COME ALLA CORTE DI FEDERICO II OVVERO
PARLANDO E RIPARLANDO DI SCIENZA
LA SFIDA DELL’EDUCAZIONE SCIENTIFICA di Elena Sassi 7 UN PROGETTO SOLIDALE DI EDUCAZIONE SCIENTIFICA di Alberto Di Donato 11
FORMAZIONE E SAPERE SCIENTIFICO NELLA SOCIETÀ DELLA CONOSCENZA di Maura Striano 12 LA NUOVA FRONTIERA DEI MUSEI UNIVERSITARI di Maria Rosaria Ghiara 15 SCIENCE CENTRE E SOCIETÀ DELLA CONOSCENZA di Carla Giusti 17 LA FISICA DEL QUOTIDIANO di Nicola Spinelli 19 INSEGNARE LA SCIENZA A SCUOLA OGGI di Anna Pascucci 21
Musica, arte tra scienza e filosofia
Non per fare paragoni con le altre espressioni artistiche, notoriamente nobilissime e di indiscutibile spessore, ma la
musica sembra dover essere il maggiore punto di incrocio tra scienza e arte.
La matematica la troviamo in qualsiasi battuta di qualsiasi genere musicale, anche il meno interessante. E tutti gli
intervalli ritmici ottenibili facendo, per esempio, cadere un cucchiaio, poi schioccando una volta con le dita, e dopo
pochi secondi bussando al campanello di casa, sono trascrivibili in una misura.
Per tradurre dei suoni, armonici o percussivi, si può infatti ricorrere alla (non facile) strategia dei tempi dispari. Questi
sono rari da trovare nella musica leggera, ma sono invece reperibilissimi nelle opere classiche, nel rock progressivo, e
nel jazz.
Una leggenda metropolitana suggerisce che il motivo per cui pressoché chiunque è capace di battere le mani a tempo
su un quattro quarti (4/4), sia perché nei nove mesi in cui siamo ospitati all'interno di nostra madre, la pulsazione dei
battiti cardiaci che sentiamo è appunto di 4/4 terzinati, per l'esattezza.
Ma, più verosimilmente, il fenomeno può avere spiegazioni culturali. Un italiano della nostra generazione è stato
cullato sin dalla più tenera età da canzoni easy listening : i capiscuola britannici Beatles, tanto per citare solo loro, le
sottovalutate sigle dei cartoni animati, la musica etno-popolare (i pezzi classici napoletani, per esempio) e via dicendo.
Il 95% di queste composizioni sono in 4/4, e potrebbero insospettabilmente aver ''allenato'' il nostro orecchio da
sempre, rendendoci poco ricettivi ad altre figure ritmiche, eccezion fatta per il walzer (3/4).
Eppure, se ci spostiamo in Grecia, notiamo che là la gente suona spesso e volentieri in 5/4, e che ha addirittura
qualche difficoltà a suonare in 4 ; cosa che invece a noi viene spontanea...
Per intenderci, gli standards occidentali più noti in 5/4 sono ''Take Five'' di Dave Brubeck, e naturalmente la sigla di "
Missione Impossibile '' del compositore Argentino Lalo Schifrin. Ma per suonare a proprio agio brani dispari occorre
rieducare il proprio metronomo interiore, e questo è già tutto un programma.
Guarda caso, la musica tradizionale greca è in gran parte composta in 5/4. E possiamo anche aggiungere a questo
criterio un parametro teologico-filosofico, poiché per i Greci sembra logico suonare in 5 dato che la mano ha cinque
dita. E Platone sosteneva che la forma della mano e l'ingegnosità della posizione delle dita rispetto ad essa fossero una
prova inconfutabile dell'esistenza di Dio. Considerazione di rilievo, se pensiamo che nella mitologia greca l'arte era
riservata unicamente agli dei. Dei che stavano in cielo, e che quindi sfidavano e sconfiggevano le più elementari leggi
della fisica.
In fondo molti filosofi, anche presocratici, erano matematici (Pitagora): i numeri infiniti, l'infinità dell'universo. E
possiamo già osservare come i termini 4/4, 3/4, 5/4, ricordino appieno le frazioni dell'aritmetica (termine in cui è pure
inclusa la parola ''ritmo'', come a voler chiudere l'anello).
Per cui l'intesa tra scienza, musica e filosofia sembra non solo sussistere, ma anche essere dimostrabile su ben più
d'un piano.
Scienza, ma anche musica, vuol dire evoluzione. Se esaminiamo il livello compositivo ed esecutivo di musicisti come
Herbie Hancock o John McLaughlin, ci accorgiamo che per loro la musica è una scienza esatta. Sono giunti ormai ad
una fase di comprensione ed omogeneità musicali che rasenta col genio matematico. Gli strumenti sono
semplicemente "veicoli", un tramite che questi straordinari musicisti hanno usato per arrivare ad una serenità e un
equilibrio interiori invidiabili, degni di una religione.
Il compianto ed ineguagliato bassista Jaco Pastorius non fu altrettanto fortunato: si sentì inghiottire dall'immensità
della musica, tentò maldestramente di proteggersi con le droghe, ma non fu abbastanza forte. Agli amici che lo
incontravano per strada, coperto da scatoloni e stracci, diceva ''Non potrei comunque superare il livello che ho
raggiunto. Per cui, a cosa mi servirebbe tornare a suonare ?''
Adrien Evangelista ENSEMBLE FEDERICO II JAZZ ORCHESTRA - DUO
L’Europa ha sempre più bisogno di scienza e tecnologia,
anche per diventare “un’economia dinamica, competitiva e basata sulla conoscenza”.
In Italia, l’educazione scientifica è al di sotto della media dei paesi OCSE.
L’insegnamento della fisica va ripensato come laboratorio del sapere scientifico, in cui chi studia si costruisce relazioni
fra fenomeni e modelli, matematica e fisica e scopre coincidenze e conflitti con la conoscenza comune.
In paesi con povertà diffusa e cultura scientifica agli albori, l’apprendere scienza è anche strumento per affrancarsi.
Questa è la strategia della formazione insegnanti che la Federico II svolge all’Università di Gulu in Uganda
Gli articoli degli incontri si trovano all’indirizzo
www.comeallacorte.unina.it
Elena Sassi
Nata a San Martino in Pensilis (CB), si è
laureata in Fisica con lode all’Università degli
Studi di Napoli Federico II dove dal 1987 è
professore ordinario di Didattica della Fisica nel
Dipartimento di Scienze Fisiche e coordina il
gruppo di ricerca “Didattica della Fisica e
Infomation Comunication Technology”.
Ha svolto ricerche in Fisica Sperimentale delle
Particelle elementari presso il Centro Europeo di
Ricerca Nucleare di Ginevra e i Laboratori
Nazionali di Frascati, studiando per circa venti
anni processi di Fisica sub-nucleare.
Dagli anni ’80 la sua ricerca riguarda
l’educazione scientifica, i contributi delle
tecnologie didattiche, le attività di laboratorio e di modellizzazione.
Ha coordinato programmi nazionali su temi di Didattica della Fisica e la partecipazione italiana ai progetti
EU “Science Teacher Training in an Information Society” (1998-2001), “Science Teachers Training across
Europe” (2002-2004). Attualmente partecipa alla Rete Tematica Europea STEPS by EUPEN (2006-2008) e
al progetto EU “University – school partnerships for research – based modules on Material Properties
(2007-2009).
Si è occupata di formazione degli insegnanti di materie scientifiche, in Italia ed all’estero (Cuba 1971-72,
USA 1987-88, Nord Uganda dal 2004). Ha insegnato e svolto seminari in diverse università, in EU e USA.
È stata presidente del Consiglio di Corso di Laurea in Fisica. Attualmente fa parte della Physics Education
Division della Società Europea di Fisica e della ICPE (International Commission for Physics Education)
della IUPAP (International Union of Pure and Applied Physics).
Nel 2006 ha ricevuto il Premio per la Didattica della Società Italiana di Fisica.
È autrice e/o co-autrice di un centinaio di pubblicazioni (articoli su riviste accreditate, presentazioni a
congressi internazionali e nazionali, materiali didattici, software, ecc.).
COME ALLA CORTE DI FEDERICO II educazione scientifica: una fisica più accessibile ed attraente
Centro di Ateneo per la Comunicazione e l’Innovazione Organizzativa Università degli Studi di Napoli Federico II
LA SFIDA DELL’EDUCAZIONE SCIENTIFICA Elena Sassi Professoressa di Didattica della Fisica Università degli Studi di Napoli Federico II
L’Educazione Scientifica oggi si trova di
fronte ad una grande sfida che occorre vincere in
tempi brevi e che impegna molti attori, da chi
insegna nella scuola e nell’università a gli
studenti, dai ricercatori in didattica a chi decide
struttura e regole dei sistemi educativi.
L’aumentata priorità del sapere scientifico.
I bisogni di sapere scientifico e
tecnologico sono aumentati, sia a livello di
formazione di base che professionale. Fino a
qualche decennio fa i più ritenevano che il ruolo
principe dell’educazione scientifica fosse quello
di percorso per la conoscenza della realtà
naturale. Oggi con lo sviluppo tecnologico e con
l’emergere della società della conoscenza,
conoscenza, sono forti anche i ruoli di
strumento per orientarsi in un mondo
“globalizzato ed accelerato”, e di motore di
sviluppo di economie basate sulla conoscenza.
La prosperità delle società moderne ed il ben-
essere dei cittadini si basa anche sul progresso
scientifico e tecnologico, anche per questo il
sapere scientifico ha alta priorità. Un recente
rapporto EU su scelta di studi e lavori in scienza
e tecnologia ha come titolo “L’Europa ha bisogno
di più scienziati!” C’è bisogno di più persone che
intraprendono carriere nel mondo della scienza e
della tecnologia; in EU solo 5 lavoratori su 1000
sono impiegati come ricercatori rispetto agli 8 in
USA e 9 in Giappone. C’è bisogno di più cittadini
con educazione scientifica di base che possano
fare scelte consapevoli su temi caldi come
medicina, salute, qualità degli alimenti,
comunicazioni, ambiente, produzione e consumo
di energie, trasporti, ecc… Nei paesi in via di
sviluppo il bisogno di persone con competenze in
scienza e tecnologia è ancora più drammatico.
Le insufficienze dell’educazione scientifica
di base.
Progetti di largo respiro indicano che i
sistemi educativi danno risposte inadeguate ai
crescenti bisogni di educazione scientifica di
base. TIMSS (Trends in International
Mathematics and Science Study) dal 1995 studia
per gli USA e circa 50 altri paesi il profitto in
matematica e scienze degli studenti alla fine
della scuola elementare e media. PISA
(Programme for International Student
Assessment) dal 2000 valuta le competenze in
lettura e scrittura, matematica e scienze di
studenti di 15-16 anni nei 30 paesi OCSE più
circa altrettanti paesi associati. In sintesi i
risultati indicano che l’Educazione Scientifica di
base è inadeguata nello stabilire legami fra i
fenomeni reali e le basi delle scienze, nel
costruire conoscenza coerente e duratura, nel
superare difficoltà di apprendimento, nel
comunicare interesse per la scienza. La
posizione dell’Italia è preoccupante, nei dati
PISA siamo fra gli ultimi dei paesi OCSE sia per
matematica che scienze.
Inoltre sta calando la scelta di studi
scientifici. Nonostante la passione per gli
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COME ALLA CORTE DI FEDERICO II educazione scientifica: una fisica più accessibile ed attraente
Centro di Ateneo per la Comunicazione e l’Innovazione Organizzativa Università degli Studi di Napoli Federico II
“oggetti tecnologici” molti giovani pensano che
la scienza sia distante dalla vita quotidiana, non
interessante, non “alla moda”. Le ragioni addotte
sono il modo in cui le scienze sono insegnate a
scuola (i programmi spesso prevedono grandi
masse di informazioni che i giovani imparano a
memoria), la complessità delle materie, e
l’apparente scarsità di prospettive di carriera
attraenti. Anche se in EU circa il 65% dei
diciassettenni è a scuola, ultimamente il numero
di chi sceglie di seguire studi a carattere
scientifico è in calo. Occorrono con urgenza
nuove modalità di insegnamento-apprendimento
coerenti con la necessità di un sapere scientifico
di miglior qualità e per molte più persone.
Un nuovo paradigma per l’educazione
scientifica.
Molti decenni di ricerca e
sperimentazione educativa insieme ai progressi
delle tecnologie didattiche consentono di
proporre ai nostri sistemi educativi un nuovo
paradigma per l’educazione scientifica
sintetizzabile col nome di Laboratorio del Sapere
Scientifico (LSS). Le caratteristiche centrali di
questa nuova modalità sono essenzialmente due
e potenzialmente risolvono i problemi su indicati.
Da un lato l’apprendimento è inteso come un
processo in cui si stabiliscono ponti fra due
polarità, sinteticamente riassumibili come
“concreto” e “astratto”. Questa polarità è
inseparabile: l’osservazione dei fenomeni (il
concreto) porta alla loro rappresentazione, ai
modelli e alle leggi (l’astratto); la piena
comprensione di questi ultimi ha bisogno di
trasposizioni concrete. La dinamica principale è
viaggiare avanti-indietro fra concreto ed
astratto, fra fenomeni e loro modelli/leggi, fra
sapere teorico ed operativo, fra quello che come
esseri umani riusciamo a vedere e ciò che ci è
invisibile e/o non riusciamo ad immaginare. A
quasi tutti gli studenti non basta studiare una
legge fisica per “immaginare” cosa essa
descrive. Per esempio, la comprensione delle
leggi del cosmo e dei costituenti della materia,
rappresentazioni astratte della mente umana,
può essere molto aiutata da immagini reali di
aspetti di quei mondi o da modelli di evoluzione.
Dall’altro lato si è ormai certi della validità di una
visione costruttivista dell’apprendimento rispetto
ad un modello di insegnamento trasmissivo. In
un ambiente di apprendimento ispirato al
costruttivismo, da un lato gli studenti
costruiscono e ri-elaborano continuamente la
propria rete di conoscenza, dall’altro gli
insegnanti prendono in seria considerazione idee
e ragionamenti di senso comune, affrontano le
difficoltà di apprendimento derivanti dai conflitti
con la conoscenza scientifica e guidano la classe
al “fare insieme”. Per insegnare la fisica secondo
queste impostazioni e aiutare gli studenti a
costruirsi una conoscenza coerente e duratura,
occorre aver trovato risposte alla domanda
chiave “quale fisica insegnare, come, a chi?”.
Nel realizzare concretamente la modalità del
Laboratorio del Sapere Scientifico, per la fisica
spiccano tre zone cruciali, le attività sperimentali
e quelle d’uso di modelli e immagini. L’enfasi su
queste zone aiuta a rendere la Fisica più
accessibile ed attraente. Perché più attraente?
Perché le attività del “misurare, rappresentare e
vedere” attivano la sfida della comprensione,
l’operare con le idee, l’uso della tecnologia che
permette di arrivare facilmente a momenti
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COME ALLA CORTE DI FEDERICO II educazione scientifica: una fisica più accessibile ed attraente
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operativi, la collaborazione e il confronto con gli
altri. Il vedere l’invisibile, per esempio
attraverso immagini reali del cosmo o del mondo
degli atomi, aiuta a comprendere aspetti che la
maggioranza di chi studia non coglie dall’analisi
di formule, e suscita motivazione ed interesse.
Fare esperimenti e misure serve a rendersi ben
conto degli aspetti sperimentali della Fisica, a
evidenziare differenze fra conoscenza comune e
scientifica; a indebolire sia
la tendenza frequente di “narrare” la
fisica come fosse solo un racconto, sia quella di
usare il laboratorio per verifiche di leggi già
studiate, con apparati “chiavi in mano”. Nel
Laboratorio del Sapere Scientifico c’è sinergia fra
vari modi di fare esperimenti, con apparati
scolastici tradizionali, sensori comandati da
calcolatore, in ambienti remoti o virtuali, … Ma
non necessariamente il laboratorio di fisica
comporta attrezzature tecnologiche costose; è
molto utile l’approccio del laboratorio a basso o
no costo, in cui si usano oggetti di uso comune,
materiali facilmente reperibili e/o locali. Questo
tipo di laboratorio è essenziale ovunque, ma
particolarmente nei paesi con povertà diffusa ed
educazione di base in fase iniziale e dove la
diffusione del sapere scientifico di base è anche
strumento per affrancarsi. A questo riguardo si
accenna all’esperienza di formazione insegnanti
di materie scientifiche nella scuola secondaria
che la Federico II sta svolgendo all’Università di
Gulu (Nord Uganda).
Nel Laboratorio del Sapere Scientifico è
anche centrale la comprensione del significato e
ruolo dei modelli (matematici, sperimentali,
qualitativi, quantitativi, ..) e delle loro capacità
di descrizione e predizione. Svolgere attività di
simulazione e modellizzazione fin dall’inizio della
formazione scientifica serve per rendere la fisica
più accessibile ed attraente e chiarire i suoi
legami indissolubili con la matematica.
La ricerca in didattica della fisica.
Le modalità d’apprendimento/inse-
gnamento su indicate derivano in gran parte
dalla ricerca in didattica della fisica che esiste da
circa cinquanta anni ed è in rapida espansione.
In EU e USA vi sono circa 100 gruppi di ricerca,
presso le maggiori università e l’Italia è in ottima
posizione. Sull’insegnamento-apprendimento
della fisica si sono appresi diversi punti chiave.
Un modello d’insegnamento trasmissivo non
risulta efficace mentre un approccio
costruttivista aiuta a costruire conoscenza
coerente e duratura. Il ruolo centrale
dell’insegnante è quello di mediatore nella
costruzione di conoscenza concettuale e fattuale,
all’interno di approcci esperienziali. Occorre
enfasi sulle attività sperimentali (senza cadere in
tentazioni empiriste) e di uso di modelli e
immagini. Una visione dogmatica della scienza
allontana dalla consapevolezza del suo ruolo
nella vita quotidiana. Occorre dar valore
all’apprendimento “in contesto”, senza farsi
paralizzare dal fare tutto come fosse una
simulazione di attività sociali.
Infine, come espressione di una esigenza
veramente di fondo e come insegnano anche le
neuroscienze e le migliori pratiche didattiche, è
cruciale l’attenzione all’intreccio tra sfera
cognitiva e sfera affettiva. Finora l’educazione
scientifica si è sostanzialmente concentrata sulla
prima. Il complesso fenomeno dell’ap-
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COME ALLA CORTE DI FEDERICO II educazione scientifica: una fisica più accessibile ed attraente
prendimento si nutre invece della interazione
sinergica fra queste due sfere. Quando si è
appagati affettivamente si apprende meglio e
comprendere è anche emozione. Finora
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l’educazione scientifica si è concentrata sulla
sfera cognitiva, occorre invece riuscire a far
giocare insieme Intelletto ed Amore come diceva
Dante tanto tempo fa.
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UN PROGETTO SOLIDALE DI EDUCAZIONE SCIENTIFICA Alberto Di Donato
Preside della Facoltà di Scienze MM.FF.NN. Università degli Studi di Napoli Federico II
Il Nord Uganda è devastato da oltre 20
anni di razzie ed eccidi. Circa 2 milioni di nord
ugandesi vivono in condizioni estreme nei campi
profughi e sopravvivono grazie al cibo di
donatori internazionali.
Per l’Uganda come per l’Italia, subito
dopo vita e salute, la più alta priorità è costruire
conoscenza, per puntare a benessere e sviluppo.
C’è dunque l’urgenza di formare insegnanti
competenti per sviluppare capacità critiche e
competenze, specie nel settore scientifico-
tecnologico.
L’Università Federico II ha stipulato un
accordo quadro con l’Università di Gulu, l’unica
realtà di educazione superiore pubblica del Nord
Uganda,. Nel 2004 è nata la Facoltà di Medicina
e subito dopo è iniziata una collaborazione tra la
Facoltà di Scienze MM.FF.NN. dell’Ateneo
napoletano con la Facoltà di Science Education,
che forma i futuri insegnanti per le scuole
secondarie.
Centro di Ateneo per la Comunicazione e l’Innovazione Organizzativa Università degli Studi di Napoli Federico II
Finora la collaborazione tra le due
Facoltà si è concretizzata in due interventi
didattico-scientifici per gli insegnamenti di fisica
e di biologia. Si sono tenuti quattro corsi per il
Bachelor in Science Education, ponendo le basi
per una moderna formazione dei futuri
insegnanti. Inoltre, per la prima volta in Uganda,
si è svolto un workshop per i docenti di fisica in
servizio nelle scuole secondarie del Nord
Uganda, che ha proposto esperienze di
insegnamento, attività sperimentali e ambienti
d’apprendimento basate su risultati di ricerca
didattica e sull’uso di materiali locali.
Gli studenti si impegnano molto, consci
del privilegio di studiare in un paese senza
anagrafe e catasto, in cui l’elettricità c’è solo in
poche zone e spesso manca. Hanno pochissimi
libri, studiano su appunti dettati a lezione e non
fanno quasi mai laboratorio; generalmente
memorizzano nozioni senza saperle/poterle
usare per risolvere problemi; usano l’inglese
perché in Uganda si parlano circa 60 lingue;
spesso camminano ore per andare a scuola. La
bicicletta è un gran lusso. La diffidenza iniziale
verso docenti stranieri è d'obbligo, Superato il
primo impatto, hanno mostrato un sincero e non
molto usuale entusiasmo per i docenti
provenienti da aree "culturalmente sviluppate".
La partecipazione a misure, analisi dati,
esperimenti realizzati con materiali locali a costo
nullo/basso e densi di contenuto scientifico, che
potranno facilmente riproporre ed ampliare
anche nella scuola del più remoto villaggio, li ha
profondamente coinvolti e resi attivi.
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COME ALLA CORTE DI FEDERICO II educazione scientifica: una fisica più accessibile ed attraente
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FORMAZIONE E SAPERE SCIENTIFICO NELLA SOCIETÀ DELLA CONOSCENZA Maura Striano
Professoressa di Pedagogia generale e sociale Università degli Studi di Napoli Federico II
La priorità culturale, politica, sociale su
cui oggi punta l’Europa è l’edificazione di una
“società della conoscenza”, che trovi condizioni
di sussistenza e sviluppo nella possibilità di
alimentare in modo continuo e sistematico
processi di costruzione, scambio, uso dei saperi
cui deve essere garantita una attiva e continua
possibilità di accesso a livello individuale e
collettivo.
In questo scenario, quali possono essere
i dispositivi formativi più adeguati ad accedere
attivamente saperi?
E su quali saperi investire? Perché?
Nei contesti formativi (mi riferisco in
particolare a quelli formali) completare un ciclo
di studi, conseguire un diploma o un titolo
professionalizzante si traduce quasi sempre in
una sequenza di accessi passivi e superficiali ad
una serie di conoscenze, le quali sono frutto di
processi complessi che però, nella maggioranza
dei casi, vengono tenuti fuori dai curricoli.
La formazione, così, veicola prodotti di
conoscenza, non processi di costruzione di
conoscenza, né tantomeno metodi e strumenti.
In questo modo l’accesso ai saperi,di
fatto, non forma né educa, né ha impatto sullo
sviluppo sociale, in quanto non genera crescita,
non alimenta la possibilità di costruire nuove
comprensioni ed interpretazioni, non offre la
possibilità di acquisire mezzi per l’ elaborazione
e la ricostruzione delle esperienze individuali e
collettive.
La valenza formativa, educativa, sociale
dei saperi risiede, invece, proprio nella
possibilità che attraverso di essi, individui e
gruppi si impadroniscano di strumenti per
partecipare in modo attivo ai processi di
costruzione che li hanno generati.
Tutto ciò richiede necessariamente di
modificare le modalità di accesso ai saperi nei
contesti di formazione, in particolare in quelli
formali.
Ai saperi si può accedere “dall’esterno” o
“dall’interno”.
Nel primo caso essi sono concepiti come
strutture di conoscenze organizzate e
formalizzate, che vengono proposte nei curricoli
formativi in quanto “prodotti”, realizzati
attraverso un processo inaccessibile se non agli
“addetti ai lavori”.
A questi “prodotti”, veicolati in libri di
testo a connotazione prevalentemente
manualistica e didascalica, gli studenti accedono
“dall’esterno”, come fruitori passivi, ed il loro
approccio ai saperi avviene attraverso l’incontro
con nozioni elaborate da “esperti” in contesti
profondamente diversi da quelli in cui
effettivamente si realizzano le esperienze
formative.
Nel secondo caso i saperi sono concepiti
come strutture in progress, in costante
ridefinizione, ristrutturazione e ricostruzione, cui
gli studenti accedono “dall’interno”, nella misura
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in cui viene offerta loro la possibilità di
impadronirsi - come “apprendisti” e poi come
“esperti “- degli strumenti concettuali e logici
che alimentano i processi di costruzione di
conoscenza nei diversi campi di indagine. In
questo modo, si entra direttamente a contatto
con la “struttura epistemica” delle discipline, di
cui si impara a comprendere i processi
elaborativi, prima che a conoscerne i prodotti.
Questo approccio assume particolare
rilevanza culturale e sociale quando si ha a che
fare con i saperi “scientifici” , tradizionalmente
considerati come appannaggio di ricercatori e
studiosi i quali, attraverso procedure
estremamente raffinate, realizzano prodotti di
conoscenza legittimati e validati nel ristretto
cerchio di una comunità scientifica, che
condivide paradigmi, linguaggi, opzioni
metodologiche.
Una scienza non è soltanto una
collezione di fatti, concetti, ed idee che circolano
in un ambiente rarefatto e concluso. Essa è
essenzialmente una forma di sapere che fa uso
di un metodo di indagine rigoroso sui fenomeni
(naturali, fisici, umani, sociali…) per costruire
conoscenze affidabili e giustificabili nell’ambito di
contesti sociali sempre più allargati. Tutti i
saperi, infatti, hanno senso e valore nella misura
in cui entrano in circuiti di sviluppo umano e
sociale e li alimentano attraverso processi e
prodotti conoscitivi che rispondano a concrete e
reali esigenze di crescita e trasformazione.
Accedere ad un sapere scientifico
“dall’interno” permette agli studenti di accedere
in modo diretto ad un metodo di indagine e di
impadronirsene per partecipare attivamente e
responsabilmente a processi di costruzione di
conoscenze socialmente riconosciute. Ciò
significa imparare a gestire con competenza
esperta i linguaggi e le metodologie con cui si
sono costruite e validate ipotesi e teorie
scientifiche; a governare con sicurezza le
procedure attraverso cui si sono formalizzate
leggi e formule; a monitorare in modo riflessivo i
processi che hanno consentito di costruire
sistemi di conoscenza sempre più articolati e
complessi.
L’accesso ai saperi scientifici assume così
anche una valenza profondamente educativa, se
per educazione intendiamo, in senso deweyano,
un processo di “ricostruzione” dei campi di
esperienza umana, che vengono
progressivamente ad allargarsi e a
complessificarsi, attraverso la possibilità di
giocare in essi sempre nuove ipotesi
interpretative e di rintracciarvi nuovi significati.
Se la scienza, come abbiamo visto, si
fonda su un metodo che permette di costruire,
con il più alto grado di certezza possibile,
credenze e conoscenze socialmente affidabili
sulla base di criteri e dati adeguatamente
analizzati e validati, l’ uso del metodo scientifico
presuppone, come condizione di possibilità,
l’esercizio rigoroso di un pensiero riflessivo e
critico, inteso come procedura cognitiva di alto
livello, che consente di identificare problemi, di
validare ipotesi, di costruire teorie e sistemi di
conoscenza coerenti e giustificabili, ma sempre
aperti a possibili revisioni nonché di sottoporre
ad analisi rigorosa le condizioni di contesto, i
vincoli e le possibilità di realizzazione di nuove
possibili indagini. Si tratta di una forma del
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COME ALLA CORTE DI FEDERICO II educazione scientifica: una fisica più accessibile ed attraente
pensiero trasferibile a tutti i campi di esperienza
umana, che permette di indagare in profondità i
nessi e le interconnessioni tra, eventi, fatti,
fenomeni per ricavarne sempre nuovi significati
e conoscenze.
Il contributo dei saperi scientifici alla
realizzazione di una “società della conoscenza” si
esprime così nella possibilità che una loro
frequentazione attiva, consapevole, riflessiva
all’interno dei contesti della formazione,
determini l’acquisizione da parte di un sempre
maggior numero di individui, di un rigoroso
habitus mentale, di una posizione epistemica
aperta e problematizzante; di un solido
ancoraggio a processi di riflessione critica.
L’esercizio del pensiero scientifico
chiama in causa necessariamente l’“intelligenza
Centro di Ateneo per la Comunicazione e l’Innovazione Organizzativa Università degli Studi di Napoli Federico II
sperimentale”, strumento che consente di “fare
scienza” di qualsivoglia esperienza, esplorandola
rigorosamente ed in profondità, senza farsi
limitare da condizionamenti, ideologie,
preconcetti, pregiudizi…
In questa prospettiva i saperi scientifici-
attraverso una adeguata mediazione formativa-
si configurano come volani di crescita e di
sviluppo culturale, economico, politico, sociale
per una possibile “società della conoscenza” che
punti sui “processi” più che sui “prodotti”,
trovando nella riflessione critica un efficace
antidoto alla passività, agli estremismi, alle
chiusure ideologiche, ai conflitti, allo sperpero di
risorse naturali ed umane a livello locale e
globale.
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COME ALLA CORTE DI FEDERICO II educazione scientifica: una fisica più accessibile ed attraente
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LA NUOVA FRONTIERA DEI MUSEI UNIVERSITARI Maria Rosaria Ghiara
Direttore Centro Museale Università degli Studi di Napoli Federico II
L’esigenza di aggiornamenti culturali
scientifici che consentano ai cittadini di muoversi
agevolmente in una società sempre più
competitiva e caratterizzata da una rapida
evoluzione tecnologica apre una nuova stagione
per i Musei Scientifici. Recenti ricerche Sials*,
purtroppo, hanno evidenziato che circa un sesto
della popolazione italiana ha seri problemi di
competenza alfabetica; ciò impone che le
Istituzioni formative e culturali si impegnino ad
apportare sostanziali modifiche ai sistemi
educativi tradizionali e predispongano strumenti
idonei a migliorare le tecniche di comunicazione
scientifica con i cittadini.
Il compito di avvicinare i cittadini alla
Scienza può e deve essere assolto dai musei
scientifici e, in particolare dai musei universitari
che si caratterizzano per uno stretto legame tra
le attività di ricerca e la didattica. La sfida dei
musei scientifici nell’attuale millennio è pertanto
quella di rendere la Scienza accessibile al grande
pubblico dimostrandone il ruolo fondamentale
che ha avuto e che continua ad avere nello
sviluppo della Società civile.
Ciò che rende efficace l’apprendimento
nel museo è il contatto diretto con gli oggetti
reali, portatori di messaggi scientifici perché
niente, nemmeno le fantastiche e spesso
fantasiose ricostruzioni cinematografiche, sono
in grado di sostituire il fascino e la capacità
espressiva di un oggetto reale. Le collezioni
museali, inoltre, sono legate alla “storia”
culturale del territorio e mettono in chiara
evidenza l’evoluzione delle conoscenze e del
pensiero; si configurano, quindi, come archivi
che possono essere aperti, esplorati ed utilizzati.
Ciò è particolarmente vero per i musei della
Federico II che possiedono collezioni di alto
valore scientifico e storico. Tali collezioni sono in
grado di trasmettere stimoli e suggestioni che
suscitano curiosità e desiderio di ampliare la
propria sfera di conoscenze in soggetti adulti ed
anche nei cittadini che, appartenendo a fasce
disagiate della società, desiderano fare
riemergere le proprie capacità intellettuali.
Il museo, attraverso una innovativa
attività didattica, collaborando con la scuola e
con il mondo del lavoro può diffondere
efficacemente la cultura scientifica nella Società
e contribuire a risolvere anche problematiche
sociali quali quelle inerenti le possibilità di
recupero culturale di ampi strati della
popolazione.
Il Centro Museale, nei suoi quindici anni di vita,
si è adoperato attivamente per abbattere le
barriere fra il mondo della scienza ed i cittadini e
porta avanti, con crescente impegno, iniziative
tese ad interagire fattivamente con il pubblico.
Sono state, quindi, elaborati progetti verso e con
il mondo della scuola. “I Musei narrano la
scienza”, parte essenziale di un protocollo di
intesa con l’Ufficio Scolastico Regionale per la
Campania, è un progetto che offre agli studenti
delle scuole di ogni ordine e grado percorsi
didattici mirati completati da esperienze di
laboratorio. Il Centro, inoltre, in collaborazione
con i Centri Territoriali Permanenti, nell’ambito
15
COME ALLA CORTE DI FEDERICO II educazione scientifica: una fisica più accessibile ed attraente
del progetto di ricerca PREDIL**, ha predisposto
visite museali finalizzate a stimolare la capacità
di risveglio intellettuale in cittadini con un basso
grado di scolarizzazione e/o inseriti in contesti
sociali che non favoriscono il riscatto culturale.
Infine, voglio ricordare l’ultimo progetto
predisposto dal Centro Museale, “Museo on the
road”, che ritengo particolarmente importante
per le regioni meridionali dove la presenza di
musei scientifici adeguati alla funzione educativa
è insufficiente. Obiettivo fondamentale del
questo progetto è di coinvolgere attivamente la
popolazione della cosiddetta periferia urbana
favorendo la fruizione del patrimonio museale in
sedi disposte ad ospitare mostre tematiche
itineranti. Periferia urbana che ritengo non
debba essere considerata come un luogo a
”margine” ma come un luogo in sviluppo e
Centro di Ateneo per la Comunicazione e l’Innovazione Organizzativa Università degli Studi di Napoli Federico II
continua trasformazione. Il progetto vuole
evidenziare con forza che i quartieri disagiati non
sono la risulta della città, ma ciò che la città non
ancora è e che sarà. In tal senso l’arrivo delle
collezioni museali in questi territori non dovrà
essere una sorta di “deportazione di bellezza e
scienza” all’interno dei deserti di cemento ma
una presenza privilegiata che assume piuttosto il
ruolo di avanguardia presente nel luogo che sarà
futuro. In tal senso, l’obiettivo del Centro
Museale è instaurare una dialettica di scambio e
non di colonizzazione culturale e di contribuire
ad una reale trasformazione di queste parti della
città.
*Sials: Second International Adult Literacy Survey
**PREDIL : Previsione e diagnosi dell’illetteratismo
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COME ALLA CORTE DI FEDERICO II educazione scientifica: una fisica più accessibile ed attraente
Centro di Ateneo per la Comunicazione e l’Innovazione Organizzativa Università degli Studi di Napoli Federico II
SCIENCE CENTRE E SOCIETÀ DELLA CONOSCENZA Carla Giusti
Direttore Museo vivo della scienza Città della Scienza
Se da un lato la conoscenza scientifica
rappresenta uno degli elementi focali per lo
sviluppo dall’altro emerge sempre più
drammaticamente il problema del
depauperamento delle conoscenze scientifiche in
Italia, e in particolare nel Mezzogiorno. Gli scarsi
investimenti nella ricerca, la continua
diminuzione di carriere scientifiche, sono tutte
espressioni di una società che non “crede” nella
scienza e rischia di chiudersi in se stessa
“importando” cultura dall’esterno. Aumenta
l’interesse del grande pubblico per scienza e
tecnologia ma occorre chiedersi se il “consumo”
di prodotti culturali di saperi scientifici e
tecnologici riesce a rappresentare una reale
condivisione del sapere e non solo una
“pubblicizzazione” di avvenimenti scientifici che
non riducono necessariamente la disuguaglianza
del sapere sociale. Come superare le dinamiche
di una società con regole “dettate” e tendere
verso una realtà di persone uguali e libere che
comprendono e condividono? come promuovere
la reale partecipazione sociale alle scelte di
civiltà attraverso la diffusione del sapere
scientifico? Già nel ‘69 Oppenheimer aveva
un’ambizione: poter creare “un ambiente” in cui
la gente potesse acquistare familiarità con i
dettagli e i processi della scienza e della
tecnologia in un nuovo “tipo di museo” che fosse
il più lontano possibile da quello tradizionale. A
partire da quei sogni nascono i Science Center,
spazi comuni del sapere scientifico, spazi di
incontro, non “cattedrali di consumo” o mondi
incantati in cui immergersi ma luoghi in cui
formarsi un’opinione sulle questioni scientifiche,
aree rivolte a tutti, non sempre neutrali ma in
grado di suscitare reazioni e innescare dialoghi.
In questo contesto Città della Scienza si articola
attraverso funzioni e servizi di cui il Museo Vivo
- Science Centre di Città della Scienza-
rappresenta il luogo del “conoscere
divertendosi”: spazi espositivi, mostre, eventi
danno vita ad uno stimolante intreccio tra
scienza, tecnologia arte e cultura. Si caratterizza
come una delle strutture di eccellenza in Europa
per la diffusione della cultura scientifica e per
l'edutainment. (il premio Micheletti dell’European
Museum Award nel 2005, il riconoscimento del
Ministero come ente leader nella comunicazione
scientifica informale e l’assegnazione a Vittorio
Silvestrini del premio Descartes ne sono solo
alcuni, recenti, esempi) Il Museo vivo, con i suoi
300.000 visitatori annui rappresenta un grande
attrattore turistico–culturale ed un sistema
preferenziale di diffusione delle conoscenze. I
percorsi di visita non obbligati consentono al
visitatore di “costruirsi” un’esperienza basata su
specifici interessi o curiosità e confrontare più
chiavi di lettura sullo stesso argomento. I
percorsi di conoscenza si basano su tipologie
comunicative differenziate: exhibits interattivi,
laboratori, teatro scientifico, esperimenti, attività
didattiche, contestualizzano e caratterizzando
l’esperienza sul piano dei contenuti e delle
tipologie dei visitatori. L’obiettivo è quello di
generare “dialoghi con la scienza” basati
sull’interattività che, come sottolinea Jorge
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COME ALLA CORTE DI FEDERICO II educazione scientifica: una fisica più accessibile ed attraente
Waghensberg, non deve essere solo
un’interattività manuale ma anche mentale e
culturale che coinvolga così la testa e il cuore
dei visitatori.
Il Museo Vivo vuole contribuire a dare
concretezza all’autonomia didattica, di
sperimentazione e ricerca e tentare di indicare
Centro di Ateneo per la Comunicazione e l’Innovazione Organizzativa Università degli Studi di Napoli Federico II
alle scuole, in forma essenziale gli orizzonti
didattici affinché si costruiscano offerte
formative rispondenti alle attese e capaci di
promuovere un nuovo incontro tra i giovani e la
cultura scientifica, in entrambe le dimensioni di
ricerca e di studio.
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COME ALLA CORTE DI FEDERICO II educazione scientifica: una fisica più accessibile ed attraente
LA FISICA DEL QUOTIDIANO Nicola Spinelli
Professore di Fisica Sperimentale Università degli Studi di Napoli Federico II
“Restiamo stupiti da come leggi semplici
e generali sono state ricavate dall’osservazione
di fenomeni complessi”. Lo scrive il prof.
Massimo Inguscio, noto fisico italiano del
laboratorio europeo LENS di Firenze, nella
prefazione ad un libro scritto da un altro fisico, il
polacco prof. Krzystof Ernst, scomparso qualche
anno fa. Il libro, che s’intitola Fisica dello Sport,
contiene la presentazione di numerosi aspetti
dello sport nell’ottica delle leggi fisiche.
Tra tante cose interessanti e divertenti ci
si trova il grafico in figura. In esso è riportato
l’aumento percentuale della resistenza
aerodinamica nella corsa di fondo prodotto da
alcuni elementi dell’abbigliamento.
Centro di Ateneo per la Comunicazione e l’Innovazione Organizzativa Università degli Studi di Napoli Federico II
A me ha consentito di risolvere il dubbio
se fare o no un po’ di corsa, volendo evitare di
farlo nudo e calvo ho semplicemente deciso di
giocare a scacchi.
Il libro riporta anche un’interpretazione
precisa dei tiri ad effetto nel calcio ed il rigore a
cucchiaio di Totti trova qui una completa
formalizzazione. Ernst studia in particolare la
dinamica dei casi nei quali il pallone colpisce un
palo o una traversa, ma ammette che la stessa
analisi porta a concludere che il famoso tiro sulla
traversa in un campionato mondiale di trenta
anni fa in Inghilterra sarebbe dovuto finire in
rete!
E’ l’esempio di un fenomeno che ha un
grado di complessità che l’autore non è stato in
grado di considerare appieno nel modello
interpretativo. Non è un caso isolato.
Molti fisici si occupano di cucina. E’ un
luogo ideale sia per condurre esperimenti
scientifici sia per compiere l’esercizio opposto
rispetto a quello proposto dal prof. Inguscio,
ossia l’applicazione delle teorie fisiche ad eventi
che consideriamo assolutamente comuni,
familiari, scontati. E’ qui che si hanno le più
intense gratificazioni, ma anche le più grandi
frustrazioni.
Non è difficile immaginare qui il celebre
fisico: insieme ai suoi colleghi egli ha trascorso
la notte dominando i meccanismi del complesso
apparato sperimentale fino a produrre il
fenomeno previsto dalla teoria alla quale ha
lungamente lavorato. L’effetto mostra di avere le
giuste proprietà (e forse anche qualcuna in più
del previsto, il che consentirà una rapida
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COME ALLA CORTE DI FEDERICO II educazione scientifica: una fisica più accessibile ed attraente
Centro di Ateneo per la Comunicazione e l’Innovazione Organizzativa Università degli Studi di Napoli Federico II
progressione di carriera per i suoi collaboratori
ed un aumento del prestigio personale). Stanco,
ma giustamente soddisfatto, prepara la
caffettiera e la mette sul fornello. Ha in testa un
modello preciso, molto soddisfacente, di caffè;
ne conosce in tutti i dettagli l’aroma che arriva al
naso, anzi al cervello, ben prima di accostare la
tazzina alla bocca; ne puo’ descrivere con rigore
il colore, la superficie, l’amichevole borbottio con
il quale sale nella caffettiera, la fludità con la
quale esce dal beccuccio; ne conosce con
precisione il sapore. Conosce senz’altro la
termodinamica e la fluidodinamica…..ma il caffé
gli viene una schifezza!
Una cosa analoga, ma con risultati
ancora più stupefacenti per la delusione che
provocano, ottiene quando cerca di fare le
meringhe. Si, perché gli capita di avere chiare
d’uovo in eccesso, basta poi aggiungere tanto
zucchero, un po’ di sollecitazioni meccaniche
(insomma vanno montate), e si mettono in
forno…..Chiunque abbia provato sa che è molto
probabile veder crescere solo piccoli incubi
immangiabili.
Un chimico dovrebbe dirgli che per avere
maggiori probabilità di successo è opportuno
aumentare leggermente il grado di acidità
aggiungendo poche gocce di limone o di
aceto……..Eh, l’interdisciplinarietà!
Il soufflé richiede molto più lavoro e la
delusione può essere anche più cocente: ….
cresce, cresce e quando sembra proprio perfetto
ed il nostro scienziato già pregusta non solo
l’assaggio ma anche l’ammirazione degli
ospiti….puff..si sgonfia. Ormai non prova
nemmeno più a farlo.
Speriamo si accorga del fatto che aprire
il forno durante la lievitazione provoca un
leggero raffreddamento che la blocca
completamente.
Non si tratta di eventi rari, anche se gli
ingredienti per il successo ci sono tutti, sia gli
strumenti materiali che quelli concettuali.
Ma non mancano le gratificazioni.
Nell’ambito delle manifestazioni del festival della
Scienza a Genova, Il dottor Andrej Varlamov del
CNR-INFM ha tenuto un “corso” divertente e
stimolante di fisica in cucina. Tra le tante cose
trattate è celebre proprio la sua teoria sul
funzionamento della caffettiera. Teoria
sottoposta anche a riscontri sperimentali, come
quello che ha visto il nostro collega prof.
Ruggero Vaglio investito dall’esplosione della
caffettiera, per fortuna senza altre conseguenze
oltre alla schiena inzuppata di acqua fredda… Si,
perché proprio “l’esperimento”, condotto, sia
pure involontariamente, da Vaglio ha consentito
di completare la teoria, con la descrizione del
raffreddamento subito dall’acqua della caffettiera
nella veloce espansione.
Ma non ci riprovate, occorrono grandi
laboratori per studiare questi fenomeni!
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COME ALLA CORTE DI FEDERICO II educazione scientifica: una fisica più accessibile ed attraente
INSEGNARE LA SCIENZA A SCUOLA OGGI Anna Pascucci
Professoressa di Scienze Liceo “G. Salvemini” - Sorrento
L’attuale crisi delle vocazioni scientifiche
e le allarmanti prospettive future, la
sconfortante ignoranza nelle Scienze degli
studenti italiani emersa dalle indagini OCSE-
PISA, i dati dell’Eurobarometer
(http://ec.europa.eu/public_opinion) sulla
percezione pubblica della Scienza e del ruolo
auspicato per l’educazione scientifica, hanno
accelerato una tangibile sensibilizzazione al
“problema” della diffusione della cultura
scientifica e sul “come e quando” in Italia si
comunica e si insegna la Scienza.
Iniziative di singoli o d’istituzioni per
progetti locali, nazionali ed internazionali, hanno
subito una crescita esponenziale.Ciò ha indubbio
valore specie se incrementa azioni di contatto ed
intersezioni tra chi nella scienza è protagonista e
chi ha il compito istituzionale di farla
comprendere agli studenti a scuola. Il rischio
paradossale che si sta prospettando è tuttavia
un’offerta eccessiva per la sua parcellizzazione.
Se di cambiamento bisogna parlare, esso è
verso “azioni di sistema” caratterizzate da
continuità nel tempo, strutturazione accurata ed
organica, offerta e creazione di validati modelli
d’azioni e di strumenti didattici, apertura a
fertilizzazioni incrociate con altri contesti
educativi.
Centro di Ateneo per la Comunicazione e l’Innovazione Organizzativa Università degli Studi di Napoli Federico II
Non è utopia. Il piano ministeriale ISS
(Insegnare Scienze Sperimentali) è un valido
esempio già in cammino. Ha il sapore di una
rivoluzione copernicana nel porre al centro le
associazioni di insegnanti di Scienze, di Chimica
e Fisica e alcuni musei scientifici (Milano e
Napoli), nell’individuare presidi territoriali come
luoghi che favoriscono e supportano la
costituzione di comunità di pratica, nel puntare
su una didattica laboratoriale capace di educare
(ex-ducere, muovere da, .. cioé cambiare gli
occhi!) e nel sostenere insegnanti d’eccellenza
puntando sul riconoscimento del valore e dando
voce a chi ogni giorno scandisce il suo tempo
portando in campo le sue conoscenze e la sua
creatività con l’umiltà e l’abilità di non imporre,
ma di condurre a piccoli passi in un processo che
può essere il più vario, il più intricato o il più
lineare.
Non è utopia. Il progetto europeo Volvox
(www.eurovolvox.org), seppur di settore ed
ancora in incubazione, promette di creare fertili
collaborazioni internazionali con contesti
educativi ben usciti dall’indagine OCSE-PISA.
L’idea è di creare risorse didattiche laboratoriali
validate dalla sinergia tra soggetti di consolidata
esperienza nel campo e che non necessitino di
laboratori didattici di eccellenza né di fondi
rilevanti per far “fare scienza” con la testa e con
le mani a studenti ed insegnanti.
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COME ALLA CORTE DI FEDERICO II educazione scientifica: una fisica più accessibile ed attraente
Non è utopia. Le esemplificazioni
potrebbero continuare. Ma la costruzione ed il
mantenimento di “contesti di senso” come quelli
riportati che inducano una reale trasformazione
nel modo di fare “cultura scientifica” e di fare
“scuola”, devono muovere da riflessioni su
interrogativi di base.
Cosa vuol dire essere insegnante di
Scienze “in classe” oggi? Cosa è significativo
insegnare? Come innalzare il livello medio
alimentando le eccellenze? Quali i tempi, le
motivazioni, gli strumenti, le risorse e le
“modalità di formazione” dei docenti in ingresso
ed in itinere? Quale ruolo la società civile
assegna alla “professione insegnante”?
Forse per insegnare Scienze è essenziale
“con-prenderla” (prenderla dentro!), essere
Centro di Ateneo per la Comunicazione e l’Innovazione Organizzativa Università degli Studi di Napoli Federico II
capace di usare gli “strumenti adeguati” per farla
con-prendere agli altri, far sentire il fremito nel
rivoltar pietra su pietra per scoprire il mistero,
trasmettere il fermento ed indurre un
cambiamento per contagio…. Insegnare a
scoprire la Bellezza della scienza, perché non è
forse “la Scienza lo studio della Bellezza?
Il suono di un registratore (docente o
progetto), che ripete, in realtà a se stesso, la
solita nenia nel solito tono allontanandosi
progressivamente dal contesto, dagli occhi di chi
ascolta, non può essere risonante! Non induce
trasformazione, non “ex-duce”… specie
insegnanti spenti o studenti a bagno d’ormoni.
Un registratore può risuonare solo contro un
muro in una stanza vuota. Ma la stanza, il
mondo non è vuoto!
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• ASTRA MOVIES
www.astra.unina.it Giovedì e Venerdì ore 20.15 - 22.15 | Sabato e Domenica ore 18.15 - 20.15 - 22.15
dal 16 al 23 marzo 2007: APNEA di Roberto Dordit
• CINEFORUM SHANGRI-LA
www.shangri-la.unina.it
le proiezioni si terranno di mercoledì alle 20:30 all'Academy Astra - Via Mezzocannone, 109 secondo il seguente calendario:
Ciclo Cibo e Cinema
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