“Galeotto fu il libro e chi lo scrisse:” (Inferno, V, v. 137.)
“noi che tignemmo il mondo di sanguigno” (Inferno, V, v. 90)
Dante e la sua guida si trovano dunque nel II cerchio, dove vi sono gli incontinenti che si sono fatti prendere dalla passione amorosa : I LUSSURIOSI.
« Or incomincian le dolenti note a farmisi sentire; or son venuto là dove molto pianto mi percuote. »
inferno, V, vv. 25-27
Dante e Virgilio nel II cerchio, Gustav Dorè
Per descrivere i lussurosi Dante inserisce due similitudini legate al mondo
degli uccelli:
E come li stornei ne portan l'ali
nel freddo tempo, a schiera larga e piena,
così quel fiato li spiriti mali
di qua, di là, di giù, di sù li mena. .
inferno, V, vv. 40-43
E come i gru van cantando lor lai, faccendo in aere di sé lunga riga, così vid’io venir, traendo guai, ombre portate da la detta briga;
inferno, V, vv. 46-49
La bufera infernal, che mai non resta, mena li spirti con la sua rapina; voltando e percotendo li molesta.
Inferno, V, vv. 30-33
Quando giungon davanti a la ruina, quivi le strida, il compianto, il lamento; bestemmian quivi la virtù divina.
Inferno, V, vv. 34-36
Dante riconosce una serie di dannati, tra cui Semiramide,
Didone - personaggio virgiliano, che il maestro ha la
delicatezza di non citare per nome, ma che indica come
colei che ruppe fede al giuramento sulle ceneri di Sicheo e
che si uccise per amore (di Enea) - Elena di Troia, per la
quale si scatenò la guerra di Troia, e molti altri ancora.
Joseph Anton Koch, L‘ incontro di Dante e
Virgilio con le anime dei lussuriosi e di Paolo e
Francesca, 1823.
«Poeta, volontieri parlerei a quei due che 'nsieme vanno, e paion sì al vento esser leggieri».
Inferno, V, vv. 73-75
« Amor, ch'al cor gentil ratto s'apprende, prese costui de la bella persona che mi fu tolta; e 'l modo ancor m'offende. Amor, ch'a nullo amato amar perdona, mi prese del costui piacer sì forte, che, come vedi, ancor non m'abbandona. Amor condusse noi ad una morte. Caina attende chi a vita ci spense." Queste parole da lor ci fuor porte. » Inferno, canto V, vv. 100-108
Amor condusse noi ad una
morte. Caina attende chi a
vita ci spense». Queste parole
da lor ci fuor porte.
Inferno, V, vv. 106-108
Noi leggiavamo un giorno per diletto
di Lanciallotto, come amor lo strinse:
soli eravamo e sanza alcun sospetto.
Per più fïate li occhi ci sospinse
quella lettura, e scolorocci il viso;
ma solo un punto fu quel che ci vinse.
Quando leggemmo il disiato riso
esser baciato da cotanto amante,
questi, che mai da me non fia diviso,
la bocca mi baciò tutto tremante.
Galeotto fu il libro e chi lo scrisse:
quel giorno più non vi leggemmo avante.
(Inferno, V, vv.127-138)
La storia di Paolo e Francesca mette dunque in discussione Dante anche come poeta
dell'amore, che nella sua concezione stilnovistica ha messo al centro della sua visione
della realtà l’amore cortese.
Non a caso Dante dopo la prima confessione della giovane ha un attimo di sconforto,
resta assorto in silenzio.
Francesca da Rimini (Ravenna, 1255 – Gradara, 1285), era figlia di Guido da Polenta, signore di Ravenna.
Secondo il celebre racconto di Dante (Inferno, Canto V) e dei vari chiosatori che ne hanno arricchita la storia, ella s'innamorò di Paolo Malatesta, suo cognato, durante il suo matrimonio per procura. Tra i due nacque un amore segreto, che quando fu scoperto, venne punito con l' uccisione dei due amanti.
Francesca da Polenta viveva tranquilla e serena la sua fanciullezza , sperando che il padre le trovasse uno sposo gradevole e gentile. Nel 1275 Guido da Polenta decise di dare la mano di sua figlia a Giovanni Malatesta (detto Giangiotto, Johannes Zoctus - Giovanni zoppo) che lo aveva aiutato a cacciare i Traversari, suoi nemici. Il capostipite, Malatesta da Verucchio detto il Mastin Vecchio o il Centenario, concorda ed il matrimonio e' combinato
inferno ,V, vv. 139-142
Mentre che l’uno spirto questo disse, l’altro piangea; sì che di pietade io venni men così com’io morisse. E caddi come corpo morto cade.
a.s. 2009/2010