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RITORNO IN CUCINA
PER LE FAMIGLIE ITALIANE
SPINTE DALLA CRISI
MA NON SOLO
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18 FEBBRAIO
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INTERVISTA
INTERBRANDManfredi Ricca analizza l’influenza dei brand sui mutamenti sociali
RETAIL
MARKETINGLa marca sceglie sempre più il retail per arrivare al consumatore
RETAIL
WALMARTIl gigante Usa pronto a sbarcare in Turchia con l’acquisizione di Migros
SPECIALE
MERCATI E INNOVAZIONEI venti mercati del largo consumo alimentare con le migliori performance
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E D I T O R I A L E
È tempo, ancora, di partecipare alla costru-
zione di un mondo che non è fatto solo di ciò
che ci appartiene personalmente, ma anche
di quanto condividiamo con gli altri.
È tempo di ricominciare a far parte di un tut-
to anche dentro alle aziende, di ritrovare, e
far ritrovare, lo spirito di corpo. Navighiamo
in acque difficili, certo, e vale per tutti, ma è
proprio la compattezza, nella condivisione
di un progetto che le imprese possono cre-
scere, stimolando la proattività dei propri
collaboratori e non affogandola nella mel-
ma degli organigrammi. In questo, guarda-
re ai consumi ci aiuta a capire meglio. Il
cittadino oggi sta facendo una selezione
drastica basando molte delle sue scelte su
“rispetto, autenticità, sostanza e qualità”
scrive Morace e prosegue: “Il mercato sa-
rà, in futuro, costretto a seguire le logiche
della fiducia e della credibilità, che potreb-
bero essere sintetizzate nello slogan: ‘La
confidenza e la fiducia sono l’anima del
commercio’.” Una grande distanza dunque
da “La pubblicità è l’anima del commercio”.
Questo significa che la pubblicità ha perso
di senso? No, l’ha persa solo quella che, nel
tempo è diventata sinonimo di bugie, solo
quella che si è fatta portatrice di mondi che
nella realtà non esistono, senza vendere
un sogno, ma solo un modello falso della
vita, in cui nessuno crede più, nemmeno la
marca stessa.•
ul numero di febbraio di Mark UP
pubblichiamo un intervento di Fran-
cesco Morace cui sento, quasi fosse
un dovere, di dare eco. Il tema o meglio il
soggetto è il rispetto. Nel suo mini saggio,
Morace sottolinea come la riconquista di un
valore che è quello del rispetto sia il punto
da cui possiamo tutti ripartire. Cita, e io fac-
cio lo stesso, Edgar Morin: “Le due principali
minacce per la società e per gli esseri umani
sono: una esteriore, che risulta dal degrado
ecologico dell’ambiente; l’altra, interiore,
che procede nel deterioramento della quali-
tà della vita e nella metastasi dell’Ego”.
Consapevolezza, educazione, il rispetto di
sé e del proprio ambiente, questi i richiami
di Morace per superare il momento, ma an-
che per prepararci alla crescita. Non è nella
chiusura, nell’austerità la risposta, ma nella
rinnovata capacità di apertura verso il mon-
do che ci circonda da affrontare e conoscere
con attenzione, ma anche con coraggio.
È tempo, dunque, di tornare a cercare una
spinta negli ideali, nella giustizia, è tempo di
assumersi responsabilità non solo verso noi
stessi, ma anche verso gli altri, partendo dal
proprio piccolo mondo, dalla famiglia, rico-
minciare ad esempio a fare i genitori, ripren-
dendo coscienza che è un lavoro a tempo
pieno, che va alimentato in ogni momento di
presenza, che si può delegare nei tempi, ma
non nei modi.
@clazzati
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Specialità ittiche
Surgelati a base pizza
Formaggi fusi in fette
Formaggi freschi industriali
Grana e simili
Affettati
Wurstel
Caffè macinato
Yogurt magro
Creme spalmabili dolci
Confetture spalmabili
Patatine
Frutta e vegetali secchi
PRONTI VIA
NUOVE ABITUDINI
20130 2
06 Interbrand,Manfredi Ricca
12 Walmart in Turchia
08 Brand StoreExperience
14 Silent Roomby Selfridges
16 Sviluppo reti
20 I nuovi consumi
22 Cucinache passione
38 I pronti piacciono
50 Nuove abitudini
Più rispetto per ridare qualità alla vita
Esperienza e trasformazione sono aspetti vitali del brand
Brand StoreExperience
Marcia turca,Walmart ora puntasu Migros Ticaret
No-Noise, il relax secondo Selfridges
Sviluppo reti
I nuovi consumi:sobri e in famiglia
Avicunicolo
Farine
Ingredienti pasticceria
Zucchero
Uova
Burro
Passata pomodoro
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ED ITOR IALE
INTERV ISTA
COVER STORY
RETA IL
CONSUMI E INNOVAZIONE
TUTTI IN CUCINA
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I N T E R V I S T A
Un mondo che tende a convergere sempre più verso il retail all’insegna di un’ibridazione spinta. Un ragionamento a tutto tondo con Interbrand Italia su cultura e capacità dei marchi di cambiare la nostra società. In meglio
di Anna Bertolini
uestione di esperienza. Sembra
proprio questa la parola chiave
che identifica l’ibridazione soste-
nuta dai brand che li vuole sem-
pre più proiettati verso il mondo distributi-
vo. Un ponte ormai tangibile che sottolinea
quanto il canale retail sia uno strumento di
marketing condiviso da marchi e aziende,
proprio come sottolinea Manfredi Ricca,
managing director della sede italiana di
Interbrand, che aggiunge all’esperienza
retail una diversa modalità di segmen-
tazione dei consumatori: quella basata
sui bisogni. “I brand lavorano sempre più
sull’esperienza. Questo li porta a voler es-
sere maggiormente presenti nell’universo
retail. Un principio che vale soprattutto
per quei brand esclusivamente confina-
ti a scaffale”. Ancora una volta, riaffiora
l’esperienza, concetto in grado di produrre
differenziazione e diversificazione, elemen-
ti cardine dello sviluppo di marca. “Proprio
per la sua natura esperienziale, è normale
per un brand attrarre la propria clientela in
uno spazio fisico che funge da momento
di interazione più profonda e prolungata.
Oggi, il brand non vende prodotti, ma espe-
rienze e queste ultime ne diventano parte
integrante. Così facendo il brand diventa
meno sostituibile”.
Non solo. Lei pensa che questo tipo di approccio possa rendere il brand alla stregua di un asset “vivo”?Molti parlano di brand in modo superfi-
ciale, spesso solo come logo. Certamente
è una risorsa aziendale che deve creare
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I N T E R V I S T A
valore economico, ma a me piace parlare
di asset vivo perché ritengo che, se ben
costruito, giorno dopo giorno, possa cre-
are differenziazione, influenza e valore nel
tempo. Perciò, la mia risposta è sì. Del
resto, se guardiamo ai primi posti della
classifica Best Global Brands 2012 (rea-
lizzata annualmente da Interbrand relativa
ai brand a maggiore valore economico,
ndr) troviamo conferma in quanto detto.
Le prime tre posizioni, per esempio, sono
occupate da brand che nel loro percorso
sono riusciti a trasformarsi. Si sono evoluti
in un mondo che muta e, a loro volta, hanno
partecipato e contribuito al cambiamento.
Sono un chiaro esempio di brand vivi e
pulsanti, nonché un preciso modello per
Paese, il nostro, che deve cominciare ad
abbracciare il cambiamento. Prada, Gucci
e Ferrari, unici marchi italiani in classifica,
fotografano probabilmente quello in cui
siamo bravi, ma, viceversa, anche quello
in cui non lo siamo. L’Italia risente di una
realtà fatta di dimensioni relativamente
ridotte che tendono a non quotarsi e a non
allearsi, a dispetto della massa critica che
la competizione internazionale in alcuni
settori richiede. E in una graduatoria come
la nostra soffrono.
Identificazione, informazione, differen-ziazione, relazione: in quale di queste fasi si trova oggi il brand?Sono tutte parti di un unico percorso. Iden-
tificazione e informazione sono il punto di
partenza. La differenziazione sta alla base
della crescita in presenza di concorrenza.
Il passo ulteriore è
la relazione. Oggi,
il brand, però, va ol-
tre, identificandosi
in un concetto più
profondo, quello
dell’esperienza. È
interessante notare
come, in passato, il
brand management
fosse considerato
una sottocategoria
di marketing, mentre oggi se ne discute
anche nei consigli di amministrazione. La
realtà è che il brand è un principio organiz-
zativo centrale, un elemento che incorpora
la strategia dell’azienda, un modo di essere
e fare impresa. È finito il tempo in cui il mar-
chio veniva attribuito solo al pack in qualità
di elemento informativo e di identificazione;
esso rappresenta, invece, uno schema di
comportamento capace di creare succes-
so. Non è un caso che oggi un gruppo come
P&G tenda a sovvertire la tradizione portan-
do alla ribalta il corporate brand.
Alcuni brand hanno cambiato il modo di vivere. Pensiamo ad Apple, Ikea, Zara,
il brand è un principio
organizzativo aziendale artefice
del successo di un’azienda
solo per fare alcuni esempi. A suo pare-re, i brand sono in grado di modificare la società?
I brand che lei ha citato, ma anche Google
e Amazon, hanno trasformato parti fon-
damentali del nostro vivere quotidiano. Si
pensi alla fruizione di contenuti con Apple, al
“metter su casa” con Ikea, all’abbigliamento
di Zara. Sono brand che hanno cambiato
il mondo e lo hanno fatto perché non rap-
presentano prodotti, bensì rispondono a
bisogni ampi e fondamentali. La tendenza
è proprio questa: brand costruiti e mante-
nuti nel tempo che riflettono e seguono le
esigenze delle persone. Un trend interpre-
tabile anche nel retail dove la clientela è
sempre più segmentata in base ai benefici
ricercati e sempre meno in riferimento al
canale. Stiamo assistendo, inoltre, a un av-
vicinamento dei canali online e offline, dove
i fruitori sono, ormai, equivalenti. Gli acquisti
si spostano da un canale all’altro non più in
base al canale stesso, ma in sintonia con le
necessità della persona in momenti diffe-
renti. Ritornando ai
brand, questi sono
in grado di essere
gli artefici del cam-
biamento e la loro
responsabilità è
quella di dimostra-
re di poter restituire
alle comunità quel-
lo che ricevono;
tanto più che molti
dei maggiori brand
in fondo incorporano le culture dei Paesi dai
quali provengono.
Incidono, dunque, sulla cultura e ne sono messaggio? I brand riflettono la cultura, ma non si pensa
mai che possano influenzarla. Parlando del
nostro Paese, i marchi italiani hanno incar-
nato la creatività, ma è altrettanto vero
che l’Italia è definita creativa perché alcuni
grandi brand sono stati portatori di estro
e inventiva. In poche parole, l’immagine di
un Paese è affidata anche ai brand che pro-
muove e che lo promuovono. I brand fanno
cultura perché fanno “scuola”: sviluppano,
capitalizzano e riflettono un saper fare.•
Manfredi Ricca vanta oltre un decennio di esperienza
nella creazione, gestione strategica
e valutazione dei brand.
È managing director di Interbrand Italia
Chi è
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Quando la marca si esprime con il retail è in grado di sprigionare tutta la sua essenza valoriale. In sviluppo le logiche di marketing
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di Marina Bassi, Anna Bertolini
accontarsi con chiarezza per diventare attori
principali di un mercato in continua mutazione:
questo, in sintesi, il percorso che molti brand
stanno seguendo intravvedendo negli spazi
distributivi, fisici nel senso più tradizionale del termine
oppure virtuali, uno strumento di marketing in grado di
promuovere, interagire e narrare i valori di marca. Una
modalità che avvicina ulteriormente i brand alle persone,
relazionandosi in modo semplice ed efficace ed espri-
mendo, anche in luoghi non usuali, i concetti fondamen-
tali che compongono l’universo di ogni singolo brand. È
questa la riflessione che vogliamo proporre in questo
numero, andando a verificare sul campo, con esempi
d’integrazione tra brand e retail, come i luoghi possono
essere un mezzo efficace per ridefinire, in chiave reale,
il legame con i propri consumatori e orientare quelli che
potrebbero diventarlo. Del resto, prendendo spunto dai
1-Heineken The City (Amsterdam), ovvero l’esperienza totale nel mondo della birra, dagli assaggi al merchandising. 2-La Yogurteria di Danone morbida anche nell’arredamennto. 3-Nespresso in una delle sue declinazioni. 4-World of Coca-Cola ad Atlanta, la massima espressione del brand. 5-L’Oréal Color Space (varie location Usa) per una total beauty experience.
1- Gillette ha recuperato lo stile dei vecchi negozi di barbieri. 2- Kit Kat ha utilizzato uno spazio temporaneo usufruito da più brand. 3-Pepsi e l’esperienza di Los Angeles. 4. Kellogg’s e il Tweet Store. 5-Nescafé a Milano con un pdv a tempo dai valori corporate.
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1-Coca-Cola utilizza le vending machine non solo per esprimere identità, ma anche per azioni di guerrilla marketing. 2-Kit Kat preferisce puntare su versioni tradizionali. 3-La soluzione Social di Pepsi, che permette di mandare un sms a un amico per ricevere gratis una bottiglia.
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Nascono così World of Coca-Cola ad Atlanta,
dove il brand globale del beverage si presenta
al suo pubblico senza veli e nella sua inte-
rezza compresi, ovviamente, tutti i prodotti in
merchandising. In linea Heineken The City, il
concept aperto nel cuore di Amsterdam dedi-
cato al mondo della birra olandese che mette
alla prova i cinque sensi. I valori chiave del brand sono raccontati
a tutto tondo, in uno spazio che evidenzia lo spirito di socializza-
zione e di coinvolgimento propri di Heineken, fino al merchandi-
sing. Stesso obiettivo per Nespresso, sempre più focalizzato sul
retail con store che mettono in primo piano l’essenza del brand.
Si tratta di un percorso che i marchi di Nestlé, com’è Nespresso,
player del fast fashion market, il punto
di vendita deve essere riscritto e posi-
zionato al centro di qualsiasi strategia
come principale contatto con il cliente.
Non sono più i tempi in cui il brand
può pensare di orientare i consumatori
facendo leva solo sulla propria forza
intrinseca; serve un approccio spinto al
retail, dove i luoghi mettano in campo,
in maniera efficace e ben percepibile,
i valori e il talento della marca. Ecco,
dunque, comparire i primi esperimen-
ti di monomarca che mettono in luce
la filosofia di brand, ma anche speri-
mentazioni temporanee che, ponendo
in secondo piano la vendita, puntano sulla conoscenza dei propri
consumatori e sulla “verifica” di prodotti, in alcuni casi differen-
zianti rispetto all’offerta core. Prima su tutti, è la determinazione a
voler raccontare il proprio mondo (tanto che alcune insegne osten-
tano la parola world) fatto di percezioni, sfumature, valori che un
prodotto sul lineare non sempre è in grado (o riesce) di esprimere.
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stanno seguendo da tempo, confermando la forza e l’attendibilità
di una strategia mirata al retail. Ma non è solo il mondo beverage
ad approdare a spazi distributivi che appartengono alla logica
brick and mortar: da citare anche Danone con la sua yogurteria e
L’Oréal, cui si aggiungono le esperienze di altri brand, che però,
hanno preferito abbracciare logiche temporanee per coinvolgere
un più vasto pubblico. È il caso di Kellogg’s e del suo Tweet Shop
(in linea anche con trend del mobile) a Londra, Kit Kat ad Amster-
dam, Pepsi, Gillette, Colgate, che si è cimentato anche in Italia
(Stazione Termini e mall di uno store Esselunga nell’area milanese).
Di più facile realizzazione il radicamento nel retail per quei brand
con prodotti vicini al mondo della ristorazione. Il passo è breve:
aprire spazi di ristorazione con un’offerta esclusivamente basata
sui propri marchi. Si pensi a Nestlé Tool House o a Café Nescafé,
a tutti gli effetti catene horeca dove regna Nestlé (con prodotti e
logo). Altrettanto efficace è il canale vending: nell’universo di di-
stributori automatici apparentemente freddi e indifferenziati, molti
brand hanno costruito azioni di guerrilla marketing particolari. Co-
sì, Pepsi ha lanciato la social vending machine: i fruitori possono
regalare una bibita a un amico digitando i suoi dati e facendogli
recapitare un sms con un codice per avere il prodotto. Coca-Cola,
da parte sua, ha invitato i consumatori ad abbracciarsi e ballare
davanti alla vending per ricevere gratuitamente una bottiglia. In-
tanto si sviluppano app brandizzate di vario genere, ma questa è
un’altra storia. Certo crescono le modalità retail usate dai brand
per avvicinarsi al pubblico con vesti più relazionali.•
1- Il locale della birra Budweiser a Brooklyn. 2- Con It has to be Heinz Cafè, Heinz ha creato uno spazio temporaneo a Londra costruito come una tipica cucina inglese, nell’arredamento e nell’offerta. 3- Nescafè firma, in coerenza con la mission, corner per sommistrare bevande calde. 4-Nestle Tool House è la firma per caffetteria-pasticceria di fascia premium.
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Il gigante statunitense starebbe per acquisire il controllo dell’insegna leader del Paese
a situazione con cui si trova a fare
i conti il mercato retail non è molto
diversa da quelli di altri settori. La
leadership e i margini conseguiti per
anni dai big del settore sono ora messi
a rischio dalle difficoltà che si registrano
sul fronte dei consumi nelle due sponde
dell’Atlantico. Così non resta che provare
a crescere nei mercati emergenti, a patto
di prendersi qualche rischio in più.
In quest’ottica, può essere letta l’opera-
zione che presto potrebbe portare sotto
le insegne di Walmart l’operatore turco
Migros Ticaret, leader in un Paese tra
i più promettenti per i prossimi anni sul
fronte della crescita, con i consumi pre-
visti in aumento del 9,5% all’anno fino
al 2016. L’ottimismo è stato confermato
dal +40% fatto registrare nel 2012 dalla
Borsa di Istanbul. Inoltre, il Paese, oltre a
essere destinato a diventare sempre più
importante sul piano geopolitico per la sua
collocazione a cavallo tra Europa e Medio
Oriente, è caratterizzato da un mercato
della distribuzione moderna attualmente
molto frammentato che non presenta bar-
riere insormontabili per gli operatori esteri.
Secondo indiscrezioni giornalistiche, le
trattative tra il numero della gdo al mondo
e Migros sono a buon punto: si tratta per
l’acquisto dell’80,5% del capitale che fa
capo a Kenan Investments, veicolo con-
trollato da un consorzio di private equity
di Luigi Dell’Olio
40, che sono il 50% della popolazione
e hanno abitudini di consumo più vicine
agli standard occidentali, come dimostra
l’esplosione dell’e-commerce nel Paese
(+60% tra 2005 e 2011, ndr)”, aggiunge
l’esperto. Proprio il commercio elettroni-
co, del resto, è una delle frontiere su cui
maggiormente stanno investendo Wal-
mart, Carrefour e Tesco, nella convinzione
di riuscire per questa strada a intercettare
i gusti in evoluzione dei consumatori e, al
contempo, recuperare margini. Per altro,
gli ultimi tempi hanno visto un progressivo
incremento delle donne lavoratrici, ormai
pari al 28%, offrendo ampie possibilità di
scelta ai retailer.
L’interesse degli operatori occidentali
verso l’area si spiega anche con la forte
parcellizzazione che caratterizza oggi il
guidato da BC Partners e partecipato al
17% da DeA Capital (veicolo societario
del gruppo De Agostini), per una valo-
rizzazione complessiva della società che
dovrebbe aggirarsi intorno ai quattro mi-
liardi di dollari (oltre tre miliardi di euro),
debito incluso. I soci italiani sembrerebbe-
ro favorevoli a questa soluzione, che con-
sentirebbe loro di ridurre sensibilmente
l’esposizione debitoria e procedere alla
distribuzione del dividendo, aspetto non
scontato in tempi di crisi.
Se l’operazione andrà in porto, Walmart
potrà togliersi la soddisfazione di aver bru-
ciato sul tempo Carrefour e Tesco (che at-
tualmente controlla il 33% degli ipermer-
cati attivi in Turchia), altri due colossi della
gdo a livello mondiale, che pure avevano
manifestato interesse per il gruppo turco.
“La Penisola anatolica è una delle aree
con le maggiori prospettive di crescita ne-
gli anni a venire”, spiega Vincenzo Gras-
si, associate partner di PwC. Nel 2012
il Pil del Paese dovrebbe aver registrato
un progresso del 3,5%, con prospettive
di rafforzamento già da quest’anno, per
tornare intorno al 5%, vale a dire la cre-
scita media annua nell’ultima decade. “Il
processo di urbanizzazione e la crescita
della scolarizzazione oggi in corso favori-
ranno gli operatori della grande distribu-
zione organizzata, soprattutto nella misura
in cui riusciranno a conquistare gli over
R E T A I L
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mercato retail. Secondo un’indagine con-
dotta da Planet Retail, Migros è leader
nazionale con una quota di mercato infe-
riore al 7%, davanti a Bim (poco più del
5%), Carrefour (intorno al 3%), Tesco (2%),
Kiler e Metro (circa l’1% a testa). “I primi
cinque operatori del Paese non raggiun-
gono il 20% del mercato, per cui vi sono
ampi margini per un processo di m&a”, ag-
giunge Grassi. Il restante 80% è composto
per lo più di piccoli operatori, che spesso
operano su porzioni ridotte del territorio,
tanto che il 50% del fatturato complessivo
del retail è generato da realtà imprendito-
riali con un solo punto di vendita.
Il successo delle multinazionali non è co-
munque scontato: se la crescita dei centri
commerciali nelle grandi città (20 realtà
oltre il milione di abitanti) non ha cono-
sciuto soste negli ultimi anni, in provincia
continuano a dominare i piccoli e piccolis-
simi operatori. Sul fronte normativo, poi, la
Turchia non ha alzato le barricate verso gli
insediamenti este-
ri, come dimostra il
consistente proces-
so di privatizzazioni,
che sta attirando
ingenti investimenti
internazionali, so-
prattutto nell’indu-
stria, nella finanza e nelle comunicazio-
ni. In aggiunta, non ha ancora adottato
una normativa di riferimento nel settore,
stretta tra le pressioni di chi sottolinea
il contributo di innovazione che i grandi
operatori garantirebbero e quanti, invece,
sollevano preoccupazioni per il destino dei
piccoli. Dal punto di vista sociale, il Paese
è sicuramente più stabile rispetto a molti
il paese sta aumentando il suo rating finanziario
Migros Ticaret è operatore leader in un mercato emergente tra i più redditizi in prospettiva: i consumi, infatti, sono previsti in crescita al ritmo del 9,5% all’anno
altri emergenti, tanto che da poco è sta-
to promosso al livello “investment grade”
da Fitch, mentre la valutazione di Moody’s
resta un gradino sotto questa soglia, in
attesa di trovare conferma ai progressi
recenti, anche se non mancano tensioni,
che talvolta sfociano in episodi di violenza.
I conti di Walmart sono sempre attesi
con grande trepidazione non solo dal
mercato, ma anche dai politici perché
rappresentano uno dei principali indica-
tori del sentiment sul fronte dei consumi.
L’ultima trimestrale non è stata brillante:
tra giugno e settembre le vendite sono
salite del 3,4% a quota 113,9 miliardi
di dollari, meno della stima di 114,96
miliardi attesi dagli analisti. Escludendo
i costi del carburante, le vendite same-
store negli Stati Uniti sono aumentate
dell’1,5%. Note liete sono arrivate dagli
utili, saliti del 9% a 3,64 miliardi di dol-
lari (1,08 dollari per
azione), rispetto ai
3,34 miliardi di dol-
lari (0,96 dollari per
azione) dell’analogo
periodo del 2011,
grazie al migliora-
mento dei margini
dovuti all’incremento delle vendite inter-
nazionali. Aspetto che consente di com-
prendere meglio la portata della possi-
bile operazione in Turchia. La situazione
del leader mondiale del retail dovrebbe
essere migliorata nell’ultimo scorcio del
2012, almeno a sentire le notizie positive
sulle vendite natalizie del chief executive
officer, Mike Duke.•
R E T A I L
18 febbraio 201314
Nel flagship di Londra, il retailer apre la Silence Room per garantire ai clienti pause dalla frenesia
idea è così vecchia che è una no-
vità. Quando il visionario america-
no, Harry Gordon Selfridge, aprì
il suo primo Selfridges a Londra
nel 1909, il negozio aveva una Silence Ro-
om, una stanza dove riposarsi dalle fatiche
dello shopping. Oggi la vecchia tradizione è
stata ripresa con la riapertura della Silence
Room, parte di un’innovativa campagna di
comunicazione intitolata No Noise.
“Si tratta di un progetto che invita i con-
sumatori a trovare un momento di pace in
un mondo bombardato da una cacofonia
di informazioni e stimoli -precisa Alan-
nah Weston, Selfridges Creative Direc-
tor-. Vorremmo che il pubblico godesse le
qualità ristorative della quiete visitando
la nostra Silence Room e partecipando
al programma di iniziative pensato all’in-
segna della tranquillità”.
Il progetto No Noise, che si inserisce nel
trend generale che enfatizza il detox e la
ricerca di una vita più semplice e saluta-
di Irene de Gasparis
re, è partito a inizio gennaio e dura otto
settimane (fine febbraio) con un ampio
programma di eventi e iniziative, disponi-
bili sul un sito dedicato (http://nonoise.
selfridges.com).
La Silence Room vera e propria occupa
circa 320 mq ed è aperta a chiunque cer-
chi un momento di relax per riprendersi
dallo stress (da shopping, lavoro, ecc).
è richiesto di lasciare alla porta scarpe,
cellulari ed altro, stare in silenzio o par-
lare a bassa voce.
Disegnata dall’architetto Alex Cochrane,
che non ha potuto ispirarsi alla vecchia
Silence Room della quale non esistono
disegni o foto, lo spazio ha un design mi-
nimalista, con materiali, dai colori neutri,
che assorbono il rumore (come il feltro),
luci basse e soffuse, nessun arredamen-
to: per sedersi è disponibile una gradina-
ta che corre lungo le pareti.
La nuova iniziativa di Selfridges propone un momento di pausa nella concitazione di tutti i giorni. È stato adottato un approccio minimalista all’interno come nelle vetrine, opera di alcuni artisti cinesi e dell’inglese Katie Paterson
Di pari passo, sono stati creati
appuntamenti e iniziative coerenti con
questa filosofia meno gridata. Ecco
il Quiet Shop, dove sono in vendita
prodotti selezionati da Selfridges tra le
collezioni primavera-estate di marchi
riconosciuti per l’approccio minimalista
(Acne, Maison Martin Margiela, Yohji
Yamamoto, Jil Sander, ecc), oltre che
creati ad hoc. A ciò si aggiungono
prodotti “de-branded”: ad item molto
noti (Crème de La Mer, Levi’s, Clinique,
Lancôme, ecc), è stato tolto il brand nel
presupposto che, dato il valore intrinseco
del prodotto, sia inevitabile il suo ricono-
scimento. Selfridges ha dato l’esempio
rimuovendo il suo logo dalla nota shop-
ping bag gialla. Non manca il riferimento
al cibo con Food for Thought: nella Food
Hall vengono proposti cibi semplici, na-
turali e salutari da fornitori soprattutto
locali. Con l’occasione, è stato aperto un
corner Juice Club, specializzato in succhi.
Per quanto riguarda gli eventi, ogni do-
menica sono organizzati seminari e wor-
kshop su temi con il silenzio e il relax
come denominatore comune, compreso
l’ascolto (si fa per dire) del brano di John
Cage dedicato al silenzio.
Inoltre, sono previsti corsi di meditazio-
ne, sotto la guida di Andy Puddicombe,
co-fondatore di Headspace, società spe-
cializzata in meditazione, che fornisce
consigli su tutti i social network (Twitter,
Facebook).•
FetteMorbide di GranBiraghi. Il cuore della forma si è fatto morbido.
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18 febbraio 201316
Segue fedelmente il format
aziendale.
OFFERTA
Dispone di 4.960 referenze ali-
mentari e 990 non food.
SERVIZI
Orario: lun-dom 8,30-20,00.
ADDETTI E CASSE
Sono impiegate otto persone.
Le operazioni di pagamento so-
no agevolate da tre casse.
SUPERSTORE
Viale dell’Olimpo 24
Palermo
1.800 mq
Gamac srl
(Sicilconad Mercurio)
DATA DI APERTURA
2 gennaio 2013
LOCATION
In periferia, nella zona nord del-
la città, lungo una delle princi-
pali arterie di collegamento con
la zona balneare di Mondello. Il
bacino di utenza potenziale è di
180.000 abitanti nell’arco di 15
minuti di percorrenza standard.
IPERMERCATO
Via Postumia Ovest 76
Olmi S. Biagio Callalta (Tv)
5.000 mq
C.I.A. Commercianti Indi-
pendenti Associati (Conad)
DATA DI APERTURA
24 gennaio 2013
LOCATION
È locomotiva alimentare del
centro commerciale Tiziano, in
sostituzione dell’insegna Billa.
È il primo ipermercato E. Leclerc
Conad del Veneto.
CONCORRENZA
Nessun concorrente in zona.
LAYOUT
Si sviluppa su pianta rettango-
lare e segue le direttive dell’in-
segna.
OFFERTA
Dispone di un totale di circa
40.000 prodotti, tra alimentari
e non food.
SERVIZI
Orario: lun-sab 8,30-21,00; do-
menica 10,00-21,00.
ADDETTI E CASSE
Sono 108 i dipendenti tra cui
83 assorbiti dalla preceden-
te gestione Billa; per il resto
il personale proviene da altri
ipermercati della cooperativa
e neoassunti. In barriera, sono
attive 20 casse.
DISCOUNT
Via Tor San Lorenzo 60
Ardea (Roma)
600 mq
Lillo spa
DATA DI APERTURA
9 gennaio 2013
LOCATION
Si trova sul lungomare della cit-
tadina, in zona centrale.
CONCORRENZA
Non sono attivi concorrenti di-
retti nelle immediate vicinanze.
LAYOUT
Sposa la linea dell’azienda.
OFFERTA
Offre in assortimento circa
1.700 referenze tra food e non
alimentari.
SERVIZI
Orario: lun-sab 8,30-20,00; do-
menica 8,30-13,00. Sono 60 i
posti disponibili nel parcheggio.
ADDETTI E CASSE
Il team di lavoro è formato da
18 collaboratori; la barriera
casse ha cinque postazioni.
SUPERMERCATO
Strada Statale Maremma-
na, 74
Albinia - Orbetello (Gr)
900 mq
Bagnoli G&C Sas
(Cooperativa Etruria-fran-
chisee Groupe Auchan)
IPERMERCATI: 150
MQ 779.145
SUPERMERCATI: 2.739
MQ 2.065.999
ALTRI: 7.204
MQ 1.984.229
AREA NIELSEN 4
DATA DI APERTURA
22 dicembre 2012
LOCATION
È ubicato nella zona industria-
le di Albinia, frazione di Orbe-
tello. Riapre dopo i lavori di
ristrutturazione: il supermer-
cato era stato danneggiato
dall’eccezionale ondata di
maltempo che ha investito la
provincia di Grosseto all’inizio
del mese di novembre.
CONCORRENZA
Nello stesso bacino di utenza,
è presente un InCoop.
LAYOUT
Segue le caratteristiche dell’in-
segna.
OFFERTA
Conta su un assortimento di cir-
ca 7.000 referenze food e non
alimentari.
SERVIZI
Orario: lun-sab 8,30-13,00 e
dalle 16,00-19,30.
ADDETTI E CASSE
Vi lavorano 15 dipendenti e tre
gestori. Durante la stagione
estiva, il personale cresce di
6/7 unità. Attive cinque casse:
quattro tradizionali in barriera
più una al box informazioni.
SUPERETTE
Via Matteotti
Anzio (Roma)
400 mq
Gruppo Gabrielli (Sun)
DATA DI APERTURA
Febbraio 2013
LOCATION
È in zona centrale, poco distan-
te dal palazzo comunale.
CONCORRENZA
In zona sono attivi In’s e Mattioli
alimentari.
LAYOUT
IPERMERCATI: 157
MQ 715.779
SUPERMERCATI: 1.981
MQ 1.764.334
ALTRI: 4.681
MQ 1.384.787
AREA NIELSEN 3* Dati aree da: Guida Nielsen Largo Consumo, edizione Luglio 2012
di A. Bonaccorsi
IPERMERCATI: 205
MQ 934.762
SUPERMERCATI: 1.812
MQ 1.640.845
ALTRI: 3.766
MQ 1.129.030
AREA NIELSEN 2
17
sv i luppo re t i _ R E T A I L
18 febbraio 2013
CONCORRENZA
Sono presenti nella stessa area
un ipermercato Auchan, un pdv
Carrefour Market, un Lidl, un se-
condo Conad Superstore e un
Sigma Superstore.
LAYOUT
Segue la tradizionale filosofia
dell’insegna. L’ingresso apre
sull’ortofrutta seguito dai ban-
chi assistiti.
OFFERTA
Sono circa 8.000 gli articoli in
vendita, per l’80% alimentari.
SERVIZI
Orario: lun-sab 8,30-20,30.
Sono disponibili 200 posti au-
to nel parcheggio.
ADDETTI E CASSE
L’organico operativo è compo-
sto da 35 addetti, mentre la
barriera casse è composta da
10 postazioni.
SUPERMERCATO
Via Professor Vincenzo
Malfitano
Ragusa
1.000 mq
Sagef (Conad Sicilia)
DATA DI APERTURA
14 febbraio 2013
LOCATION
Lo store è stato realizzato in
un’area residenziale di nuova
espansione, ad elevato traffico.
CONCORRENZA
Nessun confronto diretto con
altri competitor in zona.
LAYOUT
In linea con la tradizione dell’in-
segna, con l’applicazione di so-
luzioni ecocompatibili: l’edificio,
infatti, è provvisto di un sistema
a cappotto isolante, applicato
alle pareti perimetrali, e di una
copertura in pannelli coibentati
per il risparmio energetico.
OFFERTA
In assortimento, circa 6.000
item.
SERVIZI
Orario: lun-sab 9,00-21,00; do-
menica 9,00-14,00.
ADDETTI E CASSE
Il pdv opera con 25 addetti e
cinque casse in barriera.
LIBRERIA
Località San Nicola Varco
Eboli (Sa)
116 mq
Giunti
DATA DI APERTURA
15 dicembre 2012
LOCATION
È tra i negozi del nuovo Cilen-
to Outlet Village. Si trova alle
porte della città, facilmente
raggiungibile grazie alla vicina
Autostrada Salerno-Reggio Ca-
labria e alla Strada Statale 18
Salerno-Paestum.
CONCORRENZA
Nello stesso centro, sono pre-
senti Libreria Gulliver Outlet e
Mondadori.
LAYOUT
Il percorso non si discosta dalla
tradizione dell’insegna.
OFFERTA
I titoli in assortimento sono
3.500.
SERVIZI
Orario: lun-dom 10,00-20,00.
ADDETTI E CASSE
Dà lavoro a tre persone. Attiva
una cassa.
NON FOOD
THE PRIVATE
LABEL
SHOWCASE
9 - 10 APRIL 2013Paris, Porte de Versailles
Pavilion 3
Meteorite® Lagostina: l’antiaderente raddoppia la durata e rivoluziona la cottura
Una serie di antiaderenti realmente innovativa, alto-performante, rispettosa dell’uomo e dell’ambiente: è l’appetitosa promessa di Meteorite®, nuova gamma Lagostina segmentata in tre tipologie di rivestimenti in funzione delle esigenze d’uso e di spesa dei target-group. Il denominatore comune? L’alta qualità, che oggi permette
di cucinare in maniera ancora più sana, gustosa, sicura. Meteorite® è un’innovazione assoluta, frutto di anni di ricerche e investimenti a livello europeo per un’inedita formula antiaderente che dura fi no a due volte di più, come dimostrano i test SGS condotti su padelle similari nel novembre 2012.
I suoi plus sono forti, chiari, verifi cabili direttamente in cucina. Le padelle Lagostina dotate del nuovissimo rivestimento Meteorite® garantiscono innanzitutto il perfetto controllo della temperatura, preservando il gusto e le proprietà organolettiche degli alimenti, insieme ad un minor impiego di grassi per cucinare – senza però rinunciare al massimo del sapore – e ad una durata indubbiamente superiore. Non solo: dal momento che esistono differenti tipologie di consumatori, la gamma risulta articolata in tre segmenti che rispondono appieno alle diverse richieste emergenti sul mercato.
Meteorite® Intensium è il co-ating multistrato di alta quali-tà – fi no a due volte più dure-vole! – che contraddistingue la collezione Atena, adatta ad un utilizzo intensivo. I prodot-ti di questa linea si connota-no per 3 requisiti unici: l’hard base minerale in ceramica, che consente un’extra-durata, la formula antiaderente rinfor-zata con zaffi ro (per una resi-stenza straordinaria a graffi ed abrasioni) con esclusivo effet-to 3D olografi co brevettato ed il fondo Diffusal con particel-le minerali, che permette una migliore diffusione del calore. Anche la linea Atena è dotata della tecnologia Lagospot per il controllo della temperatura.
Per l’uso intensivo
Pronto perla cottura
Via IV Novembre 4528887 Omegna (VB) tel. 0323 6521 www.lagostinacasa.it
Il rivestimento multistrato Me-teorite® Resistium è presente sulla nuova linea Easy cook, che vanta un vantaggioso posizionamento di prezzo ed alcune caratteristiche quali-fi canti nei confronti dei com-petitor: il top coat superiore rinforzato, che assicura una migliore resistenza a graffi ed abrasioni, un alto potere an-tiaderente ed una grande fa-cilità di pulizia. I prodotti della gamma Easy cook sono an-che dotati dell’esclusivo in-dicatore di temperatura La-gospot, utile per preservare il sapore degli alimenti e le per-formance dell’utensile, evi-tando che si surriscaldi inutil-mente.
il primo prezzo
Pronto perla cottura
Pronto perla cottura
Garantisce una durata fi no a quattro volte superiore rispetto alle altre padelle antiaderenti. Il rivestimento multistrato di alta qualità Meteorite® Titanium è il fi ore all’occhiello della nuova linea Talento, con un’esclusiva hard base in titanio applicata con un processo brevettato di fusione, per una durata estre-ma dell’utensile. Altri plus della gamma: il top coat rinforzato, il fondo con spessore di 5,5 mm in acciaio inox indeformabile compatibile con l’induzione e la manicatura con elegante inserto cromato, il tutto per un utilizzo “professional”. Anche in Talento la temperatura è sotto controllo grazie alla tecnolo-gia Lagospot.
Per l’uso professionale
C O N S U M I E I N N O V A Z I O N E
18 febbraio 201320
per venire al mondo del largo consumo,
fare colazione e cenare con gli amici a ca-
sa, e cucinare di più, rinsaldando legami
familiari e sociali.
L’ultima rilevazione del panel gdo di
Ismea indica un peggioramento del sen-
timent. Nel quarto trimestre del 2012
le vendite non sono migliorate e per
tenere i volumi tutti i canali di vendita
hanno dovuto fare un massiccio ricorso
alla leva promozionale, che ha toccato
nell’alimentare il 33,5%, valore invaria-
to rispetto al trimestre precedente ma
di 2,5 punti superiore rispetto all’anno
precedente.
Interessante notare il forte divario con le
uesta volta a innovare non è né
la gdo né l’industria di marca,
ma i consumatori. E per descri-
vere come si può far ricorso a
una parola di cui si è quasi abusato da
quando è entrato in carica il governo dei
tecnici. Si tratta di sobrietà, il termine
che meglio descrive la filosofia che sta
adoperando la gran parte delle famiglie
italiane per fare fronte alla crisi, con un
cambio di abitudini che certo non può
far piacere all’industria, alla distribuzio-
ne, alla ristorazione, ma che ha anche
connotati positivi.
Ad esempio, sobrietà significa riscopri-
re i mezzi pubblici e la bicicletta per far
fronte al caro carburanti, ma questo ha
anche ricadute positive sull’ambiente. O,
Meno bar e ristoranti, più attenzione agli spechi, ritorno ai prodotti base: uno scenario anti crisicon cui idm e gdo devono e dovranno fare i conti
di Gino Pagliuca
C O N S U M I E I N N O V A Z I O N E
18 febbraio 2013 21
Diminuzione vendite alimentari
gen-nov 2012
0,6%
Italiani che sono tornati al peso
forma nel triennio
250mila
Diminuzione acquisti di pesce fresco in un anno
3,4%
Aumento vendite discount
gen-nov 2012
1,6%
Pressione promozionalea fine 2012
33,5%
Diminuzione acquisti di frutta
in un anno
1,9%
Calo fiducia in due anni dei titolari
di bar e ristoranti
30%
Aumento pressione promozionale in un anno
2,5%
Valore in miliardi di euro dello spreco alimentare in Italia
12,7
quota di referenze vendute in promozio-
ne, sono il 23,5%. La leva, che tutti gli
addetti marketing dell’industria giudica-
no distruttiva di valore (salvo ricorrervi
regolarmente) si sta dimostrando anco-
ra efficace, o forse sarebbe meglio dire
ineluttabile, di fronte a un consumatore
che interpreta la sobrietà comprando di
più quando può pagare meno. Secondo
gli ultimi dati disponibili dall’Istat e re-
lativi ai primi 11 mesi del 2012 il calo
delle vendite alimentari è stato dello
0,6%, in controtendenza c’è però il di-
scount, cresciuto a periodi comparabili
dell’1,6%
C’era chi sosteneva che i ristoranti in Ita-
lia sono tutti pieni. Discutibile che fosse
vero quando è stato detto, certo non lo è
oggi. L’ultima indagine congiunturale sui
pubblici esercizi condotta dalla federa-
zione di categoria, la Fipe, segnala che la
fiducia nel quarto trimestre 2012, è sce-
sa di 13 punti percentuali rispetto allo
stesso periodo di un anno fa toccando il
punto più basso dall’inizio della crisi. In
un anno sono stati persi 28 punti mentre
il confronto con il 2012 vede un calo di
oltre trenta punti. Il sentiment risulta in
calo da ormai due anni.
Oltretut to la gran
parte degli operatori
segnala un aumen-
to dei costi fissi e
in particolare delle
materie prime. Con
la consapevolezza,
presumiamo, che
aumentare i prezzi
significa perdere altri clienti.
La cura dimagrante nei consumi alimen-
tari ha effetto benefico sul girovita degli
italiani, infatti per la prima volta dopo
venti anni il peso medio degli italiani
starebbe scendendo, secondo quanto
ha rilevato l’Istat nelle sue ultime inda-
gini sulle famiglie.
Nell’ultimo triennio, infatti, è diminuito
in maniera significativa il numero di cit-
tadini in sovrappeso; lo 0,5%, che va
giudicato un risultato di tutto rispetto
perché significa oltre 250mila persone.
Il fenomeno ha riguardato soprattutto
il Sud (e questo mostrerebbe la stretta
correlazione del fenomeno con la dina-
mica dei redditi): nell’ultimo triennio so-
no aumentati del 2,2 % gli abitanti ma-
schi tornati in peso
forma ma sono an-
che cresciute qua-
si dell’1% le donne
che hanno ritrovato
un miglior rapporto
con la bilancia.
C o m m e n t a n d o
questi dati Coldi-
retti esprime però una preoccupazione
(non del tutto disinteressata) sul mu-
tamento di qualità dell’alimentazione
in conseguenza delle scelte effettuate
delle famiglie. Gli italiani infatti sono
stati costretti a tagliare in quantità al-
cuni prodotti base della dieta mediter-
ranea come il pesce fresco (-3,4%) o
la frutta (-1,9%) mentre risultano in au-
mento gli acquisti di prodotti low cost,
dice l’organizzazione “spesso di origine
incerta e con dubbie caratteristiche sa-
lutistiche e nutrizionali”.
Non è solo Coldiretti a segnalare il down-
grading del carrello: lo dicono tutti gli
osservatori del mercato. Però non si
spiegherebbe come sia possibile che i
consumi alimentari stiano scendendo
anche in quantità. E qui entra in gioco
un’altra declinazione della sobrietà: si
stanno riducendo gli sprechi di cibo.
Secondo Swg oltre la metà dei consu-
matori italiani avrebbe messo in atto
semplici tecniche per ridurre gli sprechi,
soprattutto facendo al spesa in maniera
più oculata (al supermercato si va con la
lista e non si fanno acquisti di impulso)
ma anche guardando con più attenzio-
ne ai prodotti in scadenza e facendo la
spesa più spesso per comprare ogni vol-
ta meno merce e limitare il rischio che
vada a male.
C’è però ancora spazio per ridurre lo
spreco: secondo le stime più recenti dif-
fuse da Barilla Center le famiglie italia-
ne buttano il 35% dei prodotti freschi, il
19% del pane e il 16% di frutta e verdura.
Considerando anche gli sprechi dell’in-
dustria e della distribuzione ogni anno
vengono letteralmente buttati via 12,7
miliardi di euro.•
sostenibilitàobbligata
nelle politiche
di acquisto
C O N S U M I E I N N O V A Z I O N E
18 febbraio 201322
di Ugo Stella a crisi economica costringe a ripren-
dere in considerazione stili di vita
ormai acquisiti e spinge gli italiani
verso comportamenti più sobri. Uno degli
effetti è che si torna in cucina ai fornelli,
ma si torna anche a preparare in casa ali-
menti di base tipo pane o pasta. È quanto
emerge da una analisi Coldiretti/Censis
di fine 2012 dalla quale salta fuori che
nell’ultimo anno ogni italiano ha dedicato
alla preparazione dei cibo un tempo equi-
valente a 11 giorni, ovvero più di sette ore
alla settimana. L’effetto si è avuto sulla
ripartizione della spesa dove si sono mi-
surati, come confermato anche dai dati
di SymphonyIRI Group, tassi di aumen-
to in alcuni segmenti particolari, come
farina, uova, burro, tutti ingredienti per
cibi della cucina quotidiana, compresa
la prima colazione, che viene preparata
e consumata sempre più spesso in casa,
come confermato dall’aumento di fette
biscottate, caffè macinato, miele e con-
fetture. Categorie in particolare risalto
visto il fatto che sono in controtendenza
rispetto alle vendite generali di alimentari
con categorie in particolare sofferenza
come dessert, bibite, caramelle, liquori,
che corrispondono a stili di vita più esu-
beranti e ottimistici.
Non è un caso, ma anche lo sviluppo
dell’offerta di elettrodomestici del tipo
Crisi economica? L’italiano torna a fare quello che facevano i nonni cucinando e preparando i cibi in casa: pasta, dolci, pane, pizze
C O N S U M I E I N N O V A Z I O N E
18 febbraio 2013 23
food processor, in grado di automatizzare
molte operazioni di cucina, è attribuibile
allo stesso asse di sviluppo che sostiene
la riscoperta del fai da te e che si ma-
nifesta per prodotti come pane, yogurt
e gelato. A questo si aggiunge anche la
ricerca di ingredienti più genuini che si
traduce nell’acquisto diretto dai produt-
tore. Del resto, se ci si mette in prima
persona in cucina aumenta la voglia di
scegliere in modo consapevole gli ingre-
dienti che si usano nelle ricette. Infatti,
se un italiano su quattro coltiva frutta,
fiori e ortaggi ed erbe aromatiche in orti
e giardini, 21 milioni di connazionali nel
2012 hanno acquistato presso i mercati
degli agricoltori: i cosiddetti
farmer market che sono ar-
rivati ad essere più di 1.100
in tutto il territorio nazionale.
In base sempre alla ricerca
Censis, risulta pure che sono
21 i milioni di italiani che di-
chiarano di preparare in ca-
sa alcuni alimenti come pa-
ne, yogurt, gelato, conserve,
biscotti e dolci mentre sono
oltre 11 milioni che dichia-
rano di farlo regolarmente.
Di pari passo con l’incremen-
to del fare in cucina si regi-
stra anche la rapida crescita
di domanda e offerta di tra-
smissioni, pubblicazioni e siti
web legati al mondo dell’ali-
mentazione. Si tratta di fonti di informa-
zioni e di tecniche realizzative di grande
utilità per chi vuol fare da sé. Gli italiani
che usano i motori di ricerca per rintraccia-
re informazioni su qualità dei cibi, ricette
e confronto prezzi sono 15 i milioni. Un
numero che da solo spiega bene quale sia
l’entità di questa febbre. Inoltre, ad esso
si deve aggiungere il numero di quelli che
con un livello di interazione più frequente
e più forte rispetto ai semplici siti, navi-
gano per community e social network: nel
complesso si tratta di quasi un milione e
mezzo di persone.
Lo sappiamo dal Governo, che più volte
lo ha citato, ma è da considerare che la
crisi ha avuto anche l’effetto di rinforzare
la rete di protezione familiare, caratteri-
stica tipica della nostra identità naziona-
le, che ha poi conseguenze sulla scelta
dei consumi. Quasi un terzo degli italiani
(31%) abita insieme alla propria mamma.
E un altro 42,3% abita comunque a un
massimo di trenta minuti a piedi. Sono
dati che mostrano che le famiglie italia-
ne, anche quando non coabitano sotto lo
stesso tetto le varie generazioni, tendo-
no comunque a vivere a distanza ravvi-
cinata dalle rispettive abitazioni. Questo
significa che il pasto si tor-
na a consumare in famiglia
presso i genitori o parenti
stretti, anche in quei casi in
cui magari aveva comincia-
to a diffondersi il pasto fuori
casa. Questo bisogno di vi-
cinanza riguarda non solo i
più giovani cioè le persone
nella fascia di età tra i 18
e i 29 anni (il 60,7% coabi-
ta con la madre e il 26,4%
abita a meno di 30 minuti a
piedi), ma anche le persone
di maggiore età nella fascia
tra i 30 e i 45 anni (uno su
quattro coabita e il 42,5%
abita nei pressi) e financo
gli adulti con età compre-
sa tra i 45 e i 64 anni, cioè
quelli che possono essere
definiti più che maturi: di questi l’11,8%
coabita e il 58,5% abita in prossimità. In
sostanza, è in atto da qualche anno il rin-
forzo del ruolo della famiglia verso quello
che si può chiamare “soggetto di welfa-
re”, che opera quindi come fornitore di
servizi e tutele per i membri che ne hanno
bisogno. Fra questi servizi famigliari si
può senz’altro annoverare anche la pre-
parazione dei cibi e dei pasti che, vista la
vicinanza, funziona anche quando non si
coabita. Si pranza e si cena insieme, con
famiglie allargate che inoltre consentono
comunque economie di scala.
Negli stili di vita che si evolvono c’è da
considerare anche la rilevanza del nume-
ro di italiani che si portano al lavoro cibo
preparato in casa: si tratta di 7,7 milioni
e di questi, 3,7 milioni lo fanno regolar-
mente. Lo si fa per risparmiare, per es-
sere sicuri della qualità del pranzo o per
ricordare rassicuranti sapori e profumi di
casa. In questo modo, però, si può anche
far conoscere prodotti o ricette tipiche
preparate la sera prima, magari con in-
gredienti ricercati, e viverli insieme ai col-
leghi. Una volta in più si punta sul valore
aggregante del cibo, tanto più forte se
preparato da chi lo offre.•
milioni di italiani preparano alcuni alimenti in casa
21
milioni portano in ufficio cibo
praparato in casa
7,7
milioni consultano il web per prezzi,
info e ricette
15
C O N S U M I E I N N O V A Z I O N E
18 febbraio 201324
di Davide Bernieri
e carni avicunicole sono la categoria
più performante dell’agroalimentare
in Italia nel 2012 secondo Sympho-
nyIRI Group. Dal Report Top Categorie
riferito all’anno terminante a settembre
2012, le carni avicunicole hanno messo
a segno progressioni a doppia cifra a va-
lore e a volume, rispettivamente del 15,2
e del 13,2%. Crescite, queste ultime, che
spiccano in un panorama del largo con-
sumo piuttosto asfittico di questi tempi.
Nel complesso, nell’anno terminante a di-
cembre 2012, le vendite a valore hanno
raggiunto i 292 milioni di euro, contro i
254 milioni di euro del 2011. A guidare
la crescita le carni di pollo rispetto al tac-
chino, secondo un trend ormai consoli-
dato da qualche stagione, mentre sono
gli elaborati a finire sempre più spesso
nei carrelli della spesa degli italiani, per
il mix di praticità, servizio e gusto, molto
apprezzati dalle famiglie d’oggi. Il merca-
to è estremamente concentrato: secondo
SymphonyIRI Group nell’anno terminante
a dicembre 2012, i primi tre competitor
sviluppano una quota a valore superiore
al 74%.
Proprio le grandi marche che operano a
livello nazionale, hanno portato avanti
negli ultimi anni una politica di innova-
zione di prodotto che ha permesso la
nascita di linee di carni bianche elabo-
rate destinate al consumo dei più piccoli,
con pack e riferimenti valoriali destinati ai
bambini, oppure hanno alzato l’asticella
del benessere animale e della salubrità
dei prodotti, realizzando referenze bio,
oppure provenienti da filiere naziona-
li certificate o spingendo il pedale del
contenuto gastronomico delle proposte,
con ricettazioni più elaborate. All’estremo
opposto, la nascita di prodotti low fat o
senza glutine, ha aperto la strada verso
quei consumatori più attenti alla legge-
rezza della propria alimentazione. Una
politica di prodotto che ha visto i main
competitor allargare a 360° lo spettro
dell’innovazione. Naturalmente, lanci e
brand identity sono stati supportati da
campagne spesso articolate su più me-
dia, tra i grandi generalisti e il web.
Infine le private label: secondo Sympho-
nyIRI Group, i prodotti di carne bianca a
marchio d’insegna hanno ottenuto una
quota del 15,7%, inferiore alla media
Lcc: su questo mercato, che nel passato
ha dovuto assorbire contraccolpi sotto
il profilo della sicurezza alimentare, la
rassicurazione fornita dalla marca è an-
cora un fattore importante che influenza
l’acquisto.•
media valore/volume
2012 vs 2011 (*)
del mercato
2012 (*) 2011 (*)
vendite a valore
vendite a volume
vendite a valore
vendite a volumemedia vendite
a volume
quota pl (a tutto 2012)
media vendite a valore
pl valore(a tutto 2012)
(*) dati relativi ai primi nove mesi dell’anno; fonte: SymphonyIRI Group
C O N S U M I E I N N O V A Z I O N E
18 febbraio 201326
di Davide Bernieri
olo poche stagioni fa sembrava
avere uno spazio residuale nel-
le scelte dei nostri connazionali,
oggi le farine riprendono un ruolo
più centrale in tempi di crisi economica
e di riduzione del potere d’acquisto delle
famiglie.
Due i fattori principali di questo trend, uno
esogeno, l’altro endogeno e più pertinente
all’attività dei competitor che si muovono
su questo mercato tradizionale.
Come già anticipato, la crisi economica
spinge un numero crescente di italiani
all’autoproduzione per risparmiare, per
gioire della soddisfazione home made e,
perché no, per impiegare in modo concre-
to il tempo libero. Torte, pane e pizze ritor-
nano ad essere sfornati dai forni domestici
e vanno, di pari passo, con una frenata
dei consumi di questi prodotti nel canale
fuoricasa.
Del resto i dati SymphonyIri Group evi-
denziano come le farine siano il secondo
mercato più dinamico del largo consumo
confezionato: secondo i risultati, nell’anno
terminante a settembre 2012, le vendi-
te a valore hanno superato i 152 milioni
di euro, con un balzo in avanti del 13,8%
rispetto allo stesso periodo precedente.
Risulta più contenuta, ma sempre degna
di nota in questi frangenti nei quali do-
mina il segno meno, la progressione del
8,3% a volume, che sancisce e rafforza
questo trend.
Dal canto loro, le aziende che operano su
questo mercato si stanno impegnando per
assecondare e sostenere questa cresci-
ta d’interesse degli italiani per il prodotto
farina, lavorando ulteriormente sulla seg-
mentazione per destinazione d’uso, uno
dei cavalli di battaglia dei produttori più
innovativi in questi ultimi anni. Vengono
realizzate linee più complete che non si
limitano al classico trio 0, 00 e semola di
grano duro, bensì allargano il ventaglio ai
prodotti autolievitanti, pensati per prodot-
ti specifici (pizza, pane, ecc.), oppure per
le macchine per la produzione domestica
del pane, che hanno avuto una buona dif-
fusione in questi ultimi anni e possono es-
sere annoverate tra i fermenti che hanno
risvegliato l’attenzione dei nostri connazio-
nali per questo prodotto con conseguenti
effetti positivi sulle vendite.
Guardando alla situazione competitiva,
emergono tutte le caratteristiche peculia-
ri di questo mercato, che si presenta molto
frammentato (i primi tre si aggiudicano so-
lo il 31,6% della quota a valore) e con una
certa attenzione alla convenienza, visto
che le pl superano quota 20%.•
media valore/volume
2012 vs 2011 (*)
del mercato
2012 (*) 2011 (*)
vendite a valore
vendite a volume
vendite a valore
vendite a volumemedia vendite
a volume
quota pl
media vendite a valore
pl valore(a tutto 2012)
(*) dati relativi ai primi nove mesi dell’anno; fonte: SymphonyIRI Group
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18 febbraio 201328
di Gino Pagliuca
razie alla loro praticità e alla ra-
pidità di preparazione, le basi per
cucinare si rivolgono realmente a
un target molto allargato e hanno rivolu-
zionato il modo di stare davanti ai fornelli.
La pasticceria ha fatto da apripista anche
perché nelle sue componenti basiche è
un settore molto semplice, dato che si
basa su quattro elementi, proprio come
la natura secondo i filosofi greci: qui però
acqua, aria terra e fuoco sono sostituiti
da farina, latte o i suoi derivati, uova e lo
zucchero. Nessun dolce può prescindere
da loro.
A determinare il tipo di dolce è la propor-
zione con cui gli elementi vengono mi-
scelati e con l’aggiunta delle guarnizioni
(cacao, cioccolata, frutta, marmellata):
se si guarda a tutti i prodotti della pastic-
ceria classica dagli impasti alle creme,
dai gelati alle farce, dai budini ai bavare-
si, si può verificare che si tratta sempre
di combinazioni di questi elementi.
Quello della preparazione del dolce in
apparenza è un processo semplice, ma
nella realtà la riuscita dipende dal ri-
spetto di una serie di regole rigorose:
in primo luogo scegliere gli ingredienti
adatti miscelarli nella giusta proporzio-
ne pesandoli con previsione assoluta.
Poi serve una cottura effettuata a re-
gola d’arte.
Tutto questo significa che fare da soli
in casa può risultare frustrante anche
perché non si posseggono né l’espe-
rienza né l’attrezzatura di una pastic-
ceria artigianale, che però fa pagare a
caro prezzo il suo know-how, in una fase
congiunturale in cui la gente certo non
ha voglia di spendere per beni non indi-
spensabili per quanto possano essere
gratificanti
L’industria oggi propone una serie di
preparati che non solo consentono di
risparmiare, ma anche di superare il
primo ostacolo, quello della scelta e
dosaggio corretti degli ingredienti ba-
se nella giusta misura; Inoltre, spesso,
grazie alla possibilità di effettuare pre-
parazioni a freddo e quindi senza ricor-
rere al passaggio in forno, consento-
no di superare anche l’ostacolo della
cottura.
Il mercato sta accogliendo con favore le
proposte introdotte dai produttori (tra
i quali si annoverano anche le multi-
nazionali del food) e la gdo sta asse-
condando il trend ampliando l’assorti-
mento presente nei punti di vendita. Il
media valore/volume
2012 vs 2011
del mercato
2012 (*) 2011 (*)
vendite a valore
vendite a volume
vendite a valore
vendite a volumemedia vendite
a volume
quota pl a volume
media vendite a valore
pl valore
(*) dati relativi ai primi nove mesi dell’anno; fonte: SymphonyIRI Group
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7 settembre 2011 29
giro d’affari cresce approfittando della
tendenza a far rientrare -a causa so-
prattutto, ma non solo della crisi eco-
nomica- nell’ambito domestico alcuni
consumi in passato delegati al fuori-
casa (come la prima colazione, con il
corredo di brioche) e il travaso nei punti
di vendita della distribuzione moderna
di acquisti prima fatti soprattutto nel
dettaglio specializzato.
L’industria sta operando per ottimizzare
la shelf life delle basi proposte nel ban-
co dei freschi ma la pasticceria adesso
piace anche sottozero perché gli italiani
acquistano sempre di più torte semi-
freddi e profiterol surgelati ma anche
croissant da passare poi in forno.
Visto il gradimento dei primi prodotti
lanciati alcuni anni fa l’offerta si è rapi-
damente ampliata andando così a sod-
disfare esigenze diverse e a sollecitare
nuovi utilizzi.
Ad esempio, un elemento di una cer-
ta rilevanza è la maggior presenza di
aziende che propongono prodotti di pa-
sticceria gluten free: il mercato dei pro-
dotti per celiaci, è uno dei più promet-
tenti dell’intero universo alimentare. E
l’approccio salutistico è di importanza
sempre più decisiva per il mercato che
oggi vede l’offerta di basi integrali e di
basi light (termine che per la verità se
associato alla pasticceria può essere
fonte di qualche perplessità), e sempre
più spesso si enfatizza l’assenza negli
ingredienti di grassi idrogenati, che
molti produttori hanno abolito come
conseguenza degli allarmi lanciati sul
rischio di questi ingredienti dal mon-
do scientifico e dalle associazioni dei
consumatori.
La mancanza di grassi idrogenati vie-
ne talora sottolineata anche on-pack
e diventa così un argomento di comu-
nicazione utile per sottolineare i valori
di naturalità e tradizione di questi pro-
dotti. L’adv tradizionale però risulta an-
cora insostituibile in fase di lancio dei
nuovi prodotti, anche perché la visibilità
a scaffale sui punti di vendita non è
sempre ottimale.
Dalla lettura dei dati di SymphonyIRI
Group emerge che in gdo il giro d’affari
nei primi nove mesi del 2012 è stato
superiore del 12,1% rispetto a quello
conseguito nel medesimo periodo del
2011. Il risultato è stato ottenuto con
una manovra sui prezzi tesa a recupe-
rare l’inflazione, dato che la crescita a
volume è stata di tre punti inferiore.
Il prezzo medio in gdo si situa a 1,21
euro ed è un dato che spiega il perché
del successo: anche le torte meno com-
plicate in pasticceria o in panetteria co-
stano oltre i 10 euro al chilogrammo.
Molto forte la concentrazione nel mer-
cato delle tre marche leader, che con-
seguono i due terzi del fatturato, men-
tre i prodotti a marchio hanno un ruolo
marginale essendo relegati al 7.6%.•
soluzioni che facilitano
la vita domesticaoltre a far risparmiare
C O N S U M I E I N N O V A Z I O N E
18 febbraio 201330
di Francesco Oldani
o zucchero è presente nella vita del
consumatore da tempo immemore e
per questo motivo è attore principa-
le di un mercanto tendenzialmente ma-
turo. Al di la degli andamenti di mercato
degli ultimi anni che vedremo tra qualche
riga, le prospettive della categoria sono
nella direzione di creare una segmenta-
zione a valore aggiunto che sappia co-
gliere e generare momenti di consumo
diversificati e funzioni d’uso altrettanto
articolati. Per la gdo, il canale che veicola
i volumi maggiori, lo zucchero presenta
una marginalità che può valere circa il
10% del prezzo a scaffale, marginalità
che può raddoppiarsi nei casi più favo-
revoli (prodotti premium). In generale la
promozionalità è bassa e l’offerta è co-
perta da pochi player che si spartiscono
la quasi totalità del mercato. Occorre dire
che il consumatore è poco fedele quando
si tratta della referenza base (lo zucche-
ro bianco semolato), ma può avere un
comportamento diverso man mano che
si sale di posizionamento.
Entrando più precisamente nelle dina-
miche di mercato degli ultimi anni, si ri-
scontra che il comparto dello zucchero,
almeno a scaffale, sembra aver trovato
un equilibrio dopo gli stravolgimenti che
si sono realizzati nel primo decennio del
nuovo secolo. A fronte di una direttiva
europea emanata nel 2005 ed entra-
ta in vigore nel 2006 (Ocm zucchero,
318/20006) in Italia non è stato più con-
veniente produrre zucchero così, dei 21
zuccherifici operativi, ne sono stati chiusi
16 e indirizzati verso una riconversione
industriale ancora in itinere.
Oggi il nostro Paese deve importare circa
il 70% del fabbisogno nazionale di zuc-
chero in termini di volumi e, dopo l’Ocm
del 2006 tutto ciò ha determinato un
aumento del prezzo della materia prima
che i maggiori produttori nazionali hanno
cercato di non riversare totalmente sul
consumatore. Comunque dal 2007 ad
oggi si è registrato un lieve ma continuo
incremento dei prezzi che ha originato un
calo dei consumi. Una riduzione dei con-
sumi che, in riferimento alla referenza di
base, il semolato bianco, ha marcato nel
2012 un rallentamento fino alla stabiliz-
zazione dei volumi, invertendo poi la ten-
denza nell’intero settore. Secondo i dati
di SymphonyIRI l’intero comparto ha regi-
strato un incremento a valore del 13,8 %
nell’anno appena trascorso, con l’offerta
di base sostanzialmente stabilizzata. Co-
sa si è verificato quindi? Di fatto è emer-
so un altro fenomeno importante, che si
è sovrapposto alla ripresa dei consumi
dello zucchero di base: la forte crescita
media valore/volume
2012 vs 2011 (*)
del mercato
2012 (*) 2011 (*)
vendite a valore
vendite a volume
vendite a valore
vendite a volumemedia vendite
a volume
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media vendite a valore
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(*) dati relativi ai primi nove mesi dell’anno; fonte: SymphonyIRI Group
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18 febbraio 2013 31
Dalla referenza classica di cui sopra fino
al dolcificante liquido senza aspartame
e, come dichiarato dall’azienda, senza
calorie (denominato Diete.Tic). Si tratta
di un prodotto molto particolare in quan-
to anallergico e privo di conservanti, glu-
tine e lattosio. Anche nel settore degli
zuccheri naturali l’innovazione gioca un
ruolo di primo piano in quanto promette
al consumatore performance sostanzial-
mente più elevate dell’offerta classica. La
referenza naturale, Essenza di Natura di
Eridania, si presenta come un prodotto
dal potere dolcificante identico al semo-
lato bianco ma con un contenuto di calo-
rie pari al 50%. Considerata la crescente
attenzione al peso corporeo influenzato
dagli stili di vita attuali, tale tipo di propo-
sta ha un impatto sul consumatore non
trascurabile.
L’innovazione, in un mercato come quello
dello zucchero, ha il preciso scopo di evi-
tare che il mercato si banalizzi. Nel mo-
mento in cui il prodotto zucchero doves-
se consolidare la propria connotazione
di commodity, il valore aggiunto dell’in-
tero comparto tenderebbe ad azzerarsi.
Questo in sintesi il pensiero dei maggiori
player che investono nella direzione op-
posta, nell’innovazione. A tal riguardo,
come esempio di quanto il leader spin-
ga in questa direzione, vi è lo zucchero
ricavato dall’uva. Il gruppo industriale
Maccafferi proprietario del brand Erida-
nia e Cantine Foraci hanno inaugurato
nel 2012 a Mazara del Vallo un nuovo
impianto per la produzione di zucchero
ricavato dal mosto d’uva. Nell’occasione
le due aziende citate hanno istituito una
newco in joint-venture denominata Natu-
ralia Ingredients. L’impianto è dotato di
macchinari che realizzano un processo
l’innovazione è l’unica arma vincente per scongiurare il rischio di
banalizzazione
a valore (16,2%) e a volume (8,9%) degli
zuccheri speciali che oggi originano ben
il 22% dei consumi a valore dell’intermo
mercato degli zuccheri per 100 milioni di
euro di giro di affari. Una fascia premium
che il consumatore ha dimostrato di ap-
prezzare e acquistare.
Entrando più dettagliatamente nelle di-
namiche del mercato si scopre che la ti-
pologia maggiormente richiesta rimane
quella dello zucchero bianco in quanto si
presta a una maggior possibilità di utiliz-
zo in cucina oltreché, per il consumatore,
è la variante d’ingresso più conveniente
in termini di prezzo d’acquisto. Più in pro-
fondità, il consumatore italiano orienta
le sue scelte con una doppia chiave di
selezione: la tipologia di zucchero e il
packaging. Occorre infatti ricordare che
lo zucchero bianco, prodotto di ingres-
so, non si adatta al consumatore che ha
esigenza di seguire un regime alimenta-
re particolare oppure è affetto dalla di-
lagante patologia del diabete. In questi
casi il mercato propone una vasta scelta
di dolcificanti ad hoc.
A queste due categorie (zucchero di base
e dolcificante), se ne affianca una terza a
completare l’offerta: quella degli zuccheri
naturali che mettono in mostra una cre-
scita più marcata del resto del mercato,
pur avendo una fetta ancora abbastanza
ridotta rispetto al complessivo.
Per quanto riguarda il packaging il con-
sumatore italiano adotta una strategia di
acquisto duplice: da un lato approvigiona
lo stock domestico con le classiche con-
fezioni da 1 kg che poi riversa nei con-
tenitori finali da cui attinge; per l’utilizzo
corrente mostra preferenze anche per le
pratiche bustine monodose che, soprat-
tutto per l’utenza femminile si prestano
molto bene al consumo fuori casa grazie
al facile trasporto nella omnipresente
borsetta.
Per comprendere l’evoluzione del merca-
to è sufficiente prendere ad esempio il
portafoglio prodotti del leader Eridania
che presenta quattro linee diversificate,
a coprire tutte le esigenze di consumo.
produttivo in grado di estrarre il frutto-
sio e il glucosio dal mosto concentrato
senza alterane le caratteristiche chimico-
fisiche. Il prodotto ricavato è sotto forma
cristallina e tale caratteristica produce
un minore impatto ambientale in quanto
occupa una spazio inferiore rispetto al-
la variante tradizionale. Così si possono
abbattere i costi della logistica e l’impat-
to che essa genera sull’ambiente. Non
solo: diventa più agevole lo stoccaggio
e l’utilizzo.
Un aspetto che i consumatori tengono
sempre più in considerazione è la prove-
nienza degli ingredienti. In questo con-
testo Italia Zuccheri ha probabilmente
sfruttato il fatto che le coltivazioni da
cui è tratto il prodotto sono unicamente
nella pianura padana per mettere a se-
gno la miglior perfomance del mercato
nel 2012. Oltre alla referenza classica,
anche in questo caso l’innovazione ha ri-
vestito un ruolo centrale come testimonia
il lancio di una nuova referenza Speciale,
composta da scaglie di zucchero dora-
te. Si tratta di una novità per il mercato
italiano che costituisce il precursore di
una nuova tipologia di prodotto a scaf-
fale caratterizzata dall’elevato valore ag-
giunto. Accanto a questa nuova tipologia,
lo scaffale della gdo ha guadagnato la
presenza di Zuccherissimo, referenza di
posizionamento premium dotato di cer-
tificazione e garanzia di grana sottilissi-
ma e adatta per impieghi particolarmen-
te delicati in cucina in cui è richiesta un
elevata solubilità.
Con l’introduzione di nuove varianti e
sostanzialmente l’incremento della seg-
mentazione del mercato, lo scaffale nella
gdo è diventato più complesso. Per otti-
mizzare le vendite, sono in atto progetti
di category management come quello di
Eridania denominato Category for Grow-
th. Si tratta sostanzialmente di un inedito
modello econometrico (che impatta sul
planogramma dello scaffale) in grado di
migliorare le performance dell’intera ca-
tegoria. Il modello prende in considera-
zione i dati di consumo del singolo pdv e
dell’insegna per realizzare l’assortimento
che meglio soddisfa le esigenze locali.•
C O N S U M I E I N N O V A Z I O N E
18 febbraio 201332
di Ugo Stella
e uova sono quel tipico prodotto che
si avvantaggia dal cambiamento de-
gli stili di vita dovuto alla crisi, essen-
do l’ingrediente base per molte realizza-
zioni del fai da te in cucina. Ed infatti so-
prendentemente la categoria cresce di un
significativo 3,4% in volume, raggiungen-
do, secondo i dati SymphonyIRI Group, la
ragguardevole cifra di 1,8 miliardi di pezzi
nei primi nove mesi 2012, a conferma di
quanto sia un prodotto popolare. Tuttavia
l’effetto di spinta deriva anche dall’evolu-
zione del marketing mix che ha subito la
categoria negli ultimi anni per via di una
segmentazione molto più articolata che
ha movimentato lo scaffale rendendolo
meno commodity e andando incontro a
una domanda in cerca di genuinità e na-
turalezza. Segnatamente si fa riferimento
all’aggiunta di altre sottocategorie, accan-
to alle tradizionali della freschezza e della
dimensione, che stanno portando risultati,
ma anche al miglioramento del packaging
e della comunicazione on pack per valo-
rizzare qualità e caratteristiche.
Le sottocategorie che hanno movimentato
lo scaffale sono quelle create in funzio-
ne di come viene allevata la gallina (vedi:
uova di gallina allevata a terra o allevata
all’aperto) e di come la si nutre (vedi: uova
da agricoltura biologica).
Ne deriva una segmentazione ispirata da-
gli assi di sviluppo benessere, naturalità,
etica, sostenibilità che meglio spiega una
dinamica in valore del +9,9%, nettamente
superiore a quella in volume. Si ricava un
aumento del prezzo medio che non può
essere attribuito all’aumento dei costi di
produzione o a un semplice aumento dei
listini, per altro influenzati solo in parte
dal contesto competitivo caratterizzato
dalla tensione sui prezzi delle materie pri-
me a livello internazionale. infatti, in una
categoria dove il brand viene percepito
dal consumatore come una garanzia di
qualità, gusto e affidabilità e dove il peso
delle private label arriva quasi alla metà
del mercato totale, si capisce come anche
la marca dell’insegna giochi un ruolo ana-
logo a quello della marca e come questa
rassicurazione costituisca un valore deter-
minante in questo ambito. In questo sen-
so va valutata l’introduzione, avvenuta
qualche anno fa,di cui si è giovata l’inte-
ra categoria, della marchiatura stampata
sul singolo uovo contenente la data di
deposizione e l’origine. Un’informazione
di tracciabilità che ha rafforzato l’intera
categoria anche nei confronti della con-
correnza intersettoriale dovuta ad altre
categorie alimentari.•
media valore/volume
2012 vs 2011 (*)
del mercato
2012 (*) 2011 (*)
vendite a valore
vendite a volume
vendite a valore
vendite a volumemedia vendite
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media vendite a valore
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(*) dati relativi ai primi nove mesi dell’anno; fonte: SymphonyIRI Group
C O N S U M I E I N N O V A Z I O N E
18 febbraio 201334
di Ugo Stella
ella filiera lattiero casearia il burro
rappresenta una piccola nicchia in
termini di quota di latte utilizzato
rispetto al totale. Secondo i dati Ismea
nell’ambito dei derivati del latte ,che uti-
lizzano l’81% della quantità totale, la cate-
goria burro copre solo l’1,8% contro il 91%
dei formaggi. Quantità esigue in presenza
di una tendenza alla contrazione del mer-
cato che rappresenta un dato strutturale
nel lungo periodo. Quindi il fatto che nel
corso del 2012 il mercato sia aumentato
in quantità (+3,7%) e in valore (+6,2%)
assume una particolare rilevanza che va
spiegata. L’aumento in volume corrispon-
de a una mutata situazione di atteggia-
mento da parte degli italiani, come indica
una ricerca del 2012 di AstraRicerche
per cui nell’ultimo decennio la percen-
tuale che apprezza questo prodotto è
decisamente cresciuta, arrivando oggi al
47% della popolazione. Si tratta di 15,7
milioni di 15-70enni, tra i quali emergono
5,2 milioni definibili come supporter en-
tusiasti. Con una curiosità: sono i ceti più
abbienti e colti a guidare la ricostruzione
dell’immagine del burro, anche al di fuori
della sua tradizionale area di diffusione.
D’altronde a favore del burro gioca, con
la crisi, l’aumento della domanda legata
al fai da te in cucina che spinge a un
maggiore utilizzo degli ingredienti base.
Non solo, ma bisogna sottolineare che
anche lo scaffale del burro, negli ultimi
anni, si è segmentato introducendo nuo-
ve tipologie di prodotto dieteticamente
più salutari, come il burro alleggerito, con
riduzione di grassi e colesterolo, il burro
bio, il burro aromatizzato, concepito co-
me condimento della pasta, e infine il
burro senza lattosio arrivato quest’anno.
Per effetto di questo aumento di varietà
dei tipi di burro si può quindi parlare di
progressivo passaggio dal burro ai burri,
che agisce positivamente sia verso i vo-
lumi venduti, sia verso il valore, perché
la spesa si sposta in direzione di tipo-
logie innovative, solitamente con prezzo
unitario più alto. Tuttavia, l’aumento in
valore è da attribuire anche all’aumento
dei listini causato dalle tensioni sui prezzi,
verificatosi nel secondo semestre 2012, in
forza di una accresciuta domanda inter-
nazionale di tutti i derivati del latte che ha
invertito l’andamento flessivo che aveva
avuto negli ultimi 12 mesi. E questo no-
nostante la frammentazione dei produt-
tori (confermata dal 16,5% del peso dei
primi tre competitor e la forte- presenza
di private label, pari al 31,7%), assegni
alla gdo un forte potere contrattuale che
tende a contenere, a danno dei produt-
tori, l’effetto dell’aumento dei prezzi.•
media valore/volume
2012 vs 2011 (*)
del mercato
2012 (*) 2011 (*)
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(*) dati relativi ai primi nove mesi dell’anno; fonte: SymphonyIRI Group
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18 febbraio 201336
di Davide Bernieri
no degli ingredienti insostitui-
bili della cucina italiana, delle
pietanze che caratterizzano la
nostra tradizione a tavola, dalla pizza
all’intramontabile spaghetto al pomo-
doro: la passata di pomodoro nel cor-
so dello scorso anno ha mostrato una
spiccata dinamicità, dopo alcune sta-
gioni nelle quali il pallino dell’innova-
zione di prodotto aveva premiato tipo-
logie di conserve rosse più moderne,
come la polpa di pomodoro, in tutte
le sue varianti, oppure i rossi ricetta-
ti, ritenuti concept più adatti al gusto
del consumatore in rapida evoluzione.
La passata, con il suo appeal “tradi-
zionale”, era rimasta stritolata nella
battaglia sul prezzo più basso, fagoci-
tata da una dinamica di acquisto stile
“commodity”, nella quale la marca e le
sue valenza passano in secondo piano,
vista l’assoluta sostituibilità dei vari
prodotti sotto il profilo della per for-
mance gustativa e di prezzo.
Un trend, questo, che si è arrestato, al-
meno parzialmente, grazie all’impegno
dei maggiori competitor del mercato
che hanno investito per dare nuovo
smalto a questo prodotto, cercando
di contrastare la continua perdita di
valore, un comune denominatore, tan-
to più in questi anni di crisi.
Secondo i dati elaborati da Sympho-
nyIRI Group, le vendite di passata di
pomodoro sono cresciute del 7,6% a
valore e dello 0,7% a volume. Risultati,
questi, di una cer ta rilevanza, tanto
più che il prodotto ha una diffusione e
una penetrazione molto elevata tra le
scelte di acquisto dei nuclei famigliari
tricolori. Secondo l’istituto di ricerca
internazionale, il controvalore com-
plessivo delle vendite nell’anno termi-
nante a settembre 2012 ha raggiunto
quota 173 milioni di euro. Nel totale
anno la categoria ha generato oltre
235 milioni di euro nel 2012, contro
i 220 del 2011, mostrando quindi un
buon ritmo.
Naturalmente la crisi economica in at-
to può spiegare le ragioni di questo
trend: il ritorno, volenti o nolenti, di
molti nostri connazionali ai fornelli con
l’esigenza di abbattere quando possi-
bile il costo cibo dal budget delle fa-
miglie, ha determinato il riappropriarsi
di categorie di prodotto di base, che
media valore/volume
2012 vs 2011 (*)
del mercato
2012 (*) 2011 (*)
vendite a valore
vendite a volume
vendite a valore
vendite a volumemedia vendite
a volume
quota pl(a tutto 2012)
media vendite a valore
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(*) dati relativi ai primi nove mesi dell’anno; fonte: SymphonyIRI Group
C O N S U M I E I N N O V A Z I O N E
7 settembre 2011 37
Per la passata di pomodoro, prodotto
di base nel quale è pressoché impos-
sibile innovare la ricettazione, sono
il packaging e gli aspetti ambientali
legati alla filiera di produzione gli ele-
menti sui quali le aziende di marca
stanno lavorando.
Nel primo caso, le passate di ultima
generazione sono state lanciate in bot-
tiglia in pet al posto del vetro, per ve-
nire incontro alle esigenze di maggiore
praticità espresse dal consumatore.
Anche i formati si sono moltiplicati: a
fianco della tradizionale bottiglia da
700 ml sono comparsi packaging di
i produttori stanno
cercando di accrescere
il valore aggiunto
rappresentano le fondamenta del no-
stro stare a tavola.
La passata di pomodoro è un prodot-
to emblematico di questa tendenza
perché permette a tutti, con poche e
semplici mosse, di realizzare un su-
go per la pasta, personale e di grande
soddisfazione, oppure di condire una
pizza di fattura casalinga, tagliando
la spesa per i consumi fuoricasa che,
infatti, stanno mostrando una frenata
molto evidente.
Il risultato, così come si può desumere
scorrendo la lista dei mercati più per-
formanti del 2012 secondo rilevazioni
SymphonyIRI Group, è che molte ca-
tegorie che nelle ultime stagioni sono
state offuscate da prodotti a maggiore
contenuto di servizio aggiunto, oggi si
prendono una rivincita.
Allo stesso tempo, i maggiori produt-
tori di conserve rosse “branded” stan-
no operando per innalzare il valore dei
propri prodotti, con l’obiettivo di dare
struttura e più solidità a questa cre-
scita.
dimensioni più contenute dedicate ai
nuclei famigliari d’oggi.
E il pomodoro sta diventando sempre
più sostenibile: sui temi ambientali, in-
fatti, alcuni produttori hanno puntato
su un maggiore controllo della filiera,
per individuare (e ridurre) l’impronta
ecologica della passata, nel tentativo
di intercettare i consumatori più eco-
attenti.
Il mercato della passata di pomodoro,
così come di tutte le altre “rosse” si
conferma piuttosto frammentato sotto
il profilo competitivo: a fianco di grandi
marche a livello nazionale (le prime tre
aziende si spartiscono una quota a va-
lore intorno al 48%) appaiono marche
regionali che hanno una posizione di
forza locale.
Le private label spuntano una quota
di mercato appena superiore al 20%,
che si può ritenere un buon risultato
considerando l’elevata promozionalità
applicata sulla categoria che, spesso,
rende disponibile prodotti branded a
un prezzo conveniente.•
C O N S U M I E I N N O V A Z I O N E
18 febbraio 201338
di Francesco Oldani onostante la categoria merceologi-
ca dei piatti pronti sia identificata
come IV o V gamma e circoscritta
precisamente per caratteristiche e modo
di utilizzo, esiste un’ampia gamma di fo-
od product che pur rientrando in tutt’altre
categorie, si caratterizza per la possibilità
di essere consumata senza preparazione
e quindi considerabile alimento pronto.
Qui troviamo le conserve ittiche -tonno in
primis- gli affettati e salumi, pizze pronte,
formaggi a fette ecc. Ognuna di queste
categorie merceologiche ha registrato una
dinamica di vendita propria, influenzata
dalla crisi dei consumi. Tuttavia, guar-
dando con attenzione dentro i numeri si
scopre che il consumatore non intende
rinunciare ai cibi dal consumo senza pre-
parazione, o dal consumo veloce, perché
impattano positivamente sulle reali esi-
genze personali e familiari. In primis gli stili
di vita che, soprattutto nel tessuto urbano,
sono caratterizzati dall’essere “time co-
suming”. Una famiglia in cui i componenti
genitoriali sono impegnati con l’attività
lavorativa, fa spesso i conti con una delo-
calizzazione extra quartierale delle loca-
tion di destinazione (scuole, asili, luoghi
di lavoro ecc) e questo, assommato con
una mobilità cittadina, e soprattutto pro-
vinciale, non propriamente agevole, riduce
i tempi disponibili per il consumo di cibo e
Consumare tra le mura domestiche cibi che non necessitano preparazione incontra e sostiene gli stili di vita attuali... e futuri
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18 febbraio 2013 39
per la preparazione dello stesso. Vi sono
poi altri fattori che depongono a favore del
consumo di cibi senza preparazione: nel
caso delle conserve ittiche le proprietà del
pesce negli ultimi anni sono state molto
valorizzate da campagne di sensibilizza-
zione sulle buone diete; nel caso di affet-
tati e salumi è presente un orientamento
spesso femminile nel ricercare cibi proteici
senza carboidrati, nella perenne lotta per
il controllo del peso corporeo.
Occorre comunque sottolineare che i ci-
bi di cui parliamo nelle prossime pagine
non possono rappresentare una soluzione
completa alla dieta del consumatore, an-
zi l’assunzione continuativa ed esclusiva
comporta sbilanciamenti dietetici da non
sottovalutare. Tuttavia la consapevolezza
del consumatore circa l’alimentazione è
molto cresciuta negli ultimi anni e la scelta
del cibo tende a raggiungere un compro-
messo tra modalità e salubrità.
Quanto gli stili di vita moderni richiedano
risposte “quick” anche nell’alimentazione
è confermato anche nell’analisi dei canali
di vendita. Si scopre che spesso i format
urbani e quindi di minore superficie, per-
formano bene rispetto ai cibi pronti all’uso
proprio perché nella contingenza il consu-
matore utilizza il punto di vendita anche
per una soluzione immediata del momento
del pranzo o della cena.
Nonostante la crisi dei consumi, si può
dire che il futuro per queste categorie mer-
ceologiche è roseo e promettente proprio
perché in diversi casi rappresentano un
“problem solver” efficace. Fermo restando
questo aspetto, l’innovazione potrà aprire
anche il mercato a prodotti oggi marginali,
magari riducendo lo spazio delle propo-
ste classiche e “antiche”. Tutto sommato
è pensabile che potranno essere soprat-
tutto le modalità di consumo a ricevere
dall’industria una maggiore spinta innova-
tiva, forse meno le tipologie di cibo se non
in varianti delle proposte attuali presenti
stabilmente nella piattaforma nutrizionale
dell’alimentazione degli italiani.•
il consumo di conserve ittiche
nel 2012*
+ 11%
la crescita a valore dei surgelati a base
di pizza (2012)*
+ 5,7%
la crescita a valore degli affettati
(2012)*
+ 6,3%
*Fonte: Symphony Iri
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18 febbraio 201340
di Marilena Colussi
on può meravigliare che un merca-
to di cui il pezzo forte è il salmone
si muova controcorrente e riesca a
crescere anche in un momento congiun-
turale difficile.
Davvero positiva la dinamica nel 2012
delle specialità ittiche, sia a volume che
a valore di vendite, così come è stato re-
gistrato da SymphonyIRI Group nella gdo.
L’andamento delle vendite segna in-
fatti un incremento rispettivamente
del +7,3% a volume e ben del +10,7%
a valore nel periodo settembre 2012
rispetto a settembre 2011.
Significa che si è verificato un incre-
mento di prezzo di oltre il 3%, e su ar-
ticoli dal prezzo unitario abbastanza si-
gnificativo non si tratta di un’impresa
facile. Si tratta di un trend importante,
considerando l’acuirsi della crisi socio-
economica nell’ultimo anno: l’offerta di
gastronomia ittica nella gdo è ormai
ampiamente ar ticolata e di qualità
ed evidentemente rappresenta per il
consumatore una buona scelta (ma-
gari anche a fronte del calo di utilizzo
della ristorazione fuori casa, pizzerie e
ristoranti).
La dinamica delle vendite delle specia-
lità ittiche è in continua crescita anche
se analizziamo i dati a partire dal 2009,
sia volume che a valore.
Un trend che con tutta evidenza è il
riflesso di investimenti e cambiamen-
ti: numerose sono state le innovazioni
produttive giunte sui banchi della ga-
stronomia e nei reparti freschi della
gdo in questi ultimi anni.
Sempre più il consumatore ha a dispo-
sizione varietà ittiche e preparazioni
gastronomiche, oltre che nuovi packa-
ging al fine di coprire le molteplici esi-
genze di utilizzo.
Il valore complessivo delle vendite dei
primi tre brand rappresenta il 26% del-
le vendite a valore e la quota dei pro-
dotto a marchio dell’insegna risulta di
poco superiore (28,2%). Questo signi-
fica che esiste un’accentuata parcelliz-
zazione del mercato, con un flottante
rappresentato da molti altri produttori
e marchi.
Dalle più recenti indagini presso i con-
sumatori e acquirenti in gdo si confer-
ma la buona immagine del pesce, sia
nel contesto dei valori gastronomici
che nutrizionali. Tale background rin-
media valore/volume
2012 vs 2011 (*)
del mercato
2012 (*) 2011 (*)
vendite a valore
vendite a volume
vendite a valore
vendite a volumemedia vendite
a volume
quota pl(a tutto 2012)
media vendite a valore
pl valore(a tutto 2012)
(*) dati relativi ai primi nove mesi dell’anno; fonte: SymphonyIRI Group
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7 settembre 2011 41
La Dispensa delle DelizieLinea FrescoLinea Dolce
Più di un cesto, un successo. Degli 8.000 cesti prodotti al giorno da Casella - uno dei maggiori produttori italiani di confezioni regalo gastronomiche - nei magazzini dell’azienda, al 21 dicembre 2012, si registrava il tutto esaurito. I dati positivi si traducono in un successo di mercato che premiano le scelte strategiche dell’azienda.La prima: la selezione dei prodotti migliori, allo scopo di privilegiare la qualità e offrire l’eccellenza, sempre. La seconda: una previsione strategica che ha permesso di produrre quello che il mercato ha poi effettivamente richiesto. La terza: la continua evoluzione dell’azienda che unisce alla grande esperienza la capacità di interpretare
e anticipare i trend del settore. Ecco perché Casella, per la campagna Natale 2012, ha deciso di investire in comunicazione rinnovando la sua immagine e
portando nel canale GDO novità molto apprezzate dal mercato: due linee di prodotti ispirate ai sapori artigianali, la linea freschi “La Dispensa delle Delizie”, la linea dolce
“Ricette d’altri Tempi”. A Lazzate, dove l’azienda ha sede, dopo un bilancio positivo che ha soddisfatto le aspettative già si pensa al prossimo Natale.
[email protected] | tel. +39 02 9669181
I problemi o quanto meno le difficoltà
segnalate più volte dal consumatore re-
stano quelle dell’assortimento limita-
to e incostante anche all’interno delle
stesse insegne.
Dalle esperienze dei focus group emer-
ge che nel vissuto dei consumatori il
rappor to tra qualità e prezzo non è
sempre giudicato corretto. La gastro-
nomia ittica, in particolare quella fre-
sca, è spesso percepita come eccessi-
vamente cara rispetto al pesce fresco
da preparare. Inoltre ,non sempre è
considerata freschissima ed eccellen-
te dal punto di vista qualitativo.
Un’altra problematica emersa nelle
il mercato cresce bene ma secondo i clienti non
sempre il prezzo è corretto
forza le prospettive di crescita delle
proposte di gastronomia ittica fresca
nella gdo, in vir tù del fatto che ag-
giungono al pesce i plus del servizio e
dell’innovazione, stimolando gli acqui-
sti e allargando il target dei potenziali
consumatori.
Crescono gli acquisti di preparazioni a
base pesce con il plus della ricettazio-
ne gastronomica e/o con il plus dell’ac-
curata pulizia (pronto da cuocere): so-
no in aumento sia nel reparto della pe-
scheria a peso, sia nelle vaschette di
pesce fresco pre-confezionato, e anche
che nel reparto dei surgelati, dove la
gamma delle specialità ittiche è sem-
pre più varia e soprattutto meno “basi-
ca”. Inoltre, si assiste a un interessante
dinamismo delle specialità ittiche di ti-
po nordico: salmone e affini affumicati
e marinati. Sono, infine, in aumento le
vendite di sughi e condimenti freschi a
base pesce, nonostante l’offerta negli
scaffali della gdo sia mediamente an-
cora sottodimensionata alla domanda
potenziale.
analisi del consumatore è la mancanza
di comunicazione, come ad esempio le
indicazioni chiare sugli ingredienti uti-
lizzati, penalizzando l’impulso all’ac-
quisto e la fidelizzazione.
La gastronomia ittica fresca si con-
ferma quindi come un comparto po-
tenzialmente interessante, ma che
potrebbe ulteriormente evolvere con
gli opportuni investimenti: credendo
innanzitutto nel valore del servizio of-
ferto, ma anche puntando di più negli
assaggi, nell’innovazione, nel coin-
volgimento (ef fettuando preparazio-
ni a vista ad esempio), nella qualità,
nell’estetica, negli abbinamenti, nella
comunicazione e non ultimo nel giusto
rapporto qualità-prezzo.
Ci sono alcune strade che si potrebbe-
ro percorrere: ad esempio proporre le
ricette e le preparazioni di successo di
chef rinomati o proposte nelle trasmis-
sioni televisive.
In tempi di crisi bisogna anche saper
osare, essere innovativi e ancor più in-
vestire.•
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18 febbraio 2013 43
di Marilena Colussi
e performance di vendita dei pro-
dotti a base pizza nel reparto sur-
gelati della gdo sono mediamente
positive nell’ultimo periodo considera-
to, cioè da settembre 2011 a settembre
2012. La crescita è, inoltre, tra le più
equilibrate sia a volume, con un +5,7%,
sia a valore (+4,9%), così come ha regi-
strato SymphonyIRI Group a totale dei
canali della gdo.
Il mercato è fortemente presidiato dai
primi tre brand che totalizzano quasi il
60% delle vendite a valore. Anche le pl
registrano una quota significativa di ven-
dita, pari al 25%. Se guardiamo le perfor-
mance di vendita sul più lungo periodo,
cioè dal 2009, si nota che la migliore per-
formance nel venduto di questi prodotti
è stata nel 2010. In effetti, nel 2011 e
2012 non ci sono state molte innovazio-
ni su questa categoria di prodotti, per lo
meno relativamente ad altri prodotti food
qui analizzati tra i trend setter.
Allo stesso tempo, è aumentata la com-
petizione da parte delle pizze finite e
delle basi lievitate fresche prodotte e/o
vendute nei reparti di panificazione fre-
sca della gdo.
La pizza continua, comunque, ad essere
un alimento molto amato dai consuma-
tori italiani, nonostante il profilo calorico
e le problematiche di tollerabilità legate,
ad esempio, alla presenza di glutine e
al tipo di lievitazione (spesso chimica).
Nella versione surgelata, la praticità re-
sta un punto di forza della pizza, anche
se l’utilizzo del forno tradizionale per
lo scongelamento, il riscaldamento e il
completamento della cottura per mol-
ti consumatori è un’operazione troppo
lunga ed energeticamente costosa. Sul-
la convenienza di prezzo delle pizze sur-
gelate rispetto a quelle fresche, i pareri
tra gli acquirenti sono diversi: il rapporto
qualità-prezzo non sempre è giudicato
favorevole rispetto alle versioni fresche
e, ancor meno, al fai da te. Si segnala
anche l’opportunità di introdurre confe-
zioni maxi o multi-pack, ideali sia per le
feste casalinghe che per consumi modu-
lari/al pezzo.
Concludiamo con due segnalazioni. La
prima è la richiesta che emerge dal con-
sumatore italiano di avere ancora più
qualità, intesa come fragranza e gusto-
sità. Un’altra segnalazione riguarda la
qualità e la naturalità ingredientistica
tanto della pasta lievitata quanto dei
condimenti e delle ricettazioni.•
media valore/volume
2012 vs 2011 (*)
del mercato
2012 (*) 2011 (*)
vendite a valore
vendite a volume
vendite a valore
vendite a volumemedia vendite
a volume
quota pl (a tutto 2012)
media vendite a valore
pl valore(a tutto 2012)
(*) dati relativi ai primi nove mesi dell’anno; fonte: SymphonyIRI Group
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18 febbraio 201344
Davide Bernieri
uadagnano altro terreno nelle
abitudini di acquisto dei nostri
connazionali i formaggi fusi in
fette. Le ragioni sono molteplici,
anche se gli effetti della revisione delle
spesa determinata dalla crisi economica
e da una “cascata” di cambiamenti nel-
le modalità di consumo durante tutta la
giornata, sono gli elementi determinanti
di questo fenomeno. Dal report di Sym-
phonyIRI, riferito all’anno terminante a
settembre 2012, totale Italia iper + su-
per + Lsp, le vendite di fusi a fette so-
no cresciute, rispetto allo stesso periodo
dell’anno precedente, dell’1,1% a volume
e del 4,6% a valore, sfiorando quota 147
milioni di euro di controvalore complessi-
vo. Alla base di questa progressione delle
vendite, sta anche l’attività dei principali
competitor, che operano in un mercato
estremamente concentrato, visto che le
prime tre aziende per volume di vendita si
spartiscono il 75% del totale. In ogni caso,
le imprese si sono mosse su due direttrici
principali, con lo scopo di creare valore al
prodotto e alla marca: da un lato, con una
segmentazione sempre più puntuale per
destinazione d’uso; dall’altro, con un innal-
zamento qualitativo della proposta che ha
visto la nascita di prodotti premium con un
posizionamento superiore alla media. Su
questo mercato, la marca svolge un ruolo
di rassicurazione ancora molto forte e, di
fatto, il leader consolidato, il cui brand è
diventato “sinonimo” dell’intera categoria,
mantiene il pallino dell’innovazione, oltre
a continui investimenti in comunicazione.
In questo modo, a fianco dei fusi a fette
basic, sono state lanciate proposte inno-
vative, con promesse di performance su-
periore, ripiene o destinate a un consumo
“a freddo”. Oppure, sono state lanciate
item che fanno riferimento ai grandi for-
maggi Dop come il Parmigiano-Reggiano
e che, quindi, beneficiano dell’immagine
superiore, in termini di rassicurazione e di
gusto, che questi prodotti caseari hanno
nei confronti del consumatore medio.
Un ultimo fatto, che può spiegare la pro-
gressione delle vendite, è legato alla fre-
nata del fuoricasa: le vendite di fusi a fette
hanno beneficiato dello spostamento per
la pausa pranzo, dal sandwich acquistato
al bar alla preparazione domestica di toast
o tramezzini, per ridurre l’impatto di que-
sta voce sul bilancio famigliare.
In un mercato con queste caratteristiche,
le private label hanno ancora un ruolo
secondario: hanno raggiunto, infatti, una
quota del 15,9%, inferiore alla media del
confezionato nel nostro Paese.•
media volume/valore
2012 vs 2011 (*)
del mercato
2012 (*) 2011 (*)
vendite a valore
vendite a volume
vendite a valore
vendite a volumemedia vendite
a volume
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pl valore(a tutto 2012)
(*) dati relativi ai primi nove mesi dell’anno; fonte: SymphonyIRI Group
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18 febbraio 2013 45
di Davide Bernieri
ome accaduto nelle ultime stagio-
ni, anche nel 2012 è proseguita
la crescita dei formaggi freschi
industriali nelle scelte di acquisto dei
nostri connazionali.
Un trend frutto di fattori concomitan-
ti che riguardano il cambiamento delle
scelte alimentari da parte degli italia-
ni che privilegiano prodotti più leggeri,
versatili e facili da consumare, magari
con packaging evoluti che permettono
un consumo differito nel tempo perché
richiudibili, oppure con pratiche mo-
noporzioni che consentono anche una
fruizione agevole lontana dalle mura di
casa.
Così a fianco di alcune referenze che
hanno fissato i parametri qualitativi e
competitivi della categoria, e che con-
tinuano ad avere una forte presa sui
consumatori in virtù della loro pluride-
cennale presenza sul mercato, vengono
lanciate nuove referenze, magari frutto
di brand extension, per andare a colpire
particolari cluster di consumatori o per
cercare di smarcarsi dall’ingombrante
presenza di un leader forte e riconosciu-
to, attraverso l’esplorazione di nicchie.
Dalla lettura dei dati di SymphonyIRI
Group si evidenzia che le vendite sono
progredite sia a valore che a volume:
nell’anno terminante a settembre 2012,
formaggi freschi industriali hanno regi-
strato un +4% a valore e un +3,1% in
quantità rispetto allo stesso periodo
precedente. Le stime sul consuntivo
2012 dicono che le vendite a valore di
questi prodotti si sono attestate a quota
244 milioni di euro, contro i 236 milioni
di euro del 2011. Si tratta di tendenze
molto importanti, soprattutto in un pa-
norama Lcc 2012 nel quale i segni meno
l’hanno fatta da padroni in numerose
categorie.
Il mercato dei formaggi freschi indu-
striali si presenta molto concentrato,
con grandi player internazionali che si
spartiscono i primi posti della classifica
delle vendite: i competitor che finiscono
sul podio, concentrano oltre l’85% delle
vendite a valore nel loro complesso, a
conferma dell’importanza della marca
su questo mercato come elemento di
rassicurazione del consumatore.
Davvero esigua la quota a valore rac-
colta dai formaggi freschi industriali a
marchio del distributore: solo il 4,5%,
un valore ancora molto lontano dalla
media Lcc.•
media valore/volume
2012 vs 2011 (*)
del mercato
2012 (*) 2011 (*)
vendite a valore
vendite a volume
vendite a valore
vendite a volumemedia vendite
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(*) dati relativi ai primi nove mesi dell’anno; fonte: SymphonyIRI Group
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di Davide Bernieri
uò una calamità naturale dare un
maggior impulso alle vendite di un
prodotto alimentare? Il terremoto
che ha colpito una parte dell’area di pro-
duzione del Parmigiano-Reggiano e del
Grana Padano, con stalle e caseifici che
hanno dovuto interrompere la produzione
e, soprattutto, con gravi ripercussioni sul-
le forme in fase di stagionatura, ha dimo-
strato come gli italiani amino e apprezzino
questi due formaggi, colonne portanti del
settore caseario nazionale. Così, le “chari-
ty sell” organizzate sfruttando le potenzia-
lità della rete e dei social network hanno
fatto il pieno di adesioni, ma pressoché
tutti i canali di vendita hanno fatto regi-
strare buoni andamenti di sell-out. Secon-
do i dati SymphonyIri Group, le vendite di
grana e simili a sono cresciute, rispetto
allo stesso periodo precedente, del 7,1%
a valore e del 5% in quantità. Complessi-
vamente nel 2012 le vendite di formaggi
grana e simili hanno raggiunto un contro-
valore stimato in 446 milioni di euro.
Secondo i dati SymphonyIri Group, i primi
tre competitor si spartiscono una quota
di vendite a valore che raggiunge il 45%
del totale, “tallonati” dalle private label
che, su questo mercato, sfiorano la quo-
ta stratosferica del 40% e rappresentano,
quindi, la prima forza in senso aggregato.
Naturalmente, la presenza dei consorzi di
tutela, e la loro azione nella salvaguardia
della qualità di questi due formaggi, rap-
presenta una garanzia ulteriore per il con-
sumatore che sceglie il prodotto a marchio
consapevole di spuntare un favorevole
rapporto prezzo/qualità. Ma, su questo
campo, anche le industrie branded hanno
portato avanti una politica commerciale
nella quale la promozionalità ha un ruolo
sempre più importante. Non mancano gli
apprezzamenti per chi, come il leader di
mercato, ha saputo segmentare l’offerta
con prodotti ad alto contenuto di servizio,
riuscendo comunque a mantenere sotto
controllo i prezzi, favorendo così l’aware-
ness della marca.
Parmigiano-Reggiano e Grana Padano,
quindi, mantengono il loro forte appeal
nei confronti del consumatore italiano
anche in tempi di crisi. Naturalmente la
spending review messa in atto dalle fa-
miglie ha determinato un certo cambia-
mento nelle abitudini di acquisto, sem-
pre in virtù della ricerca di convenienza.
Cresce, per esempio, la propensione
all’acquisto di pezzi interi a dispetto dei
formati snack.•
media valore/volume
2012 vs 2012 (*)
del mercato
2012 (*) 2011 (*)
vendite a valore
vendite a volume
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vendite a volumemedia vendite
a volume
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(*) dati relativi ai primi nove mesi dell’anno; fonte: SymphonyIRI Group
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di Davide Bernieri
i tratta di una delle categorie più
importanti del mercato alimen-
tare nazionale, capace di riuni-
re la penisola da Nord a Sud in
un’unica formula di consumo e fruizione,
pur mantenendo la specificità su base ter-
ritoriale che da sempre caratterizza la tra-
dizione italiana in questo settore. Il mer-
cato dei salumi affettati, nonostante una
penetrazione molto elevata tra le famiglie
italiane, mantiene insomma uno spiccato
dinamismo.
Le vendite di affettati sono cresciute del
6,3% a valore e del 5,9% a volume rispet-
to allo stesso periodo precedente. Ma i
numeri ci indicano che il sell out della
categoria fa registrare un trend di cresci-
ta continua dal loro debutto sul mercato
sino ad oggi. Si tratta di una tendenza
che si è fatta strada piuttosto lentamen-
te, a causa di un certo conservatorismo
dei consumatori italiani nel modificare le
proprie abitudini di acquisto, cui si ag-
giunge la percezione di una qualità in-
feriore del prodotto “imbustato” rispetto
al corrispettivo tagliato fresco, almeno
in fase di debutto. Oggi,questa distan-
za si è ridotta sensibilmente, grazie a
un’evoluzione tecnologica del packaging
che permette una maggiore salvaguar-
dia del prodotto e riduce questo spread
qualitativo.
Anche il prezzo, in calo generalizzato in
virtù di una politica promozionale più ag-
gressiva, non rappresenta più una barrie-
ra significativa all’acquisto: oggi, i salumi
preaffettati rappresentano la possibilità
per le famiglie italiane di avere in frigo-
rifero un prodotto versatile, capace di
soddisfare più esigenze durante la gior-
nata, dal secondo piatto rapido e gustoso
alle formule di consumo on the go, come
contenuto di panini per la pausa pranzo
o la merenda. Senza contare le infinite
possibilità di creare appetizer e antipasti
anche per il consumo domestico.
La quota raggiunta dai salumi preaffettati
a marchio, intorno al 32% delle vendite a
valore, indica che permane una richiesta
di convenienza da parte dei consumatori.
Del resto, il mercato dei preaffettati ha
una situazione competitiva che ricalca
quella dei salumi nel loro complesso, con
una forte frammentazione che vede alcu-
ni grandi brand che operano sul merca-
to nazionale, affiancati da piccole realtà
con un forte radicamento locale oppure un
elevato grado di specializzazione a livello
di prodotto. Oggi, secondo SymphonyIRI
Group, i primi tre competitor raggiungono
congiuntamente una quota del 31,7%.•
media volume/valore
2012 vs 2011*
del mercato
2012 (*) 2011 (*)
vendite a valore
vendite a volume
vendite a valore
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a volume
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(*) dati relativi ai primi nove mesi dell’anno; fonte: SymphonyIRI Group
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18 febbraio 201348
di Davide Bernieri
ersatile, gustoso, apprezzato da
grandi e piccoli. E con un prezzo
euro/kg di sicuro appeal per le fa-
miglie italiane alla ricerca di soluzioni per
il pasto che siano economiche e di facile
preparazione/consumo.
I dati riguardanti il mercato dei wurstel
vedono le vendite crescere a buon ritmo,
nonostante l’elevata penetrazione di que-
sto prodotto nelle scelte dei nostri con-
nazionali: secondo SymphonyIri Group,
i salsicciotti cotti di matrice germanica
hanno fatto segnare un +3,8% a valore e
un +3,1% a volume. Le vendite a valore di
wurstel stimate a dicembre 2012 hanno
raggiunto i 265,7 milioni di euro.
Tradizionalmente, sono le regioni del
Mezzogiorno, a dispetto delle mitteleu-
ropee origini di questo prodotto, il sesto
nella classifica delle tipologie di salume
più vendute in Italia, le più ricettive per i
wurstel, forse proprio in virtù della con-
venienza del prodotto.
All’interno del mercato dei wurstel, ormai
da qualche stagione, si sta verificando
un cambiamento nelle scelte dei nostri
connazionali, che stanno privilegiando i
prodotti da carne bianca (pollo e tacchi-
no) rispetto al suino. Uno spostamento
che sta facendo rizzare le antenne a tut-
ti i maggiori produttori, che spingono le
proprie linee di wurstel da carne bianca,
in taluni casi oggetto di restyling dell’im-
magine proprio per incontrare i favori del
consumatore moderno. A livello di marke-
ting, infatti, accanto ai brand tipici della
tradizione alpino/germanica emergono
una serie di prodotti che vogliono espri-
mere concetti più in linea con l’odierno
salutismo a tavola in materia di conte-
nuto di grassi. Piuttosto sottotono l’in-
novazione di prodotto: dopo la fiammata
ottenuta dai formati snack nelle scorse
stagioni, oggi non si vedono all’orizzonte
grandi rivoluzioni né sotto il profilo dei
pack, né delle ricettazioni.
Guardando alla situazione competitiva,
emerge un mercato nel quale a fianco di
marchi nazionali, che possono giocare
su una lunga tradizione e su brand forti
con un elevato livello di riconoscibilità e
fiducia da parte dei consumatori, le pri-
vate label si stanno affermando in modo
crescente. I wurstel a marchio del distri-
butore oggi rappresentano una quota a
valore superiore al 25%, contro il 51%
espresso dai primi competitor che oc-
cupano i primi tre posti nella classifica
delle vendite.•
media valore/volume
2012 vs 2011 (*)
del mercato
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vendite a valore
vendite a volume
vendite a valore
vendite a volumemedia vendite
a volume
quota pl (a tutto 2012)
media vendite a valore
pl valore(a tutto 2012)
(*) dati relativi ai primi nove mesi dell’anno; fonte: SymphonyIRI Group
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18 febbraio 201350
di Gino Pagliuca erché gli italiani fanno la spesa
spesso? Certamente per rispar-
miare, perché saltabeccando da
un supermercato all’altro (facile immagi-
nare con quanta gioia per chi si occupa
di loyalty) si può usufruire di più promo-
zioni e quando si va con una lista della
spesa ridotta in genere si cede meno
alle tentazioni di ulteriori acquisti. Ma
c’è anche un’altra ragione. Lo shopping
alimentare è frequente perché i nostri
connazionali vogliono mangiare prodotti
freschi.
Lo dice un’ampia ricerca condotta da
trnd Italia, società di marketing spe-
cializzata nelle strategie di passaparola,
che ha chiesto alla community di oltre
75.000 italiani iscritti al suo sito trnd.
it di raccontare le proprie abitudini in
cucina.
La maggior parte degli italiani (il 54%)
ricerca un compromesso non sempre
facile tra qualità e prezzo. Nel 42% dei
casi si dicono disposti a pagare di più
per ingredienti di prima qualità, nella
consapevolezza che l’abilità in cucina da
sola non basta se non si dispone di una
materia prima di qualità. Il 60% con-
fronta regolarmente i prezzi dei prodotti
alimentari cui è interessato, ma solo in
Un’analisi sulle preferenze della community trnd.it dà conto sulle tendenze in atto sulla spesa e sulle scelte in fatto di cibo
C O N S U M I E I N N O V A Z I O N E
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un caso su cinque (precisamente fa co-
sì il 21% del campione) è guidato nella
scelta solo dal fattore prezzo.
Solo l’1% dichiara di non essere inte-
ressato al prezzo (ma forse non aveva
capito la domanda...), mentre, e tornia-
mo a quanto dicevamo sopra, nel 91%
dei casi si fa la spesa con grande fre-
quenza e per il 71% degli interpellati la
scelta dei prodotti freschi è giudicata
irrinunciabile.
Lo stereotipo dell’italiano indaffarato
e costretto a vivere con un veloce pa-
nino a mezzogiorno non trova riscon-
tro nell’analisi di trnd.it, ma la cosa
non meraviglia, perché non si tratta
di un’analisi campionaria
della popolazione italiana,
ma di un’indagine effettua-
ta presso una community
riunita attorno a un blog
e quindi prevalentemente
costituita da giovani che
spesso, loro malgrado, di-
spongono di tempo libero
in quantità per mancanza
di un’occupazione fissa dal
mattino alla sera. E anche
questo potrebbe servire a
spiegare perché il 43% dei
rispondenti abbia dichia-
rato di mettersi ai fornelli
anche più volte al giorno.
Sarebbe interessante capi-
re se il successo dei pro-
grammi televisivi dedicati alla cucina
(un fenomeno anglosassone ormai
esploso in maniera clamorosa anche
da noi) abbia intercettato un trend in
atto o se il ritorno degli italiani in cuci-
na sia stato in qualche modo agevolato
dalla tv.
Resta il fatto che per il 94% dei parte-
cipanti al sondaggio cucinare è un pia-
cere. Quasi uno su tre possiede oltre
10 libri di ricette e il 72% si cimenta
nella preparazione di piatti prendendo
spunto da indicazioni trovate su riviste
e giornali e questo nel 10% dei casi
avviene più volte alla settimana (10%).
Resta fondamentale l’aspetto social
della cucina. Secondo l’analisi il 70%
delle persone invita regolarmente amici,
parenti e conoscenti a pranzo o a cena
preparando per loro mentre un italiano
su nove mangia con gli amici anche più
volte alla settimana.
Il 71% si dichiara un vero estimatore del
buon cibo, cucina sempre utilizzando
ingredienti freschi e dedica alle ricette
tutto il tempo necessario mentre solo il
30% preferisce preparare piatti veloci e
poco impegnativi.
Ciò non toglie che il 20% del cam-
pione r it iene che i pro-
dotti confezionati, se di
qualità, possono essere
un’ot t ima soluzione. Se
non si dispone di tempo
ci si apre anche al consu-
mo di cibi pronti (per 48%
del campione almeno una
volta alla settimana). E si
è disposti anche ad acqui-
stare già preparati i piatti
tipici della tradizione ita-
liana: il 47% compra buste
già pronte di pasta o di ri-
sotto il 56% del campione
per fare il brodo ricorre al
dado. I prodotti pronti a
cui più di frequente si ri-
corre e non solo in logica
emergenziale sono i puré
di patate, le patatine frit-
te, la pizza surgelata, la besciamella,
le salse e le zuppe.
Nove partecipanti su dieci hanno di-
chiarato di ispirarsi principalmente alla
propria tradizione regionale in cucina,
ma esiste una folta rappresentanza di
innovatori che, si fanno ispirare da sa-
pori estranei alla tradizione culinaria tri-
colore. Non c’è più nessun complesso
di inferiorità culinaria nei confronti dei
cugini d’Oltralpe mentre appare difficile
credere che qualcuno abbia mai avuto
complessi nei confronti della gastrono-
mia tedesca: sta di fatto che solo il 10%
degli italiani oggi si ispira a queste due
cucine.
La convivenza con gli immigrati ha so-
lo in parte influito sulle abitudini degli
italiani. Va forte il Mediterraneo (cucina
greca, turca, spagnola…) che ormai è
giudicato interessante per il 23% de-
gli intervistati e il 19% guarda con in-
teresse alla cucina orientale (asiatica,
araba e africana), mentre solo il 3% del
campione è interessato alle ricette della
tradizione dell’est europeo.
Infine, rimane vivace l’interesse per i
biologici presenti nel carrello di oltre il
60% dei partecipanti al sondaggio.•
Italiani che usano quasi sempre
i freschi
71%
Italiani che si divertono
a cucinare
94%
Italiani che fanno la spesa con
grande frequenza
91%
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18 febbraio 201352
di Gino Pagliuca
n grande mercato tradizionale, da
sempre uno dei simboli dell’ita-
lianità a tavola, un prodotto che
per la vastità di abitudini, consuetudini
e dinamiche di consumo correlate ha da
sempre intrecciato un rapporto specia-
le con gli abitanti del Belpaese: il caffè
macinato, con dimensioni a valore che
superano il miliardo di euro, è uno dei
capisaldi del nostro alimentare e, nono-
stante una penetrazione elevatissima tra
gli acquisti dei nuclei familiari italiani, si
mostra tuttora in buona salute, con un
dinamismo che lo fa rientrare tra le ca-
tegorie top della scorsa stagione. Colpi-
sce il dato relativo alla progressione del-
le vendite a valore: SymphonyIRI Group,
infatti, nell’anno terminante a settembre
2012, ha registrato una crescita dell’8%
a fronte di una sostanziale stabilità delle
vendite a volume che sono aumentate
dello 0,3%. Le stime sul 2012 dicono che
le vendite hanno raggiunto quota 1,075
miliardi di euro, contro gli 1,017 miliardi
di euro del 2011.
Sul mercato del caffè macinato si sta
verificando un fenomeno che affonda le
sue radici in una serie di variabili. Da un
lato, la flessione dei consumi fuoricasa
di caffè nei bar sta riportando molti ita-
liani verso la moka casalinga, anche a
dispetto della crescita dei sistemi a cial-
da, una delle grandi innovazioni di questo
scorcio di secolo, che ha aperto le porte a
un maggior ricorso all’espresso domesti-
co. Parallelamente, i maggiori produttori
hanno portato avanti una politica di più
puntuale segmentazione su base quali-
tativa, lanciando accanto alle linee clas-
siche e tradizionali, spesso brand con
un’elevata riconoscibilità da parte dei
consumatori, prodotti con un profilo più
elevato, monocru, o con una più puntuale
suddivisione su base gustativa.
L’attività di alcune marche è stata sup-
portata da un’intensa attività promopub-
blicitaria, per sostenere le vendite in un
momento di grande attenzione da parte
dei consumatore a fare quadrare il bud-
get dedicato alla spesa. “Se non è buono,
che piacere è…?” recitava Nino Manfredi
nel longevo spot di una primaria marca
nazionale. Un claim che centra nel segno
e che rimarca l’importanza della marca
come elemento di rassicurazione: su que-
sto scenario il caffè a marchio raggiunge
una quota a valore che si arresta al 10%,
mentre i primi tre brand si spartiscono
oltre il 68% delle vendite complessive.•
media valore/volume
2012 vs 2011 (*)
del mercato
2012 (*) 2011 (*)
vendite a valore
vendite a volume
vendite a valore
vendite a volumemedia vendite
a volume
quota pl(a tutto 2012)
media vendite a valore
pl valore(a tutto 2012)
(*) dati relativi ai primi nove mesi dell’anno; fonte: SymphonyIRI Group
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di Gino Pagliuca
o yogurt è vissuto da sempre co-
me un prodotto salutistico e ha un
prezzo abbordabile, soprattutto se
acquistato in confezioni grandi (500 o
1.000 g). Ha quindi due caratteristiche
che incontrano oggi le esigenze dei con-
sumatori. L’introduzione della variante
magra, datata ormai molti anni, è stato
il primo tentativo di stressare il concetto
di “fitness”.
Ma da allora molto altro latte è stato ver-
sato e l’offerta si è sempre più segmen-
tato. Alle categorie tradizionali si sono
aggiunte le nicchie di mercato: il seg-
mento bambini, lo yogurt da bere (mai
decollato veramente), i prodotti biologi-
ci, i probiotici e i funzionali (non tutti di
successo), le creme di yogurt, che sono
praticamente un dessert. Il tasso d’inno-
vazione elevato è in grado di rivitalizzare
anche segmenti considerati poco profit-
tevoli. La predilezione degli italiani per
i latti fermentati emerge anche da una
recente indagine di Assolatte, da cui si
evince che il 65% degli italiani è aman-
te della categoria. Sul piano dei consu-
mi, inoltre, dallo stesso studio si scopre
che questi prodotti entrano nella dieta
di 33,3 milioni di italiani, ossia tre adulti
su quattro e i forti utilizzatori finali, cioè
coloro che ne fanno uso almeno tre volte
a settimana, sono circa 17,4 milioni.
In questo quadro il ruolo della variante
magra dello yogurt rimane importante e
anzi a sorpresa crescente. I dati di Sym-
phonyIri dicono infatti che la crescita
delle vendite è stata del 7,8% con un
incremento dovuto solo in parte all’au-
mento dei prezzo, limitato nel periodo
al 2,3%, quindi sotto l’inflazione. Signi-
ficativo il fatto che questa performance
positiva faccia seguito a due anni nei
quali il comparto aveva fatto segnare un
andamento mediocre: nel 2010 il valore
era sceso del 2,8% e l’anno successivo il
segno più incorniciava un modesto 1,5. Il
valore annuo per il 2012 è stimato in 222
milioni di euro, dato con cui si recupera-
no per intero le perdite rispetto al 2009.
In crescita il ruolo delle private label,
che detengono un quarto del mercato.
I prodotti a marchio di insegna (spesso
realizzati da aziende presenti con brand
propri ben conosciuti) rivestono un ruolo
da main player del mercato grazie a una
qualità organolettica elevata e un posi-
zionamento prezzo estremamente con-
correnziale, e una vasta diversificazione
dell’offerta.•
media valore/volume
2012 vs 2011*
del mercato
2012 (*) 2011 (*)
vendite a valore
vendite a volume
vendite a valore
vendite a volumemedia vendite
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media vendite a valore
pl valore(a tutto 2012)
(*) dati relativi ai primi nove mesi dell’anno; fonte: SymphonyIRI Group
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di Davide Bernieri
uello delle creme spalmabili dol-
ci in Italia è il classico esempio
di “one competitor market”, ossia
di mercato del largo consumo nel quale
un leader egemone incarna in sé e nel
suo prodotto l’essenza stessa dell’inte-
ro comparto. Con il brand che diventa
sinonimo dell’intera categoria per i con-
sumatori.
La progressione delle vendite di creme
spalmabili dolci è molto rilevante: secon-
do le rilevazioni di SymphonyIRI Group,
l’incremento rispetto allo stesso periodo
precedente è del 10,5% a valore e del
5,3% a volume.
Quali sono le ragioni di questo incre-
mento? Nonostante le tante bufere sulla
salubrità di questi prodotti, e sulla loro
correlazione con l’aumento dell’obesi-
tà infantile, portate avanti non solo nel
nostro Paese, ma in tutta l’Europa Occi-
dentale, i consumatori hanno premiato
questi prodotti, che dalla loro hanno un
incredibile appeal intergenerazionale e
possono rappresentare una soluzione,
in particolare per la prima colazione e la
merenda dei bambini, ma anche come in-
termezzo goloso durante tutta la giornata
anche per gli adulti.
La frenata del ricorso alla colazione fuo-
ricasa, un altro “lusso” caduto sotto la
scure della spending review famigliare
portata avanti dagli italiani in questi tem-
pi di crisi, ha riaperto alle creme spalma-
bili il loro spazio vicino a fette biscottate
e pane tostato, davanti a una tazza di
caffelatte.
Non a caso, il forte investimento pubbli-
citario portato avanti dal leader, che ve-
de una significativa presenza sui media
generalisti, televisione in testa, comunica
ai consumatori il posizionamento della
propria crema spalmabile alla nocciola
come prodotto centrale nella prima co-
lazione degli italiani di ogni età.
Inutile dire che siamo di fronte a un mer-
cato iperconcentrato: i primi tre produtto-
ri di creme spalmabili dolci per vendite a
valore superano il 94% del totale, mentre
ai prodotti a marchio del distributore ri-
mangono solo le briciole con una quota
che si aggira intorno all’1,1%.
Nonostante i prodotti a marchio guada-
gnino terreno su tutti i mercati del Lcc,
in questo caso, la presenza di un lea-
der così forte e riconoscibile impedisce
l’esplosione delle vendite di pl, un forte
capitale fiduciario costruito nei decenni
presso i consumatori stessi.•
media volume/valore
2012 VS 2011 (*)
del mercato
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vendite a valore
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vendite a valore
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(*) dati relativi ai primi nove mesi dell’anno; fonte: SymphonyIRI Group
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di Gino Pagliuca
e ricettazioni sono sempre più light
il valore del mercato no. Aumenta
ancora il fatturato delle confetture
spalmabili e la crescita di valore appare
guidata soprattutto dal comparto delle
confetture senza zucchero aggiunto. Un
fenomeno già in atto da tempo, ma che
per i prossimi anni appare destinato a
crescere: la maggiore attenzione al con-
trollo del peso e l’accresciuta consape-
volezza della necessità di combattere
malattie come il diabete con la preven-
zione, stanno spingendo sempre più l’of-
ferta verso prodotti light ad alto valore
aggiunto.
L’industria non solo sta cavalcando con
successo questo trend, ma ha anche
aumentato le varianti e ha ampliato la
proposta di confezioni puntando an-
che su grammature mignon destinate
all’uso fuori casa della confettura come
snack rompidigiuno. Anche la qualità
dei prodotti appare in aumento, e non
solo perché si punta su ricettazioni con
una maggiore concentrazione di frutta,
ma anche per la scelta di materia prima
fresca di stagione, o di origine nazionale
dichiarata.
In definitiva, quella di offrire prodotti con
più alto contenuto di servizio è la strada
che l’industria di marca sta adottando
per alimentare un mercato che altrimen-
ti apparirebbe ormai maturo e con una
forte connotazione commodity, un ruolo
oggi svolto essenzialmente dai prodotti
a marchio.
Dal punto di vista della produzione, si re-
gistra una forte concentrazione di mer-
cato: i brand del settore sono pochi e
presenti da decenni, ma hanno anche
il pregio di aver saputo fidelizzare nel
tempo i loro consumatori. Tra le nuove
tendenze del mercato vi è infine da se-
gnalare l’aumento notevole delle propo-
ste bio: un fenomeno, del tutto coerente
con quelli già segnalati, che non stupisce
per un alimento tradizionale per antono-
masia come la confettura.
Le prime tre marche detengono il 48,5 %
del mercato, mentre il 29,8% è appan-
naggio dei prodotti a marchio. Secondo
le analisi di SypmphonyIri Group il fattu-
rato nei primi nove mesi del 2012 era cre-
sciuto del 3% a volume e del 6% a valore,
con un incremento di prezzo in linea con
l’inflazione. Dal 2009 al 2012 le vendite
sono cresciute del 15%.•
media volume/valore
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(*) dati relativi ai primi nove mesi dell’anno; fonte: SymphonyIRI Group
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18 febbraio 201356
di Gino Pagliuca
li snack salati sono spesso de-
monizzati dai media e dovreb-
bero risultare penalizzati dal
trend salutista che porta a una
maggiore attenzione all’alimentazione.
Eppure il mercato delle patatine, per-
lomeno in gdo, continua a crescere, al
traino della tendenza che vede sempre
più spesso la preparazione dell’aperitivo
tra le mura domestiche.
Un trend che favorisce indubbiamente
la grande distribuzione perché porta il
consumatore a compiere anche acquisti
programmati per un prodotto vissuto in
passato tipicamente per l’impulso.
Uno dei fattori critici del mercato è
l’ipersegmentazione dell’offerta, accen-
tuata nel mondo degli snack salati vicini
di scaffale e da cui le patatine non sono
del tutto immuni. Questo porta di fre-
quente a difficoltà di lettura dell’offerta
tra le corsie. Inoltre, certo non giova
alla chiarezza espositiva la girandola di
lanci messa in atto dai produttori per
continuare a mantenere alta l’attenzio-
ne sulla categoria e incentivarne l’ac-
quisto.
E si tratta anche di nuove proposte che
cercano di smarcare le patatine chips
dall’immagine di alimento dannoso per
la salute: da qui deriva ad esempio l’en-
fasi sempre più frequente sul contenuto
di meno grassi o di meno sale.
Il ruolo della marca per questi prodotti è
fondamentale anche se la private label
sfiora ormai il 20%. Il brand è vissuto
come garante di qualità e rassicurante,
soprattutto considerando la connota-
zione sociale (difficilmente le patatine
si mangiano da soli). E fondamentale
in un prodotto essenzialmente ludico
risulta l’ammiccamento del packaging,
che viene premiato soprattutto quando
promette di rispondere ad esigenze di
praticità.
L’attenzione al prezzo è moderata, an-
che perché il costo risulta davvero alla
portata di tutti; un etto di patatine, in-
fatti, costa in media 71 centesimi. La
cifra è ricavabile mettendo a confronto
i volumi e i valori delle vendite elabo-
rati da SymphonyIRI Group nei primi
nove mesi del 2012. Dal confronto con
l’analogo periodo 2011 emerge un in-
cremento a valore del 5,5% e del 2,7%
a volume. L’aumento a valore dal 2009
al 2012 è stato nell’ordine del 14%.•
media valore/volume
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(*) dati relativi ai primi nove mesi dell’anno; fonte: SymphonyIRI Group
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di Marilena Colussi
isulta positiva la dinamica di ve-
getali e frutta secca nella distri-
buzione moderna. L’andamento a
volume e a valore segna un incremento
rispettivamente del +6,3% e del +1,7%
nel 2012 rispetto al 2011, nel periodo
omologo terminante a settembre.
La dinamica a volume è in continua cre-
scita negli ultimi quattro anni grazie alle
innovazioni emerse in questo interessan-
te mercato dal punto di vista sia nutri-
zionale sia gastronomico e sensoriale-
estetico, con l’effetto di proporre questi
prodotti anche in periodi diversi da quelli
tradizionali delle ricorrenze di fine anno.
Il valore complessivo delle vendite dei
primi tre brand rappresenta solo il 21,1%
del fatturato di settore, a conferma di un
mercato con molti player, a volte, però,
poco riconoscibili. Da questa situazio-
ne, consegue che la quota delle vendite
a valore delle private label nel mercato
risulti tra le più alte dell’alimentare con-
fezionato: ben il 39,4% delle vendite a
valore proviene dalle pl, che si collocano
al secondo posto nella lista dei venti mer-
cati analizzati in questo numero speciale
di Gdoweek.
Il mercato della frutta secca è ancora
tutto da valorizzare nella gdo. Dispiace
constatarne in genere la poca visibilità
nei reparti, con una concentrazione sta-
gionale a discapito di una maggiore con-
tinuità e comodità di acquisto nell’intero
arco dell’anno.
Non si capisce perché la frutta e anco-
ra di più la verdura secca siano spesso
collocate in angoli ed aree semi-nasco-
ste e poste in posizioni scomode che
non facilitano l’impulso. Per questo è
opportuno segnalare che questo ricco
mondo di prodotti andrebbe valorizzato
maggiormente, anche perché si tratta di
merceologie ad alto valore aggiunto: la
ricchezza delle sensazioni che riescono
a dare, il richiamo di provenienze medi-
terranee ed esotiche, nonché gli ottimi
vantaggi dal punto di vista nutriziona-
le (ferro, vitamine, oligo-elementi, an-
tiossidanti ecc.), sono i motivi per cui il
consumatore italiano si sta avvicinando
con sempre più curiosità e passione a
questa tipologia merceologica.
Sdoganata anche durante la prima cola-
zione, ingrediente nelle insalate, snack
salutistico, l’ortofrutta in versione “sec-
ca” è sempre più protagonista delle no-
stre tavole, sin dalla mattina, in tutte le
fasi successive della giornata.•
media valore/volume
2012 vs 2011 (*)
del mercato
2012 2011
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vendite a volume
vendite a valore
vendite a volumemedia vendite
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(*) dati relativi ai primi nove mesi dell’anno; fonte: SymphonyIRI Group
18 febbraio 201358
N O M I
Amadori 24, Amazon 7, Amica Chips 56, Apicoltura
Rigoni 50, 55, Apple 7, AstraRicerche 34, Barilla 26,
Barilla Center 21, Bc Partners 12, Beretta F.lli Salumi
48, Bim 13, Biraghi 46, Cafè do Brasil 50, Cafè Ne-
scafè 11, Cameo 28/43/57, Cantine Foraci 31, Car-
refour 12, Censis 22, Cochrane Alex 14, Coldiretti 22,
Colgate 11, Conserve Italia 36, Csi 43, Danone 11, 53,
De Agostini 12, Dea Capital 12, F.lli Rebecchi 28, Fage
50, Ferrari 7, Ferrari Giovanni 46, Ferrero 50, Fileni
24, Fipe 20/21, Fjord 40, Gillette 11, Giuseppe Citte-
rio Salumificio 47, Google 7, Grandi Salumifici Italiani
48, Grassi Vincenzo 12, Gruppo Granarolo 34, Gruppo
Lactalis 34, Gruppo Veronesi 24/47/48, Gucci 7, Harry
Gordon Selfridge 14, Headspace 14, Heineken The City
10, Ikea 7, Interbrand 6, Ismea 20,34, Istat 21, Italia
Zuccheri 28, Kellogg’s 11, Kenan Investiments 12,
Killer 13, Kit Kat 11, Kraft Foods 44/45/50, L’Oréal
11, La Riunione 40, Latteria Sociale Vipiteno 50, Luigi
Lavazza 50, Maccaferi 28, Madi Ventura 57, Metro 13,
Migros Ticaret 12, Mike Duke 13, Molino Spadoni 26,
Montenegro div. Alimentari 26, Mutti 36, Naturalia In-
gredients 28, Nespresso 10, Nestlè 10, Nestlè Italiana
28/43, Nestlè Tool House 11, Noberasco 57, Nutkao
50, Parmareggio Alimentari 44/46, Pata 56, Pepsi 11,
Planet Retail 13, Prada 7, Prealpi 34, Puddicombe An-
dy 14, Pwc 12, Ricca Manfredi 6, Rovagnati 47, Sadam
Eridania 28, Sal Seafood 40, Selfridges 14, Star 36,
Stuffer 45, Sudzucker 28, Swg 20, SymphonyIri Group
50, Tesco 12, Tigre Italia Emmi 44, Trnd Italia 50, Uni-
chips 56, Valsoia 55, Walmart 12, Weston Alanah 14,
World of Coca Cola 10, Zara 7, Zuegg 55.
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