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TORINO 16-19 Novembre 2013
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RELAZIONI A INVITOMammografia: nuove tecniche e ricadute dosimetriche. G. Gennaro, Padova
Valutazione e ottimizzazione della dose al paziente nelle procedure di TC: stato dell’arte. O. Rampado, Torino
Diversi punti di vista: l’ottimizzazione delle procedure interventistiche. M. D’Amico - P. Isoardi - P. Muratore, Torino
http://www.aifm2013.org/abstract.html
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TORINO 16-19 Novembre 2013
RELAZIONI LIBERECaratterizzazione fisica di un nuovo algoritmo CT iterativo operante nello spazio dei sinogrammi. C. Ghetti, Parma
Sistemi di modulazione in TC: riduzione della dose. G. Lucconi, Bologna
Sistemi di modulazione della dose in MSCT: valutazione della qualità delle immagini per l’ottimizzazione dei protocolli clinici. L. Pierotti, Bologna
L’impiego dei nuovi sistemi di mappaggio elettroanatomico riduce la dose al paziente nelle procedure di ablazione a radiofrequenza? A. Radice, Milano/Monza
Studio dei parametri di acquisizione per l’ottimizzazione delle esposizioni su un sistema CT dotato di algoritmo di ricostruzione iterativo delle immagini. F. Bonutti, Udine
Dose locale alla cute in pazienti sottoposti a procedure di radiologia interventistica usando un sistema basato su rivelatori MOSFET. M. D. Falco, Roma
Un programma regionale per i controlli di qualità nello screening mammografico. G. Gennaro, Padova
Ottimizzazione delle dosi in radiologia interventistica per procedure di coronarografia (CA) e angioplastica coronarica (PTCA). M. Parisotto, Milano
Stima della dose ed accuratezza diagnostica in esami di tomosintesi del torace per lo screening del tumore polmonare. S. Chauvie, Cuneo
Dose al paziente nelle procedure interventistiche in Italia. A. Trianni, Udine
Dose cumulativa e stima del rischio radioindotto da imaging medico in pazienti sottoposti a riparazione endovascolare di aneurisma aortico. D. Lizio, Novara
Esposizione alle radiazioni da TC multistrato nel bambino: risultati della prima indagine nazionale italiana. D. A. Origgi, Milano
Risultati finali della prima indagine nazionale SIRM sulla dose al paziente adulto in esami con Multislice CT. F. Palorini, Milano
Procedure radiodiagnostiche in età pediatrica: studio di percorsi diagnostici e di modelli organizzativi per l’ottimizzazione dell’utilizzo della Tomografia Computerizzata (TC) e la limitazione delle esposizioni ingiustificate alle radiazioni. A. Torresin, Milano
Dose efficace complessiva alla popolazione derivante dalle principali categorie di esami diagnostici a raggi-X: uno studio in Valle d’Aosta nel periodo 2005-2009. A. Peruzzo Cornetto, Aosta
RADIOLOGIA ••
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POSTERDifferenze negli indici di dose con e senza algoritmo di ricostruzione iterativo in TC e resoconto sull’innovativo sistema Dose-Check. F. Bonutti, Udine
Rischio di tumori radio-indotti nella colonografia di screening. L. G. Moro, Pavia
Confronto tra SAFIRE e Filtered Back Projection: valutazione della riduzione della dose e della qualità delle immagini CT. F. Zito, Milano
Valutazione dell’algoritmo iterativo di ricostruzione e della modulazione dei mA di una CT 128 strati su fantoccio e immagini cliniche. S. Maggi, Ancona
Riduzione di dose in TC a 80 e 100 kVp senza perdita di qualità dell’immagine. F. Zucconi, Milano
Sviluppo di una applicazione Monte Carlo per il calcolo della dose negli scanner CT Multi Detettore. G. Feliciani, Bologna
Stime di dose assorbita agli organi nell’embolizzazione delle arterie uterine: risultati preliminari. E. Bolla, Castelfranco Veneto (TV)
Dose in ingresso e dose efficace in bambini sottoposti a procedure neuroangiografiche. C. Carapelli, Torino
Metodi di valutazione dell’accuratezza del CTDI nominale in CardioCT. S. Strocchi, Varese
Procedure di ottimizzazione URO-CT in termini di dose e mezzo di contrasto. E. Roberto, Cuneo
Valutazione della dose efficace al paziente in procedure interventistiche con GAFCHROMIC XR-RV3®. C. Stancampiano, Catania
Fantoccio Ibrido - Perspex - Acqua per Dosimetria su CT. E. Cefalì, Reggio Calabria
Confronto quantitativo fra immagini TC ricostruite con filtered back-projection (FBP) e immagini a dose ridotta ricostruite con SAFIRE. M. Poli, Candiolo (TO)
Caratterizzazione dell’algoritmo di ricostruzione iterativo ASIR in vari distretti corporei: considerazioni sulla qualità dell’immagine e sulla riduzione di dose. A. Ciarmatori, Modena/Bologna
Utilizzo di un metodo statistico per la definizione della “Low Contrast Detectability” applicato al confronto di due diverse tecniche per la ricostruzione iterativa di immagini in tomografia computerizzata. G. Rinaldin, Milano
Caratterizzazione multi-parametrica dell’algoritmo ASIR per la ricostruzione iterativa di immagini TC. G. Rinaldin, Milano
Ricostruzioni Iteratice in MDCT: caratterizzazione fisica di due diversi sistemi. L. Berta, Brescia/Milano
Misura del Computed Tomography Dose Index su scansioni cliniche. D. Trevisan, Trento
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POSTER
Ottimizzazione della dose nelle CT pediatriche. C. Ghetti, Parma
Valutazione delle caratteristiche radiografiche di impianti polimerici con ricoprimenti osteointegrabili tramite fantoccio tessuto-equivalente. G. Miori, Trento
Un semplice fantoccio per investigare la rilevabilità dei noduli polmonari in TC a bassissima dose. A. Bellini, Genova
Analisi delle prestazioni di un sensore a Pixel Attivi (APS) come elemento sensibile di un Dosimetro attivo in tempo reale per radiologia interventistica. A. Pentiricci, Città di Castello (PG)
Una rete regionale per l’ictus. M. Pacilio, Roma
Simulazione virtuale di apparecchiature radiologiche digitali con metodi analitici e tecnologia CUDA. E. Gallio, Torino
Proposta di livelli di riferimento nazionali per le procedure di cardiologia interventistica. R. Padovani, Udine
Ricostruzione della macchia focale attraverso l’analisi della penombra circolare. G. Di Domenico, Ferrara
Sviluppo di uno strumento software per l’analisi delle immagini TC del fantoccio Catphan. M. Serafini, Modena
Prove di accettazione per mini arco a C con detettore digitale dedicato ad interventi ambulatoriali in ambito ortopedico. S. Farnedi, Ravenna
Qualità delle immagini e dosimetria in un sistema per tomosintesi della mammella. R. Soavi, Bologna
Caratterizzazione di lesioni epatiche acquisite con tecnica dual-energy CT: può la ricostruzione iterativa migliorarne la riconoscibilità? L. Berta, Brescia/Milano
Imaging pesato in diffusione del carcinoma prostatico: analisi quantitativa del coefficiente di diffusione apparente e della curtosi. M. Esposito, Firenze
Omogeneità di risposta dei rivelatori in radiologia digitale: analisi retrospettiva su quattro diversi apparecchi. A. Valentini, Trento
Confronto tra diversi strumenti di analisi per controlli di qualità in tomografia computerizzata. G. Lucconi, Bologna
Studio dosimetrico su esami di mammografia digitale combinati con esami di tomosintesi: una prima valutazione del beneficio e del danno correlato. F. Bonfantini, Milano
Osservabili dosimetriche utilizzabili in dispositivi basati su sensori a pixel attivi per applicazioni in Radiologia Interventistica. L. Bissi, Perugia
Procedure di accettazione di un tomografo RM aperto a basso campo G-Scan. A. Poggiu, Sassari
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POSTER
Confronto tra metaboliti encefalici in pazienti SLA con differente esordio e soggetti sani utilizzando la MRS. S. Sirgiovanni, Torino
Stima della dose e qualità dell’immagine in esami di tomosintesi del torace per lo screening del tumore polmonare. E. Roberto, Cuneo
TC iterativa: studio in fantoccio della soglia di contrasto della qualità dell’immagine. S. Pini, Firenze
Stime individuali di dose ghiandolare media e densità mammaria, due metodi a confronto. F. Cavagnetto, Genova
Considerazioni sull’applicazione pratica del metodo ‘Size-Specific Dose Estimation’ (SSDE) proposto in AAPM Report 204. C. Fulcheri, Firenze
Software per il monitoraggio di parametri di qualità non dosimetrici in radiologia: valutazione e validazione iniziale. F. Ria, Milano
Performance di differenti mammografi digitali: conversione diretta e indiretta a confronto. R. Rosasco, Genova
Valutazione delle prestazioni di diversi mammografi da impiegare in un programma di screening mammografico. O. Ferrando, La Spezia
Confronto quantitativo tra diversi fantocci CDMAM. V. Ravaglia, Lucca
Ottimizzazione dell’imaging mammografico con tecnologie DR e CR: confronto di parametri fisici e curve contrasto dettaglio. R. Bona, Sassari
MRS: normativa encefalica in pazienti pediatrici. S. Sirgiovanni, Torino
Gestione via web dei controlli di qualità sui monitor di refertazione primaria del Dipartimento di Diagnostica per Immagini dell’AUSL Valle d’Aosta. S. Aimonetto, Aosta
Controlli di qualità in radiografia digitale diretta: “One Shot”. A. Turra, Ferrara
Studio e caratterizzazione fisica di un sistema per radiografia digitale ai fosfori fotostimolabili: l’esperienza del Policlinico di Messina. I. Ielo, Messina
Misure di concentrazione di colina e citrato tramite spettroscopia RM (MRS) in fantoccio. M. Parisotto, Milano
Dosimetria del paziente normotipo per i principali esami di radiologia convenzionale effettuati nelle strutture di radiodiagnostica dell’Azienda USL di Modena. G. Venturi, Modena
Valutazione della dose agli organi negli esami di tomosintesi toracica: risultati preliminari. M. Biondi, Siena/Firenze
Studio di fattibilità relativo all’installazione di un sistema multicentrico per il monitoraggio e il report della dose agli organi in tomografia computerizzata. M. Maddalo, Milano
RADIOLOGIA ••
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POSTER
Un sistema per la verifica dei livelli dose erogata in radiologia interventistica guidata da fluoroscopia. M. Parisotto, Milano
Livelli espositivi possibili nella ripetizione di CT diagnostiche. L. Riccardi, Padova
Studio dosimetrico preliminare nella diagnostica per immagini con il DoseWatchTM presso l’A.O.E. Cannizzaro di Catania. M. G. Sabini, Catania
Sistema di gestione della dose direttamente integrato nel RIS. A. Nitrosi, Reggio Emilia
Utilizzo di un software per la valutazione dosimetrica in radiologia digitale: confronto con gli LDR, calcolo della dose efficace e gestione delle irradiazioni anomale. F. Ria, Milano
Un progetto per l’archiviazione di informazioni dosimetriche associate ad esami CT in un PACS regionale. M. Pacilio, Roma
DOSE WATCH - Un progetto AIFM-GE. P. Bregant, Trieste
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Mammografia: nuove tecniche e ricadute dosimetriche Gisella Gennaro Istituto Oncologico Veneto (IOV), IRCCS, Padova
La mammografia è la tecnica di imaging ancora oggi ritenuta più efficace per la diagnosi precoce del tumore della mammella, ed è l’unica ad aver dimostrato la sua efficacia in ambito di screening in termini di riduzione della mortalità. Nell’ultimo decennio, l’imaging mammografico ha visto la progressiva introduzione di tecnologie digitali, e la mammografia digitale sta via via sostituendo la mammografia su pellicola. L’ “equivalenza” 1 della mammografia digitale rispetto a quella su pellicola è stata dimostrata da vari trial clinici, dai quali è anche emerso che la mammografia digitale mostra dei vantaggi diagnostici per le mammelle dense, cioè per le mammelle in cui la componente fibroghiandolare sia rilevante. Tuttavia, il passaggio dalla mammografia su film alla mammografia digitale non ha permesso di superare il limite principale della mammografia, che è comune a tutto l’imaging proiettivo; infatti, quando il fascio di raggi-X attraversa la mammella per produrre un’immagine mammografica, le strutture anatomiche della mammella si sovrappongono lungo il percorso dei fotoni-X e vengono proiettate su un piano, producendo una “mappa di assorbimento”. L’effetto della sovrapposizione dei tessuti che compongono la mammella, talvolta riferito come “rumore anatomico” o “rumore strutturale” è quello nascondere eventuali lesioni maligne, limitando la sensibilità della mammografia, nonché quello di creare dei “falsi segnali”, riducendo anche la specificità della mammografia. L’effetto negativo della sovrapposizione dei tessuti sulle performance diagnostiche della mammografia è tanto maggiore quanto più la mammella è densa e il contrasto tra lesioni patologiche e strutture sane basso. Le nuove tecniche di imaging, quali la tomosintesi e la “spectral mammography”, con o senza mezzo di contrasto, sono state sviluppate con l’obiettivo di superare il limite intrenseco della mammografia, generato dal rumore anatomico. La tomosintesi è una tecnica quasi-3D che per definizione dovrebbe eliminare, o almeno ridurre drasticamente, l’effetto della sovrapposizione precedentemente descritto, mentre la spectral mammography è una tecnica sottrattiva che punta ad aumentare il contrasto delle lesioni riducendo il contrasto del background circostante.
Tomosintesi La tomosintesi della mammella viene descritta come l’applicazione digitale di tecniche radiografiche ideate nei primi decenni del 1900 e chiamate con nomi diversi quali “laminografia”, “planigrafia”, “stratigrafia”, oppure come una tomografia computerizzata (CT) a piccolo angolo. In tomosintesi, la mammella viene posizionata e compressa, esattamente come per una mammografia, ma il gantry è svincolato dalla posizione ortogonale al rivelatore, e viene fatto ruotare entro un angolo che va dagli 11° ai 50° a seconda del costruttore, all’interno del quale vengono acquisite proiezioni multiple a bassa dose e con diversa angolazione tubo-rivelatore. Anche il numero di proiezioni varia a seconda della ditta costruttrice, da un minimo di 9 ad un massimo di 25. L’angolazione diversa tra le esposizioni ha lo scopo di “disaccoppiare” eventuali strutture sovrapposte nella proiezione ortogonale. Le esposizioni a bassa dose alimentano un algoritmo di ricostruzione del volume della mammella nella direzione perpendicolare al rivelatore d’immagine e la successiva estrazione di piani tomografici paralleli al rivelatore (detti comunemente slices, prendendo il termine a prestito dalla CT), nei quali eventuali strutture patologiche appaiono risultano chiaramente visibili, avendo “ripulito” il background circostante rispetto ad una mammografia. Gli algoritmi di ricostruzione applicati variano a seconda del costruttore, vanno dalla classica filtered backprojection ai più recenti algoritmi iterativi (algebrici o statistici), e l’intervallo di campionamento tra piani tomografici adiacenti è tipicamente di 0.5-1 mm. Le immagini ricostruite di tomosintesi possono essere valutate dal radiologo tramite scrolling manuale lungo l’asse z o in modalità cine-loop, per individuare il piano o i
1 Nel linguaggio statistico l’equivalenza tra due tecniche di imaging viene più frequentemente detta “non-inferiorità”, ovvero per poter sostituire una tecnica consolidata con una nuova, è necessario dimostrare che quest’ultima è “non-inferiore” a quella normalmente impiegata.
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piani in cui l’eventuale lesione è “a fuoco”. L’interpretazione della tomosintesi da parte dei radiologi è risultata “non-traumatica”, in quanto le immagini risultano molto simili a quelle mammografiche sia dal punto di vista geometrico che dell’aspetto generale, ma più “pulite”. La semeiotica delle lesioni, ovvero le caratteristiche che sbilanciano la decisione del medico a favore della benignità o della malignità, è pressoché invariata rispetto a quella mammografica. Nonostante la fattibilità della tomosintesi sia stata provata già alla fine degli anni ’90, i primi articoli che portano i risultati di studi clinici retrospettivi realizzati generalmente con apparecchiature per tomosintesi prototipali e casistica clinica fortemente arricchita di cancri, hanno cominciato ad essere pubblicati a partire dal 2007. Solo recentemente sono stati pubblicati i primi risultati di due studi clinici prospettici condotti su popolazione di screening. Anche se è difficile sintetizzare i risultati di studi clinici che differiscono per disegno, popolazione, numero di radiologi coinvolti, modalità di valutazione delle immagini, possiamo dire che ci sono due possibili ambiti di applicazione della tomosintesi, l’attività di screening (dove l’imaging serve per isolare dalla maggioranza dei casi negativi un piccolo sottoinsieme che necessità di approfondimento ed eventuale trattamento) e quella detta “diagnostica” (dove modalità di imaging diverse vengono utilizzate con una certa sequenza per fornire un’informazione integrale che contribuisca a rinforzare il più possibile l’ipotesi diagnostica), e che esistono due filoni principali di ricerca, uno che tenta di capire se la tomosintesi potrà un giorno sostituire completamente la mammografia, l’altro che cerca di valutare i benefici dell’aggiunta della tomosintesi alla mammografia. Al momento questa seconda linea ha ricevuto la spinta maggiore, ed entrambi i trial prospettici su popolazione di screening hanno trovato che aggiungendo sistematicamente alla mammografia anche la tomosintesi si hanno sia un aumento del numero di cancri trovati (detection rate) che una riduzione del tasso di richiami (recall rate).
Spectral mammography Il nome della tecnica è legato alle scelte fatte da alcuni costruttori, ma più in generale le tecniche spettrali appartengono all’insieme delle tecniche di imaging sottrattive. E’ possibile, pur mantenendo la geometria di acquisizione della mammografia proiettiva, sottrarre due immagini ottenute “in condizioni diverse” per ottenere un’immagine “ibrida”, ripulita del rumore anatomico, nella quale una eventuale lesione risulti più facilmente visibile. Naturalmente il basso contrasto intrinseco dei tessuti che compongono la mammella e la prospettiva di applicazione alla caratterizzazione di lesioni la cui presenza è nota, ha spinto verso l’uso di un mezzo di contrasto per ottenere un ulteriore beneficio dalla tecnica sottrattiva. Pensando di usare un mezzo di contrasto, la tecnica concettualmente più semplice è la sottrazione temporale: (1) scout view senza mezzo di contrasto; (2) iniezione del mezzo di contrasto; (3) sequenza di proiezioni successive distribuite nel tempo; (4) sottrazione della scout view dalle immagini successive. La fattibilità della mammografia con mezzo di contrasto e sottrazione temporale è stata dimostrata su casistica selezionata e lesioni di grandi dimensioni, ma la sua applicabilità su larga scale è ostacolata da problemi di ordine “geometrico”. La sottrazione temporale potrebbe infatti essere una soluzione interessante se la “geometria” della mammella compressa prima e dopo l’iniezione del mezzo di contrasto potesse rimanere esattamente la stessa; purtroppo, l’acquisizione della serie temporale dopo l’iniezione del mezzo di contrasto richiede necessariamente il riposizionamento della mammella, nonché la riduzione della forza di compressione rispetto a quella normalmente applicata per una mammografia, per permettere al mezzo di contrasto di raggiungere la lesione. Le inevitabili variazioni nel riposizionamento possono compromettere il risultato della sottrazione nel caso di lesioni relativamente piccole. A causa di queste limitazioni pratiche, i costruttori che hanno sviluppato questo tipo di applicazione della mammografia digitale, hanno scelto la sottrazione “spettrale”, detta a volte anche “dual-energy”. In questo caso la sottrazione non avviene rispetto alla variabile tempo ma rispetto allo spettro dei fotoni-X. Le tecniche di dual-energy sono usate anche per altre modalità di imaging, in CT, in radiologia, in densitometria ossea. La mammografia spettrale consiste nell’acquisizione quasi-simultanea di due immagini una ottenuta con uno spettro “a bassa energia”, l’altra con uno spettro “ad alta energia”, opportunamente filtrato per shiftare l’energia media del fascio oltre il picco di assorbimento del mezzo di contrasto (typ. iodio, con picco di assorbimento a 33 keV). Entrambe le immagini vengono acquisite dopo l’iniezione del mezzo di contrasto, in rapida sequenza, e mantendo
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le condizioni geometriche invariate. Dal punto di vista dell’operatore (tecnico di radiologia), non c’è alcuna differenza percepibile tra acquisire una normale mammografia o una mammografia spettrale. Il radiologo valuta normalmente l’immagine a bassa energia, del tutto simile ad una mammografia standard, e l’immagine ibrida ottenuta dalla sottrazione, per interpretare la natura della lesione. Gli studi clinici finora pubblicati hanno mostrato dei vantaggi eclatanti della mammografia spettrale rispetto alla mammografia standard, e che l’aggiunta dell’informazione spettrale a quella mammografica è significativamente migliore dell’informazione dell’ecografia in aggiunta alla mammografia. Un altro studio recente di confronto tra mammografia spettrale e risonanza magnetica della mammella ha ribadito la fattibilità e semplicità di esecuzione dell’esame, ed ha trovato che, rispetto alla risonanza, la mammografia spettrale ha sensibilità inferiore nel trovare cancri multifocali, ma maggiore specificità. La mammografia spettrale sembra quindi una tecnica semplice e promettente, in grado di poter competere in futuro, entro limiti ancora da stabilire, con la risonanza magnetica della mammella, che negli ultimi anni ha ricevuto un interesse considerevole, e per la quale le indicazioni cliniche sono state già stabilite (valutazione preoperatoria, terapia neoadiuvante, rottura protesi, pazienti ad alto rischio genetico, ecc.), ma i cui costi rimangono elevati e la disponibilità di apparecchiature limitata. Tecniche di dual-energy con un’unica acquisizione possono essere impiegate con un rivelatore a conteggio di fotoni. Se la fluenza del fascio lo permette, è possibile settare due soglie energetiche, una per l’immagine a bassa energia e una per quella ad alta energia. Si pensa di usare questa tecnica per riconoscere le cisti (che in genere contengono liquido) nelle mammelle dense, senza dover ricorrere all’ecografia; tuttavia, non ci sono ancora risultati clinici statisticamente rilevanti.
Aspetti dosimetrici Le stime dosimetriche associate all’uso delle tecniche avanzate precedentemente, che costituiscono un’evoluzione della mammografia digitale, dipendono in modo sostanziale dalle modalità di impiego clinico. Dal punto di vista metodologico, il parametro di stima della dose assorbita dalla mammella è la dose ghiandolare media (indicata con gli acronimi AGD o MGD), che si ottiene dalla moltiplicazione del kerma in aria in ingresso alla mammella per un certo numero di fattori che tengono conto dei fasci-X utilizzati, della geometria e delle caratteristiche della mammella stessa (spessore e composizione). I fattori moltiplicativi vengono calcolati con tecniche Monte Carlo e su pubblicazioni diverse si possono trovare alcune differenze, a seconda del modello utilizzato. Per quanto riguarda la tomosintesi, il confronto con la mammografia viene fatto per proiezione, ovvero, a parità di posizionamento della mammella (cranio-caudale, medio-laterale obliqua, ecc), si valuta la dose della sequenza di proiezioni di tomosintesi verso la dose della proiezione mammografica. Mentre gli studi iniziali con prototipi erano stati disegnati tenendo il “margine di dose” il più ampio possibile (in genere la dose per un’acquisizione di tomosintesi era dello stesso ordine della dose di una mammografia standard in due proiezioni), le apparecchiature commerciali sono state sviluppate cercando di mantenere per quanto possibile il rapporto 1:1 della dose per tomosintesi rispetto a quella mammografica. Tuttavia, come precedentemente detto, se usare la tomosintesi al posto della mammografia o in aggiunta alla mammografia è ancora oggetto di discussione; se raddoppiare l’intero esame o combinare parti dell’uno o dell’altro è pure un interrogativo aperto. E’ evidente che queste decisioni sonodominanti rispetto a qualunque considerazione tecnica associata a possibili fattori correttivi legati alla geometria di acquisizione della singola proiezione di tomosintesi. Per fare un esempio, se si decidesse che i benefici trovati nello screening aggiungendo alla mammografia la tomosintesi, significherebbe sul piano dosimetrico più che raddoppiare la dose alla popolazione. L’accettabilità di una tale decisione dovrebbe essere valutata con studi costo-beneficio ed analisi dei rischi opportunamente disegnati. Possiamo dire che l’atteggiamento “conservativo” finora tenuto nei confronti di queste nuove tecniche, va comunque nella direzione di un aumento della dose; si fanno più esami e quindi, anche con l’ipotesi più ottimistica che sia la tomosintesi che la spectral mammography lavorino alla stessa dose per proiezione, la dose complessiva è inevitabilmente destinata ad aumentare.
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della mammella compressa può essere misurato, anche se con un certo livello di approssimazione, la composizione della mammella può soltanto essere ipotizzata. La composizione o “densità” della mammella viene espressa come percentuale di componente ghiandolare, complementare alla componente adiposa, che insieme costituiscono il modello di assorbimento della mammella. Fino a tempi abbastanza recenti, era universalmente accettato che la composizione 50% ghiandolare – 50% adiposa fosse quella più probabile e comune, ovvero che lo “standard” corrispondesse alla mammella 50/50. Tale convinzione era basata sulla distribuzione percepita delle zone “bianche e nere” ottenuta dalla valutazione visiva delle immagini mammografiche. Più recentemente, la mammografia digitale ha permesso di determinare con strumenti software, e in modo più accurato la composizione della mammella, mostrando come la composizione standard sia ben al di sotto del 50% di tessuto ghiandolare previsto dai modelli, con valori medi che vanno dal 15% al 20%. La misura quantitativa della densità della mammella è in questo momento uno degli argomenti di punta della mammografia digitale, dal momento che alcuni studi epidemiologici hanno dimostrato una correlazione tra la densità della mammella e il rischio di cancro. Senza dubbio la misura quantitativa della densità della mammella può migliorare le stime dosimetriche della mammografia digitale e delle tecniche avanzate ad essa associate.
References: [1] J M Park et al., Breast tomosynthesis: present considerations and future applications, Radiographics (2007) 27, S231. [2] P Skaane et al., Comparison of digital mammography plus tomosynthesis in a population-based screening program, Radiology (2013) 1, 47. [3] S Ciatto et al., Integration of 3D mammography with tomosynthesis for population breast-cancer screening (STORM): a prospective comparison study, Lancet Oncol (2013) 14, 583. [4] C Dromain et al., Contrast-enhanced digital mammography, Eur J Radiol (2009) 69, 34. [5] C Dromain et al., Dual energy contrast-enhanced digital mammography: initial clinical results of a multireader, multicase study, Breast Cancer Research (2012) 14, R94. [6] M S Jochelson et al., Bilateral contrast-enhanced dual-energy digital mammography: feasibility and comparison with conventional digital mammography and MR imaging in women with known breast carcinoma, Radiology (2013) 266, 743. [7] I Sechopoulos et al., Computation of the glandular radiation dose in digital tomosynthesis of the breast, Med Phys (2007) 34, 221. [8] D R Dance et al., Estimation of mean glandular dose for breast tomosynthesis: factors for use in the UK, European and IAEA breast dosimetry protocol, Phys Med Biol (2011) 56, 453. [9] X Li et al., A parametrization method and application in breast tomosynthesis dosimetry, Med Phys (2013) 40:(9):092105. doi: 10.1118/1.4818059. [10] M J Yaffe et al., The myth of the 50-50 breast, Med Phys (2009) 36, 5137. [11] O Alonzo-Proulx et al., Volumetric breast density characteristics as determined from digital mammograms, Phys Med Biol (2012) 57, 7443. [12] Boyd et al., Breast tissue composition and susceptibility to breast cancer, J Natl Cancer Inst (2010) 102, 1224. [13] V L Seewaldt, Destiny from density, Nature (2012) 490, 490.
E’ importante sottolineare come, sia in mammografia che con le nuove tecniche da essa derivate, l’incertezza principale nella stima della AGD riguarda le caratteristiche di assorbimento della mammella. Mentre lo spessore
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Valutazione e ottimizzazione della dose al Paziente nelle procedure TC: stato dell'arte
O. Rampado1
(1) A.O. Città della Salute e della Scienza di Torino, Corso Bramante 88, 10126 Torino
Introduzione
E’ noto che la tomografia computerizzata è stato oggetto negli ultimi anni di un’evoluzione tecnologica che ha
rivoluzionato le sue potenzialità diagnostiche e il suo effettivo utilizzo. Parallelamente al notevole incremento del
numero di esami effettuati ed alla possibilità di acquisire studi dinamici non realizzabili in precedenza è cresciuta
l’attenzione alle problematiche di radioprotezione del paziente, in particolare alla valutazione della dose come
requisito fondamentale nell’implementazione dei principi di giustificazione e di ottimizzazione.
Dal punto di vista dosimetrico si è assistito ad una progressiva difficoltà nell’adattare l’indice dosimetrico di
riferimento (CTDI, computed tomography dose index) alle nuove caratteristiche tecnologiche di acquisizione. Il
CTDI è stato infatti ideato per i primi tomografi assiali, ma l’evoluzione delle acquisizioni spirali e multibanco ha
evidenziato alcune sue importanti limitazioni e inadeguatezze. Negli ultimi anni sono stati quindi proposti approcci
alternativi per la dosimetria TC, che verranno di seguito citati.
Relativamente all’ottimizzazione, si è assistito da un lato ad una crescente consapevolezza degli operatori nella
scelta dei parametri di acquisizione e dall’altro alla realizzazione da parte delle case produttrici di numerosi
strumenti dedicati alla riduzione della dose. Dopo aver infatti realizzato tomografi sempre più performanti in
termini di rapidità di acquisizione (incremento del numero di strati, riduzione dei tempi di rotazione, utilizzo di più
tubi o macchie focali) la ricerca si è concentrata sulla possibilità di ottenere immagini di qualità adeguata a basse
dosi per il paziente. E’ sufficiente dare un’occhiata alle pagine commerciali dei produttori per osservare che la dose
è attualmente uno dei più importanti elementi di concorrenza. Anche gli attuali tubi radiogeni, i sistemi di
collimazione e di rivelazione sono stati progettati e realizzati con l’intento di migliorare il rapporto tra qualità di
immagine e dose.
L’obiettivo dell’ottimizzazione da parte degli operatori che utilizzano tomografi di ultima generazione si sposta
quindi sulla capacità di utilizzare al meglio gli strumenti di riduzione della dose proposti, in particolare i sistemi di
modulazione della corrente anodica e gli algoritmi iterativi.
Evoluzione degli indici di dose di tomografia computerizzata
L’indice di dose CTDI è stato introdotto più di trent’anni fa per fornire un’indicazione della dose assorbita dai
tessuti del paziente sottoposti a scansione, attraverso una valutazione semplice in condizioni standard e ripetibili. Si
basa su di una misura effettuata con una singola scansione in assiale con lettino fermo, con un dosimetro in grado
di integrare su di una lunghezza di 10 cm (CTDI100) in modo da considerare sia i contributi del fascio primario che
quelli della radiazione diffusa. La valutazione può essere fatta in aria (CTDIair) o in fantoccio (CTDIw). Per
adattarlo alla scansione spirale è stato ideato il CTDIvol, che considera il parametro pitch (rapporto tra
l’avanzamento del lettino per rotazione e spessore dello strato irradiato) per arrivare ad una stima più verosimile
della dose media assorbita dai tessuti scansionati. Il CTDIvol viene comunque calcolato a partire dal CTDIw. Per i
tomografi attuali il CTDI soffre per le seguenti criticità:
1) le collimazioni per i tomografi multibanco attuali forniscono spessori di strati irradiati di diversi cm, per cui la
lunghezza di integrazione di 10 cm implica una consistente sottostima del contributo di radiazione diffusa;
2) molti protocolli di acquisizione sono esclusivamente spirali e non offrono la possibilità di effettuare la misura in
condizioni analoghe con scansione assiale;
3) per la modalità di acquisizione cone beam in cui si ha l’intero volume acquisito in singola rotazione, è possibile
che le dimensioni del volume irradiato siano addirittura superiori ai 10 cm pensati per la valutazione del CTDI e in
ogni caso il contributo della radiazione diffusa deve essere considerato per queste modalità in modo diverso
rispetto alla situazione della scansione assiale.
http://www.aifm2013.org/abstract.html
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Queste importanti limitazioni dell’indice dosimetrico hanno portato i vari organismi a pensare ad un approccio
alternativo per la valutazione di un indice dosimetrico per la TC. In particolare il task group 111 dell’AAPM ha
pubblicato nel 2010 un report che presenta una metodologia universale di valutazione di dose in TC [1]. Vengono
introdotte nuove grandezze, quali la dose cumulativa e la dose all’equilibrio. Per la modalità spirale si considera
l’utilizzo di un dosimetro puntuale all’interno di un fantoccio ed una misura effettuata nelle reali condizioni di
acquisizione, per cui con il progressivo spostamento del lettino si avranno nel punto di misura prima i contributi di
radiazione diffusa dalla parte di fantoccio “a monte” del dosimetro, poi l’irradiazione al fascio primario e poi
ancora i contributi successivi di radiazione diffusa. La grandezza così misurata è detta dose cumulativa. Il suo
valore dipende oltre che dall’intensità del fascio e dalla sua collimazione, anche dalla lunghezza del volume
esaminato e del fantoccio considerato. Si dimostra che all’aumentare dell’estensione della scansione si raggiunge
un valore di equilibrio, tale che i contributi di radiazione diffusa delle regioni ai margini del volume diventano
sostanzialmente ininfluenti. Il valore di dose cumulativa così misurato viene detto dose all’equilibrio e rappresenta
una stima della dose assorbita al centro del volume esaminato. Nel caso di acquisizione cone beam, il valore di
dose puntuale misurato al centro del volume per la singola rotazione è considerato un buon indicatore dosimetrico.
In pratica in questo caso dose cumulativa e dose all’equilibrio coincidono, non avendo la variabilità di estensione
del volume esaminato che si ha per la scansione spirale. Per valutare invece un indice di dose estensivo che tenga
conto dell’estensione del volume esaminato, al posto del DLP viene proposta l’energia impartita, come prodotto del
volume considerato per la dose media planare nel punto di equilibrio, espresso in joule (Gy cm3). L’approccio
AAPM ha sicuramente il vantaggio di definire condizioni di misura corrispondenti alle reali modalità di
acquisizione e valori di dose rappresentativi, d’altra parte presenta alcune criticità operative per l’adozione di
fantocci di dimensioni elevate. Nella pratica è verosimile la possibilità di adottare dei fattori correttivi standard che
permettano di calcolare la dose all’equilibrio sulla base delle misure effettuate con un singolo fantoccio
tradizionale, e studi recenti confermano la consistenza di questo approccio [2].
Anche l’IEC [3] ha considerato il problema e nella sua ultima norma relativa alla tomografia computerizzata ha
posto un valore soglia sull’estensione dello strato irradiato oltre il quale occorre ridefinire il CTDI. In pratica fino a
4 cm si dispone di utilizzare il CTDI tradizionale, mentre oltre i 4 cm si considera una conversione di un valore di
CTDI misurato in condizioni di riferimento con spessori inferiori. Tipicamente considerando come spessore di
riferimento 2 cm, le misure per spessori superiori saranno convertite considerando il rapporto dei CTDI in aria per i
due spessori. In caso di dimensioni superiori ai 10 cm, le misure in aria possono essere effettuate integrando i dati
ottenuti dalla camera con spostamenti successivi di 10 cm in modo da coprire tutta l’estensione del fascio. Lo
stesso approccio è stato adottato dall’IAEA [4].
In sintesi allo stato attuale convivono diverse soluzioni al problema delle inadeguatezze del CTDI tradizionale. E’
verosimile che in termini di controlli di qualità e forse per la valutazione degli LDR ci si riferisca anche in futuro
all’approccio definito dall’IEC, adottato anche dai costruttori per l’indicazione da fornire contestualmente alla
scansione e in generale più semplice in quanto più vicino alla metodica tradizionale. E’ altrettanto vero che per
considerazioni sull’ottimizzazione e sulla stima del rischio le valutazioni effettuate con il metodo AAPM potranno
fornire dati più accurati e più rappresentativi delle reali condizioni di irradiazione del paziente.
Verso valutazioni di dose più “personali”
Gli indici dosimetrici precedentemente descritti si riferiscono sempre a fantocci standard e sono quindi solo in parte
rappresentativi della dose effettivamente assorbita dal paziente. In particolare, nelle situazioni in cui le dimensioni
differiscono considerevolmente dallo standard adottato, come nel caso dei pazienti pediatrici o di quelli obesi, le
dosi assorbite possono differire da quelle degli indici anche di un fattore 2 o 3. Per questo motivo l’AAPM ha
sviluppato un metodo di calcolo per permettere una stima della dose assorbita più vicina alla realtà anche per i
pazienti citati [5], con la definizione di una grandezza dosimetrica opportuna detta Size Specific Dose Estimate
(SSDE). Secondo quanto riportato la stima della reale dose assorbita può essere realizzata a partire dall’indicazione
di CTDI a disposizione ed almeno uno degli spessori del distretto anatomico esaminato (antero posteriore e/o
http://www.aifm2013.org/abstract.html
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laterale). Il documento non si propone tuttavia di fornire indicazioni relativamente alla dose agli organi o dose
efficace, grandezza che non è da intendere come valutazione relativa al singolo e per la quale esistono software di
calcolo e valori tabulati con recenti simulazioni Monte Carlo.
A seguito degli incidenti di sovraesposizione verificatisi negli Stati Uniti, l’FDA ha inoltre sottolineato
l’importanza di considerare il picco di dose alla cute (PSD, peak skin dose) anche per alcuni esami tomografici
dinamici, come già invece avviene per le procedure interventistiche. Nelle acquisizioni di TC perfusionale o in
fluoroscopia TC i valori raggiunti di dose alla cute possono infatti raggiungere le soglie per l’insorgenza di effetti
deterministici, e il valore di indice dosimetrico CTDI è in genere significativamente diverso dal valore attendibile
di PSD. In queste situazioni può quindi essere utile una dosimetria in vivo o una valutazione su fantoccio in
condizioni che simulino la procedura clinica operativa.
Ottimizzazione in TC
Fino ad una decina di anni fa, l’ottimizzazione dei protocolli di acquisizione in TC ruotava principalmente intorno
alla ponderazione dei diversi parametri di acquisizione, con considerazioni relative alla loro influenza
prevalentemente sulla dose, sulla qualità di immagine, sul tempo di acquisizione come sintetizzato nella tabella
seguente:
Parametro Grandezza influenzate Considerazioni importanti
kV Contrasto, rumore, dose
Possibilità riduzione dose e mdc per
kV 1 possono determinare
incremento spessore effettivo e
incremento valori mA verso max
Kernel Rumore (spettro), risoluzione spaziale Scelta non sempre ovvia, possibilità
di valutazione in post processing
Tabella 1: Parametri di definizione dei protocolli TC e considerazioni sulle conseguenze associate alle
possibili scelte.
In particolare si osserva che molti studi hanno verificato la possibilità di ridurre la dose al paziente o la quantità di
mezzo di contrasto con valori di kV minori di 120, con selezione basata sull’indice di massa corporea o sullo
spessore laterale.
Allo stato attuale si può invece considerare che una notevole riduzione della dose può essere ottenuta con due
sistemi implementati sui tomografi più recenti, costituiti dalla modulazione della corrente anodica e dall’utilizzo di
algoritmi di ricostruzione iterativi.
http://www.aifm2013.org/abstract.html
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I sistemi di modulazione della corrente sono costituiti da dispositivi basati in parte su algoritmi di calcolo e in parte
su sistemi retroazionati finalizzati a regolare la corrente dei tubi radiogeni nel corso delle scansioni, al fine di
ottenere una qualità di immagine costante indipendentemente dalle dimensioni del paziente e dalla conformazione
anatomica del distretto esaminato, riducendo la dose assorbita al minimo indispensabile. Le variazioni di corrente
possono essere basate sulla differenza di attenuazione del fascio esistente lungo l’asse cranio caudale, nel piano
trasversale o in entrambe le direzioni. Le case costruttrici hanno proposto soluzioni diverse al problema, a partire
dalla grandezza utilizzata per definire la qualità di immagine desiderata, per la quale si possono distinguere due
approcci diversi: in un caso si ha l’indicazione di un livello di rumore auspicato per le immagini da acquisire e
nell’altro si ha l’impostazione di un valore di prodotto dose tempo (mAs) effettivo che è quello che si indicherebbe
per un paziente di dimensioni standard.
La presenza della modulazione automatica altera tutte le relazioni note tra la dose ed altri parametri di esposizione
che si avrebbero con corrente anodica costante, per cui è importante considerare il comportamento del sistema
quando vengano modificati altri parametri di scansione quali ad esempio i kV, il pitch factor o la combinazione dei
detettori del rivelatore multibanco. Queste informazioni sono essenziali per l’adozione di strategie di
ottimizzazione che tengano conto di tutte le possibili variabili. Per le acquisizioni cardiache esistono sistemi di
modulazione dedicati che variano la corrente in funzione del ciclo cardiaco con dispositivi di gating. Importante
sottolineare che un utilizzo improprio della modulazione può portare anche ad un aumento della dose al paziente,
come si è osservato per esempio nell’incidente avvenuto in una clinica americana con sovraesposizioni nel corso di
esami cerebrali perfusionali, con conseguente alopecia dei pazienti esaminati.
L’ultimo fronte della riduzione della dose è costituito dall’adozione degli algoritmi iterativi, che consentono di
ridurre il rumore nelle immagini ottenute o in alternativa di ridurre la dose a parità di rumore rispetto alla tecnica di
ricostruzione classica con retroproiezione. Tutte le case mettono oggi a disposizione questi algoritmi, con diversi
livelli di prestazioni in termini di qualità di immagine e tempi di elaborazione.
Un aspetto critico dell’impiego degli algoritmi iterativi è costituito dall’alterazione del “pattern” di rumore ottenuto
nelle immagini che utilizzano questi metodi. Le valutazioni quantitative effettuate evidenziano una diversa
distribuzione del Noise Power Spectrum con uno spostamento verso le frequenze più basse. Sull’immagine clinica
questo si traduce in una lieve alterazione dei bordi delle strutture a basso contrasto, come per es. le lesioni epatiche,
che conferiscono all’immagine una connotazione definita in termini colloquiali con gli operatori radiologi con vari
aggettivi come per es. “plasticosa” o “pixellata”. Per superare questo elemento di criticità i vari costruttori offrono
la possibilità di mediare i due metodi di ricostruzione, realizzando immagini il cui valore dei singoli voxel è
ottenuto attraverso una combinazione lineare dei valori ottenuti con retroproiezione e con algoritmo iterativo. Il
peso relativo attribuito ai due metodi varierà da un centro all’altro in base anche alle preferenze dei singoli
radiologi. Dal punto di vista operativo il protocollo di acquisizione dovrà contenere quindi un’informazione
aggiuntiva relativa proprio all’influenza della componente ottenuta con algoritmo iterativo. Anche se questo fattore
può essere variato in fase di post ricostruzione, la sua definizione a priori è importante per definire correttamente il
livello di rumore desiderato e di conseguenza la dose al paziente risultante. Un possibile approccio per una corretta
implementazione può essere definito attraverso i seguenti passi:
1) è utile una caratterizzazione con misure in fantoccio (geometrico o antropomorfo) per verificare l’andamento del
rumore in funzione dei parametri selezionabili, con l’analisi degli spettri di rumore;
2) sperimentare per date patologie livelli crescenti di peso dell’immagine con algoritmo iterativo e selezionare
quello soddisfacente (effettuabile con post ricostruzioni);
http://www.aifm2013.org/abstract.html
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criticità, quali ad es. l’influenza relativa di alcuni artefatti e l’incremento del rumore, le precauzioni igieniche da
adottare e le attenzioni da porre in presenza di modulazione della corrente anodica. Sulla base di queste
considerazioni l’AAPM sconsiglia l’utilizzo di queste schermature e suggerisce metodi alternativi di riduzione
della dose. In generale nelle singole realtà e per protocolli ben definiti si può valutare il loro utilizzo e beneficio,
ponendo molta attenzione alle interferenze con gli altri sistemi di ottimizzazione citati e solo a seguito di
una corretta formazione degli operatori.
In conclusione, il trend osservabile ci colloca nel mezzo di una rivoluzione del rischio radiologico associato
agli esami TC. Già fin d’ora sono state realizzate acquisizioni TC di torace e addome con dosi paragonabili ad
esami proiettivi di radiologia tradizionale ed è verosimile che questa possibilità si concretizzi nella routine
operativa con i tomografi di prossima generazione, grazie alla progressiva riduzione dei tempi di calcolo per gli
algoritmi iterativi più avanzati. Rimangono valide per ora le considerazioni relative alla complessità di
alcuni sistemi e alla differenziazione nella definizione dei protocolli tra ditte diverse, che comporta la
necessità di un utilizzo consapevole di questi strumenti, imprescindibile da una corretta caratterizzazione e da
un processo di formazione specifico.
Bibliografia: [1] American Association of Physicists in Medicine, “Comprehensive methodology for the evaluation of radiation dose in x-
ray computed tomography,” Report of AAPM Task Group 111 (AAPM, College Park, MD, 2010).
[2] Xinhua Li, Da Zhang, and Bob Liua, “Calculations of two new dose metrics proposed by AAPM Task Group 111 using the
measurements with standard CT dosimetry phantoms” Med Phys 40, 081914 (2013); http://dx.doi.org/10.1118/1.4813899
[3] INTERNATIONAL ELECTROTECHNICAL COMMISSION, Medical Electrical Equipment — Part 2-44 Ed. 3.0,
Amendment 1: Particular Requirements for the Basic Safety and Essential Performance of X-ray Equipment for Computed
Tomography, Rep. IEC-60601-2-44, Ed. 3.0, Amendment 1
[4] INTERNATIONAL ATOMIC ENERGY AGENCY, Status of Computed Tomography Dosimetry for Wide Cone Beam
Scanners, IAEA Human Health Reports No. 5, IAEA, Vienna (2011).
[5] American Association of Physicists in Medicine, “Size Specific Dose Estimates (SSDE) in paediatric and adult body CT
examinations,” Report of AAPM Task Group 204 (AAPM, College Park, MD, 2011).
3) ridurre gradualmente la dose tendendo ai livelli di rumore precedentemente utilizzati con retroproiezione filtrata.
Tra i possibili metodi di riduzione della dose è da citare anche l’impiego di schermature in particolare quelle
costituite da protezioni al bismuto posizionabili su organi critici (seno, tiroide, cristallino) anche all’interno del
volume scansionato. Gli studi effettuati hanno dimostrato la possibilità di risparmi di dose dell’ordine del 50% per
tiroide e cristallino e del 30-40% per il seno. A fronte di alcuni vantaggi associati all’adozione di questi dispositivi
(utilizzo diretto da parte degli operatori, percezione di protezione da parte del paziente, risparmio di dose per gli
organi critici con un discreto mantenimento della qualità per le altre strutture) sono da evidenziare anche alcune
http://www.aifm2013.org/abstract.html
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Diversi punti di vista: l’ottimizzazione delle procedure interventistiche
P. Isoardi1, M. D’Amico
2, P. Muratore
3.
(1) A.O. Città della Salute e delle Scienza di Torino, S.C. Fisica Sanitaria (2) A.O. Città della Salute e delle
Scienza di Torino, S.C. Cardiologia (3) A.O. Città della Salute e delle Scienza di Torino, S.C. Radiologia
Vascolare
L’installazione di angiografi digitali con flat panel presso le sale di Radiologia Vascolare (novembre 2009) e di
Emodinamica (dicembre 2011) della nostra Azienda Ospedaliera, dotati di report dosimetrico per ogni paziente, ha
stimolato la formazione di una nuova “coscienza” di radioprotezione nei confronti dei pazienti e degli operatori. Le
apparecchiature installate (PHILIPS FD 20 e FD 10) hanno permesso di ottimizzare i protocolli di acquisizione e le
procedure operative, in funzione delle reali esigenze dei Medici Specialisti, con particolare attenzione alla
riduzione media della dose al paziente. In particolare ci si è posti il duplice obiettivo di ottimizzare i protocolli di
acquisizione, al fine di ridurre mediamente la dose al paziente e di conseguenza anche agli operatori, e di gestire in
modo consapevole la distribuzione di dose al paziente, in modo da evitare, quanto più possibile, eventuali danni
deterministici alla cute (tabella 1) secondo le indicazioni riportate in alcuni lavori di recente pubblicazione [1, 2].
Effetto
Valore approssimativo
dose cute soglia
(Gy)
Tempo di
manifestazione
Eritema transitorio 2 2 – 24 ore
Epilazione o alopecia
temporanea 3 3 settimane
Eritema bifasico 6 1.5 settimane
Epilazione permanente 7 3 settimane
Necrosi cutanea
ritardata 12 > 52 settimane
Tabella 1. Effetti deterministici alla cute osservabili in seguito al superamento dei valori soglia indicati
Materiale e metodi
Nelle procedure interventistiche si può ottenere una riduzione della dose al paziente applicando le indicazioni
generali di buona pratica radiologica quali l’impiego di una corretta collimazione del campo di radiazione, un uso
limitato allo stretto necessario dell’ingrandimento dell’immagine, massimizzando la distanza fuoco-paziente e
minimizzando quella paziente-rivelatore, riducendo il più possibile il tempo di emissione raggi in scopia, ponendo
attenzione alle sovrapposizioni dei campi di irradiazione nonché limitando le proiezioni laterali. Oltre a quanto
indicato un’ ulteriore ottimizzazione può essere ottenuta variando il numero di immagini al secondo acquisite in
scopia o grafia e/o selezionando in modo opportuno i filtri aggiuntivi in alluminio e rame in dotazione alle
apparecchiature.
Gli angiografi recentemente installati sono stati consegnati con configurazioni standard che previlegiano la qualità
d’immagine anziché la riduzione di dose al paziente. Successivamente sono però state richieste alla ditta fornitrice
delle modifiche dei protocolli di acquisizione, in modo da adeguare le modalità di esposizione alle procedure
eseguite, sia in scopia, sia in grafia. Essenziale è stata la collaborazione tra i Medici Specialisti, l’equipe di Fisica
Sanitaria, i tecnici di radiologia addetti all’impiego delle macchine e il personale della Ditta fornitrice.
In particolare in Radiologia Vascolare, si è posta l’attenzione alla procedura di embolizzazione delle arterie uterine
(UFE), in cui le pazienti molto spesso sono donne giovani con desiderio di gravidanza [3]; inoltre, grazie
all’esperienza maturata nel 2012 in campo cardiologico, sono stati recentemente introdotti i protocolli a bassa dose,
per procedure vascolari.
http://www.aifm2013.org/abstract.html
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Nelle tabelle 2 e 3 sono riportati i valori di dose ingresso paziente, alla distanza di 65 cm dal fuoco (dose per frame
in grafia e rateo di dose in scopia), misurati utilizzando un fantoccio di PMMA da 20 cm di spessore e una camera
a ionizzazione piatta ad aria libera (magna 1 cc con elettrometro PTW), per la modalità di acquisizione addome.
Poichè l’angiografo non permette la selezione del numero di frame al secondo se non programmato
nell’impostazione del protocollo prescelto, si è richiesto alla ditta fornitrice la possibilità di selezionare, all’interno
di un nuovo protocollo di acquisizione denominato UFE, il numero di frame al secondo da 1 a 3. Si è inoltre
richiesta una modifica, solo in questo protocollo, della modalità di acquisizione in scopia secondo lo schema
riportato in tabella 4. In tabella 5 sono riportati i ratei di dose misurati secondo quanto sopra descritto, per il
protocollo addome a bassa dose di recente introduzione (febbraio 2013), mentre nelle tabelle 6 e 7 sono confrontate
le modalità di acquisizione. ). Per ogni paziente trattata prima dell’ottimizzazione e per le 20 pazienti trattate
successivamente alla modifica del protocollo di acquisizione, sono state valutate la dose alle ovaie e la dose
efficace con il programma di calcolo PCXMC 2.0 ipotizzando le ovaie sempre all’interno del campo RX e
utilizzando, come dato d’ingresso, il valore di DAP fornito dall’angiografo. La dose media alla cute è stata valutata
con pellicole radiocromiche per ogni paziente (figure 1 e 2).
SID = 100 cm
Fps = 3 mGy/frame a
65 cm Applicazione FOV (cm)
Addome
48 2.1
31 2.9
22 6.1
Tabella 2. Vascolare grafia addome 3 fps
Modalità
scopia Filtro aggiuntivo pps FOV [cm]
Rateo di dose
ingresso paz.
[mGy/min a 65
cm]
I - Low 0.9 mmCu + 1
mmAl 15
48 6.7
37 9.1
22 14.9
II -
Normal
0.4 mmCu + 1
mmAl 15
48 14.0
37 18.3
22 30.3
III - High 0.1 mmCu + 1
mmAl 15
48 24.5
37 32.8
22 53.9
Tabella 3. Vascolare scopia addome
http://www.aifm2013.org/abstract.html
-
Modalità
scopia Filtro aggiuntivo pps
I - Low 0.9 mmCu + 1
mmAl 7.5
II -
Normal
0.9 mmCu + 1
mmAl 15
III - High 0.4 mmCu + 1
mmAl 15
Tabella 4. Vascolare scopia UFE
SID = 100 cm
Fps = 3 mGy/frame a
65 cm Applicazione FOV (cm)
Addome
Bassa Dose
48 0.8
31 1.1
22 2.2
Tabella 5. Vascolare grafia addome bassa dose 3 fps
Modalità Addome
Scopia I Grafia
15 pps 3 fps
0.9 mmCu + 4 mmAl 3 mmAl
6.4 mGy/min 6.0 mGy/s
Tabella 6 e 7. Confronto tra il protocollo dedicato per l’embolizzazione delle arterie uterine (UFE) e il normale
protocollo addome
Come già accennato in Emodinamica gli angiografi sono stati consegnati con protocolli standard e protocolli a dose
ridotta, in funzione del peso del paziente, ma solo in modalità grafia. La configurazione iniziale dell’angiografo
permette di vedere molto bene le piccole strutture coronariche e ciò è utile da un punto di vista diagnostico e
interventistico coronarico. In interventistica cardiologica non coronarica (procedure strutturali) le necessità di
visualizzazione sono profondamente diverse. Le procedure strutturali non necessitano di elevata risoluzione
spaziale o temporale poiché le dimensioni delle strutture anatomiche su cui si va a lavorare hanno dimensioni
importanti. Un buon esempio sono le procedure in cui viene trattata la valvola aortica (es. TAVI) o la valvola
mitrale (es. MitraClip) in cui il tempo totale di scopia non può essere ridotto ma la risoluzione temporale può essere
limitata a poche immagini al secondo almeno per gran parte della procedura. Anche nelle procedure coronariche è
possibile lavorare con una inferiore risoluzione temporale rispetto agli standard proposti (15 e 30 fps). Accettare di
lavorare con una risoluzione inferiore permette, in particolare nell’esecuzione di procedure di angioplastica
complesse e di disostruzione coronarica, una significativa riduzione di dose al paziente.
A tale proposito è stato richiesto alla ditta fornitrice di modificare le modalità di acquisizione in scopia, in modo da
ridurre il numero di impulsi al secondo. La configurazione attuale dei programmi di acquisizione permette quindi di
lavorare in due modalità da noi denominate “High quality” e “Low Dose” (tabelle 8, 9 e 10) che possono essere
utilizzate anche sullo stesso paziente, in funzione delle reali esigenze diagnostiche, nel corso dell’intervento. In
Modalità UFE
Scopia I Grafia
7.5 pps 1 fps
0.9 mmCu + 4 mmAl 3 mmAl
3.3 mGy/min 2.0 mGy/s
http://www.aifm2013.org/abstract.html
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particolare la modalità “Low dose” è preimpostata nei casi di interventistica strutturale ed in coronarica sia negli
esami diagnostici che in interventistica per i pazienti normotipo con indice di massa corporea (BMI) inferiore a 25.
Modalità
scopia Filtro pps FOV [cm]
Rateo di dose
ingresso paz.
[mGy/min a 65
cm]
I - Low 0.4 mmCu + 1
mmAl 15
25 11.5
20 16.5
15 22.0
II -
Normal
0.1 mmCu + 1
mmAl 15
25 25.8
20 35.5
15 47.1
III - High 0.1 mmCu + 1
mmAl 30
25 33.8
20 45.9
15 55.0
Tabella 8. Emodinamica scopia “High quality”
Modalità
scopia Filtro pps FOV [cm]
Rateo di dose
ingresso paz.
[mGy/min a 65
cm]
Scopia I
Low 7.5
0.4 mmCu + 1
mmAl 7.5
25 5.6
20 8.1
15 10.6
Scopia II
Low 15
0.4 mmCu + 1
mmAl 15
25 11.4
20 16.0
15 21.5
Scopia III
Normal 15
0.1 mmCu + 1
mmAl 15
25 25.8
20 34.5
15 43.3
Tabella 9. Emodinamica scopia “Low Dose”
Applicazione Filtro aggiuntivo pps FOV [cm] mGy/frame a 65
cm
High Quality --- 15 e
30
25 0.15
20 0.20
15 0.27
Low Dose 0.1 mmCu + 1
mmAl
7.5 e
15
25 0.10
20 0.14
15 0.18
Tabella 10. Emodinamica grafia
http://www.aifm2013.org/abstract.html
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Fondamentale, per capire le criticità e ben selezionare i casi su cui lavorare, è stata la creazione di alcune banche
dati contenenti le informazione relative alla/e procedura/e eseguite e ai parametri di esposizione ricavati dal report
dosimetrico. In particolare sono stati inseriti in un foglio excel i dati del paziente, il tipo d’esame o la procedura
interventistica, alcuni parametri aggiuntivi (quali: il tipo di accesso, gli operatori, il volume di contrasto
somministrato), la dose per area (totale e parziale in scopia e grafia), il tempo totale di scopia, il numero di
immagini in grafia, il kerma in aria totale nel punto di riferimento interventistico e la percentuale di dose in aria per
10 aree selezionate. Per le procedure toraciche, infatti, il report dosimetrico dell’angiografo, fornisce la
distribuzione di dose in aria per 10 diverse zone, in termini di percentuale di 2 Gy in aria. Il modello di calcolo
implementato consiste in una sfera del diametro di 30 cm posizionata all’isocentro sviluppata in 10 aree distinte
secondo gli angoli riportati in figura 3.
Al fine di stimare la dose massima alla cute del paziente sono state impiegate le pellicole radiocromiche
(Gafchromic® XR-RV2 e XR-RV3) [4, 5] posizionate tra il lettino e il materassino, come illustrato in figura 1, su
tutte le pazienti trattate con procedura UFE (figura 2) e per 50 procedure cardiologiche equamente ripartite nelle
due sale di emodinamica.
In particolare, in emodinamica, il valore di dose su un’area apprezzabile (> 6 cm2) della pellicola radiocromica è
stato correlato alla percentuale massima di kerma in aria registrata dall’angiografo. La curva di correlazione
ottenuta unendo i dati di entrambe le sale cardiologiche è riportato in figura 4; il coefficiente di correlazione
ottenuto, pari a 1.7, permette di stimare la dose alla cute per ogni paziente trattato in cardiologia. Nelle figure 5 e 6
sono inoltre riportate le curve di correlazione ottenute con i valori di dose misurati sulle pellicole e il valore
cumulativo di kerma in aria e il prodotto dose per area; come ipotizzabile i valori dei coefficienti di correlazione si
abbassano al diminuire della specificità del parametro dosimetrico considerato.
Figura 1. Posizionamento pellicola radiocromica sul lettino dell’angiografo
Figura 2. Esempio di distribuzione di dose su pellicola radiocromica in procedura vascolare
http://www.aifm2013.org/abstract.html
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Figura 3. Report dosimetrico: percentuale di 2 Gy in aria (ascissa: rotazione, ordinata: cranio-caudale)
y = 1.7 x
R2 = 0.88
0
1000
2000
3000
4000
5000
6000
0 1000 2000 3000 4000
Dose max report dosimetrico ditta (mGy)
Dos
e G
AF
(m
Gy)
Figura 4. Correlazione tra il valore di dose massimo fornito dal report e la dose cute ricavata dalla pellicola
radiocromica
Figure 5 e 6. Correlazioni tra il kerma in aria cumulativo (punto riferimento interventistico), la DAP totale e la
dose cute ricavata dalla pellicola radiocromica
y = 1.0351x
R2 = 0.77
0
1000
2000
3000
4000
5000
6000
0 1000 2000 3000 4000 5000
Karia,cum (mGy)
Do
se G
AF
(m
Gy) y = 17.9x
R2 = 0.69
0
1000
2000
3000
4000
5000
6000
0 100 200 300
DAP totale (mGy x cm2)
Do
se G
AF
(m
Gy)
http://www.aifm2013.org/abstract.html
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Discussione e conclusioni
Come già indicato la modifica del protocollo di acquisizione in Radiologia Vascolare ha permesso di ottimizzare la
procedura di embolizzazione delle arterie uterine con una notevole riduzione di dose alla paziente. In tabella 11 è
riportato il confronto fra le valutazioni eseguite sulle pazienti sottoposte a trattamento prima della modifica del
protocollo (pre-ottimizzazione: 18 pazienti) e dopo l’ottimizzazione (post- ottimizzazione: 20 pazienti). Si può
notare come le dosi medie siano ridotte del 50 % circa.
Periodo (mGy) (mSv) (Gy)
Pre-ottimizzazione 360 62 2.3
Post-ottimizzazione 160 27 1.1
Tabella 11. Embolizzazione delle arterie uterine: risultati misure “in-vivo”
L’analisi dei dati raccolti in emodinamica in diversi trimestri, ha permesso di confrontare i valori medi di dose e
del tempo di esposizione con i livelli di riferimento proposti dall’International Atomic Energy Agency (IAEA) [6] e
con i più recenti livelli proposti da un programma di monitoraggio nazionale spagnolo [6] (tabelle 12, 13, 14 e 15) .
Il confronto con i livelli di riferimento conferma l’ottimizzazione delle procedure ma anche un ampio margine di
lavoro per ulteriori miglioramenti che possono essere apportati. Da notare infatti la riduzione di circa il 50% di
DAP nel trimestre 2013, da parte dell’Emodinamica 1, grazie alle nuove modalità di lavoro introdotte, con la
riduzione del numero di immagini acquisite al secondo in grafia e scopia. Nel laboratorio di emodinamica 2 la
riduzione media, della DAP, è di circa il 30%. La diversa riduzione di dose è legata al differente utilizzo, nel
periodo in esame, dei protocolli disponibili: il laboratorio 2 ha utilizzato i protocolli a dose ridotta per i pazienti con
idoneo BMI ma ha impiegato, con minor frequenza, l’acquisizione a 7.5 frame per secondo.
Precedura CA
IAEA (2009)
Difficoltà
intermedia
Spanish
Society of
cardiology
(2011)
Verifica
2012
(I Trimestre)
Verifica 2013
(feb. – apr.)
Tempo scopia (min) 9 8 7.4 8
DAP totale (Gy x
cm2)
50 44 66.7 27.1
Tabella 12. Emodinamica I: coronarografia (CA)
Precedura CA
IAEA (2009)
Difficoltà
intermedia
Spanish
Society of
cardiology
(2011)
Verifica
2012
(I Trimestre)
Verifica 2013
(feb. – apr.)
Tempo scopia (min) 9 8 6.1 7.3
DAP totale (Gy x
cm2)
50 44 58.9 42.4
Tabella 13. Emodinamica II: coronarografia (CA)
http://www.aifm2013.org/abstract.html
-
Precedura CA + PTCA
IAEA (2009)
Difficoltà
intermedia
Spanish Society of
cardiology (2011)
Verifica 2012
(I Trimestre)
Verifica 2013
(feb. – apr.)
Tempo scopia (min) 22 16.9 12.8 14.2
DAP totale (Gy x cm2) 125 128.6 126.9 63.1
Tabella 14. Emodinamica I: angioplastica (PTCA) + CA
Precedura CA + PTCA
IAEA (2009)
Difficoltà
intermedia
Spanish Society of
cardiology (2011)
Verifica 2012
(I Trimestre)
Verifica 2013
(feb. – apr.)
Tempo scopia (min) 22 16.9 14.3 15.9
DAP totale (Gy x cm2) 125 128.6 121.7 87
Tabella 15. Emodinamica II: angioplastica (PTCA) + CA
Analizzando tutti i dati raccolti, per mezzo di semplici istogrammi in funzione della dose alla cute stimata
utilizzando il fattore di correlazione ricavato per mezzo delle misure eseguite con pellicole radiocromiche, in
entrambe le sale, per tre trimestri campione (anni 2012 e 2013), si sono ricavate una serie di importanti
considerazioni relativamente all’analisi di casi particolarmente critici dal punto di vista dosimetrico (figura 7).
Figura7. Istogrammi della stima della dose alla cute dei pazienti trattati presso le Emodinamiche I e II in due
differenti trimestri
05
101520253035404550
0.1
0.7
1.3
1.9
2.5
3.1
3.7
4.3
4.9
5.5
6.1
6.7
7.3
7.9
8.5
9.1
Fre
qu
en
za
Stima dose cute (Gy)
Emodinamica 1-I trim. 2012
0
5
10
15
20
25
30
35
0.1
0.6
1.1
1.6
2.1
2.6
3.1
3.6
4.1
4.6
5.1
5.6
6.1
6.6
7.1
7.6
Fre
qu
en
za
Stima dose cute (Gy)
Emodinamica 2 - Itrim. 2012
0102030405060708090
0.1
0.4
0.7 1
1.3
1.6
1.9
2.2
2.5
2.8
3.1
3.4
3.7
Fre
qu
en
za
Stima dose cute (Gy)
Emodinamica 1 -Feb - Apr. 2013
0
10
20
30
40
50
0.1
0.6
1.1
1.6
2.1
2.6
3.1
3.6
4.1
4.6
5.1
5.6
6.1
6.6
7.1
7.6
8.1
8.6
Fre
qu
en
za
Stima dose cute (Gy)
Emodinamica 2 -Feb. - Apr. 2013
http://www.aifm2013.org/abstract.html
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Per definire le criticità si è utilizzato il valore di 3 Gy di dose cute, definito come Substantial Radiation Dose Level
(SRDL) nelle pubblicazioni [1e 2]; il SDRL è indicato come livello di dose che può produrre un evento rilevabile
clinicamente oltre il quale è consigliato il follow-up. Nelle tabelle 16 e 17, relative a due trimestri del 2012, si può
notare come la dose massima stimata alla cute sia ampiamente superiore a 3 Gy e che il numero di casi con dose
superiore a 3 Gy non sia trascurabile. L’analisi a posteriori di molti di questi pazienti ha mostrato casi di procedure
molto complesse e quindi con tempi di lavoro in scopia e numero di immagine acquisite in grafia importante.
Proprio la revisione di tali casi ha permesso di incrementare l’impiego, non senza sforzo da parte degli operatori,
della grafia a 7.5 impulsi per secondo e di richiedere, alla ditta fornitrice, la modalità di acquisizione in scopia a
7.5 impusi al secondo. Si è inoltre deciso di introdurre la pratica della notifica, al primo operatore, del
raggiungimento di un livello di dose importante (2 Gy di dose alla cute, da noi definiti warning) su una data area,
come indicato nei lavori sopra citati [1 e 2]. La successiva raccolta dati eseguita nel trimestre febbraio – aprile 2013
ha confermato l’utilità delle modifiche apportate alle modalità di lavoro (tabella 18) mostrando come in
emodinamica 1 la dose massima alla cute, per una singola procedura, si sia notevolmente ridotta (da 8 a 4 Gy
circa). Ciò consente di avere, anche nel caso di procedure ripetute, un maggior margine di lavoro prima di
raggiungere la criticità dei 10 Gy stimati alla cute del paziente [7].
Emodinamica 1 Dose cute max (Gy) > 3 Gy N° Paz. %
Gen-mar 2012 9.1 15 casi 346 4.3
Mag-lug 2012 7.6 14 casi 300 4.7
Emodinamica 2 Dose cute max (Gy) > 3 Gy N° Paz. %
Gen-mar 2012 7.9 26 casi 301 8.6
Mag-lug 2012 8.4 22 casi 150 14.7
Tabelle 16 e 17. Emodinamiche I e II: dose alla cute massima, numero di casi con dose superiore a 3 Gy (2012)
Perido: feb. – apr. 2013 Dose cute max (Gy) > 3 Gy N° Paz. %
Emodinamica 1 3.6 5 casi 365 1.4
Emodinamica 2 8.8 19 casi 397 4.8
Tabella 18. Emodinamiche I e II: dose alla cute massima, numero di casi con dose superiore a 3 Gy (2013)
La variazione di programmi di acquisizione e della gestione delle procedure necessita, per la corretta applicazione,
di un programma di formazione specifica del personale interessato (Medici Specialisti e TSRM). A tale proposito è
stato eseguito un corso di formazione volto al personale interessato con interventi dei medici responsabili
dell’esecuzione delle procedure e del personale della fisica sanitaria [8].
L’approccio utilizzato nell’ottimizzazione per l’esecuzione delle procedure interventistiche è il risultato della
collaborazione tra diverse figure professionali che permette di crescere nei vari campi della professione con un
obiettivo comune: la riduzione della dose al paziente e all’operatore. Tale esperienza è stata anche pubblicata
recentemente da altri gruppi [9].
References:
[1] M. S. Stecker et al., Guidelines for patient radiation dose management, Journal of Vascular and Interventional
Radiology (2009), 20:S263-S273
[2] C. E. Chambers, K. A. Fetterly et al.,Radiation safety program for the cardiac catheterisation laboratory,
Catheterization and Cardiovascular Interventions (2011), Vol. 77, 546-556
http://www.aifm2013.org/abstract.html
-
10
[3] P. Muratore, P. Isoardi et al., Ottimizzazione dosimetrica negli interventi di embolizzazione delle arterie
uterine, Riassunti 45° Congresso Nazionale SIRM Torino 1-5 giugno 2012, 340
[4] O. Rampado et al., Dose and energy dependance of resposnse of gafchromic XR-QA film for kilovoltage x-ray
beams, Physics in Medicine and Biology (2006), Vol. 51: 2871-2881
[5] O. Rampado et al., Dose area product evaluations with gafchromic XR-R films and a flat-bed scanner, Physics
in Medicine and Biology (2006), Vol. 51: N403-N409
[6] Sanchez R., Vano E. et al., A national programme for patient and staff dose monitoring in interventional
cardiology, Radiation Protection Dosimetry (2011), Vol. 147, pp.57-61
[7] G. Sianos et al., Recanalisation of chronic total coronary occlusions: 2012 consensus document from the
EuroCTO club, EuroIntervention 2012, 8-online publish-ahead-of-print (May 2012)
[8] Progetto formativo Azienda Ospedaliera Città della Salute e della Scienza di Torino “Aggiornamento in
radioprotezione su apparecchiature agiografiche digitali”, maggio/giugno 2013 [9] K. A. Fetterly, M. Verghese et al., Radiation dose reduction in the invasive cardiovascular laboratory.
Implementing a culture and philosophy of radiation safety, Journal of the American College of Cardiology (JACC)
(2012), Vol. 5 (N°6): 866-873
http://www.aifm2013.org/abstract.html
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Physical characterization of a new CT iterative reconstruction method operating in sinogram space.
C.Ghetti1, F.Palleri1, G.Serreli1, O.Ortenzia1, L.Ruffini 2
1Servizio di Fisica Sanitaria, Azienda Ospedaliero-Universitaria, Parma, Italy
2Dipartimento di Diagnostica per Immagini, Azienda Ospedaliero-Universitaria, Parma, Italy
The use of iterative reconstruction algorithms in Computed Tomography (CT) has become a crucial issue for dose reduction in CT examinations. The main advantage of iterative algorithms opposed to Filtered Back Projection (FBP) is the incorporation of physical models, which allows for CT studies at reduced doses with preserved image quality and low levels of image noise [1-9]. The most important iterative reconstruction methods and the solutions introduced by CT manufacturers have been recently reviewed [10].The latest reconstruction algorithm introduced by Siemens is Sinogram Affirmed Iterative Reconstruction (SAFIRE). It is FDA–approved and it is considered innovative compared to previous algorithm of the family, Iterative Reconstruction In Image Space (IRIS) [11], as it works not only in image space but also in raw data domain. First, an anisotropic noise model is applied to images reconstructed with FBP in order to reduce the variance of the signal. After each iteration data are re-projected in sinogram space to validate (or affirm) the images with measurement data, the detected deviations are corrected, yielding an updated image [12].Previous clinical studies exploring SAFIRE reconstruction have measured parameters as Contrast-to-Noise Ratio (CNR) and Signal-to-Noise Ratio (SNR) and provided a subjective assessment of image quality. Most of these studies reports an image noise reduction, without loss of diagnostic information, and consistent dose reduction [12-14]. Neverthless, an accurate quantitative characterization of SAFIRE reconstruction is not available in literature. The aim of this study is thus to evaluate the SAFIRE algorithm using image quality parameters measured on phantoms in order to describe the effect of iterative reconstruction with objective metrics.Noise, noise power spectrum (NPS), CNR, kernel impact on noise reduction, linearity and accuracy of CT numbers and both transverse and coronal spatial resolution have been investigated using dedicated phantoms and results have been compared to traditional FBP. Spatial resolution is preserved by SAFIRE both in transverse and coronal planes, even at low dose levels. Accuracy and linearity in CT number are not affected by iterative reconstruction. SAFIRE is able to decrease image noise with a reduction up to 60%. This effect is independent from the kernel but strongly related to the strength of SAFIRE applied. As a direct consequence, low contrast detectability (in term of CNR) is improved by SAFIRE, suggesting that a consistent dose reduction can be performed in clinical protocols using this iterative reconstruction method.Another aspect examined is image texture in term of NPS: with SAFIRE strength of 4 and 5 the peak of the NPS curve is shifted towards low frequencies. This effect is coupled with a blotchy image quality impression. The fact that the user has the possibility to change different strength in SAFIRE application is especially important. In this way a good compromise can be reached between dose reduction and a familiar image appearance.Full paper published in Journal of Applied Clinical Medical Physics, July 2013.
http://www.aifm2013.org/abstract.html
-
References: [1] Marin D, Nelson RC, Schindera ST, Richard S, Youngblood RS, Yoshizumi TT, Samei E. Low-tube-voltage, high-tube-current multidetector abdominal CT: improved image quality and decreased radiation dose with adaptive statistical iterative reconstruction algorithm-initial clinical experience. Radiology. 2010 Jan;254(1):145-53.[2] Silva A, Lawder H, Hara A, Kujak J, Pavlicek W. Innovations in CT Dose Reduction Strategy: Application of the Adaptive Statistical Iterative Reconstruction Algorithm, AJR 2010;194: 191-199.[3] Hara AK, Paden RG, Silva AC, Kujak JL, Lawder HJ, Pavlicek W. Iterative reconstruction technique for reducing body radiation dose at CT: feasibility study. AJR Am J Roentgenol. 2009 Sep;193(3):764-71. [4] Sagara Y, Hara A, Pavlicek W, Silva A, Paden R, Wu Q. Abdominal CT: Comparison ofLow-Dose CT With Adaptive Statistical Iterative Reconstruction and Routine-Dose CT With Filtered Back Projection in 53 PatientsAJR 2010; 195:713-719.[5] Leipsic J, LaBounty TM, Heilbron B, Min JK, Mancini GBJ, Lin FY, Taylor C, Allison D, Earls JP. Adaptive Statistical Iterative Reconstruction:Assessment of Image Noise and Image Quality in Coronary CT Angiography. AJR 2010;195:649-654.[6] Leipsic J, LaBounty TM, Heilbron B, Min JK, Mancini GBJ, Lin FY, Taylor C, Allison D, Earls JP. Estimated Radiation Dose Reduction Using Adaptive Statistical Iterative Reconstruction in Coronary CT Angiography: The ERASIR Study. AJR 2010;195:655-660.[7] Pontana F, Pagniez J, Flohr T, Faivre JB, Duhamel A, Remy J, Remy-Jardin M. Chest computed tomography using iterative reconstruction vs filtered back projection (Part 1): evaluation of image noise reduction in 32 patients. Eur.Radiol 2011; 21:627-635.[8] Bittencourt MS, Schmidt B, Seltman M, Muschiol G, Ropers D, Daniel W, Achenbach S, Iterative Reconstruction in image space (IRIS) in cardiac computed tomography:initial experience. Int J Cardiovasc Imaging 2010;7: 1081-7.[9] Funama Y, Taguchi K, Utsunomiya D, Oda S, Yanaga Y, Yamashita Y, Awai K. Combination of a Low-Tube-Voltage Technique with Ibrid Iterative Reconstruction (iDose) Algorithm at Coronary Computed Tomographic Angiography. Comput Assist Tomogr 2011 25: 480-485. [10] Beister M, Kolditz D, Kalender W. Iterative reconstructions methods in X-ray CT. Phys. Med. 2012; 28: 94-108.[11] Ghetti C, Ortenzia O, Serreli G. CT iterative reconstruction in image space: a phantom study ,Phys Med. 2012 Apr;28(2):161-5.[12] Baumueller S, Winklehner A, Karlo C, Goetti R, Flohr T, Russi EW, Frauenfelder T, Alkadhi H. Low-dose CT of the lung: potential value of iterative reconstructions. Eur Radiol. 2012 Jun 15. [13] Ebersberger U, Tricarico F, Schoepf UJ, Blanke P, Spears JR, Rowe GW, Halligan WT, Henzler T, Bamberg F, Leber AW, Hoffmann E, Apfaltrer P. CT evaluation of coronary artery stents with iterative image reconstruction: improvements in image quality and potential for radiation dose reduction. Eur Radiol. 2012 Jul 10.[14] Baker ME, Dong F, Primak A, Obuchowski NA, Einstein D, Gandhi N, Herts BR, Purysko A, Remer E, Vachani N. Contrast-to-Noise Ratio and Low-Contrast Object Resolution on Full- and Low-Dose MDCT: SAFIRE Versus Filtered Back Projection in a Low-Contrast Object Phantom and in the Liver. AJR Am J Roentgenol. 2012 Jul;199(1):8-18.
http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/22699873http://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/22699873http://www.aifm2013.org/abstract.html
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Sistemi di modulazione in TC: Riduzione della dose
Dose reduction in CT tube current modulation systems
G.Lucconi1, G. Feliciani1, N.Scrittori2, L. Pierotti3 (1) Post-graduate School in Medical Physics, University of Bologna, Italy (2) Medical Physics Department, S.Maria delle Croci Hospital, Ravenna, Italy (3) Medical Physics Department, S.Orsola-Malpighi University Hospital, Bologna, Italy Purpose: In this study we investigated dose reduction in CT with tube current modulation systems. Materials and methods: Scans were performed with 8 scanners: 2 GE Lightspeed VCT 64 and 1 GE Lightspeed 16 (AutomA 3D longitudinal and angular AEC), 1 Siemens Sensation 16 (CARE Dose 4D combined AEC), 3 Philips Brilliance 6, 16 and 64 and 1 Philips iCT 128 (separate ZDOM for longitudinal AEC and DDOM for angular AEC). The SPR was acquired at different kV and mA. A chest and an abdomen anthropomorphic phantoms were used to simulate a standard patient positioned feet first and head first, centred and ±5cm off axis; helical protocols with and without modulation were employed. A 10X6-3CT pencil beam chamber was used to measure dose profile in air during scans with angular modulation. Dose variations were evaluated in terms of CTDI and effective and organ doses obtained with IMPACT CT patient dose calculator, version 1.0.4. An excel macro was developed to include modulation by considering mA values for each slice; in the over-ranging region mA were assumed equal to the first and last values of the scan. Results: Dose profiles measured during angular modulation agree with mA planned before the scan and show higher values in lateral projections, corresponding to the mA recorded in protocols with longitudinal modulation only. Differences were observed varying the initial tube position. A ±5cm off axis scan leads to a dose variation up to 30%, with differences between scanners. SPR parameters need to be optimized to meet scan conditions as dose is increased up to 20% by lowering the kV or choosing a small mA value. Effective doses calculated with mA values of each slice show differences < 6% with doses obtained with average mA, that can therefore be used for rough estimates. Larger variations up to 60% are however detected in organ doses. In agreement with the literature, our results show how longitudinal AEC is much more effective in dose reduction (up to -40%) compared to angular AEC (-20% for chest and -15% for abdomen region). The average effective dose obtained in this study is (7.7 ± 1.6) mSv for abdomen scans (range 6.7 – 11 mSv) and (8.3 ± 1.4) mSv for chest scans (range 6.4 – 12 mSv). Conclusion: AEC techniques can reduce patient dose without excessively increasing image noise; longitudinal and combined systems seem more effective. Reference image quality parameters are yet crucial to allow this reduction, along with patient positioning and pre-scanning parameters.
http://www.aifm2013.org/abstract.html
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Sistemi di modulazione della dose in MSCT: valutazione della qualità delle immagini per l’ottimizzazione dei protocolli clinici Automatic tube current modulation in MSCT: image quality assessment for clinical protocol optimization
L. Pierotti1, G. Feliciani2, G.Lucconi2, N.Scrittori3 (1) Medical Physics Department, S.Orsola-Malpighi University Hospital, Bologna, Italy (2) Post-graduate School in Medical Physics, University of Bologna, Italy (3) Medical Physics Department, S.Maria delle Croci Hospital, Ravenna, Italy Purpose: In this study we investigated AEC systems from 3 manufacturers having different indicators of image quality. Materials and methods: Images were acquired with 8 scanners: 2 GE Lightspeed VCT 64 and 1 GE Lightspeed 16 (AutomA 3D longitudinal and angular AEC), 1 Siemens Sensation 16 (CARE Dose 4D combined AEC), 3 Philips Brilliance 6, 16 and 64, iCT 128 (separate ZDOM for longitudinal AEC and DDOM for angular AEC). The CT acquisitions were performed at different kV and mA to investigate the effect on the modulation; standard reconstruction algorithm was employed. A chest and an abdomen anthropomorphic phantoms were used to simulate a standard patient positioned as in routine clinical examination and ±5cm off axis; standard helical protocols with and without modulation were employed. Different values of the indicator of image quality were tested. mA profiles along the scan length were obtained using ImageJ; mAs were normalized to a factor taking into account the different geometry and filtration of the scanners. Noise was evaluated with ROI placed in uniform areas available throughout the phantom; increased noise uniformity was assessed through the coefficient of variation (Cv). Results: A variation of noise index (for GE scanners) or reference mAs (for others) resulted in a shift of the profile; the same happened when scout kV or mA were changed. Combined and longitudinal AEC systems show similar normalized mAs profiles, with higher values in the shoulder and the pelvis regions; differences up to 40% were observed between scanners. Different profiles were detected when the scan direction was reversed in Siemens scanner. Philips DDOM angular modulation shows almost flat profiles; coherently the tube current range is wider when only longitudinal modulation was employed in scanner with combined AEC. Large variations in the mAs values are found at the beginning and at the end of the scans. The image noise increased for up to 10 CT numbers when the AEC system was used compared with AEC off; different trends were observed for longitudinal and angular AEC. Cv shows a small increased in noise uniformity only for longitudinal AEC systems. Conclusion: Despite the different nature of AEC systems, the outcomes of combined and longitudinal current modulation are similar. The image noise is increased to an acceptable level and its uniformity along the scanning direction is slightly improved. References: [1] Adam C. Turner, The feasibility of a scanner-independent technique to estimate organ dose from MDCT scans: Using CTDIvol to account for differences between scanners, Med. Phys. (2010) 37(4), 1816-182