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LAURA MARCHEGIANI
Il potere di integrazione dell’ordine del giorno dell’assemblea dalla tutela del
risparmio all’attuazione della Direttiva sui diritti degli azionisti di società quotate
SOMMARIO: 1. Il potere di integrazione dell’ordine del giorno tra tutela delle minoranze azionarie e
diritti dei soci all’informazione. - 2. I presupposti del diritto di integrazione. 3. Forma e contenuto della
richiesta di integrazione dell’agenda.- 4. I poteri e i doveri degli amministratori di fronte all’esercizio
del diritto di integrazione. - 5. Segue. La giustiziabilità del diritto, prima e dopo il decreto correttivo. -
6. Diritto di integrazione e autonomia statutaria.
1. Il potere di integrazione dell’ordine del giorno tra tutela delle minoranze
azionarie e diritti dei soci all’informazione. - Che la protezione degli interessi dei
soci di società azionarie passi per l’esercizio dei poteri di voice che discendono
dall’appartenenza all’organizzazione (1) e che a favorirla contribuiscano o possano
contribuire una serie di prerogative «minori», ovvero strumentali e prodromiche alla
votazione, quali quelle che consentono la partecipazione alla formazione della
proposta delle decisioni assembleari, è considerazione che gode di ampio svolgimento
e di approfondimento significativo non solo in Europa (2).
In Italia la disciplina dei diritti delle minoranze è stata caratterizzata da una
evoluzione discontinua che ha riscontrato una prima battuta d’arresto nel progetto di
riforma delle società commerciali della seconda metà degli anni Sessanta, per trovare
poi momenti di emersione significativa nel testo unico della finanza, nella riforma
organica delle società di capitali e nella legge sulla tutela del risparmio (3), anche
attraverso la specifica previsione della facoltà di incidere sulla predisposizione
dell’ordine del giorno dell’assemblea. Con l’inserimento del diritto di integrazione
1 Per una introduzione al tema della rilevanza del voto nell’economia della società azionaria aperta, si
vedano EASTERBROOK - FISCHEL, L’economia delle società per azioni, trad. it., Milano, 1996, p. 79 ss. 2 Tra gli esempi del dispiegarsi dei margini di attività propositiva degli azionisti in vista del voto, non
si può mancare di segnalare gli Amendments del 2009 al Delaware General Corporation Act che hanno
introdotto una nuova Sect. 112, che consente l’introduzione statutaria della previsione che la società
inserisca «in its proxy solicitation materials (including any form of proxy it distributes), in addition to
individuals nominated by the board of directors, one or more individuals nominated by a stockholder»
ed una nuova Sect. 113 che prevede, sempre attraverso il meccanismo dell’opt-in statutario, «the
reimbursement by the corporation of expenses incurred by a stockholder in soliciting proxies in
connection with an election of directors». Più in generale, testimoniano la prospettiva convergente di
agevolare le proposte di decisione provenienti da( tutti )gli azionisti, le regolamentazioni federali in
tema di deleghe di voto ed in particolare l’art. 14a-8 del Securities Exchange Act che impone alle
società ad azionariato diffuso di includere nella delega qualsiasi proposta di un azionista, salve alcune
eccezioni. Si vedano anche, nello stesso senso, le Sectt. 314 e 321 del UK Companies Act del 2006. 3 Si tratta della l. 262/2005.
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dell’agenda assembleare tra le misure di tutela del risparmio, l’Italia ha potuto per una
volta anticipare l’adempimento degli obblighi comunitari introducendo una delle
regole poi prescritte agli Stati membri dalla direttiva 2007/36/CE, relativa
all’esercizio di alcuni diritti degli azionisti di società quotate (4).
4 In G.U. L 184/17 del 14 luglio 2007. Nei consideranda che introducono la direttiva sono riscontrabili
molti dei temi che attengono al significato del diritto di voto e all’incidenza sulla struttura dell’attività
di voto di regole più o meno restrittive. L’intento del legislatore comunitario di incentivare
l’interessamento degli azionisti all’attività deliberativa passa per l’innalzamento della possibilità di
prender parte in maniera incisiva al processo di voto: in questo senso si spiegano i provvedimenti a
favore di una maggiore informazione preassembleare (art. 5), di un più agevole accesso ai meccanismi
della delega di voto (art. 10-11), di semplificazione delle modalità di intervento e di voto (artt. 7 - 8 -
12), di integrazione dell’agenda assembleare (art. 6). Per un’opinione critica in merito all’efficacia e
alla desiderabilità di simili provvedimenti in una prospettiva di ricerca dell’efficienza, si vedano,
EASTERBROOK – FISCHEL, L’economia, cit., p. 97 ss.
Già in senso critico con riguardo alla efficacia dell’accentuazione dei poteri degli azionisti si
esprimeva MINERVINI, Per un’accentuazione della responsabilità egli amministratori di società per
azioni, in Scritti giuridici raccolti per il centenario della casa editrice Jovene, Napoli, 1954, p. 321 ss.,
ove descriveva il carattere solo apparente della democraticità della organizzazione azionaria in cui la
tendenziale ininfluenza degli azionisti è dovuta non tanto o non solo all’assenteismo e all’indifferenza
(come sottolineava RIPERT, Aspects juridiques du capitalisme moderne, II ed., Paris, 1951, p. 280 ss.),
ma piuttosto alla separazione definitiva tra proprietà e controllo ASCARELLI, Interesse sociale e
interesse comune nel voto, in Studi di diritto comparato e in tema di interpretazione, Milano, 1952, p.
155.
L’attuazione della direttiva ha avuto luogo con il d.lgs. 27 gennaio 2010, n. 27, da ultimo oggetto di
integrazioni e correzioni, secondo quanto previsto dall’art. 1 comma 5 della legge delega (l. 7 luglio
2009, n. 88), da parte del d. lgs. 18 giugno 2012, n. 91, in G.U. n. 152 del 2 luglio 2012, la cui
disciplina troverà applicazione alle assemblee il cui avviso di convocazione è pubblicato dopo il 1°
gennaio 2013.
Obiettivo principale della direttiva era facilitare la partecipazione degli azionisti alla vita della società,
in particolar modo attraverso l’esercizio, anche transfrontaliero, del voto. Il decreto di attuazione ha
concentrato nel t.u.f. la disciplina relativa alla gestione accentrata, prima articolata tra testo unico e d.
lgs. 24 giugno 1998 (c.d. decreto Euro), così riordinando la disciplina della dematerializzazione ed ha
inciso in modo significativo sul funzionamento delle assemblee delle società quotate, anche
privatizzate, estendendo le novità sulla convocazione dell’assemblea e sulla elezione e composizione
degli organi di amministrazione e di controllo alle società disciplinate dalla legge 30 luglio 1994, n.
474. Sull’attuazione in Italia delle regole comunitarie in tema di esercizio degli shareholder rights si
vedano, ATLANTE-STELLA RICHTER, Il recepimento in Italia della Direttiva sui diritti degli azionisti e
le modificazioni statutarie conseguenti, in Studi e materiali, a cura del Consiglio Nazionale del
Notariato, 2010, 439 ss., ABRIANI-SANTOSUOSSO, La Direttiva relativa all’esercizio di alcuni diritti
degli azionisti di società quotate ed il ruolo degli investitori istituzionali nella democrazia azionaria
del terzo millennio, in RDS, 2007, p. 140 ss. Con riguardo specifico alla disciplina della convocazione
dell’assemblea, ABRIANI, Il “pungolo gentile” dell’assemblea “mite” tra attivismo degli azionisti e
nuova governance societaria. Prime riflessioni sull’attuazione in Italia della Direttiva 2007/36, in
Studi in onore di Marcello Foschini, Padova, 2011, p. 173 ss. e in Riv. dir. impr., 2011, p. 15 ss.(da cui
si cita); GUIDOTTI, La convocazione dell’assemblea delle società quotate: riflessioni sul recepimento
della direttiva 2007/36, in Contratto e impresa Europa, 2011, p. 556 ss., GUERRIERI (a cura di), La
nuova disciplina dei diritti degli azionisti, in Nuove leggi civ. comm., 2011, p. 507 ss.; sull’esercizio
del diritto di voto, in particolare, CALVOSA, L’intervento e il voto in assemblea dopo l’attuazione della
direttiva sull’esercizio di alcuni diritti egli azionisti di società quotate, in questa RDS, 2011, p. 348 ss.
e FURGIUELE, Record date ed esercizio dei poteri di impugnazione e di recesso, in Riv. dir. comm.,
2008, I, p. 157 ss.
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Ma il potere dell’azionista di intervenire nella formazione, o meglio nella
definitiva con-formazione dell’ordine del giorno, non è regola nuova, né in una
prospettiva diacronica, solo a rammentare il progetto di riforma delle società
commerciali elaborato dal 1964 (5), il cui art. 9, rubricato Convocazione
dell’assemblea e integrazione dell’ordine del giorno su richiesta della minoranza (6)
prevedeva appunto che soci titolari del decimo del capitale sociale o di una
partecipazione non inferiore «a cento milioni di lire in valore nominale» potessero
chiedere, entro cinque giorni dalla pubblicazione dell’avviso di convocazione
dell’assemblea ordinaria, «la trattazione di determinati argomenti in aggiunta a quelli
indicati nell’avviso» (7); né in una veduta sincronica dei maggiori ordinamenti
europei, che già da allora avevano fatto proprio un omologo precetto (8).
5 Ci si riferisce allo schema di disegno di legge concernente la riforma della disciplina delle società
commerciali esteso su progetto della Commissione governativa De Gregorio, nel testo ampiamente
rielaborato a seguito delle proposte del Cnel e del dibattito nelle sedi specializzate, pubblicato in Riv.
soc. 1967, p. 370 ss., in cui la disposizione che qui ci occupa è contenuta nell’art. 9.
Il progetto originario, con la segnalazione delle modificazioni apportate dal Comitato di Ministri, si
può leggere in Riv. soc., 1966, p. 93 ss. Da notare che la fattispecie dell’integrazione dell’agenda,
dapprima delineata come mera specificazione del generale potere di convocazione (“I soci… possono
chiedere la convocazione dell’assemblea a norma dell’art. 2367 del codice civile o l’inserzione
nell’ordine del giorno di argomenti da trattare”) nelle versioni successive del progetto assume la
fisionomia di potere autonomamente assegnato anche a tutti coloro che abbiano sottoscritto una parte
di capitale sociale pari a cento milioni di lire. 6 Si tratta della più recente versione pubblicata in Riv. soc., 1967, loc. cit.: “I soci che rappresentano
una parte del capitale sociale non inferiore al decimo o a cento milioni di lire in valore nominale
possono chiedere, entro cinque giorni dalla pubblicazione dell’avviso di convocazione dell’assemblea
ordinaria, la trattazione di determinati argomenti in aggiunta a quelli indicati nell’avviso. Gli
amministratori devono provvedere all’integrazione dell’elenco delle materie da trattare con avviso
pubblicato nella Gazzetta Ufficiale almeno cinque giorni prima di quello fissato per l’adunanza. In
mancanza l’assemblea deve essere nuovamente convocata a norma del comma precedente” e cioè con
decreto del presidente del tribunale. L’accresciuta rilevanza dello strumento dell’integrazione era
anche testimoniata dalla sostituzione della rubrica dell’art. 7 del progetto originario (Convocazione e
ordine del giorno dell’assemblea) con quella dell’art. 9 risultante dalle modificazioni successive
(Convocazione dell’assemblea e integrazione dell’ordine del giorno su richiesta della minoranza). 7 Che il progetto De Gregorio contenesse una disciplina completa e articolata della convocazione di
minoranza e dell’integrazione dell’agenda assembleare, in linea con la crescente importanza assunta
dalle tecniche di ingresso nel procedimento assembleare delle shareholder proposals nei maggiori
ordinamenti europei e in quello nordamericano, è sottolineato da ABBADESSA, Nuove regole in tema di
procedimento assembleare e tutela delle minoranze, in Riv. soc., 2002, p. 170 ss., a p. 173. 8 La riforma societaria degli anni Sessanta condusse all’introduzione dell’istituto dell’integrazione
dell’agenda assembleare, sia in Francia, con l’art. 160, loi n. 66-537 du 24 juillet 1966 sur les sociétés
commerciales e l’art. 128, décret n. 67-236 du 23 mars 1967 sur les sociétés commerciales (ma si veda
ora l’art. L225-105, Code de commerce modificato in seguito alla recente armonizzazione
dall’Ordonnance n. 2010-11511 du 9 décembre 2010) sia in Germania, ove la disciplina –
tematicamente coordinata con quella della richiesta di convocazione da parte della minoranza – è
contenuta nei §§ 122 e 124 dell’AktG del 1965.
Secondo l’art. 57 del reg. CE n. 2157/2001 relativo alla statuto della Società europea, gli azionisti che
detengano almeno il 10% del capitale sottoscritto, possono chiedere l’inserzione di uno o più punti
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La visione storica e comparatistica del tema indica con chiarezza (alcune
del)le coordinate interpretative della disposizione, suggerendone l’inquadramento
nella cornice regolamentare comprensiva delle altre norme che riconoscono alla
minoranza dei soci il potere di incidere sul contenuto e sullo svolgimento della
riunione assembleare. Una corrispondenza significativa soprattutto si scorge con il
potere del decimo del capitale sociale di determinare l’indizione della riunione
assembleare (9), anche se una peculiare e specifica pertinenza con il momento
dell’informazione preassembleare dei soci pare doversi riconoscere alla facoltà di
integrazione (10
) che, in effetti, può essere utilizzata non solo per promuovere precise
operazioni di competenza assembleare, determinando quindi lo scopo vero e proprio
della riunione dei soci, ma anche per definire in maniera specifica le materie
all’ordine del giorno ovvero per enucleare temi a queste connessi o dalle stesse
derivanti (11
).
all’ordine del giorno dell’assemblea generale, secondo le procedure ed i termini stabiliti dalla
legislazione dello Stato membro in cui la SE ha sede o, in mancanza, dallo statuto della SE. 9 Le altre norme cui si allude sono quelle che presiedono al potere individuale di rinviare la discussione
di determinati argomenti in caso di assemblea totalitaria, stabilito dall’art. 2366 c.c., ed alla facoltà per
il terzo dei soci presenti o rappresentati in assemblea di rinviare la discussione e la deliberazione in
caso di insufficiente informazione sui punti all’ordine del giorno, fissata dall’art. 2374 c.c.
L’inserzione nell’ordine del giorno di argomenti da trattare sarebbe un minus rispetto alla più ampia
facoltà di convocare l’organo assembleare da parte della minoranza qualificata secondo FERRARA,
Sguardo generale alla riforma delle società di capitali, in Riv. soc., 1966, p. 21 ss. Sempre nel senso
della stretta interdipendenza dei due poteri, ASSOCIAZIONE DISIANO PREITE, Rapporto sulla società
aperta, Bologna, 1997, p. 124 s., ove la facoltà di convocazione dell’assemblea e quella di imporre la
trattazione di materie selezionate dalla minoranza si riteneva dovessero appartenere ad una medesima
aliquota del capitale sociale. 10
Come subito si dirà, il potere di integrazione dell’agenda non è agevolmente qualificabile come
elemento costitutivo del potere di convocazione: in particolare, sembra corretto riconoscere al potere di
integrazione un preciso significato informativo nell’ambito della dialettica endosocietaria che si
concretizza nella conformazione del programma di discussione e di deliberazione assembleare. Le
considerazioni al riguardo della Relazione illustrativa al d. lgs. 58/1998, e cioè che l’esclusione di una
specifica previsione in tema di integrazione dell’ordine del giorno fosse giustificata dalla appartenenza
della facoltà in discorso al potere di convocare l’assemblea attribuito alla minoranza, oltre a sollevare
giustificati dubbi di legittimità interpretativa (così S. ROSSI, Integrazione dell’ordine del giorno
dell’assemblea nelle società quotate, in DE ANGELIS-RONDINONE (a cura di), La tutela del risparmio
nella riforma dell’ordinamento finanziario, Torino, 2008, p. 29 ss.) negherebbero, in ogni caso, una
funzionalità propria al potere di integrazione, in considerazione dell’identità di quorum legittimante.
Puntualmente, al riguardo, DE GENNARO, La riforma della disciplina societaria e la tecnica
legislativa, in Riv. soc., 1967, p. 95 ss., spec. a p. 115 s., indicava che le questioni applicative poste dal
potere di integrazione dell’agenda assembleare erano ben distinguibili da quelle implicate dal potere di
convocazione tout court: i termini e le modalità di esercizio dovevano piuttosto essere disciplinati in
modo tale da assicurare il rispetto dell’«esigenza di render pubblico prima dell’adunanza l’ordine del
giorno integrato». 11
Nella prassi applicativa delle regole sulle shareholder proposals si sono spesso riscontrate
utilizzazioni volte ad introdurre nel dibattito assembleare tematiche di carattere economico o politico
correlate all’attività di impresa. Per una lettura delle proposte degli azionisti come strumento di
monitoraggio delle opinioni degli azionisti in merito alla condotta del management, PERNA, Public
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La connessione tra diritto di integrazione dell’agenda e potere di
convocazione dell’assemblea non risiede tanto in una relazione di specialità tra di
essi, poiché non sembra che diritti legittimati da una differente misura di
partecipazione al capitale possano assimilarsi se non nel generico senso di poteri
appartenenti alle minoranze (12
) o meglio, ai soci organizzati (13
), ma si fonda
principalmente sull’incidenza di entrambi i diritti sul procedimento deliberativo con
la selezione degli argomenti di cui l’assemblea dovrà occuparsi e che saranno oggetto
company e democrazia societaria, (Bologna, 1998), 135 ss. Sottolineano la funzione strumentale
all’ampliamento dell’attivismo degli azionisti, BIANCHI-ENRIQUES, Corporate Governance in Italy
after the 1998 Reform: What Role for Institutional Investors?, al sito
http://dx.doi.org/10.2139/ssrn.203112; COSTI, Risparmio gestito e governo societario, in Giur. comm.,
1998, p. 165 ss.; MONTALENTI, Persona giuridica, gruppi di società, corporate governance, Padova,
1999, p. 179. Ampiamente, sui rapporti tra attivismo e potere di integrazione dell’agenda, IRACE, Il
ruolo degli investitori istituzionali nel governo delle società quotate, Milano, 2001, p. 124 ss. 12
Se di singola facoltà appartenente al diritto di convocazione da parte della minoranza si trattasse, non
si spiegherebbe la differente aliquota di capitale fissata per l’esercizio dell’una e dell’altra prerogativa:
DE GENNARO, La riforma, cit., ibidem.
Nell’ordinamento tedesco rimangono sostanzialmente invariati, a seguito del recepimento della SHRD
(su cui WEITENBERG, L’attuazione della direttiva “azionaria” 2007/36/CE nel diritto tedesco, in
Contratto e impresa Europa, 2010, p. 842 ss.), i presupposti di esercizio dei due poteri: nell’ambito del
costante riferimento lessicale dei diritti alla minoranza (einer Minderheit), la facoltà di convocare
l’assemblea appartiene agli azionisti titolari del ventesimo del capitale sociale, mentre una
legittimazione allargata - agli azionisti titolari di una partecipazione al capitale del valore nominale
almeno pari a 500.000 euro – caratterizza il potere di integrare l’ordine del giorno e quello di
presentare progetti di deliberazione da sottoporre all’assemblea (§122 Abs. 2 e 124 Abs. 1, AktG).
La legittimazione è invece unitaria nella GMBH (SANGIOVANNI, Il diritto delle minoranze di
convocare l’assemblea e d’inserire punti all’ordine del giorno nella GMBH tedesca, in Riv. dir.
comm., 2002, I, p. 813 ss.: con il Minderheitsrecht disciplinato nel § 50 della GmbHG, al 10% del
capitale sociale è consentito sia di richiedere la convocazione dell’assemblea, sia di inserire punti
all’ordine del giorno. La connessione significativa del potere di integrare l’agenda assembleare con il
potere di convocazione, sebbene non costituisca necessariamente una relazione di specialità “interna”,
esclusa almeno laddove vi siano differenti requisiti soggettivi del titolare, è anche confermata dall’art.
6 della direttiva 2007/36, ove prevede la facoltà che gli Stati membri limitino la possibilità di esercitare
il potere di intervento nella formazione dell’ordine del giorno alla sola assemblea annuale degli
azionisti, purché sia previsto un autonomo diritto di convocazione esercitabile dalla minoranza relativo
ad una assemblea diversa da quella annuale e il cui ordine del giorno comprenda almeno tutti i punti
che essi hanno richiesto.
La norma considera, con ogni evidenza, l’ipotesi in cui l’ordinamento nazionale regolamenti l’accesso
al potere di convocazione con gli stessi presupposti previsti per l’esercizio della facoltà di integrazione,
e si verifichi quindi una sovrapposizione dei requisiti soggettivi per l’esercizio dei due diritti. Non mi
sembra tuttavia che la finalità della disposizione possa considerarsi raggiunta in tutte quelle ipotesi in
cui sussistano differenze di qualche tipo tra le condizioni di esercizio del diritto individuale
dell’azionista: così, nel sistema di poteri delle minoranze che risulta dalle previsioni dell’art. 2367 c.c.
e dell’art. 126-bis t.u.f. non si sarebbe potuta applicare l’eccezione indicata dall’art. 6 della Direttiva. 13
Nel senso invece che il primo potere (quello di integrazione dell’ordine del giorno) rappresenti una
facoltà naturalmente ricompresa nel diritto di ottenere la convocazione dell’assemblea, in estrema
sintesi, FERRARA, Sguardo generale, cit., p. 21 ss., ma chiarendo subito – seppure con accenti critici –
l’autonomia del diritto di inserzione di nuovi argomenti in capo «ai soci che rappresentino cento
milioni di lire di capitale al valore nominale».
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del voto (14
): nel caso della convocazione, ex art. 2367 c.c., sarà la stessa opportunità
di svolgimento di una riunione assembleare ad essere oggetto della valutazione dei
soci richiedenti, che avranno anche l’onere di predisporre integralmente l’ordine del
giorno dell’assemblea che intendono (far) convocare. L’iniziativa dei soci, peraltro,
non elimina, con riguardo a quella specifica vicenda assembleare, l’originario potere
di convocazione degli amministratori, i quali potranno, una volta ricevuta la richiesta,
integrare l’avviso di convocazione con ulteriori argomenti da trattare (15
).
Con il potere di integrare l’agenda, invece, una aliquota più ridotta del capitale
sociale può inserire la propria proposta nell’iter di formazione dell’ordine del giorno,
così partecipando ad una fase del procedimento scaturito dall’iniziativa degli
14
Circostanza che spiega altresì la contiguità tematica del potere di partecipare alla formazione
dell’agenda con le regole di sollecitazione e raccolta delle deleghe di voto. Per alcuni rilievi critici
sulla funzionalità della previgente disciplina delle deleghe di voto a favorire l’organizzazione degli
azionisti “indipendenti”, ANGELICI, Le minoranze del decreto n. 58/1998: “tutela” e “poteri”, in
Attività e organizzazione. Studi di diritto delle società, Torino, 2007, p. 124 ss., a p. 137 s. Per alcuni
ulteriori riferimenti sul tema: BLACK, Shareholder Activism and Corporate Governance in the United
States, in The New Palgrave Dictionary of Economics and the Law, 1998, vol. 3, p. 459 ss.;
BAINBRIDGE, Shareholder Activism and Institutional Investors, UCLA School of Law, Law-Econ
Research Paper No. 05-20, disponibile al sito http://dx.doi.org/10.2139/ssrn.796227; ROMANO, Less Is
More: Making Shareholder Activism A Valued Mechanism Of Corporate Governance, Yale Law &
Economics Research Paper No. 241, disponibile al sito http://dx.doi.org/10.2139/ssrn.218650. Per una
rassegna degli interventi a favore di un migliore monitoraggio degli azionisti, BAINBRIDGE, The
Corporate Governance Provisions of Dodd-Frank, UCLA School of Law, Law-Econ Research Paper
No. 10-14, disponibile al sito http://ssrn.com/abstract=1698898; sui rischi della disclosure – anche
informatica – delle informazioni connesse alla sollecitazione delle deleghe, GORDON, Proxy Contests
in an Era of Increasing Shareholder Power: Forget Issuer Proxy Access and Focus on E-Proxy, 61
Vand. L. Rev., 475 (2008).
I procedimenti di voto per delega elettronica (c.d. Electronic Proxy Voting) sono stati introdotti in
Italia dal d.lgs. 27/2010, che ha disposto l’adeguamento statutario alla previsione di “almeno una
modalità di notifica elettronica della delega” – in uno dei pochi adeguamenti strettamente obbligatori:
ATLANTE-STELLA RICHTER, Il recepimento, cit., p. 442, ABRIANI, Il “pungolo gentile”, cit., p. 39. Il.
lgs. 91/2012 ha reso operativa il conferimento della delega in forma elettronica, disponendo che il
conferimento può avvenire “con documento informatico sottoscritto in forma elettronica ai sensi
dell’articolo 21, comma 2 del decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82” (così il nuovo sesto comma
dell’art. 135-novies, t.u.f.).
Per una prospettiva relativizzante delle novità in tema di deleghe di voto, KAHAN, The Insignificance
of Proxy Access, 97, Virginia Law Review, 1347 (2011). 15
Per la soluzione affermativa, motivata dalla titolarità “originaria” del potere di convocazione in capo
agli amministratori, SERRA, L’assemblea: procedimento in Trattato delle società per azioni, diretto da
COLOMBO e PORTALE, 3*, 77, con l’unico divieto di introdurre argomenti tali da neutralizzare o
ostacolare la trattazione delle materie indicate dalla minoranza; MARCHETTI, Sub art. 2367, in
MARCHETTI-BIANCHI-GHEZZI-NOTARI (diretto da) Commentario alla riforma delle società.
Assemblea, Milano, 2008, p. 77, osserva inoltre come l’intervento dell’organo amministrativo nella
formazione definitiva dell’ordine del giorno di un’assemblea convocata su impulso dei soci, possa
anche “sanare” eventuali inammissibilità o irritualità della domanda originaria. Nel senso, invece, che
la definizione delle materie oggetto della riunione dei soci sia essenzialmente “riservato” ai soci
richiedenti, laddove questi abbiano assunto l’iniziativa della convocazione, COTTINO, Diritto
commerciale, I, 2, Padova, 1999, p. 406.
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amministratori, incrementando di nuovi argomenti da discutere l’elenco di quelli già
definiti (16
). Mi pare quindi evidente che, anche in una prospettiva funzionale, emerga
la differenza tra i due poteri: uno, quello di convocazione, volto principalmente a
risolvere una situazione di inerzia dell’organo gestorio, l’altro, quello di integrazione,
coerente con un andamento “fisiologico” del rapporto soci-amministratori, ma
piuttosto ricco di potenzialità di tipo informativo (17
).
Più in generale, il potere di incidere sulla fase introduttiva del procedimento
assembleare e quindi di determinare indirettamente l’oggetto del voto risulta
rafforzato in specie per gli azionisti di società quotate, sia per l’eliminazione della
norma speciale contenuta nell’art. 125 t.u.f. (18
), che a parità di presupposti soggettivi
di esercizio del diritto, lasciava tuttavia agli amministratori la valutazione collegiale
sulla prevalenza in concreto dell’interesse della società a che l’assemblea non venisse
convocata, sia per l’introduzione, riservata alle quotate (19
), ora indipendentemente
dalla natura lucrativa o mutualistica dello scopo sociale (20
), della regola dell’art. 126-
16
Nemmeno il potere di convocazione esaurisce i propri effetti uno actu, ma serve ad attivare l’iter
procedimentale con cui gli amministratori provocano la riunione dell’assemblea. E’ tuttavia
considerazione condivisibile che sia preclusa agli amministratori ogni valutazione dell’opportunità
della riunione, come invece in precedenza consentiva, proprio nel caso delle società quotate, la
disposizione dell’art. 125 t.u.f.: SERRA, L’assemblea, cit., p. 75 s. 17
Limpidamente, nel senso della valorizzazione di una funzione informativa “pura” della nuova
disciplina della fase preassembleare, GUIZZI, Gli azionisti e l’assemblea nelle società quotate tra mito
e realtà, in RDS, 2011, p. 2 ss. 18
Le differenze disciplinari apprezzabili prima della riforma erano essenzialmente due: da un lato la
previsione di un più elevato quorum per la promozione della convocazione nelle società non quotate
(pari al quinto del capitale); dall’altro la già ricordata possibilità che gli amministratori di società
quotate deliberassero di non procedere alla convocazione “nell’interesse della società”, facoltà
nemmeno riprodotta nell’art. 2367 c.c. che pure prevede un controllo in sede giurisdizionale della
giustificazione del rifiuto di provvedere. 19
Si può agevolmente osservare che la connotazione «speciale» del diritto di integrazione non
appartiene al codice genetico dell’istituto ma si è piuttosto affermata nell’evoluzione legislativa più
recente: se il progetto di riforma del 1967 prevedeva una regola del potere di integrazione per tutte le
società di capitali, sia azionarie che a responsabilità limitata, la legge sul risparmio e la stessa direttiva
comunitaria ne hanno definito i margini di esercizio al solo ambito delle società con azioni quotate. 20
Si deve infatti al d.lgs. 91/2012, la modifica dell’art. 2366 c.c., ove il rinvio alle leggi speciali per la
disciplina della convocazione dell’assemblea delle società che fanno ricorso al mercato del capitale di
rischio, non contiene più l’inciso “diverse dalle società cooperative”. La modifica si coordina con il
nuovo art. 135-bis, t.u.f., che circoscrive sensibilmente l’ambito di esonero delle cooperative quotate
dalle norme sulla convocazione e sull’informazione preassembleare. Dalla Relazione illustrativa
emerge che il decreto correttivo ha inteso rimuovere la disparità di trattamento introdotta dal d.lgs.
27/2010, poiché non vi sono ragioni, legate specificità tipologica o organizzativa delle società
cooperative, che ostino alla applicazione delle regole volte a tutelare gli investitori nelle società
lucrative quotate.
Mette poi conto di segnalare, tra le misure di ridefinizione dei destinatari delle disposizioni speciali in
tema di convocazione, l’abrogazione del comma 2-ter dell’art. 116-bis, che estendeva alle società
emittenti azioni diffuse tra il pubblico in misura rilevante le norme in materia di convocazione e di
informazione preassembleare, compresa la previsione del potere di integrazione dell’agenda, così
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bis t.u.f. di cui pure sarebbe stato possibile – nel contesto della riforma organica –
generalizzare l’applicazione a tutte le società di capitali (21
).
E’ stato già osservato come l’attuazione della Direttiva comunitaria sugli shareholder
rights, abbia attribuito un più intenso valore informativo alla disciplina della
convocazione (22
), sia attraverso la previsione di modalità di comunicazione
immediate e di facile accesso dei contenuti rilevanti per i soci, sia attraverso
l’attivazione di una vera e propria dialettica preassembleare, favorita dal potere di
chiedere l’inserimento di punti nuovi all’ordine del giorno, ma anche di presentare
proposte di risoluzione alternative a quelle predisposte dall’organo di gestione e di
porre domande prima dell’assemblea (23
). La forma principale della convocazione è
volendo eliminare gli oneri amministrativi ed economici legati alla disciplina speciale della
convocazione e dell’informazione preassembleare e, nel contempo, evitare sovrapposizioni e
interferenze di disciplina nei casi di emittenti che siano allo stesso tempo diffusi e ammessi alla
negoziazione nei sistemi multilaterali alternativi ai mercati regolamentati. 21
Che lo strumento dell’inserzione degli argomenti nell’ordine del giorno potesse assumere un
significato decisivo nello stimolo della dialettica endosocietaria anche nelle organizzazioni azionarie
“chiuse” è stato sottolineato da ABBADESSA, L’assemblea nella spa: competenza e procedimento nella
legge di riforma in RESCIGNO – SCIARRONE ALIBRANDI (a cura di), Il nuovo diritto delle società di
capitali e delle società cooperative, Milano, 2004, p. 56, che ha definito “occasione perduta” la
mancata previsione della regola in discorso proprio nel contesto della riforma organica delle società di
capitali.
La corrispondenza tra potere di convocazione e potere di integrazione è maggiore – anche quanto ai
presupposti – in quegli ordinamenti in cui le due facoltà a tutela della minoranza sono state introdotte
congiuntamente ed in forma unitaria per tutte le società azionarie. Nel Code de commerce, ad esempio,
rimane la corrispondenza tra misura del capitale legittimata a richiedere al convocazione ex art. L225-
103, attraverso un rappresentante comune designato giudizialmente (en justice) e aliquota legittimata a
chiedere l’integrazione dell’ordine del giorno ex art. L225-105, che tuttavia si riduce in misura scalare
in base alla capitalizzazione della società (cfr. art. R225-71), senza distinzioni tra società con azioni
quotate e non. Anche le regole dell’Aktiengesetz (supra, n. 12), evidenziano una unitarietà genetica dei
due poteri, sebbene si riconosca una legittimazione ampliata, legata all’ammontare del valore nominale
della partecipazione, per le prerogative che i soci possono esercitare in un procedimento assembleare
già avviato. 22
L’assemblea delineata dalla SHRD appare quindi, più che il luogo di espressione di una maggiore
“democraticità” dell’organizzazione azionaria - così GUIZZI, Gli azionisti, cit., p. 11 s., un luogo di
raccolta di informazioni, in misura anche indipendente dall’esercizio del voto. 23
Gli aspetti indicati sono stati oggetto dell’intervento correttivo da parte del d.lgs. 91/2012: accanto
all’introduzione della specifica possibilità di presentare progetti di risoluzione, sono state apportate
modifiche all’art. 127-ter, t.u.f., per ovviare alle difficoltà applicative che si sono riscontrate nella
prima stagione assembleare di vigenza del potere di porre domande in fase preassembleare. Il nuovo
testo dell’art. 127-ter definisce i tempi per la proposizione delle domande in modo coerente con la
funzione dell’istituto disegnata dall’art. 9 della Direttiva, ossia quella di consentire la massima
informazione preassembleare nella prospettiva del conferimento di deleghe con istruzioni: il comma 1-
bis introdotto dal decreto correttivo prevede infatti che l’avviso di convocazione indichi il termine
entro il quale le domande poste prima dell’assemblea devono pervenire alla società (c.d. cut-off date).
Il termine non può superare i tre giorni antecedenti la data della riunione, salvo il caso in cui l’avviso
preveda che la società fornisca in fase preassembleare le risposte alle domande pervenute, potendosi
allora fissare nel sesto giorno che precede la riunione il limite ultimo per la proposizione delle
domande. In tal caso le risposte non dovranno necessariamente essere fornite in assemblea, ma
potranno essere fornite – almeno due giorni prima dell’adunanza – individualmente a coloro che hanno
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quella della pubblicazione dell’avviso sul sito Internet della società (24
), mentre le
altre modalità e termini di pubblicazione sono stabiliti dalla Consob con regolamento,
compresa la diffusione per estratto sui giornali quotidiani (25
).
Il sito web, quindi, diviene il principale luogo di raccolta e di diffusione di tutte le
informazioni rilevanti per la partecipazione dei soci all’assemblea. L’avviso di
convocazione deve infatti contenere, oltre alle indicazioni delle materie all’ordine del
giorno, una descrizione chiara e precisa delle procedure di intervento e di votazione
con particolare riguardo al diritto di porre domande in fase preassembleare e al potere
di chiedere l’inserzione di nuovi argomenti; deve indicare la procedura per l’esercizio
del voto sia diretto che per delega, i moduli che gli azionisti possono utilizzare per
conferire le deleghe di voto e le modalità, anche elettroniche, con cui notificarle.
Allo stesso modo devono essere messi a disposizione del pubblico: una relazione
dell’organo amministrativo sulle materie poste all’ordine del giorno, i documenti che
saranno sottoposti all’assemblea, le informazioni sul capitale sociale con
l’indicazione del numero e delle categorie di azioni in cui è suddiviso, oltre a tutte le
informazioni ulteriori relative all’esercizio dei particolari poteri sociali connessi alla
convocazione. Il sito internet della società sarà quindi il luogo di pubblicazione delle
richieste di integrazione dell’ordine del giorno e delle ulteriori proposte di
deliberazione presentate, con le relative relazioni.
Il sito raccoglie poi i risultati del dibattito preassembleare che scaturisce
dall’esercizio della prerogativa di porre domande ex art. 127-bis, almeno nel caso in
proposto la domanda e a tutti gli aventi diritto al voto mediante pubblicazione in una sezione apposita
del sito Internet della società. Non mi sembra, infatti, in considerazione del valore di fase dell’iter
informativo che la formulazione di domande assume nel momento preassembleare, che la
comunicazione individuale delle risposte possa sostituire la pubblicazione nella sezione apposita del
sito sociale, ma debba se mai aggiungersi ad essa. La considerazione risulta confermata dal comma 3
dell’art. 127-ter, ove si prevede che “si considera fornita in assemblea la risposta in formato cartaceo
messa a disposizione, all’inizio dell’adunanza, di ciascuno degli aventi diritto al voto”, e quindi non
solo di chi ha presentato l’istanza (corsivo aggiunto). 24
“(E)ntro il trentesimo giorno precedente la data dell’assemblea”: art. 125-bis, comma 1, t.u.f. Sono
poi previsti termini anticipati per le assemblee che hanno ad oggetto l’elezione, mediante voto di lista,
dei componenti degli organi di amministrazione e di controllo (pubblicazione dell’avviso entro il
quarantesimo giorno precedente lo svolgimento dell’assise sociale) e termini brevi e brevissimi
rispettivamente per le delibere urgenti relative alle operazioni indicate nel terzo comma art. 125-bis,
t.u.f. e per l’assunzione delle misure difensive in caso di opa (art. 104, comma 2, t.u.f.). In senso
critico, sull’opportunità di frammentare i tempi della convocazione, secondo una scelta non imposta
dall’armonizzazione comunitaria, GUIDOTTI, La convocazione, cit., p. 563 s. 25
Anche in assenza di una apposita previsione statutaria, l’avviso può riguardare le convocazioni
successive alla prima: il d. lgs. 91/2012, infatti ha introdotto l’unica convocazione ex art. 2369, comma
1, c.c. come regola di default, così adottando la soluzione preferita dagli operatori, rispetto all’opt-in
statutario accompagnato da limitazioni alla facoltà di delegare agli amministratori, per ciascuna
assemblea, la modalità organizzativa da adottare.
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cui l’avviso di convocazione preveda di dare risposta prima della riunione alle
domande pervenute, opzione che dovrebbe rafforzarsi, presumibilmente, se si
considera che uno dei punti deboli della disciplina del diritto di porre domande è stato
ravvisato proprio nell’eccessiva dilatazione dei tempi di svolgimento delle adunanze
che la prassi di rispondere in assemblea ha fin qui determinato (26
).
2. I presupposti del diritto di integrazione. La partecipazione legittimante. - Nella
legge sulla tutela del risparmio la disposizione introduttiva del potere di integrazione
è stata significativamente collocata nel contesto delle “altre disposizioni a tutela delle
minoranze”, indicandone una portata di margine rispetto alle più consistenti modalità
di tutela che sono accordate alla minoranza con le tecniche dedicate di formazione
degli organi amministrativi e di controllo (27
). Altrettanto significativo è che la regola
sull’inserzione di nuovi argomenti in agenda fosse accostata ad una norma (28
) che
rendeva obbligatoria la fissazione da parte della Consob di soglie di partecipazione al
capitale inferiori all’uno per cento per raccogliere deleghe di voto in società ad
azionariato particolarmente diffuso o di elevata capitalizzazione, e quindi in sostanza
un accesso facilitato degli azionisti al meccanismo della delega (29
). Il senso era
26
Così la Relazione al d. lgs. 91/2012. 27
L’altra norma introdotta nel capo secondo della legge 262 del 2005 prevedeva – con una modifica
dell’art. 139 t.u.f. - l’eliminazione della facoltatività per la Consob di fissare soglie inferiori all’uno per
cento del capitale al fine di acquisire la qualità di committente nella raccolta di deleghe di voto,
laddove la società fosse di elevata capitalizzazione o ad azionariato particolarmente diffuso. La
previsione di specifici requisiti del committente – e in particolare il possesso di azioni pari, di norma,
almeno all’1 per cento del capitale sociale – è stata abrogata dall’art. 3.16 del d.lgs. 27 gennaio 2010,
nell’ambito della revisione complessiva della disciplina delle deleghe di voto che è derivata
dall’attuazione della Direttiva 2007/36/CE relativa all’esercizio di alcuni diritti degli azionisti di
società quotate. In particolare, proprio nel senso dell’ampliamento delle possibilità di votare per
delega, in modo da favorire una maggiore partecipazione degli azionisti all’attività assembleare, l’art.
10 della Direttiva ha assunto l’obiettivo di rimuovere i limiti, legali e statutari, alla designazione di
rappresentanti in assemblea, consentendo di limitare unicamente l’oggetto della delega (ad un’unica
assemblea o alle assemblee tenute in un certo periodo), il numero di rappresentanti designabili da un
medesimo azionista, la facoltà di esprimere il voto divergente, e di circoscrivere la libertà del delegante
limitatamente ad alcuni casi di conflitto di interesse, ferma restando comunque l’impossibilità di
vietare tout court il conferimento della delega (così l’art. 139 del t.u.f. con riguardo ai requisiti del
committente che promuove la sollecitazione di deleghe agli azionisti). Ma che la rimozione dei limiti
soggettivi e la previsione del rappresentante designato possano effettivamente “mobilizzare” i centri
decisionali ella società, è efficacemente messo in dubbio da GUIZZI, Gli azionisti, cit., p. 10, anche alla
luce dei limitati effetti invalidanti del deliberato che il mancato rispetto delle istruzioni comporterebbe. 28
Anch’essa inserita nel capo secondo della l. 28 dicembre 2005, n. 262. 29
Se il voto è uno dei principali tratti caratterizzanti del diritto societario, è evidente lo stretto
collegamento che passa tra la determinazione delle materie che possono, nel quadro della ripartizione
di competenze tra organi, essere sottoposte al voto e quindi oggetto di sollecitazione di una
deliberazione dell’assemblea e le modalità con cui gli azionisti possono influenzarne il processo
decisionale. Per alcune riflessioni favorevoli all’allargamento delle condizioni e delle possibilità di
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quello di introdurre meccanismi giuridici specificamente volti ad ampliare l’accesso
alla votazione nel diritto societario (30
) e, in questo contesto, di aumentare gli
strumenti che favoriscono l’emersione di una dialettica endo-societaria fin dal
momento della programmazione dell’attività assembleare (31
). E’ chiaro infatti che il
potere di integrazione non è in grado di influire sulla centralità organizzativa del
principio maggioritario (32
), ma rappresenta certamente di un meccanismo capace di
dar voce alla minoranza qualificata imponendo alla maggioranza di prendere una
posizione sulle soluzioni alternative – formulate in chiave positiva e non più soltanto
come rifiuto di acconsentire alle proposte degli amministratori - di soggetti diversi dal
gruppo di controllo (33
).
L’art. 126-bis t.u.f. – ora riscritto dall’art. 3 del lgs. 91/2012 (34
) - stabilisce che i soci
i quali, anche congiuntamente, rappresentino un quarantesimo, e quindi il 2,5%, del
capitale sociale, possono chiedere entro dieci giorni dalla pubblicazione dell’avviso di
convocazione dell’assemblea, ovvero entro cinque giorni nel caso in cui la
convocazione riguardi le assemblee urgenti e urgentissime di cui agli artt. 125-bis,
terzo comma e 104, secondo comma, t.u.f., l’integrazione dell’elenco delle materie da
trattare, indicando nella domanda gli ulteriori argomenti proposti per la discussione
incidenza degli azionisti sulla formazione delle decisioni, si vedano SCHWARTZ - WEISS, An
Assessment of the Shareholder Proposal Rule Proposal, 65 Geo. L. J., 653 (1977).
Per una descrizione del sistema aperto di raccolta delle deleghe nell’esperienza nordamericana, anche
in relazione alle proposte di integrazione dell’agenda da parte egli azionisti: PERNA, Public company,
cit., p. 137 ss., TUCCI, Le deleghe di voto nelle public companies statunitensi, in Dir. comm. int., 1998,
p. 385 ss. 30
Per l’identificazione del diritto di voto con l’unica forma di contributo positivo alle scelte
imprenditoriali della società, ANGELICI, La riforma delle società di capitali, Seconda edizione,
Padova, 2006, p. 86. 31
CARIELLO, Alcune questioni in tema di convocazione dell’assemblea su richiesta della minoranza, in
Riv. soc, 1992, p. 610. 32
Se l’influenza sul piano della formazione della decisione è ovviamente proporzionale al numero
delle azioni con voto possedute, tutti gli azionisti sono tuttavia posti su un piano di totale simmetria
informativa, ABRIANI, Il “pungolo” gentile, cit., p. 35. 33
Per una magistrale rilettura della “teoria generale” degli interessi degli azionisti e delle opzioni
legislative del testo unico orientate alla previsione di una “tutela” nella forma dell’attribuzione di
“potere” a quote determinate del capitale sociale, ANGELICI, Le minoranze, cit., pp. 125 ss. e 131 ss. Si
veda anche la puntuale notazione, nel senso della strumentalità dei poteri di convocazione a rendere
maggiormente controllabile il rapporto con gli amministratori, LIBONATI, Diritto commerciale.
Impresa e società, Milano, 2005, p. 354. In merito alla specifica utilità del potere di intervenire nella
definitiva conformazione dell’ordine del giorno nelle società quotate, TUCCI, Modifiche del diritto
societario e nuove forme di tutela delle minoranze, in CAPRIGLIONE (a cura di), La nuova legge sul
risparmio, Padova, 2006, p. 65 ss., spec. a p. 72 s. 34
L’articolo, inserito dall’art. 5 della l. 28 dicembre 2005, n. 262 era già stato sostituito dall’art. 3 del
d. lgs. 27 gennaio 2010, n. 27.
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ovvero presentare proposte di deliberazione sulle materie già all’ordine del giorno
(35
).
Per definire quali sono i soggetti che possono accedere al potere di integrazione, e di
proporre preventivamente progetti di deliberazione, risulta nuovamente utile volgere
lo sguardo alla disciplina della convocazione su richiesta dei soci (36
), per verificare
se sia possibile e corretto estendere, in via diretta o analogica, le stesse conclusioni lì
raggiunte in ordine alla misurazione della percentuale di capitale sociale che deve
essere rappresentato per l’esercizio del diritto.
In tal caso la legittimazione attiva dovrebbe riconoscersi, senza distinguere tra
assemblea ordinaria e straordinaria, e allo stesso modo per le assemblee generali e
speciali, ai soci che siano titolari del diritto di voto sugli argomenti oggetto di
trattazione in quella assemblea e ciò sia per il necessario coordinamento con la
disciplina dell’intervento in assemblea (37
), sia per l’argomento desumibile dallo
statuto normativo delle azioni di risparmio, tipicamente prive del diritto di voto e
come tali escluse dal calcolo della aliquota stabilita dall’art. 2367 c.c. (38
).
Pur esistendo una generale coerenza di tipo funzionale tra le previsioni del potere di
convocazione dell’assise sociale e di aggiungere nuovi punti all’ordine del giorno,
sembra, a ben guardare, che l’art. 2367 e l’art. 126-bis, divergano proprio in quella
componente della ragione giustificatrice che dovrebbe supportare il raggiungimento
di un medesimo risultato interpretativo: la determinazione ex nihilo di una riunione
assembleare presenta un significato specifico che può rimandare a vere e proprie
35
La previsione del più ampio termine generale di dieci giorni, in luogo di quello originariamente
fissato dalla l. 262/2005 in cinque giorni dalla convocazione, era stata introdotta dall’art. 3 del d.lgs.
27/2010. 36
Nel senso della stretta correlazione tra prerogative definite nell’art. 2367 e disposto dell’art. 126
t.u.f. anche MARCHETTI, Sub art. 2367, in MARCHETTI-BIANCHI-GHEZZI-NOTARI (diretto da)
Commentario alla riforma delle società. Assemblea, Milano, 2008, p. 73 ss. a p. 78; PARRELLA, Sub
art. 5, in NIGRO-SANTORO (a cura di), La tutela del risparmio, Torino, 2007, p. 78 ss. Sui problemi di
interpretazione dell’art. 2367 c.c., ampiamente, MONTAGNANI, Commento sub art. 2367, in NICCOLINI-
STAGNO D’ALCONTRES (a cura di), Società di capitali, Napoli, 2004, p. 482 ss. 37
Sottolinea la connessione tra potere di convocazione, diritto di intervento e diritto di voto,
MARCHETTI, Sub art. 2367, cit., p. 74. 38
Così il sesto comma dell’art. 145, t.u.f. che richiama, nel definire l’ambito di esclusione “il calcolo
delle aliquote stabilite dagli articoli 2367, 2393, quinto e sesto comma, 2393-bis, 2408, secondo
comma e 2409, primo comma, del codice civile”. Lo statuto delle azioni di risparmio confermerebbe
quindi il collegamento funzionale tra potere di convocazione e poteri di voice da esercitare in
assemblea, MAGLIULO, Sub art. 2367, in AA.VV., Commentario romano al nuovo diritto delle società,
diretto da D’ALESSANDRO, vol. II, t. I, Padova, 2010, p. 577 ss., a p. 582; PEDERZINI, Sub art. 2367, in
GUERRIERI (a cura di), La nuova disciplina dei diritti degli azionisti, cit., p. 542 ss., a p. 545. Nello
stesso senso si erano espressi i commentatori della riforma organica: oltre a MARCHETTI, Sub art.
2367, cit., p. 74, si vedano FIORIO, Sub art. 2367, in COTTINO-BONFANTE-CAGNASSO-MONTALENTI (a
cura di), Il nuovo diritto societario, Bologna, 2004, p. 511 e PASQUARIELLO, Sub art. 2367, in MAFFEI
ALBERTI (a cura di), Il nuovo diritto delle società, Padova, 2005, p. 460.
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disfunzioni del rapporto tra soci e amministratori (39
), mentre la facoltà di cui all’art.
126-bis lascia emergere la portata innanzi tutto informativa del potere, da collegarsi,
sul piano operativo, non soltanto all’esercizio diretto del voto, ma anche
all’utilizzazione dello strumento, ormai privo di limitazioni soggettive di rilievo, della
sollecitazione di deleghe (40
). Alla luce di queste considerazioni, sembrerebbe che
l’unico requisito legittimante sia la qualità di socio, con esclusione quindi dei titolari
di strumenti finanziari – anche partecipativi – ma in misura indipendente alla
titolarità originaria del diritto di voto e quindi di intervento in assemblea (41
). La
considerazione non pare contraddetta, ma se mai confermata dalla lettura del nuovo
testo dell’art. 126-bis, dove si stabilisce che “(c)olui al quale spetta il diritto di voto
può presentare individualmente proposte di deliberazione in assemblea” (art. 126-bis,
comma 1, t.u.f., in fine), così differenziandolo dai “soci” che possono domandare
l’integrazione. E’ ben vero che la differente qualificazione dei soggetti legittimati ad
aggiungere nuovi punti all’ordine del giorno e a proporre preventivamente progetti di
deliberazione si giustifica in ragione del coordinamento della norma con la disciplina
della record date, secondo cui i soggetti legittimati ad intervenire e a votare ex art.
83-sexies non sono necessariamente “soci” (42
), ma è pur vero che la lettera della
disposizione si presta altresì ad una lettura coerente alla specificità degli interessi
protetti attraverso i poteri di intervento nel dibattito preassembleare, che
giustificherebbe una legittimazione più ampia di quella a presentare proposte in
assemblea, non potendosi qui prescindere dalla titolarità del diritto di intervento e,
quindi, di voto.
39
LIBONATI, Diritto commerciale, cit., ibidem. 40
Sull’essenzialità di promuovere la raccolta di deleghe anche sulle proposte presentate dalla
minoranza, pure in un contesto normativo che prevedeva la necessaria presenza di un intermediario,
IRACE, Il ruolo degli investitori istituzionali, cit., p. 134 ss. Si vedano però in senso critico rispetto alla
effettiva incidenza dei nuovi presupposti per la raccolta di deleghe sulla stabilità dei centri decisionali,
GUIZZI, Gli azionisti, cit., p. 10. 41
In senso contrario, PARRELLA, Sub art. 5, cit., p. 79, n. 8 e, seppure con accenti dubitativi,
PASQUARIELLO, Sub art. 126-bis in GUERRIERI (a cura di), La nuova disciplina dei diritti degli
azionisti, cit., p. 679 ss., a p. 686.
Per quanto concerne le azioni oggetto di diritti limitati, deve ritenersi senz’altro applicabile, in parte
qua, il disposto dell’art. 2352, comma 6, c.c. ove prevede la legittimazione cumulativa del socio e del
titolare del diritto reale di godimento o di garanzia e quella, invece esclusiva, del custode
sequestratario. L’applicazione del principio di tassatività delle regole sanzionatorie – cui è
riconducibile la ratio dell’art. 2368, comma 3, c.c. - suggerisce di mantenere in capo al socio la
prerogativa di chiedere l’integrazione dell’agenda nelle ipotesi tipiche di sospensione del voto quali la
morosità, la titolarità di azioni proprie, l’omissione delle comunicazioni previste dall’art. 120, comma
2, t.u.f. o il superamento delle soglie di incrocio azionario fissate dai commi 2 e 3 dell’art. 120 t.u.f. 42
Sulle implicazioni sistematiche della disciplina della record date, FURGIUELE, Record date ed
esercizio dei poteri di impugnazione e di recesso, in Riv. dir. comm., 2011, I, p. 157 ss.
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3. Forma e contenuto della richiesta di integrazione dell’agenda. – Il d.lgs. 91/2012,
nella prospettiva della definitiva messa a punto della disciplina dei diritti degli
azionisti, ha meglio definito le modalità di trasmissione della richiesta, per la quale è
sempre necessaria la forma scritta, prevedendo l’invio per corrispondenza o con
mezzi elettronici, nel rispetto dei requisiti esteriori, anche di natura tecnica, che
risultino “strettamente necessari” per identificare i richiedenti e che la società dovrà
indicare, anche con riferimento al sito internet, nell’avviso di convocazione. Alla
richiesta va allegata la certificazione attestante la titolarità della partecipazione.
Per quanto concerne il contenuto della richiesta, non si può prescindere dalla
definizione della duplice funzione dell’ordine del giorno dell’assemblea delineata da
Vivante (43
): da un lato la funzione positiva, di tipo informativo, volta a consentire ai
soci una partecipazione in assemblea con “maturo consiglio” e dall’altro quella
negativa, diretta ad impedire che “si sorprenda la buona fede degli assenti”
deliberando su materie non attese (44
).
Analizzando le modalità di formazione dell’agenda assembleare, si riscontra una
diversa terminologia: quando l’impulso è degli amministratori, essi devono convocare
l’assemblea indicando le materie da trattare (art. 2366 c.c., in cui l’indicazione
dell’elenco delle materie da trattare appunto descrive la predisposizione di quella
parte dell’avviso di convocazione che consiste nell’ordine del giorno); quando invece
la richiesta di convocazione, o di integrazione proviene dai soci, nella domanda
diretta ad ottenere la convocazione ex art. 2367 c.c. debbono essere indicati “gli
argomenti da trattare” ovvero - nella richiesta volta a conseguire l’integrazione
dell’agenda di un’assemblea già convocata ex art. 126-bis - “gli ulteriori argomenti da
essi proposti”. Le materie, dunque, sono poste in discussione dagli amministratori, gli
argomenti, dai soci: poiché la materia può essere definita come l’“insieme degli
argomenti” di una trattazione, mentre l’argomento costituisce appunto (una delle)
materie che la trattazione compongono, la proposta dei soci sembra avere un oggetto
più circoscritto di quella introdotta dagli amministratori, cui sarebbe in definitiva
riservato il potere di sottoporre alla discussione, e soprattutto di inserire nel circuito
43
Nel Trattato di diritto commerciale, vol. II, 4° ed., Milano, 1912, p. 283 ss. 44
La definizione vivantiana della funzione dell’ordine del giorno è precisamente ricalcata dalle
decisioni della Corte di Cassazione in materia: si veda, per tutte, Cass. 12 marzo 1981, n. 1408, in
Giur. comm., 1981, II, p. 564.
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informativo preassembleare, che si arricchisce poi con il potere di integrazione e il
diritto di porre domande, temi di più ampia portata (45
).
Tuttavia, mantenendo l’analisi sul piano positivo, non sembra revocabile in dubbio
l’omogeneità ontologica tra materie da trattare ed argomenti da discutere, se non altro
perché il loro contenuto deve necessariamente uniformarsi a quello – tipico - dell’atto
che in origine o successivamente contribuiscono a formare, ossia l’ordine del giorno.
Poiché in effetti quest’ultimo, consiste in un elenco di materie da trattare (arg. ex art.
2366 c.c.) l’inserimento di punti ulteriori non può che rappresentare l’aggiunta di
nuovi temi di discussione dotati di un grado di determinazione tale da costituire
materie su cui deliberare nel rispetto del principio di informazione dei soci chiamati
alla riunione, anche se non deve trattarsi necessariamente di progetti di decisione veri
e propri (46
).
La questione non è meramente nominalistica, poiché il differente grado di
specificazione della richiesta, che comunque può nella pratica permanere nella
forbice che va dal grado massimo di determinazione - rappresentato dall’oggetto delle
singole deliberazioni da prendere - e quello minimo - rappresentato dall’indicazione
anche sintetica, purché chiara e non ambigua, degli argomenti di discussione, incide
su due profili operativi di non poco momento.
Da un lato, la circostanza che l’ulteriore argomento sia più o meno dettagliato
influisce sulla sindacabilità della richiesta di integrazione da parte degli
amministratori e, di conseguenza, sul potere di modificarla in fase di attuazione;
dall’altro, ed in senso più generale, il grado di determinatezza dei nuovi argomenti
incide sull’interpretazione del deliberato assembleare.
I margini interpretativi degli effetti della deliberazione, infatti, diminuiscono
all’aumentare del grado di specificità dei temi di cui si è programmata la discussione.
Poiché l’ordine del giorno delimita, in ossequio al principio di informazione dei soci,
la competenza decisoria dell’assemblea (47
), una materia diversa da quella ivi indicata
45
L’impressione che gli oggetti di discussione abbiano una diversa ampiezza se provenienti
dall’organo gestorio o dai soci rimane intatta al confronto con le norme omologhe presenti in altre
leggi europee. Nel diritto francese, ad esempio, a fronte delle questioni (“questions”) poste all’ordine
del giorno dagli amministratori, si parla di progetti di deliberazione (“projets de résolution”) là dove la
proposta di integrazione dell’agenda assembleare provenga dalla minoranza.
Per un uso sinonimico delle due espressioni, AA.VV., Diritto delle società. Manuale breve, Milano,
2012, p. 185. 46
Anche il vincolo interpretativo posto dalla attuazione della SHRD depone nel senso di una
specificità analoga a quella imposta agli amministratori: si veda al riguardo l’art. 6, comma 1, lett. a)
dove si fa riferimento al “diritto di iscrivere punti all’ordine del giorno”. 47
E’ l’insegnamento di G. FERRI, Le società, in Trattato di diritto civ. it., diretto da F. Vassalli, Torino,
1971, p. 419.
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non può essere oggetto di deliberazione, neppure se implicita in uno degli argomenti
di cui è programmata la trattazione (48
); allo stesso modo, non possono trarsi dalla
interpretazione della decisione esplicita corrispondente all’agenda programmata,
effetti ulteriori caratterizzati da distinzione ed autonomia di oggetto (49
).
Sul punto è intervenuto in maniera definitiva il decreto correttivo prevedendo, nel
nuovo quarto comma dell’art. 126-bis, il dovere di specificare puntualmente non solo
le ragioni, ma anche lo scopo della richiesta di integrazione (50
) predisponendo una
relazione che contenga “la motivazione delle proposte di deliberazione sulle nuove
materie di cui essi propongono la trattazione”: se ne desume, quindi, che ogni
richiesta di aggiungere nuovi punti all’agenda assembleare debba essere corredata da
un progetto di risoluzione.
Con riguardo invece alle materie indicate nell’orine del giorno originario, ci si
domandava, prima dell’intervento del decreto correttivo, se i soci potessero presentare
prima dell’assemblea – e quindi diffondere con i mezzi elettronici di messa a
disposizione del pubblico indicati nell’art. 125-bis e 125-quater – progetti di
deliberazione alternativi a quelli predisposti dagli amministratori (51
).
La previsione dell’art. 6 della Direttiva di “presentare proposte di delibera su punti
che figurano o figureranno all’ordine del giorno” non era stata ripresa nella stesura
definitiva del d.lgs. 27/2010, anche se si riteneva che un’interpretazione
“comunitariamente orientata” potesse essere sufficiente a colmare la lacuna
normativa (52
).
La questione è stata superata con l’entrata in vigore del d.lgs. 91/2012 che prevede
espressamente, per le assemblee il cui avviso di convocazione sarà pubblicato dopo il
1° gennaio 2013, la facoltà di presentare anticipatamente - e negli stessi termini e
modalità prescritti per la richiesta di integrazione dell’ordine del giorno - proposte di
deliberazione sulle materie già in agenda, proposte che dovranno essere diffuse
attraverso il sito internet della società e con le altre modalità previste dalla Consob e
dallo statuto per l’avviso di convocazione, almeno quindici giorni prima di quello
fissato per l’assemblea (art. 126-bis, comma 2, t.u.f.).
48
SERRA, L’assemblea, cit., p. 111. 49
Sul tema, P. FERRO-LUZZI, In tema di deliberazione assembleare implicita, in Riv. dir. comm., 1969,
II, p. 181. 50
Si confronti il § 122 AktG, Abs. 1: “die Einberufung schriftlich unter Angabe des Zwecks und der
Gründe Verlangen“ (corsivo aggiunto). 51
In senso affermativo, argomentando dalla portata self executing delle disposizioni “sufficientemente
precise” della Direttiva, ABRIANI, Il “pungolo gentile”, cit., p. 17 s. 52
Così ABRIANI, Il “pungolo gentile”, cit., p. 19.
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4. I poteri e i doveri degli amministratori di fronte all’esercizio del diritto di
integrazione – Il d. lgs. 91/2012, è intervenuto a modificare la disciplina del diritto di
integrazione dell’ordine del giorno in alcuni punti che sollevavano dubbi
interpretativi. E’ quindi opportuno procedere ad una rilettura della norma per
verificare quali delle soluzioni finora raggiunte possano considerarsi confermate de
iure condito.
Dopo l’attuazione della SHRD, raffrontando l’art. 2367 c.c. e l’art. 126-bis t.u.f. si
riscontravano una parte simmetrica, rappresentata dalla previsione di un limite al
potere di indire la riunione o di integrarne l’agenda per le materie sulle quali
l’assemblea delibera per legge su proposta dell’organo amministrativo o in base ad
una relazione o un progetto da esso predisposti; e una, più consistente, parte
asimmetrica rappresentata dal mancato richiamo, nell’art. 126-bis, sia della facoltà di
adire l’autorità giudiziaria per azionare la pretesa nel caso di inerzia degli organi
amministrativi e di controllo, sia della possibilità di derogare statutariamente, in
melius, alla percentuale di partecipazione al capitale necessaria per l’esercizio del
diritto, entrambe previste nel caso della convocazione ex novo.
Il limite oggettivo è rimasto intatto, sebbene si discuta in dottrina sulla ragione
giustificatrice di una simile delimitazione del potere di iniziativa dei soci. A una
prima impostazione che intende il limite oggettivo in discorso come operante ogni
qual volta il progetto di deliberazione debba essere per legge predisposto dagli
amministratori – e quindi nel caso dell’approvazione del bilancio, nelle deliberazioni
che hanno ad oggetto la fusione, la scissione, l’aumento del capitale con esclusione
del diritto di opzione, la riduzione del capitale per perdite (53
), si contrappone una
lettura che valorizza il significato “gestionale” del procedimento assembleare e quindi
riserva la convocazione agli amministratori ogni volta che la delibera presupponga
una attività preparatoria di elevato contenuto tecnico, che solo l’organo
amministrativo è in grado di realizzare (54
). In entrambi i casi, tuttavia, non si dubita,
e la lettera dell’art. 126-bis lo conferma (55
), che per quanto riguarda le società
quotate, siano escluse dall’iniziativa dei soci la convocazione e l’integrazione
53
Ma anche la trasformazione di società di capitali ex art. 2500-sexies c.c. e la trasformazione
eterogenea da società di capitali ex art. 2500-septies c.c., BRUNO, I poteri i iniziativa assembleare degli
azionisti, in Giur. comm., 2010, I, p. 736 ss., a p. 743; MONTAGNANI, Sub art. 2367, cit., p. 483 s. 54
FIORIO, Sub art. 2367, cit., p. 511 ss. 55
Ma la conclusione può essere estesa al potere di convocazione previsto dall’art. 2367 c.c.,
PASQUARIELLO, Sub art. 126-bis, cit., p. 688.
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dell’agenda delle sole assemblee che deliberano su proposte, progetti o relazioni degli
amministratori diverse da quelle, sempre obbligatorie, indicate dall’art. 125-ter, t.u.f.
Gli amministratori comunicano, nelle stesse forme previste per la pubblicazione
dell’avviso di convocazione, almeno quindici giorni prima di quello fissato per
l’assemblea, le integrazioni all’ordine del giorno e la presentazione di ulteriori
proposte di deliberazione sulle materie già programmate, mentre il testo delle ulteriori
proposte, come le relazioni che devono corredare sia le richieste di integrazione
dell’agenda, sia le nuove proposte di risoluzione, vengono messe a disposizione del
pubblico presso la sede sociale, sul sito Internet della società e con le altre modalità
previste dalla Consob, contestualmente alla pubblicazione delle notizie della
integrazione o della presentazione.
Significativamente l’obbligo di pubblicizzazione ha ad oggetto le integrazioni
medesime, da intendersi così come proposte dalla minoranza, essendo esclusa dalla
lettera della legge ogni possibilità di modifica dell’oggetto della richiesta. Di qui
alcuni corollari: contrariamente a quanto avviene nella convocazione ex art. 2367, in
cui la formazione dell’ordine del giorno rimane atto degli amministratori ed essi
mantengono nell’attuarlo un grado di discrezionalità dipendente dal livello di
specificazione della proposta dei soci richiedenti, la formazione della parte integrativa
dell’ordine del giorno non tollera alcuna discrezionalità, dovendo gli amministratori
semplicemente rendere note, nelle forme della convocazione, le integrazioni richieste
dai soci e le relative relazioni, potendo al più accompagnare queste ultime con le
proprie valutazioni; l’integrazione dell’ordine del giorno costituisce una componente
documentale autonoma rispetto all’(originario) avviso di convocazione, sebbene
l’ordine del giorno debba considerarsi giuridicamente unitario ed unitariamente
esplichi l’effetto di delimitare l’ambito della competenza decisoria di quella
assemblea e quindi i confini dell’interpretazione degli effetti del deliberato;
rimangono riconoscibili e distinguibili, per i soci e per il mercato, sia pure nella
giuridica unitarietà dell’agenda assembleare, le materie poste in trattazione dagli
amministratori, gli argomenti promossi dalla minoranza, e le osservazioni degli
amministratori su questi ultimi, il che comporta una più evidente emersione
dell’andamento della dialettica endo-societaria, non priva di conseguenze sul piano
dell’informazione degli investitori e dei risparmiatori.
Un aspetto problematico, sempre comune ai poteri di iniziativa assembleare, riguarda
il grado di sindacabilità della domanda dei soci da parte degli amministratori.
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Certamente compete agli amministratori, in applicazione del dovere di diligenza (56
),
il controllo sull’esistenza della titolarità della partecipazione e della legittimazione
attiva, così che la richiesta non potrà e non dovrà essere accolta quando: provenga da
una minoranza inferiore al quarantesimo del capitale sociale, e quindi non qualificata
all’esercizio del diritto; non contenga l’indicazione degli argomenti da trattare,
ovvero li indichi solo per relationem o con il mero rinvio a disposizioni di legge;
l’argomento di trattazione proposto abbia oggetto impossibile o illecito; l’argomento
da trattare non sia di competenza dell’assemblea (perché sia riservato, ad esempio,
alla esclusiva competenza del consiglio); l’argomento da inserire presupponga la
proposta, il progetto o la relazione degli amministratori sulla scorta di disposizioni di
legge diverse dall’art. 125-ter; la richiesta non sia redatta per iscritto o non sia
comunicata con il rispetto dei requisiti necessari per identificare i richiedenti.
L’introduzione di un sindacato in sede giurisdizionale della legittimità del rifiuto di
provvedere o delle modalità di attuazione della richiesta, può far ritenere che il
controllo preventivo degli amministratori verifichi la legittimità della richiesta anche
nel senso di escludere le iniziative che siano “ripetitive e pretestuose o che possano
con probabilità dare vita a situazioni e deliberazioni capaci di recare danno alla
società” (57
). Tuttavia, al di fuori di questi casi, il maggior dettaglio ora richiesto nella
determinazione degli argomenti da proporre in assemblea, tale da far coincidere
l’argomento proposto con l’oggetto della singola deliberazione da assumere, sembra
ridurre drasticamente i margini di discrezionalità degli amministratori nel non dar
corso alle domande ovvero nel modificarne il contenuto: non è infatti stata riprodotta
nello statuto generale della convocazione su richiesta della minoranza la facoltà di
non provvedere qualora lo esiga l’interesse della società (58
).
4. Segue. La giustiziabilità del diritto, prima e dopo il decreto correttivo. – Maggiore
incertezza destavano i profili di effettività del diritto, almeno fino all’intervento
correttivo del 2012 che ha introdotto, nell’art. 126-bis, un nuovo quinto comma che
56
PASQUARIELLO, Sub art. 126-bis, cit., p. 689. 57
Trib. Milano, 21 novembre 1994, in Giur. comm., 1995, II, p. 586 ss.; MARCHETTI, Sub art. 2367,
cit., p. 76 s. trae un argomento favorevole alla discrezionalità degli amministratori dalla previsione del
sindacato giurisdizionale e, in particolare, dalla natura “non ingiustificata” del rifiuto, che potrebbe
emergere dall’audizione degli organi amministrativi e di controllo. Gli amministratori non dovrebbero
nemmeno accogliere le richieste dannose per la società in ragione della divulgazione di notizie capaci
di incidere sul comportamento di terzi, PASQUARIELLO, Sub art. 126-bis, cit., p. 689. 58
Così, invece, l’art. 125 t.u.f., ora abrogato, il cui secondo comma prevedeva che entro il termine di
trenta giorni dalla proposizione ella richiesta “gli amministratori, in considerazione degli argomenti da
trattare possono, nell’interesse della società, deliberare di non procedere alla convocazione”.
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prevede l’intervento del tribunale, negli stessi termini indicati dall’art. 2367 c.c., nel
caso di mancata integrazione dell’ordine del giorno con le nuove materie o proposte
presentate dai soci (59
).
In precedenza ci si chiedeva se la regola della tutela giurisdizionale del diritto della
minoranza alla convocazione si potesse estendere analogicamente all’integrazione
dell’ordine del giorno ex art. 126-bis o se almeno fosse applicabile all’ipotesi di
omessa o incompleta integrazione dell’agenda il potere sostitutivo dell’organo di
controllo (60
), magari su iniziativa del presidente del collegio, che – secondo il
disposto dell’art. 148, comma 2-bis, t.u.f., deve essere nominato tra i sindaci eletti
dalla minoranza ed essere quindi “rappresentativo” dei soci estranei al gruppo di
comando della società (61
). Nonostante l’evidente similitudine tra le due fattispecie, la
mancata previsione non era probabilmente dovuta ad una lacuna soggettiva, ma
giustificava l’applicazione dell’argumentum a contrario, secondo cui il mancato
richiamo della disciplina prevista per la richiesta di convocazione derivava dalla
volontà contraria del legislatore all’estensione di quella regola speciale alla ipotesi di
omessa integrazione dell’agenda (62
).
Il rimedio più promettente appariva quello della invalidità della deliberazione
assembleare: i soci non consenzienti che rappresentassero l’uno per mille del capitale
sociale, avrebbero potuto domandare l’annullamento della deliberazione assunta
all’esito di un procedimento che avesse violato le regole di informazione indicate
nell’art. 126-bis, t.u.f., senza che potessero operare i rimedi conservativi della
deliberazione previsti nel quinto comma dell’art. 2377 c.c. (63
)
Meno convincente sul piano pratico appariva l’esercizio dell’azione sociale di
responsabilità, sia nel caso della totale omissione del provvedimento di integrazione,
sia nell’ipotesi di incompleto o elusivo accoglimento della richiesta della minoranza
59
Per la specificazione dei rilevanti interessi gestionali coinvolti nella richiesta ex art. 2367, anche in
una prospettiva in cui il potere può essere utilizzato dalla stessa maggioranza assembleare nella
dialettica con gli amministratori, SERRA, L’assemblea, cit., p. 111. 60
Per la soluzione negativa, PASQUARIELLO, Sub art. 126-bis, cit., p. 690. 61
Sul punto, ALESSI, Il rapporto dialettico tra collegio sindacale e soci, in ALESSI-ABRIANI-MORERA
(a cura di), Il collegio sindacale. Le nuove regole, Milano, 2007, p. 5 ss., a p. 13 s. 62
Nello stesso senso, PASQUARIELLO, Sub art. 126-bis, cit., ibidem., ove anche l’ipotesi della tutela
cautelare ex art. 700 c.p.c., al ricorrere del periculum in mora.
La ragione giustificatrice della mancata previsione era evidentemente quella di circoscrivere le ipotesi
di contenzioso all’interno delle società, soprattutto poiché quotate in mercati regolamentati,
indirizzando gli interessi della minoranza verso tecniche alternative di realizzazione, in particolare
attraverso meccanismi risarcitori piuttosto che di esecuzione in forma specifica dei diritti. 63
Nello stesso senso, PASQUARIELLO, Sub art. 126-bis, cit., p. 691.
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(64
), soprattutto con riguardo alla possibilità di dimostrare la concreta probabilità di
approvazione delle proposte che avrebbero evitato il danno alla società.
La previsione del medesimo rimedio indicato dall’art. 2367 c.c., ha perfezionato il
procedimento di integrazione dell’agenda assembleare e di presentazione di proposte
di deliberazione sulle materie all’ordine del giorno, secondo le finalità del d. lgs.
91/2012.
La nuova disposizione comporta innanzi tutto l’attribuzione all’organo di controllo di
un potere suppletivo delle condotte degli amministratori, nel caso di omissione o di
incompletezza della diffusione delle richieste e delle proposte dei soci.
Il ricorso al tribunale, infatti, è ammesso se l’organo di amministrazione o, in caso di
inerzia di questo, il collegio sindacale, o il consiglio di sorveglianza o il comitato per
il controllo sulla gestione (65
) non provvedono all’integrazione dell’ordine del giorno
con le nuove materie o proposte presentate dai soci. Dati i tempi circoscritti dei
momenti di informazione preassembleare, il potere di ricorrere al tribunale non sarà
limitato al caso di omissione ma troverà applicazione anche nelle ipotesi in cui gli
amministratori ritardino ingiustificatamente la diffusione delle informazioni, oppure
manifestino, tempestivamente, un espresso rifiuto di dar corso alle richieste dei soci
(66
).
Il provvedimento del tribunale viene assunto “sentiti i componenti degli organi di
amministrazione e di controllo”, in ossequio al principio del contraddittorio, ma
anche in ragione della necessità di considerare la sussistenza di una giustificazione
della condotta omissiva o dell’espresso rifiuto di provvedere (67
). Certamente il
64
Un’indicazione positiva proveniva evidentemente dalla stessa legge 262 del 2005 che ha allineato,
nel riformare l’art. 2393-bis c.c., la minoranza legittimata all’esercizio dell’azione sociale di
responsabilità al medesimo 2,5% del capitale sociale cui spetta il diritto di chiedere l’integrazione
dell’ordine del giorno con nuovi argomenti. Tuttavia, oltre alla portata disincentivante, soprattutto per
gli investitori istituzionali, che avrebbe l’incidenza di una simile azione sul valore di mercato, il nodo
della questione risarcitoria si sposterebbe – come in ogni fatto che determini un illecito civile - sulla
prova del danno: spetterebbe ai soci di minoranza dimostrare che la trattazione e la deliberazione degli
argomenti indicati avrebbe determinato l’adozione di provvedimenti idonei ad evitare un danno alla
società oppure avrebbe impedito l’adozione di provvedimenti che l’abbiano in concreto danneggiata,
circostanza assai difficile da realizzarsi in concreto una volta escluse tutte le deliberazioni prese sulla
base di progetti, proposte e relazioni richiesti dalla legge agli amministratori. 65
La competenza è attribuita dalla legge in forma collegiale, ma è probabilmente corretto ritenere che
lo statuto possa attribuire la competenza medesima al Presidente ovvero, disgiuntamente, a ciascuno
dei componenti degli organi amministrativi e di controllo: Consiglio Notarile di Milano, Commissione
Società, Massima n. 82. 66
Così, con riferimento all’art. 2367 c.c., MAGLIULO, Sub art. 2367, cit., p. 585. Il dovere di agire
prescinderebbe dalla natura dell’impedimento per SERRA, L’assemblea, cit., p. 72 67
Valorizza questo significato dell’audizione MARCHETTI, Sub art. 2367, cit., p. 77, ove afferma che il
carattere non ingiustificato della condotta, che può emergere dal controllo giurisdizionale, depone nel
senso della sussistenza di un certo grado di discrezionalità in capo agli amministratori.
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provvedimento sarà favorevole agli amministratori se le richieste di integrazione o le
proposte di deliberazione presentino oggetto impossibile o illecito, come anche,
seguendo una consolidata giurisprudenza (68
), quando le domande configurino la
fattispecie di abuso del diritto, poiché finalizzate ad ostacolare o a disturbare l’attività
dell’assemblea (69
).
Non è invece condivisibile la lettura che riserva agli amministratori di valutare la
conformità del merito delle proposte all’interesse sociale, non solo per l’argomento,
di per sé dirimente, della già citata abrogazione dell’art. 125 t.u.f., ma perché una
simile discrezionalità, al di fuori delle ipotesi di “giustificato rifiuto” prima indicate,
ridurrebbe ulteriormente, e senza plausibili giustificazioni, il potere di iniziativa
assembleare dei soci, già consistentemente intaccato dalla riforma organica (70
).
5. Diritto di integrazione e autonomia statutaria. - Un’ultima area problematica
dell’interpretazione della regola sull’integrazione dell’ordine del giorno, riguarda gli
spazi di intervento dell’autonomia statutaria sulla prerogativa accordata dall’art. 126-
bis, e cioè se, ed in quali termini, possa essere statutariamente modificato il diritto
della minoranza di proporre integrazioni all’ordine del giorno dell’assemblea.
Uno dei punti in cui diritto di convocazione e potere di integrare l’agenda e di
presentare nuove deliberazioni continuano a divergere, infatti, consiste nella espressa
derogabilità statutaria – in senso riduttivo – dell’aliquota del capitale sociale
legittimata a chiedere la convocazione, disposizione non richiamata, né riprodotta,
nell’art. 126-bis, t.u.f.
I margini di incidenza dell’autonomia statutaria su questo diritto debbono essere
ricostruiti nel contesto di due principi ordinanti: da un lato, il maggior grado di
imperatività che deve riconoscersi alle regole che disciplinano il modello di società
con azioni quotate in mercati regolamentati, ove la legge interviene a proteggere
interessi diffusi e polverizzati che non saprebbero tutelarsi da sé a costi ragionevoli;
dall’altro, la necessaria apertura dell’ordinamento corporativo di queste società al
Sul dibattito precedente alla riforma, con riguardo all’art. 2367 c.c., SERRA, L’assemblea, cit., p. 73;
GRIPPO, L’assemblea nella società per azioni, in Tratt. Rescigno, 16, Torino, 1985, p. 272. 68
Si vedano, tra molte, Trib. Milano, 7 maggio 1987, in Giur. comm., 1987, II, p. 812; Trib. Milano,
21 novembre 1994, in Giur. comm., 1995, II, p. 586; Trib. Napoli, 24 gennaio 1996, in Società, 1996,
p. 817. 69
Ricostruisce i poteri degli amministratori in tema di valutazione della procedibilità della richiesta di
convocazione nel quadro delle misure limitative degli abusi delle minoranze, MAGLIULO, Sub art.
2367, cit., p. 588, ove riferimenti alla disciplina dell’invalidità delle deliberazioni assembleari e a
quella del verbale delle deliberazioni di società azionarie. 70
MONTAGNANI, Sub art. 2367, cit., p. 479 s.; BRUNO, I poteri di iniziativa, cit., p. 737 ss., si sofferma
ampiamente sul significato partecipativo dei poteri di iniziativa assembleare nelle società quotate.
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“mercato delle regole”. In questo quadro di determinazione degli interessi protetti, va
poi inserito il vincolo interpretativo che deriva dalla previsione comunitaria delle
fattispecie dell’integrazione dell’ordine del giorno e della presentazione di proposte di
deliberazione. L’art. 6 della Direttiva 2007/36/CE, stabilisce che “(q)ualora uno dei
diritti di cui al paragrafo 1 sia subordinato alla condizione che l’azionista o gli
azionisti in questione detengano una partecipazione minima nella società” tale
partecipazione non possa superare il 5%, ma ipotizza anche l’eventualità che essi
siano attribuiti ai soci singolarmente: ne risulta che ogni disposizione statutaria che
renda più agevole l’esercizio del diritto da parte della minoranza sarà ammissibile, sia
che riduca la percentuale di partecipazione necessaria per proporre la richiesta; sia
che modifichi, sempre in senso favorevole ai soci minoritari, i termini per l’esercizio
del diritto e per la pubblicazione dell’integrazione o della presentazione del progetto
di delibera. Allo stesso modo non mi sembra da escludere l’attribuzione statutaria del
potere di integrare l’agenda e di presentare di proposte ai titolari di strumenti
finanziari partecipativi (71
).
Al contrario, vanno considerate inammissibili le previsioni statutarie volte a limitare
la facoltà e le modalità di esercizio del potere di chiedere l’integrazione rispetto al
contenuto legale minimo, e quindi le clausole che comportino l’aggiunta di nuovi
oggetti a quelli la cui proposta è riservata agli amministratori, quelle che prevedano la
fissazione di requisiti procedimentali che non siano strettamente necessari per
l’identificazione dei richiedenti (arg. ex art. 126-bis, comma 1) e comunque le
disposizioni che abbiano per oggetto o per effetto di rendere maggiormente gravoso
l’esercizio del diritto di integrazione dell’agenda assembleare e di presentare proposte
di deliberazione sulle materie già indicate all’ordine del giorno.
71
Per l’affermativa, ma solo in correlazione all’esercizio del voto, PASQUARIELLO, Sub art. 126-bis,
cit., p. 687.