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Alberto Mazza l iAndrea StocchieroMarco ZupiCentro Studi di Politica Internazionale – CeSPI

Rimesse degli emigratie sviluppo economicoRassegna della letteratura eindicazioni per la ricerca

1. Le rimesse dei lavoratori emigrati come risorsafinanziaria per lo sviluppo economico 31.1 L’ammontare delle rimesse rilevate statisticamente 31.2 L’andamento dei flussi aggregati di capitale estero

verso i Pvs e le rimesse 91.3 L’interpretazione implicitamente psicologica

dei flussi finanziari e la sottostima delle rimessenel quadro delle rilevazioni statistiche 15

1.4 L’importanza dei flussi di capitale estero perlo sviluppo dei Pvs 21

2. Le determinanti dei flussi di rimesse 272.1 I fattori che influenzano i flussi di rimesse 272.2 Le determinanti a livello microeconomico 292.3 Le determinanti a livello macroeconomico 31

3. I canali per il trasferimento di rimesse 353.1 I fattori che influenzano la scelta dei canali per

il trasferimento dei fondi 353.2 I canali formali 373.3 I canali semiformali e informali 39

4. L’impatto delle rimesse sullo sviluppo locale 434.1 Le rimesse e i contesti economici dei paesi di origine 434.2 Uso e impatto sullo sviluppo locale 484.3 Emigrati agenti di sviluppo locale 534.4 Condizioni, istituzioni e politiche per valorizzare

le rimesse 56

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5. Valorizzazione delle rimesse per lo sviluppo locale.Esperienze e agenda di lavoro 615.1 Incentivi all’uso dei canali formali di

intermediazione finanziaria 615.1.1 Le misure 625.1.2 I risultati 63

5.2 Condizioni economiche per un impatto positivo sullo sviluppo 65

5.3 Le esperienze di coinvolgimento del settore non profit 695.3.1 Le istituzioni di microfinanza 695.3.2 Le reti di Credit Union 715.3.3 Le associazioni di emigrati e la cooperazioneinternazionale allo sviluppo 72

5.4 Un’agenda per la ricerca in Italia 74

Note 79

Bibliografia 85

La ricerca è stata realizzata nel quadro del ProgrammaFinancing for Development e del Programma MigraCtion,sostenuto dalla Compagnia di San Paolo, Ministero Affari Esterie Monte dei Paschi di Siena.

Si ringrazia il Comune di Torino per il sostegno allapubblicazione e alla presentazione della ricerca nel seminario“Migrazioni e Cooperazione allo Sviluppo”,tenutosi l’8 Luglio 2002.

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1.1 L’ammontare delle rimesse rilevate statisticamente

Una tipologia di flussi finanziari che solitamente non viene indicata nei docu-menti sui flussi finanziari internazionali che legano paesi industrializzati e paesi invia di sviluppo, e che invece costituisce il nostro specifico interesse, è rappresentatadalle rimesse dei lavoratori emigrati. Una voce trascurata oltre che notevolmentesottostimata, come vedremo, che costituisce uno dei flussi più significativi, in termi-ni sia di quantità di risorse sia di continuità nel tempo. È curioso che una voce cosìimportante in termini quantitativi, come le rimesse – superiore ad esempio al flussoglobale di Aiuti pubblici allo sviluppo – cui bisognerebbe peraltro aggiungere, in ter-mini di stima, il flusso finanziario che transita per canali informali, sia solitamenteritenuto un fattore residuale trascurabile e indipendente dalla dinamica degli altriflussi finanziari.

Le rimesse dei lavoratori emigrati tendenzialmente cresceranno con gli anni,dal momento che le migrazioni internazionali continueranno ad aumentare. Negli ul-timi 35 anni, a livello mondiale il numero dei migranti internazionali è raddoppiato1.L’Europa è la regione con il maggior numero di immigrati e il più alto tasso di cresci-ta (dal 3,3% annuo, nel 1965, ad oltre il 5% nel 1990), mentre il Nord America,l’Australia e la Nuova Zelanda sono le aree con la più alta percentuale di residentinati all’estero2.

Il dato statistico sulle rimesse, a monte, sconta però una difficoltà di definizio-ne dello stesso fenomeno di migrazione internazionale. I tipi di mobilità delle per-sone sono molteplici, prima ancora che di difficile rilevazione. Attraversare il con- 3

Le rimesse dei lavoratori emigraticome risorsa finanziariaper lo sviluppo economico

Alessandro Rotta – CeSPI

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fine, cambiare il luogo di residenza e mantenere una nazionalità straniera nel pae-se ospitante, cioè i tre criteri caratterizzanti l’emigrazione internazionale, non so-no necessariamente collegati: esiste il frequente fenomeno dell’emigrazione tem-poranea (senza cambiamento di residenza), esistono ancora forme di nomadismocome anche di trasferimenti transfrontalieri all’interno di medesime aree di ap-partenenza etnica o nazionale, la problematica dei rifugiati e dei richiedenti asiloha una sua chiara specificità, il fenomeno degli irregolari e dei clandestini ha unaforte diffusione, esistono molti casi di figli di immigrati che mantengono la nazio-nalità dei genitori, pur essendo nati ed avendo vissuto la propria vita nel paese“ospitante”, sono esistiti casi di rimpatrio forzato da ex colonie. Le discrepanzestatistiche tra paesi di origine e di destinazione sulle rilevazioni di stock e flussi dimigrazioni sono molto significative, a cominciare dal problema dello sfasamento edella diversa periodicità dei censimenti della popolazione; del resto gli stessi crite-ri legali adottati per la definizione di immigrato non sono uniformi3. Oggi 100 mi-lioni di persone vivono fuori dal proprio paese di nascita, con lo status di emigratio rifugiati. Cioè, una persona ogni sessanta sul pianeta. Di questi, quasi 80 milionisono i lavoratori emigrati internazionalmente e le loro famiglie, i restanti 15-20 mi-lioni sono rifugiati.

In Europa, meno del 5% delle persone sono cittadini stranieri e il caso italianodimostra come molti vadano a colmare, in modo complementare, il vuoto dei lavoridefiniti, nella terminologia inglese, “3D” (dirty, dangerous, and difficult: spor-chi, pericolosi e difficili). Attraverso questi impieghi, la popolazione emigrata all’e-stero attiva un circuito finanziario di valore assoluto. Un circuito non destinato adiminuire. L’invecchiamento della popolazione dei paesi industrializzati comportaun effetto di attrazione di popolazioni giovani di immigrati: complessivamente,l’Europa del 2010 avrà più pensionati che lavoratori; il Canada, per mantenere unrapporto di dipendenza minimo, ovvero tre lavoratori per ogni non lavoratore, do-vrebbe aumentare del 50% i flussi annuali di immigrati. Per altro verso, lo sviluppolocale si dimostra il principale antidoto efficace all’emigrazione: senza andare lon-tani nel tempo all’esperienza italiana4, la Corea del Sud era fino all’inizio degli an-ni ’80 terra d’emigrazione (nel 1982 sono emigrati 150.000 coreani), per poi avereun saldo quasi in equilibrio alla fine degli anni ’80 (nel 1988 l’emigrazione netta eradi 21.000 persone) e diventare terra d’immigrazione dalla metà degli anni ’90. Sulpiano finanziario, il circuito delle rimesse dei lavoratori emigrati è particolarmen-te prezioso. Spesso, nel caso di molti paesi in via di sviluppo, si tratta di flussi cheannualmente superano in valore assoluto quelli degli investimenti diretti esteri edegli aiuti.

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Tabella 1. Maggiori paesi per flussi di rimesse in entrata

1999 Somma periodo 1970-1999

Dollari Paese Dollari Paese

11.500.505.088 India 102.537.504.512 India5.909.000.192 Messico 73.516.156.992 Portogallo4.528.999.936 Turchia 70.371.337.596 Egitto3.772.400.128 Egitto 63.155.000.512 Turchia3.343.496.960 Portogallo 51.627.209.792 Messico3.335.685.888 Spagna 42.754.393.872 Pakistan1.938.105.984 Marocco 42.530.171.840 Spagna1.704.000.000 Bangladesh 34.675.000.512 Grecia1.664.000.000 Giordania 34.605.708.416 Marocco1.518.700.032 Rep. Dominicana 28.540.840.224 Italia1.373.809.024 El Salvador 23.611.594.190 Giordania1.301.057.024 Nigeria 21.767.109.376 Libano1.235.219.328 Yemen 16.839.699.840 Bangladesh1.190.000.000 Brasile 16.566.557.264 Francia1.108.999.936 Indonesia 14.877.000.192 Brasile1.084.000.000 Ecuador 12.719.513.824 Algeria1.060.000.000 Pakistan 11.761.401.720 Belgio1.055.988.992 Sri Lanka 11.433.819.392 Yemen

942.058.688 Algeria 11.067.000.000 Rep. Dominicana764.000.000 Colombia 10.827.885.104 Tunisia761.238.400 Tunisia 10.645.057.872 El Salvador724.349.312 Francia 10.426.039.052 Sri Lanka712.000.000 Perù 10.201.000.064 Cina698.000.000 Polonia 9.337.715.860 Colombia679.400.000 Giamaica 8.134.070.192 Nigeria465.600.000 Guatemala 6.664.000.000 Filippine453.500.000 Croazia 6.106.999.936 Indonesia384.000.000 Cina 5.130.688.550 Austria356.600.000 Albania 5.085.700.096 Giamaica340.229.088 Italia 4.936.200.032 Corea

Fonte: Imf e World Bank, 2001 e 2002

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Un primo dato di particolare rilievo è l’importanza che i flussi di rimesse hannorivestito per gli stessi paesi industrializzati, a cominciare dall’Italia5. L’Italia riceve-va, nel 1970, 0,5 miliardi di dollari, che divennero 1,6 miliardi (nel 1980), per poi di-minuire, scendendo a 1,35 miliardi (nel 1985), 1,26 miliardi (nel 1990) e poi rapida-mente ridursi a 346 milioni (più o meno stabilmente dal 1995). Il paese che, a livellomondiale, dopo l’India ha ricevuto complessivamente più rimesse attraverso i canaliformali rilevati statisticamente nella bilancia dei pagamenti è il Portogallo. Nel 1975,il Portogallo ricevette rimesse pari a 1,1 miliardi di dollari, diventati quasi 3 miliardi(nel 1980), saliti ad oltre 4 miliardi (1990), fino al tetto di 4,6 miliardi (1992), per poiscendere a 3,8 miliardi (1995) e attestarsi intorno ai 3,35 miliardi negli ultimi anni.Altri paesi europei di più recente industrializzazione – Spagna e Grecia – si distin-guono per il consistente afflusso di rimesse: rispettivamente, quasi 3,5 e 3 miliardi didollari annualmente, negli ultimissimi anni.

Venendo al caso dei paesi in via di sviluppo, riportati nella tabella 1, è evidentecome il fenomeno delle rimesse interessi molti paesi asiatici (India, Pakistan eBangladesh anzitutto), mediterranei (Egitto, Marocco, Giordania, Libano, Algeria eTunisia), latinoamericani (Messico, Repubblica Dominicana, Brasile, Ecuador,Colombia, Giamaica) e molto meno paesi dell’Africa sub-sahariana. Ultimamente,anche l’area balcanica, come naturale, è molto più interessata dal flusso in entratadi rimesse (Croazia e Albania).

Un paese che, invece, si colloca in una posizione di scarso rilievo, tenuto contosoprattutto della numerosità della popolazione, compresa quella emigrata, è la Cina.Le migrazioni cinesi costituiscono uno dei più importanti flussi migratori nel pano-rama internazionale non solo per la consistenza numerica delle popolazioni coinvol-te, ma anche per l’ampio spettro dei paesi di destinazione. I cinesi d’oltremare han-no raggiunto un alto livello di inserimento economico nelle società di accoglienza6,con conseguenze dirette sui flussi di rimesse (il risparmio è reinvestito, ad esempioin immobili, oppure per pagare il viaggio dalla madrepatria a lavoratori che si inse-riranno nelle aziende cinesi). Proprio il caso cinese evidenzia come la rilevazionestatistica affidata al circuito bancario risenta delle specificità culturali e storiche diogni comunità nazionale: gli emigrati europei sono quelli più usi al ricorso al circui-to bancario, mentre probabilmente i flussi di rimesse delle altre nazioni sono mag-giormente sottostimati, a causa del maggiore ricorso a canali alternativi e informaliper effettuare le rimesse. In ogni caso, è sufficiente notare che India e Messico han-no ricevuto, nel 1999, flussi di rimesse pari a un terzo del totale del flusso mondialedi aiuti pubblici allo sviluppo per capire l’importanza di queste risorse.

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Guardando sommariamente ai flussi di rimesse dall’Italia verso i paesi in via di svi-luppo e transitati per il solo canale rilevato statisticamente dalle fonti ufficiali, il primodato rilevante è la relativa novità del fenomeno: nel 1991, le rimesse degli immigrati inItalia erano pari a 110 miliardi di lire, a fronte di un flusso in entrata di oltre 1.100 mi-liardi di lire di rimesse di italiani all’estero. Nel 1998, si registra il saldo negativo perl’Italia della voce “rimesse”: a fronte di 535 miliardi di lire in entrata, si registrano oltre760 miliardi di lire inviati all’estero. Nel 2000, a 1.138,76 miliardi di lire di rimesse d’im-migrati in Italia hanno corrisposto 753 miliardi di rimesse di italiani all’estero.

Nella ripartizione per aree delle rimesse inviate dall’Italia, il Nord Italia è l’areadi maggior importanza per il flusso di rimesse verso l’estero (47% del totale italiano

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Tabella 2. Rimesse pro capite per principali province di invi(milioni di lire)

Provincia Totale periodo 1992-2000 (media annua)

Roma 1.301.006 (144.556)Milano 705.862 (78.429)Firenze 550.003 (61.111)Lecce 120.839 (13.427)Treviso 102.859 (11.429)Varese 92.624 (10.292)Bologna 85.330 (9.481)Brescia 82.052 (9.117)Torino 81.517 (9.057)Napoli 74.698 (8.300)Genova 71.046 (7.894)Vicenza 68.742 (7.638)Prato 61.189 (6.799)Trento 59.570 (6.619)Modena 59.524 (6.614)Catania 58.544 (6.505)Palermo 52.025 (5.781)Bari 51.102 (5.678)

Fonte: Uic e Caritas, 2002

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nel 2000): in particolare si distinguono la Lombardia (330,3 miliardi di lire, pari al29% del totale italiano) e, al suo interno, la provincia di Milano (251,1 miliardi di lireinviati, pari al 22% del totale italiano). Come regione, la Lombardia è però secondaal Lazio (341,7 miliardi di lire inviati, pari al 30% del totale italiano), così come laprovincia di Milano segue quella di Roma (335,5 miliardi di lire inviati, pari al 29,46%del totale italiano. Le province di Milano e Roma, quindi, spiegano da sole il 49,46%del totale delle rimesse dall’Italia). Il 56,4% delle rimesse dalla provincia di Roma e il63,2% di quelle dalla provincia di Milano provengono da immigrati filippini. Molte al-tre comunità nazionali spiegano la restante quota di rimesse nel caso romano, men-tre in quello di Milano è la comunità cinese che spiega gran parte della restante quo-ta (22,9% del totale provinciale). Peraltro, la provincia di Roma guida la graduatorianazionale per entità delle rimesse da parte di ciascun immigrato: circa 1,145 milionidi lire annui, contro la media nazionale di 675.000 lire.

Sul piano dei continenti e paesi di destinazione, nel corso degli ultimissimi annii paesi in via di sviluppo sono diventati destinatari di circa il 50% delle rimesse (laquota era dell’11,5% nel 1990), riducendosi il peso di Europa e Nord America. L’Asiadiventa, nel 1999, il primo continente, davanti all’Europa (rispettivamente, il 39,8% eil 35,6% del totale delle rimesse; diventati il 43,9% e il 32,8% nel 2000). In termini dipaesi, sempre nel 2000, le Filippine sono il principale beneficiario (387 miliardi di li-re nel 2000), seguiti da alcuni paesi industrializzati (Stati Uniti, Inghilterra eGermania), da Cina (96,3 miliardi di lire), Francia e Marocco (38,9 miliardi di lire).Altri paesi in via di sviluppo sono stati il Senegal (15 miliardi di lire), la Romania (8miliardi di lire), la Polonia (2 miliardi di lire), Albania e Tunisia (1 miliardo di lire).In termini di invii pro capite, le rimesse verso l’India, l’Est europeo e l’Africa sono lepiù basse (rispettivamente, 38.000, 62.000 e 177.000 lire, nel 2000).

Non sono, purtroppo, disponibili al pubblico, presso l’Ufficio italiano cambi(Uic), dati che incrocino le province di origine dei flussi di rimesse con i paesi di de-stinazione; un elemento prezioso per l’analisi del comportamento delle comunità im-migrate presenti in Italia, in termini di fiducia nei confronti del canale bancario.

1.2 L’andamento dei flussi aggregati di capitale esteroverso i Pvs e le rimesse

Il profilo aggregato dei flussi di risorse nette verso i Pvs offre alcune conferme eindicazioni generali. Con la crisi del 1982, si chiude la stagione dell’indebitamento

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dei Pvs verso le banche commerciali, mentre parallelamente crescono i flussi di ca-pitale privato investito (quadruplicano in pochi anni gli investimenti diretti esteri –Ide). Negli anni ’90, la situazione per i Pvs è profondamente cambiata: il dato aggre-gato indica un aumento delle risorse nette, e i flussi privati superano abbondante-mente e permanentemente i flussi pubblici. Nel 1997, gli Ide superano i 170 miliardidi dollari e nel 1999 i 180 miliardi, una soglia mai raggiunta da nessun altro tipo diflussi finanziari. Emergono inoltre, sempre negli anni ’90, canali aggiuntivi di finan-ziamento, come gli investimenti di portafoglio, completamente assenti fino ai primianni ’80. Gli investimenti di portafoglio superano il miliardo annuo e arrivano benpresto ad essere equivalenti al flusso annuo di Aps mondiale (doni e crediti d’aiuto,pari a circa 50 miliardi di dollari annui).

Il rallentamento dell’economia mondiale è stato molto pronunciato nel corso degliultimi anni: il tasso di crescita del Pil mondiale non aveva registrato livelli così bassidal 1974, a seguito del primo shock petrolifero. Molti Pvs continuano ad avere scarsoaccesso ai mercati dei capitali, risentono della contrazione del credito internazionalee dell’incertezza e maggiore avversione al rischio da parte degli investitori.

Nel 2000, i flussi finanziari, soprattutto depurati dalla componente a breve pe-riodo dell’Fmi, pur in ripresa, continuano a rimanere ben al di sotto del picco rag-giunto nel 1997, prima della crisi dell’Asia orientale. I flussi finanziari netti di lungoperiodo avevano raggiunto in quell’anno 342,6 miliardi di dollari, per poi scendere a334,9 (1998), 264,5 (1999) e 295,8 (2000). L’accresciuta turbolenza dei mercati finan-ziari e le frequenti crisi finanziarie degli ultimi anni che hanno investito i Pvs sonoaltamente correlate al nuovo profilo “privatistico” dei flussi finanziari verso i Pvs. Iflussi pubblici, rappresentati da doni e crediti pubblici, sono sostanzialmente sta-gnanti in termini correnti.

Al contrario, aumenta nel tempo il peso dei crediti di breve periodo delle istitu-zioni finanziarie internazionali (Fmi), che, per la loro natura di strumenti di corre-zione degli squilibri temporanei della bilancia dei pagamenti, non si configurano co-me strumenti finanziari orientati allo sviluppo e che quindi, differentemente daquanto solitamente avviene, preferiamo distinguere dalle altre forme di indebita-mento (crediti pubblici e privati).

Oltre al valore assoluto delle rimesse, un dato di particolare interesse è peral-tro costituito dal peso relativo rispetto agli altri aggregati finanziari internaziona-li, a cominciare dagli aiuti e dagli investimenti diretti esteri, come pure rispetto al

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risparmio nazionale. Si tratta degli indicatori che meglio identificano il peso realedei flussi di rimesse (transitati per il canale bancario) nella realtà economica deipaesi.

Guardando a macroaggregati regionali, un primo elemento interessante è il ca-so dell’Africa sub-sahariana. A dispetto del valore contenuto, in termini assoluti, delflusso di rimesse, è però vero che tale flusso è molto importante, tenuto conto del li-mitato ammontare di investimenti diretti esteri.

Calcolando il rapporto percentuale tra afflussi di rimesse e afflussi di Ide,l’Africa sub-sahariana è passata dal 60% (1980) al 93,4% (1988), per poi scendere –in concomitanza con l’incremento dei flussi di Ide – ed attestarsi, in tutta la secondametà degli anni ’90, tra il 30 ed il 40%. Anche una regione particolarmente interessa-ta dai flussi di Ide, come l’America latina, risulta fortemente legata, in termini di af-flussi finanziari esteri, alle rimesse, pari prima al 19,4% degli Ide (1980), poi al 58,5%(1990), infine al 20,2% (2000). L’Est Europa e l’Asia centrale hanno registrato, in ter-mini di contabilità, un significativo incremento delle entrate valutarie tramite rimes-se a partire dai primi anni ’90, nella fase di consolidamento del processo di transi-zione dell’economia verso forme di mercato.

Il dato relativo alla regione Medio Oriente e Nord Africa non è riportato nella fi-gura 2 non perché si tratti di una regione poco interessata dal fenomeno, ma perchéall’opposto il peso delle rimesse è estremamente alto, al punto da essere fuori scalarispetto alle altre regioni (nel grafico, la scala ha un valore massimo pari a 150%),non scendendo mai al di sotto della soglia del 300%. Anche in valore assoluto, l’am-montare delle rimesse in tale regione è stato il più alto sino ai primi anni ’90: 5,12 mi-liardi di dollari nel 1980, 10,5 miliardi nel 1990, 12,5 miliardi nel 2000. Dal 1996,l’Asia meridionale ha superato la regione del Medio Oriente e Nord Africa in terminiaggregati, raggiungendo nel 2000 i 18,4 miliardi di dollari.

Misurando il dato delle rimesse, aggregato regionalmente, in proporzione allaricchezza prodotta annualmente nel paese (Pnl in dollari correnti), l’Asia meridio-nale e il Medio Oriente e Nord Africa si confermano come le due macroregioni con ilpeso relativo delle rimesse più alto (2-3%).

Diversamente l’Africa sub-sahariana, a conferma di una marginalizzazione cre-scente dai flussi finanziari internazionali – in particolare da quelli rilevati dalle sta-tistiche ufficiali – registra un livello estremamente basso (compreso tra 0,3 e 0,6%),

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al punto che, nel 2000, è la regione con il più basso rapporto percentualerimesse/Pnl. Quest’ultimo dato è confermato dai dati relativi al rapportorimesse/aiuti a dono (esclusa l’assistenza tecnica). In questo caso, infatti, all’oppo-sto delle altre macroregioni, l’Africa sub-sahariana risulta ricevere stabilmente flus-si di aiuto pubblico allo sviluppo in forma di dono superiori a quelli delle rimesse(quindi, il rapporto è sempre inferiore al 100%, ed è compreso tra il 6 e il 27%).

Ben diverso è il caso delle altre regioni: nel 2000, l’America latina riceve flussi dirimesse pari a cinque volte il flusso di aiuti a dono, oltre sette volte nel caso dell’Asiameridionale, quasi quattro volte nel caso del Medio Oriente e Nord Africa.

Misurando le rimesse dei lavoratori in termini di proventi da esportazione, pae-si come Capo Verde e Repubblica Dominicana dimostrano la forte dipendenza dallerimesse (il rapporto è, rispettivamente, di 16 a 1 e di oltre 1 a 1). Ma anche paesi dimaggiore estensione e popolazione hanno valori significativi: Egitto, El Salvador eGiordania (un rapporto superiore al 75%), Grecia e Yemen (oltre il 50%),Bangladesh, Filippine e Pakistan (oltre il 25%), Turchia e Messico (attorno al 15%).In termini di rimesse pro capite, Nuova Zelanda, Portogallo e St. Kittis hanno tuttivalori superiori ai 400 dollari annui.

1.3 L’interpretazione implicitamente psicologica deiflussi finanziari e la sottostima delle rimesse nel quadrodelle rilevazioni statistiche

I numeri e gli indicatori statistici sono divenuti una preziosa fonte di analisi incampo sociale, ma non solo. La percezione delle informazioni relative alla finanzaper lo sviluppo è oggi legata alla contabilizzazione dei flussi finanziari: un paese èconsiderato beneficiario di capitali esteri solo se questi rientrano nella contabilitàdei flussi. La statistica finisce con influenzare molto la percezione dei fenomeni,dando loro un carattere di oggettività. Esiste, tuttavia, sempre uno scarto tra quelloche viene rappresentato come dato contabile e quello che effettivamente è un pro-cesso reale, soprattutto quando si riconosca la componente qualitativa dei processie come questa interagisce con quella quantitativa. C’è, in sostanza, un rischio legatoal “regime” e alla retorica dei numeri: i numeri sono considerati elemento incontro-vertibile di conoscenza e fonte di giudizio. A Parigi si è formato un movimento in op-posizione a quella che è stata definita – infelicemente, ma con un innegabile impattocomunicativo – la tendenza all’economia “post-autistica”, intendendo appunto l’at-

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tenzione ossessiva per i numeri, l’uso incontrollato dei dati, che porta a far prevale-re l’astrazione dei numeri sulla realtà, la statistica sulla vita reale.

Nel caso dell’analisi dei flussi di capitale estero, assumiamo un dato statistico,puramente contabile, e gli attribuiamo meriti e responsabilità che sono invece delsoggetto (banca commerciale, impresa privata, lavoratore emigrato, governo) cheutilizza i diversi canali finanziari.

Parlando oggi di indebitamento estero, risulta naturale associarlo al problemadella crisi dei Pvs, considerandolo in sé uno strumento finanziario negativo, o quan-tomeno rischioso. Nel caso degli Ide, invece, immaginiamo una coincidenza piena diquesto flusso contabile con le capacità imprenditoriali che gli sottostanno, conside-randolo un flusso naturalmente positivo in termini di sviluppo. Sugli aiuti pubblici al-lo sviluppo manteniamo un’incertezza di fondo, riconducibile alla natura ambiguadello Stato nei processi di sviluppo, circa l’effettivo impatto di questi flussi sullo svi-luppo e parliamo di paradosso micro-macro degli aiuti7. Nel caso delle rimesse deilavoratori, lo scarso prestigio di cui godono le figure dei lavoratori emigrati induceun ridimensionamento di fatto del valore del flusso in termini di sviluppo, solitamen-te trascurato.

Più in particolare, nel caso degli Ide, è interessante notare come un semplicepassaggio di proprietà – in termini di capitale azionario –, che non comporti alcuntrasferimento di macchinario, venga contabilizzato come Ide. La stagione delle fu-sioni e delle acquisizioni, coi possibili ma non sicuri benefici in termini di economiareale, ampiamente nota nei paesi industrializzati, è una dimostrazione di cosa gliIde possano in sostanza significare. Gli Ide spesso, soprattutto negli ultimi anni, so-no utili e legittimi strumenti di diversificazione dei portafogli di azioni e obbligazio-ni che, in presenza di sistemi bancari e finanziari fragili, possono gonfiare il merca-to delle borse emergenti, dei titoli azionari, del credito al consumo e del mercato im-mobiliare, generando un circolo vizioso che porta a maggiore inflazione, caduta delrisparmio, peggioramento della bilancia commerciale, pressione ed incertezza suitassi d’interesse e di cambio, instabilità nel campo della produzione reale, fuga dicapitali e crisi finanziaria.

Solitamente, tuttavia, si assume che gli Ide corrispondano a maggiori capacitàdi produzione, legate alla nuova tecnologia incorporata e alla strategia delle impre-se transnazionali volte ad aumentare la propria competitività internazionale attra-verso delocalizzazione e rafforzamento della capacità esportativa dei Pvs. In realtà,

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non è affatto dimostrato che l’incremento di Ide corrisponda a maggiore sviluppo diun paese, anche se in termini assoluti, ed è il dato più citato, si assiste sempre ad unlegame positivo tra Ide e Pil, il che è però semplicemente il risultato dell’aumentocomplessivo dei capitali legati al processo di apertura commerciale che accompagnala crescita economica8.

Per quanto riguarda l’indebitamento estero, al contrario, si tende ad assottiglia-re fino ad annullare la differenza nella natura e nella composizione del debito, cheinvece sono aspetti molto importanti. Indipendentemente da queste considerazioni edalla sua evoluzione storica, l’indebitamento estero è sommariamente consideratonegativo, al punto da chiederne l’abolizione come strumento di cooperazione allosviluppo9. È, invece, fondamentale distinguere tra debiti di breve, medio o lungo pe-riodo, nei confronti di creditori privati o pubblici, verso governi o organizzazioni in-ternazionali, a tassi d’interesse fisso o variabile, negoziati in valute forti o in panie-ri di valute, in che rapporto sia lo stock o il flusso di debito o il servizio debitorio conil Pnl, i proventi da esportazioni o le entrate fiscali.

Nel caso delle rimesse dei lavoratori, che qui specificamente interessa, è impor-tante sottolineare la disattenzione generale all’apporto finanziario del lavoratoreemigrato quale agente di sviluppo. Atteggiamento che si riflette anche in altri ambi-ti. Fra tutti, può essere citato l’apporto dei lavoratori immigrati al conto della previ-denza dei paesi ospitanti. In base ai dati Inps, nel 2000, a fronte di 1.092.000 personecon permessi di soggiorno per motivi di lavoro autonomo o dipendente comunicatidal Ministero degli Interni, risultavano 660.000 lavoratori con iscrizione contributivanegli archivi Inps. I datori di lavoro italiani, cioè, hanno versato effettivamente con-tributi per circa la metà delle persone con permesso di soggiorno per lavoro e hannofatto incassare all’Inps circa 2.650 miliardi di lire nel 1999. A fronte di queste entra-te, le uscite per prestazioni di pensione, invalidità e vecchiaia (pari al 8 miliardi di li-re), per cassa integrazione guadagni, disoccupazione e inabilità (110 miliardi di lire)e per prestazioni straordinarie unilaterali (25 miliardi di lire)10 sono ammontatecomplessivamente a 143 miliardi di lire. Un saldo notevolmente positivo (oltre 2.500miliardi di lire) per le casse dello Stato italiano, che non viene solitamente ricordato.All’opposto, si percepisce come onere la presenza dell’immigrato, appiattito sul ruo-lo di assistito dal paese ospitante.

Per quanto riguarda l’Italia, ragioni storiche, legate al flusso migratorio in usci-ta, hanno aiutato a mantenere una certa attenzione verso il fenomeno (che ha oggiuna consistenza esigua rispetto al complesso della bilancia dei pagamenti), anche

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dopo l’inversione del segno nel corso degli anni ’90, quando l’Italia ha smesso di es-sere esportatore netto di manodopera ed è diventato paese di immigrazione.Fenomeno che, in termini di rimesse, si è tradotto nel passaggio dell’Italia da paeseche registrava un saldo netto in entrata di rimesse ad un paese che, oggi, ha un sal-do netto in uscita di rimesse.

Alla scarsa attenzione verso le rimesse quale risorsa finanziaria contribuisce ladifficoltà di contabilizzazione dei flussi, legata sia al grande utilizzo di canali infor-mali per il rimpatrio dei risparmi dei lavoratori emigrati, sia a procedure di raccoltadati che trascurano una buona parte dei trasferimenti tramite canali formali.

Ai fini delle segnalazioni statistiche, le rimesse dei lavoratori rientrano nella ca-tegoria dei trasferimenti di risorse reali o finanziarie senza corrispettivo (trasferi-menti unilaterali) che determinano una variazione nel reddito delle controparti.Sono cioè una voce dei trasferimenti correnti, all’interno delle partite correnti, al pa-ri degli aiuti, e non – come Ide, investimenti di portafoglio, investimenti in strumentiderivati – nel conto finanziario. Inoltre, formalmente, sono identificati come rimessei trasferimenti valutari di lavoratori immigrati che sono occupati o intendono rima-nere occupati nel paese ospitante per più di un anno. Contabilmente, sono registratecome rimesse solo le segnalazioni transitate per il sistema bancario, rilevate attra-verso la Comunicazione valutaria statistica (Cvs)11, lo strumento che fa capo aglioperatori residenti per la raccolta di dati sulle loro operazioni con l’estero, valutarieed in cambi, realizzate direttamente all’estero o in Italia attraverso gli intermediariresidenti. Non solo non emergono contabilmente né i trasferimenti finanziari che uti-lizzano canali non ufficiali (trasporto personale dei risparmi in occasione di viaggi diritorno al paese d’origine, consegna dei risparmi a familiari e amici che partono, ri-corso a reti organizzate semi formali o informali di raccolta e trasferimento del de-naro) né l’invio di beni (rimesse in natura, come automobili o televisori), ma neppu-re i trasferimenti che utilizzano canali d’intermediazione ufficialmente registrati ebasati su sistemi di compensazione finanziaria e non di reale trasferimento (anzi-tutto, gli sportelli postali12 e i servizi finanziari specializzati, come il caso di WesternUnion e MoneyGram13).

In un’accezione ampia, statisticamente nella categoria delle rimesse vanno ri-condotte tre tipologie di flussi finanziari pubblicati annualmente dall’Fmi (Balanceof Payments Statistics Yearbook): le rimesse dei lavoratori che sono all’estero dapiù di un anno; le cosiddette compensazioni di lavoro – fino al 1995 definite come red-dito da lavoro – per chi risiede all’estero da meno di un anno, compresi i benefici ac-

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cessori in natura (trasloco, abitazione, imposte sui ruoli paga); i trasferimenti di va-lore legati a spostamenti di paese da parte di migranti (come nel caso di un tunisinoche si sposti dall’Italia in Canada).

Il totale di queste tre categorie di flussi è cresciuto da meno di 2 miliardi di dol-lari nel 1970 a circa 70 miliardi nel 1995, con un andamento piuttosto irregolare: unaforte crescita dei flussi nella seconda metà degli anni ’70, riconducibile ai flussi mi-gratori verso i paesi esportatori di petrolio, una sostanziale stabilità nel corso deglianni ’80, e una nuova impennata sul finire di quel decennio. Tra il 1970 e il 1995, com-plessivamente le tre voci hanno raggiunto i 1.000 miliardi di dollari (il 65% relativoalle rimesse dei lavoratori, il 25% alle compensazioni di lavoro e il 10% ai trasferi-menti di migranti).

L’Fmi, pur riconoscendo il problema della sottostima dei flussi di rimesse – cheporta, ad esempio, la Banca interamericana di sviluppo ad incrementare, in via cau-telativa, del 15% i dati raccolti dalla Banca mondiale presso le banche centrali –, uti-lizza stime dei flussi solo nel caso di paesi che non indicano tali voci nei propri continazionali. Ad esempio, nel caso della regione asiatica, i flussi aggregati indicatidall’Fmi sono risultati, nel 1995, quasi quattro volte maggiori rispetto alla sommadei dati riportati a livello nazionale, perché ad esempio India e Pakistan non aveva-no registrato alcun afflusso di rimesse nella propria contabilità nazionale. AlcuniPvs riportano solo dati riferiti alle rimesse dei lavoratori, altri solo le compensazionidei lavoratori.

Esiste una grande concentrazione di paesi di origine dei flussi in uscita: semprenel 1995, Arabia Saudita, Stati Uniti, Germania, Francia e Inghilterra hanno rappre-sentato quasi l’80% della fonte di rimesse dei lavoratori. Kuwait e Oman sono stati duealtri paesi di particolare importanza. Nel caso delle compensazioni dei lavoratori,Filippine, Francia, Germania, Thailandia ed Italia sono stati paesi beneficiari di questiflussi in arrivo. La Francia, in particolare, riceve ingenti flussi registrati come compen-sazioni. Sempre nel 1995, i trasferimenti di valore sono stati concentrati, invece, per idue terzi a favore di quattro paesi: Russia, Nuova Zelanda, Israele e Australia.

1.4 L’importanza dei flussi di capitale estero per lo sviluppo dei Pvs

Stabilito che i flussi di rimesse dei lavoratori sono statisticamente significativisul piano quantitativo, anche a fronte della sottostima contabile e in rapporto agli al-

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tri flussi di capitale estero, si tratta di qualificare la significatività economica di que-sto flusso per i processi di sviluppo.

Nella teoria economica, la funzione aggregata di produzione e di investimento14

ha costituito l’oggetto di una fertile indagine teorica ed empirica, che ha alimentatoil dibattito macroeconomico del secondo dopoguerra. Keynes sostenne che il ri-sparmio e l’investimento devono sempre essere uguali, perché la quantità di reddi-to prodotta dall’investimento produce un ammontare equivalente di risparmio: ilreddito nazionale è uguale all’ammontare speso in beni di consumo e risparmiato e,in termini reali, è anche uguale al volume totale della produzione, cioè al consumopiù l’investimento, pertanto sia il risparmio sia l’investimento sono uguali al reddi-to meno il consumo e sono necessariamente uguali tra loro. Successivamente, nellateoria monetaria, attraverso l’analisi periodale, Robertson e Ohlin dimostraronoche il risparmio e l’investimento all’interno di un’economia risultano uguali soltan-to se essi vengono considerati in due periodi differenti, il primo relativo alla crea-zione del risparmio e il secondo relativo all’investimento del risparmio creato nelperiodo precedente.

Si assume pertanto che il buon funzionamento di un sistema economico assicurila crescita economica quando riesca a garantire l’automatismo di un meccanismo li-neare del tipo: maggiore risparmio Ë maggiori investimenti Ë maggiore produzione ereddito.

La formazione del capitale è, infatti, una componente importante e ricorrente inmolte delle teorie sullo sviluppo economico che si sono succedute nel tempo. Già neipionieristici lavori di Harrod e Domar15 l’esistenza di un saggio di crescita del reddi-to uguale al rapporto tra propensione marginale al risparmio e rapporto marginalecapitale/prodotto definiva la condizione di equilibrio dinamico di una crescita rego-lare.

Fu Rosenstein-Rodan il primo ad applicare quello che ormai era noto come mo-dello di Harrod-Domar alle specifiche problematiche dei Pvs16. Il modello di sviluppocosì delineato prendeva le mosse da basilari considerazioni riguardanti il ciclo eco-nomico: – Il prodotto globale di un paese viene utilizzato a due scopi fondamentali, che so-

no il consumo interno ed il reinvestimento a fini produttivi attraverso la mobiliz-zazione del risparmio;

– La quota di prodotto destinata al reinvestimento determina un surplus di produ-

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zione, ovvero un prodotto il cui valore (in termini quantitativi o in termini eco-nomici) è maggiore del valore degli investimenti utilizzati;

– Tale surplus dovrebbe coprire il fabbisogno della popolazione ai fini del consumo.

Laddove tale surplus equilibra esattamente la quota destinata ai consumi nonpuò aversi crescita economica in quanto la quota rimanente di prodotto destinabileal reinvestimento resta sempre esattamente la stessa, e quindi si autoriproduce.

Come scrisse Ragnar Nurkse, parlando del circolo vizioso della povertà, “dal la-to dell’offerta vi è poca capacità di risparmio, che deriva dal basso livello delreddito reale. Il basso reddito reale è un riflesso della bassa produttività, che, asua volta, è dovuta in grande parte alla mancanza di capitale. La mancanza dicapitale è un risultato della poca capacità di risparmio, e cosi il circolo è com-pleto”17.

Il circolo vizioso della stagnazione nei Pvs potrà essere disinnescato solo in duemodi: – Riducendo i consumi, e quindi destinando una maggiore quota del prodotto al

reinvestimento (ipotesi della mobilitazione del risparmio interno);– Aumentando la quota degli investimenti tramite flussi di capitali dall’estero

(ipotesi del ricorso alle risorse esterne).

Tenendo presente che, in molti Pvs, il livello dei consumi è incomprimibile per-ché si trova alla quota di sostentamento e che il risparmio è, solitamente, poco escarsamente collegato, tramite il sistema di intermediazione creditizia, agli investi-menti produttivi, ne consegue l’impraticabilità e la difficoltà nel breve periodo dellaprima ipotesi. Di qui la necessità del ricorso alle risorse esterne18.

I flussi di capitale finanziario estero, sia esso pubblico o privato, a condizioniagevolate o no, rappresentano un canale supplementare e complementare ai circui-ti finanziari nazionali di promozione del meccanismo virtuoso dell’accumulazione edella crescita economica. I flussi di capitale estero assolvono pertanto ad una fun-zione cruciale per lo sviluppo economico di un Pvs: la copertura di un divario chepuò, simultaneamente o alternativamente, esistere tra risparmi e investimenti na-zionali, tra bisogno di importazioni e disponibilità di valuta pregiata derivante daiproventi da esportazioni19 e, infine, tra intenzione del governo di realizzare spesepubbliche e limitata disponibilità di entrate fiscali20. Le teorie dei tre gap, considera-bili progressivi affinamenti dei modelli iniziali di risparmio estero addizionale, si so-

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no affiancati ad un arricchimento della teoria della crescita, fino ad incorporare glialtri fattori critici della crescita endogena, e sono corrisposti, sul piano delle verifi-che empiriche, ai modelli di analisi sempre più complessi, che non si sono comunquediscostati sostanzialmente – se non negli ultimi cinque anni – dall’ipotesi di addizio-nalità delle risorse.

Le specificazioni econometriche delle relazioni tra flussi di capitale estero e svi-luppo hanno, peraltro, finora sempre trascurato il ruolo delle rimesse. Per un verso ècertamente vero che la scarsa attendibilità delle rilevazioni statistiche sulle rimesserappresenta un ostacolo importante, ma è altresì vero che il processo dello sviluppoè oggi riconosciuto come un intricato campo di interrelazioni dinamiche (la multidi-mensionalità dello sviluppo) e ciò comporta la necessità di superare l’impostazionetradizionale di molti studi econometrici che hanno preferito ipotizzare una relazionelineare e diretta tra aiuti e sviluppo economico, per poi testarla. Quel che è certo, in-fatti, è che, nel tempo, gli studi econometrici sono un chiaro riflesso dell’evoluzionedelle teorie sullo sviluppo e, in virtù anche di affinamenti metodologici delle tecnichedi analisi dei dati impiegate, è possibile oggi specificare equazioni dello sviluppomolto più complesse e “realistiche”21.

Non è questa la sede per approfondire le discussioni metodologiche che sonosorte; ci limitiamo però a sottolineare come occorra verificare, in chiave econo-metrica, alcuni aspetti che le precedenti analisi hanno sinora trascurato, segna-tamente:

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Figura 7. Circuito del reddito

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1) La non linearità della relazione tra flussi finanziari (comprese le rimesse) e cre-scita economica;

2) L’endogeneità delle rimesse, che non possono essere considerate una variabileesogena che non risente di un retro-effetto imputabile alla crescita economica,che andrebbe quindi considerata al contempo determinata e determinante dellerimesse;

3) La non indipendenza dalle altre variabili di flusso di capitale estero (aiuti, Ide,debito estero), solitamente considerate indipendenti nel determinare la crescitaeconomica, che invece sarebbero tra loro interrelate;

4) L’impossibilità di prescindere da dimensioni non economiche nella costruzionedi un processo di crescita (includendo, quindi, variabili istituzionali e sociali,che interagiscono anche con il volume di rimesse).

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2.1 I fattori che influenzano i flussi di rimesse

Il richiamo alle interrelazioni tra l’andamento dei flussi di rimesse ed altre va-riabili economiche e in rapporto ai meccanismi della crescita porta a sottolineare co-me sia importante approfondire il legame che esiste tra flussi di rimesse e dinamichemacroeconomiche.

In una direzione, cioè nella relazione che porta il quadro macroeconomico adorientare quantità e tipologia di rimesse, si tratta di approfondire il tema delle de-terminanti delle rimesse. Allo stesso modo, la comprensione dei meccanismi che go-vernano la decisione di effettuare rimesse e la scelta delle modalità per il trasferi-mento risulta cruciale nella ricerca di policies idonee a collocare le rimesse fra lepossibili fonti di finanziamento dello sviluppo.

Esiste una letteratura relativamente ampia sul tema che ha evidenziato comeconsistenza dei flussi di rimesse e modalità di trasferimento dipendano da moltepli-ci fattori che interessano sia aspetti legati alla tipologia di emigrati e del loro gruppofamiliare e sociale, sia variabili macroeconomiche e sociali relative ai paesi d’origi-ne e ospitante. Fattori che agiscono, sia determinando direttamente lo scenario eco-nomico all’interno del quale si trovano i diversi attori del mercato delle rimesse, siacontribuendo a determinare a livello individuale e comunitario la formazione e l’evo-luzione dei modelli e dei progetti migratori.

Una schematizzazione delle principali variabili citate in letteratura può partiredalla identificazione di due gruppi principali: un primo gruppo costituito dai fattori 27

Le determinantidei flussi di rimesse

Alessandro Rotta – CeSPI

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Tabella 3. Principali fattori che influenzano i flussi di rimesse

Variabile Direzione Determina Determina Determina Determinaattesa la decisione la modalità la quantità l’usodella di per di delle

relazione trasferire trasferire rimesse rimesse

Fattori endogeni individualiLivello del redditodel lavoratore emigrato +/- + Anzianità di emigrazione +/- + + +Livello di redditodel gruppo familiare - + + + Occupazione dei restantimembri del gruppo familiare - + + +Livello dei consumi di base(alimentazione, alloggio) - + Coniuge nel paese di origine + + + Livello di scolarità - + + + Livello professionale - + + + Presenza di proprietàimmobiliari nel paese d’origine + + Numero di persone in patriadipendenti dalle rimesse + + + + Paese d’origine +/- + + + +

Fattori endogeni sociali Numero di lavoratori emigrati + Quota di popolazione femminile - + +

Fattori esogeni sociali Livello di attività economicanel paese ospitante + + Livello di attività economicanel paese destinatario + + Tasso di cambio +/- + + Tasso di interesse relativofra i due paesi +/- + + Tasso di inflazione nel paesed’origine + + + Rischio politico nelpaese d’origine - + Sicurezza e liquidità degliinvestimenti nel paese d’origine + + + + + Efficienza dei sistemi per iltrasferimento dei fondi + + +

Fonti: Swami (1981), Straubhaar (1986), Russell (1986), Russel (1992), Brown (1994), Zucchetti(1997b), Venturini (2001), Conti e Strozza (2001), Barsotti e Toigo (2001)

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endogeni alla comunità che riguardano variabili comportamentali e demografiche,relative alla struttura della stessa comunità e ai singoli individui che la compongono,e un secondo gruppo formato da fattori esogeni alla comunità.

La tabella 3 sintetizza lo schema. La direzione attesa della correlazione è indi-cativa: in molti casi i lavori empirici, condotti su comunità nazionali diverse, hannofornito risultati contrastanti.

2.2 Le determinanti a livello microeconomico

Partendo dal livello micro, emergono come particolarmente importanti gli aspet-ti collegati a tipologia di progetti, modelli e processi migratori. Una teoria delle mo-tivazioni alla base della decisione di trasferire denaro in patria da parte dei lavora-tori emigrati è stata formulata nell’ambito della New Economics of LabourMigration (Nelm)22. Secondo questa riflessione, la scelta migratoria matura a livel-lo familiare, sovente in aree rurali, con la decisione di sovvenzionare un membro del-la famiglia (solitamente figlio o figlia del capofamiglia) che intraprende la via dellaricerca di un impiego in un’altra area dello stesso paese o all’estero allo scopo di au-mentare il proprio reddito e di contribuire con le rimesse al reddito familiare. Un in-centivo significativo a impegnarsi in tale percorso sarebbe individuabile nelle im-perfezioni ñ particolarmente accentuate nelle aree rurali – riguardanti il sistema delcredito e della sicurezza sociale, che renderebbero minime le possibilità per i nucleifamiliari di ottenere crediti o di godere di forme di assicurazione contro rischi di per-dite di reddito. L’emigrazione di un membro della famiglia sopperirebbe a queste im-perfezioni, fornendo i necessari finanziamenti e una maggiore sicurezza di redditoattraverso le rimesse o, perlomeno, con la promessa di rimesse in caso di repentinidecrementi di reddito familiare.

Uno schema caratterizzato da una maggiore complessità e disegnato utiliz-zando elementi della teoria dei giochi riconduce la razionalità delle scelte di effet-tuare rimesse da parte dei lavoratori all’interno di schemi basati su equilibri diNash. Il legame di tipo “assicurativo” fra emigrato e famiglia di origine sarebbe inrealtà bilaterale, di conseguenza è possibile considerare casi di relazione inversafra reddito dell’emigrato e ammontare delle rimesse. In alcuni casi, cioè, questepotrebbero aumentare con l’aumentare del reddito della famiglia d’origine, perl’incremento dei vantaggi per il membro emigrato di mantenere un legame strettocon il nucleo originario e, viceversa, diminuire con l’aumentare del benessere del-

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l’emigrato per il venire meno del suo bisogno di sostegno dalla famiglia in caso dinecessità23.

Nello stesso filone possono essere collocate le osservazioni che inseriscono le ri-messe fra i non-people linkages, componenti del legame affettivo e simbolico framigrante e famiglia lontana e del legame sociale con la comunità di appartenenza al-l’interno della quale si mantiene un ruolo economico24.

Secondo uno studio del 199725 sarebbero individuabili due modelli motivazionaliprincipali: un modello “assicurativo”, per il quale le rimesse sarebbero destinate adaiutare la famiglia d’origine e a fornire una sicurezza di reddito in caso di crisi, e unmodello “investimento”, in cui le rimesse si configurerebbero come contributo dell’e-migrato alla formazione del capitale familiare in vista di una partecipazione all’ere-dità.

In modo simile Brown26 sintetizza le determinanti dei flussi di rimesse relative altipo di motivazione in tre gruppi: il sostegno alla famiglia motivato da “altruismo” oda un obbligo di tipo contrattuale; il sostegno alla famiglia motivato dall’interessepersonale in vista di godere di eventuali eredità; l’investimento motivato dall’inte-resse personale verso un accumulo di capitale e/o un accantonamento di risorse perla vecchiaia.

A fianco dei fattori legati alla definizione del progetto migratorio sono esamina-ti in letteratura aspetti più strettamente collegati alla dimensione processuale del-l’esperienza migratoria. Il livello di integrazione nella società di accoglienza, studia-to attraverso l’analisi di alcuni indicatori, influenzerebbe in maniera fondamentalequantità e soprattutto qualità dei flussi di rimpatrio dei risparmi. In generale, lamaggiore integrazione, sia a livello di singolo che di comunità, è correlata ad un mi-nore invio rimesse da cui deriverebbe una tendenza alla riduzione nel lungo periododei flussi di rimesse in assenza di nuove ondate migratorie. La condizione di preca-rietà propria dei gruppi meno integrati comporta, inoltre, la scelta del canale infor-male da parte degli immigrati maggiormente propensi al trasferimento di risorse,perché volontariamente o forzatamente mantengono legami più stretti con famigliae comunità d’origine. Allo stesso modo, la fase del rientro, la sua modalità (forzato ovolontario, definitivo o temporaneo, eccetera) e la sua corrispondenza al progettomigratorio27 contribuiscono in maniera determinante a definire flussi e tipologia del-le rimesse.

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2.3 Le determinanti a livello macroeconomico

Passando al livello macro, dall’esame della letteratura è possibile individuareun riconoscimento dell’intreccio di fattori relativi sia alla sfera economica che allasfera politico-istituzionale.

Fra le variabili economiche e monetarie, vengono menzionate, accanto ai livellidi attività economica dei due paesi interessati dal flusso finanziario, il tasso di cam-bio, il tasso di inflazione e il tasso di interesse relativo fra i due paesi.

L’individuazione di relazioni precise e valide in diversi contesti risulta partico-larmente difficoltosa. In particolare, Venturini28, in un’ampia ricognizione dei lavorirelativi a comunità di immigrati di paesi del Mediterraneo in Europa, rileva risultatispesso non significativi e a volte di segno opposto a quello atteso per quanto riguar-da l’influenza del tasso di interesse reale. Mentre il ruolo del tasso di cambio è posi-tivo in alcuni casi quando prevale l’effetto sostituzione (il tasso di cambio del paesedi origine si apprezza e gli emigrati aumentano le rimesse per acquistare più beninel paese) e negativo quando, per il maggior peso dell’effetto reddito, le rimesse ven-gono ridotte. Per quanto riguarda il tasso di cambio, un aspetto di particolare inte-resse concerne il fenomeno della dollarizzazione delle economie di alcuni paesi invia di sviluppo, quando cioè il dollaro statunitense diventa di fatto o ufficialmente lamoneta legale esclusiva o predominante in un paese e, quindi, diventa mezzo di pa-gamento nei contratti tra privati e anche da parte del governo29.

Su un piano teorico di prima approssimazione e molto generale, da un lato, loStato (meglio, la Banca centrale) perde il profitto realizzato sulla coniazione di mo-nete con un potere d’acquisto superiore al valore contenuto (il cosiddetto signorag-gio); dall’altro lato, però, lo Stato dovrebbe guadagnarci in termini di abbassamentodell’inflazione, migliori aspettative e, quindi, maggiore afflusso di capitale estero(comprese le rimesse), maggiore ricorso ai conti bancari, minori tassi d’interesse,minori rischi e maggiore sicurezza sui diritti di proprietà; il che sommato portereb-be a maggiori investimenti, quindi maggiore produttività dei fattori, più occupazionee più produzione, cioè più ricchezza e sviluppo per il paese. Il saldo netto dei benefi-ci può quindi essere molto positivo, soprattutto nel caso di piccole economie che, inogni caso, dal signoraggio e dalla leva monetaria non traggono grandi vantaggi30.

In realtà, la situazione è ben più complessa. Il caso dell’Ecuador è, ad esempio,un caso molto interessante31. Si tratta di un paese che, negli ultimi anni, ha dovuto

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affrontare una grave crisi economica ed una forte instabilità finanziaria. La depres-sione del mercato del petrolio (prima fonte di valuta estera e motore dell’economia)e il disastro naturale del Niño hanno segnato pesantemente la già delicata situazio-ne, portando al deprezzamento del 70% del valore della moneta locale (il sucre). Nel2000 l’Ecuador ha scelto la via della dollarizzazione. L’Ecuador è anche un paese aforte emigrazione: 12 milioni di abitanti e, solo nel periodo 1999-2001, mezzo milionedi persone sono emigrate all’estero (soprattutto Stati Uniti, Spagna e, recentemente,Italia). Un paese, quindi, caratterizzato dall’impoverimento demografico, per il forteprocesso emigratorio innescato dalla povertà e dalla mancanza di opportunità di la-voro.

Gli effetti della dollarizzazione sull’afflusso delle rimesse sono importanti ecomplessi. Sicuramente, la presenza di una divisa forte come valuta nazionale hafatto accrescere i flussi di rimesse. In Ecuador, annualmente, arrivano circa 1,2 mi-liardi di dollari sotto forma di rimesse (facendo di queste la seconda fonte di afflussodi valuta per la bilancia dei pagamenti, dietro al petrolio e prima delle esportazionidi banane). Non solo la valuta forte attrae rimesse, ma anche il differenziale dei tas-si d’interesse, rispetto a quelli praticati negli Stati Uniti, incoraggia gli emigrati a farrientrare parte del loro risparmio, assicurando anche una facilità di mobilità del ca-pitale (diventa più agevole spostare il risparmio su conti e titoli statunitensi, sempreespressi in dollari statunitensi). Infine, la stabilizzazione e la fiducia ingenerata per-mettono l’emissione di titoli a lungo termine, come certificati di deposito a cinqueanni, che in passato non erano proponibili, che aumenta ulteriormente l’effetto posi-tivo sul rimpatrio dei risparmi degli emigrati.

Al contempo, tuttavia, il paese dollarizzato, ricevendo ingenti quantità di rimes-se, non riesce a produrre gli auspicati effetti frenanti sull’inflazione: il tasso annuod’inflazione continua ad essere a due cifre, perché l’economia è troppo “estroversa”,cioè la produzione reale del paese è inferiore rispetto alla ricchezza finanziaria di-sponibile grazie all’afflusso di capitale estero. Lo stesso aumento della raccolta di ri-messe rischia di diventare, perciò, un freno all’aumento di impiego nazionale dellerimesse: l’utilizzazione produttiva diventa difficile perché la redditività degli investi-menti deve superare significativamente l’inflazione per essere conveniente. Al pun-to che, in mancanza di prodotti finanziari innovativi e vantaggiosi, le potenzialitàdelle rimesse non si traducono in investimenti produttivi per il paese e, talvolta, rie-scono dal paese per finire in conti e titoli statunitensi di cui sono titolari le famiglierimaste in Ecuador.

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Infine, la dollarizzazione produce effetti negativi sulla struttura industriale lo-cale, penalizzata da un dollaro forte rispetto alle altre valute, oltre a togliere il ruolodi prestatore di ultima istanza al sistema finanziario nazionale, ridurre i margini diautofinanziamento e di politica monetaria al governo.

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3.1 I fattori che influenzano la scelta dei canali peril trasferimento dei fondi

Un secondo aspetto delle dinamiche dei trasferimenti di rimesse di particolareinteresse riguarda la modalità con cui vengono effettuate le operazioni di rimpatriodei fondi. L’osservazione dei percorsi e degli attori protagonisti della movimentazio-ne delle rimesse risulta determinante sia dal punto di vista della quantificazione deiflussi, sia dal punto di vista del loro possibile utilizzo.

In particolare, è ampiamente riconosciuta la grande importanza rivestita daiflussi che utilizzano canali informali o semi formali. Per alcuni paesi, essi rappre-sentano la quota maggiore di risorse rimpatriate da parte degli emigrati fino a rap-presentare il doppio o il triplo di quanto ufficialmente contabilizzato nella bilanciadei pagamenti32.

La scelta del tipo di canale dipende da molteplici fattori che comprendono alcu-ne delle variabili già citate per quanto riguarda la determinazione quantitativa deiflussi, cui si aggiungono motivazioni che vanno dall’affidabilità, efficienza e presen-za sul territorio dei vari sistemi formali e non, al rispetto di abitudini e tradizioni del-la comunità di appartenenza.

Un notevole peso è ascrivibile alla normativa relativa ai trasferimenti finanziari ealla regolazione del mercato dei cambi. In alcuni paesi, restrizioni e tassazioni speci-fiche colpiscono i trasferimenti finanziari in favore dei residenti (Brasile, Colombia),traducendosi in un aggravio dei costi e dei tempi di trasferimento33. Politiche dei cam- 35

I canali per il trasferimentodi rimesse

Alessandro Rotta – CeSPI

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Figura 8. I fattori che influenzano la scelta dei canali informali

Tipologie di flussiattraverso i canaliinformali

Principali motivazioni

Trasferiti a manoda immigrati diritorno (in contanti)o travellerscheques) e cambiatisul mercatoinformale

Inadeguatezza, inaccessibilità,inefficienza, o inesistenza del sistemabancario, postale e dei servizi di cambio

Costi elevati dei servizi forniti daglioperatori formali (banche, posta, moneytransfer services)

Supervalutazione del tasso di cambiodel paese ricevente (tassa occulta suitrasferimenti di valuta).

Controllo restrittivo del cambio.

Repressione finanziaria caratterizzatada tassi reali negativi per il risparmiointerno

Controllo restrittivo del commerciointerno e delle importazioni

Significative differenze nei prezzi deibeni tra i due paesi termine deltrasferimento

Trasferitiattraversooperatori delmercato informale

Trasferiti sottoforma di beni diconsumo per usopersonale o per larivendita nelmercato

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bi restrittive possono essere determinanti; si veda la macroscopica differenza di com-portamento emergente fra i dati sui trasferimenti di marocchini e algerini dallaFrancia34, con una netta inferiorità dei flussi di rimesse verso l’Algeria, in presenza diconsistenti differenziali fra tasso di cambio ufficiale e non ufficiale.

3.2 I canali formali

Solo una parte dei trasferimenti avviene, pertanto, attraverso canali formali,che comprendono il sistema bancario, quello postale, quello degli uffici di cambio equello delle agenzie specializzate nel trasferimento di denaro.

La necessità di entrare in relazione con strutture e pratiche sconosciute, spessoestranee alla cultura d’origine e comportanti un discreto livello di conoscenza lin-guistica, rende difficoltoso il contatto dell’immigrato con il sistema bancario del pae-se di emigrazione. L’espletamento delle formalità burocratiche rappresenta un osta-colo anche per le operazioni più semplici come l’apertura di un libretto di risparmio.L’accesso a servizi di maggiore complessità, fondamentali per il trasferimento di de-naro all’estero, quale l’apertura di un conto corrente o la concessione di carta ban-comat o carta di credito, sono spesso preclusi non solo agli immigrati irregolari, maanche a lavoratori con contratto a tempo determinato o con livelli di reddito giudica-ti insufficienti35.

L’utilizzo del canale bancario è sensibilmente legato al livello di integrazione de-gli immigrati nella società ospitante sia a livello individuale che comunitario. Il livel-lo di integrazione del singolo immigrato contribuisce a favorire l’utilizzazione deiservizi bancari.

Oltre alle minori difficoltà relazionali legate alla conoscenza della lingua e dellacultura del paese ospitante, i lavoratori stranieri maggiormente inseriti contanospesso su livelli e sicurezza di reddito maggiori (spesso determinanti per accederead alcuni servizi bancari quali l’apertura di conto corrente, bancomat, carta di cre-dito, fino alla concessione di crediti o fidi) e, in maggior numero, coltivano progetti diricongiungimento familiare o di emigrazione definitiva, mantenendo di conseguenzamaggiori quote di risparmio nel paese ospitante.

La presenza consistente di una comunità nazionale è spesso accompagnata al-l’apertura di sportelli di banche del paese d’origine, utilizzate sia per servizi di de-

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posito e investimento finanziario, sia per il rimpatrio di denaro. Anche le banche delpaese ospitante, a fronte di una potenziale acquisizione di nuova clientela, si dotanodi servizi dedicati ai lavoratori stranieri, che vanno dall’offerta di prodotti specifici,alla presenza di impiegati con competenze linguistiche, all’assunzione di mediatoriculturali per i rapporti con la clientela immigrata.

Una seconda serie di fattori interessa il grado di apertura del sistema bancariostesso, sia se si guarda al paese ospitante, sia se viene preso in considerazione ilpaese d’origine. Maggiore dinamicità e interesse per il mercato dei risparmi e dellerimesse degli immigrati da parte degli istituti bancari sono rilevabili in paesi carat-terizzati, oltre che da comunità immigrate consistenti per numero e capacità di ri-sparmio, anche da elevata competitività e propensione all’internazionalizzazione al-l’interno del settore dei servizi finanziari. Gli stessi fattori entrano in gioco nel de-terminare la diffusione nei paesi di immigrazione di sportelli di banche nazionali deipaesi d’origine.

Grande importanza riveste la capacità di integrazione reciproca dei due sistemibancari. Il basso livello di efficienza dei sistemi bancari dei paesi di emigrazione e ladifficoltà di raggiungere livelli di sicurezza e trasparenza di costi e procedure vienespesso citato fra i fattori che limitano le possibilità di chiudere accordi di collabora-zione fra banche per entrare nel mercato delle rimesse.

Infine, non va certamente dimenticato il problema dell’accesso ai servizi banca-ri da parte dei destinatari dei trasferimenti, appartenenti spesso alle fasce socialipiù svantaggiate36. Per costoro, l’inesistenza di rapporti con il sistema bancario sitraduce spesso in difficoltà e ritardi nelle operazioni collegate all’incasso di bonificio al cambio di assegni internazionali. Sono segnalati casi di vessazione che vannodal pretestuoso ritardo nell’espletazione di procedure per conservare più a lungoquantitativi di valuta pregiata nelle casse delle banche riceventi, alla imposizionepoco trasparente di costi aggiuntivi, alla richiesta di vere e proprie mance da partedei funzionari. L’incasso di assegni internazionali, inoltre, è molto spesso precluso ainon possessori di conto corrente che sono costretti a rivolgersi a uffici cambio priva-ti o a operatori non ufficiali.

Problemi di sicurezza, affidabilità e lentezza sono fra i fattori che per alcunipaesi risultano determinanti dello scarso uso dei servizi postali, nonostante questirappresentino in molti casi l’unica alternativa ai canali informali per diffusione sulterritorio37. Sono, tuttavia, rilevabili sviluppi per quanto riguarda l’integrazione de-

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gli uffici postali all’interno dei circuiti di trasferimento di rimesse attraverso accor-di di cooperazione con altri operatori. Integrazioni che si accompagnano a processidi ristrutturazione e ammodernamento dei servizi postali di alcuni paesi sia delNord che del Sud, miranti ad incrementarne il ruolo nell’ambito della raccolta e mo-vimentazione del risparmio sfruttando il vantaggio competitivo rappresentato dallacapillarità della presenza di sportelli sul territorio che si traduce in vicinanza ai luo-ghi di lavoro e di residenza dei potenziali utenti.

Estremamente sviluppate nel continente americano ed in espansione nel restodel mondo, sono alcune società specializzate nella spedizione di denaro all’estero,fra le quali primeggiano Western Union e MoneyGram. Fra i punti di forza emergonola celerità e affidabilità del servizio e la capillarità della rete di recapito, costruitaspesso attraverso accordi di collaborazione con banche locali, servizio postale oagenzie private. La garanzia di recapito, spesso nell’arco della stessa giornata, fan-no di questo tipo di servizi il mezzo utilizzato in tutti i casi di urgenza. Il costo delservizio offerto dagli operatori maggiori, giudicato elevato da molte organizzazionidi emigrati e oggetto di un’azione civile negli Usa, e la crescita della domanda perquesto tipo di servizi favorisce la nascita e la crescita di altri attori che vanno daglioperatori minori specializzati per paese, a volte emergenti dal settore informale, aassociazioni non profit impegnate a volte in progetti di sviluppo delle comunità d’o-rigine, ai più diversi operatori informali38.

3.3 I canali semi formali e informali

Sono descritti in letteratura numerosi circuiti che fungono da canale informaleper il rimpatrio dei risparmi degli emigrati. Questi vanno dal gruppo familiare o divillaggio fino all’organizzazione semi ufficiale, che conta su reti capillari di raccoltanel paese ospitante e di recapito nelle terre d’origine.

Il sistema più semplice di rimpatrio di fondi non contabilizzabile è il trasferi-mento operato personalmente dallo stesso lavoratore nei viaggi periodici al paesed’origine o affidando il denaro a familiari, amici o conoscenti che, in genere a titolocompletamente gratuito o sulla base di reciprocità di prestazioni, provvedono allaconsegna del denaro.

Molto diffusa, particolarmente attraverso questo canale, è la rimessa in natura,consistente in beni costosi o di difficile reperimento sul mercato locale (quali elet-

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Il senso della freccia indica la direzione del vantaggio competitivo.In corsivo i vantaggi rilevabili in maniera non omogenea

Figura 9. Vantaggi competitivi fra i diversi sistemi di trasferimento dirimesse

Istituti Bancari Servizi postali(Efficienza, Sicurezza, Altri servizi, Affidabilità)Corrieri privati formali(Affidabilità, Altri servizi, Sicurezza)Corrieri privati informali(Affidabilità, Altri servizi, Sicurezza)

Servizi postali Istituti bancari(Accessibilità, Costo, Presenza capillare, Certezzacosti, Sicurezza)Corrieri privati formali(Costo)Corrieri privati informali(Costo)

Corrieri privati formali Istituti bancari(Accessibilità, Presenza capillare, Certezza costi,Velocità, Costo, Efficienza, Sicurezza)Servizi postali(Presenza capillare, Certezza costi, Velocità,Costo, Efficienza, Sicurezza)Corrieri privati informali(Affidabilità, Sicurezza, Efficienza, Velocità)

Corrieri privati informali Istituti bancari(Velocità, Efficienza, Presenza capillare, Altriservizi, Sicurezza, Certezza costi)Servizi postali(Velocità, Efficienza, Presenza capillare, Altri servizi,Presenza capillare, Sicurezza, Certezza costi)Corrieri privati informali(Costo, Altri servizi)

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trodomestici, telefoni cellulari, computer, pezzi di ricambio, abbigliamento, eccete-ra). In molti casi, le rimesse in natura costituiscono un primo investimento da partedel lavoratore all’estero che reimmette sul mercato interno la merce importata39. Atitolo di esempio possono essere citati i casi delle importazioni di auto usate e pezzidi ricambio che in periodi diversi hanno costituito una pratica di investimento cor-rente per gli emigrati da alcuni paesi mediterranei40.

Una prima forma di organizzazione consiste nella applicazione di una tariffaper il trasferimento di denaro o di cose da parte del corriere informale, che può es-sere un operatore dei trasporti (autista di pullman, camionista, marinaio), un com-merciante o, semplicemente, un membro della comunità che nei viaggi periodici svol-ge questo servizio. A parità di altre condizioni determinanti la scelta di canali infor-mali, il livello di aggregazione e altri fattori culturali caratterizzanti la comunità (ga-ranzia di controllo sull’affidabilità del corriere) risultano di cruciale importanza perl’utilizzazione di questo tipo di canale.

Un livello maggiore di organizzazione informale per la gestione e il rimpatrio deirisparmi è riscontrabile all’interno di alcune comunità dove tradizionalmente opera-no strutture autogestite di mutua assistenza e di gestione comunitaria dei risparmi,simili a quelle presenti in patria a livello di villaggio, o a volte vere e proprie emana-zioni di queste ultime41. Fra gli esempi possono essere citate alcune strutture tipichedell’Africa sub-sahariana identificate in genere come tontines nei paesi francofoni eRoscas (Rotating Savings and Credit Associations) nei paesi anglofoni. Organizzatecome fondi rotativi occupano spazi lasciati vuoti dal sistema finanziario ufficiale eforniscono agli associati servizi di base di deposito e prestito.

Organizzazioni autogestite a livello comunitario sono emerse all’interno di comu-nità di espatriati, arrivando in alcuni casi alla creazione di strutture formali o semiformali42. Oltre a fornire il servizio di rimpatrio dei risparmi, svolgono spesso spedi-zioni di beni con eventuale servizio di credito al consumo per l’acquisto degli stessi,nonché prevedono una serie di servizi di consulenza gratuiti che vanno dal disbrigo dipratiche amministrative, alla messa in contatto di potenziali partner commerciali, al-la fornitura di informazioni sul paese d’origine per potenziali investitori. Altre orga-nizzazioni propongono diversi prodotti di investimento finanziario e assicurativi, pre-valentemente sanitari o di copertura per le spese funerarie o di rimpatrio delle salme.

Vere e proprie imprese non ufficiali che offrono servizi di trasferimento finan-ziario sono nate all’interno di comunità caratterizzate da alta numerosità e forti le-

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gami con la madrepatria. Le dimensioni ed il livello di strutturazione sono estrema-mente variabili e, in genere, proporzionali all’affidabilità e alla disponibilità di capi-tali per offrire il servizio di recapito semi immediato al destinatario della sommaconsegnata nel paese di immigrazione43. Fra gli esempi più conosciuti di organizza-zioni informali di grandi dimensioni e in grado di competere con gli operatori ufficia-li anche su aree comprendenti più paesi, possono essere menzionati il sistema hun-di diffuso fra gli emigrati provenienti da Pakistan, Bangladesh e India, e il MoneyCourier Industry delle Filippine44.

In alcuni casi, tali organizzazioni emergono come vere e proprie imprese forma-li, pur mantenendo le caratteristiche originarie, come ad esempio la rete dei reme-sadores dominicani autorizzati a operare negli Usa secondo il Money Transfer Codee riuniti in una associazione di categoria45. Il sistema di raccolta si basa su agentiinformali che operano come cambia valuta applicando generalmente un sovrapprez-zo sul tasso di cambio e nessuna altra commissione. Fra i punti di forza del sistemasono citate: la velocità di esecuzione dei trasferimenti (spesso grazie all’uso del faxcome mezzo principale di comunicazione degli ordini), la sicurezza, l’affidabilità,l’efficienza e la capillarità della rete che, spesso, nel paese di destinazione, offre laconsegna degli importi (o della merce) direttamente a domicilio, oltre a garantire lapresenza in aree geografiche prive di servizi postali, bancari e finanziari ufficiali.Anche in questo caso la gamma dei servizi offerti si allarga spesso a servizi finan-ziari (credito al consumo, prestiti personali, eccetera) e assicurativi (sanità, spesefunebri) sia per la famiglia d’origine, sia per gli stessi lavoratori all’estero.

In alcuni casi, tuttavia, il sistema informale non si afferma tanto per la propriaefficienza, quanto per la grande difficoltà o impossibilità di avvalersi dei canali uffi-ciali. Un recente studio realizzato in Bangladesh fornisce un quadro caratterizzatoda una disomogeneità da regione a regione sia per quanto riguarda la forza compe-titiva e l’efficienza del sistema, sia per quanto riguarda la sua affidabilità. In parti-colare, l’indagine condotta fra i migranti ha evidenziato fra i motivi di preferenza peril sistema informale, non tanto la maggiore sicurezza, affidabilità o velocità di tra-smissione, quanto la maggiore semplicità e accessibilità del servizio rispetto ai nor-mali servizi bancari, preclusi agli emigrati irregolari o con contratti di lavoro tempo-ranei.

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4.1 Le rimesse e i contesti economici dei paesi di origine

La tesi centrale riguardo i possibili legami tra le rimesse e lo sviluppo dei paesidi origine rileva come queste possano costituire dei flussi finanziari che stimolano lacrescita economica, una migliore distribuzione del reddito e la riduzione della po-vertà. Le rimesse costituiscono un trasferimento internazionale di risparmio chepuò essere consumato, investito o mantenuto come risparmio dalle famiglie dell’e-migrato.

“In un mondo ideale, una migrazione per motivi di lavoro ben organizzatapotrebbe portare a flussi di rimesse che possono migliorare i conti nazionalidel paese di origine, ed allo stesso tempo portare a investimenti che migliora-no la produttività e le infrastrutture … Ma il mondo reale non è così.”46

A livello macroeconomico o generale le rimesse sono considerate come un Gianobifronte47. Da un lato, sono stati sottolineati più volte i tanti effetti positivi delle ri-messe, che: 1) migliorano la bilancia dei pagamenti; 2) sono una fonte di valuta de-stinabile all’importazione di beni capitali e materie prime; 3) sono potenzialmenteuna fonte di risparmio e investimento; 4) migliorano il livello di vita delle popolazio-ni dei paesi d’origine; 5) incrementano il reddito nazionale; 6) migliorano la distri-buzione del reddito (quando sono i più poveri e i meno qualificati che emigrano); 7)fungono da ammortizzatore sociale, impedendo l’ulteriore emigrazione di fasce po-vere di popolazione e riducendo le tensioni legate alla forte disoccupazione; 8) alle-viano, almeno in parte, i vincoli finanziari e i rischi che frenano lo sviluppo del setto-re rurale; 9) contribuiscono, oltre a sviluppare una nuova branca dei servizi, all’a- 43

L’impatto delle rimessesullo sviluppo locale

Alessandro Rotta – CeSPI

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pertura di nuovi canali di comunicazione con l’estero per l’economia e la società del-le aree di emigrazione48.

In direzione opposta, invece, si collocano gli studi che hanno sottolineato l’im-patto negativo delle rimesse per lo sviluppo economico del paese49. Secondo alcuniautori, pur esistendo potenziali effetti positivi, sono comunque prevalenti quelli ne-gativi, perché l’emigrazione raramente riesce a costituire l’innesco di un processo di

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Tabella 4. Benefici e costi delle rimesse

Benefici Costi Allentano i vincoli posti dalla disponibilità I flussi non sono prevedibilidi valuta estera e migliorano la bilanciadei pagamenti

Consentono l’importazione di beni Sono spese in beni di consumo.capitali e di materie prime per lo sviluppo L’aumento della domanda provocaindustriale inflazione e crescita dei salari.

Sono fonti potenziali di risparmio e Danno luogo a pochi investimentiinvestimenti per la formazione in capitale e per la generazionedel capitale e lo sviluppo di attività produttive

Sono un’aggiunta netta di risorse Producono un’alta domanda di beni di consumo importati, aumentano ladipendenza dalle importazioni eacuiscono i problemi della bilanciadei pagamenti

Aumentano in modo immediato Sostituiscono altre fonti di redditoil tenore di vita delle famiglie e perciò aumentano la dipendenza,

erodono l’attitudine al lavoro eaccrescono gli effettipotenzialmente negativi dellemigrazioni di ritorno

Migliorano la distribuzione del reddito Sono spese in investimenti non(se migrano i più poveri e i meno abili) produttivi e personali

Creano invidia e risentimenti einducono le famiglie al consumismo

Fonte: Russel (1986)

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sviluppo: si crea un vero e proprio circolo vizioso dell’emigrazione, che crea dipen-denza da parte delle comunità di origine, alimentando ulteriore emigrazione e con-gelando il sistema locale in termini di un’economia caratterizzata da bassa produtti-vità e sottosviluppo50. Fra gli effetti negativi menzionati, le rimesse:1) creano dipendenza fra i beneficiari, sostituendo altre forme di reddito e dimi-

nuendo l’attitudine al lavoro;2) incoraggiano l’emigrazione della forza lavoro maggiormente produttiva e poten-

zialmente innovativa;3) fanno sì che la forza lavoro venga a mancare e sia sostituita dal lavoro femmini-

le e minorile con conseguenze in termini di diminuzione della produttività e didiminuzione della scolarità;

4) provocano uno spiazzamento degli investimenti pubblici, privati e esteri a causadella minore disponibilità di forza lavoro e in quanto risorse fungibili possonoindurre i governi locali a ridurre gli investimenti;

5) sono flussi con una alta imprevedibilità;6) alterano i modelli di consumo e di vita dei non-emigrati aumentando l’acquisto di

beni di consumo e di investimento ad uso personale (immobili) e in beni di impor-tazione (con diminuzione dell’effetto moltiplicativo, incremento della dipendenzadalle importazioni e conseguente peggioramento della bilancia dei pagamenti); 7)possono provocare un aumento dell’inflazione (in Corea del Sud e in Pakistan adesempio è stato osservato come l’emigrazione abbia causato una riduzione nel-l’offerta di abilità specifiche che assieme all’inflazione ha portato ad un aumentodei tassi salariali e a un’importante variazione del prezzo relativo del lavoro)51.

La tabella proposta da Russel (1986) sintetizza i principali benefici e costi tradi-zionalmente evidenziati riguardo l’impatto delle rimesse sullo sviluppo.

Sul piano delle relazioni macroeconomiche coinvolgenti i flussi di rimesse, è ne-cessario soffermarsi sulla complessità e rilevanza delle interazioni tra voci nellepartite correnti e voci in conto capitali nella bilancia dei pagamenti.

Sempre – sia che si tratti di Ide, debito o rimesse –, flussi di capitale in entratache non siano a carattere permanente possono avere effetti destabilizzanti molto ne-gativi sull’economia, sia al momento dell’arrivo sia in quello di un mancato seguito.In questo senso, andamenti troppo erratici delle rimesse possono ingenerare pro-cessi negativi assimilabili ai rischi di short-termismo. Variazioni frequenti nel tas-so di cambio e nel tasso d’interesse ingenerano aspettative negative, sfiducia nel si-stema e disincentivo a rimpatriare capitali.

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Aspetti negativi provocati dalle rimesse. Il caso dell’Albania

I dati mostrano come le rimesse siano il flusso di valuta pregiata più impor-tante per la bilancia dei pagamenti albanese, rappresentando una percentualesulle esportazioni di beni e servizi eccezionale, 153%, se comparata con quelle dialtri paesi esportatori di lavoro. Questo afflusso di risparmio si confronta conuna capacità produttiva domestica assai limitata. Di conseguenza la spesa dellerimesse si indirizza in grandissima parte su beni e servizi importati.

Il sistema finanziario e bancario albanese è in via di profonda ristruttura-zione, liberalizzazione e privatizzazione. Attualmente non esiste una capacitàistituzionale adeguata per lo sviluppo dell’intermediazione finanziaria e il molti-plicatore monetario risulta sostanzialmente inesistente. Il caso albanese mo-stra come attualmente non esistano le condizioni per un impatto positivo dellerimesse. Risulta necessario creare un sistema finanziario e produttivo minimoche possa consentire l’assorbimento delle rimesse evitando l’estroversione del-l’economia. La realizzazione di politiche attive dirette sulle rimesse rischia diavere poca utilità in un ambiente così poco ricettivo. Piuttosto potrebbero esse-re definite delle misure specifiche, sperimentali, con impatti selettivi.

Aspetti positivi provocati dalle rimesse. Il caso della Tunisia

In Tunisia le rimesse sono pari all’8,5% delle esportazioni di beni e servizi.Esse costituiscono un importante flusso di valuta dopo le entrate per turismo eper le esportazioni del comparto tessile e del cuoio. Dagli anni ’70 ad oggi hannoridotto la loro incidenza sul Pil, da una media superiore al 5% al 4% nel 1999. Latrasformazione produttiva della Tunisia, sebbene tuttora in fase di transizione,sembra offrire un quadro positivo per un utilizzo produttivo delle rimesse. Aquesto riguardo “il numero dei progetti realizzati dai tunisini residenti al-l’estero nel corso di sette anni (1993-1999) è di 4.196, con un volume di inve-stimenti 153 milioni di dinari e fonte di occupazione per 20.468 lavoratori(…). In termini di settore di intervento tali progetti si sono ripartiti in 323progetti in campo agricolo; 987 in campo industriale; 2.886 in quello deiserviziî54.

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In questo ambito, almeno tre categorie di elementi devono essere prese in consi-derazione per analizzare l’interazione fra rimesse e dinamiche macroeconomiche:1) altri flussi di capitale estero e loro composizione; 2) andamenti della bilancia com-merciale e politica del tasso di cambio; 3) fattori interni – consumi, risparmi e inve-stimenti privati, entrate e spese pubbliche, sistema finanziario e normativa in mate-ria. Relazioni molto complesse, che la modellistica econometrica cerca, con diffi-coltà ed incerti risultati, di trattare52.

Si è già accennato all’importanza delle relazioni fra flussi di rimesse e politichedel tasso di cambio. Un secondo elemento, fra quelli menzionati sopra, particolar-mente dibattuto in letteratura, interessa le dinamiche interne legate all’influenza del-le rimesse sulla propensione al risparmio, sia a livello nazionale sia a livello di singo-li nuclei familiari con uno o più membri in grado di inviare denaro dall’estero. Una se-rie di studi sui dati nazionali riferiti ad alcuni paesi asiatici avvalora l’ipotesi dell’ef-fetto negativo delle rimesse sul tasso di risparmio nazionale. Da altri autori, tuttavia,viene evidenziato come, nella verifica di tale ipotesi, sia di fondamentale importanzaconsiderare i sistemi di contabilità nazionale che, spesso, calcolano il risparmio na-zionale con metodo residuale, sottraendo i consumi dal reddito interno. In questo mo-do, una crescita del reddito dei fattori dall’estero incrementa i consumi interni senzaaumentare il reddito interno, con effetti sul calcolo del tasso di risparmio.

Alcuni lavori, che hanno esaminato a livello micro il comportamento dei nucleifamiliari di emigrati in alcuni paesi asiatici, hanno rilevato una propensione al ri-sparmio superiore rispetto a quella di nuclei familiari non beneficiari di rimesse53.Inoltre, si evidenzia come una significativa quota di risparmio venga spesso detenu-ta all’estero dal lavoratore emigrato per essere trasferita in patria solamente a con-clusione dell’esperienza di lavoro fuori dai confini nazionali. Anche in questo caso,quindi, le relazioni da approfondire sono piuttosto complesse, non facilmente ricon-ducibili a generalizzazioni che prescindano dalle specificità e dai contesti, e soprat-tutto dipendenti dalla disponibilità e affidabilità delle statistiche.

L’analisi dell’impatto delle rimesse sullo sviluppo dei paesi di origine, a livellomacroeconomico, può essere più precisa se viene riferita ai singoli casi paese. A se-conda delle diverse condizioni e politiche economiche e sociali dei differenti paesi glieffetti potranno essere prevalentemente positivi o negativi.

Ciononostante occorre ricordare che questi investimenti rappresentano solo il2,7% dell’insieme delle rimesse e l’1,1% degli investimenti totali nell’industria.

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Predominano infatti gli investimenti delle rimesse nel settore dei servizi (68,8% deiprogetti realizzati). In generale i progetti sono piccoli e a scarsa intensità di capita-li. Più interessante invece è la generazione di occupazione che nel periodo 1993-1998ha raggiunto il 6,3% su scala nazionale.

Il sistema finanziario e bancario è in via di transizione verso una sua sostanzia-le liberalizzazione. Negli anni ’90 sono sorte nuove istituzioni specializzate nel cre-dito per il settore privato e la diversificazione degli strumenti è di buon livello. Nelquadro tunisino gli effetti delle rimesse sullo sviluppo sono positivi ma potenzial-mente potrebbero essere ben superiori. Le condizioni necessarie vi sono ma non so-no sufficienti per un pieno dispiegamento degli investimenti finanziati con le rimes-se. Potrebbe essere allora definita una politica attiva importante per una canalizza-zione produttiva delle rimesse. Occorre creare istituzioni e strumenti adeguati.

I casi paese sinteticamente descritti mostrano come l’analisi dei contesti sia in-dispensabile per intendere l’impatto macroeconomico delle rimesse sullo sviluppo ele possibili opzioni politiche di intervento.

4.2 Uso e impatto sullo sviluppo locale

A livello microeconomico è essenziale ricordare che le rimesse fanno capo ingran parte alle famiglie. Il loro utilizzo e il loro impatto dipende quindi da decisioniprivate di spesa e, come vedremo tra breve, da come queste decisioni interagisconocon l’ambiente economico locale.

A tale proposito, come già evidenziato nel secondo capitolo, è rilevante l’ipotesiavanzata dalla New Economics of Labour Migration55, secondo cui le rimesse sonouna forma di assicurazione sulla vita per le famiglie di origine, un reddito che può es-sere utilizzato per superare i vincoli e i fallimenti dei mercati locali (tra cui quello delcredito) e che dovrebbe avere un effetto positivo sulla produzione locale. L’approccioè innovativo in quanto cerca di definire un legame diretto tra le determinanti dell’e-migrazione e l’impatto sull’economia locale. Dà maggiore significato alla decisionefamiliare e delle comunità dei migranti, ai legami con il contesto locale, e alle possi-bilità di intervento attraverso politiche locali e nazionali.

In genere nella letteratura, quando si considera l’impatto delle rimesse sullo svi-luppo locale, si analizzano le tipologie di utilizzazione delle rimesse per consumi vo-

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luttuari e di prestigio, educazione e salute, alloggi, acquisto di beni semi durevoli edurevoli, l’investimento in attività produttive, e in particolare in attività di servizio,manifatturiere o agricole, a minore o a maggiore rischio. Le diverse analisi collima-no nello stimare che la gran parte delle rimesse vengono utilizzate per consumi edalloggi.

In letteratura vi sono critiche sull’uso delle rimesse per il consumo voluttuario eper motivi di prestigio, o per investimenti improduttivi come l’alloggio. Ma il concet-to di spesa improduttiva è da discutere: la spesa in alloggi può avere un forte impat-to sullo sviluppo locale. È stato ad esempio calcolato che in Grecia la spesa in allog-gi ha avuto un effetto moltiplicatore pari a 2 sulla produzione nazionale senza au-mentare le importazioni56. Inoltre questo tipo di spesa deve essere considerato nelquadro dell’interconnessione tra migrazioni e urbanizzazione e con riferimento aifenomeni di marginalizzazione delle campagne e creazione di nuovi poli di sviluppolocale. Ad esempio in Marocco i flussi migratori hanno un effetto importante nellosviluppo di alcune città intermedie (ad esempio Nador e Targuist) che presentano unritmo di crescita superiore alla media di altre città simili. In queste città il 75% o 85%delle nuove abitazioni sono frutto degli investimenti immobiliari degli emigrati all’e-stero originari dalle relative province57.

Un’altra spesa che non può essere considerata “improduttiva” è quella in edu-cazione, che invece è di grande importanza per lo sviluppo del capitale umano deipaesi di origine (sempre che non si perpetuino poi le fughe delle abilità e dei cervel-li). Questo soprattutto in paesi poveri come quelli africani, dove le rimesse svolgonoun importante ruolo nel garantire l’educazione primaria, la sua diffusione nelle areerurali, l’istruzione a livello secondario58. Ma la stessa esperienza italiana ha dimo-strato come per il nostro paese, tra gli esiti più interessanti dei processi migratori edi spopolamento, vi siano stati proprio l’accresciuta accumulazione di capitale fi-nanziario e di capitale umano. Parimenti, la possibilità di sostenere gli studi secon-dari ed universitari dei propri figli costituisce oggi una delle principali motivazioniall’emigrazione e al lavoro all’estero – regolare o meno – di adulti (uomini e donne)polacchi.

D’altra parte si dovrebbe riconoscere che le decisioni di spesa delle famiglie so-no razionali, e cioè tengono conto delle condizioni e dei vincoli dell’ambiente econo-mico e sociale locale. Se si confronta la letteratura sull’uso delle rimesse, emerge inmodo chiaro come le condizioni dei paesi e delle aree di origine determinino le tipo-logie di uso delle rimesse; per cui, nelle aree rurali dei paesi più poveri (ad esempio

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paesi dell’Africa sub-sahariana) la maggior parte delle rimesse è consumata nell’ac-quisto di beni essenziali ed eventualmente in investimenti sociali e di miglioramentoagricolo, mentre nei paesi a reddito medio-basso (ad esempio nel Mediterraneo enelle aree peri urbane del Messico e dell’Asia) prevalgono i consumi durevoli e so-prattutto l’investimento nell’alloggio ed eventualmente in piccole attività produttivee di servizio59.

Esistono infatti casi di uso produttivo delle rimesse sia a livello imprenditorialeche di investimenti sociali. Numerosi studi sulle rimesse di migranti messicani, adesempio, rilevano come un valore elevato di rimesse venga speso per finanziare pro-getti di sviluppo urbano di piccoli villaggi (costruzione di strade, fognature, scuole,reti elettriche, parchi). Numerosi sono inoltre gli investimenti di rimesse in attivitàimprenditoriali in città come Guadalajara e anche in villaggi rurali. Da ciò ne conse-gue che “piuttosto che concludere che le migrazioni portano inevitabilmente alegami di dipendenza e a mancanza di sviluppo, sembra più appropriato chie-dersi perché gli investimenti produttivi avvengono in alcune comunità piutto-sto che in altre”60.

Di qui un evidente legame tra le rimesse e le condizioni dello sviluppo locale e cioèin particolare l’esistenza di un tessuto imprenditoriale locale dinamico, di dimensionidi mercato importanti e crescenti, di sufficienti infrastrutture e mercati dei fattori pro-duttivi. Nel caso del Messico si rileva come gli investimenti produttivi avvengano in co-munità urbane e in villaggi rurali con condizioni agricole favorevoli e un buon accessoai mercati urbani61. Nel caso tunisino è stato studiato l’impatto delle rimesse sullacittà di Msaken dove si è registrata una importante crescita del settore della costru-zione e del commercio di beni per l’alloggio così come del settore delle riparazioni au-tomobilistiche mentre sono minori gli investimenti in attività artigianali e manifattu-riere62. Le rimesse in natura generano intensi commerci che trasformano alcune città,come ad esempio Kalaat Mgouna in Marocco, dove si è sviluppato un polo di commer-cio permanente nel quale il 45% degli 800 locali commerciali è gestito da vecchi emi-grati e da persone che hanno legami con marocchini residenti all’estero63.

D’altra parte occorre superare l’approccio centrato sull’uso diretto delle rimes-se perché è fondato su alcune assunzioni deboli: secondo Taylor64, infatti, non è l’usodiretto a generare gli effetti più importanti per lo sviluppo locale ma sono i legami dimercato e l’effetto del moltiplicatore della spesa delle rimesse sulla produzione. Nonè detto che l’uso delle rimesse rifletta l’impatto delle stesse sulle spese delle fami-glie, e cioè le rimesse vanno innanzitutto ad aumentare il risparmio delle famiglie e

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possono cambiare più o meno marginalmente le scelte di spesa in quanto vi è fungi-bilità tra le risorse. Infine, come già in parte accennato, non è detto che le famiglieche ricevono le rimesse siano gli agenti del cambiamento a livello locale; piuttostoesse possono accrescere la spesa per beni prodotti localmente e quindi aumentare iguadagni e gli investimenti degli imprenditori, oppure depositare le rimesse in ban-che locali e quindi favorire la funzione di intermediazione del credito per fini produt-tivi. In tali casi le rimesse contribuiscono ad ampliare la dimensione del mercato lo-cale e quindi le opportunità di crescita e diversificazione della produzione locale.

Occorre dunque andare oltre la semplicistica analisi sull’uso diretto delle ri-messe, per considerare gli effetti (moltiplicativi) indiretti a livello locale. È necessa-rio, in questo caso, fare riferimento all’attivazione di legami con i poli di sviluppo, coicluster di Pmi, con le aree industriali; così come più in generale con le politiche di so-stegno allo sviluppo del settore privato.

Si possono stilizzare due situazioni estreme. Da un lato vi può essere la situa-zione nella quale le famiglie dei migranti funzionano come un’enclave rispetto all’e-conomia locale: le rimesse non si radicano nel territorio, non danno luogo a creditiper le imprese locali e non influiscono sulla produzione locale, ma si indirizzano ver-so beni e servizi importati o prodotti in spazi nazionali con scarsi legami con l’eco-nomia locale, o vengono assorbite da un sistema di credito che privilegia una alloca-zione distante. Gli effetti sullo sviluppo locale sono quindi scarsi.

D’altro lato vi può essere una situazione nella quale le famiglie dei migranti so-no strettamente integrate nell’economia locale, per cui le rimesse divengono una ri-sorsa importante per l’ampliamento e l’approfondimento del mercato locale dei benie dei fattori di produzione. In questo caso gli effetti sullo sviluppo locale sono sicura-mente positivi.

Da ciò ne consegue ancora una volta che l’analisi dovrebbe concentrarsi sullostudio delle relazioni esistenti tra le famiglie, l’economia e le istituzioni locali e il lo-ro inserimento nell’economia nazionale e internazionale.

Numerosi studi sugli effetti moltiplicatori delle rimesse sul reddito e sull’occu-pazione a livello locale mostrano che65:– la dimensione di questi moltiplicatori è potenzialmente grande e dipende dalle

condizioni e strutture economiche locali;– in generale, più i villaggi e le città sono strettamente integrate con mercati

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esterni, più piccolo è il moltiplicatore delle rimesse sul reddito locale; sembraquindi prevalere un effetto di concentrazione delle rimesse nei mercati più im-portanti;

– l’effetto positivo del moltiplicatore delle rimesse sul reddito locale dipende inmodo cruciale dalla capacità di offerta delle attività produttive locali; sono quin-di importanti le politiche dirette a rimuovere gli ostacoli allo sviluppo tecnologi-co e a promuovere gli investimenti.Un altro importante aspetto dell’impatto delle rimesse sullo sviluppo locale ri-

guarda l’effetto sulla distribuzione dei redditi. Anche in questo caso possono esserestilizzate due situazioni estreme che riflettono i risultati contrastanti di alcune ana-lisi. Da un lato, le rimesse possono condurre ad una maggiore disuguaglianza delreddito nel momento in cui provengono e si concentrano attraverso gli effetti di mer-cato sui clan familiari locali tradizionalmente più ricchi. Dall’altro le rimesse posso-no scardinare la struttura tradizionale della distribuzione del reddito generandonuove classi emergenti quando si diffondono gli effetti del moltiplicatore.

Da un punto di vista dinamico si rileva come inizialmente siano i giovani delle fa-miglie relativamente più ricche a migrare, avendo le risorse necessarie per affrontaregli alti costi e rischi del viaggio. Le rimesse generate da questi soggetti vanno quindiad ampliare l’ineguaglianza nel contesto di partenza. Tuttavia, con il rafforzarsi dellecatene migratorie e la riduzione dei costi di transazione, anche i giovani delle famigliepovere emigrano. E le rimesse conseguenti riducono le differenze economiche del con-testo di partenza. È possibile quindi che nelle prime fasi si generi un processo di auto-perpetuazione dell’emigrazione quando sono prevalenti gli effetti di aumento delle di-seguaglianze: le famiglie che vedono le loro condizioni peggiorare rispetto a quelle dialtre famiglie sono incentivate a sostenere i costi di migrazione dei propri figli66.

Riguardo gli effetti sulla povertà, alcune analisi mostrano che quando i poverisono coinvolti nel processo migratorio si nota un influsso positivo per le condizionidelle loro famiglie67. In Turchia, ad esempio, grazie ad una indagine ad ampio spettrosi è valutato come le rimesse abbiano un importante impatto sulla riduzione dellapovertà, soprattutto nelle aree più marginali del paese68. Tuttavia risulta necessarioindagare l’effetto nel medio periodo, che dipende anche da fattori di contesto localee macroeconomico.

Infine è interessante ricordare alcuni risultati delle ricerche sul campo su altrevariabili che contribuiscono a definire l’impatto delle rimesse sullo sviluppo.Adams69 ha esaminato le propensioni marginali alla spesa in Egitto riscontrando che

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le famiglie dei migranti presentano, rispetto alle altre famiglie, una maggiore pro-pensione al consumo e investimento in beni durevoli (specialmente per il migliora-mento dell’alloggio) e comunque investono una maggiore quota del loro bilancio.

Ricerche condotte in Sahel70 rilevano come il livello di educazione e di redditodelle famiglie dei migranti influenzino notevolmente le tipologie di consumo e inve-stimento.

Secondo una prospettiva di genere, le rimesse rappresentano una risorsa chemolte volte ricade sotto il controllo delle donne aumentandone il potere di emanci-pazione: esse investono le rimesse in attività proprie non agricole71. Le rimesse rie-quilibrano in qualche modo l’accesso delle donne ai capitali rispetto agli uomini, aiquali vanno solitamente la maggior parte degli incentivi concessi dai governi72.

4.3 Emigrati agenti di sviluppo locale

Un altro filone di analisi, di tipo soprattutto sociologico, si è concentrato sulle ri-messe in quanto manifestazione di un nuovo ruolo che gli emigrati possono svolgereper il loro paese di origine: quello di agenti per lo sviluppo locale. Di seguito si rias-sumono i risultati di due studi.

I maliani della regione di Kayes emigrati in Francia hanno mantenuto dei fortilegami con le famiglie e i villaggi di origine. La loro migrazione si inscrive infatti inun progetto di tipo comunitario funzionale al sostentamento delle famiglie di origine.Tuttavia si è rilevato un delicato passaggio da un ruolo passivo dell’emigrato rispet-to alle decisioni degli anziani, ad un ruolo attivo di parziale messa in discussione deisistemi sociali e produttivi locali. Gli emigrati maliani acquisiscono una nuova iden-tità e dispiegano un’azione collettiva organizzata per modificare le prospettive disviluppo dei villaggi di origine73.

Agli inizi degli anni ’90 le rimesse di circa 40.000 emigrati maliani residenti inFrancia ammontavano a 119 milioni di franchi. Una cifra che naturalmente nonconsidera le rimesse informali che rappresentano la maggior parte dei trasferi-menti. Comunque è interessante ricordare che gli emigrati possedevano un terzodi tutti i depositi bancari privati nelle banche del Malì74. Questo flusso di risorse haun impatto importante sull’economia locale. Nel 1982, la sola regione di Kayes ri-cevette una somma stimata a più di 5 miliardi di franchi Cfa pari al 10% del bilan-

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cio statale del Malì. In un villaggio di circa 350 persone si è stimato che le rimesseannue ammontavano a 430.000 franchi francesi, di cui un quarto speso per la co-struzione di alloggi e metà redistribuito nella regione attraverso i canali commer-ciali75.

Ai fini dell’impatto diretto sullo sviluppo locale appaiono più importanti le ri-messe collettive piuttosto che quelle individuali. Negli anni ’80 sono cresciuti i grup-pi di emigrati maliani per lo sviluppo locale attraverso l’invio di risparmi per la rea-lizzazione di progetti collettivi. Un’inchiesta realizzata verso la metà degli anni ’90su 42 associazioni di emigrati ha messo in rilievo come in venti anni si sia passati al-l’organizzazione di reti di secondo livello che comprendono dai 15 ai 40 villaggi. Nonsi tratta più solamente di associazioni che operano per il loro singolo villaggio mache hanno iniziato ad interrogarsi sullo sviluppo locale su una scala relativamentepiù ampia per la valorizzazione delle risorse agricole e idriche.

È interessante riportare i seguenti dati: il 70% dei 15.000 immigrati censiti nel-l’inchiesta sono membri attivi di associazioni del loro villaggio. Questi immigratihanno finanziato in poco più di dieci anni 146 interventi diversi per un ammontare di19,4 milioni di franchi, di cui circa 16,7 milioni provenienti dai loro risparmi e 2,7 mi-lioni da cofinanziamenti ottenuti attraverso organizzazioni non governative. Ben il64% delle infrastrutture esistenti nei villaggi sono attribuibili alle azioni sostenutedalle associazioni degli emigrati. Gli ambiti di intervento riguardano la sanità, l’edu-cazione, la gestione idrica, il consumo alimentare, l’agricoltura. Per la realizzazionee manutenzione di questi interventi sono nate nuove associazioni di villaggio che in-teragiscono con quelle degli emigrati76.

Recentemente la Banca mondiale ha studiato il caso degli emigranti messicani,in particolare il fenomeno delle rimesse comunitarie o collettive, e cioè donazioni vo-lontarie di associazioni o club di emigrati negli Stati Uniti, dirette a sostenere lo svi-luppo sociale ed economico dei villaggi di origine. Si tratta anche di rimesse per in-vestimenti produttivi da parte di business communities messicane che vivono negliStati Uniti. La Banca mondiale evidenzia le importanti dimensioni dei risparmi e del-le rimesse messicane (pari a 6,6 miliardi di dollari nel 2001 e con un tasso di cresci-ta medio annuo del 12,3% dal 1995 al 2000) e soprattutto la grande potenzialità dellerimesse collettive, per la loro qualità in termini di effetti diretti sullo sviluppo locale,per il proficuo contributo dei migranti, per le prospettive future data la crescita del-la diaspora latinoamericana. “Nei prossimi dieci anni, il flusso di rimesse versoil Messico potrà realisticamente raggiungere un volume di 100 miliardi di dol-

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lari, o anche più. (…) E, cosa più importante, alle spalle di questo flusso finan-ziario ci sarà una forza reale organizzata, portatrice di professionalità im-prenditoriali e di innovazione”77.

Nel caso delle rimesse collettive è centrale il ruolo delle associazioni di immi-grati che raccolgono le donazioni per sostenere i progetti di sviluppo sociale ed eco-nomico dei villaggi o città di origine. Negli Stati Uniti si contano circa 700 associa-zioni di immigrati messicani di primo, secondo e anche terzo livello. Gli immigrati siassociano secondo i luoghi di origine mantenendo quindi un forte legame con i vil-laggi e le città messicane. A questo proposito è interessante rilevare che il 46% del-l’afflusso delle rimesse si concentra in 463 municipalità, soprattutto rurali, che rap-presentano solo il 16% della popolazione messicana. Di conseguenza è evidente il le-game tra le rimesse e la questione dello sviluppo locale, e in particolare come il lega-me sia costituito dagli interessi e dal lavoro delle associazioni di immigrati che sipropongono come agenti per lo sviluppo locale. Le associazioni degli immigrati mes-sicani hanno sviluppato varie iniziative per sostenere, attraverso le rimesse colletti-ve, la realizzazione di investimenti sociali nei villaggi e nei sobborghi di origine:scuole, fognature, strade, canalizzazioni. Si stima che l’ammontare medio delle ri-messe collettive per ogni associazione sia dai 15 ai 20 mila dollari per anno e che siacrescente man mano che le associazioni migliorano la loro organizzazione. I club piùimportanti possono raggiungere somme di oltre 50 mila dollari. D’altra parte si è giàsottolineato come questi flussi siano più importanti in termini qualitativi piuttostoche quantitativi.

Un’altra tendenza in crescita sono gli investimenti produttivi nel paese di origi-ne delle business communities messicane residenti negli Stati Uniti. La maggiorparte degli investimenti sono diretti a sostenere l’offerta di beni da commerciare nel-le grandi città statunitensi. In questo caso non si tratta di rimesse collettive.Tuttavia si nota come gli imprenditori messicani residenti negli Stati Uniti siano in-teressati a muoversi assieme per esplorare nuove opportunità di investimento nelloro paese, in accordo con politiche e programmi di attrazione di investimenti deglistati e delle città messicane. Le motivazioni, i beneficiari, le quantità, gli utilizzi fi-nali delle rimesse sono diversi e quindi suppongono diverse possibilità e modalità diintervento pubblico. Nel caso delle rimesse collettive messicane si rileva la grandepotenzialità dell’adozione di programmi pubblici diretti a favorire gli investimentisociali delle associazioni degli immigrati e quelli produttivi delle business commu-nities, in un quadro più generale di crescenti legami economici tra paesi del Nafta edi sviluppo della diaspora latinoamericana.

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4.4 Condizioni, istituzioni e politiche per valorizzare le rimesse

L’esistenza delle condizioni necessarie a livello macroeconomico – stabilità po-litica ed economica, mercati in crescita, politiche di liberalizzazione e di incentivoalla concorrenza – può risultare insufficiente per il dispiegamento delle potenzia-lità per lo sviluppo provenienti dalle rimesse. D’altra parte se vi fossero queste con-dizioni molto probabilmente non vi sarebbero flussi migratori e di rimesse.Piuttosto, è in condizioni macroeconomiche di relativa instabilità (viste anche lecondizioni del sistema finanziario internazionale) e nel quadro dei processi di tran-sizione (situazione tipica dei Pvs) che si dovrebbero stimare le possibilità di realiz-zazione di programmi di sviluppo utilizzando la grande potenzialità delle rimesse.È la direzione e la tipologia del processo di cambiamento che crea le opportunità disfruttamento delle rimesse ai fini dello sviluppo locale. A tale riguardo i livelli mesoe microeconomico sono importanti per individuare gli spazi di opportunità. In effet-ti, come dinanzi evidenziato, occorre rispondere alla seguente domanda: perché,caeteris paribus, in alcune aree le rimesse contribuiscono allo sviluppo locale ed inaltre no?

La risposta ovvia è che in alcune aree vi sono condizioni meso e microeconomi-che più favorevoli rispetto a quelle di altri territori. L’analisi della dinamica dei con-testi locali sia a livello nazionale sia a livello regionale e di territorio locale è quindiessenziale per valutare la possibilità che le rimesse possano avere un impatto posi-tivo sullo sviluppo. Si veda ad esempio quanto scritto relativamente ai casi diAlbania e Tunisia.

In generale le analisi mostrano risultati positivi quando le rimesse sono speseda famiglie rurali in beni prodotti nel paese con tecnologie labour-intensive, massi-mizzando il meccanismo del moltiplicatore. L’occupazione cresce così come aumen-ta la produttività e la retribuzione dei lavoratori. Altri fattori positivi sono la vici-nanza ai mercati urbani, le migliori condizioni agricole, la presenza di buone infra-strutture di base, di una migliore distribuzione del capitale, di mercati dei fattori diproduzione dinamici, di una importante capacità di offerta della produzione locale.Gli effetti sulla distribuzione del reddito sono inizialmente iniqui mentre, successi-vamente, possono essere più equi se si è avviato un processo di sviluppo partecipati-vo. Gli effetti dipendono quindi dalla struttura economica e sociale dei paesi di origi-ne e in particolare dei diversi territori locali. Ad esempio, risultati positivi sono statiriscontrati nel caso del Bangladesh78 e del Messico, caso per il quale sono stati anchestimati gli effetti da moltiplicatore degli investimenti79.

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Le diverse condizioni esistenti nei differenti contesti locali possono portare adeffetti di concentrazione cumulativa delle risorse e quindi delle rimesse, rafforzandol’emarginazione delle aree più povere e i flussi migratori. Questo è ad esempio il ca-so del Marocco80. I benefici delle rimesse si diffondono, invece, su tutto il territorioquando riescono ad inserirsi in processi dinamici di redistribuzione delle stesse neidiversi territori. Ma questo presuppone l’esistenza di attori dello sviluppo locale di-namici e capaci di creare economie di scala e legami con mercati in crescita. La que-stione delle rimesse rimanda dunque al dibattito sui processi dello sviluppo locale esulle forze di polarizzazione e di diffusione, di integrazione ed emarginazione, di in-clusione ed esclusione.

In questo quadro le istituzioni e le politiche locali sono importanti. “È probabileche le migrazioni abbiano un effetto positivo sullo sviluppo dove esistono istitu-zioni locali che raccolgono i risparmi delle famiglie dei migranti rendendoli di-sponibili ai produttori locali, e cioè dove i migranti non devono giocare simul-taneamente il ruolo di lavoratori, risparmiatori, investitori e produttori”81. Lepolitiche per lo sviluppo locale sono propedeutiche alle misure per favorire un impat-to positivo delle rimesse, per aumentarle e per indirizzarle verso usi produttivi82.

A questo punto è possibile proporre uno schema riassuntivo sulle relazioni esi-stenti tra rimesse e sviluppo locale. Innanzitutto occorre distinguere tra due livelli: illivello micro, relativo alle rimesse in quanto decisioni individuali, e il livello meso, re-lativo alle rimesse in quanto decisioni collettive (vedi paragrafo 4.3 su emigrantiagenti dello sviluppo locale).

A livello micro, la relazione positiva tra rimesse e sviluppo locale dipende dall’e-sistenza di un settore privato locale relativamente dinamico. Un ruolo preminente ègiocato dal sistema di intermediazione bancaria, e cioè dalla presenza nel paese diorigine dei migranti di istituzioni di raccolta di risparmio e di distribuzione del cre-dito, se possibile in un ambiente concorrenziale tale da stimolare l’efficienza e la di-versificazione dei prodotti. Queste istituzioni canalizzano le rimesse, raccolgono ilrisparmio che proviene dalle rimesse individuali e lo distribuiscono agli agenti dispesa. Esse originano l’effetto moltiplicatore sul reddito, consentono l’ampliamentodel mercato, lo sviluppo della capacità di offerta e la crescita di un tessuto locale diimprese piccole e medie.

A livello meso, la relazione tra rimesse e sviluppo locale avviene principalmenteattraverso il settore pubblico (inteso in senso allargato). Le autonomie locali, le as-

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sociazioni di villaggio e degli emigrati, sono le istituzioni pubbliche e collettive chedecidono dell’impiego delle rimesse ai fini dello sviluppo locale. Esse creano le mi-gliori condizioni di contesto attraverso la spesa delle rimesse collettive nella costru-zione di piccole infrastrutture di base, nel miglioramento dei sistemi di trasporto e diaccesso ai mercati, nello sviluppo del capitale umano e sociale mediante l’investi-mento nella spesa per l’educazione e la sanità. Le autonomie locali possono inoltreessere spinte a ammodernare il loro sistema burocratico e l’amministrazione dellacosa pubblica.

Esiste una complementarietà tra i due livelli, in particolare nell’accoppiamentotra dinamica del moltiplicatore del reddito a livello micro e creazione di miglioricondizioni di contesto a livello meso. La dinamica del moltiplicatore può dispiegar-si con più forza quando le condizioni di contesto sono favorevoli, così come le condi-zioni di contesto possono migliorare quando il moltiplicatore genera nuove risorseper lo sviluppo locale (l’aumento del reddito può tradursi in maggiori entrate per leautonomie locali e quindi in nuovi investimenti per migliorare le condizioni di con-testo).

D’altra parte può rilevarsi una relazione conflittuale e però potenzialmentecompensatrice tra i due livelli. A livello micro il moltiplicatore può generare effetti diconcentrazione del reddito dipendendo dalle condizioni locali esistenti, che possonofavorire alcuni luoghi a scapito di altri, mentre a livello meso le decisioni pubbliche ecollettive sull’impiego delle rimesse possono creare degli effetti di diffusione, andan-do a migliorare le condizioni locali di aree depresse.

Di grande rilevanza è il fatto che il livello micro e quello meso possono incrociar-si nel settore misto pubblico-privato, dove associazioni di migranti, associazioni dibase locali, organizzazioni non governative, reti di microfinanza, agenzie locali, fondidi investimento, agiscono come istituzioni di mobilitazione delle rimesse con effettisia sul moltiplicatore sia sulla creazione di migliori condizioni di contesto. Questosettore rappresenta il luogo dove appare maggiormente possibile la creazione di poli-tiche e strumenti volti a favorire l’impatto delle rimesse sullo sviluppo locale.

L’analisi della struttura economica e sociale a livello locale può dunque portarepiù efficacemente all’identificazione degli attori e delle misure possibili per sfrutta-re le potenzialità delle rimesse ai fini dello sviluppo locale. Nell’ultimo capitolo si evi-denzieranno le opportunità politiche di azione da parte del governo e degli enti loca-li, delle banche e degli organismi di cooperazione internazionale.

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5.1 Incentivi all’uso dei canali formali di intermediazione finanziaria

Molti paesi a forte emigrazione hanno sperimentato misure miranti a utilizzarein maniera più efficiente per lo sviluppo del paese la risorsa finanziaria rappresen-tata dalle rimesse degli emigrati.

Tali misure hanno interessato fondamentalmente il livello micro nel tentativo diinfluenzare le scelte del singolo lavoratore all’estero attraverso strumenti che si so-no concentrati su tre punti fondamentali:– L’incoraggiamento del risparmio da parte degli emigrati e del deposito dei fondi

in strutture del paese d’origine;– Il re-indirizzo attraverso canali ufficiali dei flussi di risorse da rimpatriare;– La facilitazione dell’investimento da parte degli emigranti stessi in imprese pro-

duttive in patria.

Come è evidente, tutte le misure sperimentate prevedono l’utilizzazione dei ca-nali ufficiali di intermediazione finanziaria. Il trasferimento di quote di flussi di ri-messe dai canali informali a quelli formali emerge come obiettivo primario nel pano-rama delle politiche adottate.

Solo le misure incentrate sull’ultimo dei punti esposti sopra, invece, prevedonoil coinvolgimento diretto dell’emigrato-risparmiatore, nella veste di imprenditore,nel processo mirante a utilizzare in modo produttivo i flussi di rimesse. 61

Valorizzazione delle rimesseper lo sviluppo locale.Esperienze e agenda di lavoro

Alessandro Rotta – CeSPI

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62 5.1.1 Le misure

Obbligo di rimpatrio di una parte del salario I cosiddetti Mandatory remittance requirements si basano su accordi bilaterali fra

paese di emigrazione e paese ospitante che prevedono specifici obblighi per il la-voratore emigrato al rispetto dei quali viene subordinata la concessione del vistoper l’espatrio. Generalmente stabiliscono un meccanismo di prelievo diretto suisalari83.

Nel caso della Corea, l’applicazione della regolamentazione ha trovato minoridifficoltà di altri paesi (la quota di salario rimpatriata ha superato la quota obbliga-toria dell’80%) per la particolarità dei lavoratori a cui è stata applicata, principal-mente operai di aziende nazionali operanti nel Medio Oriente nel campo delle co-struzioni. Altri paesi asiatici (Filippine, Thailandia, Pakistan, Bangladesh) hannoabbandonato questa strada per difficoltà di implementazione.

Conti in valuta estera su banche nazionaliSono adottati, in genere, da paesi nei quali vigono restrizioni sui movimenti di

valuta. La deroga a tale restrizioni, concessa a chi sceglie di depositare le rimesse suspeciali conti in valuta, mira a rendere questi strumenti interessanti per i lavoratoriemigrati. L’efficacia dello strumento risulta, quindi, inversamente proporzionale allivello di liberalizzazione dei mercati della valuta e dei capitali del paese.

In alcuni casi, i premi per il cambio di valuta proveniente da tali conti(Bangladesh) e le politiche attive dei tassi di interesse (India, Pakistan), che assicu-rano un tasso su tali conti superiore rispetto a quello dei depositi nazionali, offronoun ulteriore incentivo.

In altri casi, agli emigrati è altresì consentita la vendita delle proprie risorse invaluta direttamente agli importatori (Bangladesh) nell’ambito di una specifica rego-lamentazione.

Fra i limiti di questo tipo di incentivo, oltre alla tendenza all’appiattimento deivantaggi per effetto del diffondersi delle riforme economiche nei Pvs, viene ricordatala difficoltà di utilizzazione da parte della gran massa dei lavoratori emigrati nonqualificati che per reddito e condizioni familiari non sono nella condizione di poterdisporre di risparmi tali da rendere per loro interessante l’apertura di un conto invaluta.

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Titoli denominati in valuta esteraCome per i conti in valuta presentano il vantaggio di fornire uno strumento per

rimpatriare risorse in valuta in deroga alle restrizioni previste per il mercato deicambi. Sono considerati di maggiore efficacia rispetto al conto nell’attrarre le ri-messe dai canali informali per l’anonimità che garantiscono ai titolari.

Altri strumenti di incentivazione Oltre ai tre strumenti summenzionati, vi sono altri strumenti messi in campo per

aumentare la quota di flussi di valuta in arrivo incamerata dal sistema bancario uf-ficiale. Tra questi, ad esempio, la possibilità di spendere le rimesse in speciali nego-zi duty-free nelle zone arrivi degli aeroporti nazionali, adottata da molti Pvs.

Strumenti per facilitare l’importazione dei beni capitali da parte degli emigratiUna serie di riduzioni tariffarie e fiscali agevola gli emigrati che intendono im-

portare macchinari e altri beni capitali allo scopo di impiantare attività produttive inpatria. La scelta di aree particolarmente depresse può comportare il godimento diulteriori riduzioni (Pakistan).

In altri casi, al lavoratore emigrato può essere concesso di investire in zonefranche create all’interno del territorio nazionale per attrarre capitali esteri.

Servizi di consulenza e formazione commerciale e imprenditorialeStrutture governative, non-profit o le stesse istituzioni finanziarie che fornisco-

no credito offrono agli emigrati che intendono investire le proprie rimesse, servizi diconsulenza e assistenza per le varie fasi di avvio dell’attività e rapporti con le diver-se istituzioni e amministrazioni, nonché corsi di formazione rivolti ai futuri impren-ditori. In alcuni casi, vengono create istituzioni ad hoc diffuse nelle aree di maggioreemigrazione con centri servizi e centri formativi.

5.1.2 I risultati Come nota Brown84, questo insieme di politiche si fonda su una serie di assunti,

che oltre al presupposto che il paese necessiti di un aumento degli investimenti e chequesti siano insufficienti per una carenza di risparmio e di valuta, comprendono al-cune ipotesi di fondo:– L’incremento degli investimenti basato sull’uso delle rimesse sarebbe favorito

se le rimesse transitassero attraverso i canali ufficiali previsti per il trasferi-mento di valuta e la gestione del risparmio;

– Fra le motivazioni alla base del rimpatrio dei risparmi da parte degli emigrati,

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oltre alla necessità di sostenere la famiglia in patria, gioca anche l’interesse per-sonale e il desiderio di aumentare il proprio capitale (ciò renderebbe i lavorato-ri all’estero sensibili a incentivi basati sui differenziali di cambio e di tasso di in-teresse);

– I lavoratori emigrati, o almeno una parte di essi, in quanto investitori, possonoessere gli attori principali del processo di sviluppo.

Un primo elemento che emerge dall’esame della letteratura è la difficoltà di tro-vare strumenti efficaci per spostare i flussi di rimesse dal circuito informale a quelloformale e per trasformarne l’impiego improduttivo in finanziamento dello sviluppolocale, quando è il quadro macroeconomico stesso a orientare le preferenze per i ca-nali informali e per gli usi improduttivi.

Esistono numerosi studi di caso che si sono soffermati sull’efficacia di questo ti-po di misure incentivanti. In generale, vengono evidenziati risultati piuttosto delu-denti in assenza di politiche che contemporaneamente affrontino i problemi alla ba-se delle scelte degli emigranti. Soprattutto considerando le scelte di collocazionedelle risorse finanziarie generate dal lavoro all’estero, si evidenzia come queste se-guano le stesse logiche che generalmente sovrintendono alle scelte d’investimentoestero in un paese – stabilità politica e del quadro macroeconomico, qualità del capi-tale umano85 –, configurando un comportamento da parte della comunità dei lavora-tori all’estero comparabile a quello di un’impresa multinazionale86.

Allo stesso modo, studi empirici sul comportamento degli emigranti di alcunipaesi dell’area mediterranea87 tendono a minimizzare la portata degli incentivi mes-si in campo per attirare i risparmi degli emigranti verso il sistema bancario formalein presenza di distorsioni dell’economia e di carenze istituzionali che creano do-manda di fuga di capitali (sopravvalutazione del tasso di cambio, restrizioni del mer-cato dei cambi, bassi tassi reali di interesse, sistema bancario inefficiente). Uno stu-dio del 199388 sui flussi di rimesse in sette paesi asiatici ha evidenziato come la quo-ta di rimesse rimpatriate attraverso il canale informale sia correlata a tre indicatoridella distorsione del mercato dei cambi e della inefficienza del sistema bancario in-terno: il tasso di intermediazione finanziaria (misurato attraverso un indicatore del-l’offerta monetaria: il rapporto M2/Pil89), il differenziale fra tasso di cambio ufficialee tasso al mercato nero, il tasso di interesse. Altri autori90 hanno ampliato lo spettrodei fattori in grado di influenzare il tipo di canale utilizzato e la quantità dei flussi dirimesse. Oltre al tasso di cambio e alla efficienza del sistema bancario sono statimenzionati: stabilità del clima politico, bassi tassi di inflazione, tassi di interesse più

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elevati, mezzi sicuri di trasferimento e la presenza di agenzie di banche nazionalinel paese di emigrazione.

La letteratura, infine, evidenzia i risultati insoddisfacenti delle misure che pun-tano a canalizzare le rimesse verso impieghi che favoriscano lo sviluppo attraversoil coinvolgimento degli stessi emigrati-risparmiatori in veste di imprenditori91. Fra imaggiori vincoli al successo di tali schemi: l’esclusione degli emigrati a più bassoreddito i cui risparmi e la cui formazione e capacità sono insufficienti a rendernepossibile l’eventuale trasformazione in imprenditori, la difficoltà a reperire le risor-se aggiuntive necessarie all’avvio dell’attività imprenditoriale, l’inesperienza nel-l’affrontare la burocrazia e i rapporti con banche e pubblica amministrazione.Secondo Saith92, inoltre, tale strategia presenterebbe ulteriori significativi punti didebolezza: pone gli emigrati in una posizione di alto rischio imprenditoriale; la di-mensione dei progetti rimane modesta, escludendo qualsiasi economia di scala; per-mane una forte propensione a concentrare le scelte nei settori del commercio e deltrasporto su piccola scala, con forti rischi di pressione su settori già densi con con-seguenze negative sull’efficienza del comparto.

5.2 Condizioni economiche per un impatto positivo sullo sviluppo

Sulla base delle considerazioni appena esposte, si può disegnare un quadro dipossibilità di intervento articolato su tre livelli:– Il livello macroeconomico, relativo a politiche monetarie, tasso di cambio, com-

mercio e investimento internazionali, sviluppo delle piccole e medie imprese lo-cali;

– Il livello mesoeconomico, che fa riferimento soprattutto alla creazione di un si-stema istituzionale e finanziario favorevole alla canalizzazione e all’uso effi-ciente ed efficace delle risorse e quindi delle rimesse;

– Il livello microeconomico, relativo alla definizione di strumenti e prodotti banca-ri e finanziari, programmi di assistenza e cooperazione volti a favorire il rispar-mio e l’investimento delle rimesse a livello locale.

Le misure di tipo macroeconomico e le riforme strutturali nei paesi di origine,sebbene non pensate con riferimento prioritario alle rimesse, possono portare allacostruzione di un contesto più favorevole al trasferimento ed ad un uso efficientedelle rimesse. Come già scritto, è abbastanza banale sottolineare il fatto che dovreb-bero essere presenti nel paese di origine condizioni di contesto favorevoli alla cana-

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lizzazione formale e all’uso efficiente delle rimesse: stabilità politica ed economica,bassa inflazione e tasso di cambio realistico, tassi reali di interesse positivi, istitu-zioni efficienti, concorrenza nel sistema bancario e offerta diversificata di prodottifinanziari, opportunità di investimento redditizie. Piuttosto si tratta di capire se incontesti paese specifici sia possibile definire delle misure di politica attiva sui tre li-velli, al di là delle assunzioni ortodosse sull’efficienza del libero mercato e di un am-biente market friendly.

In questo senso gli effetti sulle rimesse sono risultati positivi soprattutto neipaesi asiatici a seguito dell’adozione di politiche economiche attive di sostegno allaproduzione industriale, dell’incorporazione delle migrazioni nella pianificazionemacro e della definizione di misure specifiche per catalizzare le rimesse a fini pro-duttivi. Altre misure hanno riguardato sia il versante bancario sia quello della pro-grammazione di flussi di emigranti con maggiori skills e con maggiori potenziali intermini di capacità di risparmio e, quindi, di trasferimento di rimesse 93.

Per quanto riguarda i livelli meso e micro, si delinea come questione centrale laristrutturazione e la modernizzazione del sistema finanziario sia nei paesi di arrivosia in quelli di origine dei flussi migratori. Secondo l’analisi condotta da Blion eVerriere94 in Francia, il punto principale non tocca tanto la gamma di prodotti finan-ziari offerti, quanto la creazione di un sistema finanziario che agevoli l’investimentoproduttivo nei paesi di origine. A tale riguardo questi autori insistono a favore di mi-sure volte a creare una rete tra banche francesi e dei paesi di origine, una maggioreconoscenza e propensione del sistema bancario verso la clientela immigrata, lacreazione di società di garanzia mutua con capitale di garanzia conferito dai rispar-mi degli immigrati, per accrescere l’accesso al credito nei paesi di origine (questoconsiderando la tendenza alla riduzione delle rimesse dovuta all’integrazione cre-scente nel paese di accoglienza). L’aiuto pubblico dovrebbe partecipare con sistemidi incentivazione e di assistenza.

In termini di prodotto, si può pensare a un piano di “Risparmio-Rientro” che be-nefici di un fondo costituito da risparmi, interessi e premio pubblico cui si associ unprestito per l’investimento immobiliare o attività economiche. Questi prodotti sononaturalmente insufficienti se le condizioni di fondo non mutano. Ad esempio nel ca-so delle Filippine96 la Philippine Amanah Bank offre conti di risparmio speciali ma èanche il paese asiatico con maggiori “perdite” di rimesse a causa delle deficienze delsistema macroeconomico e finanziario locale97.

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Il caso della provincia dell’Azuay in Ecuador95

Il fenomeno migratorio dell’Ecuador non è nuovo, ma è aumentato significa-tivamente dalla seconda metà degli anni ’90, in rapporto alla crisi finanziaria epolitica del paese. Gli emigranti in questo periodo sono pari a circa 550.000 per-sone e provengono soprattutto dalla provincia dell’Azuay (249.000 persone), nelsud del paese. Per questa zona ciò ha significato che quasi la metà della sua po-polazione vive all’estero. Una tendenza ancora oggi forte, con un tasso di cresci-ta annuo del 20%. I migranti hanno come principali paesi di destinazione gliStati Uniti, la Spagna e, più recentemente, l’Italia. Il processo migratorio hacomportato anche una profonda trasformazione dei conti con l’esterodell’Ecuador. Infatti, i 1.415 milioni di dollari ricevuti, nel 2001, attraverso le ri-messe, ne fanno la seconda voce dei flussi finanziari in entrata, dopo il petrolio.Le rimesse hanno rappresentato il 9,5% del Pil e il 35% delle esportazioni (2000).Per quanto riguarda la provincia dell’Azuay, le rimesse sono state pari a 644 mi-lioni di dollari (45% del totale) nel 2001.

Questa provincia è diventata così uno dei casi più interessanti per osserva-re il rapporto fra rimesse e sviluppo locale. In particolare, possono essere iden-tificate tre tematiche di indagine:1) Il rapporto fra raccolta e utilizzazione delle rimesse da parte delle istituzio-

ni finanziarie presenti nel territorio. In primo luogo, il sistema bancario si èmostrato capace di raccogliere la maggior parte delle rimesse dell’Azuay. Atale risultato ha contribuito, da un lato, la ripresa delle attività finanziariedopo la grave crisi del sistema bancario nazionale e, dall’altro, l’adozionedel dollaro americano come moneta nazionale che ha ridato fiducia ai ri-sparmiatori. Contemporaneamente, il sistema bancario non è stato in gradodi canalizzare le rimesse verso attività produttive o investimenti finanziari.Sono state, piuttosto, le istituzioni finanziarie non bancarie (cooperative emutualistas) a collocare una parte – per la verità molto ridotta – delle ri-messe a questi scopi. Si stima che circa un terzo delle rimesse dell’Azuay(200 milioni di dollari) non rimangono nella zona, ma transitano per le ban-che presenti nella regione e successivamente prendono altre destinazioni,nazionali e internazionali. In sintesi, il margine di rimesse pronte per unuso produttivo locale, cioè al netto delle spese per il trasferimento dell’emi-

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grato e delle spese per il consumo, soprattutto di beni durevoli, è significati-vo, ma queste risorse non trovano uno sbocco produttivo nell’Azuay.

2) L’Azuay e, in particolare, la sua capitale Cuenca, vive un promettente pro-cesso di innovazione territoriale. La costituzione di un’agenzia per lo svi-luppo regionale, Acudir, promossa dall’Interamerican Development Bank(Idb), ha permesso la costruzione di un partenariato pubblico-privato e dinuove politiche per lo sviluppo locale. È ipotizzabile, quindi, che Acudir pos-sa diventare un veicolo per canalizzare le rimesse verso investimenti pro-duttivi nella regione.

3) Un ruolo fondamentale nell’innovazione territoriale è giocato dalle autoritàlocali e dal processo di decentramento amministrativo in atto. In particola-re, la municipalità di Cuenca sta promuovendo un approccio per il rinnova-mento e il miglior funzionamento dei servizi pubblici che può diventare unimportante catalizzatore delle rimesse. Ad esempio, il programma “Mejoratu barrio” (Migliora il tuo quartiere), che ha avuto un grande successo, uti-lizza le risorse private dei cittadini per migliorare le strade e l’illuminazionepubblica, mediante un sistema di credito bancario direttamente ai cittadinidei quartieri, con garanzie offerte dalla municipalità. Una parte importantedi queste risorse proviene dalle rimesse. Il programma incide anche sull’of-ferta, perché le imprese di costruzione e di rinnovamento urbano non pos-sono realizzare opere per più di un isolato. Questo meccanismo ha permes-so la creazione e il consolidamento di molte micro e piccole imprese setto-riali, le quali realizzano anche le opere di ristrutturazione e di costruzionedelle case delle famiglie dell’emigrato.

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5.3 Le esperienze di coinvolgimento del settore non profit

Una questione di particolare interesse è quella dell’esplorazione della stradadell’intermediazione finanziaria, basata sulla ricerca e la sperimentazione di vie in-novative per mettere in relazione, da una parte, i lavoratori emigrati che attualmen-te rimpatriano i propri risparmi attraverso canali informali e non li utilizzano perimpieghi produttivi e, dall’altra, gli attori dello sviluppo locale, che comprendono siai potenziali piccoli imprenditori ai quali mancano strumenti di accesso ai capitali ne-cessari per l’avvio e lo sviluppo delle attività, sia le istituzioni locali, sia le espressio-ni della società civile impegnate in iniziative di sviluppo.

Gli spazi per il coinvolgimento di nuovi soggetti e per pratiche innovative esisto-no, in particolare se si considerano i costi elevati e/o il servizio non sempre soddi-sfacente che caratterizzano i canali attualmente in uso98. Fondamentale è la indivi-duazione del ruolo e delle possibili interrelazioni fra istituzioni finanziarie interna-zionali e dei paesi di emigrazione e di immigrazione, delle istituzioni pubbliche e de-gli attori della cooperazione internazionale.

Nel caso messicano, ad esempio, si avanza la possibilità di accordi tra le associazio-ni cittadine di immigrati e istituzioni di microfinanza, oppure la costituzione di CreditUnion o di Organizaciones de Fomento (modello Nafin messicano). Anchel’Organizzazione internazionale del lavoro (Ilo) sostiene la possibilità di canalizzare le ri-messe in istituzioni di micro finanza che investono in piccole imprese locali piuttosto chepretendere che siano gli stessi migranti a creare imprese. Le istituzioni di micro finanzapotrebbero avviare partnerships con il sistema bancario e di trasferimento monetario.

5.3.1 Le istituzioni di microfinanza Nell’ambito di questo filone di ricerca (Micro-finance Institutions, Mfi) si col-

locano alcuni interessanti spunti di riflessione che fanno riferimento alle esperienzedi microfinanza quale terreno favorevole per lo sviluppo del legame rimesse-investi-mento-sviluppo locale99. Il microcredito ha costituito uno dei terreni di più attiva spe-rimentazione nell’ambito della cooperazione allo sviluppo nel corso degli anni ’90.Nei paesi della sponda Sud del Mediterraneo e in Africa le potenzialità di sviluppo diquesto settore sono enormi. Solo per il Marocco, la Banca mondiale stima tra400.000 e 500.000 il numero di microimprese eleggibili a forme di microcredito.

Un passo successivo è la microfinanza100, che ha dimostrato di essere un mecca-nismo decisivo per la riduzione della povertà; meglio, per il rafforzamento dei pove-

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ri. È dinamica e capace di fornire diversi strumenti e servizi tarati sulle specificitàterritoriali e culturali delle diverse realtà in cui viene adottata. L’assistenza tecnica aimeccanismi di microfinanza è un terreno privilegiato d’intervento della cooperazioneinternazionale e consiste nell’aiuto dell’istituzione di microfinanza ad applicare i cri-teri gestionali migliori, per assicurare la sostenibilità dei programmi a medio-lungotermine. Alcune caratteristiche delle reti di sportelli della microfinanza ne fanno unsoggetto inseribile nei circuiti di trasferimento e utilizzazione delle rimesse. La diffu-sione su territori tradizionalmente poveri di servizi finanziari ufficiali e solide rela-zioni fiduciarie con strati di popolazione usualmente non coinvolti in alcun tipo dirapporto con il sistema finanziario, le rendono particolarmente idonee a ricoprire unruolo quale segmento finale con funzione di recapito ai beneficiari delle rimesse conpossibilità di offrire agli stessi servizi finanziari di deposito e investimento.

L’integrazione con il mercato delle rimesse può rappresentare una opportunitàdi maggiore radicamento e penetrazione delle attività di microfinanza nelle comu-nità in cui le reti operano, nonché un notevole allargamento del numero e tipologia disoggetti con cui vengono in contatto. Le evidenze riportate dalla letteratura forni-scono un quadro ancora caratterizzato da una relativa esiguità di esperienze con-crete, soprattutto in aree dove le reti di Mfi sono tradizionalmente ben radicate.Siddiqui e Ahar101, autori di uno studio sul mercato delle rimesse in Bangladesh, purraccogliendo fra gli operatori delle Mfi pareri inclini a considerare le reti di microfi-nanza potenzialmente integrabili nei circuiti di mobilizzazione delle rimesse, non ri-levano esperienze in tal senso e sollevano il problema del possibile interesse limita-to per le reti di microfinanza a differenziare e incrementare le proprie fonti di ap-provvigionamento finanziario.

In altre aree sia americane che asiatiche sono, tuttavia, documentati interes-santi casi di sperimentazione che vertono principalmente sulla collaborazione fradiversi soggetti operanti nel mercato delle rimesse e istituzioni della microfinan-za102. Due esperienze boliviane sono di particolare interesse per l’attivazione di in-terrelazioni fra soggetti di diversi settori (non profit, privato, pubblico, cooperazioneinternazionale). In un caso, la rete Prodem, sfruttando la diramazione sul territorio,ha stretto un accordo con la Western Union, fungendo da segmento finale del circui-to del trasferimento103, mentre una seconda istituzione microfinanziaria, denomina-ta Fie, ha aperto, con il sostegno del governo argentino e del Fondo multilaterale diinvestimento della Banca interamericana di sviluppo, una sezione argentina alloscopo, tra l’altro, di fornire un’alternativa per la raccolta del risparmio dei tanti im-migrati boliviani e per l’invio delle rimesse.

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Anche sulla base delle considerazioni già esposte in precedenza sul ruolo fon-damentale di emigrazione e rimesse nel colmare un vuoto previdenziale e assicura-tivo nel Pvs, i modelli dei fondi pensione e delle microassicurazioni emergono comeulteriore terreno da esplorare e nuova frontiera per i circuiti microfinanziari e delsostegno alla piccola e media impresa. La sperimentazione in questo senso amplie-rebbe le possibilità di reperimento di fonti di finanziamento attraverso l’entrata nelmercato delle rimesse, saldandosi sia con le esperienze di mutua assistenza forma-le e informale, sia con le reti di assistenza sociale promosse dai governi nazionali elocali dei Pvs e dalla cooperazione internazionale104.

In alcuni paesi, dove è stata rilevata una forte influenza del differenziale del tas-so di interesse reale sulle decisioni di allocazione delle rimesse, non viene esclusa laprospettiva di canalizzare risorse per progetti di sviluppo attraverso appropriatistrumenti di risparmio destinati ai lavoratori all’estero, sul tipo di alcune esperien-ze realizzate da paesi del Pacifico. Configurati come fondi pensione o fondi coopera-tivi offshore in valuta, fornirebbero capitale di rischio per investimenti produttivi inpatria senza escludere altri impieghi all’estero che garantirebbero la redditività pergli investitori in caso di insufficienti opportunità interne105.

5.3.2 Le reti di Credit UnionNello stesso filone di riflessioni e considerazioni che muovono alla sperimenta-

zione di forme di integrazione della microfinanza nel mercato delle rimesse si inse-risce l’esperienza del coinvolgimento delle Credit Union come attore primario nellaraccolta e mobilizzazione del risparmio degli emigrati.

Le Credit Union sono organizzazioni di credito cooperativo nate nelle aree ur-bane tedesche nella metà dell’Ottocento e presto diffusasi in tutta la Germania e inaltri paesi, dall’estremo oriente a tutto il continente americano. Dopo la secondaguerra mondiale la diffusione del modello venne promossa nei Pvs e, alla fine deglianni ’80, aderivano al World Council of Credit Union (Woccu) circa 17.000 CreditUnion di 67 paesi a basso reddito106. Solitamente formatesi all’interno di gruppi coninteressi comuni (lavoratori della stessa azienda, membri di organizzazioni religio-se, abitanti dello stesso quartiere o villaggio) le Credit Union rispondono ad esigen-ze che si manifestano a livello di comunità. Questa loro caratteristica le pone fra ipotenziali soggetti in grado di operare nel mercato delle rimesse, come dimostranoalcune esperienze spontanee di creazione di Credit Union da parte di comunità diemigrati negli Usa proprio per rispondere alla necessità di creare un’alternativa aicostosi servizi di trasferimento finanziario offerti dagli operatori tradizionali107.

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Parallelamente, le Credit Union esistenti si affacciano sul mercato delle rimes-se offrendosi come soggetto collettivo. Sulla base di considerazioni relative allacrescita dei flussi di rimesse e alla permanenza di alti costi per l’utilizzazione deisistemi maggiormente usati, si propongono come nuovo attore, offrendo costi mi-nori, capillarità del servizio sul territorio, vicinanza ai luoghi di lavoro degli emi-grati e possibilità di usufruire di altri servizi bancari e finanziari108. Lo stessoWoccu è impegnato nella creazione di un circuito internazionale per il trasferimen-to di denaro. Contando sulla disponibilità di 38.000 sportelli in 85 paesi, si proponecome la più estesa infrastruttura mondiale per trattare questo genere di operazio-ni109, in grado di competere con i maggiori operatori del settore sia a livello di costiche di affidabilità ed efficienza. Anche in questo caso, esistono testimonianze disperimentazioni coinvolgenti la cooperazione internazionale. Il Fondo multilatera-le di investimento della Banca interamericana di sviluppo, finanzia un progetto pi-lota per la mobilizzazione delle rimesse degli emigrati ecuadoregni in Spagna at-traverso un partenariato fra la spagnola Caja Madrid e il Banco Solidario deEcuador, che si occupa di microfinanza e, a sua volta, ha stretto accordi con la retedelle cooperative di credito in Ecuador per la distribuzione delle rimesse in tutto ilpaese a costi ridotti110.

La possibilità di attrarre nuovi soci (spesso fra soggetti senza accesso ai servizifinanziari tradizionali) attraverso un servizio competitivo per il trasferimento di ri-messe apre la strada a importanti possibilità di sviluppo, legate alla natura stessadelle istituzioni che, a livello locale, moltiplicherebbero i contatti, uscirebbero raffor-zate dal punto di vista della disponibilità di risorse e avrebbero maggiori possibilitàdi qualificarsi come interlocutore di altri soggetti impegnati nella promozione dellosviluppo, ponendosi, tra l’altro, come istituzione ponte (non solo per i rapporti mera-mente finanziari) fra la comunità locale e la comunità emigrata e fra i due territori diriferimento.

5.3.3 Le associazioni di emigrati e la cooperazione internazionaleallo sviluppoCome evidenziato nel quarto capitolo, un attore importante per lo sviluppo dei

paesi di origine sono le associazioni di immigrati. Si tratta di verificare l’opportunitàdi un intervento politico per sostenere le iniziative di queste associazioni. Si è già ri-levato in precedenza come, nel caso messicano, le associazioni e i club degli emigra-ti negli Stati Uniti si propongano come agenti per lo sviluppo locale delle città e deivillaggi di origine, e l’intervento dei governi locali per canalizzare e favorire l’inve-stimento delle rimesse collettive abbia ottenuto risultati positivi.

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Il programma “Mi Comunidad” dello stato di Guanajuato, iniziato nel 1996, at-trae le rimesse per investirle nella creazione di piccole imprese maquiladoras (so-no state create 21 imprese per 2,2 milioni di dollari e 500 posti di lavoro). Le asso-ciazioni di immigrati sono coinvolte attivamente. Alcuni emigrati sono soci delle im-prese, e in alcuni casi partecipano direttamente alla gestione (presentandosi comecasi di ritorno)111.

Lo stato di Zacatecas ha lanciato il programma “3x1” (ad un dollaro di rimessesi aggiungono 1 dollaro investito dallo Stato e 1 dollaro dall’ente locale) che canaliz-za le rimesse comunitarie in piccoli progetti infrastrutturali nei villaggi di origine(sono stati realizzati 400 progetti in otto anni, per 4,5 milioni di dollari totali). Gli im-pegni delle associazioni di immigrati a favore delle loro comunità di origine sono cre-sciuti geometricamente nella seconda metà degli anni ’90112.

Un’analisi della Banca mondiale113 evidenza l’importanza di una politica di inte-razione dei governi locali con le associazioni degli immigrati, rilevando, tuttavia, glialti costi di transazione a causa della relativa dispersione e frammentazione delleassociazioni di immigrati. Tale problema è ritenuto superabile attraverso un ap-proccio di programma e la messa in rete delle iniziative e delle esperienze. Si richia-ma, inoltre, l’attenzione sulla necessità, da una parte, di fornire assistenza istituzio-nale e tecnica alle associazioni di immigrati per selezionare delle best practices e,dall’altra, di rendere disponibili maggiori fondi pubblici per complementare le ri-messe. Nel caso del programma “3x1” è importante conseguire un maggior coinvol-gimento delle associazioni e dei beneficiari locali. I programmi dovrebbero essereselettivi geograficamente (per cluster di villaggi) e per tipologie progettuali (bestpractices), in modo anche da costituite delle masse critiche di investimento per losviluppo locale.

Sulla scorta di queste iniziative, il Fondo multilaterale per gli investimenti dellaBanca interamericana di sviluppo (Bid) è in procinto di lanciare in accordo con labanca di sviluppo nazionale messicana, un programma pilota di fondi di investimen-to locale negli stati di Guanajuato, Puebla e Zacatecas. Questi fondi dovrebbero com-plementare le rimesse investite dagli emigrati in piccole e medie imprese e in pro-getti per lo sviluppo delle comunità di origine, cercando di coinvolgere i governi lo-cali, la società civile e le associazioni imprenditoriali.

Un’altra iniziativa del Bid cerca di valorizzare le risorse delle business com-munities degli emigrati. Si tratta di un accordo del Bid con un’agenzia d’affari e una

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banca privata brasiliana (Banco América do Su) per la creazione di un fondo di in-vestimento del valore di 10 milioni di dollari per assistere imprese create da emigra-ti di ritorno. Una tipica figura di migrante di ritorno in Brasile è costituita da perso-ne con ascendenze giapponesi che lasciano il loro paese per lavorare 3-5 anni inGiappone. Circa 250.000 brasiliani vivono in Giappone e danno luogo a un flusso dirimesse del valore di più di 1,5 miliardi di dollari all’anno. Il fondo cerca di capitaliz-zare i risparmi di questi migranti e la loro esperienza lavorativa maturata canaliz-zandola verso la creazione di imprese114.

5.4 Un’agenda per la ricerca in Italia

Un lungo dibattito scientifico si è incentrato sull’impatto, da un lato, dei flussimigratori sui paesi e sulle comunità di arrivo e, dall’altro, dei flussi di aiuti pubbliciallo sviluppo e investimenti diretti esteri sui paesi in via di sviluppo di provenienzadei flussi migratori. Minore attenzione è stata invece posta alla valorizzazione delruolo sociale (attraverso le conoscenze imprenditoriali e le reti relazionali acquisi-te) e finanziario (attraverso le rimesse) del migrante per lo sviluppo del settore pri-vato nel paese di provenienza. Su questo tema è importante definire un’agenda di ri-cerche incentrata sul rapporto esistente tra immigrazione e sviluppo dei paesi d’o-rigine.

Si possono individuare due elementi di particolare interesse.In primo luogo, si tratta di verificare se esistano spazi per un attivo coinvolgi-

mento del sistema finanziario italiano nel circuito delle rimesse, in termini soprat-tutto di nuovi strumenti di microfinanza e assicurazione, per lo sviluppo dei paesi diorigine.

I punti di partenza sono la centralità del sistema finanziario per la valorizzazio-ne delle rimesse ai fini dello sviluppo dei paesi di origine e le possibili strategie di in-ternazionalizzazione del sistema finanziario e assicurativo privato dei paesi indu-strializzati che possono interessare i paesi in via di sviluppo. L’obiettivo è quello difornire indicazioni strategiche a fini di politica operativa al tessuto del sistema fi-nanziario italiano e delineare le opportunità di sviluppo per il sistema finanziariodei paesi di emigrazione e per l’interconnessione dei due sistemi.

Il governo dei flussi migratori e l’attivazione dello sviluppo a livello locale per farcrescere diretti rapporti politici ed economici tra i territori italiani (i distretti indu-

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striali) e quelli di paesi confinanti possono trovare nel sistema finanziario italianoun alleato di rilievo. Se confrontata all’impegno delle grandi e medie imprese italia-ne nello sviluppo di strategie di internazionalizzazione, la proiezione all’estero delsistema bancario e finanziario italiano risulta meno spiccata.

In particolare, all’interno delle profonde trasformazioni che stanno interessan-do il sistema previdenziale e, più in generale l’intero welfare state di molti paesi eu-ropei, si inserisce la tematica di una gestione fruttuosa, in termini di sviluppo dei si-stemi finanziari, della grande domanda assicurativa (soprattutto – ma non solo – sa-nitaria) e previdenziale che, come è stato evidenziato, è fra le principali motivazioniche muovono i flussi migratori.

Un interesse del settore finanziario privato di entrambi i paesi a sperimentareforme di inserimento nella raccolta del risparmio dei lavoratori immigrati con l’of-ferta di prodotti pensionistici o assicurativi potrebbe fornire l’occasione per lo svi-luppo di innovative forme di coinvolgimento di partner diversi (settore finanziarioprivato, settore pubblico dei Pvs, lavoratori all’estero, cooperazione internazionale).In un appropriato quadro legislativo, i diversi partner potrebbero contribuire a mo-bilitare risorse da canalizzare verso investimenti produttivi e remunerativi nei pae-si d’origine. Inoltre, un’offerta di prodotti pensionistici e assicurativi mirata ai lavo-ratori stranieri da parte del sistema finanziario del paese ospitante permetterebbe,da un lato, di raggiungere bacini di offerta di risparmio potenzialmente consistentie, dall’altro, di garantire, nei casi di rientro, un flusso di rimesse (anche se differito)transitante per il sistema bancario formale. Oltre ai prodotti assicurativi e previden-ziali già diffusi sul mercato, è possibile pensare a servizi di microassicurazione co-me nuova frontiera a servizio della microfinanza.

L’apparente paradosso della combinazione di un concetto “macro”, come l’assi-curazione, e la dimensione “micro” trova una sua composizione proprio nell’obietti-vo di raggiungere con strumenti assicurativi realtà marginali che, a prescindere dal-le differenze tra sistemi assicurativi pubblici o privati, sono state escluse dall’acces-so a questi servizi. L’assenza di copertura assicurativa nello svolgimento delle atti-vità economiche nei villaggi rurali di gran parte dei Pvs è forse il migliore esempio. Inquest’ambito, i prodotti assicurativi possono risultare utili strumenti per la gestionedel rischio legato all’utilizzazione di linee di (micro)credito. L’assicurazione può ri-sultare molto conveniente, in presenza di rischi notevoli ed incerti, tanto per il frui-tore del servizio, quanto per l’istituzione di microfinanza. La copertura, ancorchéparziale, del rischio di mancato ripagamento del debito imputabile a eventi imprevi-

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sti (naturali, furto, decesso, eccetera) contribuisce al raggiungimento della sosteni-bilità del meccanismo microfinanziario e alla riduzione dei casi di spirale debitoria.

La seconda questione concerne il ruolo della cooperazione allo sviluppo e dellacooperazione decentrata nella valorizzazione delle rimesse ai fini dello sviluppo deipaesi di origine.

Negli ultimi anni è cresciuto l’interesse della cooperazione italiana a indagarele possibili modalità di legare gli interventi di aiuto pubblico allo sviluppo alle risor-se e alle capacità dei migranti. Già agli inizi degli anni ’90, specialmente nel mondodelle Ong e del volontariato, si è iniziato a discutere del ruolo degli immigrati qualiagenti di sviluppo per il loro paese. Negli ultimi anni sono sorti alcuni progetti inno-vativi che cercano di coinvolgere gli immigrati nelle azioni di cooperazione per losviluppo dei villaggi di origine115. Recentemente anche la cooperazione decentratadelle regioni e degli enti locali italiani ha iniziato ad interrogarsi sulle possibilità divalorizzare le comunità di immigrati nel loro rapporto con i paesi di origine. In talsenso, gli enti locali, in quanto istituzioni del territorio e quindi vicini alle proble-matiche dell’immigrazione, rappresentano degli interlocutori privilegiati per la de-finizione e il sostegno ad interventi innovativi e sperimentali di cooperazione con ipaesi di origine. Si tratta dunque di indagare gli spazi di opportunità di azione perla cooperazione italiana e in particolare per la cooperazione decentrata e non go-vernativa ai fini della valorizzazione delle rimesse per lo sviluppo locale, con riferi-mento:– alle relazioni con le associazioni di migranti per lo sviluppo locale dei paesi di

origine;– al sistema bancario e in particolare alle casse di credito cooperativo per le pos-

sibilità di assistenza tecnica e proposta di prodotti di raccolta del risparmio e diimpiego per canalizzare e utilizzare efficacemente le rimesse;

– ai sistemi di microfinanza e quindi al settore delle Ong impegnato nella realiz-zazione di progetti di sviluppo;

– ai sistemi di piccole e medie imprese per la creazione di opportunità di investi-mento delle rimesse;

– alle iniziative di enti locali e società civile volte a facilitare progetti di rientro; – al rafforzamento istituzionale delle autonomie locali e agenzie per lo sviluppo lo-

cale nei paesi di origine, per la creazione delle condizioni di contesto favorevolial pieno dispiegamento del moltiplicatore delle rimesse (e più in generale degliinvestimenti finanziari) e al riconoscimento del ruolo dei migranti quali attoriper lo sviluppo.

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Ciò significa, da una parte, considerare le direzioni e le tipologie dei processi ditransizione dei paesi di origine e le loro compatibilità con le ipotesi di valorizzazio-ne delle rimesse e, dall’altra, analizzare le strutture economiche e sociali locali e leopportunità di intervento pubblico e della cooperazione allo sviluppo, identificandogli attori e le metodologie del cambiamento. Tale lavoro di ricerca applicata hastretta attinenza con l’elaborazione di piani di sviluppo locale nei quali sia presen-te la preoccupazione di valorizzare le potenzialità delle rimesse e quindi gli attoricollegati.

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1 Martin (1999).2 Tapinos e Delaunay (2000).3 Alcuni paesi adottano il criterio della nazionalità (cittadini di nazionalità del proprio

paese e stranieri), altri quello demografico (persone nate all’estero o nel propriopaese).

4 Nel caso del Brasile, 1.412.263 italiani emigrarono tra il 1884 e il 1939 in quel paese, rap-presentando il 33,96% dell’immigrazione totale. L’emigrazione italiana in Brasile iniziòcon un forte insediamento nelle regioni del sud (Santa Catarina) da parte di agricoltori diorigine prevalentemente veneta, poi all’inizio del secolo si aggiunsero contadini del sudItalia (Cosenza, Salerno, Potenza), che si concentrarono soprattutto nello stato di SaoPaulo parallelamente al boom delle piantagioni di caffè. L’indebitamento necessario a pa-gare il viaggio transoceanico e la mentalità schiavista di molti proprietari terrieri porta-rono il governo italiano a proibire l’emigrazione “sovvenzionata” in Brasile (DecretoPrinetti, 1902).

5 I dati presentati si riferiscono agli ultimi trenta anni, ma è chiaro che nel caso italiano ilfenomeno migratorio e quello connesso delle rimesse è ben più antico. Secondo alcuni da-ti statistici, tratti da Il Trentino di Cesare Battisti – terza edizione, 1916 –, “l’immigra-zione si impose come triste necessità (...). Il paese non solo perdette l’incremento na-turale annuo della popolazione rispondente a circa il 9 per mille, ma costrinse al-l’esilio un numero maggiore dei suoi figli. Dal 1880 al 1890 la popolazione delTrentino diminuì da 351.689 a 349.203. Nel 1900 era salita a 360.179. Nel 1910 a386.347. Indizio questo di un piccolo miglioramento economico sopravvenuto (...).Il fenomeno migratorio persistette in proporzioni ancora altissime (circa il 6% del-la popolazione) per quanto possa ritenersi ridotto della metà in confronto di quan-to era quindici o venti anni addietro”. Il beneficio, in termini di afflusso di rimesse, èevidente: un’emigrazione transoceanica di 3.153 unità e un’emigrazione continentale di 79

NoteAlessandro Rotta – CeSPI

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19.292 persone portò in media, ogni anno, rimesse dall’estero pari a 7 milioni di corone(mentre una giornata lavorativa era pagata all’operaio con 2-3 corone).

6 In Italia, oltre a grossi centri urbani come Roma, Milano, Bologna, Torino, Firenze, che ri-levano una consistente presenza di comunità cinesi, è esemplare il caso di Prato: i datidel 2000 mostrano una consistente crescita della popolazione cinese, con un tasso di in-cremento superiore a quello registrato nell’anno antecedente (+20,11% contro il+14,64% del 1999) e con un numero dei residenti passato da 3.625 a 4.354.

7 Mosley (1987).8 Si vedano le verifiche empiriche svolte in Oecd e Iadb (2001) e i riferimenti presenti in

World Bank (2002). 9 International Financial Institution Advisory Commission (2000).10 Si tratta del versamento a favore del migrante che abbandona definitivamente l’Italia per

rientrare nel paese d’origine e che, quando non sussistano convenzioni internazionali disicurezza sociale (per le prestazioni pensionistiche) in regime di reciprocità tra i duepaesi d’interesse, rischierebbe di perdere i suoi contributi versati in Italia, al momentodel rientro in patria. In base al Testo unico sull’immigrazione del 1998, il migrante puòchiedere la restituzione dei contributi versati, attualizzati con l’applicazione del tassod’interesse legale del 5% annuo, che verranno accreditati sul conto corrente presso unabanca del paese d’origine. Complessivamente, per l’Italia si è trattato di 14,6 miliardi di li-re nel 1998, 25 miliardi nel 1999 e 58 miliardi nel 2000. Il disegno di legge del governoBerlusconi prevede di cancellare questo diritto di restituzione.

11 Il sistema delle Cvs prevede una soglia minima di rilevazione di 10.000 euro.12 Nel caso italiano, l’Uic e la Banca d’Italia stanno tentando di definire le modalità per tra-

sformare anche gli uffici postali in enti segnalanti l’apertura di conti personali per rimes-se.

13 Due imprese che controllano buona parte del mercato mondiale legale delle rimesse: laFirst Data Corporation, che controllava la MoneyGram, acquistò nell’ottobre del 1995 an-che la Western Union, a seguito della fusione con la First Financial Corporation. LaFederal Trade Commission degli Stati Uniti obbligò poi la First Data Corporation ad ab-bandonare una delle due società: nel dicembre 1996, la MoneyGram fu venduta, anche sela First Data Corporation, che controlla peraltro la American Express (attiva nel merca-to degli ordini telematici di pagamento), continua ad avere incarichi di lavoro da entram-be le società.

14 Per accumulazione di capitale si intende la creazione o formazione di attività fisse, im-mobili, impianti e qualsiasi altro tipo di capitale fisso o proprietà utilizzati in un’atti-vità economica, che non vengano consumati rapidamente con l’uso o convertiti imme-diatamente in moneta. Queste immobilizzazioni consistono in beni acquistati per esse-re utilizzati nel processo produttivo in un periodo di tempo relativamente lungo. Il ter-

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mine investimento indica l’effettiva creazione di beni capitali, ovvero l’impiego produt-tivo del risparmio in beni capitali usati per la produzione di beni di consumo o di altribeni di investimento e corrisponde a tutto ciò che della produzione annua non vieneusato in consumi.

15 Harrod (1939) e Domar (1947).16 Rosenstein-Rodan (1961).17 Nursk (1958).18 Newlyn (1977).19 Chenery e Strout (1966).20 Taylor (1994).21 Per la bibliografia, con i dettagli sui principali filoni di verifica econometrica, si rimanda

a Zupi (2002a).22 Stark e Bloom (1985).23 Taylor (2000).24 Lodigiani (1997).25 De la Brière et al. (1997).26 Brown (1994).27 Zucchetti (1997a).28 Venturini (2001).29 A livello formale, solo pochi paesi come Ecuador e Timor Est (oltre ad ex territori statu-

nitensi come le Isole Marshall, Micronesia e Palau) e, dal lontano 1904, Panama sono pie-namente dollarizzate; ma, in realtà, gran parte delle economie latinoamericane, molte re-pubbliche ex sovietiche, alcuni paesi asiatici (Cambogia, Laos, Mongolia, Vietnam), duepaesi europei (Romania e Turchia) e Mozambico sono – seppure informalmente e par-zialmente – dollarizzate.

30 La letteratura sul tema è abbondante e si lega con frequenza al tema della stabilità fi-nanziaria. Fra i molti specialisti del tema e autori di studi applicati a paesi in via di svi-luppo, occorre ricordare Guillermo Calvo, José de Gregorio, Barry Eichengreen, JeffreyFrankel, Isabelle Grundberg, Gianmaria Milesi-Ferretti, Frederic Mishkin, Jeffrey Sachse Charles Wyplosz. Paul Krugman e Maurice Obstfeld se ne sono invece interessati in ter-mini più generali. Charles Kindleberger fu uno tra gli studiosi che, dopo la seconda guer-ra mondiale, maggiormente approfondì questo filone di studi macroeconomici.

31 Le informazioni qui riportate sono il frutto di un colloquio con il direttore del CeSPI, JoséLuis Rhi-Sausi, al suo rientro da una missione in Ecuador.

32 Van Doorn (2001).33 Ibidem.34 Garson e Tapinos (1981).35 Mazzoni e Naletto (2000).

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36 Zupi (1996).37 Blion e Verrière (1998), Prodem (2000).38 Orozco (2000), Lowell e De La Garza (2000).39 Lazaar (1996), Saith (1989).40 De Tapia (1996), Bel Haj Zekri (1996).41 Lodigiani (1997).42 Blion e Verriere (1998).43 Prodem (2000).44 Brown (1994).45 Waller Meyers (1998).46 Castles (1999).47 Si veda anche Venturini (2001).48 Per quanto riguarda l’impatto positivo delle rimesse in molti paesi latinoamericani, si ve-

da Espenshade e Scully (2000).49 Gubert (2000), Brown (1994).50 Waller Meyers (1998).51 Ilo (2001).52 Un testo che continua ad essere un riferimento in materia, nonostante sia stato scritto

quasi quindici anni fa, è il lavoro di Thomas Straubhaar (1988), On the Economics ofInternational Labour Migration, Haupt, Berna. La modellistica degli effetti delle ri-messe sul reddito, sul consumo privato, su risparmi e investimenti, sulla bilancia dei pa-gamenti (e, in particolare, su importazioni e tasso di cambio) si basa in questo studio suun’analisi prima separata delle determinanti, da un lato, e degli effetti, dall’altro, delle ri-messe per poi utilizzare un modello di equazioni simultanee. Questo tipo di modellisticasi richiama espressamente agli studi empirici realizzati da Dominick Salvatore nei primianni ’80 sui flussi migratori interni.

53 Brown (1994).54 Ote (2000), traduzione a cura dell’autore.55 Taylor (1999).56 Glytos (1990).57 Garcìa (1996).58 Russel (1992).59 Russel (1992).60 Taylor (1999).61 Durand e Massey (1992).62 Boubakri (1996).63 Garcìa (1996).64 Taylor (1999).

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65 Taylor (1999)66 Stark e Taylor (1991).67 Russell (1992).68 Koc e Onan (2002).69 Adams (1991).70 Condé et al. (1986).71 Palmer (1985).72 Chilivumbo (1985).73 “A l’envoi individuel d’argent pour les familles s’ajoutent ainsi des fonds collectifs

pour le village. Les émigrés tentent ainsi d’améliorer les conditions de vie, de ré-duire la dépendance économique de leurs familles, mais aussi d’orienter le devenirdu village. Ils deviennent ainsi des acteurs du changement de leur propre société”.Delville (1991).

74 Daum (1995).75 Delville (1991).76 Daum (1995).77 World Bank (2001).78 Le rimesse verso il Bangladesh costituiscono 1/3 della valuta estera che entra nel paese:

nel 1998-99, le rimesse hanno finanziato il 22% delle importazioni. Diversi studi hanno in-dicato il forte impatto positivo sul Pil, su consumi e investimenti. Le rimesse costituisco-no il 51,12% del reddito totale delle famiglie che sono rimaste in Bangladesh e che hannofamiliari emigrati all’estero. Cfr. Siddiqui e Abrar (2001).

79 Skeldon (1997).80 Lazaar (1996).81 Taylor (1999).82 Garson (1993).83 Athukorala (1989), Sparreboom e Sparreboom-Burger (1996).84 Brown (1994).85 Russell (1992).86 Brown (1994).87 Swami (1981), Straubhaar (1986).88 Athukorala (1993).89 La sigla “M2” definisce l’offerta di moneta come banconota in circolazione più i depo-

siti bancari, sotto forma di conti correnti e di depositi a risparmio, detenuti dal settoreprivato.

90 Waller Meyers (1998).91 Swamy (1981)92 Saith (1989).

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93 Athukorala (1993).94 Blion e Verrière (1998).95 Per questo box è stata utilizzata una breve nota del direttore del CeSPI, José Luis Rhi-

Sausi, al rientro da una missione in Ecuador.96 Zucchetti (1997b).97 Ilo (2001).98 Bate (2002). 99 Il tema è stato oggetto di un incontro promosso a Ginevra il 20-21 novembre 2000

dall’Employment Sector – Social Finance Program dell’International Labour Office, daltitolo Making the best of Globalisation: Migrant Worker Remittances and Micro-Finance. Inoltre, un dibattito sull’argomento ha avuto luogo, nel maggio 2001, sul web-fo-rum denominato Development Finance Network Discussion List (http://www.en-terweb.org/devfin.htm).

100 Si parla di microfinanza quando l’attività è finalizzata, oltre che ad accordare dei micro-crediti, anche a sviluppare un comportamento incline al risparmio.

101 Siddiqui e Ahar (2001).102 International Labour Office (2000).103 Prodem (2000).104 Zupi (2002).105 Brown (1994).106 Adams (1997).107 Bate (2002).108 Grace (2000), Cuna & Affiliates – Credit Union National Association, Inc. (2002).109 Grace (2000).110 Bate (2002).111 World Bank (2001).112 Ibidem.113 Ibidem.114 Bate (2002).115 Si vedano ad esempio i casi citati nelle ricerche CeSPI (1998) e CeSPI (1999).

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in J. L. Rhi-Sausi (a cura di), Ripensare la cooperazione. Rapporto CeSPI sull’Aiutopubblico allo sviluppo, Roma, Memoranda.

Zupi, M. (2002a), Gli effetti della finanza estera sullo sviluppo dei paesi africani. Iprincipali risultati di quaranta anni di verifiche empiriche, Quaderni Cidem,Università La Sapienza, Roma.

Zupi, M. (2002b), Il legame tra microfinanza e microassicurazioni nei Pvs. Unarassegna della letteratura e delle esperienze, Working Paper n. 28, FondazioneSalernitana Sichelgaita, Salerno.

R i m e s s e d e g l i e m i g r a t i

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LABORATORIO CeSPIelenco delle pubblicazioni

Flexibility and closer cooperation in anemerging European migration policy:opportunities and risksJörg MonarOctober 1999, n. 01

Le politiche migratorie nazionali nellaprospettiva della comunitarizzazione.I casi di Francia e SpagnaGaia DaneseGennaio 2000, n. 02

The European Union’sNorthern DimensionNicola Catellani, Antonio MissiroliMay 2000, n. 1

Il programma Atlantein Bosnia-ErzegovinaJosé Luis Rhi-Sausi e Silvia AprileGiugno 2000, n. 2Serie Speciale: Cooperazione internazionalee sviluppo locale

L’intervento della Nato in Kosovo:riflessioni su una escalation coercitivaRoberto Menotti, Federico Eichberg,Andrea Grazioso, Giovanni ScottoLuglio 2000, n. 3

La cooperazione decentratadelle regioni italianeAndrea StocchieroOttobre 2000, n. 4Serie Speciale: Cooperazione internazionalee sviluppo locale

Peace constituencies e alleanze per lapace. Esperienze in Bosnia-ErzegovinaGiovanni ScottoFebbraio 2001, n. 5

I comuni italiani e lacooperazione internazionaleAndrea Stocchiero, Oliviero Frattolillo eNadia GonellaGiugno 2001, n. 6Serie Speciale: Cooperazione internazionalee sviluppo locale

La comunità sbilanciata.Diritto alla citadinanza e politichemigratorie nell’Italia post-unitariaFerruccio PastoreGiugno 2002, n. 7

Ritorni e ricostruzione.Le politiche di rientro per profughie sfollati in Bosnia-Erzegovina daDayton al Patto di stabilitàDomenico ChiricoOttobre 2002, n. 8


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