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Documento programmatico - Svaluto FerroTRANSCRIPT
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PROGRAMMA POLITICO a sostegno della candidatura a Segretario di circolo
di ALESSANDRO SVALUTO FERRO
CONGRESSO 2012 – SETTIMO TORINESE
“SOLO NEI SOGNI GLI UOMINI SONO DAVVERO LIBERI, E’ DA SEMPRE COSI’ E COSI’ SARA’ PER SEMPRE”
John Keating, “L’attimo fuggente”
Tesi 1 – I Care "Sulla parete della nostra scuola c'é scritto grande: I CARE. É il motto intraducibile dei giovani americani migliori. Me ne importa, mi sta a cuore. È il contrario esatto del motto fascista «Me ne frego»" (Don Lorenzo Milani) Ebbene, anche sulla parete del nostro circolo vogliamo scrivere I CARE.
I Giovani Democratici vogliono aspirare a questo modello, che non riguarda solo l'ambito politico,
ma investe la sfera personale di ognuno in tutte le sue dimensioni. Vogliamo interessarci e
appassionarci a tutti gli ambiti che toccano (e non) la nostra vita. Vogliamo comunicare e
testimoniare ai nostri coetanei settimesi l'importanza dell'impegno e della partecipazione attraverso
i nostri comportamenti e le nostre scelte. Ci poniamo l'ambizioso obiettivo di presentarci come dei
"modelli", pur consapevoli dei limiti che tutti noi abbiamo. E per questo siamo disposti a mettere in
gioco la nostra persona.
Questo non significa sentirsi superiori, predestinati o migliori di altri solo perché si é interessati alla
sfera pubblica, alla dimensione comunitaria e collettiva della vita; caso mai é vero il contrario. Se ci
poniamo come testimoni o come modelli, dobbiamo maturare la consapevolezza di avere una
responsabilità in più verso gli altri, perché il proprio comportamento, in un certo senso, dovrebbe
essere irreprensibile. In buona sostanza, siamo giovani come altri, non ci sentiamo al di sopra di
altri, non vogliamo appiccicarci l'etichetta di "più belli e più bravi", ma vogliamo offrir loro una
possibilità diversa di vivere la propria città. Dobbiamo essere consapevoli di camminare insieme ad
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altri giovani, senza giudicarli per quel che dicono o quel che fanno, ma ascoltandoli,
comprendendoli e proponendo loro uno stile diverso di far politica.
Per fare tutto questo é necessario fare una premessa importante: dobbiamo conoscere i giovani che
incontriamo, dobbiamo sapere quello che vivono e dobbiamo evitare facili banalizzazioni o letture
sterili del mondo giovanile. Su questo punto specifico farò un approfondimento nelle tesi
successive.
Dobbiamo contribuire ad invertire la rotta. Troppe volte, in questi ultimi anni, la politica ha dato un
brutto spettacolo e ha fornito una pessima immagine di sé: invece di concepire l'impegno politico e
pubblico come un servizio verso altri, abbiamo visto una politica impegnata nella gestione e nella
manifestazione ostentata del suo potere a beneficio della sua casta.
Per questo dobbiamo sentirci investiti di una responsabilità. Non ci poniamo come un gruppo dai
grandi atti rivoluzionari, non pensiamo che da soli si possa cambiare il mondo attraverso gesti
eclatanti, ma crediamo che il cambiamento possa avvenire attraverso piccole azioni quotidiane.
Crediamo che le grandi rivoluzioni avvengano attraverso piccole e continue azioni di cambiamento.
Forse la politica, non solo quella italiana, oggi ha bisogno di voltare definitivamente pagina.
Questa vuole essere l'ottica del nostro I Care: interessiamoci di quello che capita attorno a noi e ai
nostri coetanei per essere un piccolo seme di cambiamento.
Il cambiamento prima deve avvenire in noi stessi. Per evitare il gioco noioso della predica va
maturata un'altra consapevolezza: per essere piccoli costruttori di cambiamento, quest'operazione
dobbiamo compierla in primis sui noi stessi. Il desiderio di una politica diversa passa
necessariamente da un'attenta auto-analisi e da una puntuale riflessione sui nostri atteggiamenti e
comportamenti. Per stimolare altri giovani a impegnarsi e cambiare l'esistente, in primo luogo,
dobbiamo essere testimoni noi stessi del cambiamento che vogliamo.
In tutto questo non partiamo da zero: abbiamo accumulato un percorso comune in questi 3 anni
dalla nascita della nostra giovanile a livello nazionale e poi locale. Tutti noi, si spera, abbiamo
maturato una consapevolezza maggiore dei nostri scopi e fini comuni. In questi ultimi anni abbiamo
cercato di agganciare nuovi giovani con lo spirito positivo di chi lo fa per passione e non
esclusivamente per interesse personale. Abbiamo cercato, con tutti i limiti, specie nell'ultimo anno,
di proporre un altro stile di far politica. Ora si tratta di implementare queste nostre attività, cercando
di metter da parte interessi personali, che il più delle volte, sono legati a una "lotta di potere" tutta
interna.
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Tesi 2 – Verso quali mete “Partimmo un lunedì, in direzione sud, cercando l'altra strada che ci ha portato qui. Vedemmo Pancho Villa e la rivoluzione, ci disse: non è morta, ci sono nuove idee!”(Litfiba, “Siamo umani”) La letteratura del sogno è ampia e vasta. Può sembrare scontato citare poesie, articoli, testi o
canzoni che trattano il tema del sogno e dell’utopia. Molte volte ci insegnano che sognare è bello,
ma improduttivo; ci dicono che è un’operazione da bambini che credono ancora nelle favole.
Eppure credo che sia una grande bugia. I più “grandi” della storia (Gandhi, Mandela, Luther King,
ecc) erano dei grandi visionari: sapevano guardare la realtà delle cose e immaginarla in modo
diverso, per poi impegnarsi concretamente e quotidianamente per cambiarla e portarla nella
direzione in cui la sognavano.
Non a caso il titolo del mio documento programmatico prende spunto da un famoso film andato in
onda un po’ di anni fa “L’attimo fuggente”. Questo lungometraggio parla di un docente che insegna
in un college americano. I suoi metodi d’insegnamento erano considerati bizzarri e fuori dalla
“tradizione”, dall’ortodossia pedagogica del tempo. Eppure, lui, non si stanca mai di spronare i suoi
ragazzi, a insegnar loro che la vita è una ricerca di strade imbattute, da guardare da diversi punti di
vista, ma insegna loro che il proprio talento va sfruttato e che tutti quanti, con un adeguato sforzo,
possono essere dei ‘liberi pensatori’. Fantomatica è la scena in cui egli dialoga con un altro
docente, il quale gli rimprovera l’utilizzo di un metodo fuori dal comune e dallo schema; Keating
risponde con una delle affermazioni più belle e intrise di significato, che hanno dato lo spunto anche
per il mio documento programmatico: “solo nei sogni gli uomini sono davvero liberi, è da sempre
così e così sarà per sempre”.
Credo che sia questo l’approccio da adottare anche per la nostra piccola realtà locale. Dobbiamo
sviluppare un’autentica cultura del sogno per saper guardare oltre, per liberarci da vincoli vetusti e
sorpassati. Non fraintendetemi: non faccio riferimento allo sbarazzarsi in fretta e furia delle culture
politiche che hanno preceduto questo partito, al contrario. Dobbiamo conoscerle in modo
approfondito, rispettarle, ma aprire una nuova fase. E’ la storia che ce lo chiede; sono gli altri
giovani ad esprimerlo. Dobbiamo battere nuove strade per saper costruire nuovi percorsi,
sviluppare una nuova cultura di centrosinistra, fondata sui valori dell’uguaglianza sostanziale, della
giustizia sociale, del lavoro, dei diritti e dei doveri, ecc.
La dimensione del sogno nobilita l’uomo e ne alimenta il pensiero. Il sogno apre prospettive nuove,
realtà non ancora immaginate. Un’autentica cultura del sogno aiuta a liberarci da un difetto
permanete della politica dei nostri giorni: ci libera dalla contingenza, dal pensiero del “qui e
adesso”, ci aiuta a pensare il meglio per le prossime generazioni. La politica deve saper guarda oltre
il proprio naso: i sogni portano alla costruzione di progetti concreti. Tale dimensione non è
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un’attività meramente teorica, ma riveste la vita pratica dell’uomo. D’altronde lo stesso Danilo
Dolci sosteneva che “si cresce solo se sognati”. La nostra crescita passa attraverso questo passaggio
obbligato. Per costruire progetti innovativi e di ampio respiro abbiamo bisogno di coltivare le nostre
aspirazioni.
La domanda a questo punto è d’obbligo. Ma cosa sogniamo come GD per la nostra città?
a. l’aggregazione di nuovi ragazzi intorno a temi politici che riguardano la nostra città.
L’obiettivo della nostra giovanile deve essere quello di aprire le porte ai nostri coetanei,
senza pregiudizi nei loro confronti. Una giovanile che aggrega non deve avere paura di chi
arriva e non deve giudicarlo per quello che esprime;
b. la formazione di un pensiero libero e critico, capace di essere innovativo nella sostanza e
nella forma e in grado di porsi delle domande di senso;
c. il desiderio di una società diversa, fondata su riferimenti etici che si ispirano al
collettivismo, alla solidarietà, alla fraternità, in contrapposizione a un mondo che sempre più
va nella direzione opposta. Non é una forma di pessimismo leopardiano, o di narcisismo e
contemplazione di sé stessi; sono convinto che, in giro per il mondo, ci siano un sacco di
esperienze positive, propositive che fungono da modelli, ma sono poco conosciute per
svariati motivi. É nostro compito prendere spunto da esse; é compito dei GD settimesi
scovare le belle realtà giovanili che interpretano il mondo in modo alternativo. Tali
esperienze devono diventare patrimonio comune della nostra città.
La diversità é chiaramente una ricchezza, la pluralità di modi di pensare é evidentemente un
valore aggiunto, ma spesso sono viste come obiettivi poco raggiungibili. In questo senso
possiamo maturare anche noi: il pericolo del conformismo, dell'adeguamento allo slogan di
turno é sempre dietro l'angolo, per tutti noi. L'elevazione umana e civile di una persona e di
un gruppo passa attraverso l'ascolto delle diversità.
d. una cultura del lavoro centrata sulla persona e non sul profitto; un’idea di economia che
preveda le istanze di equità e giustizia sociale, che si fondi sull’accesso da parte di tutti al
mercato del lavoro, senza discriminazioni di alcun tipo;
e. una società che sia uno spazio aperto per i giovani, e in particolare per i giovani settimesi:
auspichiamo alla costruzione di una rete di politiche giovanili che sia attenta al
protagonismo giovanile e che renda partecipi delle iniziative promosse sul territorio,
intendendo i giovani non solo come meri fruitori di spettacoli o iniziative estemporanee.
f. La sete di giustizia e la ricerca dell’uguaglianza: dobbiamo guardare a quelle esperienze
che vivono con più difficoltà, a quei ragazzi che vivono situazioni complicate e
insopportabili.
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Tesi 3 – La formazione é libertà "El niño que no estudia no es un buen revolucionario" (bambino cubano, 1968) Per un gruppo di persone, di qualsiasi natura esso sia, la formazione é sempre un elemento
ineludibile. Per un aggregato giovanile lo diventa ancora di più. Oltre alle tradizionali definizioni di
gioventù, si parla di giovane quando ci si riferisce a una persona in fase di crescita (non solo fisica,
ma anche psicologica). La personalità dei giovani é alla perenne ricerca della definizione di una
propria identità.
Per i Giovani Democratici il tema della formazione riveste una fondamentale importanza. Come
gruppo non possiamo prescindere da questo elemento. Siamo consci di non avere tutti gli strumenti
per esercitare la politica in modo consapevole e adulto. Per questo motivo la nostra organizzazione,
anche a Settimo T.se, ha bisogno di creare dei percorsi formativi di alta qualità.
Ma ritengo fondamentale sottolineare qui come l'aspetto formativo sia collegato a un altro
elemento, anch'esso imprescindibile: la libertà.
Per avere uno spazio libero di protagonismo giovanile bisogna crearne le premesse: l’elemento
fondamentale che contraddistingue un’esperienza giovanile libera è la formazione. Formare
significa educare; l’educazione ha il compito specifico di “condurre fuori” (dal latino ex duco),
ovvero di fornire alle persone gli strumenti culturali, sociali, psicologi, ecc, per renderle libere e
capaci di determinare il proprio futuro, essendo protagoniste di quel cambiamento che tanto
auspichiamo.
In definitiva, per noi la formazione significa rendere libere le persone di poter costruire un progetto
politico di cambiamento della società (nel nostro contesto ci riferiamo a Settimo T.se). Il compito
che mi sono assunto in questi anni, come coordinatore dei GD, è quello di educare alla libertà,
sulla scia del modello pedagogico di Freire (pedagogia della liberazione), consapevole di tutti i
limiti e le distanze da questi riferimenti teorici.
E pazienza se etichetteranno questo nostro pensiero come "prepolitico" o "oligarchico". Su questo
campo vogliamo spenderci e metterci la faccia. Sembra un paradosso sostenere un tale approccio in
un'organizzazione politica. Eppure, in questo nostro tempo, emerge un disperato bisogno di
interpretare la politica secondo quest’accezione.
Abbiamo bisogno di spazi dove i giovani si sentano liberi di esprimere le loro idee, la loro fantasia e
creatività; i luoghi dove sono imbrigliati da concezioni e modi di operare tipici del mondo adulto
tendono a plasmarli o a farli scappare. Noi vogliamo lavorare in modo opposto: la nostra idea di
formazione non è escludente e non vuole tantomeno selezionare i migliori, ma al contrario,
cerchiamo di fornire delle opportunità di crescita a tutti quei giovani che ci vogliono stare.
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Possiamo suddividere la formazione in due tipologie: etica e “tecnica”. La prima fa riferimento a
un approccio di tipo valoriale; il nostro percorso formativo includerà alcuni significati
fondamentali, alcuni valori profondi, enunciati anche in questo documento. E’ quasi banale e
scontato dire che oggi assistiamo a una crisi politica a livello etico. La famosa “questione morale”
emersa da un discorso di Berlinguer è rimasta ancora di primissima attualità. E come affrontare
suddetta problematicità se non dotandosi di un bagaglio attrezzato anche dal punto di vista
valoriale? La formazione, in questo senso, riveste un ruolo fondamentale. Bisogna accompagnare le
persone nelle loro esperienze di vita (qualunque esse siano). Una formazione permanente
abbatterebbe sicuramente il rischio.
La seconda è collegata alla competenza. Le persone dove maturano e dove acquisiscono gli
strumenti per far politica? Come viene selezionata la classe dirigente? Assistiamo a una seconda
tipologia di crisi della politica: la mancanza di professionalità! La via formativa potrebbe essere una
riposta a questo problema. Mettersi al “banco di scuola” e “imparare” aspetti prima sconosciuti non
è sintomo d’idiozia o debolezza, bensì d’intelligenza.
Il nostro percorso formativo vuole avere una peculiarità: creare un sapere comune attraverso l’idea
che il dispositivo principale della formazione è il gruppo. I nostri laboratori saranno animati
dall’idea che “è più bello insieme”. La politica non è un’attività individuale, ma collettiva. Il
metodo cooperativo, da questo punto di vista, aiuta più facilmente e più velocemente
l’apprendimento.
Senza ulteriori giri di parole, propongo che il nostro gruppo prosegua nel lavoro di costruzione di
una commissione formazione, che si occupi di pensare e ideare percorsi formativi aperti alla città.
In passato questo gruppo si è occupato di costruire due percorsi formativi, dal discreto successo (I
Care nel 2009/2010 e CopyLeft nel 2010/2011). Da settembre 2011, abbiamo provato a collaborare
con i gruppi giovanili delle altre forze politiche del centrosinistra settimese (IDV, SEL, PSI) per
costruire un percorso formativo comune. Di seguito provo a illustrare i punti principali di questo
progetto. L'idea é quella di costruire un "laboratorio di cittadinanza", dove i giovani settimesi
possano maturare una piccola esperienza politica formativa; un percorso costruito ed elaborato dalla
commissione formazione insieme agli altri gruppi giovanili politici con cui abbiamo intrapreso una
collaborazione fruttuosa.
Gli obiettivi di questo percorso sono:
1. aggregazione di ragazzi/e esterni al mondo politico su temi di loro interesse;
2. costruire un percorso formativo di lungo respiro, che guardi ai prossimi 3/4 anni;
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3. elaborare un'area culturale di centrosinistra (a livello giovanile) fondata sui valori
dell'uguaglianza sostanziale, della giustizia sociale, della pace, dell'integrazione culturale e di
un'economia fondata sulle persone e non sul profitto;
4. progettare un percorso di qualità, con incontri approfonditi, evitando discussioni banali e
semplicistiche.
La tempistica può suddividersi in due momenti:
a. organizzazione di due incontri preliminari (da marzo a maggio 2012) che fungano da
trampolino di lancio del percorso. Su questo fronte si tratta di concretizzare il percorso
abbozzato con i giovani di IDV, Sel e Psi in questi mesi.
b. la formazione politica vera e propria (a partire da settembre 2012): costruzione di un
percorso di lungo periodo per l’anno 2012/2013, con 4 incontri su tematiche di ampio
respiro (scuola, lavoro, economia, istituzioni politiche, ambiente, politiche sociali, ecc), ma
che al contempo abbiano attinenza con la vita quotidiana dei giovani.
Collegata al laboratorio di formazione, si svilupperà, in parallelo quella che possiamo definire
l’associazione delle ripetizioni. Dare uno sguardo, anche superficiale alla realtà scolastica a tutti i
livelli, ci aiuta a individuare come sia comune l’abitudine di farsi aiutare nello studio da altri
ragazzi più grandi, sia per specifiche materie, sia in generale per avere un supporto nello studio.
L’idea è ambiziosa ma spendibile, poiché si aspira a creare un’associazione a sé stante che
organizzi ripetizioni di varie materie, in base alla disponibilità di alcuni soci, a prezzi competitivi e
che permetta alla giovanile di crearsi una base all’interno del tessuto sociale, attraverso un’attività
pratica che sia di reale supporto ai ragazzi di tutte le età.
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Tesi 4 – Il lavoro come essenza della nostra attività politica territoriale “Il lavoro non è una merce” (Organizzazione Internazionale del Lavoro, Dichiarazione di Filadelfia, 1944) E’ anche il titolo di uno degli ultimi testi del noto sociologo torinese Luciano Gallino. E’
eloquente, ma in controtendenza rispetto alle teorie economiche che vanno per la maggiore. Le
teorie neo-monetariste e gli impianti teorici neoclassici sostengono il contrario: per gli
economisti che si ritrovano in tali approcci, il lavoro é una merce, e come tutte gli altri beni,
sottostà alle leggi di funzionamento dei mercati, ovvero alla legge della domanda e dell'offerta.
In quest’ottica l'occupazione viene messa in relazione esclusivamente ai salari reali: le imprese
domandano lavoro nel momento in cui il salario reale diminuisce, mentre i lavoratori avanzano
l'offerta di lavoro quando la remunerazione aumenta. L'incontro tra queste due funzioni
costituisce l'equilibrio del mercato del lavoro, determinato dalla combinazione tra salario reale e
livello di occupazione d'equilibrio.
C’è di più: dagli anni ’90 fino ad oggi, tutti i paesi industrializzati (compresa l’Italia) hanno
perseguito politiche che mercificano il lavoro, aumentando la flessibilità, convinti che questa
potesse creare maggiore occupazione, crescita sostenuta e di conseguenza maggior benessere.
La legislazione italiana si è mossa in questo senso: dapprima il Pacchetto Treu del 1997 e poi la
Legge 30 del 2003 hanno creato le condizioni economiche per facilitare la flessibilità del lavoro
e in parallelo la precarietà della vita.
Davvero il lavoro può essere paragonato a una qualsiasi altra merce? Davvero é comparabile
con qualsiasi altro bene che viene scambiato? E ancora, il lavoro che l'uomo offre può essere
messo sullo stesso livello dell'acquisto di una merce qualunque (lavatrice, telefonino, beni
primari, ecc)?
Gallino, come altri economisti (soprattutto quelli che si rifanno alla scuola keynesiana),
sostengono l'inammissibilità di questo approccio. La nuova macroeconomia keynesiana ha il
merito di mettere l'accento su questo punto; le teorie dei contratti impliciti e dei salari
d'efficienza mettono in risalto il ruolo delle relazioni umane e dei rapporti personali tra
imprese e lavoratori nella determinazione del livello d'occupazione. Per questi autori il mercato
del lavoro non funziona come tutti gli altri mercati, perché rientrano diversi fattori che non
fanno solo riferimento al livello del salario. Ci sono altri aspetti che entrano in gioco.
Oggi il tema del lavoro, con l'attuale crisi, sembra essere d’importanza fondamentale per
qualsiasi organizzazione politica. Il rischio é quello di rincorrere le decine e centinaia di voci
che si levano dal caos mediatico.
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Il lavoro è una questione che tocca da vicino la nostra vita di tutti i giorni. Il lavoro è una delle
dimensioni in cui l’uomo si realizza e si identifica. La situazione attuale di precarietà che
investe il mercato del lavoro sta toccando fortemente le vite e le carriere professionali dei
giovani (e ormai ex giovani) che si affacciano al mondo del lavoro. La generazione in cui
viviamo è stato etichettata in mille modi sotto questo profilo, dai “bamboccioni”, alla
“generazione 1.000€” e, epiteto degli ultimi giorni “sfigati che si laureano a 28 anni”. Non
ultime le dichiarazioni del premier Monti, che sottolinea “la monotonia del posto fisso”. Tutti
deprecano a parole la precarietà, ma la promuovono a livello legislativo introducendo norme
che rendono sempre più flessibile il mercato del lavoro.
La precarietà è diventata una condizione sociale e umana insopportabile e inaccettabile.
A questa prospettiva di sfruttamento e dipendenza dobbiamo ribellarci; a tal fine è importante
creare dal basso una nuova cultura del lavoro, che si fondi sull’accessibilità al mercato del
lavoro, sull’uguaglianza dei lavoratori, sul rispetto dei diritti e doveri che comporta un rapporto
di lavoro, sulla garanzia di un reddito che permetta di vivere in modo dignitoso e sulla
opportunità di creare impresa. I GD possono contribuire, con il loro modesto e importante
apporto, a quest’ operazione di ricostruzione del mondo del lavoro.
In questi anni abbiamo dimostrato, in diverse forme che vanno dall'organizzazione di eventi
informativi e di sensibilizzazione sui temi dell'occupazione ("Vita a progetto o progetto di vita"
nell'ottobre 2009 e "Equilibrio precario" in luglio 2011' ecc) a momenti interni di discussione e
formazione, un'attenzione di prim'ordine. Questo circolo, insieme a quello di Chivasso, ha
elaborato un pensiero sul tema del lavoro e ha provato a svilupparlo su tutta la Provincia di
Torino. É compito fondamentale per la nostra giovanile mettere questo tema al centro delle
nostre attività e del nostro programma post-congressuale. Questa é la strada che vogliamo
continuare a perseguire.
In tal senso, il nostro documento programmatico per i prossimi anni deve prevedere la
costruzione di una commissione "economia, lavoro e welfare". Tale gruppo di lavoro si
occuperà della formazione, informazione, creazione di eventi e servizi continuativi nel tempo
rispetto ai temi inerenti alla commissione. Per questo l’attività di tale commissione può essere
divisa in due fasi:
Fase 1
Proseguimento delle attività progettate dalla commissione in questi anni. Di seguito riporto i
progetti che si stanno per mettere in campo:
- l’opuscolo informativo: è un documento in cui è presente una vasta documentazione
sul panorama dei contratti di lavoro previsti dalla legislazione nazionale italiana; una parte è
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dedicata alla legislazione sul lavoro attuata negli ultimi 20 anni (Pacchetto Treu, L30, ecc);
un’ulteriore parte sarà costituita dalle proposte dei GD in materia di lavoro (con lo
strumento della campagna nazionale “Precarietà Zero”); l’ultima parte è corredata dallo
Statuto dei lavoratori.
- tale elaborato sarà un elemento fondamentale per la costituzione di uno sportello
informativo per i giovani, in cui fornire indicazioni e aiuto su problematiche che potrebbero
avere i ragazzi che stanno per entrare nel mondo del lavoro: come compilare un curriculum
vitae, ottenere delucidazioni sui contratti di lavoro, in modo che il partito diventi un punto di
riferimento per i giovani lavoratori. Sentiamo l’esigenza di aggregare questi ragazzi, molto
spesso dimenticati dalle organizzazioni (di partito, sindacali o di altra natura). Anche i GD
di Settimo T.se sono in difficoltà su questo fronte: i giovani lavoratori fanno fatica ad
avvicinarsi alle nostre attività. Molto spesso sono i ragazzi delle superiori o i giovani
universitari a partecipare alle attività che proponiamo. In questo caso ci serve invertire la
rotta: in questi 3 anni la priorità deve essere rivolta al tema giovani-lavoro con uno sforzo
maggiore rispetto a quello degli anni precedenti.
- Per fare ciò abbiamo bisogno di un sostegno esterno dei sindacati per instaurare una
collaborazione che porti a riavvicinare i giovani alle organizzazioni dei lavoratori; l’idea è
quella di affrontare insieme la questione della precarietà, attraverso l’organizzazione di
eventi pubblici o momenti informativi ad hoc. Nell’ultima parte del mio mandato siamo
riusciti a creare un primo contatto con i sindacati, che sembrano essere favorevoli a questa
collaborazione.
- Un altro punto fondamentale di questa commissione è l’organizzazione di eventi e
incontri a livello territoriale; dobbiamo continuare a mantenere i rapporti con i responsabili
provinciali e regionali del lavoro. In tal senso crediamo fortemente che col prossimo
mandato congressuale si possa costituire un forum provinciale sul lavoro a livello di GD.
Fase 2 L’informazione però deve essere necessariamente accompagnata da una seria “educazione al
lavoro” e accompagnamento. Pertanto, la commissione lavoro intende portare avanti un
programma che prenda spunto dal recente passato, rispetto ad alcuni progetti sostenuti dal Comune
di Settimo in ambito orientativo, e allo stesso tempo introdurre una maggiore collaborazione tra le
scuole, i sindacati e il Centro per l’impiego locale. Il piano include:
a) la creazione di un progetto educativo da presentare ai ragazzi delle scuole medie e superiori
presenti sul territorio cittadino sui comportamenti lavorativi e su come ottenere un posto di lavoro
(“educazione al lavoro”), ossia i valori e i diritti fondamentali del lavoro, ma anche un modello di
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approccio al mondo del lavoro (curriculum, lettere di referenze, …), attraverso la presenza di
giovani lavoratori e sindacalisti;
b) la riqualificazione dei progetti di orientamento al lavoro curati dall’Informagiovani, attraverso la
costituzione di brevi tirocini estivi anche in ambito pubblico per i ragazzi delle superiori (il modello
è quello del Settore Cultura del Comune di Torino) e la valorizzazione dei talenti professionali.
c) una rivisitazione del Salone dell’Orientamento per i ragazzi in uscita dalle medie, che si ritrovano
a scegliere non tanto l’indirizzo formativo quanto la scuola da frequentare, di modo che si possano
valorizzare gli indirizzi di studio e i loro sbocchi occupazionali.
Un ottimo strumento per la realizzazione per la fase due della commissione (utilizzabile per altre
commissioni, v. aggregazione) è quello del focus group aperto a giovani settimesi, con l’obiettivo
di ascoltare idee, proposte e pensieri relativi al problema che si vuole affrontare.
Il tema del lavoro richiama con sé un altro importante nodo: quello economico. Non si può
prescindere da valutazioni macroeconomiche per valutare e proporre delle politiche del lavoro
davvero incisive e adeguate. A tal proposito si propone la costruzione di un percorso formativo più
interno alla commissione, per rendere i ragazzi e le ragazze di questo gruppo più consapevoli
rispetto alle decisioni politiche che vengono prese dai vari livelli istituzionali (comunale,
provinciale, regionale, nazionale e europeo). E’ chiaro che in questo contesto non si propone di
creare una commissione prettamente economica; oltre a essere improduttiva, correrebbe il rischio di
essere distante dal nostro livello d’impegno. Tuttavia ritengo che affrontare delle questioni
propriamente economiche possa essere molto importante (con l’ausilio di esperti in materia), e al
riguardo mi si propone di approfondire tre argomenti di grande attualità:
• Il mercato monetario, a livello europeo, con relative politiche intraprese negli anni passati e
possibili scenari futuri con le diverse politiche attuabili; con ripercussioni sul mercato reale;
• Il mercato azionario (di grande attualità) con riferimento non solo ai prodotti privati tipici di
questo mercato, ma anche quelli pubblici, con collegamenti e ripercussioni sul mercato
reale;
• Il mercato del lavoro, analizzando le varie teorie macroeconomiche che sono state elaborate
negli ultimi 50 anni (Keynes, la nuova macroeconomia classica, la nuova macroeconomia
keynesiana, ecc).
Ultimo, ma non meno importante, tale gruppo di lavoro sarà fondamentale per la costruzione del
forum provinciale sul lavoro. In questi anni si è attivata una forte collaborazione tra il nostro
circolo e quello di Chivasso su questo tema; in questa fase congressuale provinciale dobbiamo
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impegnarci al massimo per riuscire a istituire ufficialmente questo passaggio e coinvolgere altri
circoli su questo fronte importantissimo.
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Tesi 5 – I giovani, questi sconosciuti. “Elogio della nuova generazione, dunque; ma non perché i giovani di oggi abbiano guadagnato dei meriti particolari o, rispetto a quelli che li hanno preceduti, abbiano fatto qualcosa di speciale, ma perché si trovano a vivere una stagione e un’esperienza che, più di quelle di prima, sono ricche di opportunità e di nuove prospettive. La libertà, prima di tutto. La nuova generazione è più libera di prima. Libera dalle ideologie e dagli schemi culturali precostituiti, insofferente a tutte le classificazioni concettuali possibili, libera dai pregiudizi moralistici e religiosi, indifferente alle grandi campagne idealistiche inconcludenti e ingannatrici... e con tanta voglia di divertirsi, di essere se stessi e basta” (Elogio alla nuova generazione, don Mario Operti) I giovani, purtroppo, sono oggetto di grandi banalizzazioni e categorizzazioni che sminuiscono e
annacquano le diversità presenti nei mondi giovanili. I giovani non sono tutti uguali perché arrivano
da storie di vita diverse, sia dal punto di vista familiare che sociale. Partire da un’analisi corretta, o
quantomeno attinente alla realtà dei fatti, può essere utile per capirne i comportamenti, le richieste e
le rivendicazioni, solitamente inascoltate perché messe a tacere o perché incapaci di uscire dalla
bocca.
Ho scelto di citare un testo di Mario Operti (prete torinese attento alla vita dei giovani lavoratori)
perché riesce a dare un’immagine non stereotipata della giovinezza, senza mettere in mezzo giudizi
di valore. I giovani vanno apprezzati così come sono, perché hanno enormi potenzialità e risorse,
che spesso non gli vengono riconosciute. Serve un cambio di mentalità anche in questo ambito. E
soprattutto dovremmo sforzarci, tutti quanti, nell'ascolto delle esigenze di quei giovani che fanno
più fatica, di quelli che esprimono le maggiori perplessità e che vengono etichettati
nell'immaginario collettivo come "ragazzi difficili e problematici".
Una delle questioni legate al nostro tempo è quella della partecipazione dei giovani alla vita
pubblica, nella fattispecie alla politica.
Ritengo che ci siano diversi livelli di partecipazione. Vi propongo una griglia di lettura, già
proposta nell’assemblea del PD di settembre 2011:
a. prender parte: essere soggetti attivi, propositivi e decisivi in scelte di trasformazione sociale
(responsabili di un gruppo, un movimento, un partito politico, cariche istituzionali, ecc…);
b. essere parte: appartenere a un’identità collettiva specifica senza assumersi responsabilità
significative (avere la tessera di un’associazione o partito, ecc..);
c. esserci, assistere: prender parte a occasioni specifiche spot (manifestazioni, scioperi
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Questi tre livelli di partecipazione, che ho ripreso da altre riflessioni sul tema, non sono in antitesi
tra di loro poiché non mutuamente esclusivi. Non può esistere neanche pregiudizio verso queste
diverse forme (l’alternativa è il non partecipare): non esistono partecipazioni di serie A e di serie B.
Credo che sia importante riconoscere come la prima accezione sia la più rilevante, quella più vicina
ad un impegno politico che sia seme di cambiamento.
Come GD abbiamo scelto di costruire un percorso che più si avvicini a tale impostazione (il prender
parte alle decisioni per influenzarle, esercitando la cittadinanza attiva). L’obiettivo di questa
esperienza è il costruire un luogo, uno spazio concreto dove i giovani settimesi possano sentirsi
protagonisti di piccole azioni di cambiamento concreto (non teorico o astratto). Per tale motivo
non siamo un circolo meramente culturale o un cenacolo d’intellettuali.
Per educare alla partecipazione, il circolo di Settimo prosegue la strada intrapresa negli anni scorsi,
ovvero la prosecuzione della commissione politiche giovanili, che si occuperà di diversi progetti
concreti inerenti alla nostra città:
1. l’attivazione del forum giovani (ormai prossimo, visto la consegna effettuata alla nostra
amministrazione rispetto alla proposta di uno Statuto del Forum Giovani);
2. l’apertura di un centro d’aggregazione giovanile
3. la rivisitazione e la valorizzazione dell’Informagiovani
L’obiettivo di questa commissione è rilanciare l’immagine pubblica dei giovani, troppo spesso
bollati senza indugi come problema: attraverso queste iniziative concrete possiamo essere un
esempio di diversità e d’impegno per ridare cittadinanza ai giovani, troppo spesso esclusi dai
processi decisionali di qualsiasi livello. La politica, come altri ambiti di vita (lavoro,
paradossalmente la stessa scuola, gli ambienti familiari) sono luoghi di alienazione dei giovani, in
quanto considerati come meri fruitori di attività, iniziative e (se va bene) progetti. La prospettiva
deve essere ribaltata: i giovani devono essere essi stessi i protagonisti dei loro progetti.
Questo processo non può essere portato avanti dai soli GD: l’esperienza del forum difatti va in
questo senso. Una partecipazione ampia di associazioni/organizzazioni giovanili, istituzioni
pubbliche che fanno riferimento a loro (scuola, settore pubblico, il privato/sociale) può essere di
grande contributo per dare un cambio di prospettiva definitivo, di cui, il nostro territorio settimese,
ha ampiamente bisogno.
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Tesi 6 – Nel mondo della comunicazione perenne “La comunicazione perfetta esiste, ed è un litigio” (Stefano Benni) Comunicare le attività che si svolgono è di fondamentale importanza per qualsiasi associazione.
Negli ultimi decenni, con la trasformazione dei rapporti tra media e politica, è diventato di primaria
importanza per un’organizzazione di tipo politico. In Italia accusiamo un ritardo notevole da questo
punto di vista. Con la presenza ingombrante di Berlusconi la comunicazione sembra essere
diventata prerogativa esclusiva della destra e nello specifico dell’ex premier. Sembra quasi che la
risposta del centrosinistra alla cattiva comunicazione del tycoon delle TV sia una non
comunicazione. Il fatto che la sinistra italiana faccia fatica dal punto di vista della comunicazione
politica è diventato quasi un luogo comune.
Nei processi di trasformazione della politica degli ultimi tre decenni, la comunicazione riveste un
ruolo rilevante: è diventato un pilastro fondamentale, se non decisivo in alcuni casi, di una buona
governabilità. Le relazioni tra media e politica si sono sempre fatte più strette e anche in Italia, con
tutti i ritardi del caso e con tutte le arretratezze che compongono il nostro panorama politico, si è
diffuso quel processo che potremmo definire “comunicazione extra-elites”. Per poter governare è
diventato necessario comunicare con le persone che stanno fuori dalla politica in senso stretto. I
politici, molte volte, tendono a parlare più per sé stessi e per gli addetti ai lavori. I linguaggi
utilizzati sono enigmatici e incomprensibili. Eppure, grazie ai processi di mediatizzazione (che
hanno risvolti complessi e non univoci), gli elettori chiedono più coinvolgimento dal punto di vista
informativo.
E noi GD di Settimo che cosa possiamo fare su questo tema? Come far proprio un tema, che a
prima istanza, potrebbe essere lontano dalle nostre corde? Semplicemente pensando che le nostre
attività debbano essere comunicate ai nostri coetanei e ai nostri concittadini. Non custodiamo
gelosamente il nostro modesto patrimonio, ma condividiamolo con gli altri ragazzi e con le altre
ragazze della nostra città. Chiaramente non dobbiamo cadere nel tranello per cui la comunicazione è
la priorità della nostra organizzazione; il pericolo è quello di scadere in una comunicazione banale e
non attinente alla realtà che viviamo. Non dobbiamo confondere lo strumento con il fine: per questo
motivo ritengo che la comunicazione sia uno strumento e non l’obiettivo. Se dovessimo confondere
questo passaggio rischieremmo di perseguire un fine diverso: la ricerca esclusiva della visibilità.
Comunicare le nostre attività e i nostri pensieri serve per aggregare altri giovani, non per “far
carriera” all’interno di un partito.
Fin dalla nascita del nostro circolo ci siamo dotati della commissione comunicazione, importante
strumento interno, ma soprattutto esterno e di relazione con la cittadinanza. L’idea è di mantenere
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attivo questo gruppo. Il primo e più importante punto sul quale si è concentrata in questi anni la
commissione comunicazione è stato quello di GooD.
• Versione on line
A partire da quelli che sono stati gli ultimi numeri di Good, ritengo sia ora di passare in parte alla
versione on line, riducendo drasticamente quella cartacea. Questo avverrebbe per diversi motivi.
Innanzitutto la questione economica: dato che in questi anni il PD ha tirato fuori una considerevole
cifra. L’importo di 1.000€ l’anno circa non so per quanto sia ancora sostenibile. In secondo luogo
da sempre questa commissione ha avuto problemi nel distribuire il giornalino ogni mese. Nei primi
tempi siamo andati bene, ma mancava sempre qualcuno; con il passar del tempo c’è stata sempre
meno disponibilità. Questo mi induce a considerare che sia il caso di cambiare sistema.
Abbiamo davanti diverse soluzioni:
- possiamo farne stampare un numero minimo di copie ogni mese (100 o 250) che possano
tornarci utili per volantinare qualora volessimo;
- ci possiamo adattare a stamparne qualora volessimo volantinare;
- organizzare un volantinaggio una volta al mese da qualche parte, come GD, senza dover per
forza aspettare qualche campagna elettorale per farlo.
Un passo importante della versione on line dovrebbe essere quello di raccogliere tra noi un
considerevole numero di indirizzi internet, in modo da ampliare la nostra rete di conoscenze e di
persone da coinvolgere nel nostro progetto che altrimenti rischia di restare di nicchia. D’altra parte
daremo sempre la possibilità, a tutti coloro che vogliono, di essere cancellati dal nostro elenco della
newsletter.
• Responsabili di area
Ritengo che possa essere un po’ rivoluzionata la struttura della commissione.
In questi anni la commissione è stata composta da 3-4 persone che si confrontavano prima
dell’uscita del numero riguardo a quali articoli scrivere. Il risultato è stato interessante, ma credo sia
ora di alzare il livello. Questo non perché la qualità non fosse buona, ma perché forse è meglio
provare a specializzarci in alcuni campi specifici. In questo modo avremmo persone che seguono,
che sia dentro i GD o in autonomia per le specifiche inclinazioni, temi particolari. Faccio un
esempio. Negli ultimi numeri abbiamo spesso fatto ricorso a notizie dall’estero e di economia.
Secondo me sarebbe davvero interessante avere delle persone che seguono nello specifico questi
campi e che siano oltretutto portavoce dei loro interessi e lavori. Ho pensato alle seguenti aree,
spesso in continuità con le commissioni già attive:
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Giovani
Scuola e università
Formazione
Economia
Lavoro e Welfare
Ambiente
Esteri
Donne, diritti civili e immigrazione
Eventi – ossia chi segue nello specifico la realizzazione di un evento
Attualità (prevalentemente gestita da chi fa parte della commissione)
• Concorso per vignette
Questo punto non è fondamentale, ma ne avevamo accennato già qualche tempo fa. Da questo
settembre abbiamo inserito delle vignette che corredano ciascun articolo. Sarebbe affascinante se
due o tre ragazzi dell’8 marzo collaborassero con noi per realizzare le vignette.
• Inchieste
Ci eravamo già presi un mezzo impegno di fare delle microinchieste da pubblicare su Good. Questo
potrebbe avvenire una o due volte l’anno e magari in collaborazione con i ragazzi degli altri partiti
di Settimo. Infatti ci si era già parlati su una possibile inchiesta relativa alle disponibilità abitative
per i giovani e le giovani coppie.
• Godo o Good XL
Godo o Good XL è un fascicolo da distribuire che sia una estensione di Good, tipo l’Espresso,
anche se notevolmente meno voluminoso, made in GD. È sicuramente un progetto ambizioso che ci
permetterebbe di approfondire alcuni temi di cui su Good si fa solo cenno o sul quale siamo
necessariamente obbligati a tagliare per motivi di spazio. La sua impostazione ripercorrerebbe la
struttura delle nostre commissioni e avrebbe la possibilità di affrontare alcuni temi di attualità.
Questo progetto è già in cantiere da un anno, ma ha avuto diverse problematiche applicative.
Primo fra tutti è il costo della sua realizzazione, stimabile intorno ai 1500-2000 euro. Ma noi
dobbiamo almeno arrivare a far si che il costo sia del tutto ammortizzato, se non addirittura provare
a guadagnarci qualcosa come attività di autofinanziamento. Questo sarebbe fatto attraverso la
vendita di alcune pagine per la pubblicità.
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Anche questo potrebbe essere realizzato una o due volte l’anno, ma è comunque necessario
l’apporto di tutti, dato che nella sua versione originale sono previsti circa 15 articoli.
Infine per la sua distribuzione potrebbe non essere una cattiva idea quello di spedirlo agli altri
circoli GD della provincia di Torino o altre sedi PD della zona.
• Newsletter
La newsletter com’è realizzata attualmente è insufficiente per diversi motivi. Un modo per
migliorarla potrebbe essere quella di far partire effettivamente il canale di youtube, dove
sintetizziamo le nostre attività.
Dobbiamo tuttavia rafforzare questo strumento dato che dovrebbe diventare il più potente strumento
di diffusione di good.
• Conferenze stampa e/o comunicati stampa
A mio parere sarebbe il caso di riprendere il ritmo delle conferenze stampa. Il problema più grande
è come uscirne al meglio dalle conferenze stampa cercando di evidenziare il messaggio che
vogliamo lanciare.
• Pubblicizzare GD
Tempo fa abbiamo pensato a come pubblicizzare un po’ di più i GD e le nostre attività. In realtà le
nostre idee si sono fermate a qualche cartellone pubblicitario, ma ancor prima di arrivare ai
cartelloni si sono arenate sui costi troppo elevati che questo tipo di pubblicità ha per noi. Sono
convinto che il nostro volantinaggio e le nostre realizzazioni sono la nostra migliore pubblicità.
• Nuovi media
I nuovi media sarebbero una risorsa incredibile, ma devono essere sfruttati meglio. Noi abbiamo un
sito e una pagina facebook che sono sottoutilizzate e che avrebbero invece un potenziale enorme.
Su facebook potrebbero finire le nostre realizzazioni da good a foto di riunioni ecc fino al semplice
link che rimandi al nostro sito.
Il sito sarebbe da ravvivare. La cosa migliore sarebbe aggiornarlo quotidianamente, ma per questo
sarebbe necessario attivare una sorta di calendario che permetta o alla commissione comunicazione
o all’intero gruppo di scrivere qualcosa su good. La seconda opzione è decisamente più complessa,
ma anche la prima non permette certo un aggiornamento costante e frequente del nostro sito web.
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Tesi 7- Aggregazione e scuola “Trasformare i sudditi in cittadini è miracolo che solo la scuola può compiere” (Piero Calamandrei) La politica oggi più che mai sta attraversando un periodo davvero basso sotto il profilo etico, e più
in generale dal punto di vista della credibilità. Questo credo proprio che sia alla base del forte
distaccamento da parte delle persone, e più nello specifico da parte dei giovani a questa realtà. Da
questo pensiero mi sono mosso per pensare un nuovo modello aggregativo, che funzioni al contrario
Ognuno di noi conosce ragazzi, che per mille motivi non hanno interesse a partecipare alla vita
politica. Penso possa essere interessante parlare singolarmente con queste persone per chiedere loro
quali siano gli aspetti che li allontanano da questa realtà e che li spingono a non impegnarsi sotto
questo profilo.
Dopodiché ho immaginato una commissione universitaria all’interno dei GD, dandole anche un
nome (ipotesi UNISETTIMO) che possa essere un vero e proprio luogo di incontro per i giovani
universitari settimesi, per confrontarsi su questioni che li vedono coinvolti in prima persona: penso
al problema delle borse di studio che dall’anno prossimo non avranno più i fondi per essere coperte
interamente, al problema dei dottorati di ricerca…e mille altri problemi che ogni ragazzo può
portare. Tutto questo rientra in un processo aggregativo molto lungo: credo, che se si voglia
avvicinare nuovi giovani a questa realtà, bisogna farlo mostrando loro esistono dei punti di unione
tra la politica e la loro vita.
Qual è il ruolo di GD a questo punto? Fare in modo che le proposte che emergeranno da questa
commissione possano pervenire agli organi di competenza per mostrare a questi ragazzi che i GD
non fanno solo chiacchiere, ma nel loro piccolo sono un’esperienza concreta di vita politica.
In parallelo possiamo sviluppare al meglio un progetto sull’8 Marzo: l’aggregazione, attorno ai
temi scolastici dei ragazzi che frequentano questo istituto superiore. Il contesto in cui viviamo
insegna ai ragazzi che la politica deve rimanere fuori dagli ambiti lavorativi e da quelli scolastici.
Credo che sia un danno profondo che commettiamo nei confronti dei nostri ragazzi e ragazze. Per
educare a una cittadinanza attiva e a un protagonismo in senso ampio, bisogna far sperimentar loro
l’attività politica. Non è solo attraverso la lettura o lo studio che le persone maturano dei
comportamenti consapevoli, ma anche attraverso l’esperienza. Per questo i GD si assumono la
grande responsabilità di avvicinare alcuni giovani dell’8 Marzo e collaborare con loro per
diffondere una cultura dell’impegno nella propria città, e nello specifico nell’ambito principale che
vivono quotidianamente: la loro scuola. Badate che non vogliamo (e non dobbiamo) sostituirci a
questi ragazzi, ma aiutarli e accompagnarli in un percorso di elaborazione di una scuola partecipata.
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In questa commissione possano rientrare gli eventi di tipo aggregativo: potrebbe essere compito di
questo gruppo di lavoro pensare momenti sul territorio in cui i GD decidono di dialogare con la città
attraverso diverse forme (feste, dibattiti, volantinaggi,ecc), consapevoli che l’attività politica si
svolge soprattutto fuori dalle sedi dei partiti e delle giovanili.
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Tesi 8 – La centralità della persona "Allora si potrebbe immaginare un umanesimo nuovo, con la speranza di veder morire questo nostro Medioevo, col desiderio che in una terra sconosciuta ci sia di nuovo l'uomo al centro della vita. Allora si potrebbe immaginare un neo rinascimento, un individuo tutto da inventare in continuo movimento. Con la certezza che in un futuro non lontano al centro della vita ci sia di nuovo l'uomo" (Giorgio Gaber, Se ci fosse un uomo)
Spesso siamo portati a pensare che l’organizzazione, di qualsiasi natura possa essere, sia al di sopra
dell’individuo e che quest’ultimo debba adattare le sue esigenze, i suoi bisogni e desideri alle
logiche di un aggregato collettivo. Viene prima l’organizzazione o la persona? Sembra essere la
classica domanda “viene prima la gallina o l’uovo?”.
Due possono essere la strade o le soluzioni a cui fare riferimento:
a) l’organizzazione come riferimento assoluto, per cui viene messa davanti alla persona, con
il rischio di creare luoghi spersonalizzanti, dove il valore del singolo viene sostanzialmente messo
da parte, o ancora peggio, costruire spazi dove si fomenta il pericolo di un’organizzazione che
prenda il sopravvento sul singolo, educandolo all’adeguamento;
b) dall’altro punto di vista, sempre estremizzando, il rischio è che l’individuo diventi il
centro dell’attività dell’organizzazione e che quest’ultima ruoti intorno al suo “leader” o
responsabile. In poche parole il rischio è quello dell’individualismo.
A mio avviso, i GD devono superare entrambe le culture, per proporre e vivere una terza soluzione:
la centralità della persona, inserita in un contesto di gruppo. La persona e il gruppo devono
viaggiare insieme, cercando di far incontrare queste due dimensioni. La sfida che siamo chiamati a
far nostra è quella di costruire un gruppo che sia a misura d’uomo e di donna (nel nostro caso di
giovane). Cosa vuol dire questa affermazione? Semplicemente che il nostro obiettivo, ed è quello
che cercherò di perseguire a partire dalla chiusura del nostro I Congresso, è la costruzione di un
posto dove tutti i giovani che ne fanno parte si possono sentire accolti e valorizzati per quello che
esprimono. Con grande fermezza e decisione, sono convinto che dobbiamo finirla di pensare ai
partiti e alle giovanili come luoghi in cui le persone estromettono la propria identità e i propri
vissuti. Slogan obsoleti come “dovete iniziare a fare la vita di partito” sono profondamente illusori
e depistanti. A questo contrapponiamo un’altra idea: nei partiti e nelle giovanili come la nostra va
portata la vita delle persone (“bisogna portare la vita DENTRO il partito”): solo così possiamo
mettere al centro delle nostre attività le persone. La nostra giovanile va animata e va fatta
attraversare dai problemi, anche piccoli, che i nostri coetanei vivono quotidianamente: a noi
interessa (ritorna l’I CARE) la vita che si sperimenta nei luoghi di lavoro, nelle aule delle scuole e
delle università, nei parchi, nei giardini, nelle piazze e strade della nostra città. Questa, a mio
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modesto avviso, è la strada per perseguire quell’ambizioso obiettivo che ci siamo posti: porre al
centro della nostra organizzazione la persona. Come detto nelle precedenti tesi dobbiamo essere
seme di un cambiamento profondo: costruire un nuovo umanesimo, con lo spirito sottolineato dalla
canzone di Gaber, ovvero convinti che “in futuro al centro della vita ci sia di nuovo l’uomo”. La
finalità della nostra azione politica è l’uomo, non la giovanile o il partito. Ambedue sono strumenti
per raggiungere qualcosa di più significativo.
In questo contesto ci proponiamo di valorizzare ogni ragazzo e ragazza che passa dal nostro circolo,
cercando di farlo sentire protagonista all’interno dei GD, chiedendogli un impegno compatibile con
le altre esigenze e bisogni della sua vita (studio, lavoro, relazioni amicali, tempo libero, altri
impegni sociali). Ai giovani, nel 2011, non può essere chiesto un impegno totalizzante; i tempi sono
cambiati e senza fare recriminazioni di nessun tipo, dobbiamo accogliere i giovani così come si
presentano.
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Tesi 9 – La bellezza della politica, ma c’è la necessità di educare alla politica. “La politica è bella” (Baaria) Nel binomio “giovani e politica” una riflessione seria dovrebbe riguardare il concetto di politica.
Che cosa intendiamo per politica? Che cosa ci evoca? Sono tempi difficili quelli che stiamo
attraversando, caratterizzati, secondo molte analisi, da apatia, indifferenza e antipolitica. Tali
sentimenti sembrerebbero animare la vita dei giovani.
La disaffezione dei giovani dalla politica è tema ormai noto. Anche in questo caso, credo, che ci sia
un po’ di confusione. Il rapporto dei giovani con la politica è un po’ più complesso di come viene
descritto; esistono diverse interpretazioni di questo distaccamento (dato oggettivo):
a) onda lunga del riflusso dalla politica derivante dagli anni di piombo e il ripiegamento in attività
private;
b) no rifiuto tout court della politica, ma ricerca di una nuova politica. Una parte dei giovani
(minoritaria, ma non indifferente) risulta distante dalle questioni politiche, ma soltanto da quelle che
sono lontane dalla loro vita. I giovani si allontanano dagli stili politici tradizionali e datati. Una
grande quota è informata rispetto al dibattito politico attuale, ma non supera il ruolo di spettatore
(non assume ruoli di responsabilità). E’ proprio questa la fascia da aggregare, da coinvolgere e da
rimettere in moto. Bisogna stimolare in loro la volontà di partecipare (prendendo parte alle
decisioni). Come GD è importante avere quest’attenzione: aggregare chi sta fuori perché presenta
forme non tradizionali di partecipazione. Questa è una fascia di giovani che è importante
coinvolgere, purché si vada incontro alle loro esigenze e alle loro modalità di relazione;
c) la famosa antipolitica.
Per provare a dare concretezza al punto b (ricerca di una nuova politica) dobbiamo testimoniare la
bellezza di quest’attività umana. Spesso è vista (non a torto) come pratica dei corrotti, come attività
intrinsecamente “corrotta”; per invertire la rotta dobbiamo provare a creare un’esperienza politica
diversa. Dobbiamo trasmettere ai nostri coetanei la passione e la voglia che ci anima, le motivazioni
profonde che ci spingono a impegnarci in ambito politico. Senza questa testimonianza, la nostra
esperienza diventa effimera se non controproducente. In questi giorni di grave difficoltà della
politica (la presenza di un governo tecnico è la prova più lampante, v. documento del 17/11/2011),
abbiamo l’arduo compito, come GD, di ridare speranza alla nostra generazione, mettendo in piedi
piccole azioni di cambiamento.
La politica è quella pratica collettiva di ricerca del bene comune; lo spirito più sincero di questo
impegno deve manifestarsi nella dimensione del servizio verso gli altri. Per la nostra storia di vita,
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la politica è quel mezzo per risolvere insieme le problematiche e le situazioni che viviamo tutti i
giorni. L’impegno politico non è solo necessario, ma è anche bello; come dicevo in precedenza, in
tempi difficili, caratterizzati dal rifugio nella vita privata e individuale, stimolare gli altri,
soprattutto i più giovani, è ancora più arduo. Credo che sia una sfida bella da vivere: abbiamo un
disperato bisogno di educare, per quel che ci compete e ci è possibile, i giovani alla dimensione
socio-politica e dell’impegno attivo nella propria comunità di riferimento. L’educazione alla
cittadina attiva riveste una priorità per la nostra giovanile. Attraverso questa attenzione, le nuove
generazioni possono capire quanto sia importante maturare comportamenti improntati all’attenzione
reciproca.
Trovo stucchevoli e noiose le retoriche sul disimpegno dei giovani in politica: tutti si lamentano
dell’assenza di nuove generazioni, etichettandole spesso come fannullone o poco inclini
all’impegno. Come detto all’inizio di questa tesi, è difficile sostenere quest’ approccio perché poco
corrispondente alla realtà. Molte volte i giovani preferiscono altri tipi d’impegno sociale (non per
questo meno nobili) perché nella sfera politica non si sentono accolti. Se si vuole davvero cambiare
lo status quo bisogna mettersi nell’ottica di un accompagnamento graduale dei giovani alla politica.
Chi può farlo se non noi?
L’assenza degli adulti in questo campo è sconcertante. Con questo non sto affermando che l’intero
mondo adulto non abbia mai accompagnato i giovani alla scoperta di questa bellissima forma di
impegno, anzi, molti, singolarmente (e spesso ne abbiamo conosciuti) si sono spesi in questo senso.
Provo a sottolineare come gli adulti in senso lato siano assenti in questo campo o neghino
pubblicamente l’importanza dell’educazione alla politica. Come facciamo, in questi tempi di
antipolitica generale, ad avvicinare le persone a questa dimensione se non stando al loro fianco e
provando a far vivere loro un’esperienza positiva e diversa?
Un altro spunto interessante, almeno credo, è quello di restituire dignità alla politica attraverso la
valorizzazione della debolezza (non in senso masochistico). Troppe volte ci imbattiamo, attraverso
esperienze personali dirette o mediate dai canali informativi, con una immagine della politica votata
al culto della forza e dell’arroganza. Berlusconi è stato l’esempio più lampante, ma non è l’unico
(ahinoi) ad aver perseguito questo metodo. Ciò che conta non è la valorizzazione di quel che si
esprime, ma la dimostrazione di forza rispetto all’avversario, l’annientamento attraverso la violenza
(anche verbale) di chi hai di fronte. Perché? La politica, quella a cui abbiamo assistito, ha troppo
spesso valorizzato un’idea della storia in antitesi con qualsiasi concetto di uguaglianza e giustizia:
ha dato voce esclusivamente ai potenti.
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La nostra azione, in chiara controtendenza, deve essere rivolta a coloro non viene dato uno spazio
sufficiente. Dobbiamo aver il coraggio di promuovere una storia diversa: la storia dei deboli, dei più
piccoli, di quelli che vengono messi da parte perché ritenuti insignificanti. Solo così possiamo
ridare dignità alla debolezza. La domanda che ci deve animare è la seguente: “chi sono i deboli
oggi?”. Gran parte delle culture politiche, negano nei fatti, l’esistenza di ciò; i processi di
omologazione che hanno investito le nostre società hanno reso più difficile il compito di
individuazione dei più deboli. Questo non significa che non esistano più.
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Tesi 10 – Una precisa metodologia “Dov'è che stiamo andando nel succedersi del tempo, avrai un progetto o no per la tua vita? Andiamo”. (The game is over. Franco Battiato)
E’ evidente che per continuare a costruire un percorso iniziato da tre anni, dobbiamo dotarci di un
metodo condiviso. Senza una precisa organizzazione, senza una progettazione condivisa si rischia
di cadere nel mondo delle buone intenzioni. Per sviluppare il sogno di cui parlavo nelle scorse tesi
bisogna dotarsi di un buon progetto, il quali si basa un buon metodo.
Propongo a tal proposito di condividere delle buone prassi:
1. ogni commissione di lavoro si dota di un progetto annuale (dove si definiscono obiettivi,
strumenti, metodologia, destinatari e strumenti di verifica). A tal proposito si può costruire
un momento formativo interno sul tema della progettazione (che cosa significa progetto?
Perché è importante costruire un progetto? Come si costruisce un progetto?);
2. ogni commissione costituita dal congresso si impegna a preparare un ordine del giorno
prima dei suoi incontri e di redigere un verbale, condiviso con tutto il circolo, dopo ogni
riunione;
Le tradizionali riunioni di circolo subiranno alcune modifiche, sia per quanto concerne la quantità,
sia per la natura stessa dell’incontro. In primo luogo, ritengo che sia necessaria una convocazione
più sporadica (una volta al mese circa): credo che sia più utile, in questa fase dei GD, concentrarsi
maggiormente sugli incontri di commissione, per due motivazioni specifiche: a) negli incontri di
commissione è più facile sviluppare un progetto specifico; b) dopo 3 anni, il lavoro di
organizzazione interna è più che strutturato.
In secondo luogo, le riunioni di circoli, una volta ridotta la frequenza, possono diventare l’occasione
per confrontarsi su temi politici più ampi, incontrare varie realtà cittadine per conoscerne le attività
e provare ad aprire delle piste di collaborazione operativa (v. Terra del Fuoco, Libera,
Informagiovani, sindacati, Casa dei Popoli, ecc).
Inoltre le riunioni di circolo potrebbero ospitare tematiche che non sono affrontate da una
commissione specifica. A tal fine mi viene in mente il tema dell’ambiente: in qualche modo sempre
citato, ma mai approfondito.
Le assemblee degli iscritti possono diventare occasione per approfondire i rapporti con le altre
giovanili di partito settimese (IDV, SeL, PSI) su altri progetti, oltre che la già citata “scuola di
formazione politica”.
Tali momenti possono essere opportunità di scambio e confronto con gli altri circoli della Provincia
di Torino: seguire la strada inaugurata alla festa del PD potrebbe essere fruttuosa. In questo senso ci
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impegniamo con sforzo maggiore nell’organizzazione di appuntamenti con altri Giovani
Democratici del nostro territorio.
Le commissioni avranno la possibilità di incontrarsi maggiormente, liberando del tempo prezioso
razionalizzando le riunioni degli iscritti. Suggerisco a ognuno di noi di partecipare a più di una
commissione, in modo da poter avere una panoramica più complessa delle attività del circolo.
Ogni commissione avrà un responsabile dei lavori, che si occuperà di svolgere le funzioni di
coordinamento e rappresentanza del gruppo. Tali responsabili saranno membri della segreteria del
circolo. A tal proposito, propongo di continuare la strada intrapresa due anni fa: istituire una
segreteria delle progettualità. Il segretario nomina la segreteria che lo aiuterà nel coordinamento di
tutte le attività di circolo. In passato sono state sollevate delle critiche legittime sull’opportunità di
creare tale organismo. Oggi, come allora, provo a spiegare bene il senso e il significato di questa
scelta. Credo che sia fondamentale avere un luogo dove si condividano le principali responsabilità:
ognuno di noi non può procedere per la propria strada, ma deve condividere la progettualità
specifica della sua commissione con gli altri responsabili. Si cresce e si matura il senso di
responsabilità quando questa è condivisa con altri. La funzione principale di tale organismo non è
l’esercizio del potere nei confronti di altri giovani democratici, bensì il coordinamento e la
condivisione di responsabilità e compiti.
Anche in tal caso si prevede la costruzione di odg e verbali.
Per affrontare la spinosa questione dei rapporti con il Partito Democratico locale (si veda più avanti
la riflessione in merito) propongo di istituire una nuova figura, all’interno del circolo, che si occupi
di instaurare un rapporto più continuativo con il circolo settimese del PD. Le funzioni e i compiti di
tale ruolo potrebbero essere cosi definiti:
1. rapportarsi in modo duraturo con il PD, nella figura del segretario del partito;
2. presenziare, insieme al segretario dei GD, alle segreterie del PD in funzioni di
rappresentanza del circolo. Nel caso in cui sia il segretario che il responsabile dei rapporti
col PD non potessero presenziare alle suddette riunioni si impegnano a trovare un incaricato
al loro posto;
3. comunicare, coordinandosi con la commissione interna specifica, le attività dei GD al PD e
viceversa;
4. assolve le funzioni di tesoriere, in quanto occupandosi dei rapporti col PD, diventerebbe più
facile la gestione di entrambi i compiti;
5. occuparsi, come principale referente della Festa del Pd settimese.
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Il responsabile dei rapporti col Pd sarà invitato alla segreteria delle progettualità in modo
continuativo, qualora si tratti di temi vicini al suo ruolo.
Credo che tale impostazione abbia bisogno di un riconoscimento statutario (v. tesi 12).
Incontro dei delegati all’assemblea del Pd. Dobbiamo riprendere una buona prassi istituita circa un
anno e mezzo fa. Prima di ogni incontro del direttivo del PD locale o dell’assemblea degli iscritti, i
vari delegati GD in questi organismi si possono incontrare per condividere l’odg delle assemblee e
concordare insieme gli interventi da effettuare.
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Tesi 11 – Dentro il PD, ma in modo autonomo e libero "Bisogna avere il coraggio di dire ai giovani che l'obbedienza non é più una virtù, ma la più subdola delle tentazioni" (don Lorenzo Milani).
Questa perla è stata scritta da Lorenzo Milani, nella difesa dal processo per apologia di reato in
'Lettera ai giudici', dove il prete toscano cerca di far capire le ragioni dell'obiezione di coscienza ai
suoi detrattori.
Perché questo incipit? Sostengo l’obiezione di coscienza nei GD? Chiaramente no! Il parallelo non
ha senso visto in questi termini. Parto da un altro presupposto. Il concetto essenziale a cui faccio
riferimento è l’educazione dei giovani al pensiero critico e libero. Ho già fatto qualche riflessione a
tal proposito nelle tesi precedenti (soprattutto quando parlo di formazione). E’ fondamentale, per
un’organizzazione come la nostra, proporre un modello alternativo. Troppo spesso la politica chiede
ai giovani di obbedire agli ordini dei capobastone di turno, dei capicorrente e di “iscriversi” a finti
movimenti di pensiero. Troppo spesso ci viene chiesto di seguire una linea predeterminata senza
chiederci il perché; troppe volte ci viene chiesto di indossare una maglia e sventolare una bandiera
che non ci appartiene. Bisogna avere il coraggio di porre fine a queste operazioni di plagio, di
mancanza di rispetto del pensiero. Con la giusta determinazione dobbiamo invertire la rotta:
bisogna far capire agli adulti che non manchiamo loro di rispetto quando diciamo “scusami mi
permetto di dissentire”, ma semplicemente esprimiamo una nostra visione diversa della realtà. Il
dissenso è legittimo in una democrazia, soprattutto in un partito che ha scelto di chiamarsi
“democratico”.
Il pensiero critico non è una ricerca di visibilità personale. Purtroppo siamo ancora ammaliati (e
chissà ancora per quanto tempo) dal berlusconismo che ha fondato la sua discesa in campo su un
concetto proprio dell’economia: la massimizzazione dell’interesse personale. Troppe volte si
etichettano facilmente le idee diverse e le proposte “non in linea” come “strumenti di ricerca di una
visibilità politica”. E se quelle proposte, quei progetti, quei pensieri fossero espressi perché
semplicemente “ci credo in quel che dico”?
Credo, per esperienza personale, che la strada da intraprendere sia di gran lunga distante a quelle
che finora, la politica tradizionalista, ha percorso. Con questo non voglio mettere sotto accusa gli
organismi dirigenti del passato o del presente, ma fare una semplice e oggettiva constatazione: i
giovani che vivono questo tempo sono diversi da quelli che hanno vissuto in tempi meno recenti. Il
mio non è un giudizio di valore, ma di merito. Non m’interessa sapere se sia meglio o peggio, ma
guardo la realtà e cerco di lavorare a partire da come si presenta.
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Chiedere ai nostri coetanei, fuori dagli schemi politici odierni, di impegnarsi per farsi dettare i
compiti da eseguire è quantomeno anacronistico, o per dirla in altri termini, è inefficacie. Questa
giovanile sarebbe letteralmente vuota e priva di quella carica esplosiva che ci permette di andare
avanti. In questi anni abbiamo incontrato moltissimi giovani, che hanno partecipato sporadicamente
alle nostre attività, che si sono impegnati a lungo nella nostra giovanile, che sono “passati” senza
fermarsi. Questo è un segnale più che positivo: siamo attraenti nonostante operiamo in un clima di
sfiducia generale e di disaffezione dai partiti.
L’idea di una giovanile autonoma rispetto al PD non presuppone il concetto d’indipendenza. E qui
vengo al dunque. Molte volte siamo stati rimproverati su questo punto. Questo congresso è la
migliore occasione per smentire la voce per cui i GD si sentono fuori dal PD. Lo dico con estrema
chiarezza: noi ci sentiamo pienamente dentro il progetto del Partito Democratico e per questo
motivo ci sentiamo titolati a farne parte costruendolo, pezzetto per pezzetto. Ci sentiamo parte
integrante di questo partito, ma lo sogniamo in modo diverso da quello che finora è stato oggi. Fino
a questo momento (lasciando da parte i sondaggi che servono solo a distrarre dalle questioni
politiche vere), senza far polemica, ma cercando di proporre un’analisi lucida e concreta, il PD è
stato un ottimo contenitore di vecchie culture politiche che si trascinano in modo nostalgico. Eppure
io ho aderito alla fondazione di questo partito con ben altro spirito. Mi ricordo ancora gli ideali con
cui fu annunciata la sua nascita (“la culla dei vecchi riformismi italiani che si riunivano insieme”,
“la prima grande esperienza, a sinistra, di riunificazione delle forze politiche”, “il partito del 2000 e
non più del ‘900”): ma la storia, come si sa, è ben diversa.
Una cara canzone del grande cantautore Giorgio Gaber soleva dire “tutti noi ce la prendiamo con la
storia, ma io dico che la colpa è nostra, è evidente che la gente è poco seria quando parla di
sinistra o destra”. Tali affermazioni sono più che attuali. Spesso diciamo che la storia non funziona,
ma con altrettanta facilità scarichiamo al responsabilità su altri.
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Tesi 12 – Per una convivenza pacifica Con questo documento congressuale propongo di costruire uno statuto che regoli i rapporti interni
della nostra giovanile, per definire, come dice il titolo di questa tesi, una convivenza più serena.
Non è obiettivo di questo documento delineare in modo definitivo gli articoli del suddetto Statuto.
Di seguito riporto, a mio avviso, quelli che devono essere i paletti fondamentali:
- l’istituzione della figura del responsabile rapporti con il Partito Democratico (P.R.), con i
compiti e le funzioni designati dalla tesi n°10. In questo senso tale figura, insieme al
segretario dei GD, rappresenta la giovanile nei luoghi deposti (assemblea iscritti, direttivo e
segreteria PD). Qualsiasi altra voce, se non delegata, parlerà a titolo personale;
- la tempistiche delle convocazioni delle riunioni di circolo (una al mese?);
- questione elezioni amministrative 2014: i candidati consiglieri saranno da considerarsi come
rappresentanti del PD e non dei GD; i GD non reclameranno posti in rappresentanza della
giovanile
- rapporti col PD: collaborazione durante le iniziative proposte e di sana autonomia di
pensiero rispetto all’iniziativa politica;
- partecipazione personale alle attività proposte dal PD: nessun Gd si deve sentire obbligato
nel servire alla festa del PD, volantinare alla iniziative del partito o altre manifestazioni
promosse. La scelta di partecipare è legata alla persona; chi di noi vorrà partecipare sarà
libero di farlo e di collaborare con esso.
A tal proposito, propongo che s’istituisca una commissione ad hoc (i membri di segreteria
potrebbero essere già sufficienti) che scriva una bozza di statuto, in tempi ragionevoli, da sottoporre
a tutti gli iscritti GD. Una volta votato il documento, faremo una condivisione con al segreteria e
l’assemblea degli iscritti del PD.