Materiale estratto da:
Dispense del corso di Sistemi Informativi Statistici
A.A. 2010/11
Prof. Giovanna Boccuzzo Università di Padova
Dipartimento di Scienze Statistiche
INDICE
Materiale per lo studio:
Questa dispensa
Sugli indicatori sociali:
o F. Delvecchio (1995) Scale di misura e indicatori sociali, Cacucci Ed., Bari.
(Disponibile presso la Casa Editrice CLEUP, via Belzoni, costo 15 euro)
o P. Corbetta (1999) Metodologia e tecnica della ricerca sociale, Il Mulino,
Bologna. Capitolo III
Sugli indicatori compositi: OECD (2008) Handbook on Constructing Composite
Indicators. Methodology and user guide (alla pagina del corso)
Sui sistemi di indicatori:
o OECD(2009), Society at a Glance 2009 - OECD Social Indicators (alla pagina del
corso)
o OECD(2009), Health at a Glance 2009 - OECD Health Indicators
(http://www.oecdilibrary.org/content/book/health_glance-2009-en, dai PC Asid)
Sui sistemi informativi nazionali on-line: ISTAT (2009) Navigando tra le fonti
demografiche e sociali. Cap.5. (alla pagina del corso)
Sui metadati: dispensa Prof. Mazzuco A.A. 2009/10 (alla pagina del corso), che
ringrazio per avermi messo a disposizione il suo materiale.
INDICE
0 Informazioni sul corso ......................................................................... Errore. Il segnalibro non è definito.
1 L’indicatore “sociale” ..................................................................................................................................... 3
1.1 I fenomeni sociali ....................................................................................................................................... 3
1.2 La nascita degli indicatori sociali ........................................................................................................... 4
1.3 Indicatore e indice ...................................................................................................................................... 5
1.4 Il modello logico entro il quale definire gli indicatori ....................................................................... 6
1.4.1 Il modello concettuale............................................................................................................................................. 7
1.4.2 Le aree di indagine ................................................................................................................................................... 7
1.4.3 Le variabili latenti ..................................................................................................................................................... 9
1.4.4 Gli Indicatori elementari ..................................................................................................................................... 10
1.4.5 Sistemi di indicatori o loro aggregazione? ................................................................................................. 12
2 Tipologie di indicatori .................................................................................................................................. 12
2.1 Indicatori in base all’origine dell’informazione ................................................................................ 12
2.2 Indicatori in base agli scopi di utilizzo ................................................................................................ 16
2.3 Indicatori semplici e composti ............................................................................................................... 19
2.4 Indicatori di efficienza ed efficacia ...................................................................................................... 20
2.5 Componenti della qualità di un indicatore .......................................................................................... 21
2.6 Costruzione dell’indicatore ........................................................... Errore. Il segnalibro non è definito.
2.7 Tassi grezzi, specifici, standardizzati
Errore. Il segnalibro non è definito.
0 L’INDICATORE “SOCIALE”
0.1 I fenomeni sociali
“I fenomeni sociali sono quelli che traggono origine
dall’organismo sociale, o sono avvertiti da esso in quanto
influiscono sulle azioni degli individui di quella collettività”
(F. Delvecchio , Scale di misura e indicatori sociali)
Es. La morte non è un fenomeno sociale, ma individuale (a meno
che non si tratti di un personaggio pubblico che comporta delle
azioni politiche)
La mortalità invece è un fenomeno sociale, in quanto ha
ripercussioni sulla struttura per età di una popolazione e quindi
sulle forze di lavoro, sulla organizzazione del sistema di assistenza
e previdenza, sulla produzione, ecc.
Es. Un individuo che si sposta per motivi di riposo o di lavoro non
dà luogo ad un fenomeno sociale; il turismo invece lo è, in quanto
comporta la predisposizione di strutture ricettive, di vie di
comunicazione e di trasporto, ecc. . Allo stesso modo,
l’emigrazione e l’immigrazione sono un fenomeno sociale
poiché determinano effetti molteplici ed importanti sulle
collettività di partenza o di arrivo.
0.2 La nascita degli indicatori sociali
Lo sviluppo economico degli anni ‘60 ha prodotto forti mutamenti
sociali. Fino ad allora, gli indicatori esistenti erano tutti di natura
prevalentemente economica (redditi, consumi, investimenti, etc.).
Nasceva però la consapevolezza che gli indicatori economici non
erano sufficienti a spiegare lo sviluppo di un Paese.
Nel 1962 un gruppo di ricercatori fu incaricato dalla NASA di
studiare le conseguenze che i programmi spaziali avrebbero
determinato sulla società statunitense. Tra questi ricercatori, in
particolare grazie a R.Bauer, nacque l’esigenza di sviluppare degli
indicatori che fossero in grado di descrivere il benessere della
popolazione non solo con un’ottica economica, contestando che
allo sviluppo economico corrispondesse necessariamente anche
un sviluppo sociale. Nacque un vero e proprio “movimento degli
indicatori sociali”, che spinse ad allargare il concetto di
benessere. Da allora sono state introdotte nuove nozioni del
benessere di un paese: esclusione sociale, coesione sociale,
qualità della vita, sviluppo umano, capitale sociale.
Ai giorni nostri non c’è più bisogno di contrapporre gli
“indicatori sociali” agli “indicatori economici”, visto che è dato
per acquisito che i secondi devono essere integrati dai primi.
Parliamo più in generale di indicatori statistici. Va tuttavia tenuto
presente che il nome più ricorrente in letteratura è quello di
“indicatore sociale”.
0.3 Indicatore e indice
L’indicatore sociale è uno strumento di misura
di fenomeni non osservabili direttamente.
La valutazione avviene attraverso l’osservazione di fenomeni
similari o correlati ad essi, che siano a loro volta, però, misurabili
direttamente.
È una misura collegata ad un modello concettuale finalizzato alla
conoscenza dei differenti aspetti della realtà sociale.
Ad esempio, costruiamo indicatori per valutare:
o Le condizioni di salute degli anziani;
o Lo sviluppo industriale di aree territoriali;
o La soddisfazione degli utenti di un certo servizio pubblico;
o Il livello di inquinamento dell’aria;
o Il grado di utilizzo delle strutture ospedaliere;
o La capacità contributiva;
Differenza fra Indicatore ed Indice:
Indice statistico: è un dato elaborato, costruito generalmente tramite il
rapporto tra due quantità.
Es: densità della popolazione: popolazione/Km2
Es: num giornate di degenza in un anno/ num posti letto
Un indice è una misura di sintesi (valore medio, rapporto
statistico, indice di variabilità, misura di correlazione), e in quanto
tale fornisce il livello di misura di un fenomeno misurabile.
Invece l’indicatore sociale è messo in relazione con un fenomeno
complesso, la cui valutazione può avvenire anche su più
dimensioni, sulla base di un referente concettuale che fa parte di
un modello di ricerca o di uno schema interpretativo.
0.4 Il modello logico entro il quale definire gli indicatori
Modello concettuale
Aree da investigare
Variabili latenti
Indicatori elementari
Sistemi di indicatori
Modello concettuale
Aree da investigare
Variabili latenti
Indicatori elementari
Sistemi di indicatori Aggregazione di indicatori
0.4.1Il modello concettuale
“Per favore, potrebbe indicarmi come debbo fare per
andarmene da qui?”
chiese Alice,
e lo stregatto rispose:
“Dipende in buona parte da dove vuoi andar”.
(Lewis Carroll - Alice nel Paese delle Meraviglie)
Col modello concettuale definiamo il costrutto teorico che
vogliamo analizzare: salute, benessere, produzione, reddito, …
Definiamo:
- gli obiettivi dello studio
- ambito spaziale e temporale
- i livelli di aggregazione (fra unità, fra indicatori)
- eventualmente, le tecniche di condensazione degli indicatori
- i modelli di interpretazione e valutazione
Il costrutto teorico dipende da: obiettivi dello studio, ricercatore,
applicabilità dei concetti, contesto sociale, economico, storico,
geografico
0.4.2Le aree di indagine
Le aree di indagini (o dimensioni) sono i diversi aspetti che
specificano il fenomeno.
Ad esempio, il concetto di partecipazione politica può essere
suddiviso nelle dimensioni “partecipazione invisibile” e
“partecipazione visibile” (Corbetta, 1999, pag.119):
Partecipazione
politica
Invisibile Visibile
Interesse alla politica
Coinvolgimento
emotivo
Informazione politica
Elettorale
Partitica
Associativa
Azioni sporadiche
Costrutto teorico
Dimensioni
Variabili latenti
Partecipazione
politica
Invisibile Visibile
Interesse alla politica
Coinvolgimento
emotivo
Informazione politica
Elettorale
Partitica
Associativa
Azioni sporadiche
Partecipazione
politica
Invisibile Visibile
Interesse alla politica
Coinvolgimento
emotivo
Informazione politica
Elettorale
Partitica
Associativa
Azioni sporadiche
Costrutto teorico
Dimensioni
Variabili latenti
0.4.3Le variabili latenti
Variabile latente: costrutto teorico inosservabile sottostante ad
una serie di variabili manifeste e solo stimabile a partire da esse.
Ogni variabile latente è uno degli aspetti da rilevare. Nell’esempio
Corbetta ha definito 7 variabili latenti.
0.4.4Gli Indicatori elementari
L’indicatore è l’elemento che consente di misurare la variabile
latente. Ogni indicatore è collocato in una struttura gerarchica e
assume un significato in quel contesto.
È difficile che un solo indicatore misuri una variabile latente, in
quanto la variabile latente è complessa. Una variabile latente
richiede generalmente più indicatori, come illustrato nella seconda
parte dell’esempio:
Variabile latente Misurata con:
Interesse alla politica Discutere di politica
Coinvolgimento emotivo Arrabbiarsi per la politica
Informazione politica Informarsi di politica tramite giornali, TV, …
Grado di conoscenza fatti politici
Partecipazione elettorale Voto
Partecipazione partitica
Iscrizione a partito
Dedicare tempo a partito
Versamenti denaro a partito
Partecipazione associativa
Partecipare ad associazioni
Firme referendum, petizioni
Partecipare assemblee, cortei
Azioni sporadiche
Partecipare comizi, dibattiti
Scrivere lettere a giornali, reclami ad autorità
Rivolgersi ad uomini politici
Come traduciamo in pratica questo schema concettuale?
Ad esempio (concludiamo la tabella):
Quesito Indicatori
Quanto spesso discute di politica in un
mese?
Mai – 1-2 volte – 3-4 volte – più di 4
volte
% di persone che discute di
politica almeno 3 volte al mese
Esercitazione:Impostiamo lo schema concettuale e gli indicatori per la
valutazione di un corso universitario.
0.4.5Sistemi di indicatori o loro aggregazione?
Gli obiettivi della ricerca possono richiedere la costruzione di
sistemi di indicatori e/o di indicatori compositi (ovvero misure
che sintetizzano più indicatori elementari).
Le due cose non si escludono, ma rispondono comunque a
obiettivi differenti.
Con gli indicatori compositi vogliamo fornire un’unica misura che
gestisca la complessità interpretativa di una variabile latente. È
dunque utile per effettuare comparazioni territoriali e temporali,
per fare graduatorie fra Stati, Regioni…
Nel momento in cui si voglia capire perché sussistono delle
differenze (nel territorio o nel tempo), l’indicatore composito non
è più sufficiente, ma è necessario analizzare le informazioni nel
dettaglio. Serve dunque un sistema di indicatori, ovvero un
mosaico di informazioni che supportino i processi decisionali. Un
sistema di indicatori NON è una pura e semplice raccolta di
indicatori, ma è il risultato del percorso concettuale sopra
descritto.
1 TIPOLOGIE DI INDICATORI
1.1 Indicatori in base all’origine dell’informazione
Indicatori oggettivi
Costruiti con dati statistici relativi ad eventi direttamente
rilevabili, che hanno esistenza reale e concreta e sono suscettibili
di un controllo diretto di veridicità e attendibilità (ad es. nascite,
ricoveri ospedalieri, decessi …). Ciò non significa che non siano
soggetti ad errore.
Utilizzo di variabili misurate con scale di misura, qualitative o
quantitative.
Indicatori soggettivi
Costruiti tramite l’esternazione di opinioni, atteggiamenti,
sentimenti, desideri, giudizi, motivazioni degli individui che
costituiscono l’insieme sotto osservazione in relazione a se stessi,
al gruppo, alle istituzioni.
Misurati spesso mediante scale di atteggiamenti, introdotte in
psicologia per l’analisi di opinioni, atteggiamenti ecc.. e
successivamente estese all’analisi di concetti astratti di tipo
psicologico e comportamentale (il pregiudizio razziale,
l’autoritarismo, la misurazione al successo, .. ecc)
I metodi utilizzati per la costruzione di scale di atteggiamenti sono
denominati “scaling”1 e consistono nell’attribuire un punteggio
1 Argomenti trattati nel corso “Fondamenti per l’analisi statistica dei dati sociali”
agli individui e/o alle variabili, derivante da opportune
trasformazioni su un insieme di variabili categoriali.
La tecnica più nota ed applicata in ambito psicologico consiste nel
chiedere ad N soggetti di esprimere un giudizio (d’accordo, non
d’accordo –graduato su più di due categorie), su un insieme di k
items (domande o stimoli) che si suppone rappresentino una certa
dimensione latente (ad es. il rispetto verso le istituzioni) o
continuum latente.
I primi tentativi di costruzione di scale basate su una pluralità di
items sono quelli di Thurstone (1927), Likert (1938), Guttman
(1941). Si veda per approfondimenti il testo di Corbetta (1999).
Nonostante le problematiche di misurazione che li
caratterizzano, gli indicatori di tipo soggettivo sono ampiamente
utilizzati, essendo l’unico strumento che permette di cogliere
dimensioni e concetti latenti. Un esempio concreto è riportato da
Noll (2002): attorno al 1960 si afferma il concetto di qualità
della vita come indicatore alternativo ai quelli basati su livelli di
vita materiali. La qualità della vita include anche aspetti
immateriali quali la salute, le relazioni sociali o la qualità
dell’ambiente. Come rendere operativo questo concetto, così da
poter definire e calcolare un adeguato indicatore? Troviamo due
approcci completamenti diversi: l’approccio scandinavo che si
basa sui livelli di vita, e l’approccio statunitense che si basa sulla
qualità della vita. Il primo si basa quasi esclusivamente su dati
oggettivi, mentre il secondo da maggior enfasi al benessere
soggettivo come obiettivo da misurare. Questi diversi approcci
sono il risultato di diverse idee di qualità della vita e di welfare:
da una parte si enfatizza il ruolo delle risorse (e quindi la
necessità da parte del welfare di provvedere i cittadini con
queste risorse), dall’altra il ruolo dell’individuo.
Oggi l’approccio prevalente è quello che considera sia gli
indicatori oggettivi che quelli soggettivi. Ad esempio, la nozione
tedesca di qualità della vita (Zapf, 1984) passa proprio per una
combinazione dei due tipi di indicatori. Le condizioni di vita
oggettive includono le circostanze misurabili quali il tenore di
vita, le condizioni lavorative e la salute, mentre le condizioni di
vita soggettive includono componenti cognitive e affettive.
Questa combinazione di dimensioni oggettive e soggettive
determina quattro “costellazioni”, come riportato nella tabella che
segue. Dunque si parla di dissonanza quando a buone condizioni
di vita (oggettivamente misurate) corrispondono delle cattive
condizioni secondo le misure soggettive. Il benessere è dato da
una combinazione di buone condizioni di vita e alto benessere
soggettivo, mentre se le condizioni di vita sono cattive ma il
benessere soggettivo è alto, si parla di adattamento. Infine, se è
basso il benessere soggettivo e sono cattive le condizioni di vita,
parliamo di deprivazione.
Combinazione di aspetti oggettivi e soggettivi della qualità della
vita.
Fonte: Zapf (1984)
Condizioni di vita
oggettive
Benessere soggettivo
Alto Basso
Buone Benessere Dissonanza
Cattive Adattamento Deprivazione
1.2 Indicatori in base agli scopi di utilizzo
Indicatori descrittivi
Costruiti per rendere esplicito lo stato dei fenomeni sociali senza
presupporre un quadro teorico concettuale a cui fare riferimento.
Indicatori esplicativi
Costruiti per cercare di interpretare la realtà sociale. Hanno
pertanto come riferimento uno schema concettuale che consente di
stabilire dei legami tra gli indicatori e il fenomeno oggetto di
studio. Degli indicatori descrittivi possono diventare esplicativi
nel momento in cui sono inseriti in uno schema concettuale.
Indicatori normativi
Orientati ai problemi da risolvere e utili per guidare gli interventi
programmati. Spesso definiti e misurati in funzione di un obiettivo
richiesto o auspicabile. Richiedono la definizione di standard.
Esempio di indicatori normativi: indicatori per il monitoraggio del
rispetto, in ciascuna regione, dei livelli essenziali ed uniformi di
assistenza (Dm 12_12_2001). A seguito della modifica del Titolo
V della Costituzione (2001), rientra nella esclusiva legislazione
dello Stato la “determinazione dei livelli essenziali delle
prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere
garantiti su tutto il territorio nazionale”. Per quanto riguarda la
tutela della salute la potestà regolamentare spetta alle Regioni.
Quindi le Regioni devono rispettare le linee guida dello Stato, ma
hanno potere normativo.
Il decreto fissa un insieme di indicatori per il monitoraggio del
rispetto dei LEA, suddivisi in 5 aree: assistenza sanitaria collettiva
in ambiente di vita e lavoro, assistenza distrettuale, assistenza
ospedaliera, indicatori di risultato, informazioni sullo stato di
salute e sul contesto.
Un esempio di indicatore, area ASSISTENZA OSPEDALIERA
Indicatore: Posti letto per 1.000 abitanti
Definizione: Rapporto tra il numero dei posti letto (P.L.) e la popolazione residente (distintamente per il regime di degenza ordinaria ed a pagamento e per il regime di day hospital)
N. P.L. di degenza ordinaria e a pagamento nelle discipline per acuti X 1.000
Popolazione residente
N. P.L. di day hospital nelle discipline per acuti X 1.000
Popolazione residente
N. P.L. di degenza ordinaria e a pagamento nelle discipline di riabilitazione X 1.000
Popolazione residente
N. P.L. di day hospital nelle discipline di riabilitazione X 1.000
Popolazione residente
N. P.L. di degenza ordinaria e a pagamento nella disciplina di lungodegenza X 1.000
Popolazione residente
La popolazione considerata è quella media dell’anno. Sono considerati i posti letto nelle strutture pubbliche e private accreditate.
Fonte dei dati: Numeratore: Ministero della salute. Denominatore: ISTAT
Note: Esprime l’offerta di assistenza ospedaliera ai residenti nella Regione. L’art.1 della L.23/12/1996, n.662, fissa un valore pari a 5,5 posti letto per 1.000 abitanti, di cui 1 per mille riservato alla riabilitazione e alla lungodegenza.
Parametro di riferimento: Posti letto per acuti in degenza ordinaria: 4,05 per 1.000 abitanti Posti letto per acuti in Day Hospital: 0,45 per 1.000 abitanti Posti letto per riabilitazione lungodegenza: 1 per 1.000 abitanti
Indicatori predittivi
Gli indicatori predittivi forniscono indicazioni sulla tendenza
evolutiva del fenomeno in esame. Questi indicatori devono
essere sufficientemente sensibili ai mutamenti sociali e aggiornati
periodicamente in modo da poter essere usati come sistemi rapidi
di allarme. La figura seguente mostra un esempio di indicatore
predittivo relativo alle emissioni di gas-serra nell’Unione
Europea rispetto al livello obiettivo, che equivale a 92. Per poter
avere valore “predittivo” questi indicatori devono essere
presentati sotto forma di serie storiche in modo da poter
effettuare delle forme di estrapolazioni dei valori futuri
dell’indicatore stesso. Nel caso riportato in grafico si può
estrapolare che, se continuerà il trend osservato negli ultimi 5-6
anni, si andrà in direzione opposta rispetto all’obiettivo di ridurre
le emissioni del gas serra.
Emissioni di gas-serra nell’Unione Europea rispetto all’anno base (1990).
Anni 1994-2004.
1.3 Indicatori semplici e composti
Indicatori semplici
Sono riferiti a fenomeni singoli, cioè alle dimensioni direttamente
osservabili in cui è scomposto un fenomeno sociale complesso.
Indicatori composti
Ottenuti aggregando e ponderando gli indicatori semplici, che
sono alla base della misura dei fenomeni complessi. (Argomento
di una parte sostanziosa del corso)
1.4 Indicatori di efficienza ed efficacia
Efficienza: capacità di massimizzare la quantità di prestazioni
fornite a parità di risorse impiegate, o di minimizzare le risorse a
parità di prestazioni
Efficacia: conseguenze che si verificano sulla popolazione
“bersaglio” a seguito di un intervento o di una politica
Indicatori di efficienza nella valutazione di un servizio
Indicatori di risorse: risorse finanziarie (spesa media, costo medio
per prestazione, ...), adeguatezza delle strutture (presenza di
barriere architettoniche, n° medio anni funzionamento
attrezzature,...), adeguatezza organico (n° medio personale x 100
utenti)
Indicatori di processo: accessibilità al servizio (tempi di attesa,
costi,...), preferibilità del servizio (tasso utilizzazione, indicatori
fuga-attrazione, ...), efficienza organizzativa (ore lavorate/ore
potenziali, tempi di apertura,...)
Indicatori di prodotto: volume attività (n° utenti x servizio, n°
medio prestazioni,...)
Indicatori di efficacia dei servizi attivati:
Livello di gradimento, misurato mediante indicatori di
soddisfazione (ad es. su scala da 1 a 10). Più indicatori di
soddisfazione possono essere riassunti in indicatori sintetici.
Rapporto fra risultati ottenuti e obiettivi prefissati: confronto con
standard di qualità, definiti prendendo ad es. come riferimento una
realtà modello
1.5 Componenti della qualità di un indicatore
Finalizzato: deve misurare il concetto per cui è stato pensato. In
realtà, molto spesso, un indicatore misura in parte il concetto
per cui è stato pensato e per una restante parte un altro concetto
(o una mistura di altri concetti). Si dice che l’indicatore è
formato da una parte indicante e da una parte estranea ;
maggiore è la parte indicante (minore è la parte estranea) più
finalizzato è l’indicatore.
Esempio (Mazzuco, 2009). Dall’indagine sulle forze di lavoro si possono
ricavare alcune informazioni sulla salute della popolazione. Ad esempio,
si chiede ai lavoratori se nella settimana precedente l’indagine sono stati
assenti dal lavoro e, se sì, per quale motivo. Il rapporto tra individui che
sono stati assenti per motivi di salute dal lavoro e la popolazione dei
lavoratori potrebbe costituire un indicatore di salute della popolazione.
Tuttavia, se costruiamo il grafico di questo indicatore nel tempo, per
alcuni paesi europei, troviamo dei risultati controintuitivi. Sembra, infatti,
assai strano che il livello di salute dell’Olanda sia così smaccatamente più
basso rispetto agli altri paesi, soprattutto paesi noti per condizioni sanitarie
non eccelse come la Lettonia.
Il problema è che in questo indicatore la parte residua è tutt’altro che
minima, influenzando in modo pesante i risultati. Infatti, è noto che in
certi paesi il livello di assenteismo dal lavoro è più alto rispetto ad altri.
Alcuni autori hanno mostrato che tali differenze dipendono non solo dallo
stato di salute effettivo delle popolazioni, ma della generosità con cui i
diversi stati sociali garantiscono il congedo per malattia. Dunque, un tale
indicatore non è finalizzato a sufficienza, tant’è che non permette di
fare dei confronti tra paesi proprio per l’effetto della parte residua.
Numero di assenti dal lavoro per motivi di salute sul totale della popolazione
lavorativa. Uomini, dati standardizzati per età.
Esempio. Concetto = religiosità
Indicatore = pratica religiosa (n° di volte che va a messa in un
anno)
Tale indicatore descrive appieno il concetto di religiosità? No,
solo la dimensione della componente ritualistica (e non del tutto),
ma vi sono altre dimensioni. Es: il comportamento ispirato da
convinzioni religiose (atti di carità, ecc…)
Al tempo stesso, l’indicatore dipende solo dalla religiosità? No,
potrebbe dipendere anche dal conformismo sociale (altro
concetto), quindi la parte residua è consistente.
Rilevanza: gli indicatori soddisfano le esigenze degli utilizzatori
Integrità: oggettività nella raccolta, compilazione e diffusione
degli indicatori
Validità metodologica:
- dei concetti e delle definizioni
- dei sistemi classificatori
- dei metadati
- delle sottostanti basi informatiche
Utilità
- tempestività e puntualità nella diffusione dati
- coerenza interna e con gli altri insiemi di dati
- costante revisione dell’attualità dei dati
Accessibilità
- dei dati
- dei metadati
- assistenza agli utenti
- chiarezza delle informazioni
Comparabilità
- nel tempo
- tra aree geografiche
- fra domini (es. famiglie)
Coerenza: fra fonti diverse
Completezza: copertura di tutte le esigenze e priorità degli
utenti
Validità: l’indicatore rileva effettivamente la dimensione del
concetto a cui si riferisce. In tal caso l’indicatore si dice
adeguato. Il concetto di validità è associato all’errore
sistematico.
Es: il QI rileva effettivamente l’intelligenza? Il PIL la ricchezza di una nazione?
1. Validità del contenuto: l’insieme di indicatori interpreta in
maniera appropriata tutte le dimensioni di cui si compone il
concetto (ricorso a esperti)
2. Validità rispetto ad un criterio: Validità rispetto a un criterio
esterno considerato gold standard:
a) Validità predittiva: correlare l’indicatore con un evento successivo
ad esso connesso (Es: test di ammissione con voti ottenuti agli
esami)
b) Validità concomitante: confrontare l’indicatore con un altro valido
preso come criterio (mediante coeff. di correlazione o di
cograduazione)
c) Validità del costrutto: coerenza fra i risultati e le ipotesi teoriche
formulate (valutabile ad esempio mediante analisi fattoriale e
verifica che i fattori siano coerenti con le ipotesi di partenza)
Sensibilità e specificità: Un indicatore deve essere sensibile, il
che significa che deve essere in grado di cogliere le modificazioni
che possono intervenire, nel corso del tempo o nello spazio, nel
fenomeno di interesse. Un indicatore statistico può essere
sufficientemente sensibile in un certo momento o in un certo
luogo, ma poi diventare non sensibile: negli anni ’50, ad esempio,
la presenza in una famiglia di almeno una televisione in bianco e
nero poteva essere considerato come un indicatore di benessere
abbastanza sensibile ma, ovviamente, al giorno d’oggi questo
indicatore non avrebbe più alcuna “sensibilità”. Oltre che
sensibile un indicatore deve essere anche specifico, ovvero deve
reagire unicamente in ragione di variazioni del fenomeno che
vuole misurare. Ad esempio, il rapporto di abortività (IVG/Nati) è
un indicatore di propensione all’abortività, ma varia anche in
funzione alla propensione all’uso di contraccettivi, che modifica il
denominatore in misura maggiore del numeratore. Per cui si tratta
di un indicatore poco specifico.
Sensibilità e specificità sono due requisiti molto forti in ambito
sociale, dove i fenomeni sono molto interrelati fra di loro, ed è
quindi assai improbabile trovare un indicatore che sia sensibile
alle variazioni di uno ed uno solo di questi fenomeni. Inoltre, è
assai probabile che i due criteri siano tra di loro in conflitto: più
un indicatore è sensibile, più difficilmente sarà anche specifico e
viceversa.
Affidabilità: sono prodotti gli stessi risultati in ripetute
valutazioni sotto le stesse condizioni (nei limiti accettabili degli
errori di osservazione). In tal caso l’indicatore si dice accurato. Il
concetto di affidabilità è associato all’errore casuale. Ci sono vari
modi in cui si può valutare l’affidabilità di uno o più indicatori:
Stabilità nel tempo: tecnica del test-retest
In termini di equivalenza:
Metodo split-half: confronto fra due gruppi di item che
misurano lo stesso fenomeno
Forme equivalenti:correlazione fra test paralleli
Concordanza fra osservatori
Coerenza interna: correlazione delle risposte a ogni domanda con
le risposte a tutte le altre domande