dispensa di storia classe 2a s t o r i a - … religione dello stato e proibisce le altre religioni....
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DISPENSA di STORIA classe 2a
S T O R I A
Storia di ROMA dalle origini alla fine dell’Impero
1. L’ITALIA PRIMA DELLA NASCITA DI ROMA Nell’VIII sec. a.C. l’Italia era abitata da molti popoli chiamati ITALICI nella parte centrale. In Toscana
c’erano gli Etruschi, che hanno poi conquistato terre più a nord nella Pianura Padana ed a sud nella
Campania. Nel Sud dell’Italia c’erano le COLONIE GRECHE (= dei Greci) in Campania, Calabria e Sicilia
e le COLONIE FENICIE (= dei Fenici) in Sicilia e Sardegna.
Tra gli Italici si distinguono i LATINI, che vivevano nel Lazio e che fondano Roma. Roma all’inizio era un
piccolo villaggio del Lazio: a poco a poco diventa una grande città grazie alla sua posizione, che era molto
favorevole per i seguenti motivi:
1. Era vicina al fiume Tevere, nel punto dove c’era l’Isola Tiberina che permetteva di attraversare più facilmente il fiume;
2. Si trovava su dei colli e quindi non poteva essere allagata dal fiume come altri villaggi nella pianura;
3. Era vicina al mare e si trovava al centro di importanti vie di comunicazione e di commerci tra nord e sud,
cioè tra Etruschi e Greci.
Si trovava tra il mare e l’interno, dove passavano i carri pieni di sale, che hanno dato il nome alla Via
Salaria.
2. TAPPE DELLA STORIA DI ROMA
756 a. C - 509 a. C MONARCHIA | 509 a.C. - 31 a.C. REPUBBLICA | 31 a.C. - 476 d.C. IMPERO
3. LA MONARCHIA Durante questo periodo, secondo la leggenda a Roma ci sono stati 7 re. Il primo re fu Romolo, che fondò
Roma. Gli ultimi tre sono stati re etruschi e questo dimostra che gli Etruschi hanno conquistato Roma. Nel
509 i Romani cacciarono l’ultimo re e Roma diventò una repubblica.
4. LA REPUBBLICA
a) L’Ordinamento dello Stato In questo periodo a Roma invece del solo re hanno il potere diversi magistrati (cioè persone che governano
lo Stato). Al posto del re ci sono DUE CONSOLI, poi c’è il SENATO, una assemblea di anziani, che prende
le decisioni più importanti. Altri magistrati sono:
i PRETORI che amministravano la giustizia;
gli EDILI che controllavano l’ordine pubblico, la manutenzione di strade ed edifici;
i QUESTORI che controllavano le finanze dello Stato;
i CENSORI che registravano i nomi ed i beni dei cittadini ed ogni cinque anni effettuavano il censimento.
Se lo Stato si trovava in pericolo eleggevano un DITTATORE che aveva tutti i poteri, ma restava in carica
solo sei mesi.
b) La società romana In questo periodo la società romana era divisa in 2 classi:
1. i PATRIZI: erano i proprietari delle terre, erano ricchi ed erano i soli a partecipare al governo dello Stato;
2. i PLEBEI: erano contadini ed artigiani, erano poveri, non potevano partecipare al governo dello Stato,
non avevano diritti. I plebei lottarono a lungo contro i patrizi ed alla fine ottennero l’uguaglianza di fronte
alla legge ed ottennero anche l’elezione dei TRIBUNI DELLA PLEBE, che erano due magistrati che
difendevano gli interessi dei plebei e, se una legge danneggiava i plebei, avevano il DIRITTO DI VETO,
cioè potevano far cancellare la legge.
C’erano poi gli SCHIAVI: erano proprietà dei patrizi che li compravano e li vendevano e li facevano
lavorare per loro. Non erano considerati uomini ma oggetti, ed i padroni potevano anche ucciderli.
c) Le conquiste di Roma
Dopo essere diventata una repubblica Roma inizia una serie di guerre vittoriose: sconfigge i Latini e gli altri
popoli italici, poi gli Etruschi ed i Greci delle colonie e nel 270 a.C. è padrona dell’Italia dalla Toscana alla
Calabria (cartina 4). A questo punto si scontra con Cartagine, una colonia fenicia che è diventata la più
grande potenza marittima del Mediterraneo ed ha fondato colonie lungo la costa settentrionale dell’Africa,
sulla costa meridionale della Spagna, in Sicilia ed in Sardegna. Contro i Car-taginesi i Romani combattono
tre guerre dette Guerre puniche dal 264 al 146 a.C. (Punici = Cartaginesi) e le vincono. Con le guerre
Puniche i Romani conquistano: la Sicilia, la Sardegna, la Corsica, la Spagna; poi conquistano anche la
Pianura Padana (detta Gallia Cisalpina), la Grecia, la parte occidentale della Turchia : nel 133 a.C. Roma è
padrona di molte terre intorno al Mar Mediterraneo (cartina 5). Prima della fine della Repubblica, nel 31
a.C., a queste terre si aggiungono la Francia (detta Gallia Transalpina), le coste dell’Africa dalla Tunisia
all’Egitto, la Siria e la Palestina.
d) Conseguenze delle conquiste Le conquiste portano ai Romani molte ricchezze e terre, ma ricchezze e terre vanno tutte alle classi
aristocratiche che sono già ricche ed hanno molte terre, mentre i piccoli proprietari, a causa della
concorrenza dei grandi proprietari, sono costretti a ven-dere a loro le terre e vanno a Roma in cerca di
fortuna. Qui, insieme agli altri poveri che sono già a Roma, formano la classe dei proletari (che non hanno
altra ricchezza che la prole, cioè i figli). Nelle campagne scompare la piccola proprietà e si for-mano i
latifondi, grandi estensioni di terre che appartengono ad un unico proprietario. I fratelli Gracchi, prima
Tiberio, poi, dieci anni dopo, Caio, tentano di fare una riforma agraria per distribuire le terre in modo più
giusto, ma la riforma fallisce per l’opposizione degli aristocratici che fanno uccidere i Gracchi, uno nel 133
a.C. e l’altro nel 123 a. C.
e) Guerre civili e fine della Repubblica Dopo la morte dei Gracchi a Roma restano forti disuguaglianze sociali che portano ad una serie di guerre
civili. Si formano due partiti: gli ottimati (aristocratici) e i popolari, che comprendono i proletari ed anche i
cavalieri che si sono arricchiti con i commerci e vogliono la distribuzione delle terre per indebolire gli
aristocratici. A capo di questi due partiti ci sono dei generali che con i loro eserciti, dall’88 a.C., fanno una
serie di guerre civili per conquistare il potere a Roma. Prima vince Silla, capo degli ottimati contro Mario,
capo dei popolari, poi vince Cesare, capo dei popolari, contro Pompeo, capo degli ottimati. Cesare diventa
dittatore a vita, fa delle riforme e distribuisce le terre per migliorare le condizioni del popolo e limitare il
potere del Senato, ma poi i Senatori, nel 44 a.C., lo fanno uccidere, perché temono che voglia diventare re e
faccia finire la repubblica. Dopo di lui ci sono ancora lotte tra Ottaviano (figlio adottivo di Cesare) e Marco
Antonio. Nel 31 a.C. Ottaviano sconfigge in battaglia Marco Antonio e diventa padrone di Roma, ma non
accetta il titolo di re o di dittatore a vita e mantiene le cariche della Repubblica; in realtà detiene tutte le
cariche più importanti e quindi ha tutti i poteri ed è chiamato Augusto (= nobile, sa-cro). Ottaviano Augusto
dà inizio ad un lungo periodo di pace, fa costruire templi, teatri, monumenti, strade e fa di Roma la città più
grande, più bella e più importante del mondo allora conosciuto. Con lui finisce la Repubblica.
5. L’ IMPERO
a) Primo e secondo secolo d.C.: espansione dell’Impero Di fatto con Ottaviano Augusto finisce la Repubblica ed inizia l’Impero. Con l’ Impero tutti i poteri erano
dell’imperatore e alla sua morte passavano al figlio. Nei primi due secoli dell’Impero ci sono state diverse
dinastie di imperatori. I primi impera-tori fanno altre conquiste e l’Impero raggiunge la sua massima
grandezza intorno all’anno 100 d.C. con l’imperatore Traiano; allora l’ Impero Romano occupava tutte le
terre intorno al Mar Mediterraneo (cartina 7).
b) Terzo secolo d.C.: crisi dell’impero (anarchia) e crisi economica Nel terzo secolo inizia la crisi dell’Impero. L’esercito acquista sempre più potere e sono i soldati che
eleggono imperatore il loro comandante, ed a volte ci sono due imperatori che combattono tra di loro: in
questo periodo in cinquant’anni ci sono stati venti imperatori, che duravano in carica due o tre anni e spesso
erano uccisi anche dagli stessi soldati che li avevano eletti. Questo periodo è detto periodo dell’anarchia
militare (anarchia = mancanza di potere, quindi disordine). La crisi fu anche cri-si economica: i latifondi
venivano coltivati solo in parte, ed inoltre molti contadini abbandonavano le terre per andare come soldati a
difendere i confini, così le terre producevano meno ed i prezzi aumentavano; gli imperatori avevano bisogno
di molti soldi per pagare i soldati per difendere i confini, perciò imponevano nuove tasse. La conseguenza è
che c’era molta povertà.
c) La diffusione del Cristianesimo e la divisione dell’Impero Già dal I secolo dopo Cristo comincia a diffondersi nell’Impero la religione cristiana. Molti imperatori
perseguitano e fanno uccidere i cristiani, perché si rifiutavano di adorare l’imperatore come un dio e per
questo pensavano che la loro autorità potes-se diminuire. Solo nel 313 d.C. con l’Editto dell’imperatore
Costantino i cristiani sono liberi di professare la loro religione. Nel 380 l’imperatore Teodosio dichiara il
Cristianesimo religione dello Stato e proibisce le altre religioni. Nel 395 sempre l’imperatore Teodosio
divide l’Impero tra i suoi due figli in due parti: Impero Romano d’Occidente con capitale Roma ed Im-pero
Romano d’Oriente con capitale Costantinopoli.
d) Invasioni barbariche e fine dell’Impero
All’inizio del quinto secolo cominciano le invasioni barbariche: diverse tribù di barbari oltrepassano i confini
dell’Impero Romano, compiono saccheggi, distruzioni ed alcuni arrivano a saccheggiare anche Roma, altri si
stabiliscono all’interno dell’Impero. Nel 476 d.C. il re di una tribù di barbari depone l’ultimo imperatore
romano Romolo Augustolo. Finisce così l’Impero Romano d’Occidente ed in tutta l’Europa occidentale si
formano dei Regni Romano - Barbarici. Resta invece anco-ra l’Impero Romano d’Oriente.
6. CAUSE DELLA CADUTA DELL’ IMPERO ROMANO a) L’anarchia militare b) La crisi economica c) Le invasioni barbariche d) Il Cristianesimo che indebolisce
l’Impero Romano perché ha dei valori contrari a quelli di Roma.
Valori del Cristianesimo: uguaglianza e amore tra gli uomini, pace.
Valori dell’Impero Romano: diversità tra gli uomini (padroni e schiavi), guerra, violenza e conquiste
I L M E D I O E V O
1. CHE COSA SIGNIFICA, QUANTO DURA E COME SI DIVIDE MEDIOEVO significa ETA’ DI MEZZO, cioè in mezzo tra l’ETA’ ANTICA e l’ ETA’ MODERNA (Medio
= mezzo – evo = età ).
Il medioevo inizia con la fine dell’Impero Romano ( 476 d. C ) e finisce con la scoperta dell’America nel
1492.
Si divide in ALTO MEDIOEVO dal 476 al 1000 e BASSO MEDIOEVO dal 1000 al 1492.
2. L’ALTO MEDIOEVO a) Aspetto politico: in Europa al posto dell’Impero Romano nascono i REGNI ROMANO-BARBARICI
governati da re barbari e abitati da popolazioni locali e dai barbari (popoli che non appartenevano all’Impero
Romano: erano Germanici, Slavi, Visigoti, Ostrogoti,Vandali …).
In Italia ci fu prima il Regno degli Ostrogoti, poi quello dei Longobardi e dopo quello dei Franchi.
b) Aspetto sociale ed economico: il Basso Medioevo fu un periodo di guerre, saccheggi, distruzioni, che
provocano carestie (= man-canza di cibo) e di conseguenza epidemie (= malattie che si diffondono per
contagio come la peste che fanno morire migliaia di persone). Tutto questo fa diminuire di molto la
popolazione europea. Gli abitanti abbandonano le città e vanno a vivere nelle cam-pagne, e, per essere difesi
dai saccheggi dei barbari, vanno ad abitare vicino alle ville dei signori chiamate anche corti, che sono grandi
case con intorno le abitazioni dei servi, spesso fortificate da un muro tutt’intorno (diventeranno poi i
castelli). L’insicurezza delle strade e la scarsità dei prodotti dovuta all’arretratezza delle tecniche agricole
fanno diminuire i commerci: ogni corte produce tutto quello che serve ai suoi abitanti. L’economia curtense
(= delle corti) è pertanto un’economia chiusa: ciò significa che non ci sono commerci, che ogni corte (e dopo
ogni feudo) consuma ciò che produce.
3. LA CHIESA ED IL MONACHESIMO In questo periodo di insicurezza e di pericolo la CHIESA con i
suoi VESCOVI sempre più spesso si sostituisce al potere politico, che è ormai incapace di svolgere i propri
compiti, aiuta chi ha bisogno, orga-nizza la difesa contro i barbari. Inizia così, con il papa GREGORIO
MAGNO, il POTERE TEMPORALE (cioè politico) della Chiesa che porterà poi lunghe lotte tra Papato ed
Impero.
In questo periodo molti cristiani, stanchi di guerre e violenze, si ritirano a vivere in solitudine, dedicandosi
alla preghiera e diventano MONACI. In seguito, poi, si uniscono e vanno a vivere insieme nei
MONASTERI, che diventano centri di attività economiche quali bonifi-ca di terreni paludosi e messa a
coltura di terre abbandonate e centri di attività culturali quali la conservazione di testi antichi che i monaci,
detti amanuensi, ricopiavano a mano.
4. IL REGNO DEI FRANCHI, CARLO MAGNO ed il SACRO ROMANO IMPERO
Tra i Regni Romano-Barbarici si distingue il Regno dei Franchi, che prima degli altri si converte al
Cristianesimo e diventa così alleato e protettore del papa. Il re franco Pipino toglie ai Longobardi la
Romagna e le Marche e le dona al papa. Nasce così uno STATO DELLA CHIESA ed il papa diventa il
sovrano di uno stato; il suo potere non è più solo spirituale, ma diventa anche potere temporale, cioè politico
e da questo deriveranno le lotte tra Papato ed Impero, poiché entrambi aspirano ad un potere universale.
Tra i re franchi si distingue CARLO MAGNO, che respinge al di là dei Pirenei gli ARABI, i quali, dopo
aver conquistato l’Africa Setten-trionale e la Spagna, tentavano di occupare anche la Francia e l’Europa.
Carlo Magno conquista poi il territorio dei Sassoni in Germania ed il regno dei Longobardi in Italia, e nella
notte di Natale dell’ 800 viene incoronato imperatore dal papa. Nasce così il SACRO ROMANO
IMPERO. Alla morte di Carlo Magno, a causa delle lotte tra gli eredi, l’impero si divide e si arriva poi alla
fine della dinastia carolingia.
A questo contribuisce anche una nuova ondata di invasioni: da nord i NORMANNI, che conquisteranno poi
la NORMANDIA nella Francia di Nord Ovest ed un regno nell’Italia Meridionale, gli UNGARI da est e nel
Mediterraneo le incursioni dei pirati musulmani.
5. GLI OTTONI ed IL SACRO ROMANO IMPERO GERMANICO Con la dinastia tedesca degli Ottoni nel 962 si forma di nuovo l’impero, che ora però ha il suo centro in
Germania e per questo viene chiama-to SACRO ROMANO IMPERO GERMANICO.
6. IL FEUDALESIMO Con Carlo Magno era iniziata la consuetudine, da parte dell’imperatore, di
concedere delle terre ai cavalieri che lo avevano aiutato nelle guerre di conquista. Questi cavalieri sono poi
chiamati FEUDATARI, mentre le terre sono chiamate FEUDO. Il feudatario si impegna ad essere fedele al
sovrano e ad aiutarlo in caso di guerra. Dapprima queste terre, alla morte del cavaliere, tornavano
all’imperatore, ma poi, durante le lotte per la successione nell’impero carolingio, come compenso per l’aiuto
dato, fu concesso il diritto di trasmettere il titolo di feudatario e le terre ai discendenti. Questo indebolisce il
potere del re ed accresce il potere dei feudatari, che hanno nel loro feudo un potere praticamente assoluto:
hanno un proprio esercito, amministrano la giustizia, riscuotono le tasse.
6. a – Le caratteristiche del Feudalesimo
La frammentazione del potere politico in quanto il feudatario, chiamato anche VASSALLO, può a sua volta
concedere una parte delle sue terre ad un VALVASSORE e questi ancora ad un VALVASSINO.
I vincoli personali per cui in questa età ogni uomo dipende da un altro più potente o perché ne è vassallo o
perché ne è servo.
La gerarchia feudale, cioè la divisione della società in una scala di importanza a forma di piramide, in cima
alla quale sta il re, poi i vassalli, i vescovi e gli abati (capi dei monasteri) , poi i valvassori e sotto i
valvassini e alla base i contadini, i servi della gleba (conta-dini legati alla terra), gli artigiani ed i soldati.
6.b – Il Feudo ed il castello
I feudatari vivevano nei CASTELLI, vere e proprie fortezze che sorgevano in cima ad un colle ed erano
circondati da mura e da un fossato e protetti da un ponte levatoio. Questo perché erano frequenti le guerre tra
i feudatari e le incursioni. Intorno, o anche dentro al castello, c’erano le case dei contadini e dei servi e le
botteghe degli artigiani, che in questo modo si sentivano protetti. In cambio, però, di questa pro-tezione il
feudatario imponeva numerose tasse, quando c’era una guerra, per l’uso di servizi come il mulino, per la
raccolta della legna, per l’uso dei ponti, delle strade e pretendeva anche le corvèes, cioè prestazioni
lavorative nelle sue terre. Contadini, servi, artigiani erano molto poveri e non avevano diritti e nessuna
difesa dalle prepotenze dei feudatari.
7. LOTTE PER LA SUPREMAZIA TRA PAPATO ED IMPERO. LA LOTTA PER LE
INVESTITURE
Ottone I, imperatore del Sacro Romano Impero Germanico, per contrastare il crescente potere dei feudatari,
inizia a scegliere come feudatari dei vescovi. In questo modo, alla morte del feudatario, non avendo i vescovi
dei figli, il feudo tornava all’imperatore. Questo, però, viene visto dal papa come una ingerenza dell’impero
negli affari della chiesa. Dall’altra parte c’è il potere politico che il papa ha acquisito con la formazione dello
Stato della Chiesa. Ne deriva una lotta tra Papato ed Impero per affermare il proprio potere come potere
universale. Que-sta lotta è detta Lotta per le investiture, perché riguarda appunto la nomina di vescovi conti
da parte dell’imperatore ed ha il suo culmine dal 1075 con il papa Gregorio VII e l’imperatore Enrico IV e
termina nel 1122 con un compromesso, per cui al papa spetta la consacrazione religiosa del vescovo e
all’imperatore l’investitura feudale.
8. IL BASSO MEDIOEVO: LA RINASCITA DELL’ECONOMIA DOPO L’ANNO MILLE La cessata paura della fine del mondo che c’era stata prima dell’anno 1000 ed aveva rallentato le attività e la
fine delle invasioni barbariche, porta ad una ripresa dell’attività agricola, grazie all’uso di nuovi strumenti
(quali l’aratro con il vomere di ferro ed il collare rigido per i ca-valli) e di nuove tecniche agricole (come la
rotazione triennale dei terreni). Questo, insieme ad un aumento delle terre coltivate, porta ad un aumento
della produzione. La maggiore quantità di prodotti ed una maggiore sicurezza delle strade portano ad una
rinascita dei commerci e, di conseguenza, delle città, che diventano sede di mercati e di fiere e vedono
aumentare notevolmente gli abitanti ed anche le attività artigia-nali. Molti servi della gleba fuggono dai feudi
e si rifugiano nelle città, dove, dopo un certo tempo, diventano liberi. Tra le città si sviluppano anche alcuni
porti, le cosiddette REPUBBLICHE MARINARE : Venezia, Genova, Pisa ed Amalfi.
9. I BORGHESI E LA NASCITA DEI COMUNI Nelle città che hanno riacquistato importanza si forma
una nuova classe sociale, quella dei BORGHESI, che si sono arricchiti con i commerci e le attività
artigianali e si collocano in mezzo tra feuda-tari (alcuni dei quali sono andati a vivere nelle città) ed i
contadini. Questi riescono ad ottenere dall’imperatore il diritto di darsi delle leggi, di eleggere i propri
magistrati, di amministrare la giustizia. Si formano così i COMUNI, che, approfittando della debolezza
dell’imperatore, di fatto, pur riconoscendone l’autorità, si governano da soli come tanti piccoli stati
indipendenti. E tale indipendenza manterranno anche quando il nuovo imperatore Federico Barbarossa verrà
in Italia con un esercito per ristabilire la propria autorità sui Comuni e sarà sconfitto dai Comuni a Pontida.
10. LE SIGNORIE I Comuni estendono il proprio potere anche sui territori circostanti ed iniziano così le
lotte tra un Comune e l’altro. E lotte ci sono anche all’interno dei singoli Comuni, tra le varie classi sociali: il
popolo grasso (ricca borghesia), il popolo minuto (piccoli artigiani e commercianti) e la plebe cittadina
(contadini e operai). In realtà, quello del Comune è un governo di classe, dove pochi hanno il potere, mentre
le classi escluse lottano per far valere i propri diritti. Tutte queste lotte interne ed esterne ed il desiderio di
pace por-tano, verso la fine del XIII secolo, alla trasformazione dei Comuni in SIGNORIE, nelle quali il
potere era accentrato nelle mani di un Signo-re. Signorie furono quelle dei Visconti, poi degli Sforza a
Milano, degli Estensi a Ferrara, dei Medici a Firenze, degli Scaligeri a Verona.
L’Italia è divisa in tanti piccoli Stati ed i Signori sono come dei re, vivono in palazzi lussuosi, costruiti da
architetti famosi ed abbelliti dai dipinti dei più grandi pittori del tempo, circondati da una corte di nobili,
mentre il popolo vive in grande miseria. Spesso lottano tra di loro per ingrandire i propri territori che sono
veri e propri stati regionali.
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M E D I O E V O - U M A N E S I M O - R I N A S C I M E N T O MEDIOEVO: è messo l’accento sul peccato originale e l’uomo, in quanto peccatore, deve cercare di
procurarsi la salvezza, che è per i medievali il fine principale della vita: da qui deriva l'importanza delle
pratiche religiose, delle penitenze, dei pel-legrinaggi ed anche la paura delle pene dell’Inferno, che in molti
dipinti del tempo sono rappresentate in modo spaventoso.
Simbolo di questo modo di intendere la vita è la DIVINA COMMEDIA di DANTE ALIGHIERI (una delle
prime opere in lingua italiana) che rappresenta un viaggio attraverso il male (INFERNO e PURGATORIO)
che è riflessione e purificazione per arrivare al bene (PARADISO). Nell’Inferno e nel Purgatorio Dante è
accompagnato dal poeta latino VIRGILIO, che è simbolo della RAGIONE, nel Paradiso è accompagnate da
BEATRICE, simbolo della FEDE. Nel Medioevo vengono lette le DIVINAE LITTERAE e cioè la Bibbia, i
testi sacri in genere. Le opere degli antichi greci e latini non sono lette in quanto pagane.
UMANESIMO: è un movimento culturale che si sviluppa in Italia nel 1400.
Con l’Umanesimo cambia il modo di considerare l’uomo e la vita: invece che sul peccato originale viene
messo l’accento sulla grandezza dell’uomo in quanto creato ad immagine e somiglianza di Dio. L’uomo con
la sua intelligenza può fare cose grandi, vuole essere libero artefice del proprio destino, ha un senso gioioso
della vita, apprezza le cose belle. Gli umanisti ritrovano questo modo di vedere la vita e l’uomo nelle opere
degli antichi Greci e Romani, le quali durante l’Umanesimo vengono ricercate, lette, studiate e diventano un
modello da imitare.
RINASCIMENTO: è il movimento culturale e artistico che segue all’Umanesimo nel 1500.
E’ chiamato così perché si ha una una rinascita degli studi classici (cioè degli antichi Greci e Romani) e della
cultura dopo i “secoli bui” del Medioevo. Nel Rinascimento c’è un grande sviluppo della letteratura e delle
arti: pittura, scultura, architettura, specialmente presso le corti dei vari signori, dove si conduceva una vita
lussuosa tra feste e banchetti. Questo genere di vita era un modo per manifestare il proprio potere economico
e politico e per dimostrare la loro superiorità ri-spetto alle classi popolari, che vivevano molto poveramente.
Per lo stesso motivo i principi accoglievano nei loro palazzi e mantenevano alla propria corte i più famosi
artisti del tempo come: Leonardo, Michelangelo, Raffaello. Questo viene chiamato MECENATISMO ed i
principi erano detti MECENATI.
Durante il Rinascimento l’Italia non era solo il centro della cultura e dell’arte europea, ma anche una delle
regioni più ricche e sviluppate dell’Europa.
La storia d'Italia, il Medioevo e i Longobardi
I LONGOBARDI (568-774)
Tra il 568 e il 774 d.C., l'Italia fu nuovamente invasa. I longobardi, spinti verso sud da altre popolazioni,
occuparono prima la pianura padana, poi l'Italia centrale ed infine giunsero fino in meridione. Confiscando
terre e latifondi al dominio della Chiesa, ormai largamente esteso, asservirono gli italici. Instaurarono così
una monarchia, con capitale a Pavia, contornata da diversi ducati minori largamente autonomi. A conquista
ultimata, nel 650 d.C., il territorio italiano di trovava diviso in un Regno, retto dal re Autari, e quattro ducati
principali, praticamente autonomi, che svolgevano una politica indipendente.
I longobardi raggiunsero il loro massimo splendore con il re cattolico Liutprando, che ampliò il dominio, ma
che arrivato a Roma, a causa della sua forte fede religiosa, rinunciò alla conquista dei domini della Chiesa.
Questo fatto contribuì a fortificare la consapevolezza del papato del potere della religione sulla politica.
Quanto fosse pesante l'eredità di Liutprando lo si vide con Ratchis (744-749) che salì al trono appoggiato
dalla corrente filoromana. Egli dapprima attuò una politica di pace (746); costretto poi a prendere le armi
contro Perugia, si trovò di fronte papa Zaccaria e, come Liutprando, non solo cedette, ma abdicò e si ritirò
nel monastero di Montecassino. Prevalse allora la corrente opposta, che pose sul trono Astolfo (749-756):
questi riprese la politica di espansione contro il papato, ma il nuovo papa Stefano II chiese l'aiuto di Pipino il
Breve, re dei Franchi, che doveva la corona a papa Zaccaria e a lui. Sceso in Italia, Pipino sconfisse i
Longobardi, nel 754 e nel 756, costringendo Astolfo a cedere al papa le terre tolte ai Bizantini, che
costituirono il maggior nucleo dello Stato pontificio (legittimato dalla falsa donazione di Costantino, allora
coniata). Ad Astolfo succedette, dopo alcuni mesi di governo di Ratchis, Desiderio, duca di Brescia (756-
774) che strinse alleanza con i Franchi, dando la propria figlia Ermengarda, in sposa a Carlo Magno,
primogenito di Pipino, e chiedendo per Adelchi la mano di Gisela, sorella di Carlo.
Desiderio mosse quindi contro l'Esarcato e la Pentapoli, minacciando, in un secondo tempo, Roma stessa.
Dopo la morte del fratello Carionianno (771), Carlo si impadronì di tutto il Regno franco, ripudiò
Ermengarda e, accogliendo l'appello di papa Adriano I, scese in Italia contro i Longobardi. Vincitore alle
Chiuse di Susa, Carlo pose l'assedio a Pavia e a Verona e piegò la resistenza di entrambe. Adelchi da Verona
fuggì a Costantinopoli, e Desiderio, arresosi a Pavia, fu catturato e chiuso nel monastero di Corbie, in
Francia. Finiva così la dominazione longobarda in Italia.
Carlo assunse la corona di re dei Longobardi e, in un primo tempo, lasciò sussistere gli ordinamenti del
Regno, mantenendo i duchi, da cui volle il giuramento di fedeltà. Essendo scoppiata poi una rivolta nel
Friuli, Carlo sostituì ai duchi longobardi, conti e marchesi franchi e, nel 781, cambiò nome al Regno stesso,
chiamandolo Regno d'Italia. Altrettanto vano fu il tentativo di Adelchi di riprendere il Regno, cosicché alla
fine del sec. VIII rimasero del dominio longobardo in Italia solo i ducati di Spoleto e di Benevento, vassalli
di Carlo Magno.
IL FEUDALESIMO
Il feudalesimo è un insieme di istituti giuridico-economici che ha qualificato un intero periodo della storia
medievale europea (età feudale), dando vita a un sistema di rapporti e di strutture politiche (sistema feudale)
entro il quale la distinzione tra aspetti pubblici e privati nella vita sociale tende a essere quasi annullata o,
almeno, fortemente sfumata.
Se il rapporto feudale caratterizza un periodo della storia europea, qualificandola come età feudale, il vincolo
feudale vero e proprio si presenta in Europa anzitutto nell'ambito del Regno Franco, trovando in un istituto
del mondo germanico l'elemento di dipendenza personale che più lo ha caratterizzato, e cioè il legame che
univa il capo militare col suo seguito. Legame fondato sulla fedeltà dei liberi soldati semplici. Accanto a tale
vincolo di fedeltà "personale" e, rispettivamente, di protezione (detto vassallaggio), esiste, quale premessa al
rapporto feudale, anche un vincolo "reale", che consiste nella concessione di una terra o di altro bene in
usufrutto, in cambio di determinati servizi o prestazioni.
Di derivazione tardo-romana e tipico di un'economia fondata sul latifondo, in un quadro politico e sociale di
crisi dell'Impero, tale rapporto trovò una vasta utilizzazione, oltre che in campo ecclesiastico, anche
nell'ambito della corte franca e nei rapporti economici e sociali.
Quando, a partire dalla metà del sec. VIII, i re franchi della dinastia carolingia dovettero armare a loro volta
un esercito a cavallo - per far fronte alla minaccia arabo-islamica incombente dalla Spagna attraverso i
Pirenei, e per contrastare le incursioni della cavalleria dei Mori- finanziarono dei cavalieri, concedendo loro
in beneficio terre prelevate dal fisco o dai grandi patrimoni ecclesiastici. Nacque così, in ambito militare,
l'incontro dei due rapporti, quello "personale" o vassallatico, legato da giuramento, e quello "reale", affinché
il cavaliere, coi proventi che traeva dalle sue terre, potesse armarsi e crearsi un seguito.
A questa fase militare del feudo, seguì il periodo del feudalesimo che si può chiamare "politico", nel senso
che il rapporto feudale (vassallaggio-beneficio) penetrò nelle strutture politico-amministrative del Regno
Franco, che dall'anno 800 (dopo l'incoronazione di Carlo Magno da parte del papa) era divenuto Sacro
Impero.
L'Impero, che tende a identificarsi con l'Europa, era amministrato localmente da funzionari, militari e civili
allo stesso tempo: conti e marchesi, che inizialmente mantennero un rapporto gerarchico e burocratico con il
Palazzo Imperiale (e per il Regno Italico, ex-longobardo, con il Palazzo regio di Pavia).
Questa organizzazione amministrativa (nella quale i missi dominici funzionavano da collegamento tra centro
e periferia, ispezionando continuamente il territorio dell'Impero), però, non resse a lungo e ben presto, già
con Carlo Magno, subì un'inflessione di tipo, appunto, feudale.
Il rapporto gerarchico si andò cioè rapidamente trasformando in rapporto vassallatico, sicché conti e
marchesi ribadirono il loro rapporto verso l'Imperatore con giuramento di fedeltà, riconoscendosi suoi
vassalli, e ottenendo in cambio la contea o la marca, e cioè raccogliendo i frutti derivati dall'esercizio della
giustizia e dall'esazione dei tributi nell'ambito del loro territorio, senza obbligo di versarli
nell'amministrazione centrale. Questa esenzione, insieme al diritto di essere giudicati da una corte di "pari",
venne chiamata con il termine latino: immunitas, e cioè esenzione da obblighi o tributi. Ecco perché per la
fase "politica" si afferma, e il feudalesimo si compone di tre elementi: vassallaggio, beneficio e immunità.
Il processo di feudalizzazione della società europea medievale, iniziato agli apici, si estese gradualmente
verso il basso, con la creazione di cariche e di funzioni minori, sicché i vassalli maggiori (conti e marchesi)
sottoposero, con vincolo analogo e rispettivo beneficio, i valvassori e, sotto di essi, i valvassini.
Accanto poi a conti e marchesi e agli altri feudatari laici, già nel periodo carolingio, anche vescovi e abati
entrarono a far parte in qualche modo del ceto.
La cerimonia mediante la quale si veniva a creare il vincolo di vassallaggio consisteva nella pronuncia della
formula di giuramento con cui il vassallo si diceva homo del suo signore e prometteva di essergli fedele; ciò
dicendo il vassallo metteva le proprie mani congiunte in quelle del signore. Seguiva da parte del re, per i
feudatari maggiori, la consegna dello stendardo (per i vescovi e abati di un bastone o di uno scettro).
L’impero Romano
Ottavio affermando di voler restaurare la repubblica, che infine rimase formalmente in vita, governò in
realtà come un monarca, col consenso dell’aristocrazia senatoriale, cioè penso bene di non ostentare troppo il
potere acquisito: ogni volta che voleva far votare una legge, la presentava ossequiosamente al Senato che,
pago dell’omaggio formale alla perduta sovranità , approvava senza discutere. Suddivise l’impero in due tipi
di province: quelle senatoriali, strategicamente meno importanti, e quelle imperiali, governante direttamente
da suoi rappresentanti e caratterizzate dalla presenza dell’esercito. L’Egitto non fu inquadrato nel sistema
delle province, ma considerato possesso dell’imperatore e da lui direttamente governato: le grandi ricchezze
provenienti da quelle terre, da cui Ottavio attingeva per finanziare le feste, i giochi, le donazioni alla plebe e
ai soldati, che costituivano un ingrediente fondamentale del suo potere. Augusto attuò una politica di
espansione decisamente più contenuta rispetto al passato. A Oriente l’azione principale fu l’intervento contro
l’impero dei parti per il controllo dell’Armenia, mentre la campagna intraprese a Occidente fissarono il
confine dell’impero lungo il Reno e il Danubio. Ma Augusto non aveva eredi, perchè sia che in famiglia
fossero di salute cagionevole, sia che Livia (seconda moglie) facesse uso abbondante di veleno, i discendenti
di sangue gli erano tutti morti.
Così al trono di Roma, quel trono di cui nessuno ancora voleva ammettere l’esistenza, nel 14 salì Tiberio,
figlio di primo letto di Livia. I romani in Svizzera c’erano fugacemente già stati in precedenza con le
campagne nel 16 d.C. guidate allora dai generali Tiberio e Druso. I Romani vi avevano lasciate pochissime
tracce di insediamenti, rarissime colonie, per il poco interesse che quelle terre avevano suscitato. Una zona
allora totalmente forestificata, quasi tutta disabitata o arcaicamente abitata, che oggi chiamiamo Grigioni e
sud Tirolo. Le popolazioni di quelle valli furono chiamate per la prima volta Reti e ancora oggi esiste un
piccolissimo paese chiamato Retia (in italiano Resia). Claudio con la sua legione ripercorre questo sentiero e
fonda una piccola colonia, Glorenza.
Ma neppure lui morì di morte naturale: il folle Caligola, suo pronipote ed erede, nel 37 lo fece strangolare.
Dopo quattro anni di crudeltà , i pretoriani dissero basta e scannarono Caligola all’uscita del circo.
La famiglia stava estinguendosi. Non rimaneva che il maturo zio di Caligola, Claudio (41). Timido, zoppo e
balbuziente, era in realtà un uomo clemente ed erudito. Diede impulso a grandi opere pubbliche. Quando
l’incauta sposa (Valeria Messalina) cercò di rubagli il trono per regalarlo all’amante, dovette suo malgrado
sopprimerla. Nel 42 si ha l’annessione della Mauritania, nel 44 della Giudea, nel 46 della Tracia. I romani
erano venuti in contatto già nel 50 con i Briganti, una delle più famose tribù dell’isola di Gran Bretagna; che
non era solo una piccola tribù ma una confederazione di tribù. A comandare questa nuova spedizione
troviamo prima Ceriale e poi Frontino. Una campagna la prima che fu contraddistinta da numerosi e violenti
scontri campali, mentre la seconda rivolgendo l’attenzione anche a occidente dell’isola riuscirono a
soggiogare i Siluri, completando così la conquista del Galles. In questa zona i romani dovettero affrontare
una popolazione che non era dedita all’agricoltura, il che impediva l’eventuale saccheggio alimentare che
occorreva ai ribelli per vivere, ma erano tribù che vivevano esclusivamente di caccia o quanto trovavano
nella selvatica vegetazione spontanea. Comparivano e scomparivano in luoghi diversi. Fu quindi necessario
adottare una strategia, costruire una strada militare fiancheggiata lungo il suo corso da postazioni fortificate e
da torri di guardia, poteva essere impiegata per isolare territori difficili e contribuiva al suo effettivo
controllo, spostando velocemente da una posizione all’altra i soldati necessari. Agrippina ansiosa di spianare
la strada al suo unico rampollo, il diciassettenne Nerone, la matrona si liberò in tutta fretta dell’anziano
marito con una porzione di porcini avvelenati e prese il potere, nel 54.
Non concesso alle donne di ricoprire in prima persona le cariche politiche, ma esercitarle attraverso mariti,
figli e amanti, Nerone, accantonate le velleità teatrali, divenne imperatore. Il potere degli imperatori, in
particolare con Caligola e Nerone, assunse caratteri molto autoritari.
Inoltre furono introdotti nel cerimoniale di corte elementi tipici di venerazione per il monarca, secondo l’uso
orientale: per esempio gli inchini e il bacio dei piedi. Per questo motivo Caligola fu ucciso in una congiura e
Nerone fu rovesciato da una ribellione appoggiata dal Senato (68).
Segui un anno di guerre civili, provocate dagli eserciti stanziati nelle diverse province, che tentarono di
imporre come imperatore il proprio comandante. Alla fine del 69, con l’appoggio delle legioni d’Oriente,
ebbe la meglio Vespasiano (69-79), che diede inizio alla dinastia dei Flavi. Vespasiano dovette
inizialmente affrontare il problema della rifondazione del principato. Vespasiano, allora, rinnovò
profondamente il Senato inserendovi molti esponenti delle classi ricche delle province e con il loro appoggio
ottenne l’approvazione per una legge che definiva il potere del principe (legge di Vespasiano sul governo). In
questo modo il principato non si basava più sul compromesso tra l’imperatore e il Senato di Roma, ma
diventava un’istituzione dello Stato romano, riconosciuta dalla legge. Nel 70 distrusse Gerusalemme. Gli
ebrei furono massacrati e i sopravissuti vennero deportati come schiavi dai Romani. Da allora gli Ebrei si
sono dispersi nel mondo dando luogo alla cosiddetta diaspora (dispersione). Giulio Agricola nel 77 sbarca in
Britannia. Con un attacco improvviso si impadronì perfino dell’isola di Mona, il covo dei Druidi.
Nel 96 il Senato mise fine alla dinastia flavia con una congiura contro Domiziano e impose quale imperatore
un proprio rappresentante: Nerva (96-98), dal quale ha inizi la dinastia degli Antonini. Con lui si affermò
come principio di successione l’adozione del migliore: l’imperatore sceglieva come suo successore una
persona di elevate qualità morali e politiche.
Nerva scelse un abile generale spagnolo, Traiano (98-117), che fu il primo imperatore di origine
provinciale. Egli fece giungere l’impero romano alla sua massima estensione nel quale 106 viene annesso il
regno dei Natabei (attuale Siria e Giordania) che diviene la provincia dell’Arabia.
Siamo ormai al tempo del massimo splendore della civiltà latina: sotto Traiano e Adriano (117-138), tutti gli
abitanti liberi dell’impero godono della cittadinanza. Nell’urbe la gente mangia bene, prende il bagno tutti i
giorni, e i più, donne comprese, sanno leggere e scrivere. Gli orfani sono mantenuti dallo Stato, i lavoratori
hanno le ferie. Di laggiù, il cinese Figlio del Cielo saluta col nome di An-tun Marco Aurelio Antonino
(116-180). Ma già l’economia ristagna, i barbari sono alle porte. Mentre Roma è all’apogeo, il tarlo della
decadenza lavora implacabile sotto i marmi del Palatinato.
Le 3 campagne di Marco Aurelio in Germania sono molto importanti, perché sono le prime campagne fatte
da un imperatore per ricacciare nella propria terra dei barbari che invadono il territorio romano. La prima
delle 3 campagne militari condotte da Marco Aurelio incominciò nel 167, tutto a causa di 3 popoli: Catti,
Longobardi e Obii, che mossero contro le quasi sguarnite frontiere dell’impero, non riuscendo ad
oltrepassarle, ma comunque mettendo in seria difficoltà legionari e ausiliari stanziati sul limes a partire
dall’Alto Reno fino al Medio Danubio. Dopo questi eventi tentarono la fortuna contro i Romani anche
numerosi altri popoli, tra cui i Marcomanni, i Quadi, numerose altre popolazioni minori e in piccola parte
anche i Vandali. Il gran numero di tutti questi popoli, insieme, aggiunto alla scarsezza delle difese romane,
permise ai germani di attraversare il confine e di razziare tutto quello che trovavano sul loro cammino. Le
notizie, come era ovvio, arrivarono a Roma con un po’ di ritardo, dovuto ai mezzi dell’epoca, e quindi Marco
Aurelio partì da Roma solo il 15 maggio. Il 1 gennaio del 169 con un impero finalmente libero dai barbari
morì Lucio Vero, mentre l’esercito vincitore tornava a Roma. Dopo aver celebrato i funerali di Lucio Vero e
aver cercato di migliorare la situazione della popolazione, Marco Aurelio dovette ripartire verso nord per via
delle terrificanti notizie che giungevano a Roma. Marco Aurelio decise che questa volta non era solo una
legione ad attaccare, ma l’intero esercito dell’imperatore. Per questo motivo pose il suo quartiere generale in
Pannonia, a Carnuntum, e da qui attaccò il territorio dei Quadi dove si stavano radunando diversi popoli. La
sua strategia era quella di penetrare in profondità e di attaccare tutti i popoli uno alla volta, non permettendo
ai barbari di allearsi e di formare un unico grande esercito; così affrontò, nell’ordine: Quadi, Marcomanni,
diverse tribù germaniche e Sarmati. Verso la metà dell’estate del 174 credeva di aver finito con la sua opera
e pensava che i Germani avrebbero finalmente cessato di attaccare i Romani. La terza e ultima campagna
militare in Germania comincia quando i Marcomanni riprendono a dare problemi ai romani sul confine,
senza però riuscire a sfondare in gran numero; in ogni caso si richiede la presenza dell’imperatore. Marco
Aurelio parte per la Germania nei primi mesi del 178. Marco Aurelio parti con 20.000 uomini e il figlio, alla
volta di Carnuntum (nei pressi di Vienna), dove ad attenderlo c’è il grosso dell’esercito. Una volta arrivato
scopre che non sono solo i Marcomanni ad attaccare, ma anche altri popoli, così deve affrontare nell’ordine:
Sarmati, Buri, Ermunduri, Marcomanni e Quadi. Marco Aurelio si sbarazza velocemente di tutti i barbari che
si oppongono alla sua avanzata e affonda nel territorio della Germania come un coltello caldo nel burro. Le
condizioni poste per la nuova pace furono ancora più gravi delle precedenti e obbligarono i germani a
ritirarsi nelle selve isolati in piccoli gruppi, e soprattutto a pagare tribuni immensi di oro, bestiame e schiavi.
Marco Aurelio morì il 17 marzo del 180 d.C. di malattia, il quale invece lasciò come erede il figlio Comodo.
Quest’ultimo si rivelò incapace di affrontare la crisi che cominciava a indebolire l’impero e governò in modo
autoritario e dispotico. Pertanto suscitò un grave malcontento in particolare nelle classi elevati, che lo
eliminarono infine con un complotto (192). Segui un periodo di lotte civili, dalle quali uscì vincitore Settimo
Severo (193-211), proclamato imperatore dalle proprie legioni. Con lui ebbe inizio la nuova dinastia dei
Severi (193-323), che basò la sua autorità prevalentemente sull’appoggio dell’esercito. A differenza degli
imperatori precedenti, che avevano in genere cercato il consenso del Senato, i Severi lo relegarono ai margini
della vita politica, instaurando una monarchia militare che, se non riuscì a bloccare la crisi dell’impero, ne
difese però con successo il territorio.
Nel 235, i soldati della Germania proclamano imperatore Massimino, il primo barbaro sul trono romano, fino
al 258. Fu ucciso dai suoi soldati. I barbari entravano sempre più nelle file degli eserciti romani.
L’impero raggiunse proporzioni non più governabili. Il tentativo di arginare la crisi dell’impero fu compiuto
da Diocleziano (285-305). Per cercare di rendere governabile l’impero e di regolamentare la successione
imperiale, Diocleziano lo divise in due parti, l’Oriente e l’Occidente. Le due parti dovevano essere governate
da due augusti, affiancati da due collaboratori, detti cesari; dopo vent’anni i due cesari sarebbero succeduti ai
rispettivi augusti, scegliendo a loro volta altri due cesari.
Per i Germani le fertili pianure e le ricche città dell’impero costituiva un forte polo di attrazione. Fin dal II
secolo i romani dovettero fronteggiare periodiche incursioni di tribù germaniche all’interno dei propri
confini. Erano spedizioni che avevano come obiettivo il saccheggio e la razzia. Non si trattava di autentici
tentativi di invasione, perchè i barbari, dopo aver fatto bottino, tornavano alle loro sedi e non avevano
intenzione di stanziarsi in territorio imperiale. Queste misure non riuscivano a frenare le incursioni
barbariche. Soltanto a partire dalla seconda metà del III secolo l’impero ridiede una certa sicurezza alle terre
di confine, dapprima con una serie di vittoriose campagne militari. Inoltre furono arruolati, con crescenti
frequenza, dei volontari barbari. Per tenere a freno le incursioni germaniche, l’impero cominciò a ricorrere
alla diplomazia piuttosto che alle armi. Sempre più spesso concesse l’ingresso pacifico di tribù germaniche
in territorio romano. Alla fine del III secolo colonie di prigionieri barbari furono insediati ad opera dello
stesso impero. La condizione di questi coloni era quella di contadini-soldato al servizio dell’impero.
Contemporaneamente l’impero avviò una politica di alleanze con tribù germaniche insediate a ridosso dei
propri confini. Esse mantenevano la propria indipendenza, ma si impegnavano a difendere i confini
dell’impero da incursioni esterne, in cambio di denaro e di eventuale aiuto o protezione militare. Questi
popoli presero il nome di federati dell’impero.
Le grandi invasioni barbariche
Nell'inverno del 406-407 sul Reno ghiacciato si verifica la più grande invasione
della storia dell'impero romano. Un po' alla volta, nel corso di duecento anni, i
germani si sono spostati dalla Scandinavia fino al confine romano che corre dal
Reno al Danubio. E ora, sotto la pressione degli unni, che arrivano dalle steppe
russe, gli "immigrati del nord" si riversano in massa nell'impero. Mentre le
truppe regolari del comitatus sono impegnate in Italia, quattro grosse
popolazioni germaniche e una asiatica si riversano nel territorio romano,
desolato dopo decenni di guerra, guerriglia e crisi economica. Sotto lo sguardo
impotente dei battaglioni limitanei di frontiera – troppo piccoli per affrontare
una grande massa di gente – gli stranieri («barbari») si insediano, più o meno
violentemente, in territorio imperiale. I burgundi e gli alemanni si stabiliscono
nella Germania romana, subito dopo il Reno, o nella Gallia del centro-nord.
Vandali, svevi e i cavalieri asiatici alani raggiungono la Gallia meridionale.
Vari campi, città e villaggi vengono saccheggiati durante la marcia. L'impero si
dimostra palesemente inefficace nella difesa. I romani bellicosi non ci sono più.
Ora sono "pacifisti" e preferiscono diventare dipendenti a vita dei potenti
locali, piuttosto che rischiare la vita stessa in una guerra senza quartiere. Il
nome di "servo della gleba" – servus glebae – è stato coniato nel IV secolo. Il
valore bellico non si associa più al miles gloriosus dei "bei tempi", ma al
violento barbarus di oggi. Il comandante dell'esercito non è più di nascita
aristocratica, ma è un militare di carriera. Un contadino o un uomo che ha
ereditato il mestiere dal padre. L'esercito romano è totalmente disorganizzato e
i territori si affidano non più alla protezione dell'imperator ma a quella del suo
sostituto, il magister militum. Nemmeno l'esercito "barbarizzato", però, si
dimostrerà sufficiente a fermare la massiccia ondata di "invasioni barbariche".
Come detto, durante l'invasione sul Reno l'esercito regolare era impegnato in
Italia. Qui le truppe, comandante dall'uomo più importante dell'impero, il
comandante in capo dell'esercito – magister militum – Flavio Stilicone,
riescono a respingere i germanici ostrogoti fuori dalla penisola. Nello stesso
momento l'ennesimo gruppo germanico di qualche decina di migliaia di
guerrieri ha attraversato tutta la regione dei Balcani. Si tratta dell'altra grande
stirpe di goti, i visigoti, comandati e probabilmente unificati dal re Alarico, il
cui nome germanico – Alaric – significa "re di tutti". Le truppe si fronteggiano
nuovamente in Italia settentrionale.
L'azione del comandante in capo dell'esercito romano, Stilicho, è stata efficace
per vent'anni, ma ora non ci si fida più di lui. L'accusa è di tramare per
l'acquisizione del potere supremo e così Stilicone, la cui madre era germanica,
viene fatto assassinare dal governo. Il potente magister militum stava
effettivamente cercando un'alleanza con gli avversari, ma la natura di tale
accordo resta oggetto solo di supposizione. Sicuramente li giudicava pericolosi,
ma per vari anni i goti erano stati alleati dei romani e, insediati nei Balcani,
avevano combattuto contro altri stranieri. Magari potevano essere disponibili ad
un nuovo accordo. D'altronde sarà proprio questa la politica adottata pochi anni
dopo dal governo imperiale: i germanici visigoti saranno "accettati" dai romani
e saranno insediati in Gallia con l'impegno di combattere contro le altre
popolazioni, come i burgundi, che avevano passato il Reno. Invece per il
momento, una volta eliminato il valoroso magister militum metà romano e metà
vandalo, niente sarà più in grado di fermare l'irruenza degli invasori.
Nel 410, solo tre anni dopo la tremenda invasione sul Reno, altri guerrieri
germanici, quelli goti comandati da Alaric arrivano fino a Roma. Le mura fatte
costruire da Aureliano nel 274 sono del tutto inutili. La capitale è protetta da
una minuta guarnigione. Gli invasori sono troppi. Le armate imperiali non
hanno più niente a che vedere con un'istituzione a difesa dello stato, basata
sulla disciplina fisica e morale: sono solo truppe mercenarie che dipendono
esclusivamente dal proprio comandante generale e dallo stipendio, o bottino,
che questi riesce a procurar loro. Il popolo è troppo povero e provato per
opporre resistenza. Chi ha dei soldi li investe per la sua esclusiva sicurezza
personale. I ricchi se ne stanno rintanati presso le proprie ville di campagna. La
corte imperiale e le sue guardie personali hanno abbandonato la capitale da
più di cento anni. Inizialmente si erano spostati a Milano per seguire le
campagne militari di quegli imperatores che nel III secolo erano ancora degli
abili e potenti condottieri alla guida dell'esercito "confederale". Ma ora, a causa
della pressante minaccia nemica su Milano, l'Imperatore d'Occidente, che ha
ceduto il comando militare già da venticinque anni al magister militum, si
trasferisce a Ravenna (402-476). La città dell'Emilia viene giudicata più sicura:
era stata spesso utilizzata come luogo di confino grazie alla protezione naturale
di varie paludi malariche. E così Roma, lasciata incustodita da tutti, compreso il
sovrano d'oriente, viene saccheggiata per la prima volta dopo otto secoli.
In seguito a un rapido saccheggio, i germanici visigoti, in cerca di un posto
dove stanziarsi, stipulano finalmente un nuovo trattato di alleanza con l'impero.
Sotto la guida del successore di Alaric ricevono un territorio ufficiale nella
Gallia meridionale e prestano le loro forze alla repressione delle rivolte
contadine, rivolte che da tre secoli cercano di opporsi a modo loro alla
decadenza del regime imperiale. In pochi anni, una volta padroni del territorio,
i visigoti espanderanno il loro dominio – o regno – in Spagna, spingendo ai
margini della penisola le altre tribù germaniche e asiatiche che avevano passato
il Reno, cioè alani, vandali e svevi, e si erano qui insediate.
I vandali poi vengono spinti sempre più a sud, finché, guidati da Jensericus
(forse Jönsenrick in tedesco), attraversano lo stretto di Gibilterra. Infine,
nonostante l'accanita resistenza, conquistano tutta l'Africa romana fino a
Cartagine. Divenuti navigatori per necessità passando le Colonne d'Ercole, ora
si dedicano alla pirateria, arricchendosi a spese dello stato imperiale e
compromettendo in maniera drammatica i rifornimenti alimentari per Roma,
provenienti in massima parte dal mercato più conveniente, che ai quei tempi era
appunto quello africano. In pochi anni l'impero, già gravato da una lunga crisi
istituzionale ed economica, si trova letteralmente in ginocchio. Le città
depredate, la gente affamata. Molti capi germanici, tramando con latifondisti
romani, funzionari o imperatori corrotti, diventeranno i reali padroni del
territorio.
L'insediamento
Dopo una pressione pluridecennale, i popoli germanici hanno sfondato il
confine nel 376 e nel 406-407. In pochi anni ritroveremo decine di migliaia di
persone, comandante da capi tribali-monarchi molto forti militarmente ma
dotati di scarsa autorità, ad occupare direttamente il suolo "romano", insieme a
donne e bambini. Riassumendo i germani occidentali – franchi, alamanni e i più
orientali burgundi – si stabiliscono in Gallia e Germania, subito dopo aver
passato il Reno. Altri loro compatrioti – i vandali, gli svevi e la tribù asiatica
degli alani – giungono sulle sponde del Mediterraneo fino alla Spagna. Una
tribù dei visigoti, una delle popolazioni teutoniche d'oriente storicamente più
aggressive, dalla Romania penetra prepotentemente nei Balcani, attraverso il
Danubio. Nonostante l'opposizione delle armate imperiali, i visigoti devastano
per l'ennesima volta la regione che i romani chiamano Illyria e poi passano in
Italia, saccheggiando la decadente capitale nel 410. Infine si alleano con
l'impero che hanno invaso ormai da trentacinque anni, ne ricevono uno
stipendio e si impegnano contro gli altri invasori. L'esercito "romano" è ora
piccolissimo. E i visigoti, federati con l'impero, sconfiggono gli altri popoli
germanici che erano arrivati in Gallia. I Balcani sono il fronte europeo orientale
contro cui si riversano tutte le invasioni da circa duecento anni e continueranno
ad esserlo anche nei secoli a venire, col sopraggiungere delle popolazioni slave
del primo medioevo e di altre tribù asiatiche più tardi. L'Italia è divenuta il
luogo di passaggio e di sosta momentanea delle truppe imperiali che
continuamente si spostano nei diversi paesi limitrofi. La lontana Britannia è
stata abbandonata in fretta e furia dalle guarnigioni imperiali. La Gallia viene
difesa con vigore, ed è praticamente contesa fra i due poteri politico-militari,
quello germanico e quello imperiale. La Spagna viene occupata dai guerrieri
teutonici. L'Africa occidentale è nelle mani dei capi guerrieri vandali e dei
pochi ricchi cittadini privati. Questo cambiamento era nell'aria da tempo. I
germani premevano alle frontiere. I posti di potere erano per metà occupati da
uomini del nord. L'immigrazione controllata non aveva avuto successo. La lotta
per il potere era divenuta sanguinosa. Ma bisogna pur andare avanti. L'Uomo si
rifugia nella Chiesa, dove vede bellezza ed unità. E le armate germaniche
vengono "accettate" come se fossero degli eserciti regolari: la legge prescrive
che esse occupino le case e i territori imperiali, con le stesse modalità dei
vecchi eserciti romani. Intanto i migliori soldati germanici ricevono delle terre
e delle ville come "pagamento" da parte dei loro re. Si prefigura ampiamente la
situazione del medioevo. Con la fine del mondo antico, dall'unità politica si
torna alla separazione. Dopo l'impero sovranazionale, si passa a nuovi "stati"
nazionali. L'impero e la cultura razionale hanno fallito. Ma non tutto il male
viene per nuocere. Ad esempio, il non dover più sostenere le alte tasse imperiali
reca un relativo beneficio ai contadini gallici e a quelli africani che non sono
mai stati del tutto assimilati, né alla cultura greca né a quella romana.
L'oriente resiste, l'occidente crolla
Trent'anni dopo l'invasione sul Reno, l'impero di Roma produce l'ultimo suo
grande difensore, il generale Ætius. Cresciuto fra gli unni, Ezio utilizza gli
stessi pericolosissimi cavalieri asiatici come mercenari e sconfigge i burgundi,
confinandoli in una regione montuosa disabitata. Ma quando, verso il 444, il
nuovo potentissimo re unno, Attila, cercherà di unire al dominio di tutte le
steppe eurasiatiche anche le provincie occidentali dell'impero, germani e
romani si alleeranno per combattere il nemico comune. Ezio, alla guida di un
grande esercito che include le truppe alleate di visigoti, burgundi e franchi,
nonché le truppe regolari – formate in buona parte da stranieri naturalizzati –
infligge ai cavalieri nomadi una sconfitta talmente pesante da mandare in crisi
tutto l'impero degli unni. In breve tempo, dopo la scomparsa del "flagello di
Dio", la precaria federazione di tribù che ha terrorizzato il mondo intero per
quasi un secolo si disferà completamente mischiandosi con le altri genti. Ma i
germani hanno ormai circondato la vecchia e decadente Italia. Per Roma non
c'è più speranza: anche Ezio viene fatto uccidere dai suoi superiori e, crollato
l'ultimo baluardo dell'impero, il re vandalo Genserico assedia la "città eterna"
saccheggiandola per quindici giorni consecutivi. La pirateria vandala
spadroneggia in tutte le isole del Mediterraneo. I guerrieri germanici sono
ormai i veri protagonisti di ogni vicenda, sia dalla parte dei nuovi regni
indipendenti, sia dalla parte del decadente impero d'occidente. L'imperatore
invece non ha alcun potere reale: la tradizionalista legge che proibisce agli
stranieri di accedere al trono non verrà mai infranta. E così il sovrano sarà solo
la copertura della volontà dei capi stranieri, oppure della corte di
Costantinopoli-Bisanzio. Qui infatti il potere imperiale si mantiene più forte
che mai. Gli imperatori sono riusciti a rimpolpare le esangui armate imperiali
grazie a nuove attive generazioni di contadini e montanari. Agli immigrati
germanici vengono lasciate poche possibilità di emergere. La densità
demografica, bassissima rispetto al giorno d'oggi, è però sufficiente a far
apparire in netta minoranza qualsiasi clan o tribù straniera insediata nel
territorio greco-romano. L'economia si mantiene florida, proprio grazie alla
densità demografica, e alla presenza di grandi agglomerati urbani e piste
carovaniere che si perpetuano dagli albori della storia scritta. La capitale
d'oriente, attiva economicamente, religiosamente e politicamente, viene protetta
da varie cerchie di mura, una più grossa dell'altra, che reggeranno a qualsiasi
tentativo d'assedio anche per tutto il medioevo. L'oriente è ricco. L'occidente
povero. Prima del 476 avvengono due tentativi di Costantinopoli di recuperare
anche la ricca Africa, ma entrambi falliscono. Nel 476 Odoacre, un germano
della tribù degli sciri alleata con gli ostrogoti, depone l'ultimo imperatore
d'occidente, chiamato grottescamente Romolo Augusto. Era il figlio del
generale germanico Oreste e non era nemmeno stato riconosciuto dall'oriente.
Odoacre decide che è ora di finire questa commedia – o tragedia – e riconosce
formalmente l'autorità del sovrano d'oriente Zenone (474-491), agendo
ufficialmente come suo generale o governatore. Questo atto politico è ormai
inevitabile: sebbene Ravenna e la romanità abbia fin'ora offerto una protezione
psicologica a buona parte della popolazione imperiale, Roma e l'Italia hanno
perso il ruolo di leader da quasi tre secoli, tutto l'occidente è in crisi perenne e
l'impero stesso è del tutto ingovernabile, e ingovernato, da vari decenni. Nel V
e VI secolo la romanità in occidente diventerà il sostrato culturale di regni
indipendenti, economicamente arretrati, espressione di aristocrazie guerriere
convertite a un cristianesimo ancora in sviluppo ma già combattivo. In oriente
la società ellenistico-romana si trasformerà nel sistema burocratico e gerarchico
dell'impero bizantino, dedito al culto di Dio e rispettoso dell'autorità imperiale.
Teodosio (383-395) formalizzò anche la divisione dell’impero in due parti, assegnando al figlio Arcadio la
parte orientale e a Onorio la parte occidentale.
La crisi dell’Impero Romano e l’affermarsi del Cristianesimo La gestione dell’Impero ideata da Diocleziano (tetrarchia) invece di facilitare il problema della successione
lo complicò. Costantino, prevalso tra i pretendenti, rinsaldò il potere centrale, riorganizzò in modo efficiente
l’esercito e cercò di porre fine ai conflitti religiosi e culturali.
Con l’Editto di Milano, con cui si concedevano ampie libertà ai cristiani, il destino dell’Impero cominciò a
legarsi a quello della Chiesa. Negli ultimi decenni del IV sec. i Goti, stanziatisi nell’lmpero per concessione
dell’imperatore d’Oriente Valente, sconfissero l’esercito romano, penetrarono in Tracia e minacciarono
Costantinopoli.
La pace fu stipulata dal nuovo imperatore d’Oriente, Teodosio e i Goti si allearono all’Impero fornendo
sempre più soldati all’esercito romano. Teodosio e Graziano (imperatore d’Occidente), con l’Editto di
Tessalonica, fecero del Cristianesimo l’unica religione dell’Impero. Alla morte di Teodosio, il generale
vandalo Stilicone, al servizio di Roma, non riuscì a impedire l’invasione dei Goti e la nascita del primo
Regno barbarico nelle Gallie.
Nel 410 il visigoto Alarico saccheggiava Roma. Anche i Vandali e gli Unni invasero l’Impero, che nessun
imperatore seppe risollevare.
Nel 476 il capo dell’esercito barbaro Odoacre depose l’ultimo imperatore d’Occidente Romolo Augustolo.
L’Impero di Costantino e la diffusione del Cristianesimo Dopo l’abdicazione di Diocleziano e Massimiano sembrò funzionare il meccanismo della tetrarchia: i due
Cesari divennero Augusti e nominarono altri due Cesari.
Alla morte di Costanzo Cloro si scatenò la lotta alla successione. Tra tutti i pretendenti prevalsero in
Occidente il figlio di Costanzo Cloro, Costantino (che sconfisse il rivale Massenzio nella battaglia di Ponte
Milvio a Roma nel 312) e in Oriente Licinio (nominato da Diocleziano, intervenuto per calmare i contrasti).
Nel 313 i due imperatori, incontratisi a Milano, emanarono un Editto, con il quale concedevano libertà di
culto ai cristiani e promulgavano leggi in loro favore. Quando Licinio prese a perseguitare di nuovo i
cristiani, Costantino gli mosse guerra e nel 324, sconfittolo, divenne unico imperatore e trasferì la capitale a
Bisanzio, chiamandola Costantinopoli. Rese quindi più efficiente l’esercito e ampliò l’apparato burocratico,
inoltre la figura dell’imperatore fu definitivamente assimilata a quella del sovrano assoluto di stampo
orientale, circondato da un’aura sacrale.
Dopo aver sconfitto i Goti nel 332 Costantino morì nel 337 mentre si preparava ad affrontare i Persiani. Nei
confronti del Cristianesimo egli aveva adottato una politica sempre più favorevole, arrivando a esortare i
sudditi orientali ad abbracciare questa religione e affidando ai cristiani incarichi nell’esercito e nella pubblica
amministrazione.
Il Cristianesimo e i motivi delle persecuzioni Le prime comunità cristiane erano sorte in seguito alla predicazione di Gesù Cristo (vissuto ai tempi di
Augusto e Tiberio), degli apostoli e alla predicazione itinerante di Paolo di Tarso.
I centri cristiani più importanti furono Antiochia Corinto, Efeso, Alessandria e Roma. La penetrazione
nell’Impero romano non fu arrestata nemmeno dalle periodiche persecuzioni scatenate dagli imperatori (tra
cui Nerone, Domiziano, Decio, Valeriano e Diocleziano).
Le ragioni delle persecuzioni erano varie: la preoccupazione delle autorità politiche per la forza persuasiva
delle comunità cristiane che, con la loro organizzazione gerarchica, apparivano come uno “Stato nello
Stato”; il rifiuto dei cristiani di riconoscere la divinità dell’imperatore; l’inquietudine dell’opinione pubblica
che vedeva nella crisi dell’Impero una vendetta degli dei. Le cose cambiarono con Costantino e Teodosio,
quando il Cristianesimo divenne elemento costitutivo dell’Impero.
Da Giuliano a Teodosio Alla morte di Costantino gli succedettero i tre figli Costante, Costanzo e Costantino II. Costanzo, prevalso
sui fratelli, scelse come successore Giuliano, il generale che aveva sconfitto gli Alamanni nel 357.
Questi, circondatosi di intellettuali e filosofi pagani cercò di escludere i cristiani dalle cariche dirigenziali e
tentò di restaurare il paganesimo (i cristiani lo soprannominarono l’Apostata, cioè il Rinnegatore, poiché
aveva abbandonato la religione cristiana). Per acquistare prestigio presso il popolo progettò di eliminare
totalmente l’Impero persiano ma morì in battaglia. Verso la fine del IV sec. i Goti, spinti dagli Unni,
arrivarono al confine danubiano e chiesero di essere ammessi nell’Impero.
Valente, imperatore d’Oriente, accettò, sperando di utilizzarli nell’esercito ma i continui saccheggi nelle
regioni imperiali portarono alla guerra. Nel 378 a Adrianopoli, in Tracia, l’esercito romano fu duramente
sconfitto. I Goti dilagarono allora in Tracia, saccheggiando e distruggendo. Graziano, già imperatore
d’Occidente, rimase sul trono, mentre in Oriente fu eletto imperatore un generale spagnolo, Teodosio (379).
Invece di continuare a combattere, Teodosio contrattò la pace, i Goti divennero alleati dell’Impero,
sposarono donne romane ed ebbero incarichi dirigenziali. Graziano e Teodosio, nel 380, promulgarono
l’Editto di Tessalonica, con il quale il Cristianesimo diventava l’unica religione dell’Impero e veniva
cancellata ogni usanza pagana (sacrifici, giochi olimpici, templi).
Il crollo dell’Impero d’Occidente Morto Teodosio, unico imperatore dalla morte di Graziano, gli succedettero i figli Arcadio (a Oriente) e
Onorio (a Occidente) che, ancora giovani, furono affidati al generale di origine vandala Stilicone.
I Goti, controllati tramite concessioni di terre e denaro, divennero sempre più esigenti e decisero di penetrare
in Italia guidati da Alarico. Stilicone, nonostante li avesse sconfitti, patteggiò la pace. Altri barbari
premevano in Gallia e Spagna: Svevi, Alamanni e Vandali. La classe dirigente, trasferita la capitale a
Ravenna e fatto uccidere Stilicone, cercò di affrontare gli invasori.
Alarico, nel 410, saccheggiò Roma; il suo successore, Ataulfo, fondò nelle Gallie il primo Regno barbarico e
sposò la sorella di Onorio. Nel frattempo, i Vandali di Genserico conquistarono Cartagine, impadronendosi
della provincia d’Africa (429).
Nel 430 l’Impero d’Occidente era costituito dall’Italia, da parti della Gallia e da poche terre nei Balcani.
All’inizio del V sec. fecero irruzione in Europa, saccheggiando molte città orientali, gli Unni, popolazione
asiatica guidata dal feroce Attila. Il generale romano Ezio, alleatosi con i Visigoti, li affrontò e sconfisse ai
Campi Catalaunici, nella Francia del nord (451).
Quando Attila tornò in Italia, l’anno seguente, devastando il Veneto, gli fu mandato incontro il papa Leone I,
per contrattare la pace. Colpiti dalla peste, gli Unni si ritirarono e Attila morì nel 453 in Pannonia. Cessato il
pericolo degli Unni, l’Impero era ormai stremato. Capo effettivo, nonostante l’imperatore fosse Valentiniano
III, discendente di Teodosio, era il generale Ezio.
Morto Valentiniano III (455) i Vandali devastarono Roma spogliandola di tutte le sue ricchezze. Dopo un
periodo in cui regnarono vari imperatori controllati dal barbaro Ricimero, il patrizio Oreste fece proclamare
imperatore il figlio Romolo Augustolo.
Dopo pochi mesi, costui fu deposto da Odoacre, capo dell’esercito barbaro al servizio dell’Impero, che
accettò da Zenone, imperatore d’Oriente, di governare l’Italia. Di fatto era la fine dell’Impero
d’Occidente.(476)
Economia e società nell’Impero Romano La fine delle guerre civili e l’instaurazione da parte di Augusto del regime imperiale sono i presupposti
politici fondamentali per comprendere l’evoluzione economica dei secoli successivi. L’unità imperiale e i
lunghi periodi di pace interna che i successori di Augusto riuscirono a garantire allo Stato romano
consentirono una grande crescita della produzione e della circolazione di beni, sia a livello locale e regionale
sia nell’ambito del grande commercio.
Le attività economiche si svolsero infatti all’interno di una cornice unificante costituita da un forte governo
centrale, da un comune sistema monetario e fiscale e da un orientamento generale teso a superare le diversità
etniche e culturali dell’lmpero, che culminò nel 212 con la concessione della cittadinanza romana a tutti gli
abitanti (Constitutio Antoniniana di Caracalla). La mobilità sociale, cresciuta anche all’intemo, ebbe un ruolo
importante nell’economia. Il numero sempre maggiore di liberti alimentò un nuovo ceto di piccoli borghesi,
artigiani, mercanti, banchieri e poi funzionari dello Stato. Il dispositivo militare, collocato in epoca imperiale
lungo le frontiere, oltre ad alimentare scambi economici, provocò nuovi stanziamenti e offri possibilità di
vita decorosa e anche di carriera a molti soldati.
Evoluzione economica nell’Impero A partire dal I sec. si possono delineare nell’Impero diverse aree economiche. In Italia la Sicilia, la Sardegna,
la Corsica, il Settentrione; in Oriente la Grecia, Creta, la Cirenaica, la Palestina, la Siria, la Mesopotamia; in
Africa l’Egitto, Tripoli, il Marocco, Cartagine; e inoltre la Gallia, la Britannia, la Germania occidentale. A
partire dal II sec., il prezzo delle terre, inferiore a quello dell’Italia, attirò sempre più persone in queste
regioni, causando contemporaneamente nella penisola un aumento delle terre incolte e un crescente
spopolamento.
L’unità politica e amministrativa consentì il funzionamento di una complessa e capillare rete di circolazione
fra le province di derrate alimentari (soprattutto grano, vino, olio), materie prime e manufatti di ogni genere.
L’immenso Impero, esteso su tre continenti e comprendente aree geografiche diversissime, ebbe il suo
fattore unificante nel Mediterraneo. Sul grande mare interno gravitavano le poche megalopoli (Roma
Cartagine, Antiochia, Alessandria e, dal IV sec., Costantinopoli) le quali non avrebbero potuto sopravvivere
senza i rifornimenti transmarini.
Il modello di civiltà e di rapporti economici esistente da secoli sulle coste del Mediterraneo si estese nelle
parti continentali dell’Europa e dell’Africa, notevolmente arretrate al momento della conquista. Fra il I e il II
sec. Roma trasformò profondamente queste aree con un’intensa e programmatica opera di “romanizzazione”
il cui strumento principale fu la creazione di città.
Nelle regioni del Maghreb, in Spagna, nell’Europa settentrionale (Gallia e Britannia) e in tutta l’area
danubiana l’urbanizzazione comportò la sistematica riorganizzazione dei territori e la trasformazione, spesso
profonda, delle loro vocazioni produttive.
L’estensione del modello sociale ed economico della città mediterranea implicava, infatti, assoluta
prevalenza dell’agricoltura, sedentarizzazione delle popolazioni nomadi e seminomadi, contrazione
dell’economia pastorale, un articolato sistema artigianale destinato a soddisfare i bisogni delle città, sviluppo
dei commerci, adozione generalizzata della moneta negli scambi.
Crebbero, quindi, i legami fra centro mediterraneo e periferie continentali, divenne intensa la circolazione
delle merci e delle persone, e si fecero complessi i rapporti economici nei quali si inserirono anche le
popolazioni barbariche.
Cambiamenti politici e cambiamenti economici Mentre nel I sec. terminò la supremazia agricola e commerciale che l’Italia aveva esercitato nei secoli
precedenti, crebbero le esportazioni (olearie e vinarie soprattutto) della Gallia meridionale, della
Tarraconense e della Betica.
Col sec. III iniziò per queste province una fase di regresso economico e subentrò una nuova egemonia, quella
africana, fondata sull’esportazione dell’olio e, collateralmente, di ceramiche. Caduto l’Impero d’Occidente e
occupata l’Africa dai Vandali nella prima metà del V sec., iniziarono a prevalere nel Mediterraneo le
esportazioni di merci e derrate provenienti dalle province dell’Egeo, dell’Asia Minore e dell’area
siropalestinese.
In generale, si può dire che l’economia seguì i tempi della politica. Considerato il lungo arco dell’età
imperiale, i secoli I e II furono interessati da un generale movimento espansivo che rallentò ed entrò in crisi
nella seconda metà del sec. III, quando l’Impero fu scosso da alcuni decenni di insicurezza politica e
militare.
Con l’avvento di Diocleziano anche la compagine produttiva recuperò vigore ma all’interno di una forma
autoritaria di governo che interveniva pesantemente nel funzionamento dei meccanismi economici per mezzo
della fiscalità. Il IV sec. segnò in complesso un momento di recuperata floridezza che cominciò a declinare
in Occidente a seguito delle invasioni barbariche del V sec. e seguirà, sia pure con recuperi parziali un
andamento discendente sotto i Regni romano-barbarici dei secoli. Vl-VII.
Società e mobilità sociale In età monarchica e repubblicana la società era formata da pochi ceti prevalenti, i patrizi (che alimentavano
l’esercito e il ceto dirigente), i plebei (soprattutto contadini) e gli schiavi. Al tempo di Augusto i cittadini più
in vista potevano percorrere il cursus honorum, aspirando alle cariche più alte, coloro che possedevano
almeno 400 000 sesterzi, per diritto di famiglia o per concessione dell’imperatore, potevano invece aspirare
alla carriera equestre (i cavalieri erano inizialmente formati da coloro che potevano armarsi per combattere a
cavallo) e diventare governatori di province minori e amministratori del fisco. Il patrimonio dava quindi la
possibilità di aspirare a una classe sociale più elevata.
Esercito e mobilità sociale Inizialmente potevano far parte dell’esercito solo i patrizi che potevano permettersi di comprarsi armi e
armature.
Un importante cambiamento fu introdotto da Mario che ammise nell’esercito anche volontari nullatenenti e
distribuì terre ai suoi veterani. In questo modo, molti poveri cittadini, arruolandosi in un esercito
professionale, trovavano un mezzo di sostentamento.
Con Augusto questa possibilità fu aperta anche ai provinciali che, arruolandosi, diventavano cittadini romani
e potevano fare carriera. In età imperiale inoltre molte truppe furono stanziate ai confini dell’Impero e con
Adriano cominciarono a essere arruolati anche alcuni barbari.
Molti soldati, dopo la ferma, si trasferivano nelle regioni vicine, provocando un certo spopolamento
soprattutto in Italia; molti accampamenti, inoltre, costituirono il nucleo di future città.
La mobilità dei liberti Fin dall’età repubblicana uno schiavo meritevole poteva essere “affrancato”, cioè liberato (pur mantenendo
un vincolo di fedeltà al padrone) e diventare liberto, a tutti gli effetti un cittadino romano.
La presenza dei liberti fu un elemento di dinamismo economico in quanto molti di essi, abili e intraprendenti,
facevano fortuna in attività artigianali, culturali o finanziarie (banchieri, mercanti).
Sotto Claudio molti liberti acquistarono influenza negli affari statali, poiché inquadrati nell’apparato
burocratico dello stato.
La romanizzazione e il valore della cittadinanza romana Erano cittadini di diritto i figli legittimi di un cittadino o i figli naturali di una cittadina. Potevano diventarlo,
invece, gli schiavi affrancati o intere popolazioni assoggettate quando Roma lo avesse deciso. Dopo la guerra
sociale il senato fu costretto a concedere la cittadinanza a tutta l’Italia.
Progressivamente, in età imperiale, la cittadinanza fu estesa a molte province e, nel 212, a tutti gli abitanti.
Ma quale valore aveva diventare cittadini romani? Innanzitutto i cittadini non erano sottoposti a tortura o
fustigati e potevano essere condannati a morte solo da un’assemblea cittadina e non da un semplice
magistrato.
Inoltre, solo i cittadini avevano diritti politici e potevano aspirare a far parte della classe dirigente. In età
imperiale molti funzionari, senatori, consoli e anche imperatori (es. Traiano) furono di origine provinciale.
Concedendo la cittadinanza, Roma assimilava le popolazioni sottomesse e soprattutto legava a sé le loro
classi dirigenti. Questo spiega perché durante l’Impero, a differenza dell’età repubblicana, furono rare le
rivolte dei popoli vinti.
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