dipartimento di scienze della comunicazione, studi ... · anno accademico 2014 -2015. universitÀ...
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ANNO ACCADEMICO 2014 -2015
UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI URBINO CARLO BO
DIPARTIMENTO DI SCIENZE DELLA COMUNICAZIONE, STUDI UMANISTICI E INTERNAZIONALI: STORIA, CULTURE, LINGUE,
LETTERATURE, ARTI, MEDIA
CORSO DI LAUREA:
Lingue per la Didattica, l’Editoria, l’Impresa
Flipped Classroom:
oltre la lezione frontale nell’era 2.0
Relatore: Chiar.ma Prof.ssa
FLORA SISTI
Tesi di laurea di:
ELEONORA RICCI
Indice
Introduzione 1
Capitolo 1
La Flipped Classroom 6
1.1. Il modello della Flipped Classroom 7
1.2. L’insegnante come facilitatore 10
1.2.1. L’insegnante come ricercatore 12
1.3. Lo studente 14
1.4. Valutazione autentica 17
1.5. Come organizzare il tempo scolastico 19
Capitolo 2
Strategie e approcci didattici nella Flipped Classroom 23
2.1. Problem-Based Learning 24
2.2. Peer Instruction 25
2.3. Cooperative Learning 27
2.3.1. Cooperare VS collaborare 30
2.4. Inquiry-Based Learning 31
Capitolo 3
L’uso delle TIC nel Flipped Learning 34
3.1. Competenze digitali in ambito didattico 34
3.1.1. Apprendimento significativo e mindtools 37
3.2. Perché utilizzare le TIC in una Flipped Classroom 39
3.2.1. TIC e apprendimento cooperativo 42
3.2.2. Supporti digitali 44
3.3. La videolezione 48
Capitolo 4
Flipped Classroom: uno spazio di apprendimento democratico 53
4.1. Flipped Learning come insegnamento democratico 53
4.2. Zona di Sviluppo Prossimale 56
4.3. La necessità di uno spazio flessibile 57
4.3.1. Classi 2.0 e 3.0 61
4.3.2. TEAL 66
4.3.3. La classe scomposta 68
Capitolo 5
La Flipped Classroom negli istituti marchigiani 71
5.1. Istituto Comprensivo “Giacomo Leopardi” di Saltara 73
5.1.1. Attività didattiche proposte per il Flipped Learning 84
5.2. Istituto di Istruzione Superiore “Savoia Benincasa” di Ancona 87
5.2.1. Osservazione diretta 89
5.3. Questionario studenti 101
5.3.1. Discussione dei dati 112
5.4. Istituto Comprensivo Statale “Evangelista da Piandimeleto”:
progetto KA2 114
Capitolo 6
La Flipped Classroom in Italia e nel mondo 116
Conclusione 121
Appendice 123
Bibliografia 143
Sitografia 148
1
Introduzione
Con il termine Flipped Classroom si indica un metodo didattico
innovativo che inverte i due momenti costitutivi della lezione tradizionale:
quello della spiegazione e quello dei compiti. Al contrario di quanto accade
solitamente, infatti, nelle classe capovolta il contenuto viene affrontato
autonomamente a casa dagli studenti e gli esercizi vengono svolti in classe
con l’aiuto dell’insegnante e in maniera collaborativa con i compagni.
Nonostante la sua recente propagazione, la Flipped Classroom rimane
ancora un metodo poco diffuso nei contesti scolastici italiani e crea spesso
un acceso dibattito tra docenti. Tuttavia il progresso tecnologico in
continua evoluzione, che ha coinvolto e plasmato l’intera società, non ha
risparmiato la pratica didattica, dalla quale esige una conversione radicale
nel modo di insegnare e di apprendere. In questo senso la classe capovolta
rappresenta un modello di insegnamento alternativo e innovativo che
risponde alle esigenze degli studenti moderni ai quali sono richieste
competenze sempre più specifiche e pratiche, nel percorso scolastico prima
e nel mondo del lavoro poi. La classe rovesciata rappresenta dunque il
fulcro della mia ricerca, indagato nei suoi aspetti costitutivi ed in
particolare valutato attraverso i cambiamenti che tale innovazione può
introdurre in un contesto scolastico concreto.
Il primo capitolo tenta di definire esaustivamente il metodo della classe
capovolta, fondato e diffuso nel 2007 da due insegnanti di chimica
americani, Aaron Sams e Jonathan Bergmann, con lo scopo di risolvere il
problema dell’abbandono scolastico precoce in alcune aree periferiche del
Colorado. Ciò che si evince è che se da un lato l’introduzione della classe
capovolta, nella didattica tradizionale, può facilitare la trasmissione dei
contenuti e accrescere la motivazione degli studenti, dall’altro comporta un
2
riassetto completo del contesto scolastico ed una rivalutazione del rapporto
docente-studente. In tal senso si passa da un contesto teacher-centered, in
cui le informazioni vengono trasmesse frontalmente dal docente agli
studenti, ad un ambiente student-centered in cui la conoscenza non viene
veicolata bensì costruita sotto la guida dell’insegnante, che opera in qualità
di facilitatore promuovendo lavori di cooperazione e collaborazione tra
discenti, che diventano così responsabili del proprio processo di
apprendimento. L’insegnante si trova di conseguenza ad affrontare un
contesto didattico nuovo per cui è necessario che esso agisca come
professionista riflessivo (Schön, 1963), per valutare l’innovazione in tutte
le sue sfaccettature e adeguarla al proprio contesto didattico. Allo stesso
modo la posizione dello studente subisce una profonda trasformazione, che
prevede un ribaltamento della piramide della Bloom’s Taxonomy (2001):
se la lezione frontale è incentrata soprattutto sulla memorizzazione e sulla
comprensione, nella classe capovolta il fulcro è rappresentato da attività
che stimolino la creazione, la valutazione, l’analisi e l’applicazione degli
argomenti affrontati. Considerando l’insegnamento nella sua totalità va
sottolineato che anche il metodo di valutazione e il tempo scolastico
richiedono un adeguamento sostanziale, funzionale al processo di
capovolgimento.
Nel momento in cui la spiegazione viene fruita dagli studenti
autonomamente, il tempo liberatosi in classe deve essere accuratamente
gestito attraverso attività finalizzate ad un apprendimento significativo che
possano fungere da supporto al ruolo attivo degli studenti. A tale scopo la
classe capovolta si serve di metodi didattici differenti che possano
rispondere ai diversi stili cognitivi degli studenti e creare un contesto
sempre più collaborativo. Il Problem-Based Learning, la Peer Instruction,
il Cooperative Learning e l’Inquiry-Based Learning sono solo alcuni dei
3
metodi, presi in analisi nel secondo capitolo, basati su un coinvolgimento
attivo degli studenti a partire da un problema concreto, da un campo di
indagine o da un apprendimento stimolato tra pari.
Nel terzo capitolo viene affrontato l’argomento delle TIC (Tecnologie
dell’Informazione e della Comunicazione), ossia tutti gli hardware e i
software utili per l’attuazione della classe capovolta e necessari per ridurre
il divario che intercorre tra i docenti, spesso poco competenti in materia e
gli studenti, definiti al contrario nativi digitali. La competenza digitale è
una delle competenze chiave per l’apprendimento permanente individuate
dall’Unione Europea. La scuola italiana, muovendosi in questa direzione,
ha promosso diversi progetti per la realizzazione di una didattica digitale, al
fine di sfruttare le potenzialità offerte dalle nuove tecnologie. I supporti
digitali sono risultati capaci di promuovere un insegnamento democratico
che sappia tener conto delle diverse velocità di apprendimento ed
agevolano una comprensione multimediale, che avviene cioè stimolando
sfere sensoriali diverse che concorrono all’assorbimento di informazioni.
Allo stesso modo PC, LIM e tablet hanno esteso i limiti spaziali dell’aula in
senso stretto, offrendo la possibilità di intraprendere attività collaborative
in presenza o a distanza. Nel terzo capitolo, un paragrafo consistente viene
dedicato alla videolezione, in quanto elemento centrale della Flipped
Classroom, in grado di creare Episodi di Apprendimento Situato (EAS), in
cui il processo di insegnameno-apprendimento viene trasferito quindi in un
contesto informale e quotidiano. Sebbene la lezione video sia considerata
particolarmente efficace in termini di motivazione e di assimilazione dei
contenuti, non rappresenta l’unico mezzo a disposizione con cui sostituire
la spiegazione tradizionale.
Il quarto capitolo dibatte sul tema della classe capovolta come metodo
altamente efficace in termini di apprendimento democratico (Dewey,
4
1916). Spostando infatti il momento della spiegazione a casa, in classe il
docente ha più tempo per aiutare gli studenti in difficoltà e lavorare su
problemi concreti, creando un ambiente didattico più appropriato e
dinamico, che vada ad influire anche su ciò che Vygotsky definisce Zona di
Sviluppo Prossimale (1986), ossia l’area di possibile sviluppo del singolo
allievo attraverso l’interazione con gli adulti o con i compagni più capaci.
Parlare di ambiente di apprendimento in questo caso riguarda sia il contesto
teorico di applicazione della classe capovolta, sia lo spazio fisico in cui
essa trova la sua attuazione. A tale proposito emerge la necessità di creare
uno spazio fisico flessibile, che possa favorire l’acquisizione di competenze
oltre che di conoscenze, che sia in grado di adeguarsi alle diverse
intelligenze e stili cognitivi degli studenti e che sfrutti le potenzialità delle
nuove tecnologie, fonte inesauribile di informazioni. Il progetto Classi 2.0 e
lo spazio TEAL sono un chiaro esempio di come il progresso tecnologico
integri continuamente e progressivamente la realtà scolastica nazionale; la
classe scomposta di Dianora Bardi (2014) invece rappresenta un radicale
cambiamento dello spazio fisico e psicologico della classe. Nel caso della
Flipped Classroom un ambiente costruttivista si rivela di fondamentale
importanza per il successo delle attività da svolgere, degli obiettivi da
raggiungere e delle competenze da sviluppare.
Il quinto capitolo rappresenta la parte sperimentale dell’elaborato e
riguarda l’osservazione del metodo Flipped in contesti didattici reali, nel
territorio marchigiano, in cui tale modello è già applicato o vuole essere
introdotto. In tale sezione l’intento è quello di far emergere, in contesti
differenti e attraverso strumenti di indagine diversi, i punti di vista di
coloro che sono coinvolti attivamente nel processo di capovolgimento: gli
insegnanti e i discenti. La figura del docente viene indagata nel suo
processo di creazione e produzione di lezioni capovolte, finalizzate ad un
5
apprendimento attivo ed efficace. Attraverso l’uso di un questionario
invece si è cercato di esplorare il coinvolgimento dello studente operante in
un contesto capovolto e di fare emergere la personale percezione riguardo
al cambiamento derivante da tale innovazione, nel proprio percorso di
apprendimento.
Infine il sesto capitolo riporta brevemente alcune esperienze di Flipped
Learning, evidenziando la rilevanza che il metodo sta progressivamente
acquisendo nel panorama nazionale ed internazionale e soprattutto
riflettendo sulla sua interdisciplinarità, dalla quale emerge un continuo
dialogo ed una incessante negoziazione tra la didattica ed i vari ambiti della
società, siano questi sociali o tecnologici.
Occorre precisare che ciò che emerge dall’analisi teorica e pratica della
classe capovolta e dai contesti scolastici concreti osservati viene presentato
senza alcuna pretesa statistica o scientifica, bensì con l’unico obiettivo di
voler trattare in maniera critica un modello ancora poco sperimentato ed
indagato, ma che presenta chiaramente molteplici potenzialità.
6
Capitolo 1
La Flipped Classroom
It is amazing to me how in all the hoopla and debate these days about
the decline of education in the US we ignore the most fundamental of
its causes. Our students have changed radically. Today’s students are
no longer the people our educational system was designed to teach.
(Prensky, 2001)1
L’avvento del progresso tecnologico che ha coinvolto il ventesimo
secolo, ha radicalmente incrementato le possibilità di comunicare tra gli
individui, eliminando qualsiasi barriera fisica e culturale. Le nuove
tecnologie, che hanno ‘invaso’ in maniera massiccia la nostra quotidianità,
sono diventate elementi indispensabili per la creazione e la fruizione di
sapere e conoscenza. Oltre ad aver determinato un radicale cambiamento
culturale e tecnologico, le nuove tecnologie hanno prodotto una frattura
generazionale che coinvolge da un lato quelli che Prensky (2001) definisce
Digital Natives2, ossia i nativi digitali e dall’altro i cosiddetti Digital
Immigrants o immigrati digitali.
Con il termine Digital Natives, Prensky identifica la prima generazione
di giovani cresciuta nell’era tecnologica e che usa abilmente e
costantemente le nuove tecnologie come PC, cellulari, video games,
Internet. I Digital Immigrants, invece, appartengono a quella generazione
che convive con le tecnologie adattando i propri comportamenti alla nuova
dimensione del linguaggio digitale. Considerando l’ambito didattico, il
problema maggiore scaturisce dal fatto che le due generazioni a confronto,
alle quali appartengono rispettivamente discenti e docenti, sembrano creare
e processare informazioni in modi differenti, dando luogo ad un divario 1 Prensky, M. (2001). Digital natives, digital immigrants, part 1. On the horizon, 9 (5), 1-6, p.1.
http://www.nnstoy.org/download/technology/Digital+Natives+-+Digital+Immigrants.pdf (ultimo accesso
07/01/2016). 2 I Digital Natives sono anche definiti come Net-gen (Net Generation) o D-gen (Digital Generation).
7
difficile da colmare. È proprio per tale ragione che la scuola tradizionale si
è trovata impotente davanti al cambiamento e fatica a proporre strategie
didattiche che possano abbracciare le capacità e competenze degli alunni
moderni. Dal bisogno e dalla volontà di creare una didattica più stimolante
ed efficace nasce l’idea del metodo Flipped Classroom.
1.1 Il modello della Flipped Classroom
La Flipped Classroom, o classe capovolta3, pone le sue basi già a partire
da metodi definiti Inverted Instruction ed Inverted Classroom sviluppati
attorno al 2000 (Rivoltella P., 2013: 49), ma la diffusione del modello
Flipped avviene ufficialmente nel 2007 grazie al lavoro di Jonathan
Bergmann e Aaron Sams, due insegnanti di chimica nella Woodland Park
High School del Colorado. Dopo aver notato un’alta percentuale di studenti
assenti durante le loro lezioni di chimica, entrambi decidono di cercare una
soluzione al problema, dal momento che questo significava per gli studenti
avere profonde lacune in materia. Nello stesso anno Sams inizia
casualmente ad utilizzare un programma capace di registrare lezioni in
Power Point, supportate dalla voce audio del professore, comprendendone
immediatamente il potenziale. Bergmann e Sams divengono ben presto
consapevoli del fatto che potendosi avvalere delle spiegazioni
individualmente, gli studenti “can receive content on their own”
(Bergmann, Sams, 2012: 5). Se da un lato la presenza fisica del docente,
quindi, non è indispensabile per la fruizione dell’argomento, dall’altro lo è
per il supporto durante gli esercizi e le varie attività. Ha inizio così la
sperimentazione del metodo Flipped Classroom che conduce fin dal
3 In spagnolo tradotto con Clase invertida o Clase al revés. I fondatori del metodo Flipped Classroom,
Jonathan Bergmann e Aaron Sams, ci tengono a precisare che il termine non fu utilizzato da loro per la
prima volta, ma coniato con successo da alcuni media.
8
principio a risultati significativi in termini di successo, oltre a risolvere il
problema della scarsa frequenza da parte degli studenti.
Bergmann e Sams descrivono il metodo appena inaugurato, nel testo
pubblicato nel 2012 con il titolo Flip your Classroom: Reach Every Student
in Every Class Every Day. La prima versione di classe capovolta viene
nominata dagli autori Flipped Class 101 ed è la più diffusa e utilizzata in
aula dai docenti. In questo caso è prevista la fruizione sincrona del
materiale, uguale per tutti gli studenti, per cui ognuno è chiamato a
guardare la lezione autonomamente, prima di svolgere in classe una
determinata attività di gruppo. Nonostante la sperimentazione si riveli
stimolante, per Bergmann e Sams il processo di apprendimento continua
comunque ad essere principalmente ‘imposto’ dal docente, poiché ciò che
cambia è essenzialmente il mezzo con cui veicolare informazioni.
L’evoluzione a quella che viene definita versione Mastery si compie
gradualmente, passando ad una visione della videolezione asincrona, per
cui ogni studente è libero di fruire del materiale quando e dove vuole in
base alle proprie necessità, diventando responsabile del proprio processo di
apprendimento. Secondo la testimonianza di Bergmann e Sams, questo
nuovo modello, che prevede spiegazioni e relativi esercizi a progressione
graduale, facilita la creazione di una didattica personalizzata e
l’integrazione degli studenti stranieri che iniziano a frequentare le loro
lezioni senza previe competenze nella materia in questione. Allo stesso
tempo il modello Mastery rispetta il livello e le capacità di ogni alunno e ne
favorisce l’apprendimento. Tuttavia, nonostante la versione oggi più
utilizzata e diffusa sia quella tradizionale, gli autori stessi precisano che
non esiste un modello fisso e standard di classe capovolta, ogni docente
può infatti plasmarla e adattarla al proprio contesto didattico per
raggiungere gli obiettivi stabiliti. Capovolgere la classe significa soprattutto
9
sovvertire il proprio modo di pensare e di concepire la posizione studente-
insegnante (2012: 11).
Il termine flipped in inglese deriva dal verbo to flip che significa
rovesciare, capovolgere, rivoltare. L’elemento chiave del metodo è proprio
il capovolgimento, poiché inverte i momenti tipici dell’attività didattica: la
lezione frontale (in inglese lecture) e lo studio individuale. Nella classe
capovolta, infatti, i contenuti vengono appresi a casa dagli studenti spesso
attraverso una videolezione, mentre l’esercizio solitamente svolto a casa
viene eseguito a scuola, con l’aiuto ed il supporto dell’insegnante. Gli
autori del metodo, però, sottolineano che la Flipped Classroom è solo il
primo gradino per giungere alla piena realizzazione di un modello al quale
danno il nome di Flipped Learning:
Flipped learning is a pedagogical approach in which direct instruction
moves from the group learning space to the individual learning space,
and the resulting group space is transformed into a dynamic,
interactive learning environment where the educator guides students
as they apply concepts and engage creatively in the subject matter.
(Bergmann, Sams, 2014: 6)
Occorre considerare però che, per quanto l’uso delle videolezioni sia
importante, esso non rappresenta il fine da perseguire ma il mezzo da
utilizzare per creare un ambiente più stimolante, in cui la responsabilità
dell’apprendimento passa dal docente all’alunno, con la possibilità di
individualizzare l’insegnamento secondo le necessità di ciascuno. A
conferma di quanto affermato si cita un articolo che nel 2013 Bergmann J.,
Overmyer J. e Wilie B. pubblicano nel sito Internet The Daily Riff5
spiegando i tratti distintivi del metodo Flipped Classroom. Ciò che si
evince è che, come anticipato, l’insegnamento capovolto non è sinonimo di
video online, che pretende di sostituire il lavoro dell’insegnante, né
5 Bergmann, J., Overmyer, J., Wilie, B. (2013). “The Flipped Class, Myths vs Reality”. In The Daily Riff,
9 luglio 2013.
10
tantomeno richiede agli alunni di lavorare davanti ad un computer
individualmente. I punti salienti che emergono riguardano invece la
capacità del metodo Flipped di incrementare (increase) l’interazione tra
docente e studente e tra gli alunni stessi, grazie ad un ambiente cooperativo
che permette di personalizzare l’apprendimento e di costruire la conoscenza
attraverso un’esperienza concreta. È evidente che in tale contesto
scolastico, modificato nelle sue componenti tradizionali, anche il ruolo del
docente e dello studente merita di essere rivalutato sotto una nuova luce.
1.2 L’insegnante come facilitatore
Come anticipato nei paragrafi precedenti, uno degli scopi principali della
Flipped Classroom è quello di rendere gli studenti partecipanti attivi e
responsabili nel processo di apprendimento. La lezione frontale a cui siamo
abituati spesso si dimentica di questa necessità, così che nella maggior
parte dei casi essi rimangono passivi ad ascoltare la lezione. Questo tipo di
insegnamento viene definito teacher-centered, ossia un approccio didattico
che prevede la trasmissione di sapere e conoscenza dall’insegnante
all’allievo, come accade solitamente durante una lezione frontale. Di
conseguenza l’insegnante agisce come controller (Harmer, 2007: 108)
rimanendo di fronte alla classe per parlare, spiegare o leggere ad alta voce,
mentre lo studente è spesso il soggetto passivo, che riceve informazioni
prive di una connessione con il contesto reale extrascolastico. In questo
caso la valutazione rappresenta un momento indipendente rispetto
all’insegnamento, ed è l’unico mezzo impiegato dal docente per giudicare e
verificare il processo di formazione. Nonostante ciò, il ruolo centrale
dell’insegnante è sicuramente necessario in determinati momenti della
lezione, per esempio per richiamare l’attenzione, organizzare attività,
11
esprimere giudizi e feedback o correggere esercizi, ma nel caso del Flipped
Learning la posizione predominante dell’insegnante necessita di una
rivalutazione.
Nella classe capovolta ideale il docente agisce infatti non più come
controller ma come prompter, incoraggiando e stimolando gli studenti,
come participant, nel caso in cui partecipi per esempio ad una discussione,
come resource in quanto fonte di sapere e di conoscenza e come tutor, che
guida appunto le diverse attività (Harmer, 2007: 109-110). Questa
importante classificazione dei ruoli dell’insegnante, che compare nel testo
di Harmer (2007), sottolinea la presenza di numerosi ruoli e possibilità
differenti che l’insegnante può adottare in alternativa alla lezione frontale.
Questo accade realmente nella Flipped Classroom che può essere definita
come approccio learner-centered, nel quale cioè “students move from
being the product of teaching to the centre of learning, where they are
actively involved in knowledge formation through opportunities to
participate in and evaluate their learning […]”6. In una prospettiva di
learner-centered approach gli studenti costruiscono attivamente la propria
conoscenza ricercando e sintetizzando informazioni, come accade durante
la visione delle video lezioni, o affrontando lavori di problem solving. In
questo modo la didattica ha luogo all’interno di un contesto reale e non
astratto, come spesso accade in un approccio tradizionale e la valutazione è
parte integrante dell’insegnamento, viene infatti utilizzata per monitorare,
correggere, migliorare e soprattutto promuovere l’apprendimento.
Il fatto che il ruolo del docente si modifichi nell’ambito della Flipped
Classroom non significa che sia meno rilevante di prima, anzi le scelte
operate dal docente nella lezione capovolta sono ancora più importanti per
6 Flipped Learning Network: http://www.flippedlearning.org/review, p.5 (ultimo accesso 07/01/2016).
12
definire gli obiettivi da perseguire e trovare strategie efficaci per la propria
classe. Occorre considerare che non tutti i contesti didattici, gli studenti e le
risorse tecnologiche sono uguali, per questo l’abilità dell’insegnante sta nel
saper riconoscere le esigenze dei propri studenti e nel personalizzare il
modello di insegnamento secondo tali necessità. Solo in questa maniera
l’apprendimento capovolto permette di raggiungere risultati tangibili:
Flipped Learning, as its core, is individualized learning. There are
many methods, variation, and types of student-centered learning-
differentiated instruction, problem/project-based learning, inquiry-
based study, and many others. When combined with the flipped
learning concept, these strategies become practical to implement.
Flipped learning is fundamentally learner-centric. (Bergmann, Sams,
2014:7)
1.2.1 L’insegnante come ricercatore
Prima di analizzare nel dettaglio l’atteggiamento che l’insegnante
dovrebbe assumere avvicinandosi alla Flipped Classroom, occorre
introdurre una distinzione tra metodo e modello. Accade spesso che i due
termini siano intercambiabili quando si parla di classe rovesciata, in realtà
essi non sono sinonimi, soprattutto in ambito pedagogico. Il metodo può
essere definito come: “procedimento messo in opera seguendo criteri
sistematici in vista di uno scopo; complesso organico di regole, principi,
criteri in base ai quali si svolge un'attività teorica o pratica”.8 Questo fa
desumere che la teoria e le sequenze procedurali che lo compongono siano
implicitamente ed assolutamente validi, così che i sostenitori di un
determinato metodo creino dogmatismo ed un inevitabile impoverimento
didattico. D’altro canto il modello, in termini pedagogici, non è altro che
un’organizzazione complessiva della vita educativa, che comprende in
questo caso anche il contesto e il luogo in cui lo stesso metodo viene
8 Traduzione tratta dal dizionario online del Corriere della Sera.
13
applicato. In termini concreti “corrisponde ad una scelta educativa
determinata e possiede una precisa valenza normativa: è capace di ispirare
e guidare la concreta organizzazione dell’esperienza educativa”9. Tale
distinzione tra metodo e modello è di fondamentale importanza per
comprendere come la Flipped Classroom sia a cavallo tra i due,
possedendo delle procedure metodologiche specifiche e un contesto di
applicabilità. Il rischio di inflessibilità mentale e di dogmatismo, che nasce
a partire da un metodo/modello, può essere scongiurato solo considerando
l’innovazione, in questo caso rappresentata dall’insegnamento capovolto,
non come strumento assoluto ma come ipotesi di lavoro che apre ai docenti
nuovi orizzonti e che è considerata “a flexible technique”, come definita da
Bergmann e Sams (2014: 35).10
Quello della Flipped Classroom è un approccio che tende, quindi, ad
allontanare il docente dalla sua posizione di “sage on stage” (Alison King,
1993). Ciò non significa che il suo ruolo non sia ugualmente importante
come nella lezione tradizionale, dal momento che tale modello non intende
eliminare dalla didattica la lezione (lecture), ma semplicemente renderla
fruibile in un momento differente (casa) rispetto a quello usuale (classe). In
tal senso, l’insegnante è tenuto a valutare non tanto se utilizzare o meno il
modello Flipped, ma quali ipotetici stimoli e miglioramenti i suoi alunni
potrebbero trarre dal suo utilizzo. Entra così in gioco il ruolo
dell’insegnante definito da Schön (1963) come “professionista riflessivo”.
9 Baldacci, M. (2010). “Teoria, prassi e ‘modello’ in pedagogia. Un’interpretazione della prospettiva
problematicista”. Rivista Education Sciencies &Society. Formazione e società, Armando Editore, anno 1
n.1, gennaio – giugno 2010, p.68. http://riviste.unimc.it/index.php/es_s/article/viewFile/93/57 (ultimo
accesso 07/01/2016). 10 Tali concetti sono stati elaborati ed introdotti dal professore di Pedagogia generale Massimo Baldacci
durante un seminario di studi intitolato “A scuola di competenze nell’era digitale. Flipped Learning
Classroom, una nuova frontiera dell’innovazione scolastica”, organizzato dall’Università degli Studi di
Urbino Carlo Bo, il 14 ottobre 2015. Introduzione di Marcella Tinazzi, interventi di Massimo Baldacci e
Silvia Fioretti dell’Università di Urbino, Letizia Cinganotto, rappresentante INDIRE, Alessandra Rucci,
dirigente dell’Istituto “Savoia Benincasa” di Ancona e Vittoria Paradisi, docente presso l’Istituto “G.
Leopardi” di Saltara. Attestato di partecipazione in Appendice A, Infra.
14
L’idea di riflessività viene applicata dall’autore alle diverse pratiche
professionali, senza un particolare riferimento a quella scolastica, ma per la
quale vige comunque lo stesso principio. La riflessione in campo, cioè
quella che avviene attraverso l’azione, permette di concepire la figura del
docente come ricercatore, che non si limita alla pura teoria, ma si avvicina
concretamente alla pratica didattica.
Nel caso del Flipped Learning la figura del ricercatore è necessaria per
guardare l’innovazione in maniera critica e costruttiva. In termini concreti
questo significa valutare i rischi e i benefici prima di introdurre il metodo
nella propria didattica e nell’osservare ed eventualmente rivalutare gli
obiettivi durante la sperimentazione. A conclusione di quanto esposto, si
propone una citazione tratta da Schön nel suo testo Il professionista
riflessivo (1993: 23):
[..] la «divulgazione» di un’innovazione spesso significa la
reinvenzione di quella innovazione in un nuovo contesto. Per replicare
un’innovazione promettente, allora, il potenziale replicatore deve in
qualche modo afferrare gli elementi essenziali di quella innovazione,
distinguendoli da quelli accessori legati al contesto locale, e deve
riuscire a immaginare come si possano adattare quegli elementi
essenziali al contesto molto differente nel quale egli/ella tenta di
attuare «la» innovazione.
1.3 Lo studente
Se è vero che il Flipped Learning invita i docenti a decentrare il proprio
ruolo e a diventare facilitatori nel processo di apprendimento, è altrettanto
vero che gli studenti assumono a loro volta una posizione centrale che
modifica notevolmente le modalità di apprendimento a cui erano abituati
durante una lezione frontale. A questo proposito è opportuno citare il
15
grafico della Bloom’s Taxonomy12 (Tassonomia di Bloom), si tratta di una
piramide che rappresenta gli obiettivi cognitivi da raggiungere durante il
processo di apprendimento. Partendo dalla base, Bloom individua i
seguenti processi cognitivi:
Remembering
Understanding
Applying
Analyzing
Evaluating
Creating
L’analisi del grafico, che prevede una lettura dal basso verso l’alto, è quella
che meglio riflette il processo didattico utilizzato nelle lezioni frontali:
l’insegnante spiega in classe un contenuto, focalizzandosi sulla ripetizione
del concetto affinché sia ricordato e compreso dagli studenti (Figura 1). In
alcuni casi il docente trova spazio per momenti in cui tali informazioni
vengono applicate, ma questo accade molto raramente poiché spesso, in
classe non c’è abbastanza tempo per analizzare, valutare e creare. Di nuovo
emerge un metodo di insegnamento fondamentalmente basato su molta
teoria e poca pratica.
Per una valutazione comparativa tra lezione frontale e classe capovolta,
occorre ora riproporre la stessa tassonomia esaminandola dalla prospettiva
opposta, cioè dall’alto verso il basso. Nella Flipped Classroom, infatti, la
12 Nel 1956 Bloom elabora una piramide che rappresenta i seguenti obiettivi educativi: Knowledge,
Comprehension, Application, Analysis, Synthesis, Evaluation. In questo caso si fa riferimento alla
Bloom’s Taxonomy rivista da Anderson e Krathwohl in cui il focus si sposta dai prodotti
dell’apprendimento ai processi cognitivi. Anderson, L.W., Krathwohl, D.R. (2001). A Taxonomy for
Learning, Teaching, and Assessing: A Revision of Bloom's Taxonomy of Educational Objectives. New
York: Longman.
Figura 1. Piramide della Bloom’s Taxonomy
nella lezione tradizionale.
Creating
Analyzing
Evaluating
Applying
Understanding
Remembering
16
piramide è sovvertita (Figura 2): la base è costituita dalla creazione e dalla
valutazione, ossia da una partecipazione attiva e critica nei confronti delle
tematiche affrontante o delle attività svolte, poiché il momento del
cosiddetto remembering/understanding avviene in maniera autonoma come
compito a casa, supportato prevalentemente, ma non esclusivamente, dalle
lezioni video. In classe gli studenti possono applicare le conoscenze
acquisite attraverso lavori autonomi o di gruppo, ricerche, inquiry process
(processi di indagine) e attività di project-based learning (prevedono la
realizzazione di progetti concreti, come presentazioni Power Point,
dispense, brochure, ecc).
A conclusione di quanto affermato, la differenza sostanziale che sembra
emergere da un confronto comparativo dei due metodi sta soprattutto nel
grado di coinvolgimento attivo degli studenti e nel come e dove gli stessi
alunni possano fruire dell’informazione e del contenuto, poiché come
affermano Bergmann e Sams:
Without sacrificing the quality of instruction or the value of content,
teachers have found a way to move from content-driven, teacher-
directed classroom to student-centered classrooms. Content is
important, but it does not necessarily need to be the driving force
behind instruction. (Bergmann, Sams, 2014:32)
Figura 2. Piramide della Bloom’s Taxonomy
nella classe capovolta.
Creating
Analyzing
Evaluating
Applying
Understanding
Remembering
17
1.4 Valutazione autentica
Il tipo di valutazione didattica tradizionale prevede la somministrazione
di test, verifiche o interrogazioni periodiche al fine di verificare i progressi
degli studenti e attribuire un grado di giudizio al loro lavoro. Tale metodo
di valutazione è stato messo in forte discussione dai sostenitori della
Flipped Classroom che ne evidenziano limiti significativi. La lezione
tradizionale alterna fasi esplicative a fasi valutative e i due momenti
rimangono ben distinti. Le prove sono prestabilite e avvengono in
determinati momenti del percorso didattico, i risultati derivano spesso da
interrogazioni orali o verifiche standard che facilitano l’analisi dei dati, i
tempi di correzione sono spesso molto lunghi e questo non facilita
l’autocorrezione e il miglioramento degli studenti nel breve e nel lungo
periodo (Rivoltella, 2013: 167).
Il Flipped Learning sembra intervenire anche in questo delicato
processo, trasformando la valutazione da oggettiva ad evolutiva, ossia che
“si avvale di molte prove distribuite in maniera equilibrata lungo il
percorso di apprendimento in modo tale che consentano all’insegnante di
misurare i progressi dello studente” (Rivoltella, 2013: 167). Si parla in
questo caso di Embedded Assessment, per cui il giudizio del discente non
rappresenta un momento a sé stante, ma è ben integrato nelle attività
didattiche svolte. Si tratta di una valutazione efficace ed autentica che
prevede un monitoraggio continuo e costante delle attività, facilitando un
giudizio più completo ed individuale. Il focus in questo tipo di valutazione
non è sulla conoscenza, ma piuttosto sulla competenza, intesa come
“comprovata capacità di utilizzare conoscenze, abilità e capacità personali,
sociali e/o metodologiche, in situazioni di lavoro o di studio e nello
sviluppo professionale e personale” (Rivoltella, 2013:162). Ciò significa
18
che la valutazione non riguarda solo il prodotto finale di una ricerca,
presentazione o indagine, ma anche e soprattutto il processo che lo precede
e che fa emergere la capacità organizzativa ed espressiva dello studente, la
sua abilità nel reperire il materiale, nel risolvere il problema e giungere al
risultato sperato.
La valutazione di cui si serve il metodo della Flipped Classroom sembra
apportare giovamenti anche in termini di stress emotivo a cui gli studenti
sono sottoposti in fase di valutazione tradizionale. Nella maggior parte dei
casi, infatti, il voto positivo rappresenta l’obiettivo principale da
raggiungere e lo studio mnemonico che segue non apporta progressi
significativi in termini di apprendimento. In un contesto didattico in cui
lezione e valutazione sono combinate, ogni attività, ricerca, lavoro di
gruppo o individuale diventa oggetto di possibile valutazione, costruendo
un continuum entro il quale il giudizio finale monitora l’andamento
complessivo dell’alunno.
Decidere di trasformare la propria lezione in una Flipped Lesson
comporta, come è emerso, notevoli cambiamenti; in questo caso modificare
la propria metodologia di valutazione non è un lavoro semplice e richiede
flessibilità e precisione allo stesso tempo. Si consiglia quindi un passaggio
lento e graduale, per abituare gli studenti al nuovo contesto didattico e per
pianificare l’attività preparatoria e propedeutica alla valutazione. La
combinazione tra innovazione e tradizione potrebbe rappresentare il giusto
compromesso, cioè alternare momenti di valutazione tradizionale e
innovativa, al fine di incrociare i dati emersi e considerare le diverse
sfaccettature. In un contesto concreto gli strumenti più utili a tale scopo
sono il portfolio (o e-portfolio) e le rubriche, ossia strumenti consueti nella
didattica tradizionale che rispondono anche alle esigenze della classe
capovolta. Il portfolio è la raccolta dei lavori realizzati dagli studenti in
19
formato cartaceo o digitale, che permette di ricostruire l’intero percorso
didattico e di valutare i miglioramenti raggiunti. La rubrica “graficamente
parlando, è una tabella che consente una considerazione sinoddica di una
serie di variabili” (Rivoltella, 2013:162), quindi un prospetto con il quale
valutare la competenza, tenendo conto di diverse conoscenze ed abilità.
La complessità della valutazione accresce ulteriormente quando ad
essere coinvolte sono attività che prevedono l’uso delle TIC. In questo caso
può essere utile il supporto di portali e-learning come Moodle o Edmodo
che permettono una valutazione a doppia prospettiva: in presenza e a
distanza, ossia riguardante attività svolte in classe, a casa, o combinando
entrambi i momenti. Questi software consentono di creare scale di
valutazione personali adattabili alle diverse attività ed esercizi guidati o
autovalutativi in grado di fornire feedback immediati agli studenti,
consentono di applicare sistemi di monitoraggio online e di formulare
sondaggi dai quali avere riscontri in tempo reale. In questo caso il giudizio
scolastico finale può essere inteso come la risultante tra processi valutativi
tradizionali e metodologie innovative.13
In un contesto di Flipped Classroom, capovolgere la valutazione
significa perciò dare ai discenti maggior consapevolezza del proprio
apprendimento, dei rispettivi miglioramenti e dell’acquisizione di quelle
competenze che vanno al di là della semplice conoscenza formale.
1.5 Come organizzare il tempo scolastico
Convertire la lezione frontale in una Flipped Classroom significa, quindi,
riorganizzare completamente il tempo scolastico a disposizione. Si tratta di
13http://docslide.it/education/un-sistema-di-valutazione-integrato-con-moodle-per-la-scuola.html
(ultimo accesso 07/01/2016).
20
uno degli aspetti più interessanti e innovativi del metodo, poiché spostando
il momento della spiegazione a casa, il tempo recuperato in classe diventa
essenziale per lo sviluppo e l’applicazione dei contenuti. In una lezione
frontale il tempo utilizzato in classe è prevalentemente dedicato alla
spiegazione, quindi i momenti che prevedono l’esercizio e l’attività guidata
sono sempre molto ridotti. Al contrario, come indicato nella tabella
sottostante (Figura 3), nella lezione capovolta (presupponendo in questo
caso una lezione di 90/100 minuti) il tempo dedicato all’attività
laboratoriale è notevole: in termini concreti rappresenta circa 75 minuti del
totale contro i 20/35 minuti della lezione tradizionale.14
Si tratta di un cambiamento sicuramente positivo per gli studenti che
hanno la possibilità di fare chiarezza sull’argomento o godere della
presenza dell’insegnante durante lo svolgimento degli esercizi. In tal senso,
emerge nuovamente il carattere cooperativo della lezione capovolta, poiché
l’elaborazione e l’assimilazione del contenuto non avvengono in forma
14 Franchini, R. (2014). The Flipped Classroom (le classi capovolte). Rassegna CNOS, p.89.
http://www.cnos-fap.it/sites/default/files/articoli_rassegna/Franchini_1-2014.pdf (ultimo accesso
07/01/2016).
Classe tradizionale Classe capovolta
Attività Tempo Attività Tempo
Preparazione dell’attività 5’ Preparazione dell’attività 5’
Verifica dei compiti a
casa 20’ Domande sul video 15’
Lezione su nuovi
contenuti 30/45’ Attività laboratoriale 75’
Attività laboratoriale 20/35’
Figura 3.
21
autonoma ed individuale, come accade durante lo studio a casa, ma
diventano parte di un processo di costruzione attiva e collaborativa insieme
all’insegnante e ai compagni.
Se da questo punto di vista il carico di lavoro richiesto agli studenti
sembra essere alleggerito, o meglio facilitato, la stessa cosa non accade per
l’insegnante che adotta il capovolgimento. Al contrario di ciò che si può
asserire, infatti, chiedere ai propri alunni di guardare a casa una lezione
video non significa allontanare da sé la responsabilità dell’insegnamento,
bensì modificare il processo standard di spiegazione e adeguare la didattica
ai cambiamenti che l’introduzione del nuovo metodo comporta. Nel caso
della Flipped Classroom il lavoro di programmazione e pianificazione
dell’insegnante può diventare ancora più articolato e complesso, dal
momento che il tempo liberatosi in classe deve essere organizzato in
maniera impeccabile e precisa. Nonostante l’ambiente di apprendimento si
basi infatti sulla cooperazione e l’insegnante esca dal suo ruolo di ‘transfer’
di contenuti, è necessario che egli mostri una certa sicurezza e
organizzazione nel tempo da gestire in classe. Dare consegne chiare e
precise, fare un breve riepilogo degli argomenti o formulare domande per
accertarsi, ad esempio, che il video sia stato visto e compreso, organizzare
attività, scegliere la disposizione dei banchi e sistemare i gruppi di lavoro,
attribuire feedback individuali o collettivi, sono tutti momenti che
richiedono tempo e devono essere ben gestiti. Il tempo impiegato per
pianificare una lezione capovolta accresce ulteriormente quando ad essere
coinvolti sono anche i nuovi strumenti tecnologici: creare un ambiente
virtuale per la condivisone del materiale o realizzare una videolezione ad
hoc, ad esempio, necessitano di capacità pratiche ed organizzative ulteriori.
Organizzare bene il tempo scolastico richiede quindi una costante
preparazione, organizzazione e formazione professionale; dipende infatti
22
anche dall’insegnante l’esito positivo delle attività e quindi il conseguente
apprendimento degli studenti. Nel suo libro The Practice of English
Language Teaching, Harmer afferma che:
In part, successful rapport derives from the students’ perception of the
teacher as a good leader and a successful professional. If, when
teachers come to class, students can see that they are well-organised
and well-prepared […], they are likely to have confidence in their
teacher. Such confidence is an essential component in the successful
relationship between students and their teacher. (Harmer, 2007: 113)
23
Capitolo 2
Strategie e approcci didattici nella Flipped Classroom
Come è chiaramente emerso dal primo capitolo, adottare il modello
Flipped Learning significa porre al centro del processo educativo lo
studente, con i suoi limiti e le sue notevoli capacità, facilitando così un
apprendimento attivo (Active Learning di Dewey, 1899). Occorre
comunque sottolineare che per quanto sia diversa la fruizione della lezione,
l’acquisizione di un contenuto o di una abilità rimane comunque l’obiettivo
principale, anche nel caso della classe capovolta. L’insegnante che opera in
un ambiente didattico attivo, come è quello della Flipped Classroom, può
scegliere tra diverse strategie per rendere la comprensione e l’assimilazione
di informazioni ancora più efficiente. Il diagramma di Veen rappresentato
in figura 1, mostra alcuni metodi didattici efficaci in un tipo di
insegnamento student-centered, basato quindi sul costruttivismo e su un
tipo di lavoro cooperativo e collaborativo1. In generale, i benefici di
ciascun approccio, che saranno analizzati in dettaglio nei paragrafi che
seguono, variano a seconda del contesto a cui vengono applicati.
1 Bishop, J. e Verleger Matthew (2013). The Flipped Classroom: A Survey of the Research. Atlanta:
American Society for Engineering Education, p.7. http://www.studiesuccesho.nl/wp-
content/uploads/2014/04/flipped-classroom-artikel.pdf (ultimo accesso 07/01/2016).
Figura 1. Diagramma di Veen che rappresenta i vari metodi didattici student-centered.
24
2.1. Problem-Based Learning
Il Problem-Based Learning (PBL) è un metodo di apprendimento il cui
punto di partenza è rappresentato da un problema concreto ed autentico;
nasce come metodo applicato al campo medico (Barrows, 1986) e solo
negli anni ’90 va ad innovare la didattica tradizionale. Si basa
essenzialmente su idee costruttiviste secondo le quali la conoscenza nasce
dall’interazione con gli altri e con l’ambiente circostante (relevant context),
per cui non può essere trasmessa, bensì costruita. In questo caso
l’apprendimento, che avviene per mezzo della risoluzione di problemi
concreti, sembra essere più duraturo rispetto ad una conoscenza acquisita
astrattamente. Il problema crea un contesto ed uno scopo reali e le abilità si
sviluppano a partire dal problema stesso; quest’ultimo può essere costruito
ad hoc dall’insegnante, reperito attraverso la rete o può fare riferimento
all’esperienza reale degli studenti. Si tratta di un metodo chiaramente
learner-centered in quanto il discente è chiamato a risolvere il problema
mediante la raccolta di materiale, la formulazione di ipotesi, il confronto di
gruppo, il ragionamento autonomo e collettivo, mentre l’insegnante agisce
come tutor che guida il processo di ragionamento. Importanti in questo
caso diventano anche l’autovalutazione e la valutazione tra pari, come
strumenti con cui lo studente assume consapevolezza del proprio lavoro e
di quello degli altri. Il Problem-Based Learning è un metodo didattico e
non va confuso con il problem solving che è invece una tecnica e può
rappresentare solo una delle tante possibili attività all’interno di diversi
metodi.
25
2.2. Peer Instruction
Un altro metodo didattico utilizzato in ambito cooperativo è
rappresentato dalla Peer Instruction, a cui Eric Mazur dedica un intero
libro intitolato Peer Instruction:A User’s Manual (1997)2. Il punto di
partenza di Mazur è costituito da una critica notevole alla lezione frontale
(lecture) in cui gli studenti possiedono un ruolo prevalentemente passivo.
La didattica tradizionale, secondo l’autore, è troppo incentrata sulla
risoluzione di problemi, che oltretutto non presuppongono una reale
‘scoperta’ o un ragionamento, bensì prevedono soluzioni standard e
meccaniche apprese mediante spiegazione o studiate nel libro di testo.
Raramente i problemi proposti hanno un’effettiva connessione con la vita
reale o permettono una molteplice possibilità di soluzione. Il libro di testo,
nella Peer Instruction, gioca invece un ruolo del tutto diverso: viene
utilizzato a casa per introdurre il contenuto e dopo la lezione come guida o
strumento di approfondimento. È proprio in questi termini che i teorici
vedono nella Peer Instruction un precursore della Flipped Classroom e
quindi un metodo particolarmente utile alle finalità dell’insegnamento
capovolto.
I frustranti risultati che Mazur ottiene servendosi della lezione
tradizionale, lo portano a sperimentare la Peer Instruction, un metodo di
apprendimento interattivo tra pari, in cui la risoluzione di problemi è
prevista, ma non rappresenta il punto focale. Le lezioni in questo caso sono
costituite da brevi presentazioni su concetti chiave, ognuna delle quali è
seguita da un test (Concept Test) sugli argomenti appena trattati. Gli
2 Mazur E. (1997). Peer Instruction: A User’s Manual. Upper Saddle River, NJ, USA: Prentice Hall. http://kiemdinhcl.duytan.edu.vn/Upload/Announcement/Documents/Mazur(1997)Peer-Instruction.pdf
(ultimo accesso 07/01/2016).
26
studenti sono chiamati a rispondere prima in maniera autonoma, poi a
discutere e a confrontare le risposte con i compagni; solo quando la
maggioranza dei riscontri sarà positiva si procederà con una nuova
spiegazione. La struttura usuale di ogni Concept Test viene analiticamente
riassunta dallo stesso Mazur (1997: 10) nei seguenti punti:
Question posed 1 minute
Students given time to think 1 minute
Students record individual answers (optional)
Students convince their neighbors (peer instruction) 1-2 minutes
Students record revised answers (optional)
Feedback to teacher: tally of answers
Explanation of correct answer 2+ minutes
Il confronto tra pari così generato non solo diventa stimolo al
ragionamento, ma fa scaturire una sicurezza interiore negli studenti, che
nasce dalla responsabilità condivisa della risposta. La Peer Instruction
comprende anche la tecnica di problem solving, perché se è vero che in
classe l’attenzione è focalizzata sul rafforzamento dei contenuti e
sull’interazione tra pari, il momento del problem solving è comunque parte
della discussione o dei compiti da svolgere a casa. Questo tipo di approccio
didattico, utilizzabile durante una Flipped Lesson, è una delle tante
possibilità a cui attingere per sfruttare al meglio il tempo ‘libero’ creatosi a
scuola con lo spostamento della lezione a casa. L’allievo, così, diventa
soggetto attivo della lezione: non c’è un transfer di informazioni, ma la
conoscenza si costruisce a partire da un’osservazione ragionata di eventi e
dal confronto tra studenti. In molti casi, inoltre, si è notato come la
spiegazione tra pari possa essere più efficace e stimolante di quella data
27
dall’insegnante stesso. Un altro metodo che sfrutta il confronto tra pari è il
Peer Assisted Learning o Peer Tutoring, che prevede attività didattiche da
svolgere con l’assistenza dei compagni.
2.3. Cooperative Learning
“What do you like most about the format of class?
The teacher is helpful, the students are helpful so that we can improve
together”.3
La citazione è tratta da un articolo di Stacey Rochan pubblicato nel sito
Internet The Daily Riff nel 2012. Si tratta di un articolo molto interessante
che rivela le sensazioni degli studenti che hanno vissuto esperienze di
Flipped Classroom in prima persona e ciò che emerge dalle loro
testimonianze è l’importanza di una collaborazione che sta alla base della
classe capovolta.
Il Cooperative Learning, o apprendimento cooperativo, viene definito
metodo a “mediazione sociale” (Comoglio, Cardoso, 1996), a conferma del
fatto che sono gli studenti la fonte e la risorsa dell’apprendimento, mentre
l’insegnante svolge in questo caso il ruolo di facilitatore delle attività
svolte. In un contesto didattico cooperativo gli alunni lavorano in piccoli
gruppi al fine di raggiungere un apprendimento individuale, attraverso
l’interazione con gli altri. Va sottolineato il fatto che Cooperative Learning
e lavoro di gruppo non sono sinonimi: accade spesso che durante un lavoro
di gruppo alcuni studenti prevalgano sugli altri, innescando anche una certa
competitività. Un’attività svolta in maniera cooperativa, al contrario,
implica che ognuno di loro abbia un ruolo essenziale e fondamentale per la
3 Stacey Rochan (2012). “The Flipped Class: Students talk”. The Daily Riff, 25 maggio 2012,
http://www.thedailyriff.com/articles/students-talk-about-the-flipped-class-survey-results-933.php (ultimo
accesso 07/01/2016).
28
riuscita del lavoro, tutti sono quindi ugualmente indispensabili e
responsabili della buona riuscita del progetto.
Wendy Jolliffe (2007:39) indica a proposito dell’apprendimento
cooperativo cinque elementi chiave4, che saranno di seguito analizzati. Il
primo fattore costitutivo prende il nome di Positive Interdependence poiché
ogni membro del gruppo necessita dell’aiuto degli altri per portare a
termine la consegna; in questo senso tutti possiedono un fine comune e
collettivo pur mantenendo una responsabilità individuale, in quanto
chiamati a rendere conto della propria parte di lavoro. Questo secondo
elemento viene identificato con il nome di Individual Accountability. A tale
proposito è importante sottolineare che l’apprendimento cooperativo
sostiene il confronto e la cooperazione fra gli allievi, ma senza dubbio aiuta
anche a sviluppare le competenze individuali di ognuno di loro. Altro
elemento costitutivo del Cooperative Learning è rappresentato
dall’interazione faccia a faccia (Face-to-face Interaction): il lavoro di
gruppo deve prevedere momenti in cui i componenti possano confrontarsi,
valutare il proprio lavoro e quello degli altri, trovare strategie organizzative
efficaci, risolvere problemi e scambiarsi feedback; questo rappresenta un
momento fondamentale in cui la collaborazione raggiunge realmente il suo
apice. Si tratta di competenze che si acquisiscono gradualmente e per le
quali il docente disimpegna un ruolo di significativa importanza, al fine di
favorire l’insegnamento delle abilità sociali all’interno del piccolo gruppo,
indicate da Jolliffe con il nome di Small-group and Interpersonal Skills. In
un contesto didattico cooperativo, apprendere il valore delle relazioni ed
interazioni sociali ha la stessa importanza dell’acquisizione di abilità
4 Il Cooperative Learning presuppone la presenza di cinque elementi chiave indicati con l’epigrafe PIGS
F: Positive Interdependence, Individual Accountability, Group Processing, Small-group and Interpersonal
Skills, Face-to-face Interaction. Jolliffe, W. (2007). Cooperative Learning in the Classroom. London:
Paul Chapman Publishing.
29
scolastiche. Questo perché gli studenti, abituati alla lezione tradizionale
spesso non sanno lavorare in gruppo, non riescono ad organizzarsi
efficacemente o a prendere decisioni insieme ed è quindi compito
dell’insegnante guidarli verso una vera cooperazione. È importante inoltre
che i gruppi formati siano piccoli gruppi, affinché la responsabilità
individuale aumenti notevolmente. Il quinto ed ultimo elemento di
cooperazione è determinato dalla valutazione individuale e di gruppo sia da
parte dell’insegnante sia da parte degli studenti stessi. Quello che viene
indicato come Group Processing è importante per individuare i punti di
forza e le debolezze del gruppo, per valutare gli obiettivi raggiunti e il
risultato del lavoro di cooperazione svolto dai discenti.
Il ruolo dell’insegnante che utilizza il metodo dell’apprendimento
cooperativo è quello di pianificare la lezione, decidere come organizzare gli
studenti nei piccoli gruppi, definire il materiale necessario alle finalità
didattiche, ma soprattutto stabilire gli obiettivi del lavoro. Il docente è
inoltre la guida responsabile dell’insegnamento delle abilità sociali ed
interpersonali, ha il compito di monitorare lo svolgimento del lavoro e di
valutare i risultati ed i miglioramenti raggiunti attraverso tale cooperazione
(Jolliffe, 2007:47). I vantaggi emersi dall’utilizzo del Cooperative
Learning in classe, ai fini dell’apprendimento, si valutano sulla base di un
incremento del rendimento scolastico e delle relazioni interpersonali, oltre
che in termini di crescita individuale grazie ad un aumento di autostima,
sicurezza ed indipendenza (Jolliffe, 2007:6).
In conclusione, tutti gli elementi chiave e costitutivi del Cooperative
Learning, finora analizzati, diventano parte integrante di una lezione che
abbraccia il metodo della Flipped Classroom, in cui alle attività individuali
si prediligono attività di gruppo cooperative che favoriscono un
apprendimento attivo e più responsabile. Ciò è possibile solo creando e
30
sostenendo un ambiente puramente cooperativo e proponendo attività
strutturate per raggiungere tale obiettivo. Un esempio tipico di esercizio
cooperativo è rappresentato dalle jigsaw activities, svolte prevalentemente
a piccoli gruppi e in cui ad ogni studente viene attribuita una parte
dell’argomento generale. Lo scopo di ogni alunno è quello di esporre ai
compagni la parte di contenuto assegnatagli e verificare che questi abbiamo
compreso; in questo modo, attraverso spiegazioni individuali si ricostruisce
in modo cooperativo l’argomento nella sua interezza, fino alla sua totale
comprensione e ognuno contribuisce, quindi, al raggiungimento di un
obiettivo collettivo specifico.
2.3.1. Cooperare vs collaborare
Cooperare e collaborare in ambito didattico non sono la stessa cosa, in
molti casi essi possiedono lo stesso valore ma hanno comunque sfumature
diverse:
Cooperation is a structure of interaction designed to facilitate the
accomplishment of a specific end product or goal through people
working together in groups. Collaborative learning (CL) is a personal
philosophy, not just a classroom technique. In all situations where
people come together in group, it suggests a way of dealing with
people which respects and highlights individual group members’
abilities and contributions.5
In questi termini, un approccio collaborativo si basa essenzialmente sulla
cooperazione tra persone che lavorano in gruppo, ma ciò che determina
l’uso di uno o dell’altro metodo dipende essenzialmente dal livello degli
studenti con cui ci si relaziona. Questo perché un lavoro cooperativo è
maggiormente finalizzato al prodotto dell’interazione, al raggiungimento di 5 Panitz T., (1999). Collaborative Versus Cooperative Learning: A Comparison of the Two Concepts.
Maryland: ERIC, pp.3-4. http://files.eric.ed.gov/fulltext/ED448443.pdf (ultimo accesso 07/01/2016).
31
un obiettivo concreto e predeterminato ed in questo caso, seppur operando
indipendentemente, gli studenti necessitano di un controllo maggiore
dell’insegnante, sia nella preparazione dell’attività sia nel suo svolgimento.
La collaborazione, invece, è spesso richiesta a studenti più preparati, che
possono organizzarsi indipendentemente, per cui la responsabilità di
apprendimento è completamente nelle loro mani. Il passaggio da un lavoro
di tipo cooperativo ad uno di tipo collaborativo può essere visto come una
transizione su uno stesso continuum: gli studenti comprendono cosa
significa lavorare in gruppo con attività guidate di Cooperative Learning e
passano gradualmente al ragionamento critico individuale e di gruppo con
attività meno guidate di Collaborative Learning. I due approcci divergono
quindi soprattutto nel grado di indipendenza degli studenti: nel primo caso
ciascun membro del gruppo svolge un compito specifico, solitamente
stabilito dall’insegnante, al fine di perseguire un risultato comune; nel
secondo caso tutti i componenti del gruppo lavorano su ogni parte del
compito, condividendo le informazioni, pur mantenendo una certa
indipendenza. Se come abbiamo visto la jigsaw activity può considerarsi
un’attività cooperativa, l’utilizzo di applicazioni come Google Docs e
Google Hangouts, per l’elaborazione di un testo scritto in gruppo, può
essere considerato un esercizio collaborativo.
2.4. Inquiry-Based Learning
Un approccio didattico che merita di essere brevemente analizzato è
quello definito Inquiry-Based Learning ed è strettamente collegato ai
metodi finora descritti. L’Inquiry-Based Learning viene considerato
approccio poiché esplicita una modalità di apprendimento che avviene
tramite indagine e promuove un tipo di insegnamento efficace; diventa
32
metodo nel momento in cui viene introdotto dal docente nella propria
didattica seguendo procedure concrete e specifiche. Si tratta di un lavoro di
ricerca applicabile alle diverse discipline, nel quale gli alunni devono
investigare a partire da un quesito reale, generato dall’insegnante o dagli
stessi studenti. Le lezioni, basate su tale ricerca, stimolano la costruzione di
sapere e di conoscenza, andando al di là del semplice contesto scolastico e
favoriscono una sorta di interdipendenza disciplinare, mettendo in gioco
diverse competenze e conoscenze.
L’Inquiry-Based Learning può essere gestito in base alle proprie
necessità didattiche, tuttavia possiede degli elementi costitutivi essenziali6.
Primo fra tutti il problema autentico sul quale lavorare, che quindi permette
di generare una conoscenza efficace ed utile nella vita reale e attraverso il
quale gli studenti sviluppano abilità multiple e flessibili. Occorre inoltre
considerare che durante il processo di indagine la valutazione non è un
momento a sé stante ma avviene in corso d’opera, attraverso feedback,
autovalutazione o valutazione tra pari. Il giudizio dell’insegnante diviene
essenziale sia per giudicare la buona riuscita dell’indagine sia per guidare
l’operato dei discenti. Durante la fase di ricerca è necessaria un’indagine
approfondita anche al di fuori dell’ambiente scolastico, per organizzare il
lavoro e per raccogliere i dati attraverso domande o interviste, ed una
stretta collaborazione tra studenti, insegnante ed esperti nel campo
indagato. L’Inquiry-Based Learning prevede spesso l’utilizzo diffuso di
strumenti tecnologici e multimediali come fondamentali mezzi di
costruzione e diffusione del sapere: video, database, software di
archiviazione o programmazione e che risulteranno fondamentali anche per
6 I seguenti punti sono stati riassunti a partire da quelli elencati nel sito internet The Galileo Educational
Network. Università di Calgary, Canada: http://galileo.org/ (ultimo accesso 07/01/2016). Si tratta di
un’organizzazione che promuove l’introduzione e l’utilizzo dell’Inquiry-Based Learning nella didattica.
33
la trasmissione finale dei risultati raggiunti. Anche in questo caso lo scopo
primario è quello di creare uno spazio di apprendimento autentico e
stimolante, pur mantenendo il rigore di un’indagine scientifica e
accademica.
Da quanto emerso nel presente capitolo, si evince che al fine di porre gli
studenti al centro della propria didattica è necessario coinvolgerli in attività
che possano stimolare competenze di autogestione, ricerca e
collaborazione, sviluppando la loro capacità di comprensione e
assimilazione di informazioni e conoscenza. Per questo motivo è opportuno
considerare che la classe capovolta, se introdotta con criterio nella propria
didattica, non è affatto un’innovazione dogmatica, bensì richiede
un’integrazione continua e reciproca con i diversi metodi didattici a
disposizione, per rispondere ai bisogni formativi e ai diversi stili di
apprendimento degli studenti.
34
Capitolo 3
L’uso delle TIC nel Flipped Learning
In questo capitolo si analizzerà l’influenza e l’importanza delle
Tecnologie dell’Informazione e della Comunicazione (TIC)1 nel metodo
Flipped Classroom, come mezzi utili a favorire uno sviluppo significativo e
come strumenti di supporto alla didattica tradizionale, al fine di soddisfare
le esigenze dei nativi digitali. Con il termine TIC si intendono tutti gli
hardware e i software utilizzati per la ricerca, l’archiviazione, la
distribuzione e la condivisione di elementi multimediali.
3.1. Competenze digitali in ambito didattico
La competenza digitale è una delle competenze chiave per
l’apprendimento permanente, individuate dall’Unione Europea nel
dicembre 2006,2 “consiste nel saper utilizzare con dimestichezza e spirito
critico le Tecnologie della Società dell’Informazione (TSI) e richiede
quindi abilità di base nelle Tecnologie dell’Informazione e della
Comunicazione (TIC)”. Si parla in questo caso di didattica per competenze,
basata sull’idea che i discenti non debbano semplicemente apprendere
concetti teorici, ma saperli poi applicare in contesti reali e nuovi,
dimostrando, appunto, competenze. Quelle riportate nel testo ufficiale
dell’Unione Europea sono otto competenze fondamentali che si inseriscono
1 In inglese ICT, acronimo di Information and Communication Technologies. 2 Raccomandazione 2006/962/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 18 dicembre 2006, relativa
a competenze chiave per l'apprendimento permanente [Gazzetta ufficiale L 394 del 30.12.2006, p.10].
35
in un contesto più ampio di quello educativo4 e che pongono le loro basi
proprio a partire da quella che viene definita istruzione permanente:
Le competenze chiave sotto forma di conoscenza, abilità e attitudini
adeguate al contesto sono essenziali per ogni individuo in una società
basata sulla conoscenza. Tali competenze costituiscono un valore
aggiunto per il mercato del lavoro, la coesione sociale e la cittadinanza
attiva, poiché offrono flessibilità e capacità di adattamento,
soddisfazione e motivazione. Siccome dovrebbero essere acquisite da
tutti, la presente raccomandazione propone uno strumento di
riferimento per i paesi dell’Unione europea (UE) per assicurare che
queste competenze chiave siano pienamente integrate nelle loro
strategie ed infrastrutture, soprattutto nel contesto dell’istruzione
permanente5.
La rilevanza che i nuovi supporti tecnologici hanno ricevuto a livello
nazionale ed europeo è già indice della loro importanza, non solo come
strumenti di globalizzazione, ma come supporto alla didattica tradizionale,
come strumenti in grado di ampliare le capacità umane.
L’introduzione delle TIC nella didattica italiana ha inizio intorno agli
anni ’80: i calcolatori utilizzati prima come elaboratori di dati (anni ’40-
’50), poi come supporti cognitivi (anni ’60-’70) diventano fonte di
interattività e multimedialità. Nascono le prime aule e laboratori, ma
l’alfabetizzazione informatica degli alunni e dei docenti avviene
principalmente per mezzo di strumenti ancora poco sofisticati.
Gradualmente si sviluppano software sempre più complessi, dapprima
utilizzati in istituti tecnici e professionali (CAD), poi dagli insegnanti delle
diverse discipline che ne colgono le potenzialità da sfruttare sul piano
didattico (excel, word, ecc). Nel 1997 viene promosso dal Ministero della
Pubblica Istruzione il Programma di Sviluppo delle Tecnologie Didattiche
4 Le otto competenze chiave sono: la comunicazione nella madrelingua, la comunicazione in lingue
straniere, la competenza matematica e le competenze di base in campo scientifico e tecnologico, la
competenza digitale, imparare ad imparare, le competenze sociali e civiche, senso di iniziativa e di
imprenditorialità, consapevolezza ed espressione culturali. 5 Raccomandazione 2006/962/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 18 dicembre 2006, relativa
a competenze chiave per l'apprendimento permanente [Gazzetta ufficiale L 394 del 30.12.2006, p.10].
36
(PSTD) con lo scopo di “sostenere adeguatamente lo sviluppo qualitativo
del sistema scolastico nella sua interezza, la realizzazione di un programma
di diffusione della multimedialità in grado di incidere sulla struttura
profonda dei processi di insegnamento e di apprendimento”6. Con il PSTD
si vogliono educare gli studenti alla multimedialità e alla comunicazione,
ciò significa avvicinarli alle tecnologie in modo critico e consapevole, così
da utilizzarle come strumenti di studio, ricerca, elaborazione e
collaborazione anche a distanza. Si vuole inoltre migliorare la
professionalità dei docenti e l’efficacia dell’insegnamento, combinando le
nuove tecnologie con i contenuti e gli obiettivi didattici. Da quel momento
la didattica abbraccia ufficialmente l’uso delle TIC per i diversi obiettivi
educativi, nell’apprendimento della seconda lingua, nel sostegno degli
studenti disabili, nella creazione di canali di apprendimento e-learning (a
distanza), con innumerevoli scontri tra innovatori e tradizionalisti. Per
diffondere l’alfabetizzazione digitale sono stati creati progetti didattici ad
hoc, come il Digi Scuola, che favorisce la produzione di contenuti digitali e
introduce gli insegnanti alle nuove tecnologie e i progetti di e-Twinning,
che promuovono le relazioni tra scuole europee attraverso l’uso delle TIC7.
A questi si aggiungono i programmi FORTIC e Scuola Digitale promossi
dal MIUR con lo scopo di creare ambienti di apprendimento innovativi
attraverso l’uso di tecnologie informatiche, come Lavagne Interattive
Multimediali (LIM), tablet, PC e connessione wireless a banda larga.
Questo breve accenno all’evoluzione delle TIC in ambito didattico, era
necessario per comprendere il panorama in cui il modello Flipped
6 Ministero della Pubblica Istruzione, Programma di sviluppo delle tecnologie didattiche nel periodo
1997/2000 – Progetti speciali finalizzati. Premessa del documento di base:
http://www.privacy.it/ministruzione.html (ultimo accesso 07/01/2016). 7 Tratto dal sito The Educational Encyclopedia:
http://www.edueda.net/index.php?title=Contesto_scolastico_italiano_e_nuove_tecnologie (ultimo accesso
07/01/2016).
37
Classroom va ad inserirsi, in quanto metodo che sfrutta ampiamente le
risorse tecnologiche. Sia durante il primo capovolgimento (fruizione della
videolezione a casa), sia durante il secondo capovolgimento (esercizi e
attività a scuola), le risorse tecnologiche giocano un ruolo fondamentale:
supportano un apprendimento individualizzato, favoriscono il problem
solving, facilitano le attività di ricerca e la creazione di learning objects
digitali che possono essere condivisi o elaborati in maniera cooperativa e
collaborativa. Si tratta quindi di supporti che sostengono una didattica
focalizzata sulla posizione attiva dello studente e che sono estremamente
efficaci in termini di stimolo e motivazione.
3.1.1. Apprendimento significativo e mindtools
Il concetto di apprendimento significativo viene ripreso ed argomentato
da David H. Jonassen nel suo libro Meaningful Learning with Technology8
(2012). Il concetto in questo caso fa riferimento a tutte quelle esperienze
didattiche che risultano influenti sul livello e sull’efficacia
dell’apprendimento, poiché supportate dalle nuove tecnologie. Secondo
Jonassen (2012: 2-3) l’apprendimento diventa efficace e quindi
significativo solo nel momento in cui gli studenti sono coinvolti in attività
(meaningful tasks) che comprendono:
Inquiring with Technologies
Experimenting with Technologies
Designing with Technologies
Communicating with Technologies
Community Building and Collaborating with Technologies
8 Howland, J., Jonassen, D., Marra, R. and Jonassen, D. (2012). Meaningful Learning with Technology.
Boston: Pearson, capitolo 1.
38
Writing with Technologies
Modelling with Technologies
Visualizing with Technologies
Assessing Meaningful Learning and Teaching with Technologies.
Ognuna di queste attività diventa significativa, spiega Jonassen, se svolta in
un contesto che sia attivo, costruttivo, intenzionale, autentico e cooperativo.
Se in passato i supporti tecnologici erano utilizzati prevalentemente per
attività drills (input – risposta – rinforzo), l’avvento del Web 2.0, che ha
come caratteristica sostanziale l’interazione, ha permesso di fruirne in
maniera più libera e flessibile, potendo considerare le nuove tecnologie
come risorse alle quali attingere per costruire il proprio sapere, ma anche
come strumenti con cui comunicare, creare e condividere attivamente le
nostre idee: “Technologies afford students the opportunities to engage in
meaningful learning when they learn with the technology, not from it”
(2012: 5).
Jonassen definisce gli strumenti didattici tecnologici mindtools, ossia
supporti con i quali gli studenti possono interpretare, organizzare e
costruire la propria conoscenza in maniera personale, senza replicare
meccanicamente la versione del professore.9 Per mindtools si intendono
tutti gli applicativi software che agiscono come estensione della mente e
permettono agli studenti di apprendere in maniera attiva, costruttiva e
soprattutto responsabile.
9 Jonassen D., Carr C. (2000). “Mindtools: Affording Multiple Knowldge Representations for Learning”.
In S.P. Lajoie (Ed.), Computers as cognitive tools, volume 2: No more walls. Mahwah, NJ: Lawrence
Erlbaum Associates, p.167. http://web.missouri.edu/jonassend/Mindtoolschapter.pdf (ultimo accesso
07/01/2016).
39
3.2. Perché utilizzare le TIC in una Flipped Classroom
L’utilizzo delle TIC in ambito scolastico non solo ha migliorato la
didattica moderna, ma ha anche permesso lo sviluppo di metodologie
innovative come la classe capovolta. Nel caso della Flipped Classroom,
infatti, il capovolgimento stesso è reso possibile grazie ai supporti digitali
che sostituiscono la spiegazione frontale dell’insegnante, oltre ad essere di
sostegno per le attività svolte in classe. Occorre sottolineare che sia nella
lezione frontale sia in una classe capovolta, l’uso delle TIC non è sempre
necessario né tantomeno indispensabile, ma se utilizzate in modo
appropriato queste possono rappresentare un valido sostegno.
Nel caso dell’insegnamento capovolto, infatti, l’ausilio delle nuove
tecnologie promuove un apprendimento attivo, poiché consente agli
studenti di costruire, analizzare, interpretare e condividere le informazioni,
permettendo di passare attraverso un’esperienza didattica reale e concreta,
come accade ad esempio con gli ambienti di simulazione interattivi.
Lavorare con le informazioni, infatti, non significa apprenderle in maniera
passiva, ma leggerle, ascoltarle, memorizzarle, valutarle, riassumerle, come
accade durante la fruizione della videolezione o del materiale che può
sostituirla; non si parla più quindi di trasmissione, ma di costruzione di
conoscenza. Le TIC possono essere utilizzate anche per le attività
didattiche precedentemente analizzate, ad esempio in attività di problem
solving o di ricerca e indagine; in questo caso la fruizione di materiale
multimediale può facilitare la comprensione e la spiegazione di un
fenomeno ad esempio in ambito scientifico o matematico, e può aprire allo
studente nuove possibilità e spunti di ragionamento differenti dai propri.
L’utilizzo delle TIC in una classe capovolta rende possibile l’attuazione
di un apprendimento democratico, in quanto è sempre più facile oggi
40
trovare programmi, esercizi, siti, informazioni, video che si adattino alle
competenze e al livello cognitivo di ogni alunno. In questo modo diventa
molto più semplice reperire materiale che risponda alle necessità formative
della classe che abbiamo difronte, legate all’età, alle difficoltà degli alunni
con bisogni educativi speciali (BES), alla velocità di apprendimento degli
studenti.
Le tecnologie dell’informazione e della comunicazione, inoltre,
possiedono una dimensione multimediale che li differenzia notevolmente
dalla dimensione monomediale tipica del libro di testo o della lezione
frontale. È vero che durante la spiegazione in classe l’insegnante dà senso
al contenuto grazie alle sue capacità performative, ma i media coinvolgono
diverse sfere sensoriali e questo stimola e facilita l’assorbimento di
informazioni, oltre a ricreare un ambiente che rispecchia molto più da
vicino la quotidianità degli studenti di oggi, immersi costantemente nel
mondo digitalizzato, accorciando quindi il divario che esiste tra nativi e
immigrati digitali.
Questo tipo di apprendimento, che avviene appunto con l’ausilio delle
tecnologie, viene definito “apprendimento multimediale” da Richard E.
Mayer (2001). Lo psicologo e insegnante statunitense ne elabora una vera e
propria teoria, a dimostrazione del fatto che l’apprendimento che avviene
contemporaneamente mediante il canale verbale e visivo è più efficace di
quello che utilizza il solo canale verbale, poiché rappresentano due livelli di
apprendimento complementari. Secondo Mayer, un messaggio
multimediale funziona quando rispetta sei principi fondamentali: contiguità
spaziale, contiguità temporale, coerenza, modalità, ridondanza e differenze
individuali. Per contiguità spaziale e temporale si intende la necessità di
riprodurre immagini e parole che siano vicine e presentate
contemporaneamente o con un breve lasso di tempo che intercorre tra loro;
41
gli elementi devono essere inoltre combinati in maniera coerente, presentati
in modalità varie (canale visivo e uditivo per esempio)10 e volti alla
spiegazione del contenuto più che alla sua ripetizione. Il principio delle
differenze individuali è quello più importante in termini di efficacia del
contenuto multimediale. Secondo tale concetto, l’impatto che il materiale
multimediale avrà sui soggetti sarà diverso a seconda delle differenze
individuali: nel caso di una presentazione povera, gli studenti con maggiore
conoscenza potranno provvedere alle mancanze a partire da informazioni e
competenze precostruite, al contrario saranno svantaggiati gli studenti con
uno scarso livello di conoscenza, che faticano ad utilizzare la propria
capacità cognitiva. Nel caso invece di un argomento multimediale trattato
correttamente, questo sarà compreso contemporaneamente da studenti che
possiedono un’elevata o una scarsa conoscenza, costruendo
rappresentazioni mentali delle parole e delle immagini di cui fruiscono. Per
questo motivo la scelta del materiale da parte dell’insegnante non deve mai
essere casuale, ma accurata e ben valutata, perché da essa dipende la
riuscita o meno dell’obiettivo formativo.
In conclusione, emerge chiaramente il ruolo primario che le TIC
svolgono nella didattica moderna in generale e nella Flipped Classroom in
particolare. È bene sottolineare che le nuove tecnologie impiegate a scopo
didattico non vogliono in alcun modo sostituire la figura del docente, che è
indispensabile nel suo ruolo di facilitatore e di intermediario tra
10 A tale proposito è opportuno introdurre la differenze tra multimodalità e multimedialità. Si parla di
comunicazione multimodale quando vengono coinvolte sfere sensoriali diverse nel processo di input o
output: visiva, tattile, olfattiva e uditiva. Quando si parla di multimedialità invece, l’enfasi è posta sui
mezzi impiegati per la trasmissione di un contenuto (testo, immagini, suoni, video). Quindi nel caso di un
contenuto multimodale il focus è sul livello di rappresentazione più astratto, che riguarda le modalità
sensoriali coinvolte, il termine multimediale indica invece il mezzo con cui l’informazione o il contenuto
viene veicolato. http://www.syros.aegean.gr/users/manast/Pubs/Pub_conf/C03/C03.pdf (ultimo accesso
07/01/2016).
42
apprendimento e tecnologie, bensì appoggiare gli strumenti tradizionali per
un insegnamento più efficace e stimolante.
3.2.1. TIC e apprendimento cooperativo
Il sapere si sviluppa dall’uso di strumenti di studio tradizionali, ma
anche di nuovi strumenti, come computer, banche dati, programmi
specifici di elaborazione delle informazioni, in collaborazione con
altri. In breve si deve prendere coscienza di una mente «situata», cioè
condizionata nel suo sapere e apprendere dagli strumenti che utilizza e
dalle relazioni che stabilisce. (Comoglio, 2000)11
Spesso si tende a concepire le nuove tecnologie come strumenti per la
ricerca di materiale e per l’esercitazione individuale, senza considerare che
il più grande supporto che esse possono offrire si esprime in termini di
interazione e collaborazione tra gli studenti. Numerose ricerche sul
Cooperative Learning hanno dimostrato come l’apprendimento costruito
attraverso la relazione sociale e derivante quindi da quella che viene
definita interdipendenza positiva, sia più efficace e duraturo rispetto a
quello di tipo competitivo ed individualistico. I vantaggi derivanti dall’uso
delle TIC in ambito didattico sono evidenti soprattutto nell’apprendimento
linguistico, poiché permettono di ricercare materiale sempre più adatto alle
esigenze della classe. Se prendiamo in considerazione una lezione di
lingue straniere, attraverso la rete o programmi specifici è possibile
reperire materiale più o meno autentico, che rispetti il livello linguistico
degli alunni, che riguardi un concetto o un tema affrontato nel programma
didattico. L’uso delle TIC in questo caso facilita la costruzione di
conoscenza a partire da contesti reali, che riproducono la lingua autentica e
11 Caon, F. and Serragiotto, G. (2012). Tecnologie e didattica delle lingue. Torino: UTET Università,
p.88.
43
ne facilitano la comprensione, grazie ad esempio all’uso di video e di
immagini.
All’interno di una lezione flipped, la cooperazione tra studenti con il
supporto delle tecnologie può avvenire in diversi momenti: nella fase
iniziale di pianificazione, a partire da un obiettivo o consegna stabilito dal
docente, durante l’utilizzo del PC che può prevedere simultaneamente una
discussione orale o interattiva attraverso il computer stesso, alla fine del
lavoro, nel momento in cui gli studenti possono discutere, analizzare e
valutare il lavoro svolto. (Caon, Serragiotto, 2012: 90). Ciò significa che le
tecnologie diventano il mezzo e non il fine dell’apprendimento, attraverso
le TIC possiamo infatti creare momenti cooperativi e collaborativi
specifici, alternati a lavori e attività usuali, individuali e di gruppo.
L’interazione cooperativa tra studenti attraverso le nuove tecnologie può
avvenire sia faccia a faccia (in presenza) sia in modalità online (e-
learning) attraverso chat, email, forum, blog, social network e Wiki.
Questa interazione filtrata dal mezzo tecnologico favorisce la
partecipazione di tutti gli studenti, compresi quelli più timidi o meno
partecipativi alla lezione frontale; ciò accade perché il filtro rappresentato
dallo schermo è in grado di ridurre lo stress emotivo negativo, la timidezza
e la soggezione che la relazione diretta con i compagni e con gli insegnanti
può provocare in alcuni studenti. Allo stesso tempo, l’introduzione di PC e
LIM provvisti di connessione Internet nelle scuole ha permesso la nascita e
lo sviluppo di lavori cooperativi a distanza anche fra studenti di nazioni
diverse, abbattendo totalmente le barriere di comunicazione spaziali e
culturali e permettendo una crescita non solo in termini didattici ma anche
e soprattutto sociali. L’uso delle TIC è divenuto oggi essenziale non solo
per la comunicazione a distanza o per la ricerca di informazioni online, ma
anche per numerose attività che non richiedono una connessione Internet,
44
come lettura, scrittura, creazione di fogli di calcolo o di presentazioni in
Power Point.
Combinare la potenzialità della tecnologia con le pratiche didattiche
apre nuovi orizzonti agli studenti, ma richiede un adattamento anche da
parte dei docenti, che devono saper integrare i nuovi strumenti al loro
operato, in modo sensato e coerente. Il compito degli insegnanti è quindi
quello di scegliere come e quando integrare nelle loro lezioni gli strumenti
a disposizione, decidere e stabilire quale attività svolgere e come
combinare tradizione (lezione frontale, libro di testo) e innovazione (PC,
LIM, video proiettore, ecc), stabilire quali supporti sono necessari al
raggiungimento degli obiettivi didattici e valutare il percorso formativo
attraverso feedback diretti o ‘digitali’. Il ruolo dell’insegnante in questo
caso è quello di guidare gli alunni ad un utilizzo consapevole delle
tecnologie dell’informazione e della comunicazione, di mediare tra gli
studenti e la tecnologia stessa, conducendo i discenti verso obiettivi
didattici specifici e di costruire gradualmente ambienti di apprendimento
innovativi che integrino la lectio con i moderni device del mondo digitale.
3.2.2. Supporti digitali
Dopo aver analizzato dettagliatamente i vantaggi che l’uso delle TIC può
introdurre nella didattica, si procede ora ad elencare i principali supporti
digitali, hardware e software, utili nella costruzione di una lezione
capovolta e i siti web ufficiali di informazione dedicati alla Flipped
Classroom.
Per convertire la didattica tradizionale in Flipped Classroom è necessaria
un’attenta valutazione dei mezzi tecnologici a disposizione degli studenti,
fondamentali per la realizzazione del capovolgimento. Ogni alunno
45
dovrebbe possedere un PC, tablet o notebook, munito di connessione ad
Internet, di software per la creazione di documenti Word, Power Point,
Excel ecc. e di una casella di posta elettronica. Va sottolineato il fatto che
oggi la rete, oltre agli usuali programmi a pagamento come quelli della
Microsoft, mette a disposizione tantissimi software gratuiti come le risorse
Open Office (Maglioni, Biscaro, 2014:19). È poi necessario appoggiarsi ad
una piattaforma che permetta la condivisione del materiale a cui gli studenti
faranno affidamento sia durante il primo capovolgimento, ossia la lezione a
casa, sia durante il secondo capovolgimento, momento in cui rendono
visibile il loro operato (qualora sia richiesto come attività da svolgere).
Rivoltella (2013: 148) considera una ‘pubblicazione interna’ quando il
materiale viene condiviso con i propri studenti e definisce una
‘pubblicazione esterna’ quando la condivisione avviene con persone al di
fuori dell’ambiente didattico, come famiglie, altri insegnanti o
semplicemente pubblico del Web. La pubblicazione è molto importante
perché facilita il lavoro collaborativo e perché permette all’insegnante di
caricare il materiale didattico da utilizzare e le consegne dei compiti a casa,
di valutare costantemente il lavoro dei propri studenti, di programmare
nuove attività e di creare eventualmente una raccolta finale di lavori
individuali o di gruppo realizzati in formato digitale, come nel caso dell’e-
portfolio (electronic portfolio) (Rivoltella, 2013: 148). Quando una
pubblicazione è ristretta alla propria classe, è possibile fare affidamento sui
cosiddetti Learning Management System, ossia piattaforme applicative che
permettono una didattica in modalità e-learning come Moodle o su prodotti
di Social Learning Network come Edmodo, strutturato come un social
network ma finalizzato alla gestione della classe, o addirittura creare un
proprio sito Web per esempio utilizzando Google Sites. Altri programmi
utili da utilizzare online sono Dropbox e Google Drive, soprattutto per la
46
condivisione di materiale, Vimeo e Youtube per la pubblicazione di video e
Prezi per quanto riguarda le presentazioni; a questi vanno aggiunti i vari
supporti necessari per la creazione di blog, facili da trovare in rete e spesso
gratuiti.
Nel momento in cui la piattaforma cloud (ossia nuvola, poiché tutto il
materiale condiviso rimane sospeso in uno spazio virtuale) è stata creata,
occorre procurarsi il materiale da presentare agli alunni. Stabilito che tra le
diverse possibilità (presentazioni, letture, mappe concettuali, ecc.) il
contenuto sia veicolato per mezzo di una videolezione, esistono due
possibilità per il docente: reperire un video già esistente dalla rete che
soddisfi le sue esigenze o crearne uno personalmente. Alcuni sondaggi
hanno evidenziato che l’uso di un video creato dal docente è più efficace,
poiché soddisfa in maniera più ampia le necessità della classe e colpisce
maggiormente gli studenti, nel momento in cui vedono il loro insegnante
coinvolto in prima persona. Oggi i siti internet che offrono lezioni digitali
create appositamente per la Flipped Classroom, sono tantissimi e sempre
più sviluppati, in ambito universitario sono famosi i corsi online definiti
MOOCs (Massive Open Online Courses) disponibili su siti come Coursera,
Udacity o Udemy. Per quanto riguarda i gradi superiori di istruzione, i siti
maggiormente conosciuti sono TEDEd che raccoglie video realizzati dagli
stessi insegnanti e la Khan Academy, ossia un’organizzazione creata da
Salman Khan, informatico e matematico presso il MIT. Essa offre al
pubblico più di 4.000 lezioni prevalentemente riguardanti l’area scientifica,
in lingua inglese ma con sottotitoli anche in italiano, integrate spesso da
esercizi propedeutici. Le iniziative italiane invece sono rappresentate da
progetti come ScuolaInterattiva, Insegnalo.it, Innovascuola, OilProject e
OVO, che pubblicano liberamente materiale, corsi, esercizi e videolezioni
riguardanti diverse discipline (Maglioni, Biscaro, 2014: 73).
47
Nel caso in cui invece l’insegnante decida di creare un video proprio, è
necessario collegare il proprio PC munito di webcam con programmi
appositamente studiati per la didattica online, come Camtasia, Jing o
EDpuzzle con i quali si apprende facilmente a realizzare una lezione
digitale. La parte più complessa sembra essere quella comunicativa:
spiegare un contenuto attraverso uno strumento tecnologico, infatti,
richiede capacità espressive ed esplicative diverse rispetto a quelle
coinvolte nella lezione frontale. In una fase più avanzata della
sperimentazione può essere motivante e interessante chiedere ai ragazzi di
creare da soli una videolezione con cui spiegare ed analizzare un
determinato contenuto.
Una volta introdotto l’argomento della lezione è il momento di
strutturare il secondo capovolgimento, ossia organizzare le attività da
proporre in classe, sempre incentrate su un apprendimento attivo e
collaborativo. A tale scopo esistono numerosi programmi in grado di
favorire le metodologie didattiche precedentemente analizzate come
l’apprendimento per ricerca (Inquiry Based Learning) e l’apprendimento
tra pari (Peer Learning). Fra i siti disponibili per l’organizzazione di tali
attività occorre citare WISE (Web-based Inquiry Science Environment),
nQuire che guida gli studenti nell’attività di ricerca, iSpot e iNaturalist per
coloro che sono interessati alle scienze naturali, Zunal e Aula21 sono
invece ottimi programmi per generare WebQuest, ossia attività di ricerca
focalizzate su informazioni reperibili in Internet (Cecchinato, 2014: 14:16).
Quelli proposti sono solo alcuni dei tanti siti e programmi digitali
disponibili per la creazione di materiale da utilizzare in una Flipped
Classroom. Questo metodo didattico, sebbene ancora in fase sperimentale
soprattutto in Italia, si sta diffondendo rapidamente ed il materiale a
disposizione viene continuamente aggiornato e migliorato. I siti ufficiali
48
riguardanti il metodo Flipped Classroom sono Flipped Learning Network,
Flipped Learning Ning (community online), theflippedclassroom.es (in
lingua spagnola) e in Italia l’associazione Flipnet, che promuove la
didattica capovolta.
3.3. La videolezione
L’utilizzo del video in ambito didattico non rappresenta un’innovazione,
in quanto già utilizzato dai docenti per finalità diverse e in momenti
differenti del programma: all’inizio, durante o alla fine delle unità
didattiche o di apprendimento e come strumento di revisione. La Flipped
Classroom si serve della videolezione in un momento ancora diverso, che è
quello dei ‘compiti a casa’, quando gli studenti sono chiamati
individualmente a mettere in atto le proprie competenze.
Spesso si tende a considerare la lezione video come il punto focale della
classe capovolta, in realtà come affermano Bergmann e Sams, i due autori
del metodo Flipped Classroom “Although video is an important aspect to
flipped learning, it is not the most important. Video should be used as an
entry point to flipped learning […]”. (Bergmann J., Sams A., 2014: 16).
Come essi sottolineano, il video impiegato per la trasmissione dei contenuti
non è essenziale ed essi non vogliono prendersi il merito della sua
introduzione in ambito educativo, ma può comunque rappresentare una
possibilità interessante in termini di apprendimento costruttivista e
democratico.
L’idea della video lezione rispecchia perfettamente ciò che viene definito
Mobile Learning, ossia quel tipo di apprendimento che avviene al di fuori
del contesto scolastico, grazie all’uso di personal devices, con i quali lo
studente può accedere a contenuti e servizi, quando e dove vuole. È proprio
49
questa disponibilità costante del materiale didattico che fa del Mobile
Learning il contesto prediletto per quelli che vengono definiti EAS, Episodi
di Apprendimento Situato12 (Rivoltella P., 2103). Gli EAS vengono definiti
da Pier Cesare Rivoltella come:
attività svolte dallo studente nei contesti real life in cui si trova a
operare e apprendere proprio grazie alla disponibilità di mobile
devices. […] Nel Mobile Learning l’ESL è un’attività che lo studente
svolge fuori del contesto della classe, trasformando così un momento
e uno spazio informali in una opportunità di apprendimento formale.
(Rivoltella P, 2013: 5-6)
L’applicazione didattica degli EAS si sviluppa su tre momenti essenziali:
un momento anticipatorio nel quale, in termini di Flipped Classroom,
possiamo ricorrere alla videolezione; un momento operatorio, che prevede
quindi un’attività concreta e che costituisce il fulcro dell’episodio di
apprendimento situato; un momento ristrutturativo, fondato sulla riflessione
e il brainstorming su quanto accaduto. Anche se il video, come già
affermato, non rappresenta lo strumento chiave del capovolgimento, è
chiaro che esso può rendere possibile un tipo di apprendimento
inimmaginabile in passato e favorito dal progresso tecnologico.
Se nella lezione frontale l’insegnante interviene con la spiegazione per
rendere chiari i contenuti, l’utilizzo della videolezione come momento
anticipatorio richiede agli studenti uno sforzo maggiore in termini di
comprensione. Essi sono chiamati, infatti, ad approcciarsi ad un nuovo
contenuto e ad elaborarlo criticamente attraverso esercizi, mappe
concettuali o appunti, sviluppando un apprendimento che non è più
costituito da conoscenze ma da competenze. L’intervento dell’insegnante
diviene fondamentale nel momento metacognitivo al termine della fase di
attivazione di ogni lezione, in cui si affrontano insieme le difficoltà
12 In inglese Episodes of Situated Learning.
50
riscontrate e si valutano i processi innescati, che possono riguardare la
collaborazione tra studenti, la riflessione su quanto prodotto o gli aspetti
rilevanti emersi durante una determinata attività (Rivoltella P., 2013:45).
Ovviamente la fruizione della videolezione non rappresenta un momento di
svago, per cui gli studenti devono essere guidati verso una visione attiva.
Questo implica che esso sia preceduto da una breve contestualizzazione,
dalla definizione degli obiettivi e della finalità della visione stessa e
ovviamente dalla consegna esplicita delle attività richieste; la videolezione
diventa così stimolo all’analisi critica degli studenti e guida verso i
contenuti che si intendono affrontare in classe (Rivoltella P., 2013: 93-94).
A conferma dell’importanza di una visione attiva della lezione video si
riporta di seguito l’esempio di un’insegnante di matematica americana,
Crystal Kirch, conosciuta per avere inventato appositamente un metodo,
dopo essersi resa conto che i suoi studenti “were watching the videos but
not necessarily learning from them. They knew how to watch videos for
entertainment, but not for education” (Bergmann, Sams, 2014: 47). Il
procedimento in questione è stato denominato WSQ, Watch-Summarize-
Question e prevede tre momenti fondamentali: il primo è quello della
visione, in cui gli studenti sono chiamati a prendere appunti e a completare
esercizi guidati al fine di comprendere i concetti chiave; il secondo step è
quello del riassunto dei contenuti, facilitato dalla presenza di domande
strutturate; il terzo momento è quello relativo ai quesiti che gli alunni
devono formulare riguardo a ciò che non hanno compreso e che
diventeranno oggetto di discussione in classe. Da quanto riportato, si
intende chiaramente che la videolezione non è solo un modo alternativo per
veicolare contenuti, ma è uno strumento didattico a tutti gli effetti e solo se
utilizzato in maniera corretta può portare a risultati efficaci di
apprendimento.
51
L’utilizzo di una videolezione ha evidenziato in ambito didattico
numerosi vantaggi: crea motivazione, favorisce l’individualizzazione
dell’insegnamento, poiché a differenza della lezione frontale offre la
possibilità di fermare, riascoltare e rivedere i contenuti e permette grande
flessibilità rispetto agli obiettivi didattici. Infatti se le informazioni riportate
nel libro di testo sono standard e non contestualizzate, cioè create per
essere fruite da tutti gli studenti allo stesso modo, la lezione video
(soprattutto nel caso di tutorial creati dall’insegnante) consente di orientare
e focalizzare la spiegazione su ciò che è più rilevante per la propria classe e
per i risultati che si intende raggiungere. Inoltre il video sembra stimolare
la persistenza attraverso il meccanismo della ripetizione e facilita la
comprensione e la memorizzazione, come mostrato nella seguente tabella.
Scala di
coinvolgimento in
termini di
sollecitazioni
sensorie della vista e
dell’udito
Livelli di memorizzazione
L’uomo ricorda in
assoluto
L’uomo ricorda
Dopo tre ore
Dopo tre giorni
Solo l’udito 1/10 Di ciò che ascolta
20%
Di ciò che ascolta
70%
Di ciò che ascolta
10%
Solo vista
3/10
Di ciò che vede 55% Di ciò che vede 72% Di ciò che vede 20%
Udito + vista Di ciò che
contemporaneamente
vede ed ascolta 87%
Di ciò che
contemporaneamente
vede ed ascolta 85%
Di ciò che
contemporaneamente
vede ed ascolta 65%
Affinché la memorizzazione avvenga è necessario, però, tenere presente
che il video deve essere breve e coinciso, poiché a differenza di ciò che
accade durante la visione di un film, ad esempio, davanti ad un contenuto
52
informativo gli studenti non sarebbero in grado di mantenere alta la soglia
d’attenzione per un lungo periodo; occorre inoltre focalizzare il contenuto
su un solo argomento ed evitare divagazioni inutili. Quando si parla di
videolezione in ambito di Flipped Classroom emerge spesso un certo
scetticismo che deriva dal problema della sua condivisione al di fuori
dell’ambiente scolastico, ossia la possibilità che non tutti i discenti siano a
disposizione di connessione internet per poter usufruire del materiale.
Partendo dal presupposto che oggi la maggior parte degli studenti, in
particolare quelli frequentanti la scuola secondaria di secondo grado, siano
in possesso di un dispositivo mobile, sia questo un cellulare piuttosto che
un PC, è compito dell’insegnante assicurarsi che tutti possano in qualche
modo reperirlo ed eventualmente provvedere con soluzioni alternative,
come chiavette USB, CD o DVD.
53
Capitolo 4
Flipped Classroom:
uno spazio di apprendimento democratico
Sfruttare le opportunità offerte dalle TIC in ambito didattico e creare un
contesto di insegnamento democratico, in cui gli studenti assumano un
ruolo attivo e predominante, significa anche creare nuovi spazi di
apprendimento che si adeguino a tali esigenze. Per questo motivo si è
rivelato necessario creare un ambiente di apprendimento cooperativo,
inteso non solo dal punto di vista cognitivo e didattico, ma anche fisico e
spaziale. L’innovazione del metodo Flipped Classroom prevede quindi
anche la realizzazione di aule che rispettino le necessità del lavoro
collaborativo e stimolino lo sviluppo delle intelligenze multiple.
4.1. Flipped Learning come insegnamento democratico
“Knowledge”, in the sense of information, means the working capital,
the indispensable resources, of further inquiry, of finding out, or
learning, more things. Frequently it is treated as an end itself. (Dewey,
1916: 100)
L’idea di insegnamento democratico è stata coniata da John Dewey nel
suo testo pubblicato nel 1916 e intitolato Democracy and Education: An
Introduction to the Philosophy of Education. Dewey parte dell’idea che le
metodologie didattiche utilizzate fino a quel momento fossero per lo più
insoddisfacenti, poiché non tenevano in considerazione l’esperienza
concreta degli alunni, ma piuttosto gli insegnanti preferivano “give pupils
something to do, not something to learn” (Dewey, 1916: 98). Certamente
54
attività come risolvere problemi, rispondere alle domande sono all’ordine
del giorno, ma nella maggior parte dei casi, sottolinea Dewey, non
riguardano problemi reali, non chiamano in gioco la personale esperienza
dello studente. Per questo motivo le risposte alla didattica tradizionale sono
spesso insoddisfacenti e poco stimolanti. Nonostante le indicazioni di
Dewey risalgano ai primi anni del Novecento, è sorprendente come esse
siano comunque ancora attuali e applicabili a numerosi contesti didattici.
Il metodo del Flipped Learning come Democratic Learning nasce
dall’esigenza di ovviare e risolvere parte di quelle debolezze a cui fa
riferimento Dewey, per arrivare ad un apprendimento attivo e cooperativo
(attivismo pedagogico di Dewey). A sostegno di tale asserzione, si riporta
l’esperienza diretta di Tom Driscoll, insegnante di storia nel Connecticut,
tratta dal testo di Bergmann e Sams.1 Driscoll racconta di aver introdotto la
classe capovolta nelle sue lezioni per vari motivi: molti dei suoi studenti
erano spesso assenti, altri non svolgevano i compiti assegnati loro e la sua
didattica non era in grado di rispettare le diverse velocità e i diversi livelli
di apprendimento, diventando spesso frustante per i ragazzi più lenti. Il suo
percorso inizia con l’applicazione del metodo Flipped Class 101, in cui,
come emerso precedentemente, gli studenti fruiscono di una video lezione a
casa in un momento prestabilito e svolgono attività in classe sotto la guida
dell’insegnante. Questo metodo portò subito a notevoli miglioramenti, ma
non contribuiva a risolvere il problema delle diverse velocità di
apprendimento, i cosiddetti learning gaps. Tom decide quindi di adottare la
‘versione’ più avanzata ed evoluta di classe capovolta ossia il modello
Flipped Mastery. In questo caso la video lezione è solo uno dei tanti
strumenti utilizzati per la trasmissione di contenuti e ogni studente si
1 Bergmann, J., Aaron S. (2014). Flipped Learning. Gateway to student engagement. Oregon: ISTE,
cap.9.
55
muove individualmente dentro un percorso fatto di obiettivi didattici,
passando da un obiettivo a quello successivo solo dopo aver raggiunto e
dimostrato di averne acquisito completa competenza.
In questa maniera Tom Driscoll sostiene di aver raggiunto ciò che viene
definito insegnamento democratico, in primo luogo perché rispetta le
esigenze e la velocità di apprendimento di ogni studente, diventando quindi
un processo di acquisizione personalizzato; in secondo luogo perché
attribuisce agli allievi la responsabilità del proprio percorso formativo,
anche se sotto il costante aiuto dell’insegnante; terzo infine, perché
permette di attuare una didattica individualizzata. Sottraendo infatti dalla
lezione in classe il momento della spiegazione, che avviene direttamente a
casa, il docente può lavorare individualmente con ogni singolo discente,
colmando le sue lacune o guidandolo verso attività sempre più complesse
nel caso degli studenti più capaci. Riprendendo le teorie di Dewey,
l’apprendimento diventa inoltre democratico perché permette un approccio
didattico che funge da ponte tra teoria e pratica, facendo leva sulle
problematiche ed esperienze concrete degli studenti e creando inoltre un
ambiente didattico più appropriato: “The goal was to create a learning
environment that both mirrored and prepared students for the dynamic,
democratic world of which we are all part” (Bergmann, Sams, 2014: 91).
In conclusione, è interessante riassumere i punti principali per i quali la
Flipped Classroom può essere considerata oggi un metodo che senza
dubbio favorisce un insegnamento democratico, a seguito si citano i
concetti essenziali elencati dallo stesso Tom Driscoll nel racconto della sua
esperienza (Bergmann, Sams, 2014: 92):
Students in a democratic classroom regularly engage in:
Collaborative decision making
Critical thinking
Inquiry-based problem solving
56
Social interactions and cooperative pursuits
Active and experiential learning opportunities
Critical examination of social issues
4.2. Zona di Sviluppo Prossimale
Utilizzando il metodo della Flipped Classroom si è visto come spostando
il momento della spiegazione a casa, siano ampiamente incrementati
l’interazione diretta, il rapporto tra pari e la comunicazione tra discenti e
docenti in ambito scolastico. La creazione di un ambiente didattico
cooperativo ed interattivo con i compagni e con gli adulti (cooperative
learning), va ad influire anche su quello che Vygotsky definisce Zone of
Proximal Development (Zona di Sviluppo Prossimale): “the place at which
a child's empirically rich but disorganized spontaneous concepts ‘meet’ the
systematicity and logic of adult reasoning” (Vygotsky, 1986: xxxv). In
questi termini, per Zona di Sviluppo Prossimale si intende la relazione che
esiste tra capacità individuale ed autonoma dell’allievo e il suo possibile
sviluppo attraverso l’interazione con gli adulti o con i compagni più capaci.
Tale processo viene definito in didattica scaffolding, inteso come supporto
che l’adulto fornisce all’allievo per portare a termine un’attività cognitiva
al di là delle sue capacità di partenza (Jonassen, 1999: 235). Il prodotto
finale di tale relazione è un’interiorizzazione del concetto o
dell’informazione da parte del discente e quindi un’effettiva assimilazione
di quanto costruito insieme. Grazie allo scaffolding “gli oggetti (materiali,
compiti, strumenti, modalità di lavoro) predisposti dal docente diventano a
tutti gli effetti un ambiente di apprendimento in grado di innescare processi
di costruzione di conoscenza” (Carletti, Varani, 2007: 15).
L’idea di sviluppo prossimale è estremamente importante nell’analisi del
Flipped Learning, perché oltre a ribadire l’importanza del docente in
57
qualità di facilitatore dei contenuti, che rende lo stimolo accessibile e
comprensibile (Comprehensible Input di Krashen2), sottolinea la
dimensione cooperativa e attiva dell’ambiente di apprendimento flipped.
Questo approccio didattico contrasta le metodologie in cui l’apprendimento
avviene via instructions, per cui gli studenti sono lasciati soli di fronte alle
difficoltà. In un ambiente di apprendimento di questo tipo, oltre a
diffondersi uno sconforto generale, non si assiste mai alla creazione di
condizioni ottimali per una Zona di Sviluppo Prossimale. Costruire un
ambiente di apprendimento appropriato, democratico, attivo e cooperativo,
però, non riguarda solo una trasformazione teorica, bensì un vero e proprio
riassetto degli spazi didattici nelle varie realtà scolastiche.
4.3. La necessità di uno spazio flessibile
L’espressione ‘ambiente di apprendimento’ può in certi casi assumere un
significato piuttosto ambiguo, dal momento che può indicare sia la classe,
intesa come spazio fisico, sia l’insieme di quelle attività e metodologie
didattiche che nella Flipped Classroom sostengono un tipo di
apprendimento costruttivista, basato cioè sulle relazioni e interazioni con
gli altri. Si tratta di due sfumature dello stesso concetto che non possono
prescindere l’una dall’altra, poiché un insegnamento attivo, consapevole e
dinamico può avere luogo solo all’interno di uno spazio che si adatti
concretamente a tale scopo.
2 Krashen (1982) parla di Comprehensible Input a proposito dell’acquisizione della lingua L2. L’idea è
che l’apprendimento effettivo ed efficace sia possibile solo attraverso l’esposizione alla lingua stessa, ma
dipende allo stesso modo dalla natura dello stimolo a cui i discenti sono sottoposti. L’input, per essere
significativo deve risultare comprensibile e orientato al di sopra del livello attuale posseduto dal discente:
input comprensibile i+1 (livello in cui si trova lo studente +1). L’esposizione all’input dovrebbe inoltre
avvenire in un ambiente in cui il filtro affettivo sia ridotto al minimo.
58
Nonostante la volontà diffusa di innovare la propria metodologia
didattica, gli insegnanti si trovano spesso vincolati in uno spazio
difficilmente gestibile e troppo legato alla didattica tradizionale, che
presenta in questo senso limiti significativi:
Quanto, poi, a un reale coinvolgimento nel processo di
apprendimento, la lezione sembra coinvolgere solo sul piano
intellettuale/cognitivo anche perché ostacola il confronto fra i membri
del gruppo, considerato invece ambito privilegiato di formazione
quanto a incremento delle capacità relazionali e utilizzo delle risorse.
(Blandino, Granieri, 1995: 186)
L’immagine comune di aula in senso pratico, che prevede l’assetto della
classe in file di banchi parallele, disposti di fronte alla cattedra, rispecchia
una visione di lezione incentrata sul ruolo dell’insegnante piuttosto che su
quello dello studente. Occorre dunque agire come facilitatori di interazione
e di negoziazione sociale, fondamentali per la costruzione di sapere e di
conoscenza, tra coloro che condividono lo stesso ambiente (Vygotskij,
1934). Per questo motivo lo spazio scolastico necessita di essere rivalutato
secondo le esigenze introdotte dalle nuove metodologie ed in previsione di
una didattica sempre più orientata verso l’acquisizione di competenze
piuttosto che di conoscenze. La forza motrice di tale cambiamento sembra
essere stata l’introduzione delle TIC nell’ambiente didattico ed in
particolare lo sviluppo della rete Internet, per cui tali strumenti sono passati
ad essere considerati non più come supporti personali, ma come strumenti
di mediazione con l’ambiente esterno, creando così una nuova dimensione,
quella digitale e virtuale. (Rivoltella, 2013: 28).
Lo spazio scolastico diventa in questi termini non solo un ambiente
fisico, ma anche luogo di esperienze cognitive e sociali in cui il discente
viene coinvolto in prima persona. Apprendere, quindi, non è solo un
trasferimento di conoscenza, bensì una costruzione di sapere che prevede
59
un coinvolgimento attivo dello studente e una forte interazione tra mente e
corpo, definita come embodiement:
il termine si riferisce all’idea per la quale la conoscenza si sviluppa in
un rapporto costante fra la mente del/degli individuo/i, il corpo e
l’ambiente. Per tale motivo, la cognizione è la risultante
dell’interazione fra organismo, che agisce attraverso azioni dirette
verso molteplici scopi e l’ambiente. (Rivoltella, 2013: 69).
Alcuni studi di psicologia ambientale hanno dimostrato come i
comportamenti e le esperienze degli individui siano dettati e modificati in
funzione dell’ambiente che li circonda, per cui la sistemazione e il design
dello spazio influenzano profondamente le performance della classe, i
rispettivi comportamenti e quello che viene definito apprendimento
significativo (Gifford, Steg, Reser, 2011: 454). Un’aula che offre ai propri
studenti la possibilità di sperimentare, cercare, modificare, analizzare e
condividere informazioni, utilizzando i diversi strumenti a disposizione, è
un ambiente dove il processo di conoscenza non è controllato, ma
supportato (Wilson, 1996: 4). Si descrive in questi termini un ambiente di
apprendimento costruttivista in cui lo studente è al centro del processo
formativo e nel quale diventa fondamentale l’interazione e la
collaborazione con gli altri. Wilson, nel suo libro Costructivist Learning
Environments: Case Studies in Instructional Design (1996), fa riferimento
a learning communities nelle quali si apprende in maniera collaborativa e
cooperativa dai compagni e dall’ambiente circostante che egli definisce
come “a place where learners may work together and support each other as
they use a variety of tools and information resources in their guided pursuit
of learning goals and problem-solving activities” (Wilson, 1996: 5).
La Flipped Classroom, come emerso nei capitoli precedenti, richiede il
supporto di un ambiente flessibile, adattabile cioè alle diverse attività e
necessità didattiche: uno spazio che favorisca l’interazione e che si adegui
60
ad una didattica più collaborativa e meno individualista. Creare un
ambiente scolastico appropriato non è fondamentale quando si decide di
introdurre il metodo della classe capovolta, ma è certo che possa
rappresentare un supporto e un aiuto concreto per meglio organizzare le
attività da svolgere in classe, sotto la guida dell’insegnante. È vero che la
gestione di spazi didattici particolari può richiedere un investimento
ingente in termini economici, che non tutti gli istituti possono permettersi,
ma allo stesso tempo è vero anche che adattare lo spazio alle esigenze della
propria classe non è sempre così complesso. Modifiche apparentemente
semplici e poco dispendiose, infatti, possono rivelarsi estremamente utili:
disporre i banchi in maniera circolare o raggrupparli per svolgere attività di
gruppo, adibire aree predisposte alla ricerca attraverso l’uso del PC o
ancora suddividere l’aula in tanti punti di apprendimento che si adattino
alle diverse esigenze e competenze cognitive dei singoli studenti.
Da quanto emerso dalla teoria delle intelligenze multiple di Gardner
(1983) infatti, ogni studente sembra apprendere secondo capacità
intellettive e cognitive differenti, per cui sviluppa preferenze sensoriali
proprie. Ridefinire un ambiente di apprendimento significa munirlo di
stimoli differenti che possano favorire le diverse abilità e condurre i
discenti verso un successo scolastico. Questo processo di cambiamento è
oggi maggiormente facilitato dall’introduzione nella didattica di nuove
tecnologie, che consentono di ricreare virtualmente i contesti formativi più
adeguati alle intelligenze di ciascun allievo, promuovendo quindi
un’educazione individualizzata grazie alla quale “ognuno può essere
avvantaggiato in base alla proprie potenzialità”3 (Gardner, 1997):
3 Intervista a Howard Gardner: “Intelligenze multiple e nuove tecnologie”, Torino, 10 aprile 1997. Tratto
dal sito Web di MediaMente, un programma televisivo di alfabetizzazione informatica e conoscenza dei
nuovi media (Rai Educational). Domanda 1:
http://www.mediamente.rai.it/HOME/BIBLIOTE/intervis/g/gardner.htm (ultimo accesso 12/12/2015).
61
“Il mio pensiero è che anche se si vuole che ognuno impari lo stesso
materiale si può insegnarlo in molti modi, e si può anche stimare o
valutare in molti modi ciò che lo studente sta imparando. È qui che
viene fuori il ruolo della tecnologia, nell’individuazione del
curriculum, dei materiali, degli argomenti per gli studenti, e nel dare
loro molti modi di studiare e molti modi di padroneggiare il materiale.
[…] Dalla mia prospettiva, la più grande promessa della tecnologia è
quella di individualizzare l’educazione”.4
Gardner sostiene che la nostra mente è organizzata secondo una struttura
modulare ed ogni individuo possiede nove intelligenze differenti, alcune
più sviluppate, altre meno, ma ad ogni modo tutte in relazione fra loro.
Rientrano in queste intelligenze la linguistico-verbale, la logico-
matematica, la visivo-spaziale, la ritmico-musicale, la corporeo-cinestetica,
la naturalistica, l’interpersonale, l’intrapersonale e quella esistenziale5.
Creare uno spazio di apprendimento adeguato, significa quindi favorire una
didattica costruttivista e democratica che rispetti le diverse attitudini e
capacità cognitive, che sia sempre più propedeutica all’insegnamento e che
riesca a coinvolgere gli studenti secondo le proprie potenzialità ed
intelligenze.
4.3.1. Classi 2.0 e 3.0
Il progetto Classi 2.0 si sviluppa in Italia, a partire dall’anno scolastico
2009/20106, a seguito di programmi internazionali già diffusi in Europa,
come il progetto Capital in Inghilterra e quello Escuela 2.0 in Spagna,
quest’ultimo decritto come:
4 Ivi, domanda 1 e 2: http://www.mediamente.rai.it/HOME/BIBLIOTE/intervis/g/gardner.htm (ultimo
accesso 12/12/2015). 5 http://cird.unive.it/dspace/bitstream/123456789/948/1/principi_multimediali.pdf (ultimo accesso
10/12/2015). 6 Progetto Cl@ssi 2.0 del MIUR:
http://hubmiur.pubblica.istruzione.it/web/istruzione/piano_scuola_digitale/classi_2_0 (ultimo accesso
10/12/2015).
62
“el último proyecto de integración de las Tecnologías de la
Información y de la Comunicación (TIC) en los centros educativos. El
objetivo era poner en marcha las aulas digitales del siglo XXI, aulas
dotadas de infraestructura tecnológica y de conectividad, […]
garantizar la conectividad a Internet, promover la formación del
profesorado, generar y facilitar el acceso a materiales digitales
educativos Implicar a alumnos y alumnas y a las familias en la
adquisición, custodia y uso de estos recursos”.7
L’ambizioso progetto spagnolo viene poi ripreso e promosso da
INDIRE8 (Istituto Nazionale di Documentazione, Innovazione e Ricerca
Educativa), con lo scopo di integrare le tecnologie alla didattica,
promuovendo e monitorando la diffusione delle TIC e dei relativi supporti
digitali, come PC, LIM, tablet, ebook, piattaforme di vario genere,
all’interno delle scuole italiane. Come spiegato dallo stesso Istituto
INDIRE “l’azione Classi 2.0 intende offrire la possibilità di verificare come
e quanto, attraverso l’utilizzo costante e diffuso delle tecnologie nella
pratica didattica quotidiana, l’ambiente di apprendimento possa essere
trasformato”9. L’azione Classi 2.0 ha avuto concretamente inizio nell’a.s.
2009/2010 con 156 classi di scuola secondaria di primo grado coinvolte e
selezionate tramite bando; nell’anno successivo 2010/2011 il progetto è
stato esteso anche alle scuole primarie e secondarie di secondo grado.
Secondo quanto riportato dal Piano Nazionale per la Scuola Digitale il
progetto ha complessivamente riguardato “416 classi di ogni ordine e
grado, per un finanziamento complessivo di euro 8.580.000 per l’acquisto
delle dotazioni tecnologiche e di euro 1.944.857 per supporto e
7 Sito INTEF, Instituto Nacional de Tecnologías Educativas y de Formación del Profesorado, progetto
Escuela 2.0. http://www.ite.educacion.es/escuela-20 (ultimo accesso 10/12/2015). 8 http://www.scuola-digitale.it/classi-2-0/il-progetto/introduzione-2/ (ultimo accesso 10/12/2015). 9 Introduzione al progetto Cl@ssi 2.0, promosso dal MIUR in collaborazione con l’Istituto Nazionale di
Documentazione, Innovazione e Ricerca Educativa: http://www.scuola-digitale.it/classi-2-0/il-
progetto/introduzione-2/ (ultimo accesso 07/01/2016).
63
formazione”10. Dai dati ufficiali rilevati, si evince che gli istituti
effettivamente favoriti dal progetto di integrazione digitale rappresentano
un numero irrisorio e limitato, rispetto al totale complessivo delle scuole
italiane. Tuttavia, considerando le statistiche emerse dall’ultimo rapporto
del MIUR per l’anno scolastico 2014/15, a proposito de “Le dotazioni
multimediali per la didattica nelle scuole”, seppur minimamente la
situazione nazionale sembra essere migliorata nell’ambito delle nuove
tecnologie, grazie alla diffusione di interventi pubblici e privati.11 I dati
evidenziano infatti che le aule connesse in rete (cablata o wireless) sono
complessivamente il 70% anche se solo il 41.9% dispone di LIM al suo
interno; considerato che nell’a.s. 2013/14 risultavano il 29.3% il dato è
comunque indice di un miglioramento12. Un altro indicatore significativo
per valutare la diffusione delle TIC nelle scuole è rappresentato dal
rapporto tra alunni e tecnologie (che comprendono i computer presenti nei
laboratori o i PC e i dispositivi mobili presenti nelle aule), equivalente a 7,9
alunni per device scolastico. In percentuale, il rapporto tra studenti e
dispositivi mobili nelle scuole statali è pari al 32.1%, valore che evidenzia
una significativa riduzione considerando che nell’anno precedente era pari
all’82.2%. Sebbene da quanto emerso dalle statistiche il 62% degli studenti
italiani frequenti scuole dotate di più tecnologie in aula, non può essere
trascurato il 9.2% degli allievi che studia in strutture in cui le dotazioni
tecnologiche sono scarse o addirittura inesistenti. È evidente che il quadro
10 Piano Nazionale per la Scuola Digitale del MIUR:
http://www.istruzione.it/scuola_digitale/landing/allegati/pnsd-layout-30.10-WEB.pdf pp.12 e 13 (ultimo
accesso 07/01/2016). 11 Elaborazione su dati MIUR – Ufficio di Statistica: Focus “Le dotazioni multimediali per la didattica
nelle scuole”. A.S.2014/15. Nella valutazione dei dati occorre considerare che in questo periodo sono
giunti al termine i principali progetti promossi dal MIUR: “LIM in classe”, “Classi 2.0”, “Scuole 2.0”,
“Centri scolastici digitali” e “Wireless nelle scuole. Pubblicazione con riferimento ai dati aggiornati al 14
febbraio 2015: http://www.istruzione.it/allegati/2015/focus011215_all1.pdf (ultimo accesso 10/12/2015). 12 I dati mostrano che le scuole secondarie di primo grado sono quelle che dispongono del maggior
numero di LIM in classe.
64
generale dei contesti scolastici nazionali sia disomogeneo, occorre
considerare che il metodo della Flipped Classroom si sta evolvendo
all’interno di un panorama didattico ancora in evoluzione ed in continua
progressione, per cui adattare la classe capovolta alla didattica significa
anche fare i conti con gli strumenti a disposizione nel proprio contesto
educativo.
Tuttavia l’introduzione di tali innovazioni conferma come l’uso delle
ICT in contesti didattici possa inevitabilmente favorire un apprendimento
attivo, personalizzato e collaborativo; sottolinea inoltre il ruolo
fondamentale dell’insegnante, al quale sono richieste competenze sempre
più specifiche per l’integrazione delle nuove tecnologie nella prassi
quotidiana. I limiti dello spazio classe sono stati oggi oltrepassati grazie
alla creazione di ambienti virtuali (VLE) e sistemi di gestione dei contenuti
(Learning Management System), che promuovono allo stesso tempo un
apprendimento formale ed informale. Questo significa che tutte attività e
progetti didattici solitamente svolti in presenza, oggi possono essere
affrontati anche al di fuori dell’ambiente scolastico, grazie alla creazione di
learning objects condivisibili e disponibili a tutti gli studenti in qualsiasi
momento. La collaborazione acquisisce in questa maniera una rilevanza
anche sul piano delle relazioni interdisciplinari ed internazionali, poiché lo
spazio classe si apre alla realtà virtuale del Web nella quale si creano
comunità di condivisione delle varie esperienze didattiche. Il progresso
tecnologico ha facilitato notevolmente non solo il rapporto tra docente e
studenti ma anche tra insegnanti e famiglie che sono sempre più partecipi e
coinvolte nel contesto didattico grazie alla comunicazione tramite posta o
registro elettronico. Inoltre l’introduzione delle TIC in classe, apre la
didattica ad un contesto di nuove opportunità in cui le lavagne tradizionali
sono affiancate dalle LIM e il libro di testo è arricchito da strumenti ed
65
espansioni di tipo digitale che costituiscono una fonte inesauribile di
conoscenza. Si evince quindi che, anche se “il focus non ruota attorno alla
tecnologia in senso stretto, ma alle dinamiche di innovazione che può
innescare”13, essa è comunque una risorsa molto importante.
Negli ultimi anni, di pari passo con il progresso tecnologico, si è iniziato
a parlare di Classe 3.0, a conferma della ulteriore apertura della scuola
verso un ambiente di lavoro virtuale. Le aule diventano laboratori attivi,
vengono introdotti arredi flessibili ed adattabili senza dover per forza
costruire nuove strutture, ma semplicemente riconvertendo ed adattando
quelle già esistenti. I nuovi spazi scolastici supportano e coinvolgono gli
studenti in prima persona e sono facilmente adattabili alle diverse e varie
esigenze didattiche14. Seppur innovativo, il piano di creazione di Classi 3.0
è ancora limitato a un numero minimo di realtà scolastiche.
Approfondire il contesto della classe digitalizzata è fondamentale
riferendosi alla Flipped Classroom, perché se è vero che questa rappresenta
un’innovazione in termini di metodologie didattiche, è vero anche che
necessita di un ambiente anch’esso ristrutturato rispetto al suo assetto
tradizionale. Avere a disposizione uno spazio adeguato in cui fare lezione
significa poter gestire al meglio le proprie attività e rompere quegli schemi
mentali prestabiliti dentro i quali spesso gli studenti si sentono privati della
loro creatività. Occorre però ricordare che, come accade con le TIC, anche
uno spazio di apprendimento rinnovato non rappresenta un elemento
indispensabile ed imprescindibile, ma godere di uno spazio flessibile è
sicuramente un punto a favore dell’insegnante, degli alunni e
dell’apprendimento stesso:
13 Introduzione al progetto Cl@ssi 2.0, promosso dal MIUR in collaborazione con l’Istituto Nazionale di
Documentazione, Innovazione e Ricerca Educativa: http://www.scuola-digitale.it/classi-2-0/il-
progetto/introduzione-2/ (ultimo accesso 07/01/2016). 14 Sito di INDIRE – Avanguardie Educative: http://avanguardieeducative.indire.it/wp-
content/uploads/2014/10/schede_idee.pdf (ultimo accesso 07/01/2016).
66
L’educazione nell’era digitale non deve porre al centro la tecnologia,
ma i nuovi modelli di interazione didattica che la utilizzano. […] Tutti
gli spazi della scuola, e oltre, devono essere allineati a questa visione
di cambiamento. […] Occorre invece che l’idea di spazi, a partire
dagli interventi a favore dell’edilizia scolastica, e includendo un
riconfigurazione funzionale degli ambienti per l’apprendimento,
vadano nella direzione di una visione sostenibile, collaborativa e
aperta di scuola. In cui didattica e progettualità possano avvenire
ovunque, in cui spazi comuni e ambienti collaborativi giocano un
ruolo centrale15.
4.3.2. TEAL
L’acronimo TEAL si riferisce a Technology-Enhanced Active Learning,
ed è uno spazio didattico progettato da David Lister insieme a John
Belcher e Peter Dourmashkin, presso l’MIT (Massachusetts Institute of
Technology) di Boston. L’ambiente da essi creato prevede una costante
sinergia tra spazio e tecnologie, favorendo così un apprendimento di tipo
collaborativo e attivo. Lo spazio TEAL è costituito da un assetto ben
definito: una postazione centrale per l’insegnante e tredici piattaforme
rotonde per gli studenti, circondate da lavagne e proiettori. Ogni gruppo è
volutamente formato da discenti che possiedono livelli di conoscenza
differente, così da facilitare la Peer Instruction. Gli studenti hanno
costante accesso al PC per fruire delle slides relative alla lezione,
raccogliere dati o informazioni utili ai fini didattici e per inviare risposte in
modalità digitale16. Si tratta di un vero e proprio laboratorio in cui si
applica una didattica inclusiva e l’apprendimento avviene attraverso
attività di Inquiry Learning e di Cooperative Learning. Sia il discente sia
l’insegnante sono quindi completamente immersi nell’ambiente che li
15 Piano Nazionale per la Scuola Digitale del MIUR:
http://www.istruzione.it/scuola_digitale/landing/allegati/pnsd-layout-30.10-WEB.pdf, p.28 (ultimo
accesso 07/01/2016). 16 Sito del MIT relativo allo spazio di apprendimento TEAL:
http://web.mit.edu/edtech/casestudies/teal.html (ultimo accesso 07/01/2016).
67
circonda e interagiscono con esso: i banchi e le lavagne non sono semplici
elementi di arredo ma parte integrante della didattica.
Questo progetto venne introdotto e sperimentato inizialmente per
l’insegnamento di fisica a studenti universitari iscritti al primo anno e
successivamente esteso anche ad altre discipline, in relazione all’esito
assolutamente positivo raggiunto che dimostra quanto un ambiente
appropriato sia stimolante per gli studenti e aiuti in qualche modo a
superare l’idea di apprendimento frontale e passivo. Uno spazio scolastico
progettato secondo il modello TEAL, infatti, diventa fondamentale per
contestualizzare ed applicare la conoscenza e per integrare gli strumenti
tradizionali con quelli più innovativi17. Quando nel 1992, Perkins pubblica
l’articolo Technology Meets Constructivism: Do They Make a Marriage?,
individua cinque importanti aspetti necessari all’interno dello spazio di
apprendimento (1992: 46-48). Il primo è definito Information Banks,
espressione con cui egli designa tutti gli strumenti necessari all’accesso a
informazioni, partendo da quelli ‘classici’, come il libro di testo, il
dizionario, l’enciclopedia o l’insegnante stesso, fino ad arrivare alle poco
sviluppate tecnologie di quel periodo. Il secondo elemento che Perkins
individua viene definito con l’espressione Symbol Pads con la quale egli
indica tutti i supporti tecnologici che fungono da estensione della nostra
memoria in quanto registrano, formulano e processano informazioni. Per
Construction Kits invece si intendono tutti gli oggetti e strumenti utilizzati
per realizzare esperimenti concreti, quali quelli di fisica o chimica e che lo
stesso Perkins ha visto soppiantare, con l’avvento delle nuove tecnologie,
da programmi di simulazione astratta. A questi si aggiungono i
Phenomenaria, ossia “area for the specific purpose of presenting
17 Avanguardie Educative, TEAL. http://avanguardieeducative.indire.it/wp-
content/uploads/2014/10/schede_idee.pdf (ultimo accesso 07/01/2016).
68
phenomena and making them accessible to scrutiny and manipulation”
(1992: 47), che riproducono, cioè, in scala ridotta fenomeni complessi o
mondi virtuali da esplorare. Per ultimi, ma non meno importanti, egli
menziona i cosiddetti Task Managers che creano e guidano le attività di
apprendimento, oltre a fornire feedback sul risultato ottenuto e tra i quali è
compresa la figura dell’insegnante.
Rivalutare tale suddivisione in chiave moderna è estremamente
significativo per comprendere come le innovazioni del passato e del
presente siano sempre indirizzate verso un miglioramento della classe, in
termini didattici astratti e in termini di spazio concreto. Nonostante siano
passati diversi anni dalla pubblicazione dell’articolo di Perkins,
l’obbiettivo condiviso rimane quello di creare uno spazio costruttivista, in
cui il discente cerchi di dare ordine e logica alle proprie esperienze:
Many more progressive learning environments give center stage to
phonomenaria and construction kits. […]. In both cases, learners bear
much more responsibility for their own task management than in more
conventional settings, and the role of the teacher shifts to something
more like that of a coach. […] Phenomenaria and construction kits are
characteristic of learning ‘situated’ in authentically complex and
meaningful contexts. (Perkins, 1992: 48-49)
4.3.3. La classe scomposta
Il metodo della classe scomposta nasce dall’idea di Dianora Bardi
(2014), mossa dalla necessità di organizzare il proprio spazio scolastico in
funzione degli studenti e assicurare quindi un certo grado di collaborazione,
comunicazione, relazione e scambio. Il suo progetto si basa sull’idea che
non è la tecnologia a fare didattica, per cui le aule costosissime di cui
spesso si dotano le scuole sono insignificanti se l’innovazione non
coinvolge anche il metodo didattico stesso. È per questo motivo che Bardi
individua come punto di partenza la classe preesistente, dotata di LIM,
69
videoproiettore, mobile device dei ragazzi e la adegua alle proprie necessità
didattiche. Il suo intento è stato quello di “ricostruire un ambiente
familiare, in cui gli alunni potessero gestirsi autonomamente e sentirsi a
proprio agio, che rispecchiasse il loro modo di studiare e di apprendere”
(Bardi, 2014: 35) e a partire da tale proposito costituisce una classe in cui
l’arredo e la struttura formale classica sono completamente mutati,
scomposti, così come diversi sono gli obiettivi pedagogici.
Nell’aula concepita da Bardi la cattedra è spostata in fondo alla classe, i
banchi sono avvicinati alle pareti e nello spazio libero centrale sono stati
creati punti di accesso per Web conference, lavori di gruppo, per la
creazione di e-book o per la lettura di libri cartacei. Lo spazio classe si è
inoltre allargato a luoghi adiacenti, come il sottoscala, diventati ora luoghi
di studio individuale. In questo modo Dianora Bardi cerca di liberare gli
studenti da un vincolo mentale e fisico che fa percepire l’aula come una
‘gabbia’. Nel suo ambiente gli studenti sono liberi di interagire. Ciò non
significa che essi siano liberi di fare, ma liberi di costruire, di cercare,
sperimentare e utilizzare liberamente le fonti della conoscenza, che in una
lezione frontale sono riposte esclusivamente nella figura dell’insegnante o
nel libro di testo.
La sua lezione si presenta con un format differente rispetto alla classe
capovolta perché in questo caso la spiegazione avviene brevemente in
classe, spesso attraverso una mappa concettuale, ed è poi seguita da uno
studio e da un approfondimento autonomo degli alunni attraverso i supporti
a disposizione, primo fra tutti il dibattito, il dialogo e il confronto con i
compagni e con l’insegnante. Nonostante ciò, si è visto come la classe
scomposta, grazie appunto all’assenza di vincoli formali e standard, sia
70
adattabile alla stessa lezione frontale, al Cooperative Learning e anche al
metodo della Flipped Classroom18.
In conclusione, emerge l’importanza di adeguare al meglio la propria
pratica didattica all’ambiente di apprendimento in cui questa si sviluppa,
tenendo conto delle attività da svolgere, degli obiettivi da raggiungere e
delle competenze da sviluppare. L’introduzione delle nuove tecnologie in
uno spazio scolastico costruttivista sembra avere accorciato il divario tra
contesti di apprendimento formali ed informali, per cui se prima
l’insegnamento era solo quello che avveniva all’interno della classe e della
scuola in senso stretto, oggi, grazie al Mobile Learning e ai nuovi ambienti
virtuali, si offre agli studenti la possibilità di creare Episodi di
Apprendimento Situati (EAS) nella vita reale (Rivoltella, 2013: 5-6).
18 Tratto da un articolo di Vittoria Paradisi, docente presso l’Istituto “G.Leopardi” di Saltara e relatrice al
seminario di studi tenutosi ad Urbino sulla Flipped Classroom: “A scuola di competenze nell’era digitale.
Flipped Learning Classroom, una nuova frontiera dell’innovazione scolastica”, organizzato
dall’Università degli Studi di Urbino Carlo Bo, il 14 ottobre 2015. Attestato di partecipazione in
Appendice A, Infra. http://ischool.startupitalia.eu/27802/ischool-2/banchi-al-muro-wifi-e-web-
conference-dianora-bardi-ecco-la-mia-classe-scomposta/ (ultimo accesso 07/01/2016).
71
Capitolo 5
La Flipped Classroom negli istituti marchigiani
Da una dettagliata analisi teorica sulla Flipped Classroom, emerge la
costante necessità di allargare gli orizzonti dell’insegnamento classico e
frontale, per muoversi sempre più verso un sistema learner-centered,
focalizzato quindi sulla posizione centrale dello studente. Per beneficiare
appieno dei numerosi aspetti positivi che questo approccio può comportare,
sono quindi necessari una rivalutazione ed un profondo cambiamento della
didattica tradizionale che, per quanto efficace, non sempre riesce a
soddisfare le esigenze della classe, dell’insegnante o della materia
affrontata. Si parla frequentemente di innovazione, tecnologica e didattica,
ma le scuole e gli insegnanti sono spesso restii ad affrontare concretamente
il cambiamento, per paura di perdere in parte il proprio controllo sulla
lezione o semplicemente perché scettici a tale riguardo, per la mancanza di
risorse economiche e strumentali o per la scarsa formazione didattica. Ci
sono invece scuole che credono profondamente nell’innovazione e vedono
in essa una risorsa per stimolare e motivare gli studenti, che appartengono
ad una generazione sempre più modernizzata e digitalizzata.
Il presente capitolo rappresenta la parte sperimentale dell’elaborato e
l’intento è proprio quello di portare alla luce realtà scolastiche che hanno
fatto delle nuove tecnologie e delle innovazioni didattiche un punto di
forza. Per quanto riguarda la classe capovolta, che rappresenta il fulcro
dell’analisi, non è stato semplice trovare contesti in cui tale metodo fosse
introdotto in maniera costante nella didattica, così da poter comprenderne
realmente i benefici o le criticità. Esistono però, anche nella regione
Marche, scuole in cui tale modello didattico è già ampiamente utilizzato da
72
diversi anni, come nel caso dell’Istituto Comprensivo “Giacomo Leopardi”
di Saltara1 e dell’Istituto di Istruzione Superiore “Savoia Benincasa” di
Ancona2. A questi si affiancano numerose scuole che tentano di inserirsi
nel panorama della didattica innovativa, cercando di riorganizzare le
proprie risorse umane ed economiche per rimanere competitive e
migliorare la propria offerta formativa. Ne è un esempio l’Istituto
Comprensivo Statale “Evangelista da Piandimeleto”3, che ha presentato per
l’anno scolastico 2014/2015 un progetto KA24, con l’obbiettivo di ottenere
fondi europei per l’attuazione di un programma flipped nell’insegnamento
della matematica.
Si tratta di esperienze che fanno della classe capovolta una realtà
didattica concreta e non solo un modello teorico, ma nonostante questo i
dati oggettivi e le analisi statistiche sono ad oggi ancora insoddisfacenti.
Essendo infatti la Flipped Classroom una realtà del tutto nuova ed
introdotta nelle scuole capofila solo recentemente, non esistono studi
approfonditi o ricerche azione in grado di offrire una valutazione oggettiva
di tale metodologia didattica. Lo scopo di questa indagine è perciò quello di
individuare un effettivo riscontro tra studio teorico e ambiente scolastico
reale, considerando soprattutto la percezione da parte degli studenti e
quindi la loro valutazione del metodo Flipped Classroom in generale, e
nell’insegnamento e nell’apprendimento delle lingue straniere in
particolare.
1 http://www.leopardisaltara.gov.it/isc/ (ultimo accesso 07/01/2016). 2 http://www.savoiabenincasa.gov.it/ (ultimo accesso 07/01/2016). 3 http://www.icpiandimeleto.it/ (ultimo accesso 07/01/2016). 4 Key Action 2: Cooperation for Innovation and the Exchange of Good Practices – Strategic Partnership for Schools Only. Il progetto KA2 rientra nei Partenariati Strategici del programma della Commissione Europea Erasmus+ per l’Istruzione, la Formazione, la Gioventù e lo Sport. http://www.erasmusplus.it/formazione/prova-formazione2/ (ultimo accesso 07/01/2016).
73
5.1 Istituto Comprensivo “Giacomo Leopardi” di Saltara
L’Istituto Comprensivo “Giacomo Leopardi” è il primo contesto
didattico in cui il modello di sperimentazione Flipped Classroom è stato
analizzato in azione. L’Istituto conta sulla presenza di 1.270 alunni
distribuiti nei vari plessi e organizzati secondo tre ordini di scuola: scuola
dell’infanzia, scuola primaria e scuola secondaria di primo grado. La
filosofia condivisa dall’Istituto e dai suoi insegnanti è quella di favorire una
didattica costruttiva che valorizzi l’individuo, così come l’interazione tra
pari e lo sviluppo di competenze specifiche. Il modello della classe
capovolta diventa attuabile in tale contesto grazie alla presenza di un
ambiente di apprendimento innovativo, basato sull’uso delle nuove
tecnologie e sul potenziamento delle pratiche educative e didattiche. A tale
scopo occorre sottolineare che l’Istituto, nel corrente anno scolastico
2015/2016, ha riconfermato nella propria offerta formativa alcuni dei corsi
promossi dalle Avanguardie Educative INDIRE5 e già attivi dagli anni
precedenti, tra cui il Debate, lo Spaced Learning e appunto il Flipped
Learning, per adattarsi alle esigenze dei ragazzi ed avvicinarsi al loro
contesto reale6.
La mia collaborazione in questo caso nasce con Manuela Alesi, docente
di tedesco presso la scuola secondaria di primo grado di Saltara, che ha alle
spalle già diversi anni di insegnamento capovolto. La sua testimonianza è
supportata da un contesto didattico sicuramente innovativo in cui, come lei
stessa afferma, il dirigente scolastico Paolo Olivieri e i suoi colleghi
credono nell’importanza delle nuove tecnologie e delle metodologie
didattiche innovative. Nella sua realtà, infatti, sono numerosi i docenti che 5 Sito Web delle Avanguardie Educative - INDIRE: http://www.indire.it/progetto/avanguardie-educative/ (ultimo accesso 07/01/2016). 6 POF di Istituto: http://www.leopardisaltara.gov.it/isc/p-o-f/ (ultimo accesso 07/01/2016).
74
utilizzano la classe capovolta nell’insegnamento di diverse materie, tra cui
italiano, storia, geografia, matematica, scienze e appunto tedesco. Per dare
più valore alla sua testimonianza viene a seguito riportata l’intervista
effettuata sul campo e suddivisa in diverse domande relative alla Flipped
Classroom, che la professoressa Alesi continua ad utilizzare costantemente
nella sua didattica. L’intervista, che si evolverà immediatamente in un
racconto spontaneo della propria esperienza, apre lo sguardo ad una realtà
didattica rivoluzionaria, analizzata fino ad ora solo teoricamente.
Nei precedenti capitoli si è fatto riferimento all’importanza del ruolo del
docente nell’applicazione della classe capovolta, ribadendo l’idea che,
nonostante si voglia realizzare una lezione student-centered, la figura
dell’insegnante non perde la sua centralità, ma acquisisce nuove
responsabilità e necessita di nuove capacità organizzative. A conferma di
ciò, nella lezione capovolta della professoressa Alesi, come lei stessa
afferma, “il docente non è più un semplice ‘dispensatore di sapere’ ma
assume un ruolo di guida e tutor, fornendo agli studenti la propria
assistenza in aula, per fare emergere osservazioni e considerazioni
significative attraverso esercizi, ricerche e rielaborazioni condivise”7. La
lezione, pertanto, deve essere sempre ben organizzata, poiché la riuscita di
tale metodo dipende anche dalla sua corretta strutturazione. Il lavoro che la
Flipped Classroom comporta e che consiste nell’impiego del video (nella
forma di tutorial-video o di videolezione) o nel selezionare e assegnare agli
studenti risorse multimediali relative all’argomento in oggetto, è
notevolmente superiore rispetto a quello usualmente previsto per
l’organizzazione di una lezione frontale e richiede competenze
tecnologiche e didattiche molto più sviluppate.
7 Le dichiarazioni della professoressa Alesi fanno parte dell’intervista che ha avuto luogo il 12 novembre 2015, presso l’Istituto Comprensivo “Giacomo Leopardi” di Calcinelli - Saltara (PU).
75
Nella Flipped Classroom proposta dalla prof.ssa Alesi, il modulo
didattico è strutturato in tre momenti: momento preparatorio (gli allievi
sono chiamati, a casa, a consultare e prendere visione delle risorse
multimediali assegnate dalla docente), momento operatorio (è la fase in cui
gli allievi, in classe, creano prodotti atti a dimostrare il loro apprendimento
utilizzando strumenti vari), momento ristrutturativo e conclusivo (in classe,
la docente valuta e corregge i prodotti digitali elaborati dagli studenti, fissa
i nodi concettuali emersi e soprattutto accompagna la classe verso una
rielaborazione significativa di quanto si è appreso). Nella sua disciplina
l’utilizzo del modulo didattico della classe capovolta riguarda sia gli
argomenti di riflessione sulla lingua, sia quelli relativi all’insegnamento
della civiltà. Le risorse multimediali relative all’argomento trattato sono
sempre attentamente selezionate in base alle esigenze o agli obiettivi
didattici. La professoressa si serve sia di lezioni già disponibili in rete,
qualora siano ben strutturate, sia di tutorial creati personalmente grazie a
programmi come Screencast-O-Matic.com8. Considerando l’esperienza
della professoressa Alesi, il video, come lei stessa asserisce, è per gli
studenti uno strumento sempre molto accattivante e motivante, ma è
importante che essi siano educati ad una visione attiva, così come ad una
fruizione consapevole del materiale, esplicitandone le finalità, i tempi e i
criteri di valutazione.
Dalla testimonianza proposta si delinea anche l’importanza di un
ambiente scolastico appropriato, che in questo caso è rappresentato da
piattaforme movibili necessarie al lavoro di gruppo e da una costante
sinergia e supporto delle TIC utilizzate, che diventano strumenti
imprescindibili, soprattutto in un contesto altamente digitalizzato come 8 Si tratta di un programma che consente di creare tutorial o lezioni video lavorando sullo schermo del proprio PC o della Lavagna Interattiva Multimediale e integrando la spiegazione visiva con la voce registrata dell’insegnante. https://screencast-o-matic.com/home (ultimo accesso 07/01/2016).
76
quello dell’istituto in cui insegna. Gli hardware e i software sono infatti
utilizzati dai docenti e dagli studenti per creare e per condividere prodotti
multimediali, che sono veri e propri strumenti di apprendimento. Emerge
inoltre l’effettiva importanza di quel ‘momento operativo’ in classe che,
come dichiara la professoressa, “rappresenta per gli studenti un’opportunità
di inclusione, con modalità di Peer Education e da parte del docente
un’occasione di valutazione, accumulando una quantità di informazioni
metodologiche e metacognitive, in merito alle strategie di studio impiegate
durante l’attività svolta”9. Di fondamentale valore, oltre alla collaborazione
e alla cooperazione tra pari, supportate dal lavoro e dalle attività di gruppo,
è anche l’individualizzazione dell’insegnamento, che ha luogo nel
momento in cui il docente assiste gli studenti in difficoltà, in un rapporto
uno ad uno. La prof.ssa Alesi tuttavia tiene a sottolineare che per lei, la
classe capovolta, rappresenta sicuramente un’alternativa efficace e
motivante alla lezione tradizionale, ma non l’unica. Per quanto riguarda
l’insegnamento delle lingue straniere è infatti necessario avvalersi di
approcci quanto più vari, da un lato perché le quattro abilità (Speaking,
Listening, Writing, Reading) richiedono tecniche differenti e dall’altro per
rispettare le varie modalità di apprendimento degli studenti, i quali
possiedono stili cognitivi dissimili.
Quanto emerso dall’intervista alla prof.ssa Alesi è senza dubbio un
quadro positivo, che nasce dalla sua realtà e dalla sua esperienza. È sempre
ragguardevole però tenere in considerazione che, nonostante si possano
raccogliere dati oggettivi sul metodo Flipped Classroom, la loro analisi è
sempre difficile se si considera un contesto generale ed universale, perché
in ambito didattico ogni realtà, ogni contesto e ogni classe è diversa dalle
9 Dichiarazione della professoressa Alesi durante l’intervista che ha avuto luogo il 12 novembre 2015, presso l’Istituto Comprensivo “Giacomo Leopardi” di Calcinelli - Saltara (PU).
77
altre. Ad ogni modo, la testimonianza positiva della docente è uno stimolo
ulteriore ad approfondire lo studio sulla classe capovolta e a trarne un
eventuale spunto didattico. A tale scopo si riporta di seguito l’intervista
integrale:
Manuela, partiamo dalla videolezione. Tu la crei o utilizzi quelle
disponibili in Internet?
Alcuni tutorial-video o video lezioni le ho create, altre le ho trovate già
pronte in rete. Le mie videolezioni sono soprattutto inerenti agli argomenti
di civiltà e di riflessione sulla lingua. Se ritengo che quelle trovate in rete
siano ben fatte le utilizzo, anche nell’ottica del risparmio di tempo, per fare
economia insomma. Ma soprattutto per un’altra ragione importante: per
esempio nel caso della riflessione sulla lingua, proporre agli allievi la
spiegazione tramite un’altra fonte, permette loro di confrontarsi con altri
modi di illustrare lo stesso argomento, favorendo così i diversi stili
cognitivi.
Utilizzi dei siti appositi per cercare le video lezioni?
Per quanto riguarda la mia disciplina ho trovato su Youtube delle video
lezioni appropriate. Spendo molto tempo per la ricerca del materiale in rete,
perché è molto importante che il docente selezioni e assegni agli studenti
risorse multimediali ben strutturate, relative all’argomento da affrontare.
Per quanto riguarda gli argomenti di civiltà le lezioni le creo sempre
personalmente, utilizzando strumenti digitali quali blendspace.com (si tratta
di un sito per creare lezioni multimediali e test autocorrettivi).
Chiedi ai tuoi alunni di guardare la video lezione in modo attivo? Cioè
devono svolgere degli esercizi?
Sí, quasi sempre dò delle indicazioni ben precise: per esempio posso
assegnare loro una griglia da completare, oppure, se lavoriamo sui testi
musicali, degli esercizi cloze, dove l’allievo deve inserire dei termini
78
mancanti. Se invece faccio vedere agli studenti un video su un argomento
di civiltà, richiedendo loro una comprensione globale, dovranno rispondere
alle W-Fragen (chi, che cosa, quando, dove, perché). Dipende insomma
dall’obiettivo che voglio valutare: se necessito di una comprensione più
selettiva riceveranno una scheda o degli esercizi atti ad individuare
informazioni più dettagliate, se si tratta di un primo approccio, di una
comprensione globale, dovranno reperire informazioni generiche. In
un’unità di apprendimento utilizzo la video lezione nella fase della
globalità e nella fase dell’analisi, raramente nella fase della sintesi.
Ecco, quindi in quale momento dell’unità di apprendimento utilizzi la
video lezione?
Come appena detto, per quanto riguarda la riflessione sulla lingua utilizzo
la video lezione nella fase dell’analisi. Nelle UDA sulla civiltà ritengo che
il video tutorial sia particolarmente efficace all’inizio dell’unità di
apprendimento, nella fase della globalità, per introdurre l’argomento e
creare motivazione.
Quindi non utilizzi un video per ogni lezione?
No, io non utilizzo la Flipped Classroom sempre, ma la considero come
uno dei tanti modelli didattici che si possono utilizzare. Io sono convinta
che per quanto riguarda l’insegnamento e l’apprendimento delle lingue
straniere occorra utilizzare una quantità di tecniche il più possibile varie.
Ciò perché uno, devi lavorare sulle quattro abilità, due perché favorisce la
motivazione e l’attenzione e tre perché gli stili cognitivi degli allievi sono
diversi.
E agli studenti piace guardare il video a casa?
Sì, agli studenti piace; il riscontro è nella maggior parte dei casi molto
positivo. Però vanno educati. Devono capire che il video tutorial è una
lezione da apprendere, ovvero una lezione che diventa anche un’attività
79
blended, dunque presente fuori dalla classe e soprattutto sempre disponibile
per lo studente, che può rivederla fino a quando non è stata appresa. Ma
attenzione: c’è sempre il furbetto che dice “ho guardato il video” anche se
in realtà non è vero. Ecco perché è sempre importante dar loro un compito
da svolgere, per avere un riscontro effettivo e capire se realmente hanno
visto il video. Inoltre è auspicabile non essere l’unica docente ad utilizzare
questo strumento, dovrebbe essere condiviso e utilizzato, non dico da tutti
(sarebbe utopistico) ma da un buon numero di docenti del proprio consiglio
di classe.
Così gli studenti non sottovalutano il momento della video lezione, non
lo considerano come un momento di svago…
Esatto, gli obiettivi vanno loro esplicitati all’inizio dell’unità didattica e/o
della singola lezione. Illustrare i contenuti, i tempi, le modalità, le strategie
aiuta gli allievi a contestualizzare l’operato che andranno a svolgere e
questo abbassa il filtro affettivo. E quando la barriera emotiva negativa è
bassa, l’apprendimento si traduce più facilmente in acquisizione, in
competenza.
Quindi non sei l’unica ad utilizzare la Flipped Classroom a Saltara?
No, nella mia sezione siamo tre docenti che applicano con una certa
frequenza questo modello di sperimentazione della ‘classe del futuro’: una
collega di italiano, storia, geografia, una collega di matematica e scienze e
io di tedesco. E già ti posso garantire che siamo tante, perché nella scuola
in generale c’è una certa resistenza all’innovazione, non è facile scardinare
la lezione frontale. C’è chi non ci crede.
Secondo te è un metodo che tutti i docenti potrebbero utilizzare o
servono particolari attitudini?
Sicuramente bisogna avere una certa padronanza delle nuove tecnologie.
Creare un video tutorial, per esempio, non è proprio facilissimo, devi aver
80
fatto un corso di aggiornamento, devi sapere quali software utilizzare, devi
spenderci del tempo. Devi metterti in gioco e fare ricerca azione.
Secondo te, qual è l’età giusta degli studenti con i quali applicare il
metodo della Flipped Classroom?
Secondo la mia esperienza, dalla scuola secondaria di primo grado in su,
alla scuola primaria non darei mai un video-tutorial da guardare a casa. Ma
attenzione: io sono fermamente convinta che nell’insegnamento-
apprendimento delle lingue straniere serva un giusto equilibrio tra
l’approccio comunicativo e il Flipped Teaching. Ripeto per me è solo uno
dei tanti metodi che utilizzo, non l’unico, mi piace cambiare e vedo che più
cambio più aumenta la motivazione dei miei alunni.
In classe quali attività proponi agli studenti inerenti al video che hanno
visto?
In una classe terza abbiamo ‘imbastito’ una flipped lesson di civiltà
tedesca e storia utilizzando alcune risorse multimediali, l’argomento svolto
era “Die friedliche Revolution/ La Rivoluzione pacifica”. Nella fase
preparatoria è stato chiesto agli alunni un lavoro di documentazione sulle
conseguenze della caduta del muro di Berlino, seguito dalla visione del
film “Goodbye Lenin”. Questo ha permesso alla classe di acquisire
informazioni relative all’evento storico e alle conseguenze ancora oggi
tangibili in Germania e nel resto dell’Europa, alle differenze culturali tra
Wessis e Ossis etc. In classe, durante il momento operatorio, gli alunni sono
stati suddivisi in gruppi e, seguendo consegne precise (realizzazione di un
elaborato digitale, ricco di immagini, con testi brevi e semplici, bilingue
quindi italiano e tedesco, individuale o a gruppi di massimo 3 alunni,
strumento a piacere: Power Point, Prezi, Padlet ecc.), hanno progettato,
strutturato e costruito la propria presentazione attraverso immagini,
didascalie e screenshot. L’esito del lavoro di ciascun gruppo è stato
81
condiviso in classe pubblicando, come richiesto, gli elaborati sulla bacheca
di Padlet (muro virtuale per assemblare contenuti e link, visualizzabile
sulla lavagna interattiva multimediale), di Prezi (software basato sul cloud
per la realizzazione di presentazioni), su Blendspace.com (sito per creare
lezioni multimediali ) oppure su Powtoon (applicazione web per creare
video online e presentazioni animate, molto accattivanti, che permette una
volta creato il video di scaricarlo sul proprio PC o di condividerlo su
Youtube o sui social network). Nella fase conclusiva abbiamo corretto e
valutato i prodotti realizzati e consegnati, considerando il processo, quindi
come il sapere disciplinare si è trasformato in competenza.
Un altro esempio di Flipped Teaching da me sperimentato riguarda la
riflessione sulla lingua: gli alunni imparano la formazione in tedesco del
presente indicativo dei verbi regolari. A casa guardano il video-tutorial per
avere un primo approccio alla regola, quindi in classe assegno loro degli
esercizi strutturati (esercizi di trasformazione, combinazione, inclusione,
esclusione ecc.) da svolgere in piccoli gruppi e/o a coppie. Ecco dove sta la
classe capovolta: con l’approccio tradizionale io avrei spiegato in classe e
gli alunni avrebbero fatto gli esercizi a casa; in questo caso invece a casa
hanno visto il video e a scuola svolgono le attività. In classe, durante il
momento operatorio, gli alunni suddivisi in piccoli gruppi, spazialmente
organizzati su isole separate, lavorano seguendo la consegna specifica da
me assegnata. Il tempo a scuola diventa pertanto più funzionale e
produttivo per il processo d’insegnamento-apprendimento, l’ora di lezione
diventa un momento prezioso per risolvere i problemi in un contesto di
‘laboratorio assistito’, dove io docente assumo un ruolo di guida e di tutor
fornendo agli studenti la mia assistenza per fare emergere, attraverso gli
esercizi, osservazioni e considerazioni significative. Insomma, ti affianchi
ai tuoi allievi, dedicando loro interventi mirati, si tratta infatti di una
82
didattica inclusiva, attenta anche agli allievi con bisogni educativi speciali.
Inoltre hai la possibilità di avere un riscontro immediato ed effettivo del tuo
operato.
Quali TIC utilizzate in classe?
Utilizziamo la LIM e i tablet, sui quali gli allievi hanno scaricato i libri in
formato digitale, anche se in classe alcuni utilizzano anche il formato
cartaceo, poiché gli alunni hanno a disposizione degli stipetti per lasciare i
propri libri. Chiaramente anche il setting d’aula è strategico nel Flipped
Teaching, infatti nel nostro Istituto sono gli studenti a cambiare aula, ogni
docente ha la propria. E per quanto riguarda le lingue straniere questo lo
reputo davvero molto efficace perché quando entri in quell’aula sai che lì si
cambia codice linguistico e l’aula diventa un angolo di Inghilterra, di
Francia, di Germania, di Spagna. E tra l’altro ogni spazio è stato allestito e
personalizzato dagli alunni stessi. I banchi sono predisposti per i lavori di
gruppo, abbiamo delle penisole mobili; sarebbe impensabile spostare i
banchi tutte le volte che abbiamo lezione, si perderebbe troppo tempo.
Come sei venuta a conoscenza del metodo Flipped?
Il nostro dirigente crede molto nei nuovi approcci metodologici e
nell’utilizzo delle nuove tecnologie nella didattica. Nel 2011 abbiamo
iniziato un vero e proprio ‘cammino digitale’: ho frequentato corsi di
formazione sull’utilizzo delle nuove tecnologie in ambito didattico (tablet,
LIM, software etc…) e, grazie ai nostri formatori, sono venuta a
conoscenza della Flipped Classroom. Nell’a.s. 2013/14 ho seguito un corso
online specifico su questo metodo e ovviamente ho iniziato a sperimentarlo
in classe. Ben presto ho capito che la LIM, senza un approccio didattico
diverso, è sicuramente un sussidio utile, ma per diventare un sussidio
catalizzatore serve un cambiamento della metodologia glottodidattica.
E come condividi il video?
83
I video tutorial e tutto il materiale multimediale da me creato o realizzato
dagli allievi viene condiviso su Fidenia.com, un social learning italiano
con cui ho creato le mie classi virtuali e dove appunto condivido il
materiale con i miei studenti.
Utilizzando il metodo Flipped Classroom è cambiato qualcosa nella
valutazione?
Diciamo che ho introdotto degli indicatori aggiuntivi: la puntualità nei
tempi di consegna, la competenza digitale, il saper lavorare in gruppo, la
capacità di sintesi, il rispetto delle indicazioni date. Prima di iniziare il
lavoro assegnato, gli alunni ricevono una griglia dove specifico gli obiettivi
che saranno valutati.
E utilizzate sempre il tedesco per la comunicazione in classe?
Io parlo sempre in tedesco, tranne nei momenti in cui avviene la riflessione
sulla lingua.
E se dovessi trovare degli aspetti negativi?
Sarebbe negativo, a mio modesto parere, se utilizzassi questo modello
sempre. Alternato ad altre tecniche, non vedo negatività. Adoro il Flipped
Teaching perché nei ragazzi suscita molta motivazione, perché è un volano
per condurre l’allievo verso gli obiettivi preposti e facilita il loro
apprendimento. Usare le nuove tecnologie nell’insegnamento-
apprendimento significa avvicinarsi di più al mondo dei nostri allievi,
parlare il loro stesso linguaggio. Gli allievi ti sentono meno distante e per
questo è un’opportunità da cogliere!
84
5.1.1 Attività didattiche proposte per il Flipped Learning
Certamente si può fare lezione frontale in modo accattivante, interattivo, ma sostanzialmente non cambia l’idea del docente come fonte autorevole nella propria materia di insegnamento e di alunni che assorbono i contenuti seduti in ascolto. Grazie alla ricerca pedagogica, ora sappiamo che l’apprendimento è un processo attivo: lo studente deve essere protagonista nella costruzione dei significati (Maglioni, Biscaro, 2014: 36).
L’idea di apprendimento come processo attivo rappresenta il fulcro della
didattica moderna e la Flipped Classroom è uno stimolo per muoversi in
questa direzione. Abbracciare una metodologia didattica innovativa e
costruttivista implica da parte dell’insegnante un lavoro di indagine, di
cernita e di selezione delle attività da proporre ai propri studenti, che siano
finalizzate al raggiungimento di obbiettivi didattici specifici. Considerando
l’esperienza della professoressa Manuela Alesi, il suo archivio è costituito
da un’ampia raccolta di materiale, selezionato o realizzato ad hoc, per
l’insegnamento del tedesco. Uscire da una prospettiva legata alla didattica
tradizionale richiede all’insegnante di provvedere autonomamente alle
lacune che possono emergere riguardo al materiale di supporto. Nel caso
infatti di un docente che decida di introdurre nella propria didattica una
lezione capovolta, è opportuno considerare che strumenti convenzionali,
come il libro di testo, non sempre si rivelano adeguati. Per questa ragione,
la docente ha spesso provveduto a creare personalmente materiale che
potesse rispondere alle proprie esigenze, ma soprattutto rispettare gli stili
cognitivi dei suoi alunni, sviluppare le diverse abilità ed esercitare le loro
competenze. L’uso di nuove tecnologie ha notevolmente facilitato il
processo di ricerca e di condivisione del materiale, il cui prodotto è
rappresentato dai learning objects, ossia contenuti digitali da condividere in
rete e sui quali lavorare individualmente o collettivamente, in presenza o a
85
distanza. Le attività di seguito riportate e già parzialmente menzionate
nell’intervista, sono un esempio concreto del complesso lavoro di ricerca
portato avanti dalla prof.ssa Alesi nei suoi anni di insegnamento capovolto.
Il primo esempio di attività riguarda la riflessione sulla lingua ed in
particolare la spiegazione del presente indicativo dei verbi regolari in
tedesco. In questo caso l’insegnante decide di realizzare un video tutorial
(che può essere visionato al seguente link
https://www.youtube.com/watch?v=hxK-PdLFkY8&feature=youtu.be10),
con la spiegazione del contenuto e chiede agli studenti di guardarlo
autonomamente come compito per casa, ovviamente dopo averlo condiviso
attraverso la piattaforma cloud. L’uso del video tutorial che combina parole
e immagini non solo rende più efficace e duraturo l’apprendimento, ma
rispetta le diverse velocità di comprensione. Questo significa che al
contrario di ciò che avviene in classe, durante la spiegazione frontale, a
casa ogni studente può riascoltare e rivedere il video ogni volta che vuole,
fino ad una completa acquisizione del contenuto. Un altro punto a favore
dell’insegnamento capovolto sta nel fatto che, tramite il video tutorial, i
discenti hanno la possibilità di interiorizzare e comprendere
autonomamente l’informazione a casa, per cui a scuola è possibile proporre
attività di approfondimento più specifiche e mirate.
La seconda attività proposta è relativa ad una flipped lesson realizzata in
compresenza con l’insegnante di storia per affrontare l’argomento della
Rivoluzione Pacifica (Die Friedliche Revolution). Come già anticipato
nell’intervista, il progetto è stato svolto con la classe 3°D dell’Istituto
Comprensivo “G.Leopardi” di Saltara nell’anno scolastico 2014/15 e si è
interamente sviluppato seguendo il metodo della Flipped Classroom. Nella
fase preparatoria gli studenti sono stati guidati e documentati sul tema in 10 Ultimo accesso 07/01/2016.
86
analisi grazie a lezioni flipped di storia e di tedesco attraverso la fruizione
di materiale in modo autonomo, come la visione di alcune scene del film
“Goodbye Lenin”. In questo caso per assicurare una visione attiva dei
video, le docenti hanno predisposto attività guidate e ben strutturate, che
facilitassero la comprensione e sintetizzassero il contenuto. In classe
l’attività è stata organizzata in modo da favorire la partecipazione e la
collaborazione tra studenti, poiché è stato chiesto loro di realizzare a
piccoli gruppi una presentazione dettagliata sull’argomento affrontato,
rispettando consegne precise e applicando la propria conoscenza linguistica
e culturale. Gli elaborati creati sono divenuti, a fine progetto, elementi di
valutazione da parte delle insegnanti, ma anche e soprattutto risultati
tangibili di un coinvolgimento attivo degli studenti nella didattica e
dell’avvenuto apprendimento. In appendice11 è possibile visionare un
esempio di presentazione in formato cartaceo, mentre i lavori più
significativi realizzati dagli studenti possono essere consultati attraverso i
seguenti link, in formato multimediale:
• https://prezi.com/0_hjwhxnumeq/la-rivoluzione-pacifica/
• https://prezi.com/iz0lxot--cfl/la-rivoluzione-pacifica/ • http://prezi.com/7kv-u4fr-fbs/?utm_campaign=share&utm_medium=copy&rc=ex0share
• https://www.powtoon.com/online-presentation/fPuwCxRWLse/progetto-rivoluzione-
pacifica/
• https://prezi.com/uxj1srjxnzmc/progetto-riunificazione-pacifica-bbrddr/12
Per l’esercizio di comprensione orale abbinata al focus lessicale, la
professoressa Alesi propone invece attività flipped legate all’ascolto prima
e alla visione poi del video “Italiener und Deutsche (Uwe Kind)”, visibile
11 Cfr. Appendice B, Infra – parte 1. 12 Ultimo accesso a tutti i link del 07/01/2016.
87
al seguente link: https://www.youtube.com/watch?v=q5AItVraBfQ13.
Partendo da tale proposta, l’attività di comprensione può essere gestita
dall’insegnante seguendo procedure differenti, a seconda del risultato che
vuole ottenere: si può chiedere agli studenti di ascoltare l’audio per
svolgere esercizi guidati di cloze, come compito per casa e correggerli
successivamente in classe tramite la visione del video accompagnato da
sottotitoli, oppure lavorare in maniera più approfondita sugli aspetti
grammaticali o culturali coinvolti. Gli esercizi strutturati che la docente ha
proposto ai suoi alunni durante la visione/ascolto del materiale
multimediale sono riportati integralmente in appendice14.
Le attività suggerite dalla professoressa Alesi ed analizzate in questo
capitolo, sono spunti essenziali per chiunque voglia intraprendere la strada
verso l’uso di metodologie didattiche innovative, perché dimostrano da un
lato la complessità del ruolo dell’insegnante coinvolto nei processi
educativi e dall’altro la necessità del suo operato nella relazione
insegnamento-apprendimento.
5.2 Istituto di Istruzione Superiore “Savoia Benincasa” di Ancona
L’Istituto di Istruzione Superiore “Savoia Benincasa” di Ancona è
composto da due plessi che ospitano complessivamente 1.200 studenti. Si
tratta di uno degli Istituti più innovativi della regione Marche ed è fra le 20
Avanguardie Educative di Italia indicate dall’Istituto Nazionale di
Innovazione e Ricerca Educativa, in quanto scuola capofila di numerosi
progetti educativi. Rientrano tra questi il Debate, lo Spazio Flessibile, la
Flipped Classroom e il TEAL, dai quali si evince l’importanza che questo
13 Ultimo accesso 07/01/2016. 14 Cfr. Appendice B, Infra – parte 2.
88
Istituto attribuisce alle nuove tecnologie, allo spazio di apprendimento e
alle metodologie didattiche innovative e che fanno del “Savoia Benincasa”
una scuola citata dal MIUR come esempio per la realizzazione di nuovi
ambienti di apprendimento.15
L’esperienza come osservatrice presso questo Istituto nasce a seguito di
un seminario tenutosi il 14 ottobre 2015 ad Urbino, in relazione alla
metodologia Flipped Classroom16, durante il quale è intervenuta la
dirigente scolastica Alessandra Rucci, che ha analizzato con entusiasmo la
realtà della sua scuola e che si è resa in seguito disponibile a collaborare ai
fini della mia ricerca. L’indagine didattica condotta nel suo Istituto
possiede come obiettivo primario quello di osservare criticamente il
metodo della classe capovolta, in un contesto reale e quotidiano. La realtà
scolastica del “Savoia Benincasa” è la dimostrazione concreta che
l’innovazione didattica è attuabile, realizzabile ed estremamente efficiente
in termini di profitto e rappresenta spesso un valido supporto alla didattica
tradizionale. Nel contesto scolastico preso in esame il Flipped Learning è
favorito dall’attuazione di metodi didattici all’avanguardia, e da un
ambiente di apprendimento in cui le nuove tecnologie possiedono un ruolo
predominante. Ne sono un esempio le Aule Laboratorio e l’Aula 3.0, veri e
propri spazi flessibili che si adeguano ad ogni tipo di attività e di esigenza,
favorendo la collaborazione e il learning by doing.
L’osservazione presso il “Savoia Benincasa” si è concretizzata grazie
alla collaborazione con il professore Michele Gabbanelli, docente di
inglese presso l’Istituto, che si serve del metodo della Flipped Classroom 15 http://www.savoiabenincasa.gov.it/scelte-innovative.html (ultimo accesso 07/01/2016). 16 Seminario di studi intitolato “A scuola di competenze nell’era digitale. Flipped Learning Classroom, una nuova frontiera dell’innovazione scolastica”, tenutosi ad Urbino il 14 ottobre 2015. Introduzione di Marcella Tinazzi, interventi di Massimo Baldacci e Silvia Fioretti dell’Università di Urbino, Letizia Cinganotto, rappresentante INDIRE, Alessandra Rucci, dirigente dell’Istituto “Savoia Benincasa” di Ancona e Vittoria Paradisi, docente presso l’Istituto “G. Leopardi” di Saltara. Attestato di partecipazione in Appendice A, Infra.
89
per la sua didattica, già da diversi anni con classi differenti. Per Michele
Gabbanelli, come per la docente Manuela Alesi, la classe capovolta non è
l’unica alternativa alla lezione tradizionale ma, come emerge dalla sua
testimonianza, i risultati ottenuti dalla sperimentazione di tale metodo si
rivelano estremamente positivi. Ai fini della ricerca sono stati impiegati
strumenti che potessero indagare il fenomeno in modo profondo e
combinato, portandone alla luce le varie sfaccettature. Le schede di
osservazione hanno permesso di descrivere ed osservare minuziosamente
l’insegnamento capovolto, sottolineandone gli elementi più rilevanti, come
il rapporto e l’interazione tra docente e studenti e quello tra compagni. Il
questionario sottoposto ai discenti in un secondo momento, ha invece
restituito la visione più realistica del metodo, quella che parte dalla
percezione diretta dagli studenti e quella che ne esplicita la concreta
efficacia o inutilità.
5.2.1. Osservazione diretta
L’osservazione è quindi un comportamento specifico di attenzione a un particolare evento: si distingue dal semplice ‘guardare’ poiché è uno sguardo intenzionale, mirato, attivo, non generico, che tende a mettere a fuoco ciò che l’osservatore ritiene più rilevante e significativo in relazione ai suoi interessi, alle sue motivazioni, alle ragioni che hanno promosso la rilevazione dei dati. (Mantovani, Kanizsa, 1998: 84).
L’osservazione è fondamentale quando si vuole indagare e conoscere un
fenomeno e coglierne gli aspetti costitutivi. Nella presente sperimentazione
affrontare il metodo della classe capovolta non può escludere un’analisi sul
campo, per indagare le dinamiche didattiche e sociali che si innescano in
ambito scolastico al momento della sua applicazione. La focalizzazione in
questo caso riguarda soprattutto il livello di coinvolgimento degli studenti,
90
il potenziamento delle abilità linguistiche, l’interazione reciproca fra pari e
tra docente e studenti soffermandosi, quando significativo, sul ruolo
acquisito dall’insegnante durante l’attività didattica proposta. I punti
salienti delle rispettive lezioni sono stati evidenziati attraverso la
compilazione di tabelle di osservazione; i dati raccolti e, soprattutto, gli
aspetti significativi emersi sono poi stati ripresi, ampliati ed analizzati nelle
introduzioni alle schede di osservazione, secondo un’indagine di tipo
qualitativo, interpretativo, riflessivo ed esperienziale17. La mia posizione di
osservatrice è quella esterna, non partecipante al contesto della classe,
senza cioè mai interagire o intervenire nelle attività, per poterne cogliere al
meglio tutti gli elementi di interesse. Si tratta di un’osservazione descrittiva
e soggettiva, poiché nonostante si sia cercato di individuare elementi e dati
concreti, non è stato possibile tralasciare le sensazioni soggettive e le
ipotesi interpretative, scaturite dall’osservazione di un contesto del tutto
nuovo e dalle quali non si può prescindere, dal momento che il campo di
indagine riguarda le relazioni sociali, che per natura non sono sempre
oggettivamente qualificabili.
Le classi prese in analisi come oggetto di osservazione diretta sono la
3°C e la 5°C dell’Istituto “Savoia Benincasa” con indirizzo modulare, per
cui alcuni studenti seguono il corso Liceo Scientifico Base e altri a Opzione
Giuridica. Gli alunni sono rispettivamente 25 e 21, e le classi si presentano
omogenee dal punto di vista culturale e linguistico, poiché tutti gli studenti
utilizzano l’italiano come lingua madre. Il professore si serve del metodo
Flipped Classroom nella didattica della lingua inglese da tre anni con la
classe 3°C e da due con la 5°C. Le lezioni osservate sono tutte svolte
attraverso il metodo della classe capovolta che prevede la visione di una
videolezione a casa o la fruizione di materiale digitale seguite da attività 17 http://www.far.unito.it/trinchero/psd/rogora.htm#_Toc512602648 (ultimo accesso 03/12/2015).
91
svolte in classe, attraverso il lavoro di gruppo e con la supervisione e la
guida del docente. In entrambi i casi il materiale viene condiviso attraverso
cartelle caricate nella piattaforma Google Drive, di cui ogni alunno
possiede un account personale. In appendice18 sono riportate le schede di
osservazione relative alle lezioni prese in analisi del 27 ottobre 2015 e del
17 novembre 2015.
La prima osservazione, del 27 ottobre 2015, riguarda la classe 3°C e
riporta in dettaglio le fasi di un lavoro svolto secondo la modalità della
classe capovolta. All’Istituto “Savoia Benincasa” le lezioni hanno una
durata di 54 minuti, i primi minuti prevedono la sistemazione degli studenti
che in questo caso si muovono nelle varie Aule Laboratorio, ciò significa
che a differenza di quanto accade nella maggior parte delle scuole non sono
gli insegnanti a spostarsi da una classe all’altra, bensì gli studenti. Si tratta
di una caratteristica significativa in termini di spazio, poiché ogni aula è
appositamente strutturata in base alle esigenze delle singole discipline.
Nella lezione esaminata il docente propone una serie di attività
organizzate e pianificate in funzione del tema trattato nel video, che gli
alunni hanno precedentemente guardato come compito per casa e relativo
alla popolazione dei Celti. Si tratta prevalentemente di esercitazioni di
gruppo che favoriscono un tipo di apprendimento collaborativo e
costruttivo, poiché tutti sono coinvolti attivamente; il docente è abile nel
guidare la lezione, nel facilitare i contenuti e nel coinvolgere gli studenti.
Gli alunni vengono disposti in cerchio e sono costantemente sottoposti a
stimoli per cui l’attenzione rimane sempre molto alta e la lezione si
costruisce a partire da una conoscenza condivisa, che facilita notevolmente
lo scambio di informazioni e l’aiuto reciproco. Il docente sottopone
all’intera classe alcune domande per assicurarsi che tutti abbiano visto e 18 Tutte le relative schede di osservazione sono riportate in Appendice C, Infra, parti 1,2,3 e 4.
92
compreso il materiale di studio, partendo prima dal generale e arrivando
poi al particolare, concentrandosi soprattutto sull’aspetto lessicale.
L’insegnante guida l’attività, dà feedback immediati in base alle risposte,
corregge personalmente gli errori oppure chiede ai compagni di riformulare
correttamente la frase, utilizzando la lingua inglese.
La seconda fase della lezione prevede lo svolgimento di esercizi presenti
nel libro di testo, il professore lascia liberi gli studenti di organizzarsi
autonomamente ed essi dimostrano una spiccata capacità organizzativa,
suddividendosi silenziosamente in piccoli gruppi. Il docente può a questo
punto intervenire dove necessario per spiegare ciò che non è chiaro,
approfondire alcuni punti e aiutare gli studenti con i termini sconosciuti. Il
metodo della classe capovolta permette all’insegnante di seguire l’intera
classe e allo stesso tempo lavorare individualmente con gli studenti. Al
termine dell’attività, il docente chiede ad una studentessa di correggere gli
esercizi alla LIM, grazie ad una versione digitale del libro di testo. In
questo modo può focalizzarsi sulle criticità della ragazza e allo stesso
tempo intraprendere una correzione collettiva, al fine di verificare la
correttezza degli esercizi svolti. Al termine il docente decide di attribuire
alla studentessa una valutazione secondo una scala all’anglosassone che va
dalla A alla E, si tratta di un giudizio di tipo evolutivo, che tiene in
considerazione le diverse fasi del percorso di apprendimento e che sarà poi
determinante a fine quadrimestre, in vista di una valutazione sommativa.
Per quanto riguarda l'uso delle lingue straniere la Flipped Classroom
sembra essere di particolare supporto ad un approccio comunicativo che dà
appunto spazio alla comunicazione autentica, al supporto e all’interazione
tra pari e tra studenti e docente, riducendo lo stress emotivo che spesso si
genera in una lezione tradizionale, quando si è interpellati dal docente
individualmente. Nel contesto didattico in analisi, gli errori sono positivi e
93
sono considerati come uno stimolo all’autocorrezione e al miglioramento,
la grammatica è messa in secondo piano ma si apprende in ogni caso in
maniera induttiva, attraverso l’uso e il ragionamento. La lezione capovolta
permette inoltre di lavorare in maniera combinata con le quattro abilità: il
listening è esercitato durante la visione del video, lo speaking prevale
durante tutto il brainstorming e la discussione in classe, il writing e reading
sono essenziali nel momento in cui gli studenti sono chiamati a prendere
appunti, a focalizzarsi sul lessico, a svolgere esercizi o a studiare materiale
integrativo alla videolezione.
Ciò che emerge chiaramente durante l’osservazione della lezione svolta
secondo il metodo Flipped Classroom è che, a differenza di ciò che si è
soliti notare durante una lezione frontale, gli studenti sono realmente al
centro della didattica, il fatto che essi siano già a conoscenza del tema che
sarà dibattuto in classe fa sì che siano maggiormente coinvolti e interessati
alle attività proposte. Il tempo a disposizione impiegato solitamente nella
spiegazione è realmente utilizzato per approfondire o chiarire l’argomento.
Certo è che per una buona riuscita della lezione gli obiettivi didattici
devono essere chiari e le attività ben organizzate dal docente, affinché gli
studenti percepiscano che ciò che stanno facendo possiede una finalità
specifica.
La seconda indagine riguarda una lezione della classe 5°C tenutasi lo
stesso giorno della precedente, ossia il 27 ottobre 2015. Anche da questa
osservazione emerge la volontà da parte del docente di creare un’atmosfera
collaborativa e cooperativa, in cui gli studenti possano ricostruire insieme il
contenuto della lezione, nonostante rimangano distribuiti secondo la
disposizione tradizionale dei banchi a file parallele. L’insegnante partecipa
come facilitatore dei contenuti, lasciando la sua posizione ‘centrale’ e
avvicinandosi fisicamente e didatticamente agli studenti. Il materiale
94
assegnato per lo studio individuale prevede la visione di due video, di pochi
minuti, sul Romanticismo, per entrare nel vivo di un modulo iniziato con la
lettura del libro Frankenstein. Questa volta la discussione non è plenaria,
ma il professore Gabbanelli decide di interpellare una studentessa per
esercitare le sue capacità espositive e argomentative rispetto al tema
affrontato, oltre a verificare se l’allieva ha realmente studiato e compreso le
videolezioni.
La Flipped Classroom si rivela in questo senso estremamente
collaborativa e partecipativa poiché l’argomento viene spiegato dalla
compagna e tutti gli studenti sono coinvolti per ricostruire il significato di
alcune parole o per contribuire ad aggiungere dettagli che non sono ancora
stati menzionati. In questo caso la collaborazione facilita la comprensione
degli errori e spesso la negoziazione e la rivalutazione delle proprie
opinioni secondo l’idea della Peer Instruction. Un altro aspetto emergente è
rappresentato dalla frequente intertestualità della lezione capovolta, infatti
il tempo a disposizione per il confronto e per l’analisi dettagliata
dell’assunto permette spesso diversioni e approfondimenti anche su altri
temi, trasversali alla materia in esame. Per quanto concerne la didattica
della lingua straniera è evidente che si tratti di una lezione che pone al
centro la comunicazione e quindi l’uso effettivo dell’inglese, accompagnato
da diversi focus lessicali. L’interrogazione, che ha luogo durante il contesto
della classe capovolta, sembra essere più naturale: in questo caso l’allieva,
pur essendo valutata per le sue capacità espositive, comunicative e di
comprensione, non è sottoposta allo stress di un’interrogazione
tradizionale, poiché percepisce il supporto e il coinvolgimento dell’intera
classe.
A conclusione di tali attività didattiche e a conferma del fatto che non
sempre la classe capovolta può rivelarsi efficace considerando la
95
percezione dei discenti, occorre evidenziare delle differenze rispetto a
quanto osservato lo stesso giorno nella classe 3°C. Nonostante gli studenti
siano in entrambi i casi continuamente coinvolti e stimolati ad utilizzare la
lingua straniera, la classe 5°C non sembra in realtà particolarmente
entusiasta, ma piuttosto la sensazione è che si senta ‘costretta’ a prendere
parte alla lezione. Tali supposizioni personali sono confermate dal fatto che
gli studenti stentano a partecipare e si distraggono continuamente, piuttosto
che intervenire nel dibattito. Il professore in questo senso appare molto
abile nel saper richiamare l’attenzione e nel cercare di coinvolgere tutti
indicando a turno gli studenti. L’ulteriore prova di quanto asserito sarà
determinata successivamente dalle risposte della classe al questionario sulla
Flipped Classroom.
La scheda di osservazione successiva riguarda nuovamente la classe 3°C
dell’Istituto di Istruzione Superiore “Savoia Benincasa”, si tratta anche in
questo caso di una lezione che avviene secondo il modello didattico della
classe capovolta, ma che non prevede la visione di una videolezione come
compito a casa, bensì si concentra sulla lettura, avvenuta precedentemente,
del testo inglese Beowulf. Durante i mesi estivi infatti gli studenti sono stati
divisi in gruppi di due o tre persone e ad ogni gruppo è stato chiesto di
leggere un capitolo del libro. A questo punto dell’unità didattica il docente
chiede ad ogni gruppo di esporre i propri elaborati, immaginando di essere
‘docenti per un giorno’. Nonostante il format sia diverso rispetto a quello
tradizionale, anche questo tipo di attività, che ha come finalità la creazione
di un elaborato concreto, segue l’idea della classe capovolta. In questo caso
la spiegazione del contenuto avviene in classe, ma in modo completamente
differente rispetto a quanto accade solitamente, l’informazione infatti non
viene introdotta dal docente allo studente ma sono gli allievi stessi a dover
affrontare autonomamente l’argomento, per poi discuterlo con l’intera
96
classe, chiarendo eventualmente i dubbi con i compagni o con il professore.
Dal momento che la spiegazione avviene tra i compagni, la lezione è più
interessante e motivante, poiché permette ad ognuno di esprimere la propria
creatività e competenza linguistica e digitale, rendendo ogni lavoro unico e
originale. Il fatto che la presentazione debba essere scritta e orale prevede
lo sviluppo delle capacità di produzione della lingua, oltre a quelle di
ricerca e di indagine sul tema affrontato.
Questo tipo di attività è estremamente cooperativo perché ogni gruppo è
chiamato a lavorare su un capitolo del libro assegnato per poi raggiungere
un obiettivo comune, ossia la conoscenza completa del testo, che
permetterà poi una verifica sommativa dell’intero modulo. A tale scopo gli
elaborati saranno condivisi nella piattaforma Google Drive per essere fruiti
e studiati da tutti gli studenti della classe. L’idea di collaborazione e
interazione è evidente anche durante la stessa lezione, poiché la
presentazione frontale diventa immediatamente un dibattito collettivo, in
cui ogni studente possiede un ruolo attivo. Anche in questo caso la Flipped
Classroom si rivela una didattica assolutamente student-centered e una
metodologia che consente di affrontare un argomento in modo più
dettagliato e specifico. Tutto ciò avviene all’interno di uno spazio
costruttivista, in cui conoscenza, abilità e competenza si sviluppano a
partire dall’interazione degli studenti con il proprio ambiente e grazie alla
collaborazione con i compagni, perseguendo finalità didattiche comuni. È
proprio questo scambio, interazione e confronto tra molteplici punti di vista
e tra stili e livelli cognitivi differenti a stimolare un apprendimento
significativo e un movimento costante sulla Zona dello Sviluppo
Prossimale di ogni studente. Anche in questo caso il docente può
considerare l’elaborato, creato da ogni gruppo, come oggetto di verifica
97
formativa con cui accertare quali abilità gli studenti stiano acquisendo o
sulle quali occorre intervenire.
L’ultima scheda di osservazione analizzata riguarda la classe 5°C e
riassume una lezione flipped molto particolare, svolta in un’Aula 3.0
utilizzando la metodologia didattica del Classroom Debate (dibattito). Il
professor Gabbanelli spiega che il dibattito viene da lui utilizzato alla fine
di ogni modulo per verificare la conoscenza del tema affrontato e
soprattutto la capacità di saper contestualizzare i contenuti appresi e la
conoscenza, oltre ovviamente a testare la fluency e la competenza
linguistica. In questo caso il Debate avviene a conclusine di un progetto
sul Romanticismo, iniziato con la lettura di Frankenstein. Prima della
lezione agli studenti viene chiesto di riguardare tutto il materiale a
disposizione creato e raccolto sull’oggetto del dibattito. Si tratta di una
metodologia didattica assolutamente nuova, di origine anglosassone, che
si basa sulla capacità degli studenti di argomentare e contro argomentare
riguardo ad un tema stabilito dall’insegnante, rispettando regole e tempi
ben stabiliti. Il Debate può essere preceduto da una fase di ricerca e di
documentazione (Inquiry) al fine di trovare argomenti validi a sostegno
della propria tesi; nel contesto in esame questa fase non è prevista. Questa
innovativa metodologia didattica consente di sviluppare capacità
linguistiche e collaborative straordinarie, che vengono definite anche
competenze trasversali (life skills). Il Debate difatti esce dallo schema di
lavoro tradizionale favorendo comunque l’acquisizione di competenze
fondamentali, spendibili anche nella vita quotidiana: stimola il lavoro di
gruppo, il Cooperative Learning e la Peer Education, insegna ad
argomentare e ad esporre criticamente le proprie opinioni, a valutare punti
di vista differenti, a prendere una posizione, a saper comunicare e a
98
sviluppare la propria dialettica nella lingua straniera utilizzata19.
Contrariamente all’osservazione precedente riguardante la stessa classe, la
risposta appare estremamente positiva in termini di motivazione e di
partecipazione alla lezione; utilizzare una metodologia così innovativa
significa per gli studenti uscire dagli schemi della lezione frontale ed
essere realmente protagonisti attivi. Si può constatare però che tale
processo richiede una competenza linguistica ed una autonomia didattica
elevate, per cui potrebbe rivelarsi inefficace e insoddisfacente con alunni
poco autonomi o con uno scarso livello di competenza linguistica,
soprattutto per la necessità di doversi esprimere nell’arco di pochi secondi.
Utilizzare una metodologia didattica come il Debate implica anche la
presenza di un ambiente specifico, che si adegui alle necessità del dibattito
e organizzi la classe come un vero e proprio auditorio. L’Istituto “Savoia
Benincasa” risponde anche a questa esigenza grazie alla creazione di un
Aula 3.0 inaugurata il 25 ottobre 2013 e costituita sul modello didattico
TEAL del MIT (Massachussets Institute of Technology) di Boston, con il
quale intraprende anche scambi culturali e didattici. L’Istituto è una delle
cinque scuole italiane e l’unica nelle Marche in cui tale ambiente è
presente, creato basandosi sul supporto delle nuove tecnologie e
strutturato secondo le linee guida del Future Classroom Lab di European
Schoolnet20. L’aula 3.0 del “Savoia Benincasa” è provvista di LIM, PC,
arredi colorati e modulari che possono essere spostati o ricomposti per
svolgere attività di gruppo ed è inoltre suddivisa in angoli didattici distinti
19 INDIRE - Avanguardie Educative: http://avanguardieeducative.indire.it/wp-content/uploads/2014/10/schede_idee.pdf (ultimo accesso 07/01/2016). 20http://www.savoiabenincasa.gov.it/images/pof/POF_Savoia_Benincasa_1415.pdf (ultimo accesso 07/01/2016).
99
in base alla finalità: interazione, creazione, scambio, presentazione, relax e
investigazione, come mostra il rendering riportato in appendice21.
Il compito che gli studenti sono chiamati a svolgere a casa prevede lo
studio di tutto il materiale realizzato e raccolto durante l’intero modulo
dedicato al Romanticism, che devono poi rielaborare durante tale dibattito,
utilizzando la lingua inglese. In classe gli studenti si suddividono
autonomamente in due grandi gruppi, uno è for e l’altro against la tesi
principale, stabilita dal docente: Science Must Have Limits.
Confrontandosi e scambiando opinioni al fine di sostenere la propria
posizione, gli studenti lavorano in gruppo, ragionano in modo critico e
soprattutto cercano di adattare un argomento classico, come il
Romanticismo, ad un contesto moderno, in cui la scienza gioca un ruolo
sempre più importante. Gli studenti si dimostrano molto autonomi durante
la fase di preparazione e riescono a rispettare il tempo stabilito e le
consegne; il docente opera come organizzatore e come guida dell’attività e
si limita a stabilire le regole più importanti.
Dopo un lungo lavoro di riformulazione delle idee elaborate ha inizio il
dibattito, strutturato in diversi round: gli studenti si spostano nell’angolo
dedicato alla presentazione e si sistemano nella tribuna circolare, uno
studente per squadra è invece posizionato nelle postazioni centrali per
presentare gli argomenti individuati con i compagni. In questo caso
l’integrazione del dibattito con la lezione capovolta appare come una
strategia particolarmente indicata alla didattica delle lingue straniere,
poiché i discenti sono spronati ad esercitare la loro capacità espressiva e
argomentativa in modo chiaro e coinciso, a processare velocemente
informazioni nella L2 e soprattutto condividono la responsabilità delle 21Cfr. Appendice D, Infra: http://www.savoiabenincasa.gov.it/images/scelte_innovative/BENINCASA_LIGHT.pdf (ultimo accesso 07/01/2016).
100
loro risposte con i compagni, senza sentirsi giudicati. Il dibattito è
un’ottima strategia per favorire l’approccio comunicativo, la sintesi, la
ricerca del lessico e dei vocaboli e per esercitare la propria fluenza. Il
dibattito coinvolge tutti gli studenti alla stessa maniera e non permette a
nessuno di distrarsi, dato che sostenere la propria squadra significa
costruire e negoziare continuamente le proprie idee in gruppo. Questa
strategia rappresenta un passo significativo verso una didattica realmente
costruttivista. Inoltre il professore confessa che la scelta degli oratori non
è casuale, egli cerca di coinvolgere e spronare soprattutto i ragazzi più
timidi e introversi, che in una lezione tradizionale sarebbero meno
propensi al dialogo, idea che rientra nel concetto di personalizzazione e
individualizzazione dell’insegnamento (Dewey, 1916).
La lezione flipped presa in esame è stata insolita e particolarmente
emozionante, vedere gli studenti muoversi ed organizzarsi liberamente
all’interno di uno spazio scolastico così innovativo, ha concretizzato le
idee teoriche riguardo all’ambiente costruttivista e alla didattica ‘del fare’.
In una sola lezione il professor Gabbanelli è riuscito ad inglobare metodi,
strumenti e ambienti di apprendimento ‘sovversivi’: Debate, Spazio
Flessibile e Flipped Classroom. In questo è racchiuso il senso del docente
come ricercatore, come colui che opera per adattare l’innovazione alla
propria classe, alle proprie esigenze e in funzione dei propri obbiettivi
formativi. Nessuna innovazione è fine a se stessa, la didattica deve essere
pronta a combinare i diversi metodi didattici per poterne sfruttare al
meglio le infinite potenzialità.
101
5.3 Questionario studenti
Le opinioni sulla classe capovolta sono spesso contrastanti: alcuni
docenti la considerano estremamente positiva, altri, al contrario, non
credono nell’innovazione e preferiscono ancora la lezione frontale. Durante
il lavoro di ricerca e indagine è affiorata con amarezza una mancanza di
analisi e statistiche concrete sul metodo Flipped Classroom. Se da un lato il
Web abbonda di opinioni e pareri contrastanti, nella maggior parte dei casi
elaborati dai docenti, è molto raro trovare fonti che si concentrino
prevalentemente sui principali fruitori della classe capovolta: gli studenti.
Per questo motivo l’analisi, fino ad ora prevalentemente di tipo
qualitativo, è stata arricchita con la raccolta di dati concreti e oggettivi, non
per quantificarli bensì per far emergere il punto di vista di studenti che
conoscono e utilizzano la classe capovolta nel loro percorso scolastico e
che quindi hanno ormai elaborato una precisa opinione a riguardo. Le classi
intervistate sono la 3°C e la 5°C del Liceo Scientifico dell’Istituto di
Istruzione Superiore “Savoia Benincasa” di Ancona, ossia le classi oggetto
della mia osservazione e la classe 3°D dell’Istituto Comprensivo “Giacomo
Leopardi” di Saltara, della scuola secondaria di primo grado, con la quale
la prof.ssa Alesi applica la classe capovolta. Agli studenti è stato sottoposto
un questionario in forma cartacea22, appositamente creato alternando
domande chiuse e guidate, che facilitassero la raccolta dei dati, con
domande aperte in cui gli studenti potessero esprimersi liberamente,
facendo emergere così aspetti problematici o positivi inediti. Le domande
sono ordinate secondo una logica ben precisa, che punta ad intervenire
gradualmente su aspetti diversi del fenomeno in analisi, partendo all’inizio
con domande di ordine generale, per giungere poi agli aspetti più specifici e 22 Cfr. Appendice E, Infra.
102
dettagliati. L’analisi dei dati viene effettuata sul totale complessivo degli
studenti, per fare emergere una media statistica risultante da tre diversi
livelli di istruzione: scuola secondaria di primo grado, scuola secondaria di
secondo grado (3° e 5° superiore). Gli studenti sottoposti ad indagine
tramite questionario sono complessivamente 57: 32 femmine e 25 maschi,
anche se la distinzione tra maschi e femmine non si è rivelata significativa
nell’analisi dei dati. Gli studenti sono tutti di madrelingua italiana e
utilizzano la classe capovolta, a seconda dell’Istituto frequentato, in diverse
materie tra cui inglese, storia, filosofia, latino, italiano e tedesco.
Le prime informazioni significative, derivanti dallo scrutinio delle
risposte, riguardano il contesto tecnologico in cui operano gli studenti, in
ambito scolastico ed extrascolastico. Si è visto come il metodo Flipped
Classroom richieda un notevole supporto di strumenti digitali al fine di
eseguire il capovolgimento ma spesso il principale limite alla sua
attuazione, nelle scuole italiane, sembra essere la mancanza di risorse
tecnologiche a disposizione degli studenti e degli insegnanti. I dati rivelano
un’assenza di tale problema nelle classi prese in esame, poiché facendo
riferimento al contesto scolastico ed extrascolastico, emerge che tutti gli
allievi possiedono almeno uno dei supporti tecnologici nominati nel
questionario (vedi fig.A) e che 52 alunni23 su 57 sono provvisti di
connessione Internet al di fuori del contesto scolastico. Si tratta di un dato
significativo, che rispecchia la realtà altamente digitalizzata degli Istituti
sopra citati e che in parte agevola la sperimentazione di metodologie
didattiche attuali, come la Flipped Classroom. È opportuno considerare che
nel caso della classe capovolta, presupponendo la presenza di un contesto
scarsamente digitalizzato, sarebbe necessario provvedere con misure
sostitutive che rendano comunque accessibile il materiale di studio a tutti 23 Occorre tenere in considerazione che tre studenti non hanno risposto a tale quesito.
103
gli studenti, per lo meno all’interno dell’ambiente scolastico. I dati
pubblicati dall’ultimo sondaggio dell’Osservatorio Tecnologico del MIUR
per l’anno scolastico 2014/2015 non sono incoraggianti se si considera una
modalità di apprendimento e-learning basata su piattaforme didattiche
determinate, poiché dimostrano che solo il 16,5% degli istituti statali
possiede una piattaforma per la condivisione di lezioni e materiali didattici
e per la gestione di corsi online24. Nonostante l’utilizzo di Learning
Management Systems non sia ancora abbastanza diffuso nel territorio
italiano, i dati Istat pubblicati per l’anno 2014 sembrano tuttavia
confermare una tendenza positiva rispetto alla quota di famiglie che
dispongono di un personal computer e di un accesso ad Internet da casa,
equivalenti rispettivamente al 87,1% e 89%25. Si tratta di un dato che
riflette su larga scala la realtà emersa dai dati del questionario, secondo la
quale a livello concreto la realizzazione di un insegnamento capovolto,
considerando gli strumenti tecnologici a disposizione dei singoli studenti,
non sembra avere limiti particolarmente significativi.
24 Elaborazione su dati MIUR – Ufficio di Statistica: Focus “Le dotazioni multimediali per la didattica nelle scuole”. A.S.2014/15. Pubblicazione con riferimento ai dati aggiornati al 14 febbraio 2015: http://www.istruzione.it/allegati/2015/focus011215_all1.pdf (ultimo accesso 07/01/2016). Questi dati non comprendono informazioni relative alle varie piattaforme online gestite ed utilizzate dai singoli docenti. 25 Dati tratti dalla pubblicazione Istat “Cittadini e nuove tecnologie” del 18 dicembre 2014. I dati riportati sono relativi alle famiglie con almeno un minorenne, senza considerare le famiglie di soli anziani per le quali le percentuali sono all’estremo opposto. Inoltre va sottolineato che le famiglie con un componente under 18 possiedono molto più frequentemente una connessione a banda larga (87,2%) ed un telefono cellulare (99,9%). http://www.istat.it/it/archivio/143073 (ultimo accesso 07/01/2016).
42
26
5646
55
24
0 10
20
40
60
A casa A scuola
A. Quali dispositivi tecnologici hai a disposizione?
Tablet PC Cellulare Nessuno
104
14%
14%
46%
26%
2. Consideri la videolezione importante come una
lezione frontale?
Assolutamente NO Poco
Abbastanza Assolutamente SI
2%
9%
38%51%
1. Il docente si serve della videolezione?
Assolutamente NO Poco
Abbastanza Assolutamente SI
Procedendo con l’analisi statistica, le prime quattro domande sono
incentrate sul tema della videolezione, al fine di fare emergere l’opinione
che gli studenti hanno su di essa e sul suo utilizzo a fini didattici. I discenti
in esame dichiarano che i docenti con cui applicano il metodo Flipped
Classroom utilizzano frequentemente il video come veicolo di informazioni
e di contenuti (fig.1) e che la maggior parte dei ragazzi percepisce il suo
utilizzo di uguale importanza rispetto alla spiegazione frontale, poiché alla
domanda Consideri la videolezione importante come una lezione frontale?
il 72% di loro ha risposto positivamente (abbastanza e assolutamente sì)
(fig.2). Nonostante ciò, emergono riscontri negativi per quanto concerne
l’efficacia della spiegazione attraverso strumenti alternativi, anche se le
opinioni sono contrastati e variano a seconda della classe indagata (fig.3). Il
quarto quesito si riferisce all’attitudine che i giovani hanno ad apprendere
concetti e contenuti a partire dall’utilizzo di tutorial, per motivi non
scolastici di qualsiasi genere. Lo scopo è quello di comprendere se la
fruizione di un contenuto digitale, con finalità didattiche, sia percepita dagli
studenti come un’attività naturale. Il grafico a torta (fig.4) mostra che il
19% degli intervistati non utilizza affatto tutorial, per cui la restante
percentuale è suddivisa tra coloro che utilizzano più o meno
frequentemente video per motivi non scolastici.
105
27%
27%
40%
6%
3. Pensi che la videolezione sia più efficace della
spiegazione in classe?
Assolutamente NO Poco
Abbastanza Assolutamente SI
19%
38%
26%
17%
4. Utilizzi video tutorial per motivi non scolastici?
Assolutamente NO Poco
Abbastanza Assolutamente SI
2%
10%
37%51%
5. La Flipped Classroom favorisce l'interazione e la
collaborazione con i compagni?
Assolutamente NO Poco
Abbastanza Assolutamente SI
0%
7%
70%
23%
6. La Flipped Classroom favorisce l'interazione e la
collaborazione con l'insegnante?
Assolutamente NO Poco
Abbastanza Assolutamente SI
Il secondo gruppo di domande è incentrato sulle relazioni sociali tra
compagni e tra studenti e docente, che si instaurano all’interno di un
contesto collaborativo, come è quello della classe capovolta. L’analisi dei
dati fa emergere a riguardo risultati estremamente positivi, la sensazione
prevalente degli studenti è infatti che la Flipped Classroom favorisca
abbastanza o assolutamente SÌ l’interazione e la collaborazione con i
compagni e con l’insegnante (fig.5 e 6), promosse dal lavoro di gruppo che
sembra prevalere in classe, rispetto a ciò che si evince dalle risposte date al
settimo quesito (fig.7).
106
5%
18%
47%
30%
7. Nella Flipped Classroom prevale il lavoro di gruppo?
Assolutamente NO Poco
Abbastanza Assolutamente SI
10%
30%
28%
32%
8. Preferisci svolgere gli esercizi in classe, con la
guida del docente?
Assolutamente NO Poco
Abbastanza Assolutamente SI
Come affermato più volte nei precedenti capitoli, l’insegnamento capovolto
permette agli studenti di avere in classe più tempo a disposizione per
chiedere chiarimenti e supporto al docente, riguardo all’argomento
affrontato a casa autonomamente. Analizzando i dati raccolti emerge che il
32% dei discenti intervistati percepisce assolutamente rilevante la presenza
del docente, con il quale svolgere esercizi in classe; coloro che considerano
tale vantaggio come innecessario sono il 10% (fig.8). La rimanente
percentuale è divisa equamente tra abbastanza e poco.
Riguardo alla nona domanda, che chiede agli studenti se l’insegnante
cambia disposizione dei banchi durante la lezione capovolta?, i dati si sono
rivelati inutili e scontati ai fini di tale indagine, poiché il contesto era già
stato reso esplicito dai rispettivi docenti prima dell’intervista tramite
questionario (fig.9). Per ciò che riguarda le classi del professor Gabbanelli
dell’Istituto “Savoia Benincasa” di Ancona la disposizione dei banchi tende
ad essere modificata con gli alunni della classe 3°C, mentre con la 5°C le
attività prevedono un lavoro a gruppi ma con i banchi sistemati
tradizionalmente a file, ad eccezione delle lezioni svolte nell’Aula 3.0.
Nella classe 3°D dell’Istituto “G.Leopardi” di Saltara, seguita dalla
107
professoressa Alesi, i banchi sono sempre disposti a gruppi di quattro, per
favorire la collaborazione. Riflettendo perfettamente le scelte attuate dai
vari docenti, i dati non meritano di essere graficamente riprodotti.
Le due domande che seguono fanno riferimento all’impressione che gli
allievi hanno in merito al proprio percorso di apprendimento in relazione al
contesto flipped. Risulta singolare analizzare le risposte dei discenti
riguardanti il quesito numero dieci, relativo al miglioramento del
rendimento scolastico in seguito all’introduzione della Flipped Classroom
(fig.10A). È interessante notare come la percentuale di risposte negative
(19% assolutamente NO e 23% poco) sia da attribuire prevalentemente alla
classe 5°C superiore, lasciando inferire che probabilmente risulta più
difficile introdurre metodologie didattiche nuove con studenti che hanno
già sviluppato e assodato, da diversi anni, un metodo di studio tradizionale.
Dall’altro lato le risposte della classe 3°D della scuola secondaria di primo
grado e della 3°C della scuola secondaria di secondo grado riflettono
ancora un percorso didattico in trasformazione ed aperto a nuove possibilità
(fig.10B). Essendo giunti a tali conclusioni tramite supposizioni, può essere
possibile che le differenze evidenziate siano derivanti semplicemente da
preferenze differenti degli allievi. Alla domanda Ti senti più responsabile e
coinvolto nel tuo percorso di apprendimento? gli studenti hanno risposto in
maniera positiva, solo il 13% dei dati complessivi riguardano le opzioni
poco e assolutamente NO (fig.11). Il dato è sintomatico del fatto che gli
studenti, nel contesto della classe capovolta, sono effettivamente
responsabili del proprio percorso di apprendimento e si sentono
maggiormente coinvolti in un processo formativo dove la centralità del
discente è preponderante. Come emergerà dalle risposte alle domande
successive, questo è considerato un effetto benefico e positivo da alcuni
studenti, ma anche negativo da altri, dal momento che un coinvolgimento
108
0
5
10
15
Assolutamente NO Poco Abbastanza Assolutamente SI
10 B.Dati relativi alle risposte delle singole classi riguardo al miglioramento scolastico
3°D 3°C 5°C
19%
23%51%
7%
10 A. Con la Flipped Classroom è migliorato il
tuo rendimento scolastico?
Assolutamente NO Poco
Abbastanza Assolutamente SI
4%
9%
61%
26%
11. Ti senti più responsabile e coinvolto nel tuo percorso
di apprendimento?
Assolutamente NO Poco
Abbastanza Assolutamente SI
più intensivo comporta una maggior indipendenza ed autogestione e un
carico di lavoro superiore.
Gli interrogativi posti in essere dal quesito dodicesimo e tredicesimo del
questionario, si riferiscono alla Flipped Classroom in termini generali, sia
come metodo utilizzato per la didattica delle lingue straniere, sia come
alternativa alla didattica frontale. In questo caso il valore ottenuto dalle
risposte guidate possiede un riscontro interessante nei commenti liberi
lasciati dagli studenti negli appositi spazi, per giustificare il Perché? delle
loro risposte.
109
7%7%
53%
33%
12. Ritieni che la Flipped Classroom sia un metodo efficace nello studio delle
lingue?
Assolutamente NO Poco
Abbastanza Assolutamente SI
5%
23%
39%
33%
13. Pensi che la Flipped Classroom sia più motivante di una lezione tradizionale?
Assolutamente NO Poco
Abbastanza Assolutamente SI
Il responso è estremamente stimolante, poiché l’86% (assolutamente SI e
abbastanza) degli studenti è favorevole all’uso della classe capovolta nello
studio delle lingue straniere e solo il 14% sembra essere contrario agli
effetti positivi della sua introduzione nel percorso di studio, a tale scopo
didattico (fig.12). Gli studenti che hanno optato per una votazione positiva
alla domanda Perché? hanno espresso i seguenti pareri: “Credo che la
Flipped Classroom sia efficace nello studio delle lingue in quanto la
visione di video migliora le nostre ‘skills’ nel listening e nello speaking,
che sono fondamentali per conoscere la lingua”; “Aiuta la parte
riguardante la fluidità lessicale, la pronuncia e dà la capacità di pensare
in inglese”, e ancora “Sì, perché è utile nello speaking e nel confronto delle
idee. Nel caso non vengano capiti dei termini verranno ridefiniti dai
compagni”, “Abbiamo il docente come punto di riferimento, ma ci
mettiamo più in gioco essendo attivi nella spiegazione”. Al contrario, i
commenti che argomentano scelte negative sull’utilizzo della Flipped
Classroom per l’insegnamento delle lingue straniere riportano le seguenti
idee: “Ritengo sia indispensabile un maggior aiuto da parte
110
dell’insegnante”, “Efficacia non tanto, poiché molto spesso con la visione
di video, diminuisce la concentrazione dello studente”, “È molto più
difficile apprendere concetti”.
Anche l’interrogativo che riguarda la motivazione creata dalla classe
capovolta rispetto alla lezione tradizionale ha fatto emergere punti di vista
curiosi: “Penso che la Flipped Classroom sia più motivante di una lezione
tradizionale perché ci spinge a studiare molto di più, inoltre rende la
lezione tradizionale più interessante, più partecipata e ricca di
collaborazione”, “Perché a turno siamo tutti coinvolti e ognuno ha una
parte di lavoro uguale agli altri”, “Perché esci dagli schemi della lezione
tradizionale, incentivando l’inventiva dello studente e la sua capacità di
autogestione”, “Perché è pressoché impossibile tenere la concentrazione
alta per tutta la durata di una lezione frontale a differenza delle
coinvolgenti lezioni flipped”. Inoltre “Rende più coinvolgente la lezione,
grazie anche all’utilizzo di nuove tecnologie”, “Perché sono gli alunni a
dover esporre gli argomenti, cercando di essere più precisi possibile, sia
nel linguaggio che nel contenuto”. In riferimento agli aspetti negativi che
riguardano la domanda Pensi che la Flipped Classroom sia più motivante
di una lezione tradizionale? Perché? gli studenti affermano: “Io preferisco
la lezione frontale per comprendere l’argomento e gli esercizi li preferisco
con la Flipped Classroom”, “Personalmente mi trovo meglio con in metodo
tradizionale”, “Nella lezione frontale l’insegnante interagisce con te e ti
spiega ciò che non hai capito, invece qui devi capire le cose per forza”
oppure “Dipende dall’argomento”.
A questo punto del questionario viene chiesto agli intervistati di
esplicitare la loro preferenza sul metodo preferito, scegliendo tra le due
possibilità: Flipped Classroom o lezione tradizionale. Le risposte sono
nettamente a favore della prima opzione, mentre risulta che la percentuale
111
FlippedClassroom
Lezionetradizionale
14 B.Preferenza delle singole classi
3°D 3°C 5°C
70%
30%
14 A. Sinceramente quale metodo preferisci?
Flipped Classroom Lezione tradizionale
di risposte a sfavore sia da attribuire alla classe 5°C (fig.14B), a conferma
delle conclusioni tratte dalla decima domanda, riguardo il miglioramento
del proprio rendimento scolastico, verso il quale la classe risultava
indifferente (fare riferimento alla fig.10B).
Una volta espressa la propria preferenza agli studenti viene chiesto di
descrivere con un aggettivo il metodo Flipped Classroom. Tra gli attributi
elencati si alternano caratteristiche positive e negative della classe
capovolta, che riescono in parte a riassumerne gli aspetti costitutivi fino ad
ora esaminati, facendo emergere contemporaneamente i pareri discordanti:
entusiasmante, collaborativo, coinvolgente, interessante, fantastico,
divertente, creativo, innovativo, faticoso, inutile, noioso, accattivante,
virtuale, inefficace, interattivo, aleatorio, efficace, stupefacente, divertente,
rivoluzionario.
A conclusione dell’indagine, gli intervistati sono invitati a riflettere su
almeno un vantaggio e uno svantaggio della classe capovolta e sono
proprio tali risposte a far emergere punti di forza e criticità concrete,
difficilmente individuabili al di fuori di un’esperienza didattica reale. I
vantaggi più significativi emersi sono i seguenti: “Abitua ad apprendere in
112
modo più indipendente dall’insegnante e insegna un metodo da poter
applicare a più aspetti della vita”, “Aiuta a sviluppare le capacità
intuitive”, “Coinvolge molto gli studenti ed è più comprensibile e motivante
allo studio”, “Le lezioni sono più coinvolgenti e in qualche modo
‘costringono’ anche chi tende a distrarsi a partecipare”, “Condividi
materiale con altre persone”, “Le lezioni puoi averle anche a casa e quindi
puoi riguardarle”, “È bello poter usare la tecnologia”. Gli svantaggi
menzionati sono numerosi ma allo stesso tempo significativi per capire in
quale direzione intervenire per mettere a punto una lezione capovolta che
tenga conto dei diversi stili cognitivi e delle diverse necessità degli
studenti: “Potrebbe non funzionare il materiale”, “A volte la connessione
salta e quindi non riesci ad avere la lezione”, “Non c’è più rapporto tra
alunno e docente e viceversa”, “Per gli studenti più in difficoltà non
favorisce approfondimenti e spiegazioni”, “A casa si ha più lavoro da
fare”, “Nello studio individuale puoi trovare argomenti difficili da
esprimere senza una precedente spiegazione”, “Visto che sono i ragazzi i
protagonisti della lezione, a volte c’è un po’ di caos in classe”,
“Diminuisce l’importanza della spiegazione”, “È difficile a volte parlare
davanti al professore, ai compagni e ad eventuali esterni, soprattutto se si
ha difficoltà nella materia in oggetto”, “Le lezioni vanno preparate con
molto impegno e dedizione”.
5.3.1 Discussione dei dati
I dati rilevati ed analizzati in seguito alla somministrazione del
questionario sottoposto agli studenti hanno confermato alcuni aspetti
basilari dell’insegnamento capovolto, come la costante interazione e
collaborazione tra soggetti che condividono lo stesso ambiente scolastico.
113
La sensazione prevalente è che la Flipped Classroom sia più motivante e
coinvolgente rispetto alla lezione tradizionale, poiché, come ribadito più
volte dagli studenti, ognuno partecipa attivamente e si sente coinvolto nelle
attività proposte. Particolarmente interessante si è rivelato il binomio classe
capovolta e didattica delle lingue: tutti gli studenti infatti hanno riscontrato
un incremento dell’uso effettivo della lingua straniera, orale e scritta e un
successivo miglioramento delle proprie abilità. Allo stesso tempo, la
presenza inevitabile di debolezze individuate dai discenti, in quanto fruitori
del metodo flipped, chiama di nuovo alla mente la figura dell’insegnante
come ricercatore, per il quale la didattica è una continua sperimentazione.
Nonostante i dati presi in esame siano quantitativamente limitati, essi
possono comunque restituirci un’idea di ciò che accade su larga scala in un
contesto didattico più ampio. Ogni classe presenta le proprie peculiarità, le
proprie esigenze e le proprie abitudini per cui, come succede per tutte le
pratiche scolastiche, anche nel caso della classe capovolta la sua efficacia
dipende da variabili differenti, come il contesto sociale e didattico, l’età, le
aspettative degli studenti, la disciplina affrontata. Sta al docente capire
come e quando integrarla al proprio insegnamento e agli studenti coglierne
i benefici per la propria crescita culturale e sociale. Infine è opportuno
constatare che la Flipped Classroom, sebbene sia un metodo didattico
innovativo e stimolante, non può sostituire completamente la lezione
tradizionale, ma supportarla e arricchirla. Gli studenti apprendono secondo
stili cognitivi differenti; come emerso dai commenti, infatti, molti di loro
preferiscono ancora l’organizzazione della lezione frontale, per cui
focalizzarsi su un solo approccio significa rispondere ai bisogni formativi
di alcuni alunni, sottovalutandone altri.
114
5.4 Istituto Comprensivo Statale “Evangelista da Piandimeleto”: progetto
KA2
La collaborazione con l’Istituto Comprensivo di Piandimeleto è nata
dalla volontà del plesso in questione, di presentare un progetto KA2 del
programma Erasmus+, nell’anno scolastico 2014/2015. Le classi coinvolte
sono la 5° della scuola primaria e la 1° della scuola secondaria di primo
grado e l’obiettivo prevalente del progetto intitolato “Mathematics Success
with the Flipped Classroom Approach”, è quello di costruire “cooperazione
per l’innovazione e lo scambio di buone pratiche” con i paesi partner,
coinvolti nello scambio. Concretamente il fine principale è quello di
utilizzare il metodo inclusivo e innovativo della Flipped Classroom per far
fronte alle necessità di studenti con bisogni educativi speciali e scarsi
rendimenti nell’ambito della matematica, al fine di raggiungere
soddisfacenti risultati scolastici e un futuro successo lavorativo.
Il progetto prevede che il materiale e le lezioni video create da docenti di
scuole differenti, siano scambiati e condivisi, tramite un apposito sito
Internet, per il raggiungimento di un obbiettivo comune e che le stesse
lezioni siano realizzate nella lingua madre di ciascun docente e nella lingua
di scambio, ossia in inglese. A tale scopo è stata prevista la creazione di
ambienti digitali adeguati accompagnata da un incremento del supporto
tecnologico, in linea con il progetto “E.Co.Le” (Electronic Cooperative
Learning), attivato negli anni precedenti nell’Istituto e che ha permesso di
dotare tutte le aule della scuola di Lavagne Attive Multimediali e PC. Si
uniscono a tali obiettivi anche la realizzazione di Web Quest per valutare le
competenze raggiunte alla fine di ogni unità didattica e di database relativi
alla soddisfazione e alla motivazione degli studenti, all’inizio e alla fine del
progetto. I risultati intangibili da raggiungere grazie all’uso del metodo
115
Flipped Classroom si misurano in termini di miglioramento delle strategie
didattiche, delle competenze matematiche dei discenti, così come quelle
linguistiche e tecnologiche. Il problema principale della mancanza di
strumenti tecnologici o di connessione Internet a disposizione degli
studenti, per poter fruire delle lezioni, viene ipoteticamente risolto
prevedendo un lavoro a gruppi, in cui almeno uno studente sia dotato di tali
supporti e nel caso in cui questo non sia possibile, mettendo loro
disposizione il laboratorio informatico dell’Istituto. Inoltre come
specificato nel progetto “Video lessons will be published on a specific
website and printed in DVD format (to be available even in case of lack of
the broadband connection) with their descriptive sheets in English and in
the language of participants”26.
L’esito della candidatura, ricevuto il 24 luglio 2015 si é purtroppo
rilvelato negativo e la domanda non è stata accolta per mancanza di fondi
europei; il punteggio ottenuto equivale a 77/10027. La creazione di tale
progetto a cui ho preso parte nella fase di progettazione e che ho
autonomamente gestito nella traduzione, è comunque un esempio concreto
di come la classe capovolta possa assumere una dimensione internazionale,
non finalizzata esclusivamente alla singola realtà scolastica. Creare e
condividere contenuti digitali avviene oggi anche in contesti molto più
ampi di una semplice aula ed i learning objects sono sempre più al centro
di un insegnamento-apprendimento condiviso, attivo e costruttivista, dal
punto di vista didattico ma anche e soprattutto culturale e sociale.
26 Progetto KA2 – Erasmus+, partenariati strategici – Settore Istruzione scolastica, dell’Istituto Comprensivo Statale “Evangelista da Piandimeleto”. Cfr. Appendice F, Infra. 27 Cfr. Appendice F, Infra, esito della candidatura da parte dell’Agenzia Nazionale Erasmus+ INDIRE.
116
Capitolo 6
La Flipped Classroom in Italia e nel mondo
In questo breve capitolo si analizzerà il metodo della Flipped Classroom
come ‘movimento’ innovativo e in divenire, la cui dimensione e posizione
nella didattica nazionale ed internazionale è sempre più predominante. A tale
proposito vengono citati alcuni dei progetti più interessanti individuati nel
Web e condivisi da docenti e studiosi che lavorano costantemente per
migliorare e monitorare il metodo della classe capovolta. Si tratta di proposte
ambiziose, didattiche ed extrascolastiche, che mostrano come la Flipped
Classroom sia oggi studiata ed impiegata in tutto il mondo; i contesti
analizzati in questo caso sono quelli relativi alle lingue di competenza, ossia
inglese e spagnolo.
Dall’ambiente didattico spagnolo emergono sempre più frequentemente
esperienze di docenti che utilizzano la classe capovolta nel loro
insegnamento. Esiste un sito ufficiale molto attivo1 in cui tali testimonianze
sono raccolte e nel quale docenti pubblicano e condividono esperienze di
Flipped Teaching, riguardanti tutti i livelli e gradi di istruzione. Questo
significa che, nonostante si tenda a concepire la classe capovolta come un
modello particolarmente adatto a studenti autonomi, non esiste in realtà un
limite alla sua attuazione neppure per quanto concerne l’età dei discenti con
cui si lavora, purché il suo impiego sia sempre adeguato alle diverse
competenze ed abilità cognitive. A tale proposito vale la pena citare una delle
tante testimonianze riportate nel sito theflippedclassroom.es con il titolo già
estremamente significativo “¡Se puede flippear en infantil!” che racconta di
1 Si tratta del sito ufficiale spagnolo dedicato interamente alla didattica con il metodo Flipped Classroom e può essere visionato al seguente link: http://www.theflippedclassroom.es/. (ultimo accesso 07/01/2016).
117
un progetto interamente realizzato secondo la modalità flipped nella scuola
dell’infanzia CEIP Gonzalo Fernández di Córdoba (Madrid), durante il
primo trimestre dell’anno scolastico 2014/20152. Lo scopo del lavoro
intitolato “Los Dinosaurios” è stato quello di coinvolgere i bambini della
scuola dell’infanzia (4 anni) nella scoperta dei dinosauri. Il progetto
prevedeva di lavorare in sintonia con le abilità di base esplicitate nella
Tassonomia di Bloom: creare, analizzare e valutare. Ogni alunno ha lavorato
a casa, con l’aiuto dei genitori, per ricercare materiale e informazioni, al fine
di elaborare e filmare una semplice presentazione orale in cui raccontasse le
caratteristiche del dinosauro in questione. In questo caso il capovolgimento
è stato realizzato nel momento in cui si è chiesto ai bambini di affrontare e
comprendere autonomamente il contenuto e la spiegazione è divenuta una
loro responsabilità, favorendo un insegnamento collaborativo tra pari.
L’analisi è stata possibile grazie all’ausilio di software creativi che
riproducessero virtualmente le sembianze dei dinosauri e lo stadio della
valutazione ha avuto luogo mediante l’uso di mappe concettuali che
riassumessero quanto compreso dall’intero progetto. Il lavoro si è concluso
con la creazione di un gioco interattivo sui dinosauri, gestito dai docenti ma
doppiato e commentato con la voce degli alunni. Nonostante fino ad ora i
casi analizzati fossero relativi alla scuola secondaria di primo e secondo
grado, questa testimonianza dimostra che la classe capovolta non prevede un
modello fisso e statico, bensì è adattabile a qualsiasi contesto, perché più che
un capovolgimento didattico rappresenta un cambiamento mentale nel modo
di fare insegnamento.
2 Esperienza raccontata da Chema Gonzaléz, docente presso il CEIP Gonzalo Fernández di Cordoba (Madrid) intitolata ¡Se puede flippear en infantil! e tratta dal seguente link: http://www.theflippedclassroom.es/se-puede-flippear-en-infantil/ (ultimo accesso 07/01/2016). Per un approfondimento del progetto è possibile un collegamento al sito ufficiale della scuola Infantiles del gran capitán: https://infantilesdelgrancapitan.wordpress.com/category/proyecto-dinosaurios/ (ultimo accesso 07/01/2016).
118
Anche l’ambito tecnologico, fondamentale per l’attuazione della Flipped
Classroom, è progredito per far fronte alle necessità della classe capovolta.
Una curiosità interessante per tutti i docenti che utilizzano la Flipped
Classroom è rappresentata da Polimedia, un sistema creato dall’Universidad
Politécnica di Valencia per la creazione di materiale educativo screencast.
Si tratta di una stanza in cui ogni docente, seguito da un tecnico specializzato,
può creare videolezioni sempre più efficaci. È un sistema che riproduce su
larga scala ciò che accade con i software di screencast online supportati
dall’uso della webcam, con la differenza che in questo caso il docente viene
ripreso nella sua interezza come se fosse realmente davanti agli studenti,
sfruttando le proprie capacità comunicative verbali e non verbali e quindi
riducendo la distanza che si crea, con l’utilizzo del mezzo tecnologico, tra
chi apprende e chi insegna3.
Il successo della Flipped Classroom è stato recentemente indagato anche
da un report pubblicato dal sito americano Faculty Focus nei mesi di giugno
e luglio 2014, con il titolo “Flipped Classroom Trends: A Survey of College
Faculty”4. L’indagine è stata sottoposta a tutti i lettori della rivista,
prevalentemente docenti universitari, con lo scopo di rilevare il numero
approssimativo degli insegnanti flipped e la loro opinione sul metodo
Flipped Classroom, ottenendo complessivamente 1.074 riscontri, per la
maggior parte favorevoli. Si tratta di un sondaggio considerevole non solo
per il numero di risposte ottenute, ma anche per le diverse opinioni emerse
3 Articolo tratto dal sito theflippedclassroom.es intitolato “Polimedia, una herramienta para crear flipped classrooms de gran calidad técnica”: http://www.theflippedclassroom.es/polimedia-una-herramienta-para-crear-flipped-classrooms-de-gran-calidad-tecnica/. Oppure visitare il sito dell’Universidad Politécnica di Valencia https://www.upv.es/entidades/ASIC/catalogo/522359normalc.html (ultimo accesso ai siti 07/01/2016). 4 Articolo pubblicato il 24 agosto 2015 da Faculty Focus. Si tratta di un sito americano che pubblica articoli relativi all’istruzione universitaria, per cui i maggior fruitori sono docenti di istruzione superiore. http://www.facultyfocus.com/articles/blended-flipped-learning/flipped-classroom-survey-highlights-benefits-and-challenges/ (ultimo accesso 07/01/2016).
119
dai docenti intervistati. Alla domanda How would you rate the experience
for you?, il 70,34% degli intervistati ha optato per una risposta positiva,
mentre il 22,40% ha vissuto l’insegnamento capovolto come un’esperienza
neutrale, senza significativi risultati. Il 7,26% ha espresso invece un giudizio
negativo in merito: i problemi di attuazione della Flipped Classroom
sembrano emergere con studenti che non si sentono realmente coinvolti nel
processo di apprendimento, per cui motivazione ed autonomia vengono
meno. In questo caso l’uso di un metodo innovativo come la classe rovesciata
può risultare addirittura controproducente ed è consigliabile tornare a servirsi
della lezione frontale, come afferma uno dei docenti intervistati: “Students
want me to lecture, tell stories, ask questions and stimulate discussion. They
did not want to try and learn the material themselves. They did not feel
empowered. They did not see me as a co-participant, they wanted me to be
in charge”5. Guardando il processo dal punto di vista dei propri studenti il
64,3% dei docenti intervistati, considera quella della classe capovolta
un’esperienza didattica estremamente positiva, più dell’80% infatti
riconosce a questo metodo la capacità di incrementare i momenti di
cooperazione e di relazione in classe, tra gli studenti. I dati significativi citati
derivano da un’analisi molto più complessa e dettagliata, che sembra
confermare su larga scala quanto emerso nel capitolo precedente,
relativamente ai contesti scolastici analizzati e che delineano l’esperienza
della classe capovolta come un’alternativa alla lezione frontale, valida e
spesso incoraggiante.
A conclusione occorre citare l’ambizioso progetto intrapreso dal sito
italiano flipnet.it, al fine di realizzare una mappa dei docenti capovolti6. Lo
5 Tratto dai commenti emersi dal sondaggio “Flipped Classroom Trends: A Survey of College Faculty”, p.7. 6 È possibile inserire il proprio riferimento come docente capovolto al seguente indirizzo: http://flipnet.it/la-mappa-dei-docenti-capovolti-2/ (ultimo accesso 07/01/2016).
120
scopo è quello di individuare e localizzare geograficamente tutti gli
insegnanti attivi sul territorio nazionale, ma soprattutto la priorità è quella di
creare una comunità di condivisione per tutti coloro che intendono
proseguire o intraprendere il cammino del Flipped Teaching.
Si intuisce da tali progetti che la classe capovolta è sì un metodo didattico,
ma allo stesso tempo il risultato di processi di cambiamento ed evoluzione
degli studenti di oggi, che necessitano di processi formativi propedeutici alle
esigenze della società moderna. L’innovazione scolastica coinvolge le
diverse capacità e competenze a disposizione, siano queste tecnologiche,
sociali, comunicative o metodologiche e allo stesso tempo richiede uno
scambio interdisciplinare ed internazionale per favorire il progresso di buone
pratiche didattiche, come la classe capovolta. Si conclude a tale proposito
riportando una frase di Maglioni e Biscaro che cita (2014: 11): La scuola intesa come sistema scolastico di un Paese, ma anche la scuola come singolo istituto scolastico è un organismo di grande complessità, punto di equilibrio di molte forze e molti apporti. È illusorio cambiarla a colpi di novità o, peggio, decreti. Bisogna che le forze in gioco (cultura, politica, strati sociali, amministrazione, docenti, studenti) siano coinvolti e si riorientino. Ma gli insegnanti, anche il singolo, possono introdurre elementi di rinnovamento.
121
Conclusione
A conclusione dell’analisi è opportuno elaborare alcune considerazioni
fondamentali. Il metodo della classe capovolta è spesso messo in
discussione da teorici e studiosi che lo considerano come una delle tante
innovazioni didattiche ‘di tendenza’. È probabilmente vero che l’attenzione
mediatica degli ultimi anni ha notevolmente amplificato il dibattito e le
critiche, più o meno fondate, su tale modello, inteso come un cambiamento
radicale nel modo di fare didattica. In realtà, questo non corrisponde alla
volontà dei suoi fondatori. Bergmann e Sams infatti non si vantano di aver
inventato nulla di rivoluzionario, bensì credono di aver proposto un nuovo
modo di fare insegnamento, incentrato prevalentemente sulla posizione
centrale dello studente piuttosto che sull’insegnante, avvalendosi di metodi
e modelli già conosciuti e sperimentati in didattica.
Questo significa che nessuno pretende di cambiare e migliorare il
processo di insegnamento semplicemente invertendo il momento della
spiegazione con quello dei compiti in classe, né tantomeno sostituendo il
ruolo dell’insegnante, come fonte di sapere e conoscenza, con quello di una
videolezione. Piuttosto, sarebbe necessario considerare la Flipped
Classroom in modo critico, non come un modello fisso e statico ma come
una linea guida da adeguare al proprio contesto didattico, valutandone gli
aspetti positivi e le eventuali criticità.
Ciò che è inoltre importante sottolineare è la costante necessità di
introdurre in ambito didattico novità e cambiamenti provenienti dal mondo
delle TIC, siano essi racchiusi nell’idea di classe capovolta o in altri
approcci didattici. Questo è sicuramente sintomatico di una nuova esigenza
della scuola, che scaturisce dall’inadeguatezza dell’insegnamento
tradizionale di fronte alla realtà sociale, radicalmente mutata nel corso del
122
tempo e divenuta notevolmente più complessa. La società moderna, grazie
al progresso tecnologico e alla globalizzazione, ci proietta spesso in realtà
illimitate, dal punto di vista spaziale e temporale, per cui la comunicazione
e la creazione di sapere ed informazioni non prevede più la distinzione tra
creatori e fruitori. Tutti in un certo senso possono creare, modificare e
condividere lo stesso contenuto. Allo stesso modo è impensabile continuare
a concepire l’insegnamento come un processo indipendente, alieno rispetto
alla realtà che lo circonda e parallelamente isolato nel suo percorso di
sviluppo.
Di conseguenza è necessario che la scuola e l’istruzione non perdano la
propria credibilità e si adeguino al cambiamento: il fine rimane comunque
lo stesso, ossia quello di giungere ad un apprendimento significativo, ma il
mezzo necessita di essere rivalutato. In questo senso la Flipped Classroom
rappresenta una valida alternativa. Come emerso dall’osservazione pratica
nei diversi istituti marchigiani, la risposta degli studenti potrà essere più o
meno positiva e i risultati ottenuti più o meno proficui. Ciò che è
importante è valutare sempre il metodo criticamente, integrarlo alla propria
didattica, affiancarlo all’insegnamento tradizionale e arricchirlo attraverso
altri modelli. Per quanto si cerchi di indagare teoricamente la classe
capovolta, non è possibile giungere a conclusioni dogmatiche e
scientifiche, dal momento che le variabili valutate sono umane e quindi per
natura soggettive.
Da quanto emerso tuttavia dai casi osservati le migliorie apportate dalla
classe capovolta nel percorso di insegnamento-apprendimento, valutate in
termini di cooperazione tra studenti e tra discenti e docente,
personalizzazione ed individualizzazione della didattica, interazione attiva
tra spazio interno ed esterno, sono sintomo di una innovazione dalla quale
ogni educatore potrebbe trarre spunti educativi interessanti e positivi.
APPENDICE
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Appendice A: Attestato di partecipazione al seminario di studi “A scuola di competenze nell’era digitale. Flipped Learning Classroom, una nuova frontiera dell’innovazione scolastica”.
124
Appendice B: Attività didattiche proposte dalla docente Manuela Alesi. 1) Esempio di lavoro multimediale, svolto dagli studenti della classe 3°D dell’Istituto Comprensivo “G.Leopardi” di Saltara, durante il progetto intitolato: “Die Friedliche Revolution/La Rivoluzione Pacifica”.
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2) Esercizi strutturati per una visione/ascolto attiva/o del video “Italiener
und Deutsche (Uwe Kind)”.
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Appendice C: Schede di osservazione. 1. Prima scheda del 27 ottobre 2015. DATA 27/10/2015 CLASSE 3°C N° ALUNNI 25 DURATA LEZIONE 8.10 – 9.06 (54 minuti) CONTESTO DIDATTICO: Gli studenti hanno visionato a casa un video di pochi minuti sulla popolazione dei Celti, in lingua inglese. È stato chiesto loro di prendere appunti su quanto visto, per facilitare poi il dibattito. SPAZIO: In classe i banchi sono sistemati in modo da formare un grande cerchio, per favorire l’interazione tra pari e la discussione su quanto visto a casa. LINGUA: La lingua utilizzata in classe è prevalentemente quella inglese. TEMPO ATTIVITÀ SVOLTE OSSERVAZIONE STUDENTI E
DOCENTE 5 minuti
Gli studenti si sistemano in classe e il professore procede a registrare gli assenti sul registro elettronico.
20 minuti
Gli studenti sono seduti in cerchio e il professore inizia a fare domande per verificare che tutti abbiano visto e compreso il materiale di studio. I quesiti sono inizialmente di tipo generale, che sembrano riassumere il contenuto del video, poi il professore sottopone domande più specifiche e dettagliate, che riguardano soprattutto focus lessicali. Gli studenti si servono degli appunti presi a casa per poter rispondere e argomentare.
La disposizione in cerchio favorisce il dibattito e l’interazione faccia a faccia tra i compagni. Attraverso le domande il docente comprende chi ha visto realmente il video e chi lo ha guardato attentamente e criticamente. La visione dimostra di aver stimolato contemporaneamente la comprensione, la capacità di sintesi e quella di prendere appunti. L’insegnante guida l’attività, dà feedback immediati in base alle risposte, corregge personalmente gli errori oppure chiede ai compagni di riformulare correttamente la frase. Nel caso in cui alcuni studenti non conoscano il significato dei termini in inglese, il docente chiede ad altri di fare la parafrasi o di trovare sinonimi più comprensibili. Durante questo tipo di attività si utilizza solo la lingua inglese, per cui gli studenti devono sforzarsi a trovare termini appropriati o fare lo spelling nel caso in cui sia necessario, il professore preferisce che si aiutino e si suggeriscano a vicenda piuttosto che provvedere personalmente alla spiegazione di un concetto. Tutti gli studenti
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collaborano perché è il docente che sceglie a caso chi fare intervenire. Gli alunni sono molto interessati, fanno domande su ciò che non hanno compreso, chiedendo l’aiuto del docente o dei propri compagni, inoltre vogliono continuamente aggiungere elementi sul tema in analisi. Sono molto abili nel comunicare utilizzando la lingua straniera. Il clima della lezione è molto rilassato, si intuisce che gli allievi utilizzano abitualmente il metodo della classe capovolta, perché non sono timorosi o a disagio, bensì partecipano attivamente e si comportano con naturalezza.
10 minuti
Gli studenti devono svolgere gli esercizi nel libro di testo relativi all’unità didattica affrontata, quindi sul tema dei Celti. Il professore li lascia liberi di decidere se lavorare in gruppo o individualmente secondo il metodo della classe scomposta di Bardi.
Gli studenti dimostrano una spiccata capacità organizzativa perché si suddividono autonomamente in piccoli gruppi e lavorano insieme, senza creare trambusto. In questo caso gli studenti comunicano tra loro in italiano e solo quando parlano con il professore si sforzano di parlare in inglese. Il docente controlla i vari gruppi, soprattutto aiutandoli con i termini che non conoscono e spiegando ciò che non è chiaro.
15 minuti
Il docente chiede ad una alunna di correggere gli esercizi appena svolti sul libro di testo alla LIM. Gli esercizi sono prevalentemente incentrati sul lessico: deve abbinare la definizione all’oggetto rappresentato (esercizi di match) e sistemare i termini in una tabella a seconda che siano verbs, nouns, adjectives.
L’alunna in questione corregge gli esercizi alla LIM grazie ad una versione digitale del libro di testo. In questo caso la correzione collettiva permette a tutti i compagni di verificare la correttezza degli esercizi svolti ed eventualmente di collaborare per correggere gli errori. A volte nascono dibattiti quando non tutti sono d’accordo sulla stessa risposta. L’insegnante oltre a guidare la correzione e a dare feedback alla ragazza chiede agli altri alunni di intervenire dal posto per evitare che questi si distraggano. Durante la correzione l’insegnante fa spesso dei collegamenti tra gli esercizi e la videolezione e la studentessa in questo modo deve essere in grado di giustificare le sue risposte. Alla fine dell’attività l’insegnante le attribuisce una valutazione secondo una scala all’anglosassone che va dalla A alla E. Si tratta di un giudizio approssimativo, che sarà però determinante a fine quadrimestre, in
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2. Seconda scheda del 27 ottobre 2015. DATA 27/10/2015 CLASSE 5°C N° ALUNNI 21 DURATA LEZIONE 11.04 – 12.00 (54 minuti) CONTESTO DIDATTICO: Agli studenti è stato chiesto di guardare e studiare a casa due video di pochi minuti sul Romanticismo, per entrare nel vivo di un modulo iniziato con la lettura di Frankenstein. Gli studenti sono stati invitati a prendere appunti durante la visione del video, per facilitare poi l’esposizione in classe. SPAZIO: I banchi sono sistemati secondo la disposizione tradizionale a file. LINGUA: La lingua utilizzata in classe è prevalentemente quella inglese. TEMPO ATTIVITÀ OSSERVAZIONE 4 minuti
Gli studenti entrano nell’aula di inglese e si sistemano, mentre il docente riporta gli assenti nel registro elettronico.
20 minuti
Il docente si siede su una delle due sedie che ha sistemato al centro dell’aula, rivolte verso gli altri studenti. Il docente chiama a sedere vicino a lui una ragazza alla quale sottopone delle domande riguardo al video visto a casa.
La ragazza inizia ad esporre liberamente l’argomento e il docente la interrompe per farle domande più specifiche. Emergono così capacità espositive e argomentative rispetto al tema affrontato e l’insegnante può immediatamente stabilire se l’allieva ha realmente studiato e compreso la videolezione. Quando non è in grado di rispondere il docente interpella gli studenti al posto, cercando di indicare quelli che si dimostrano più distratti rispetto all’attività in corso di svolgimento. Il professore corregge gli
vista di una valutazione sommativa. 4 minuti
Gli studenti sistemano i banchi secondo la disposizione tradizionale a file e il professore approfitta per fare un riepilogo sul tema affrontato durante la lezione.
In vista della fine della lezione cala l’attenzione ma gli studenti continuano comunque a rispondere alle domande in lingua inglese.
132
errori di pronuncia e chiede all’intera classe di aggiungere dettagli che non sono ancora stati menzionati. Partendo dal tema trattato il dibattito verte anche su altri temi, ad esempio per spiegare il significato della parola Romantic, in termini letterari, il professore chiede “Who is Romantic in this Classroom?”. Gli studenti quindi si divertono a fare supposizioni e a giustificare le loro risposte, questo si dimostra molto efficace in termini di comunicazione e di utilizzo della lingua inglese. La classe inoltre viene interamente coinvolta per ricostruire il significato di alcuni vocaboli, tramite esempi e grazie alla guida dell’insegnante, come nel caso della parola outcast.
5 minuti
Il docente chiede agli studenti di svolgere gli esercizi propedeutici, nel libro di testo. Sta a loro decidere se lavorare individualmente oppure se unirsi in piccoli gruppi (massimo di tre persone) per lavorare insieme, secondo il metodo della classe scomposta di Bardi.
Gli studenti decidono di organizzarsi in piccoli gruppi per svolgere esercizi di match: devono abbinare il termine con la propria definizione. In classe si crea confusione e l’insegnante interviene più volte per richiamare il silenzio.
5 minuti
Si procede alla correzione degli esercizi appena svolti.
Per la correzione degli esercizi l’insegnante chiama a turno tutti gli studenti in maniera casuale. Gli studenti alzano la mano per chiedere chiarimenti quando la risposta data non è condivisa, è il docente a stabilire poi la soluzione corretta. In questo caso la collaborazione facilita la comprensione degli errori e spesso la negoziazione e la rivalutazione delle proprie opinioni secondo l’idea della Peer Instruction. L’abilità di speaking è esercitata attraverso l’uso continuo della lingua straniera.
10 minuti
L’insegnate propone agli studenti una seconda attività presente nel libro di testo.
Gli alunni lavorano in maniera silenziosa sul proprio esercizio, il professore passa tra i banchi e aiuta a
133
Questa volta l’esercizio deve essere svolto individualmente. Ogni studente deve scegliere tra gli aggettivi dati quelli che secondo lui descrivono al meglio i personaggi romantici proposti. In questo caso si tratta di una attività individuale, poiché gli aggettivi da attribuire dipendono dalla percezione personale di ogni studente.
comprendere il significato degli aggettivi che non conoscono. Si tratta di una attività che consente di lavorare sul lessico e sulla memorizzazione di nuovi termini.
5 minuti
Si procede a leggere ad alta voce l’esercizio svolto.
Non si tratta di una correzione perché in questo caso non esistono opinioni giuste o sbagliate. L’insegnante chiama a turno tutti gli studenti e chiede di leggere ad alta voce gli aggettivi che hanno attribuito ad un determinato personaggio. Quando le descrizioni che emergono sono strane o divertenti il docente chiede loro di giustificare le loro risposte, per stimolare ulteriormente lo speaking.
5 minuti
Negli ultimi minuti di lezione gli studenti sono liberi di prepararsi per la lezione seguente mentre il docente provvede a registrare le valutazioni provvisorie attribuite durante le varie attività, sempre seguendo una scala dalla A alla E.
3. Terza scheda del 17 novembre 2015. DATA 17/11/2015 CLASSE 3°C N° ALUNNI 25 DURATA LEZIONE 8.10 – 9.06 (54 minuti) CONTESTO DIDATTICO: La lezione è incentrata su un modulo didattico che ha come tema il Romanticismo. Durante i mesi estivi gli studenti sono stati precedentemente divisi in gruppi di due o tre persone e ad ogni gruppo è stato chiesto di leggere un capitolo del libro Beowulf. A questo punto dell’unità didattica il docente chiede ad ogni gruppo di esporre i propri elaborati, che saranno poi oggetto della
134
lezione capovolta, il titolo della lezione è Teacher for a Day. Alla fine di tutte le presentazioni gli studenti dovranno essere in grado di affrontare con successo una verifica sommativa del modulo in questione. SPAZIO: Gli studenti rimangono sistemati secondo la disposizione tradizionale a file. LINGUA: La lingua utilizzata in classe è prevalentemente quella inglese. TEMPO ATTIVITÀ OSSERVAZIONE
4 minuti
Gli studenti si sistemano in classe e il docente inserisce gli assenti nel registro elettronico.
15 minuti
Il primo gruppo, composto da due ragazze, è chiamato ad esporre ai compagni il primo capitolo di Beowulf. Si tratta di una introduzione che comprende la presentazione dei personaggi principali e della storia.
Le ragazze utilizzano la LIM per mostrare ai compagni la propria presentazione in Power Point. La presentazione include testo, immagini e anche un video molto divertente che le ragazze hanno realizzato personalmente, in cui cantano una canzone tratta dal libro di Beowulf. Le studentesse coinvolte nella presentazione hanno piena competenza del contenuto ed espongono in modo chiaro utilizzando la lingua inglese, sviluppando fluenza e capacità di esposizione nella lingua orale. La reazione della classe è estremamente positiva, tutti sono attenti alla spiegazione e molto divertiti dal video realizzato dalle ragazze.
10 minuti
Il professore chiama uno studente alla LIM e chiede di correggere gli errori presenti nella presentazione delle compagne.
Attraverso questa attività si stimola l’interazione e la correzione tra pari. Lo studente infatti cerca di correggere gli errori grammaticali presenti nelle didascalie ma allo stesso tempo anche i compagni dal posto sono coinvolti e chiamati ad aiutarlo. Tutta la classe quindi interagisce attivamente nel processo di correzione, i compagni si aiutano a vicenda per poter riformulare le frasi in maniera più chiara e formale. Il docente rivolge prontamente domande agli studenti più distratti e provvede a farli
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intervenire nel dibattito. 5 minuti
A questo punto l’insegnante chiede agli studenti di individuare collettivamente tutti gli aggettivi o le espressioni che trasmettono l’idea di happiness e joy, nel primo capitolo del libro.
Le due studentesse sottolineano i termini individuati alla LIM, tutti gli studenti sono chiamati a fare lo stesso sulla versione cartacea del libro, suddividendosi in piccoli gruppi. I ragazzi si organizzano autonomamente e in maniera ordinata iniziano a lavorare, utilizzano l’italiano per comunicare tra loro. Contemporaneamente il professore passa tra i gruppi per aiutare gli allievi con i termini inglesi che non conoscono.
5 minuti
Correzione esercizio
La correzione avviene collettivamente, le due ragazze alla lavagna multimediale mostrano all’intera classe ciò che hanno evidenziato. Ogni gruppo aggiunge espressioni nuove omesse dai propri compagni e il docente provvede a dare un feedback immediato riguardo alla correttezza o meno delle risposte.
5 minuti
Il professore passa dal generale al particolare, chiedendo alle due ragazze coinvolte nella presentazione di individuare un determinato passaggio del racconto e rivolge loro domande a riguardo.
10 minuti
Focus linguistico, feedback degli studenti e riepilogo lezione.
Gli ultimi minuti della lezione sono dedicati al focus linguistico, in cui il docente sottolinea i termini più complessi e chiama a turno gli studenti a sedere per parafrasarne o spiegarne il significato. Nel caso in cui lo studente chiamato in causa non sia in grado di farlo, il docente chiede l’aiuto dei suoi compagni. L’insegnante indica uno studente che possa riassumere brevemente i punti essenziali della presentazione a cui ha assistito. Al termine della lezione il professore chiede agli
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studenti di esprimere un proprio giudizio sulla performance e chiede alle ragazze stesse di autovalutarsi criticamente.
4. Quarta scheda del 17 novembre 2015.
DATA 17/11/2015 CLASSE 5°C N° ALUNNI 21 DURATA LEZIONE 11.04 – 12.00 (54 minuti) CONTESTO DIDATTICO: La lezione capovolta si svolge secondo il metodo del Debate nell’Aula 3.0 dell’Istituto. Il compito che gli studenti devono svolgere a casa prevede lo studio del materiale realizzato durante l’intero modulo sul Romanticismo, che dovranno poi rielaborare in classe durante il dibattito. SPAZIO: Gli studenti operando all’interno di uno spazio flessibile utilizzano in un primo momento le sedie girevoli a disposizione per il lavoro a gruppi e si spostano in un secondo momento nella tribuna circolare per il dibattito. LINGUA: La lingua utilizzata in classe è prevalentemente quella inglese. TEMPO ATTIVITÀ OSSERVAZIONE 4 minuti
Gli studenti raggiungono l’Aula 3.0 e si sistemano, l’insegnante riporta gli assenti nel registro elettronico.
15 minuti
Gli studenti sono suddivisi in due grandi gruppi. Un gruppo deve individuare tre argomenti a favore e l’altro gruppo tre argomenti a sfavore della tesi stabilita dal docente: Science Must Have Limits.
Gli studenti spostano le sedie girevoli formando due grandi gruppi in maniera autonoma e iniziano a scambiarsi opinioni, a confrontarsi e a riassumere i punti più importanti dell’argomento affrontato, per sostenere la propria posizione. Il docente opera come organizzatore e come guida dell’attività e si limita a stabilire le regole più importante: decide quale gruppo sarà for e quale against e stabilisce quale sarà il primo gruppo ad iniziare il dibattito. Egli consiglia inoltre di citare il testo di Frankenstein per contestualizzare e attualizzare l’argomento. In questo modo gli studenti lavorano in modo collaborativo, ragionano in modo critico e soprattutto sono chiamati ad adattare un testo classico come Frankenstein ad un
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contesto reale moderno, in cui la scienza gioca un ruolo sempre più importante. Osservando gli studenti durante questa attività si può dedurre che essi siano abituati a lavorare in gruppo ed in maniera autonoma perché si organizzano in modo ordinato e silenzioso. Tutti partecipano attivamente e dicono la loro opinione, parlano in italiano ma si sforzano di tradurre le loro idee in inglese e di formulare frasi da soli, senza l’aiuto del docente. Sanno rispettare perfettamente il tempo e le consegne.
5 minuti
Gli studenti si spostano nell’angolo di presentazione e si sistemano nella tribuna circolare. Il docente chiama due studentesse, una per gruppo, che dovranno posizionarsi nella postazione centrale per presentare le idee elaborate con i compagni.
Gli studenti si avvicinano velocemente e gli oratori provano a ripetere il discorso in lingua inglese.
10 minuti
Inizia il primo round del dibattito: ogni ragazza ha a disposizione 1 minuto per presentare la sua posizione, inizia chi deve contro argomentare la tesi iniziale, quindi chi è a sfavore; il professore cronometra il tempo. Alla fine del primo minuto, viene concesso ad ogni squadra un momento per risistemare e rivedere gli argomenti, dopodiché si ricomincia il dibattito. Ad ogni ragazza viene concesso di nuovo 1 minuto per l’esposizione, questa volta inizia la squadra a favore della tesi iniziale.
Dopo un lungo lavoro collaborativo gli studenti sono chiamati a presentare le loro idee, nonostante sia comunque difficile parlare in inglese rispettando tempi brevi e determinati, essi non sembrano in difficoltà, l’impressione è che essendo suddivisi in due grandi ‘squadre’ condividono la responsabilità delle loro risposte con i compagni e non si sentono giudicati. Il dibattito è un’ottima strategia per favorire l’approccio comunicativo, l’uso della lingua straniera, la sintesi, la ricerca del lessico e dei vocaboli e per esercitare la propria fluenza. I discenti sono chiamati continuamente a costruire, negoziare e sostenere le proprie idee in gruppo. Il dibattito coinvolge tutti gli studenti alla stessa maniera e non permette a nessuno di distrarsi. A tale scopo, al termine di ogni round l’insegnante chiama a caso un ragazzo della ‘platea’ al quale chiede di esprimere un giudizio sul confronto, per fare una sintesi e un bilancio
138
sulle idee di entrambe le compagne. È lo stesso professore a confessarmi che la scelta degli oratori non è casuale, egli cerca di coinvolgere e spronare soprattutto i ragazzi più timidi e introversi, che in una lezione tradizionale sarebbero meno partecipi, a favore del concetto di personalizzazione e individualizzazione dell’insegnamento.
10 minuti
Ha inizio il secondo round secondo le stesse modalità del primo, ma con due interlocutori differenti.
10 minuti
Ha inizio il terzo round seguendo le stesse modalità del secondo, ma con due nuovi interlocutori.
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Appendice D: Rendering relativo all’Aula 3.0 dell’Istituto di Istruzione
Superiore “Savoia Benincasa”.
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Appendice E: Questionario sottoposto agli studenti.
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142
Appendice F: esito candidatura programma Erasmus+, partenariati
strategici - Settore Istruzione scolastica
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