Download - Inashera il magazine n5
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Frida Kahlo e Diego Rivera
Dal 20 Settembre 2014 al 08 Febbraio 2015
Genova, Palazzo Ducale
mostra curata da Helga Prignitz-Poda, Christina Kahlo, Juan Coronel Rivera
e promossa da Genova Palazzo Ducale Fondazione per la Cultura, MondoMostre, Skira
tel.: +39 010 5574065
e-mail: [email protected]
http://www.palazzoducale.genova.it
La mostra di Palazzo Ducale, racconta il legame arte-vita di questa coppia messicana yin e yang: l’opera di
Frida Kahlo, da sola, sembra essere incompleta senza la spalla che Diego Rivera offre alla sua fragilità.
Quella che veniva definita “l’unione di un elefante con una colomba”, superò le consuetudini di un legame
sentimentale: Frida e Diego portarono nel loro rapporto e nella loro espressione dell’arte le personalissime
esperienze di vita. La mostra indagherà questi temi presentando 120 opere di Frida Kahlo e Diego Rivera. Di
Frida verranno esposti dipinti (ed in particolare i suoi autoritratti) su olio, su masonite, su alluminio come Diego in
my mind, Self-portrait wearing a Velvet Dress, o Diego and I, o ancora il Self Portrait in a sun flower che dipinge
pochi giorni prima di morire ma anche disegni ed il corsetto di gesso sul quale Frida dipinge la falce e il martello
comunista sopra il feto del proprio doloroso aborto.
Di Diego saranno presentati in larga parte dipinti su olio (in particolare i grandi ritratti nei quali eccelleva come
Portrait Dama Oaxaqueña, Portrait of Natasha Gelman, Calla lilly vendors) ma anche il taccuino del viaggio in
Italia, mai esposto prima, il ritratto di Frida nuda e verrà ricostruito uno dei grandi murales.
InAsherah - Il Magazine 3
Indice
pg. 5
Tomorrow’s Modern Boxes
pg.10
Senza Ritratto. Storie dall'arte contemporanea. Intervista a Roberto Pavoni
pg.16
Maddalena e Gesù. Tra nuove rivelazioni e vecchie leggende
pg. 20
Rivalità a colpi di film
pg. 26
La testimonianza di Abla Koukoui: ho sconfitto la malattia
pg.29
Diario del tempo: L'epopea quotidiana
InAsherah - Il Magazine 4
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InAsherah - Il Magazine 5
Tomorrow’s Modern Boxes
I fan dei Radiohead e della musica elettronica
hanno ricevuto un regalo inaspettato lo scorso
26 settembre: è infatti stato rilasciato, a
sorpresa, il nuovo album del cantante Thom
Yorke, prodotto dal collaboratore di lunga data
Nigel Godrich. Tomorrow’s Modern Boxes
consta di 8 brani, per una durata totale di quasi
40 minuti e viene distribuito in formato digitale
da BitTorrent, al prezzo di circa 5 euro; è però
scaricabile gratuitamente il brano A Brain in a
Bottle, subito sponsorizzato grazie ad un
videoclip.
"È un esperimento per vedere se le dinamiche
del sistema sono qualcosa su cui il pubblico può
fermarsi a riflettere un momento", ha spiegato
Yorke. "Se funzionasse - sostiene - potrebbe
davvero essere un modo per rimettere un po’ di
controllo del commercio attraverso Internet
nelle mani delle persone che creano i contenuti.
Questo sistema metterebbe i produttori di
musica, video, o qualsiasi contenuto digitale
nelle condizioni di poterli vendere da sé”.
L’album è stato scaricato più di un milione di
volte solo nella prima settimana dopo il suo
rilascio e ha già ricevuto buone critiche, anche
se il sito americano The A.V. Club l’ha definito
come “un modo per passare il tempo prima di
lavorare ad un nuovo album con i Radiohead”,
seppur brillante.
Tomorrow’s Modern Boxes è la seconda opera
solista del cantante e musicista inglese, che ha
debuttato nel 2006 con The Eraser, nominato ai
InAsherah - Il Magazine 6
Grammy Awards come miglior album di
musica alternativa.
Bisognerebbe spendere lunghissimo tempo
parlando dei Radiohead, gruppo musicale
inglese formatosi nel 1985. Il loro genere si
potrebbe definire rock, alternative, britpop,
indie, techno e chi più ne ha più ne metta: i
cinque di Oxford (oltre a Thom Yorke: Jonny e
Colin Greenwood, Ed O’Brien e Phil Selway)
hanno dimostrato di sapersi destreggiare in stili
molto diversi nel corso della loro carriera, in
cui hanno pubblicato 8 album che hanno avuto
un enorme successo.
Dalla popolarissima Creep, appartenente alla
loro prima creazione Pablo Honey (1993), lo
stile dei Radiohead si è evoluto moltissimo, e
ciò è chiaro ascoltando anche solo una canzone
a caso del loro ultimo album The King of Limbs
(2011). Prima, però, sono passati attraverso
cinque dischi considerati pietre miliari del rock
inglese.
Nel 1995 uscì The Bends, pilastro degli anni
Novanta, che presenta sonorità più ricercate
rispetto al precedente e vanta pezzi memorabili
come Fake Plastic Trees, Just, My Iron Lung e
Street Spirit; la rivista musicale Q Magazine
l’ha inserito al secondo posto nella lista dei 500
migliori album.
OK Computer venne pubblicato, invece, due
anni dopo ed ebbe un eccezionale successo
anche negli Stati Uniti; impossibile non adorare
Karma Police, No Surprises e la
particolarissima Paranoid Android, uno dei
brani più amati, inizialmente diviso in tre parti,
che viene ancora oggi suonato quasi ad ogni
concerto.
Kid A (2000) (inserito da Rolling Stones al
primo posto tra i 100 migliori album del
decennio) e Amnesiac (2001) si possono, per
alcuni versi, considerare quasi una
continuazione l’uno dell’altro. il loro sound è
molto sperimentale e diverso dallo stile
precedente, in quanto si dà ampio spazio a
sonorità elettroniche; bastino, come esempio, i
singoli Idioteque, National Anthem, I Might Be
Wrong, Knives Out. Thom Yorke disse a
riguardo: “credo che Amnesiac dia un'altra
interpretazione di Kid A, una specie di
spiegazione [..] Kid A era come uno shock
elettrico. Amnesiac è come essere nei boschi, in
campagna. […] L'artwork di Kid A era tutto
sviluppato sulla distanza. I fuochi erano tutti
dall'altra parte della collina. Con Amnesiac, tu
sei nella foresta mentre divampa il fuoco”.
Altra svolta avvenne nel 2003 con il sesto
album Hail to the Thief, il cui titolo sembra
essere un rimando al coro anti-Bush “Hail to
the Chief”. Il singolo 2+2=5 piacerà
particolarmente agli amanti del romanzo di
InAsherah - Il Magazine 7
George Orwell 1984, ma è indispensabile citare
anche There There, The Gloaming e
Myxomatosis.
Risale invece al 2007 In Rainbows, album di
enorme successo composto da due cd, grazie al
cui ascolto è possibile proiettare la propria
immaginazione verso atmosfere oniriche
incredibilmente affascinanti; è consigliato
vivamente soprattutto l’ascolto di Weird
Fishes/Arpeggi, Nude e House of Cards.
Credo basti questa breve parentesi riguardo i
Radiohead per avere degli ottimi motivi per
ascoltare Tomorrow’s Modern Boxes, sperando
che arrivi presto anche una nuova opera
dell’intero gruppo.
Giulia Ambrosini
InAsherah - Il Magazine 8
Musei in strada, l’arte va in città
da 15/12/14 a 15/06/15
TRULLO: giardini Caterina Cicetti, via Campagnatico angolo via del Trullo; OTTAVIA: Stazione ferroviaria
Ottavia – Via Trionfale 11343; TOR BELLA MONACA: sede Asl e Municipio – Via Duilio Cambellotti 11
Tel.: 0039 060608 tutti i giorni dalle 9.00 alle 21.00
Sito: www.museiincomuneroma.it/mostre_ed_eventi/eventi/musei_in_strada_l_arte_va_in_citta
Email: [email protected]
Si chiama “Musei in strada” il progetto che rientra in “Roma. Grande Formato” promosso da Roma Capitale Assessorato alla Cultura, Creatività e Promozione Artistica – Sovrintendenza Capitolina e realizzato con Antenna International con la collaborazione degli Assessorati alla Cultura dei Municipi VI, XI e XIV e Zètema Progetto Cultura.
Sono quindici riproduzioni fotografiche su tela di opere d’arte in scala 1:1, cinque per ciascun municipio, scelte tra grandi artisti come Carla Accardi, Pablo Echaurren, Titina Maselli, Paolo Anesi, Gavin Hamilton, Giacomo Balla per citarne alcuni. Il progetto multimediale permette attraverso QR code sulle didascalie accanto
InAsherah - Il Magazine 9
alle opere e un’ APP apposita di avere più informazioni sugli artisti, le opere e i musei che le ospitano. Novità è il racconto delle opere da parte di 12 “testimonial” di eccezione legati al quartiere, con una madrina d’eccezione Simona Marchini.
Le opere La selezione delle opere è stata realizzata in base a parametri consoni a una comunicazione diretta e immediata, idonea a intercettare un pubblico più ampio possibile. Tutte le opere selezionate - oltre a possedere indiscutibili qualità 'estetiche' intrinseche - presentano una storia critica consolidata e agevolmente trasmissibile. Opere fortemente impattanti sia dal punto di vista compositivo (caratteristiche scenografiche, effetti teatrali o enfatici, intimismi o drammaticità), sia da quello tecnico (dimensioni monumentali, acceso colorismo, presenza di cornici originali). Nell’ambito delle collezioni, inoltre, sono state privilegiate le opere maggiormente rappresentative anche per il legame proprio e univoco con la storia del Museo e con la sua mission.
Le opere esposte:
Tor Bella Monaca – Opere dal Museo di Roma a Palazzo Braschi
Filippo Gagliardi (1606/1608-1659) Carosello a Palazzo Barberini in onore di Cristina di Svezia, nel Carnevale del 1656, 1656-1659
Gavin Hamilton (1723-1798) Venere offre Elena a Paride 1784-85
Pompeo Girolamo Batoni (1708- 1787) Ritratto allegorico di Gerolama Santacroce Conti come Vanitas, 1760
Ippolito Caffi (1806- 1866) Festa degli artisti a Tor De’ Schiavi, 1884
Paolo Anesi (1697 – 1773) Il Tevere a Ripa Grande
Trullo – Opere dal Macro
Gastone Novelli (1925-1968) Corrispondenze terrestri,1962
Titina Maselli (1924-2005) Ciclista,1995
Cristiano Pintaldi (1970) Senza titolo, 2000
Carla Accardi (1924- 2014) Giallobianconero,1990
Pablo Echaurren Chrono Sapiens
Ottavia – Opere dalla Galleria di Arte Moderna
Amedeo Bocchi (1883-1976) Nel parco, 1919
Benedetta Cappa Marinetti (1897-1977) Velocità di motoscafo, 1924-1926
Giacomo Balla (1871-1958) Il dubbio, 1907-1908
Carlo Carrà (1881-1966) Partita di calcio, 1934
Francesco Trombadori (1886-1961) Mattino a Ponte Sisto
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Senza Ritratto. Storie dall'arte contemporanea.
Intervista a Roberto Pavoni
Dopo la laurea con lode all’Accademia di Belle
Arti di Roma, comincia la sua personale lotta
nel mondo dell’arte.
Tra le tappe principali riporto la prima
personale nel 2001 presso la Galleria d'arte La
Pigna, Palazzo del Vicariato, a Roma; la
partecipazione alla mostra “Rooms” a Roma
nel 2002 curata dalla prof.ssa Anna Romanello,
con interventi e partecipazione del maestro
Sandro Chia; nel 2003 espone al Castello Orsini
(Galleria Cà D’Oro) per la collettiva “Le
Circoscrizioni di Roma”, presentata da l’On.
prof. Vittorio Sgarbi. (Catalogo edizioni Il
Cigno, Roma); nel 2003 partecipa a
“Supermercado de Arte” presso Palazzo Bigli,
Milano (catalogo edizioni Baioni Stampa s.p.a.
Roma); nel 2004 è invitato a partecipare in
veste di ritrattista a “Roman Holiday”,
manifestazione organizzata da Roma Concerti
Entertainment e Pudong Cultural development
Company Ltd a Shanghai (Cina); nel 2005
partecipa presso il Castello Visconteo, Pavia, al
“3° Premio Internazionale d’Arte Pavia-
Giovane arte Europea”,dove riceve una
Menzione d’Onore (catalogo multimediale a
cura della PromoArt, Pavia); il 2008 è invece
l’anno della bipersonale con l’artista Francesca
Aristei, “ Glokal” presso il comune di Frontone
( PU ).
Roberto Pavoni è anche insegnante di storia
dell’Arte e disegno
- Roberto dammi una definizione di “ARTE”
e spiegami come ti confronti con essa. L’arte è la capacità di interpretare il pensiero
collettivo attraverso un gesto o la creazione di
un oggetto residuo e il 99% delle volte lo fa
sbagliando.
Vivo l’arte in maniera conflittuale. Ho tante
idee e nessuna che funzioni.
InAsherah - Il Magazine 11
Fare arte vuol dire anche trovare la formula,
quando arrivi a quella giusta trovi anche il tuo
meccanismo.
E’ un pò come scoprire i propri orrori attraverso
uno scontro continuo con la realtà e con me
stesso.
"L'Uomo d'Acciaio"
- Torna indietro col tempo. Quale è stato il
momento decisivo, l’intuizione fondante che
ti ha spinto a scegliere l’arte? Ho scelto l’arte per sbaglio. Frequentavo,
sempre per sbaglio, il liceo tecnico industriale,
per caso sono capitato all’istituto d’arte. Ho
subito riconosciuto quelle persone come
compagni ma pensavo che fossero tutti più
bravi di me nel disegno, che possedessero già
una buona tecnica artistica, invece ho scoperto
che bene o male eravamo allo stesso livello.
Ho deciso allora, non solo di buttarmi ma di
superarli tutti.
Un professore mi disse che l’arte è il mestiere
più difficile del mondo. All’epoca la presi come
una sfida, solo ora lo capisco, ogni qualvolta
devo rimettermi ad esercitare mano e testa per
dedicarmi ad un’opera
- Riflettendo sulle tue opere, mi è parso di
trovarmi al cospetto di un’arte
autoriflessiva, impegnata a pensare se stessa.
Cosa rappresenta per te l’immagine? Perchè
credi che il suo ruolo, nel corso dei secoli, sia
stato così predominante? Perchè fondamentalmente gli uomini sono delle
macchine da ricordo.
Già Leonardo da Vinci diceva che la pittura e le
arti visive sono superiori alle altre arti,
attraverso l’immagine cercava di studiare la
realtà come mezzo per possederla.
Quanto a me, arte autoriflessiva, dici, vediamo
se mi spiego... Ti parlo dei miei ultimi lavori,
“Italian Graffiti”. Attraverso queste opere
racconto le borgate romane, capisci? Si tratta di
una città di 2000 anni, se ancora oggi uso come
matrice di linguaggio, una città così antica, vuol
dire che non ho fatto passi avanti.
"gemevan le fronde ritorte dal tempo"
Per farti capire, Duchamp racconta di un detto
che vede il pittore stupido “ Stupido come un
pittore!”, si dice. Bene, lui dice di se
InAsherah - Il Magazine 12
" La Curia"
che, fintanto che è rimasto legato al visivo,
c’era in lui tanta di quella stupidità del pittore.
Capì però, che ciò che gli serviva era l'idea di
inventare. L’idea pervenne e attraverso la
formulazione di essa trovò il modo di sfuggire
alle influenze esterne.
Io voglio raggiungere quel livello di
consapevolezza.
- Nei tuoi lavori è evidente una
incompiutezza, voluta però, quasi un
tentativo di lasciare spazio all’opera stessa,
al caso, per creare un dialogo ( sto osando )
con una dimensione altra rispetto a quella
materiale e allo stesso tempo, per creare un
distacco con la perfezione, immobile, morta,
al contrario dei tuoi lavori che, proprio in
virtù di tale incompiutezza, sembrano vivi. I miei lavori sono incompiuti perchè ogni volta
lotto per mettere un pezzo in meno.
Uso la tecnica dello spolvero ( come nell’arte
del ‘500 ). Faccio io lo sfondo scuro, passo le
linee bianche poi ci dipingo sopra con i colori
ad olio.
Ogni volta, alla fine, sono compiaciuto di me,
della mia tecnica, del risultato ottenuto e ogni
volta ho fallito.
E’ per questo che mi ritrovo a eliminare pezzi,
per raggiungere quell’idea di inventare di cui
parlava Duchamp.
- Rispetto al mondo dell’arte, cosa credi sia
oggettivo e cosa assoluto? Tutto ciò che penso io è assoluto, ciò che
pensano gli altri è oggettivo.
Questa è la questione che mi si pone con i
ragazzi del quinto anno del corso di studi. Io
rispondo che ci troviamo difronte all’oggettivo
quando l’intera umanità ritiene qualcosa di
importanza tale da farla diventare un simbolo.
Mi rendo conto però, che anche questo è
sbagliato, perchè qui stiamo parlando di
statistica, basta un solo individuo e tutto
cambia.
"e con un denso strato di nebbia"
- Guardando al panorama artistico
contemporaneo, cosa e chi ti incuriosisce
maggiormente, e per quale motivo? Ti dico Maurizio Cattelan. Non mi piace ma mi
colpisce, lo disprezzo addirittura ma ha capito il
InAsherah - Il Magazine 13
meccanismo dell’arte, ha trovato la formula
giusta.
Ho avuto modo di conoscere Sandro Chia e una
cosa che mi disse mi colpì. Mi disse “ tu con
un’opera ci combatti, sei come un cacciatore
che taglia la testa alla preda uccisa per
appenderla come trofeo. Questo non vuol dire
che tu abbia vinto. A decretare il vincitore sarà
poi solo l’osservatore”
- Raccontaci a cosa stai attualmente
lavorando e i progetti per l’immediato
futuro. Sto dedicandomi a “I miei Orrori”. Si tratta di
una seria ispirata a Bosch e nata da una
conversazione avuta con un’amica e artista,
Ilaria Facci durante un periodo molto difficile.
Abbiamo cominciato a parlare di debolzze, di
virtù, di vizi e della nostrà capacità di
trasmormare l’orrore in qualcosa che fosse arte.
"L'altro sesso"
Il problema non si pone tanto nell’atto creativo,
quanto nella nostra capacità di guardarci dentro,
di scorgere il lato più intimo di sè senza
spaventarsi, senza rifiutarlo, senza amarlo nè
odiarlo.
Ciò che serve è succhiarsi, aprirsi per poi
vomitare tutto.
"scelte consapevoli"
Questo è quello che sto cercando di fare con
questa serie di opere. Sono lavori tra il collage
e la pittura, lavori che definirei iperrealisti non
per la tecnica ma perchè sono un contenitore di
ciò che vedo, è come se ciò che mi caratterizza,
nel bene e nel male, si materializzasse sulla mia
carta.
Lucia Lo Cascio
Una
va 1908-198
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InAsherah - Il Magazine 14
UN CAMMINO DI STUDIO E RICERCA, DI NOI STESSI E DI TUTTO CIÒ CHE CI CIRCONDA.
KANAME' È QUELLA PORTA CHE SI APRE VERSO UNA STRADA LUNGA E PIENA DI SERENITÀ E
SODDISFAZIONI.
KANAME PROJECT, NOI SIAMO LA STRADA DEL NOSTRO FUTURO.
3440615833 DOTT.SSA CHIARA SABATINI.
VIA CESARE BARONIO 20 00179 ROMA, ZONA E USCITA METRO FURIO CAMILLO.
DAL 15 GENNAIO PARTONO I WORKSHOP DI KANAME PROJECT.
"Le strade scelte dal Sè" è un itinerario dentro e verso noi stessi, toccando tematiche e corde differenti,
accettandoci o motivandoci al cambiamento.
Nella vita si sceglie. Anche qui inevitabilmente la nostra percezione ha scelto di vedere il cavallo e solo in
un secondo momento, se sollecitata da indizi, può scorgere la rana. Così anche noi scegliamo ogni giorno
di vedere sempre con gli stessi occhi, oppure crearci un'alternativa, un percorso diverso.
Da un'idea della Dottoressa Anna Chiara Venturini e della Dott.ssa Chiara Sabatini, prendono il via da
gennaio 2015 una serie di seminari e workshop dedicati alla scoperta e al percorso verso il proprio Sè
15 gennaio: Il kit dell’autostima: scoprire e potenziare l’amore di sè
29 gennaio: Quando l’ansia ci insegna a vivere: gli aspetti funzionali di un’emozione che ci fa così paura!
11 febbraio: Basta che funzioni:Comunicazione e regole per la coppia che non scoppia
12 febbraio: Amore a prima svista: diversi significati dell’amore
13 febbraio: dipendenza affettiva e amori tossici
InAsherah - Il Magazine 15
26 febbraio: Femminilità e riscoperta della femminilità: il corpo sacro
12 marzo: I sette vizi capitali: aspetti antropologici e psicologici tra vecchi e nuovi vizi
26 marzo: antropologia alimentare: tra dimensione culturale e aspetti disfunzionali dell’alimentazione
9 aprile: Gravidanza e trasformazioni: il corpo come culla della vita
23 aprile: Chi si accontenta gode: ma è sempre vero? L’arte di mettersi in gioco
7 maggio:Devo fare del mio meglio! Quando perfezionismo senso di colpa ci avvelenano la vita
21 maggio: "Lei non va bene per te!" Conflitti familiari e cordoni che non si tagliano
4 giugno: Omosesualità e omofobia: miti e stereotipi da sfatare
Gi incontri si svolgeranno il giovedì dalle 19 alle 20.00 presso la sede di Kaname Project in via Cesare
Baronio, 20 ( di fronte alla fermata Metro Furio Camillo, linea A)
Il costo del singolo incontro è di 10 €.
E' gradita la prenotazione in quanto sono disponibili posti per un massimo di 12 persone.
Per info e prenotazioni contattare la Dottoressa Anna Chiara Venturini 389 5366568, la Dottoressa
Chiara Sabatini 3440615833
InAsherah - Il Magazine 16
Maddalena e Gesù. Tra nuove rivelazioni e vecchie leggende
Molto clamore sta suscitando “The Lost
Gospel”, libro scritto da Barrie Wilson,
docente canadese di studi religiosi, e Simcha
Jacobovici, scrittore israelo canadese, edito da
Pegasus Books, che parla di un matrimonio tra
Gesù e Maddalena e di una loro discendenza.
Il libro, riportato, si basa sulla traduzione di un
manoscritto in in siriaco con delle parti in
aramaico e conservato negli archivi della
British Library di Londra.
Nel testo si parla di Giuseppe e
Aseneth identificati dagli autori con Gesù e
Maria Maddalena. Si parla di un matrimonio tra
i due benedetto dal faraone d'Egitto e di una
discendenza di due figli, Manasseh e Ephraim
Il manoscritto è preceduto anche da una lettera
di presentazione, scritta nel VI ° secolo, che
sostiene che il documento ha un ‘significato
interiore’ su ‘il nostro Signore, il nostro Dio, il
Verbo’.
La Chiesa in Inghilterra si è subito scagliata
contro le "verità" riportate nel libro sostenendo
che il manoscritto è frutto della fantasia e non
può essere un Vangelo. Gli autori rispondono
:”Non si può ignorare l’evidenza, le prove ci
sono.'
Barrie Wilson
La questione affrontata è addirittura secolare,
basti pensare che già nel 1213 passò agli atti
che quattro anni prima gli abitanti di una
cittadina al sud della Francia, Béziers, furono
bruciati per aver affermato che Maria
Maddalena e Cristo erano amanti.
InAsherah - Il Magazine 17
Ad oggi diversi sono i libri che hanno
affrontato la questione, romanzi e non. Oltre a
Dan Brown, ricordo ad esempio Lynn Picknett,
Kathleen McGowan, Laurence Gardner solo per
citare i più famosi.
Voglio anche ricordare che non più tardi di
qualche anno fa, vennero anche presentati i
risultati dell'analisi di un frammento di papiro
durante il Congresso Internazionale di Studi
Coptici a Roma dalla professoressa Karen L.
King che ha una cattedra a Hollis presso la
scuola di Teologia dell’Università di Harvard.
La King ha riportato, riguardo al papiro in
questione, che è scritto in Copto, un
“linguaggio egiziano con caratteri greci,
precisamente in Copto Sahidico, un dialetto
dell’Egitto meridionale”. Il frammento è
databile “al quarto secolo” d.C.
Le frasi riportate sul papiro sono leggibili e
comprensibili anche se non facenti parte di un
discorso di senso compiuto. Si legge infatti:
"Mia madre mi ha dato la vita…i discepoli
chiesero a Gesù…negò. Maria è degna di
questo…Gesù disse loro, “mia moglie”…potrà
essere mia discepola. Che i malvagi si
gonfino…per quanto mi riguarda, abiterò con
lei per… un’immagine"
La king pur precisando che il frammento non è
un falso, ha aggiunto che bisogna anche
considerare che il frammento risale a diversi
secoli dopo Cristo, che dunque non si può
bisogna cercare altre prove.
Ciò che è certo, dice, è c’era una discussione
aperta fra i primi cristiani sul punto, e che
dunque esiste una tradizione cristiana che vede
Gesù sposato” – probabilmente nella seconda
metà del secondo secolo.
Karen L. King
InAsherah - Il Magazine 18
Aggiungo e concludo, raccontandovi una storia
che è nota e gira da secoli in certi ambienti, con
l'invito e la speranza che possa raggiungere
sempre più gente.
Questa storia ha dei punti in comune con le
recenti scoperte sulla vita di Gesù, infatti ivi si
dice che Gesù e Maddalena erano sposi e
amanti. Dalla loro unione nacquero due
splendidi figli. Tutta la famiglia, in tempi
diversi, intraprese un viaggio verso l'attuale
Europa. Si fermarono in Francia dove rimasero
madre e figli. Gesù proseguì invece verso le
terre del nord, fino a raggiungere la Bretagna.
Si racconta che qui Gesù sia entrato in contatto
con un gruppo di vecchi sacerdoti del posto ai
quali ha affidato un papiro da lui stesso scritto.
Questo papiro, raccontano, esiste ancora oggi e
i discendenti di queste antiche genti se lo
tramandano di generazione in generazione.
Si dice che parli di un messaggio di amore
universale, che non abbia mai fatto cenno alla
realizzazione di un'organizzazione - stato che
regoli cosa sia giusto e cosa sbagliato (la
Chiesa).
In questa storia, Gesù viene ucciso, non però
sulla croce, ma sarà decapitato.
Che i figli dei suoi figli, e i di loro figli, fino ai
discendenti a noi giunti, hanno portato il suo
messaggio ovunque nel mondo e il messaggio
della loro madre.
Ci sono posti nel mondo che portano addosso il
loro insegnamento e il loro passaggio (in Italia
centro importante è Torino, lo avreste mai
detto? una Torino legata al culto del femminile
sotto gli insegnamenti di Maddalena - sposa di
Cristo).....
Una storia, ribadisco solo una storia ma che
invita a guardare meglio ciò che abbiamo sotto
gli occhi e a quelli che la raccontano dico che è
il momento del salto.
Abbandoniamoci.
Cassandra Rotelli
InAsherah - Il Magazine 19
InAsherah - Il Magazine 20
Rivalità a colpi di film
Anche quest'anno sta per arrivare Natale e per
gli appassionati di cinema le tradizioni sono
dure a morire. I cosiddetti appassionati li
possiamo dividere in due fasce, i Conservatori
e i Cine-panettoni dipendenti.
I primi, ovvero i Conservatori ,sono appunto
tutte quelle persone che aspettano Natale ,o il
periodo che lo circonda, per riguardarsi i soliti
memorabili classici, di quelli che senza di essi
la Santa Festa non sarebbe del tutto uguale.
Questi film sono delle vere e proprie opere che
hanno toccato il cuore di molte generazioni ed è
giusto ricordarne alcuni:
MIRACOLO NELLA
TRENTAQUATTRESIMA STRADA
Remake del celeberrimo film del 1947 di
George Seaton, racconta la storia
dell'indimenticabile Kris Kringle ,il Babbo
Natale dei grandi magazzini Cole, il quale
dovrà dimostrare a tutto il mondo di esserlo per
davvero ,ma soprattutto dovrà dimostrarlo a
Susan ,una bambina che non crede più nella
magia .
InAsherah - Il Magazine 21
Cit.
“La fede è credere in qualcosa a cui il senso
comune non crede”.
A CHRISTMAS CAROL
Grande film d'animazione in 3D uscito nel
2009 e diretto da Robert Zemeckis .
Potremmo definirlo un film recente ma come è
ben noto a molti il grande successo di Charles
Dickens è stato reinterpretato negli anni in ogni
forma e in ogni modo. Parla del
celeberrimo,oramai,Ebenezer Scrooge un
ricco,avaro, vecchio finanziere del 1843 che
trova il Natale una semplice perdita di tempo e
per capire il suo grande errore, e riaprire il
cuore a tutti, dovrà incorrere nella visita di ben
tre fantasmi quello del Natale Passato,Presente
e Futuro.
Cit.
La Vita è troppo breve: perchè far divertire solo
i vermi?
THE FAMILY MAN
Un film del 2000 diretto da Brett
Ratner,interpretato da Nicolas Cage e Tèa
Leoni.
Film forse meno noto a un pubblico disattento
,ma imperdibile ai nostri cari Conservatori.
Jack Campbell uomo di successo di Wall Street,
ha tutto e sostiene di avere una vita perfetta ,ma
uno strano incontro gli darà la possibilità di
capire che il denaro e il potere non sono le
uniche cose che contano, ma che l'amore di una
famiglia è una cosa insostituibile.
Cit.
“Non sciupare la cosa più bella della tua
vita,solo perchè ora non sai esattamente chi
sei”.
I Classici si son belli ,però c'è chi la pensa
diversamente e ha il cult dei Cine-panettoni
aspettandone almeno uno nuovo all'anno, per
potersi divertire in famiglia o per distrarsi dalle
solite cose.Anche qui possiamo affermare che
alcuni di questi film hanno fatto la storia
portando il botteghino alle stelle.Ecco alcuni
esempi.
InAsherah - Il Magazine 22
VACANZE DI NATALE
Una commedia uscita nel 1983, diretta dal
regista Carlo Vanzina. Film comico e dinamico
narra di famiglie italiane ,fra le più rinomate,
che decidono di darsi appuntamento a Cortina
per trascorrere insieme le feste Natalizie, ma
tante ne dovranno passare..
Cit.
“Sig. ra Covelli: Silenzio! Ragazzi! Papà ci
vuole dire qualche cosa…!
Avvocato Covelli: Beh…Anche questo
Natale…se lo semo levato dalle palle.”
NATALE A NEW YORK
Film uscito nel 2006 diretto da Neri Parenti,e
anche primo dopo la rottura fra Massimo Boldi
e Christian De Sica. Spumeggiante e
coinvolgente racconta due storie che (come è
abitudine) andranno a intrecciarsi creando
disguidi e quant'altro e tutto sullo sfondo della
Grande Mela.
Cit.
"mi ha attaccato il telefono in faccia!!!
Però posso dirti la verità: non si vede proprio,
non ti ha lasciato nemmeno il segno!!!"
Insomma chi più ne ha più ne metta ,ma una
cosa e certa anche questo Natale
cinematograficamente parlando non ci
annoieremo!
Sara Donfrancesco
InAsherah - Il Magazine 23
La bellezza quotidiana Un percorso nella Collezione Permanente del Design Italiano
Dal 14 Dicembre 2014
MONZA - MILANO, Belvedere della Villa Reale di Monza
CURATORI: lvana Annicchiarico
TELEFONO PER INFORMAZIONI: +39 02 6249991
E-MAIL INFO: http://[email protected]/
SITO UFFICIALE: http://www.villarealedimonza.it
Dal 14 dicembre 2014 Triennale Design Museum, Triennale di Milano e Camera di Commercio di Monza e
Brianza presentano una selezione di pezzi dalla Collezione Permanente del Design Italiano negli spazi del
Belvedere della Villa Reale di Monza.
InAsherah - Il Magazine 24
Triennale Design Museum porta avanti la propria missione di
conservazione, promozione e valorizzazione del design italiano in Italia
e nel mondo e, al contempo, ristabilisce e rafforza il legame storico fra
la Triennale e Monza.
Nel 1923 nasce infatti la Biennale delle Arti Decorative, le cui prime
edizioni si svolgono proprio nella Villa Reale di Monza. L’ultima
edizione monzese, la quarta, del 1930, ne vede la trasformazione in
manifestazione a carattere triennale. A partire dalla V Triennale tutte le
successive manifestazioni si svolgono a Milano nel Palazzo dell’Arte,
progettato da Giovanni Muzio, attuale sede della Triennale.
La collezione del Triennale Design Museum comprende oltre mille
pezzi, a cui si aggiungono la collezione di modelli di Giovanni Sacchi,
la collezione dei disegni di Alessandro Mendini, la collezione di disegni
Il Segno dei Designer, la biblioteca Clino Castelli Color Library,
l’Archivio Nanni Strada, il fondo dei disegni di Sirio Galli e la collezione
virtuale di tutti gli oggetti delle sette edizioni del Triennale Design
Museum consultabile su Pinterest.
A Monza è presentata una selezione di oltre 200 pezzi iconici, testimonianza delle innovazioni, delle
sperimentazioni e dell’eterogeneità della storia del design italiano.
Il percorso è organizzato cronologicamente e spazia dagli anni cinquanta a oggi, alternando le opere di grandi
Maestri (da Gio Ponti a Piero Fornasetti, da Franco Albini a Bruno Munari, da Alessandro Mendini ad Andrea
Branzi) a quelle di nuovi e giovani designer (da Lorenzo Damiani a Martino Gamper, da Fabio Novembre ai
Formafantasma).
In mostra un corpus di pezzi fra i più rappresentativi in termini di innovazione formale e tecnologica applicata al
prodotto: dalla serie Bombé di Alessi del 1945 alla Lettera
22 di Marcello Nizzoli per Olivetti del 1950 alla Arco di
Achille e Pier Giacomo Castiglioni del 1962 per arrivare alla
carriola Carry-on di Francesco Faccin del 2013.
Il progetto di allestimento di Michele De Lucchi, autore del
restauro degli spazi del Belvedere e artefice del progetto di
restauro della Triennale e degli spazi permanenti del
Triennale Design Museum, è di grande pulizia formale:
InAsherah - Il Magazine 25
come basi per gli oggetti sono previste delle casse da
imballo in legno naturale che creano un armonioso
dialogo fra gli oggetti stessi e l’architettura
preesistente.
La presenza del Triennale Design Museum a Monza
prevede non solo spazi espositivi ma anche luoghi
“vivi”, costantemente animati da attività quali incontri,
conferenza, lecture (con il coinvolgimento di esperti
del settore, designer, imprenditori, critici, docenti, economisti) e attività didattiche per bambini e famiglie.
Gli spazi del Belvedere della Villa Reale di Monza saranno dedicati alla promozione e valorizzazione della Rete
dei Giacimenti del Design Italiano, cui è a capo il Triennale Design Museum, per creare un luogo di scambio e
dialogo fra il design che trova un suo territorio
indiscusso di sviluppo nella Brianza e un patrimonio
diffuso su tutto il territorio italiano.
Villa Reale diventerà inoltre una piattaforma di
scambio di saperi che di volta in volta coinvolgerà in
maniera mirata pubblici generici di appassionati o
pubblici specifici di addetti ai lavori attraverso lo
sviluppo di Atelier che saranno un “luogo di lavoro”, di
condivisione e tutela del “saper fare” per promuovere
e valorizzare la ricerca, le tecniche, lo studio dei materiali e delle loro lavorazioni. Creando un ideale dialogo fra
competenze tradizionali per arrivare alle sperimentazioni di prototipazione rapida e stampa 3D, dalla bottega
artigiana ai nuovi “makers”.
InAsherah - Il Magazine 26
La testimonianza di Abla Koukoui: ho sconfitto la malattia
Di seguito per Voi appassionati lettori Abla
Koukoui, adolescente nata in Togo, ha voluto
condividere la sua vittoria contro la leucemia.
1. Quanti anni avevi quando hai scoperto di
avere la tua malattia? Come si chiama di
preciso?
Avevo 12 anni ed è un Leucemia Acuta
Linfoide B common.
2. Come e stata la convivenza con questo
fardello x tutti questi anni? Come ha reagito la
tua famiglia?
I primi anni è stata molto dura perché le cose
sono cominciate a cambiare: non andavo più
regolarmente a scuola, frequentavo sempre gli
ospedali per sapere, cosa avevo di conseguenza
avevo perso gli amici e parte dei miei
famigliari. L' unica persona che mi è rimasta
accanto è stato mio padre, credo che lui abbia
sofferto più di me perché oltre a rendersi conto
che stava perdendo la figlia doveva anche
rinunciare a tutti i suoi progetti e a tante altre
cose per stare accanto a me. E' stato un padre
meraviglioso senza dubbio! Comunque una
volta arrivati in Italia grazie all'Associazione"
Io Domani" un canale umanitario per bambini
extracomunitari gravemente malati che non
possono ricevere cure adeguate nei loro paesi),
le cose cominciarono ad andare per il verso
giusto.
3 So che ti sei trasferita subito in casa famiglia.
Come è stata questa esperienza? ti va di
raccontarla?
Sono stata ricoverata al reparto pediatrico di
Ematologia, Policlinico Umberto I, dove ho
immediatamente iniziato le terapie, per un
anno, poi mi sono trasferita nella casa famiglia
"Peter Pan" dove sono rimasta per quasi 2 anni,
InAsherah - Il Magazine 27
continuando le cure in day hospital.
Adesso sono clinicamente guarita e ho sospeso
le medicine, ma faccio i controlli ogni due mesi
ed è da due anni che vivo con la mia
meravigliosa famiglia affidataria e non più in
una casa famiglia.
4. Il cammino sembra essere stato molto lungo,
ma poi finalmente e arrivata, la stabilizzazione
della malattia e, finalmente la guarigione. Vuoi
parlarcene?
Credo che nel nostro caso non si debba mai
perdere la speranza di vivere e di riabbracciare i
propri cari una volta fuori da quell' ospedale da
quel lettino, quindi forza e coraggio, le prove
più dure ci rendono speciali se riusciamo
combattere.
5. Sai di essere una speranza per molte ragazzi
e ragazze nella tua situazione? Che cosa vuoi
dire loro?
Certo è tutto un altro mondo vivere in ospedale
o in una casa famiglia, dove le persone sanno
della tua situazione e non ti giudicano; ho
imparato ad ambientarmi e a sentirmi di nuovo
accettata grazie alla mia famiglia attuale.
6. Dopo la malattia la tua vita e decisamente
cambiata, uscita dalla casafamiglia un nuovo
mondo ti ha accolto. Come ti sei sentita?
Certo è tutto un altro mondo vivere in ospedale
o in una casa famiglia, dove le persone sanno
della tua situazione e non ti giudicano; ho
imparato ad ambientarmi e a sentirmi di nuovo
accettata grazie alla mia famiglia attuale.
7. La convivenza con una nuova famiglia non
deve essere stata facile inizialmente, vuoi
raccontarci qualcosa? Come hai reagito alla
notizia che saresti stata adottata? E ora cosa ne
pensi? E come te lo aspettavi?
Io devo dire che non ho avuti grossi problemi
ad ambientami mi sono sentita la benvenuta e ci
siamo voluti subito bene reciprocamente... Oggi
mi sento parte della famiglia. E' meraviglioso
tutto ciò!
8. Raccontaci della tua vita attuale, sogni nel
cassetto, progetti per il futuro...cosa sogni di
diventare?
Ho sempre desiderato studiare in Italia per
avere un futuro migliore cosi il mio sogno si è
avverato: ho finito le scuole medie con la
scuola in ospedale e il prossimo anno mi
iscriverò al quarto anno dell'Istituto Tecnico per
il Turismo. Per quanto riguarda il futuro per ora
i miei progetti sono: finire il liceo, iscrivermi
alla facoltà di Psicologia e fare volontariato
nelle Associazioni che mi hanno aiutato
Valentina Bellezza
InAsherah - Il Magazine 28
"Cosa farà Pinocchio da grande?
Vi ricordate di Pinocchio il burattino? L'avevamo lasciato felice e contento per aver coronato il
suo sogno: diventare un bambino vero. Oggi quel bambino è cresciuto, ha trent'anni e vive i
problemi di tutti gli uomini della sua età. Pino ˗ così si chiama adesso Pinocchio ˗ combatte
contro il precariato, si preoccupa per l'anziano Geppetto che vuole sposare la propria badante e
si scontra costantemente con un mondo falso, pieno di opportunisti, dove gli insegnamenti della
Fata Turchina e del Grillo servono solo a farsi mettere i piedi in testa dagli altri. Così, più il
tempo passa, più un tarlo si fa strada dentro al cuore di Pinocchio: non sarebbe meglio tornare
burattino? L'autore, con uno stile divertente e accattivante, ci accompagna all'interno di questo
romanzo originale e fuori dagli schemi, dove il mondo della fantasia e quello degli uomini si
uniscono per diventare un tutt'uno."
InAsherah - Il Magazine 29
Diario del tempo: L'epopea quotidiana
PRIMA PARTE IN DUE ATTI. Scritto e diretto da Lucia Calamaro con Federica Santoro, Roberto
Rustioni, Lucia Calamaro – presso il Teatro India il 19 ottobre 2014 (Roma).
La storia (ma della storia non c'è traccia, essa è
quantomeno sospesa, bloccata su di un presente
assente dove viene meno sia la memoria del
passato – i ricordi; che l'anticipazione del futuro
– i progetti) racconta (ma qui non c'è racconto,
né prima, né poi, né inizio, né fine, né uno
svolgimento qualsiasi, solo un continuum che
scorre anonimo ed indifferenziato senza
soluzione di continuità) gli incontri (ma ognuno
resta chiuso nella sua bolla così da rendere
qualsiasi tipo di incontro impossibile) di tre
inquilini dello stesso stabile tutti e tre a vario
titolo disoccupati (la prima è una disoccupata
cronica, il secondo è un impiegato obbligato al
part-time, la terza è una insegnante di
ginnastica a vocazione laico-intellettuale). Non
succede nulla. I tre personaggi non tentano
nemmeno più di ingannare il tempo perché
ormai hanno capito che è il tempo – questo
falso tempo che finge di avere un senso e che
invece scorre insensato girando a vuoto su se
stesso – ad aver ingannato loro: ma sembra che
i tre personaggi abbiamo compreso solo troppo
tardi tale inganno. Non c'è storia: assistiamo ad
una specie di emorragia di tempo. É come se il
tempo colasse vischioso dentro un buco nero
InAsherah - Il Magazine 30
che ingoia tutto inesorabilmente. Il tempo non
sembra più capace di essere quell'orizzonte
coscienziale capace di riabbracciare in sé
passato, presente e futuro dando così un senso
alle nostre esistenze.
É un tempo imploso per cui la coscienza ha
collassato su se stessa; l'unica forma possibile
di racconto, quindi, è quella di un continuo ed
insensato flusso di coscienza dove il futuro
scivola senza resistenza di sorta nel passato
passando per il presente il quale si dà
semplicemente come questo scivolare stesso
senza consistenza né forma. Simbolo di tutto
questo è il tapis roulant su cui si esercita in una
corsa vana e senza scopo una dei tre disoccupati
che, infatti, non corre per restare in forma o per
partecipare ad una maratona: così il suo
atletismo (come l'atletismo richiesto anche agli
altri suoi compagni di sventura) diventa la
caricatura dello sforzo fisico finalizzato a
raggiungere una meta. Un atletismo (la corsa, le
flessioni, gli esercizi yoga) che serve solo da
occasione per poter detestare una volta di più
l'attività non solo fisica – e qui risuona la
beckettiana Winnies che in 'Giorni felici'
esclama: “Che dannazione la mobilità!!”.
Infatti, se il flusso di coscienza che la
recitazione di questi attori mima fa pensare
subito all'Ulisse di Joyce, la parodia dell'attesa
(di un posto di lavoro? Di un qualche senso che
possa riscattare queste esistenze a perdere), la
completa assenza di dramma, la insensatezza
dello scorrere del tempo ricorda appunto certe
atmosfere beckettiane. Sono personaggi senza
memoria e senza speranze che si limitano
soltanto a finire la fine … eppure la regista che
è anche l'autrice del testo messo in scena tende
poi a psicologizzare il tutto – non nel primo
atto; moltissimo nel secondo. Ed è proprio nel
secondo atto che l'ingresso in scena della
supplente di ginnastica con velleità intellettuali
– evidente alter-ego dell'autrice (che pure ha il
merito di aver ben scritto questo testo) – rompe
l'incanto (ma sarebbe meglio parlare di incubo)
portando in qualche modo in scena il punto di
vista dell'autrice e in tal modo non facendo
altro che psicologizzare il tutto – non a caso il
riferimento a Lacan diventa addirittura
esplicito.
Il rimuginare dell'alter-ego dell'autrice, infatti, è
ben diverso dal rimuginare degli altri due
personaggi: in questi ultimi è in gioco quello
che abbiamo chiamato flusso di coscienza di
joyceana memoria; mentre quello dell'autrice è
un vero e proprio monologo interiore metafisico
tra l'altro di quart'ordine che vuole giustificarsi
attraverso un vago riferimento ancora una volta
InAsherah - Il Magazine 31
a Lacan, questa volta evocato come grande
filosofo e non semplicemente come fine
psicoanalista. Questo riferimento a Lacan –
come soggetto supposto sapere (avrebbe detto
lui stesso) – fa di lui la caricatura di un Dio
capace non si sa come di garantire il senso
dell'esistenza di questi disoccupati, di garantire
il senso del nonsenso (di queste contraddizioni
grottesche l'autrice non si rende nemmeno
conto).
Citare Lacan quasi a caso ostentando la propria
incapacità a capirlo significa chiamarlo in ballo
come un'autorità indiscutibile e proprio per
questo non messa in questione. Il suo solo
nome, un riferimento anche generico ai sui
scritti fa di lui il garante di una sensatezza
dell'insensatezza. Il riferimento sempre più
insistito a Lacan assume una funzione
vagamente consolatoria come se la filosofia
avesse il potere o il dovere di risarcirci dal
nonsenso della vita – prendiamola con filosofia!
Sembra dirci l'autrice. La sua ironia è
quell'ironia che viene con la vecchiaia e quindi
è un'ironia stanca, tutta centrata su di un
soggetto romanticamente concepito incapace
per questo di uscire dal suo solipsismo; infatti
più che ad un dramma con più parti in
commedia assistiamo – questa troppo spesso è
stata la mia impressione – ad un unico
monologo interiore cripto-metafisico che ha
anche il difetto di ricomporre quell'orizzonte
coscienziale di tempo che nel primo atto si era
riusciti effettivamente a sospendere se non
addirittura a far implodere. Nel secondo atto i
personaggi, che nel primo sembravano così
autenticamente inautentici, ritrovano una
psicologia, ma una psicologia non per loro,
bensì per noi – questo avviene perché il punto
di vista dell'autrice entrando in scena non si
confonde con quello degli altri personaggi, ma
resta rispetto ad essi sopraelevato: lei è la
coscienza dello spettacolo che entrando in
scena come tale trasforma il palcoscenico nello
spettacolo della coscienza! Molte delle
intuizioni iniziali (mi riferisco al primo atto) si
perdono e la 'cosa' diventa subito meno
interessante.
Un'ultima considerazione. Quello che più mi
è dispiaciuto è la somiglianza di questi
personaggi – che erano più la caricatura che il
ritratto realistico di 'disoccupati cronici' –
all'ultimo uomo di cui parlava Nietzsche. Di
fronte al nonsenso che in questo spettacolo sta
sempre lì lì per essere nominato, che sta sempre
lì lì per essere rappresentato, così sfiorando
senza perizia una retorica di stampo
esistenzialistico; di fronte al nonsenso pur
tuttavia i personaggi reagiscono. Lo spettacolo
InAsherah - Il Magazine 32
a volte sembra somigliare ad una specie di
esperimento scientifico in cui dei topini bianchi
chiusi in una celletta di vetro vengono stimolati
con piccole iniezioni di nonsenso per poi poter
meglio descrivere le loro reazioni. Essi non
agiscono, ma reagiscono. Non vivono il
nonsenso come occasione opportuna per
liberare le loro energie migliori non più limitate
dai vincoli di una società rispetto alla quale non
sono nemmeno oppressi (proprio per questo a
loro è preclusa la strada della rivolta, perché la
società non li sfrutta più, per essa sono solo
esuberi, superflui, eccedenti …). Vivono con
ansia (qui non è proprio il caso di parlare di
'angoscia'; ed infatti oggi si parla sempre più di
'disagio'; questo perché l'angoscia è
l'anticamera della beatitudine) la loro in-
condizione umana. Il fatto che ormai il mare sia
stato asciugato con un'enorme spugna ed il
cielo sia stato cancellato da un'enorme gomma
da cancellare per loro è fonte di ansia, un'ansia
nascosta a se stessi attraverso mille manie e
soliloqui disperati. In fondo alla loro tristezza
c'è del risentimento che cova; un risentimento
proprio contro le proprie vite inutili e superflue
di cui non si stancano di fare la parodia; un
risentimento contro quello stesso nonsenso che
li soffoca. Sono persone inutili perché
disoccupate o disoccupate perché inutili. Lo
stesso intellettuale che vuole raccontare (in
maniera nascostamente compiaciuta) le loro
vite si rifa in tono risentito a Lacan (alla cultura
che avrebbe dovuto spiegare e cambiare le cose
e che non lo ha fatto e non lo fa) anche se cerca
di mascherare tale risentimento con un'ironia
che non ha mai la forza di diventare un sano
sarcasmo. Niente sarcasmo, in questo lavoro
teatrale di Lucia Calamaro, ma solo una stanca
ironia che si esprime come compiacimento di sé
piuttosto che come allegro rovesciamento della
prospettiva con cui si guarda alle cose. I
personaggi sono tutti ripiegati nichilisticamente
(ma qui si tratta di un nichilismo reattivo) su se
stessi; che l'orizzonte del tempo, che l'orizzonte
chiuso su se stesso della coscienza stia cadendo
a pezzi per loro non è l'annuncio di nuove
possibilità di esistenza. Eppure non voglio
accusare questi personaggi per la loro ignavia;
ma li voglio guardare con uno sguardo
comprensivo e forse anche vagamente
assolutorio. Ciò però non significa accettare –
come complici più o meno consapevoli – di
rispondere all'occhietto che ci fa l'autrice come
se tra quelli sulla scena e noi in platea non ci sia
differenza! Non è vero che questo spettacolo
parla di noi (essendo chi scrive – come la
InAsherah - Il Magazine 33
maggior parte delle persone che hanno visto lo
spettacolo – appartenente alla stessa
generazione dell'autrice e dei suoi personaggi);
o meglio: parla di noi, ma pretende di farlo in
modo univoco come se tutti noi fossimo
inevitabilmente condannati alla stessa deriva.
Ma questo nonsenso quotidiano dove
sembriamo galleggiare immobili può essere
vissuto come l'occasione per salpare per altri
viaggi.
Bisogna solo trovare il coraggio di chiamare le
cose col proprio nome; dobbiamo imparare a
chiamare la nostra tristezza (finora tenuta a
bada da mille manie) non più 'disagio', bensì
disperazione; infatti solo così dalla nostra
disperata vitalità potrà nascere una speranza
nuova. Ciò non può dipendere da una nostra
decisione, per questo essere pronti è tutto!
Allora anche la parodia dell'attesa
beckettianamente messa in scena anche da
questi spersi disoccupati può diventare ancora il
nostro disperato modo di attendere... ma è
possibile esporsi all'incrocio dei venti – dove ad
ogni passo si rischia di rimanere bruciati vivi –
con allegria e buon umore, con giovanile
entusiasmo??!! Il papa ci invita a non lasciarci
rubare la speranza. La speranza cristiana poi
non si contrappone alla disperazione; anzi la
disperazione è la sua pre-condizione; non ha
detto l'apostolo che dobbiamo imparare a
sperare contro ogni speranza!!??
Se questo spettacolo teatrale prevede una
seconda parte, allora spero di assistere ad un
ribaltamento, ad un cambio di segno – non mi
aspetto tanto un passaggio dal nonsenso al
senso; quanto un rovesciamento nel nostro
modo di vivere tale nonsenso.
Stefano Valente
InAsherah - Il Magazine 34
La testimonianza di Abla
Koukoui: ho sconfitto la malattia.
Lucia Lo Cascio