa che
precede; per l’effetto, condannare le società di rating convenute alla restituzione in favore degli
odierni attori dell’importo versato da ciascuno di essi per l’acquisto delle obbligazioni Lehman
(ovvero quell’altra somma, maggiore o minore, che risulterà di giustizia), a titolo di
risarcimento del danno, attesa la responsabilità per inadempimento delle agenzie di rating
convenute. Specificamente, a titolo di risarcimento del capitale, si chiede per ciascuno l’importo
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Repert. n. 6346/2015 del 27/03/2015
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delle somme di seguito indicate, ovvero quelle maggiori o minori che risulteranno giuste e
provate: Sani Giorgio: €. 69.684,97; Bisi Flora: € 155.000,00; Sanguinetti Riccardo: €
173.356,50; Marozza Umberto: €. 34.130,67; Calabrese Fabrizio: €. 100.000,00; Calabrese Rita:
€. 50.000,00; Calabrese Domenico: €. 24.657,71; Cattani Giuliano: €. 60.000,00; Ferrari
Alessandro: €. 26.411,82; Ugolotti Giancarlo e Monticelli Antonella: € 24.892,64; Ceci Marcello
e Ghezzi Claudia: €. 25.340,59; Pollastri Leopoldo e Bertolini Marina: € 136.377,71; Piazza
Davide e Cerutti Chiara: €. 24.488,06; Correzzola Rino: €. 10.000,00; Meneghello Stefano e
Correzzola Elena: €. 24.896,64; Grilli Simona e Grilli Bruno: €. 9.560,15; Gelli Giancarlo e
Piccioli Maria Carla: €. 152.518,43; Talamo Rossi Raffaele: €. 19.337,22; Aliani Severino: €.
38.929,61; Greppi Bruno: €. 174.376,17; Pansardi Luisa: €. 20.532,33; Ceresini Cecilia: €
35.000,00; Fabri Carlo: € 14.267,82; Ghirardi Marco e Ferrari Rosaria: €. 18.819,08; Tognoni
Gianluca: € 123.072,69; Tognoni Gianluca e Vescovi Luciana: €. 18.337,83; Guidetti Rosanna,
Beltrami Mario e Mariella: €. 15.932,17; Mora Sergio: € 39.724,78; Pesci Marisa – Pesci
Giuseppe e Tassi Velia: € 18.184,57; Adorni Fabrizio, Cocconcelli Angela: € 50.618,13; Marchesi
Elvio: € 30.108,15; Vettori Paolo: € 19.364,57; Fanfoni Marisa: € 25.170,23; Magnani Ernesto:
€ 38.427,13; Mediofina s.r.l.: € 268.834,66; De Cesare Maria Adele e De Cesare Vittorio: €
25.288,20; Marzagalli Giovanna: € 60.051,20; Puliti Valterio e Del Tomba Maddalena: €
150.000,00; Puliti Gianluca: € 100.000,00; Bisaschi Artemio e Cozzani Marzia: € 130.000,00;
Cozzani Marzia: € 58.000,00; Magnani Mariangela e Gavazzoli Rocco: € 41.288,08; Gandi
Bruno e Mauri Giuliana: € 20.000,00;Mottola Maurizio e Pettazzoni Fedora: € 35.191,96;
Innocenti Caterina e Cesari Sergio: € 151.102,08; Calderan Maria Cristina, Girardello Tommaso
e Girardello Alvise: € 50.157,67; Bergami Alessandro e Dallomo Sandra: € 50.017,50; Magagni
Ruggero: € 10.102,93; Balducci Luciano e Zanzi Laura: € 95.884,85; Zucchini Renato: €
203.604,00; Cevenini Gianni: € 128.452,92; Roberti Jessica: € 99.206,23; Roberti Fabio: €
364.951,51; Roda Nino e Veronesi Wilma: € 61.000,00; B) In via autonoma e concorrente:
accertare e dichiarare, per i motivi di cui in narrativa, la responsabilità extracontrattuale nei
confronti degli odierni attori, per fatto illecito ai sensi dell’art. 2043 c.c. delle società Standard
& Poor’s Corp., Moody’s Corp., Moody’s Investors Service e Fitch Ratings Ltd., in solido tra loro,
per aver diffuso e pubblicizzato informazioni errate sulla solvibilità dell’emittente Lehman
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Brothers e per aver violato i principi e le norme di condotta di cui in narrativa e, per l’effetto,
condannare le società di rating convenute, alla restituzione in favore degli odierni attori
dell’importo versato da ciascuno per l’acquisto delle obbligazioni Lehman (ovvero quell’altra
somma, maggiore o minore, che risulterà di giustizia), a titolo di risarcimento del danno che gli
attori hanno subito per fatto e colpa delle agenzie di rating convenute. C) Contestualmente
condannare le società convenute, in solido tra loro, al pagamento in favore degli attori degli
interessi e del maggior danno da svalutazione monetaria come previsto dall’art. 1224, comma
2, c.c., sulle somme riconosciute, a far capo dal giorno dell’acquisto (o quantomeno dalla
domanda) sino all’effettivo soddisfo. D) In via del tutto subordinata: nella denegata ipotesi di
rigetto di entrambe le domande formulate ai punti sub A e B delle conclusioni che precedono, si
chiede di condannare le società convenute, in solido tra loro, al risarcimento del danno da
perdita di chance che ha cagionato a tutti gli odierni attori con il proprio comportamento
negligente e colposo, sempre provvedendo alla restituzione dell’importo versato per l’acquisto
dei titoli Lehman come specificato per ciascuno sub capo A delle presenti conclusioni, ovvero di
quell’altra somma che risulterà giusta e provata, sempre oltre interessi e danno da
rivalutazione monetaria previsto dall’art. 1224, comma 2, c.c. In tutti i casi con vittoria di spese
e competenze di lite, oltre al rimborso delle spese forfetarie previste dall’art. 15 T.F., da
distrarsi direttamente in favore dei sottoscritti procuratori anticipatari”.
A fondamento della svolta domanda, la difesa degli attori rappresentava che:
- gli odierni attori sono tutti acquirenti di obbligazioni emesse da società del
gruppo Lehman Brothers;
- il gruppo americano Lehman Brothers è stato fino a pochi anni fa tra i primari
operatori della finanza mondiale, svolgendo molteplici attività volte a soddisfare
le esigenze finanziarie di società, governi ed enti locali, clienti istituzionali e
individuali dotati di ampi portafogli di investimento su scala mondiale;
- il gruppo operava, altresì, come market-maker mondiale rispetto ai maggiori
prodotti di tipo azionario e a reddito fisso, sia negli Stati Uniti, che nei mercati
internazionali;
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- tuttavia, già nell’agosto del 2007, a causa del peggioramento dell’esposizione
debitoria del gruppo Lehman nel settore dei mutui subprime, il direttivo
dell’azienda decideva di cessare il settore dedicato ai suddetti mutui, così
registrando una drastica riduzione sia dei posti di lavoro in ben 23 sedi, che
finanziaria;
- la situazione patrimoniale del gruppo peggiorava ulteriormente nel corso del
2008 a seguito, sia della persistente crisi dei mutui subprime che dei devastanti
problemi finanziari legati ai titoli garantiti da quei prestiti a basso rating;
- nel secondo trimestre del 2008, infatti, il gruppo registrava perdite per quasi tre
miliardi di dollari che costringevano la società a tentare di liquidare circa 6
miliardi di dollari di attività per fare fronte a quelle dichiarate;
- il grave deficit del gruppo si ripercuoteva sulle azioni della Lehman che, infatti,
perdevano il 73% del loro valore, mentre il mercato del credito continuava a
franare;
- la situazione finanziaria della società precipitava definitivamente il 9 settembre
2008, allorquando, a seguito dell’abbandono delle trattative da parte di Bank of
America prima e di Barclays poi, le azioni Lehman subivano una grave perdita del
44,95%;
- pertanto, il 15 settembre 2008 la società manifestava pubblicamente l'intenzione
di avvalersi del Chapter 11, la procedura di “fallimento pilotato” prevista dalla
legge statunitense, annunciando debiti bancari per 613 miliardi di dollari, debiti
obbligazionari per 155 miliardi di dollari, nonché debiti per attività per un valore
di 639 miliardi di dollari;
- le obbligazioni Lehmann sono sempre state assistite da un rating - emesso dalle
società oggi convenute - altamente positivo che, sino al 15 settembre 2008, è
oscillato fra la tripla AAA ed il livello A;
- sussiste una responsabilità, di natura contrattuale da contatto sociale, delle
agenzie di rating per avere fornito, diffuso e pubblicizzato, alla pluralità dei
risparmiatori, informazioni errate circa la sicurezza dei titoli obbligazionari
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Lehman così creando un ragionevole affidamento, nei risparmiatori stessi, in
ordine alla solidità dell’emittente i titoli;
- sussiste, in via autonoma e concorrente, una responsabilità extracontrattuale delle
società di rating convenute in quanto dette società, pur potendo conoscere la reale
situazione del gruppo Lehman, hanno colposamente continuato a considerarlo
affidabile ed a pubblicizzare la piena solvibilità e solidità dell’emittente.
Sulla scorta di tali considerazioni gli attori concludevano come sopra riportato.
Nel corso del procedimento intervenivano numerosi altri risparmiatori - anch’essi
acquirenti dei titoli obbligazionari emessi dalla Lehman - i quali svolgevano nei confronti delle
agenzie di rating convenute - le medesime domande proposte dagli attori.
Si costituivano, con una unica comparsa, le società Moody’s Investors Service Inc. e
Moody’s Corporation le quali - oltre ad eccepire la nullità della domanda - chiedevano: “in via
pregiudiziale (…), dichiarare la carenza di giurisdizione del giudice italiano e/o la propria
incompetenza, dichiarando improponibili e/o inammissibili ed improcedibili le domande ex
adverso svolte nei confronti di Moody’s Investors Service Inc. e di Moody’s Corporation, per i
motivi di cui in atti; subordinatamente (e salvo gravame), sempre in via pregiudiziale e
preliminarmente (…) dichiarare la propria incompetenza territoriale; subordinatamente (…) e
preliminarmente, accertare e dichiarare la carenza di legittimazione passiva di Moody’s
Corporation e comunque l’infondatezza di ogni pretesa rivolta nei suoi confronti,
estromettendo la stessa dal giudizio e/o comunque rigettando ogni domanda rivolta nei suoi
confronti; in via ulteriormente subordinata (salvo gravame), nel merito, rigettare ogni avversa
domanda nei confronti di Moody’s Investors Service Inc. e di Moody’s Corporation per i motivi
di cui in atti e, comunque, siccome infondata in fatto ed in diritto, oltre che sfornita di prova”.
Si costituiva la Fitch Ratings Ltd. la quale così concludeva: “in via pregiudiziale di rito,
1.a. dichiarare il proprio difetto di giurisdizione (…); 1.b in subordine, dichiarare la nullità e/o
l’inammissibilità dell’atto di citazione e dell’atto di intervento (…); 1.c. in ulteriore subordine,
dichiarare il difetto di legittimazione passiva o, comunque, la totale estraneità di Fitch Ratings
Ltd. rispetto a tutte le domande avversarie oppure, in ulteriore subordine, rispetto a quelle
formulate dagli attori e intervenuti che hanno asseritamente acquistato titoli (o polizze
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assicurative legate a titoli) per cui nessuna società di rating del gruppo Fitch risulta aver
emesso un rating specifico (…); 2. in estremo subordine e nel merito, rigettare integralmente le
domande di attori e intervenuti in quanto infondate in fatto ed erronee in diritto”.
Si costituiva la Standard & Poor's Corporation la quale così concludeva: “In via
preliminare: (…) (2) accertare e dichiarare la carenza di legittimazione passiva della convenuta
Standard & Poor's Corporation per i motivi esposti in narrativa; (3) accertare e dichiarare la
carenza di giurisdizione dell'On.le Giudice adito per i motivi esposti in narrativa. Nel merito:
(1) accertare e dichiarare che alla fattispecie dedotta in giudizio si applica la legge statunitense;
(2) rigettare integralmente, per i motivi evidenziati in atti, tutte le domande degli attori perché
infondate in fatto ed in diritto”.
Assunta una prima volta in decisione in ragione della necessità di risolvere le questioni
preliminari sollevate da parte convenuta, con sentenza non definitiva n. 3021/2014 depositata
in cancelleria in data 7 febbraio 2014, il Tribunale: dichiarava il difetto di giurisdizione del
giudice italiano in relazione alla domanda proposta dagli attori e dagli intervenuti fondata su
una responsabilità di natura contrattuale delle società di rating; rigettava l’eccezione di difetto
di giurisdizione del giudice italiano in relazione alla domanda proposta dagli attori e dagli
intervenuti fondata su una responsabilità di natura extracontrattuale delle medesime società.
Con separata ordinanza, venivano quindi concessi i termini di cui all’art. 183 c.p.c.
Con comparsa di intervento depositata in data 24 febbraio 2014 intervenivano in
giudizio i Sig.ri Fabrizio Alpi, Alessandra Bezza, Giuseppe Battecca, Fabio Roncaglia, Anna
Maria Tamellini, Alessandro Silvani, Marco Grassi, Elena Calabri, Maria Teresa Magnani ed
Ilaria Ghiretti e, con comparsa del 26 marzo 2014, intervenivano i Sig.ri Salvatore Toma,
Costanzo Loconsole, Ileana Ietri, Ivan Meani, Giovanni Agresti, Vincenzo Liso, Marta Liso e
Carmela Liso i quali svolgevano, nei confronti di tutti i convenuti, domande analoghe a quelle
proposte dagli attori.
Quindi, all’udienza del 30 giugno 2014, le parti precisavano nuovamente le rispettive
conclusioni come da relativo verbale e la causa veniva trattenuta in decisione con concessione
alle parti dei termini di cui all’art. 190 c.p.c.
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La infondatezza, nel merito, delle domande proposte dagli investitori nei confronti
delle società Standard & Poor’s Corporation, Moody’s Corporation, Moody’s Investors Service e
Fitch Rating Ltd. consente di non procedere ad una valutazione delle questioni preliminari
(ulteriori rispetto a quelle oggetto della sentenza non definitiva emessa in corso di causa). Ed
invero, secondo recenti interventi della giurisprudenza di legittimità, anche a sezioni unite, in
applicazione del principio processuale della “ragione più liquida” - desumibile dagli artt. 24 e
111 Cost. - deve ritenersi consentito al giudice esaminare un motivo di merito, suscettibile di
assicurare la definizione del giudizio, anche in presenza di una questione pregiudiziale (Corte
di cassazione, sez. un., 8 maggio 2014, n. 9936, ma si veda, altresì, Cassazione civile, sez. lav., 28
maggio 2014, n. 12002 secondo la quale il principio della "ragione più liquida", imponendo un
approccio interpretativo con la verifica delle soluzioni sul piano dell'impatto operativo,
piuttosto che su quello della coerenza logico sistematica, consente di sostituire il profilo di
evidenza a quello dell'ordine delle questioni da trattare, di cui all'art. 276 c.p.c., in una
prospettiva aderente alle esigenze di economia processuale e di celerità del giudizio,
costituzionalizzata dall'art. 111 Cost., con la conseguenza che la causa può essere decisa sulla
base della questione ritenuta di più agevole soluzione - anche se logicamente subordinata -
senza che sia necessario esaminare previamente le altre).
Tanto chiarito, come già evidenziato nella sentenza non definitiva emessa nel corso del
procedimento, gli attori (le cui domande sono state fatte, successivamente, proprie dagli
intervenuti) hanno instaurato il presente giudizio al fine di sentire affermare la responsabilità
delle società di rating - sia sotto il profilo della responsabilità contrattuale da “contatto sociale”
sia sotto quello della responsabilità extracontrattuale - asserendo di essere stati indotti ad
acquistare le obbligazioni Lehman a causa delle informazioni errate diffuse dalle convenute
circa la solvibilità dell’emittente. Hanno, dunque, chiesto di condannare le medesime, in solido
tra loro, al risarcimento del danno parametrato all’importo versato da ciascun investitore per
l’acquisto delle obbligazioni Lehman.
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A seguito della sentenza non definitiva emessa da questo Tribunale in data 7 febbraio
2014 con la quale è stata accolta l’eccezione di difetto di giurisdizione con riferimento alla
domanda risarcitoria fondata su una responsabilità contrattuale, la presente causa riguarda
oramai soltanto la responsabilità extracontrattuale delle società convenute.
Prima però di passare ad esaminare i tratti della responsabilità dedotta, occorre
soffermarsi - sia pure in estrema sintesi - su cosa sia il rating e, dunque, quale attività svolgano
le società che lo pubblicano.
Il rating può essere definito come la valutazione, sinteticamente espressa in una scala
predeterminata in lettere, che viene effettuata da un soggetto specializzato e indipendente (le
c.d. credit rating agencies: CRA) in merito al grado di probabilità di regolare pagamento di
capitale e di interessi da parte dell’emittente di un determinato prestito obbligazionario (c.d.
issue rating) ovvero alla capacità generale dell’emittente di far fronte regolarmente a tutte le
proprie obbligazioni.
Secondo un primo orientamento, richiamato anche dalle società convenute, le agenzie
di rating non formulano raccomandazioni ad acquistare, detenere o vendere determinati titoli,
ma emettono semplici pareri sulla capacità di credito di un particolare emittente o di un
particolare strumento finanziario ad una certa data: ciascun investitore dovrà, infatti,
effettuare le proprie scelte a suo esclusivo rischio, avvalendosi eventualmente di un promotore
finanziario che valuti il rischio con riferimento alla situazione finanziaria del singolo
investitore. Da ciò deriva che qualsiasi valutazione dell'agenzia di rating, sebbene sbagliata,
come nella ipotesi in cui il titolo fino al giorno prima del fallimento era stato classificato come
sicuro, non può dar adito ad alcun risarcimento in quanto mera opinione, come tale non
passibile di essere classificata errata sulla base di dati oggettivi (in questi termini, Tribunale
Roma, 17 gennaio 2012, n. 835).
Ritiene il Tribunale che tali conclusioni non siano condivisibili.
Infatti, anche a volere prescindere dall’intima contraddizione del principio di diritto
indicato - che, da un lato, riconosce che la valutazione dell’agenzia di rating era “errata” e,
dall’altro, afferma che tale valutazione “in quanto mera opinione” non e “passibile di essere
classificata errata sulla base di dati oggettivi” - la giurisprudenza ora richiamata
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Sentenza n. 6827/2015 pubbl. il 27/03/2015RG n. 24571/2010
Repert. n. 6346/2015 del 27/03/2015
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sostanzialmente recepisce l’orientamento giurisprudenziale delle corti statunitensi secondo il
quale le valutazioni sull’affidabilità creditizia di un soggetto costituiscono mere opinioni,
assimilabili a quelle espresse dalla stampa finanziaria, che ricadono sotto la protezione del
Primo emendamento della Costituzione americana che tutela la libertà di espressione.
Tuttavia, tale orientamento - che, in una qualche misura, è sottoposto ad un ampio
dibattito critico che, anche negli Stati Uniti, tende fortemente a metterlo in discussione - non
appare convincente in quanto il giudizio delle agenzie di rating crea, negli investitori, un
affidamento sul rischio di credito di un titolo o sulla solvibilità o solidità economico-finanziaria
di un emittente, che viene tradito o leso quando la valutazione dell’agenzia è erronea, inesatta o
incompleta o comunque frutto di una attività di istruttoria negligente. Tale affidamento si
forma nell’investitore in considerazione del valore reputazionale delle agenzie di rating, della
loro credibilità e competenza tecnica e prescinde da un rapporto di tipo contrattuale o di mero
contatto sociale, non venendo l’investitore mai in contatto con le agenzie di cui conosce il
giudizio espresso attraverso altri canali (intermediario finanziario, stampa etc.).
In questa prospettiva, l’idoneità del rating ad ingenerare un affidamento negli
investitori è generalmente segnalata dalla giurisprudenza la quale, sebbene con riferimento
alla (diversa) tematica della responsabilità dell’intermediario finanziario, ha più volte ribadito
l’importanza del rating come oggetto di informazione che l’intermediario medesimo deve
fornire all’investitore. È stato, infatti, correttamente, osservato che il rating costituisce una
informazione se non determinante quanto meno indicativa del tipo di investimento che si è in
procinto di effettuare e che la sua mancata indicazione rappresenta la violazione dei più
elementari obblighi informativi. In altre parole, l’intermediario ha il preciso obbligo di
segnalare al risparmiatore, in modo non generico ed approssimativo, la natura
dell’investimento alla stregua della valutazione operata dalle maggiori agenzie di rating,
trattandosi di dato che costituisce fattore idoneo ad influenzare in modo rilevante il processo
decisionale dell’investitore (cfr., così, Trib. Firenze, 6 luglio 2007; Corte appello Milano, 17
maggio 2012; Trib. Prato, 4 novembre 2011 secondo il quale il giudizio delle agenzie di rating
ha tutta la possibilità di ingenerare un serio e ragionevole affidamento negli investitori e, per
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tale ragione, gli intermediari finanziari rispondo per non aver comunicato agli investitori il
rating o le sue variazioni).
L’importanza delle valutazioni di affidabilità creditizia è, infine, oggi riconosciuta
anche a livello normativo: infatti, nel primo considerando del Regolamento CE n. 1060/2009 si
legge che “i rating del credito hanno un impatto significativo sul funzionamento del mercato e
sulla fiducia degli investitori e dei consumatori”.
Al contrario, affermare che il rating di per sé non può mai essere errato, perché
mancherebbero i criteri oggettivi per esprimere un giudizio di “inesattezza”, significa escludere
a priori che l’attività di rating sia assoggettabile ad un sindacato di tipo giurisdizionale.
Peraltro, l’orientamento qui criticato non prende in considerazione il carattere rappresentato
dalla natura professionale dell’attività, che implica l’esistenza di regole e standard elaborati
dalla prassi, codificati dalle stesse agenzie ed oggi presi in considerazione dal legislatore
comunitario.
L’investitore confida, dunque, direttamente nella esattezza ed affidabilità del rating
emesso dall’agenzia e in base a questo giudizio assume la decisione di investire il proprio
capitale: il giudizio dell’agenzia di rating può avere indotto l’investitore ad acquistare titoli di
debito che erano stati valutati in modo positivo e che, al contrario, si sono rivelati rischiosi,
causando la perdita del capitale investito oltre che il danno derivante dal mancato investimento
in altri titoli maggiormente remunerativi. Ebbene, appare certo che l’affidamento che genera il
giudizio di solvibilità sia, per l’ordinamento giuridico, meritevole di tutela con la conseguenza
che il danno eventualmente cagionato all’investitore dall’emissione di un rating colposamente
errato deve essere necessariamente qualificato come danno ingiusto.
La responsabilità delle agenzie di rating si pone, dunque, nel solco dei principi generali
del diritto civile: si tratta, all’evidenza, della lesione della libertà contrattuale dell’investitore
poiché l’agenzia, con l’emanazione del rating errato, ha interferito nell’attività negoziale
dell’investitore, alterandola, in quanto egli confidava nella correttezza del giudizio emesso
dall'agenzia e di conseguenza nella solvibilità dell'emittente (in questi termini, Tribunale
Catanzaro sez. I, 2 marzo 2012, n. 685).
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In definitiva, l’emissione di un rating errato cagiona una lesione della libertà
contrattuale dell’investitore (da taluni definita ‘positiva’ che si distingue dalla lesione ‘negativa’
della medesima libertà che si verifica quando l’erroneo rating negativo di un titolo abbia
dissuaso l’investitore dal concludere il contratto di acquisto di quel titolo orientandolo verso
investimenti meno redditizi) che diviene fonte di responsabilità. Non vi è dubbio, poi che tale
responsabilità vada qualificata come extracontrattuale.
Ciò posto, la responsabilità extracontrattuale si compone degli elementi del danno
ingiusto, della colpa o del dolo e del nesso di causalità tra condotta e danno, i quali devono
essere allegati e provati dalla parte che agisce per chiedere il risarcimento del danno subito.
Non si può negare che una simile prova sia particolarmente complessa per il singolo investitore
o per un gruppo di investitori: tuttavia, il riparto probatorio ora descritto è il necessario
portato della qualificazione giuridica, in termini extracontrattuali, della responsabilità delle
agenzie di rating.
Infatti, come è stato già correttamente osservato in giurisprudenza (Trib. Catanzaro, 2
marzo 2012, cit.), non è possibile affermare la responsabilità dell’agenzia di rating solo perché
il giudizio da questa espressa non rispecchia la reale prospettiva di solvibilità dell’emittente,
ma è necessario che la condotta dell’agenzia sia connotata da dolo o da colpa. Infatti, poiché il
rating è un giudizio prognostico, che implica, necessariamente, una valutazione delle
prospettive future di un emittente o di un titolo e di variabili che sfuggono alla sfera di
controllo del soggetto che quel giudizio emette, il fatto che le previsioni non siano poi state
confermate dalla realtà non indica, di per sé, che al momento in cui furono espresse le
valutazioni queste non fossero dotate di un ragionevole grado di plausibilità.
Venendo ora all’esame dei singoli elementi costitutivi della responsabilità ed iniziando
dal profilo soggettivo (ma tralasciando il dolo che nessuno degli attori o degli intervenuti ha
dedotto), la colpa si concretizza nella negligenza professionale e, quindi, nella inosservanza dei
principi di diligenza professionale. In particolare, la colpa si configura quando l’attività di
preparazione e diffusione del rating non viene espletata in conformità ai criteri della diligenza,
prudenza e perizia, in quanto i raters effettuano una valutazione di un titolo senza una
particolare accuratezza o precisione ovvero in modo affrettato senza considerare tutte le
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informazioni di cui possono disporre ovvero interpretando in modo scorretto i dati e le
informazioni che hanno raccolto. La prova della colpa dell’agenzia deve allora vertere sulla
diligenza con cui questa ha valutato le informazioni delle quali disponeva, utilizzato o, per
converso, ignorato i dati in suo possesso e, dunque, formulato le proprie considerazioni e le
proprie conclusioni.
La diligenza, infatti, si sostanzia nell’adempimento di tutte le regole tecniche e
procedurali, nonché dei principi dell’arte e dei codici deontologici e di condotta che
appartengono alla professione svolta. Ed appare solo il caso di aggiungere che la diligenza deve
essere valutata tenendo conto della natura dell’attività esercitata e dello status professionale
rivestito dalle agenzie (art. 1176 secondo comma c.c.).
Spetterà, quindi, agli investitori che si assumono danneggiati dal comportamento
dell’agenzia, allegare e provare che la società di rating ha emesso un giudizio che non
rispecchiava la situazione patrimoniale e finanziaria dell’emittente (per come conoscibile dalla
stessa agenzia di rating) e che tale mancata corresponsione dipende dall’utilizzo di procedure
di valutazioni non conformi alla prassi internazionale ed agli standard di settore.
Quanto, poi, al nesso causale intercorrente tra la condotta dell’agenzia di rating che ha
emesso un giudizio errato e il pregiudizio subito dall’investitore a seguito dell’insolvenza
dell’emittente, è parimenti onere dell’investitore provare che, se la valutazione espressa
dall’agenzia fosse stata corretta, sarebbe stato disincentivato e non avrebbe sottoscritto gli
strumenti finanziari dell’emittente, ovvero non avrebbe mantenuto uno strumento finanziario
poi risultato negativo. Sotto il profilo da ultimo menzionato, occorrerà poi distinguere la
posizione dell’investitore professionale rispetto a quella dell’investitore inesperto, potendosi
attendere soltanto dal primo, in presenza di un progressivo deterioramento del rating, un
comportamento di pronto disinvestimento del titolo al fine di limitare le conseguenze dannose
derivanti dall’illecito, a mente dell’art. 1227, secondo comma, c.c., comportamento, al contrario,
in generale non esigibile dalla seconda tipologia di investitori.
Tanto chiarito in punto di diritto, il Tribunale osserva come sia gli attori che gli
interventori non abbiano fornito una prova adeguata sia dell’elemento soggettivo della
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responsabilità aquiliana dedotta sia del nesso causale tra l’emissione del rating ed il
comportamento degli investitori.
Infatti, con riferimento al primo profilo, essi si sono limitati ad affermare che, fin
dall’agosto del 2007, la Lehman aveva chiuso la propria banca del gruppo dedicata ai mutui
subprime (BNC Mortgage) dichiarando pubblicamente ingentissime perdite e che “gli effetti
negativi della ‘tempesta’ legata ai mutui subprime hanno peggiorato, sin dagli inizi del 2008, la
situazione patrimoniale del gruppo americano, con conseguente costante calo delle quotazione
dei titoli Lehman” (cfr., comparsa conclusionale di parte attrice, pag. 10). Sempre con
riferimento all’elemento della colpa cui sarebbero incorse le agenzie di rating, parte attrice
richiama “la notizia”, del marzo 2008, di una indagine da parte della Sec - Securities and
Exchange Commission su alcune operazioni sul titolo Lehman Brothers riportando poi uno
stralcio di un articolo del Corriere della sera secondo il quale il titolo Lehman aveva “bruciato”
il 23% in marzo, “sulla scia di voci secondo cui il colosso di Wall Street non sarebbe stato in
grado di finanziare le proprie attività”. Infine, vengono evidenziate le decisioni della società
Lehman di tagliare il 5% della propria forza lavoro e alcuni articoli (non meglio precisati) di
analisti finanziari secondo i quali la Lehman Brothers “sembra dover ricorrere ad un nuovo
aumento di capitale da 3-4 miliardi di dollari”.
Tali elementi appaiono del tutto insufficienti a fornire la prova dell’elemento
soggettivo della responsabilità.
Come in precedenza osservato, infatti, il profilo della colpa non può essere ricavato, in
modo del tutto apodittico, dalla circostanza che il giudizio di rating si è rivelato non coerente
rispetto all’effettiva meritevolezza creditizia dell’ente o del titolo valutato, ma occorre,
necessariamente, valutare l’attività che ha condotto all’emissione del giudizio verificando la
corretta applicazione da parte dell’agenzia delle metodologie e delle procedure elaborate dalla
prassi del settore.
Ebbene, gli elementi - indicati in maniera atomistica e senza alcuna prospettiva di
insieme - non risultano sufficienti per giungere ad un giudizio di negligenza delle società che
hanno emesso il rating sulle obbligazioni Lehman. Infatti, per giungere ad un simile
accertamento, la parte avrebbe dovuto (allegare e poi) provare che gli elementi di cui agenzie
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disponevano potevano condurre effettivamente ad un giudizio diverso e ciò in applicazione
delle migliori metodologie economiche e finanziarie di valutazione. In questa prospettiva, la
parte avrebbe dovuto indicare tutti gli elementi conosciuti o comunque conoscibili dalle società
di rating ed allegare le metodologie ricostruttive alternative a quelle utilizzate dalla parte
ovvero indicare puntualmente gli errori di valutazione (intesi come difformità dagli standard e
dalle metodologie codificate) in cui la società sarebbe incorsa. La prova della colpa
necessiterebbe, evidentemente, di una valutazione di dissonanza fra i dati che la società di
rating ha avuto a disposizione ed il rating asseritamente errato attribuito: in altre parole, gli
attori hanno l’onere di allegare e provare che durante la procedura di formazione del rating
non è stato osservato uno degli obblighi relativi alla formazione della valutazione di solvibilità.
In assenza di tale attività processuale, infatti, necessariamente si ricadrebbe nella affermazione
della responsabilità per effetto di una valutazione di erroneità compiuta ex post.
L’esistenza di perdite così come la necessità di procedere a licenziamenti collettivi,
valutate atomisticamente e senza un esame generale della situazione complessiva della società
emittente (che era onere della parte che agisce in giudizio provare), non possono che essere
considerate circostanze “neutre” rispetto alla condotta delle agenzie perché esse possono
anche spiegarsi in una ottica di ristrutturazione aziendale, come tale non incidente,
automaticamente, sul rating. Quanto, poi, alle voci secondo le quali la società emittente non
sarebbe stata in grado di finanziare le proprie attività ed all’esistenza di taluni articoli di
analisti finanziari secondo i quali la medesima società avrebbe dovuto procedere ad un
aumento di capitale, il Tribunale osserva che non può certamente pervenirsi ad un giudizio di
responsabilità sulla base di voci correnti ovvero di giudizi riportati senza menzione della fonte.
Alcuni intervenuti in giudizio deducono la violazione, da parte delle agenzie
convenute, dei principi contenuti nel c.d. “Codice Iosco” che le medesime agenzie avevano
sottoscritto obbligandosi ad adottare codici di condotta professionale conformi alle predette
regole. Tuttavia, la deduzione, già sul piano assertivo, si presenta del tutto generica in quanto
non è indicata alcuna specifica regola di condotta contenuta nel predetto Codice che le
convenute avrebbero violato.
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Sotto altro profilo, il Tribunale osserva come la parte attrice abbia meramente dedotto
l’esistenza del nesso eziologico tra l’emissione del rating errato e la condotta degli investitori
oggi parti in causa (quali attori o intervenienti) consistita nell’acquisto o nella mancata
cessione dei titoli Lehman.
Alla luce delle precedenti considerazioni le domande proposte dagli attori e dagli
intervenuti nei confronti delle società Standard & Poor’s Corporation, Moody’s Corporation,
Moody’s Investors Service e Fitch Ratings Ltd. devono essere integralmente rigettate.
Ciascuno degli attori e degli intervenienti indicati in epigrafe, rimasti soccombenti,
deve essere condannato alla refusione, in favore dei convenuti, delle spese legali relative al
presente giudizio, spese che vengono liquidate come in dispositivo sulla base delle statuizioni
contenute nel d.m. Giustizia 10 marzo 2014 n. 55 (pubblicato in Gazzetta Ufficiale del 2 aprile
2014) ed applicata la riduzione prevista dall’art. 4 del medesimo d.m. attesa l’identità delle
posizioni processuali.
p.q.m.
Il Tribunale di Roma, definitivamente pronunciando in persona del dott. Guido Romano,
nel contraddittorio tra le parti, così provvede:
I) rigetta le domande proposte dagli attori e dagli intervenienti;
II) condanna ciascuno degli attori e degli intervenienti in epigrafe indicati alla
refusione, in favore di Fitch Rating Ltd, della spese legali del presente giudizio che
liquida in complessivi €. 1.800,00 per compensi oltre rimborso forfettario spese
generali al 15% iva e cpa come per legge;
III) condanna ciascuno degli attori e degli intervenienti in epigrafe indicati in favore
di Moody’s Investors Service inc. e Moody’s Corporation, della spese legali del
presente giudizio che liquida in complessivi €. 1.800,00 per compensi oltre
rimborso forfettario spese generali al 15% iva e cpa come per legge;
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IV) condanna ciascuno degli attori e degli intervenienti in epigrafe indicati in favore
di Standard & Poor’s Corporation in liquidazione, della spese legali del presente
giudizio che liquida in complessivi €. 1.800,00 per compensi oltre rimborso
forfettario spese generali al 15% iva e cpa come per legge.
Roma, 28 febbraio 2015
Il Giudice
(dott. Guido Romano)
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Repert. n. 6346/2015 del 27/03/2015
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