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DINAMICA 1. INTRODUZIONE ALLA DINAMICA ....................................................................... 36 2. LA SECONDA LEGGE DELLA DINAMICA........................................................... 36 3. LA MASSA INERZIALE ............................................................................................. 38 4. LA LEGGE DI NEWTON E LO SPAZIO DELLE FASI ......................................... 40 5. TEOREMA DELL’IMPULSO .................................................................................... 42 6. IL TERZO PRINCIPIO DELLA DINAMICA (AZIONE E REAZIONE) ............. 44 7. IL PRIMO PRINCIPIO DELLA DINAMICA (LEGGE D’INERZIA) ................... 45 8. CAMPI DI FORZE ....................................................................................................... 46 9. L’ENERGIA POTENZIALE ....................................................................................... 48 10. IL LAVORO COMPIUTO DA UN CAMPO DI FORZE ....................................... 49 11. ESEMPIO DI FORZA CONSERVATIVA: LA FORZA ELASTICA................... 51 12. ESEMPIO DI FORZA DISSIPATIVA: ATTRITO................................................. 52 13. TEOREMA DELL’ENERGIA CINETICA ............................................................. 53 14. TEOREMA DI CONSERVAZIONE DELL’ENERGIA TOTALE MECCANICA ............................................................................................................................................. 53 15. L’ENERGIA DI UN MOTO AD ACCELERAZIONE COSTANTE..................... 54 16. L’ENERGIA DI UN MOTO ARMONICO .............................................................. 56 17. L’ENERGIA DI UN CAMPO GRAVITAZIONALE .............................................. 58 18. CAMPI DI FORZA CENTRALI ............................................................................... 60 19. PATTINATORE SUL GHIACCIO E MOMENTO ANGOLARE ........................ 62 20. IL GIROSCOPIO........................................................................................................ 63 21. I CAMPI CENTRALI DI FORZA ELASTICA ....................................................... 63 22. IL CAMPO DI FORZA GRAVITAZIONALE ........................................................ 66 23. IL TEOREMA DI GAUSS ......................................................................................... 67 24. IL CAMPO GRAVITAZIONALE ALL’INTERNO DI UNA MASSA SFERICA UNIFORME ...................................................................................................................... 69 25. IL CAMPO DI FORZA GRAVITAZIONALE GENERATO DA UNA MASSA SFERICA UNIFORME .................................................................................................... 70 34

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DINAMICA

1. INTRODUZIONE ALLA DINAMICA....................................................................... 36 2. LA SECONDA LEGGE DELLA DINAMICA........................................................... 36 3. LA MASSA INERZIALE............................................................................................. 38 4. LA LEGGE DI NEWTON E LO SPAZIO DELLE FASI......................................... 40 5. TEOREMA DELL’IMPULSO .................................................................................... 42 6. IL TERZO PRINCIPIO DELLA DINAMICA (AZIONE E REAZIONE) ............. 44 7. IL PRIMO PRINCIPIO DELLA DINAMICA (LEGGE D’INERZIA)................... 45 8. CAMPI DI FORZE ....................................................................................................... 46 9. L’ENERGIA POTENZIALE ....................................................................................... 48 10. IL LAVORO COMPIUTO DA UN CAMPO DI FORZE ....................................... 49 11. ESEMPIO DI FORZA CONSERVATIVA: LA FORZA ELASTICA................... 51 12. ESEMPIO DI FORZA DISSIPATIVA: ATTRITO................................................. 52 13. TEOREMA DELL’ENERGIA CINETICA ............................................................. 53 14. TEOREMA DI CONSERVAZIONE DELL’ENERGIA TOTALE MECCANICA............................................................................................................................................. 53 15. L’ENERGIA DI UN MOTO AD ACCELERAZIONE COSTANTE..................... 54 16. L’ENERGIA DI UN MOTO ARMONICO .............................................................. 56 17. L’ENERGIA DI UN CAMPO GRAVITAZIONALE.............................................. 58 18. CAMPI DI FORZA CENTRALI............................................................................... 60 19. PATTINATORE SUL GHIACCIO E MOMENTO ANGOLARE ........................ 62 20. IL GIROSCOPIO........................................................................................................ 63 21. I CAMPI CENTRALI DI FORZA ELASTICA....................................................... 63 22. IL CAMPO DI FORZA GRAVITAZIONALE ........................................................ 66 23. IL TEOREMA DI GAUSS ......................................................................................... 67 24. IL CAMPO GRAVITAZIONALE ALL’INTERNO DI UNA MASSA SFERICA UNIFORME ...................................................................................................................... 69 25. IL CAMPO DI FORZA GRAVITAZIONALE GENERATO DA UNA MASSA SFERICA UNIFORME .................................................................................................... 70

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26. LA FORZA DI GRAVITÀ TERRESTRE................................................................ 72 27. IL PENDOLO SEMPLICE (LE PICCOLE OSCILLAZIONI) ............................. 74 28. IL PROBLEMA DI KEPLERO................................................................................. 76 29. IL TEOREMA DEL VIRIALE PER LA PARTICELLA SINGOLA.................... 78 30. OLTRE L’UNIVERSO MECCANICO DI NEWTON............................................ 81

La serie di Balmer.........................................................................................................................82 L’atomo idrogenoide.....................................................................................................................84 Il modello di Bohr.........................................................................................................................85 Descrizione ondulatoria. ...............................................................................................................86 L’equazione di Schroedinger ........................................................................................................87 I polinomi di Hermite e l’oscillatore armonico quantistico. .........................................................87 Il principio di corrispondenza e l’oscillatore quantistico..............................................................89

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1.INTRODUZIONE ALLA DINAMICA Il passo successivo alla cinematica consiste nel cercare di rispondere alla seguente domanda : qual’è la causa del moto ? Newton riuscì a trovare una risposta inventando così la dinamica, che dunque è quella branca della Fisica che studia le cause del moto e le leggi naturali che collegano le cause con gli effetti. Osservando i fenomeni naturali Newton scoperse che alcuni moti, non tutti, apparivano essere connessi con una ben precisa causa. Se ad esempio un giocatore di bigliardo colpisce con una stecca una biglia ferma essa si pone in movimento e tanto maggiore è il colpo tanto più velocemente la biglia si muove. Inoltre la direzione di moto della biglia dipende dalla direzione da cui proviene il colpo. Da questo esempio sembrerebbe di capire che la causa del moto deve essere una grandezza vettoriale, perchè l’effetto del colpo dipende sia dall’intensità che dalla direzione. Tuttavia vi erano moti che almeno apparentemente non sembravano causati da nulla: il moto dei pianeti, la caduta dei corpi pesanti, ecc. L’ipotesi di Newton era molto semplice ma assolutamente rivoluzionaria: assumere che qualsiasi moto fosse causato da una grandezza fisica vettoriale, cui diede il nome di FORZA. In particolare Newton riuscì a spiegare le leggi empiriche di Keplero sul moto dei pianeti, inventando la forza di gravità. Noi oggi sappiamo che il nostro Universo è governato soltanto da quattro forze fondamentali, di cui una è la forza di GRAVITÀ, le altre sono:

• la forza ELETTROMAGNETICA (responsabile dei fenomeni luminosi, fenomeni elettrici e magnetici, formazione di atomi e molecole, ecc.),

• la forza FORTE (responsabile dell’aggregazione della materia nei nuclei atomici),

• la forza DEBOLE (responsabile dei decadimenti radioattivi). Proprio lo studio delle caratteristiche di queste forze ci ha portato a comprendere non soltanto i fenomeni del mondo microscopico, ma ad esempio anche i meccanismi di formazione e di evoluzione dell’Universo su grande scala.

2.LA SECONDA LEGGE DELLA DINAMICA Partendo dalle tre leggi empiriche che Keplero aveva dedotto dai dati

astronomici sul moto dei pianeti di Tycho Brahe, e assumendo che esistesse una forza gravitazionale che determinava tale moto dipendente dall’inverso del quadrato della distanza dei pianeti dal sole, Newton dedusse la seguente equazione fondamentale della dinamica o Legge di Newton:

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1. r F = m

r a

Tale legge definisce una relazione analitica tra la causa (la forza ) e l'effetto (l'accelerazione ) del moto di un corpo. La costante m rappresenta una proprietà del corpo che si chiama massa inerziale, che dipende soltanto dalla quantità di materia che compone il corpo.

r F

r a

Il nome inerziale deriva dal fatto che tale grandezza rappresenta qualche cosa che in un certo modo si oppone al moto. Infatti dall’equazione (1) a parità di forza applicata al corpo, tanto maggiore è la massa, tanto minore è l’effetto del moto (accelerazione). Nel caso limite di un corpo con massa infinita non si ha nessun movimento qualunque sia la forza che agisce sul corpo. In altri termini si puo dire che la massa inerziale di un corpo è la proprietà che fa sì che il corpo resista alle variazioni della propria velocità.

Nella descrizione di Newton tale massa è costante, mentre è noto che nella teoria della Relativitá Ristretta di Einstein la massa dipende dalla velocita. Tale dipendenza diventa rilevante soltanto quando il corpo si muove con velocità prossime a quella della luce (300.000 Km/s). Per i processi di moto a velocita piu basse (ad esempio i pianeti che si muovono attorno al sole con velocità di circa 5-30 Km/s) l’approssimazione newtoniana è accettabile.

È importante osservare che l'equazione fondamentale della dinamica non è una equazione algebrica ma differenziale del second'ordine il cui integrale generale è la posizione

r : r

2.

r F = m

d 2r r t( )

dt 2

dove cioè l'incognita è la funzione r r t( ) del tempo t e la soluzione esplicita

del moto (integrale particolare dell'eq.(2)) dipende ovviamente da due parametri arbitrari che chiamiamo condizioni iniziali

3.

r r t = 0( ) =

r r 0

r v t = 0( )=

r v 0

⎧ ⎨ ⎩

dove posizione iniziale e r r 0

r v 0 velocità iniziale permettono di definire i

due parametri arbitrari da cui dipende l'integrale generale dell'eq.(2) . Naturalmente questa legge non ha senso se non si definiscono gli

osservatori (sistemi di riferimento) rispetto ai quali essa vale. La risposta a questa domanda sarà data dal primo principio della dinamica.

L’equazione (2) si può anche scrivere:

4.

r F = m dr v

dt

e dunque una forza causa una variazione di velocità. Quindi tutte le volte che si verifica su di un corpo un cambiamento di velocità ciò vuol dire che su tale corpo ha agito una forza.

Esempio 1: Una palla di bigliardo colpita dalla stecca di un giocatore si

mette in moto sul tavolo. Ciò significa che il giocatore ha applicato una forza

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sulla palla mediante la stecca. Con la legge di Newton siamo in grado di calcolare la forza F impressa dal giocatore sulla biglia:

F = m ΔvΔt

=mΔt

v

essendo v la velocità assunta dalla biglia e Δt l’intervallo di tempo durante il quale la stecca è stata a contatto con la biglia. Supponendo che il tempo di contatto sia sempre lo stesso, si può concludere che la velocità della biglia è proporzionale alla forza impiegata. La grandezza FΔt si chiama anche impulso della forza, e in tal caso la forza è una forza impulsiva.

Esempio 2: Una palla di bigliardo in moto con velocità costante v urta

contro una sponda del tavolo da bigliardo. La palla rimbalza, cioè cambia almeno la direzione se non il modulo della sua velocità. Allora si può dire che la sponda del tavolo da bigliardo ha applicato una forza sulla biglia:

Figure 1

ed essendo l’angolo di incidenza uguale all’angolo di riflessione, ne consegue che la forza F è diretta perpendicolarmente alla sponda del bigliardo.

3.LA MASSA INERZIALE

Il rapporto tra la causa del moto (forza) e l'effetto (accelerazione) é una costante che dipende soltanto dalla quantità di materia contenuta nel corpo su cui la forza agisce. Questo rapporto si chiama massa inerziale perché rappresenta essenzialmente la capacità di ogni corpo ad opporsi al moto, cioè è la sua inerzia a rispondere alle forze che lo sollecitano a muoversi. Con un ragionamento al limite potremmo dire che, se esistesse nell'universo un corpo con massa estremamente grande (diciamo infinita), esso persisterebbe nel suo

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stato di moto, ad esempio starebbe fermo, qualunque fosse la forza che su di esso agisce. Ricordiamoci che Newton assunse la seguente forma per la forza gravitazionale:

5.

r F = −G

M gmg

r2

r r r

dove G è una costante che si chiama costante di gravitazione universale, Mg ed mg sono le masse gravitazionali del sole e del pianeta rispettivamente ed r è il vettore posizione del pianeta rispetto al sole. In linea di principio massa inerziale m e gravitazionale mg possono rappresentare due proprietà diverse della materia. Mettendo assieme quest’ultima equazione (5) con la (1) si ottiene:

a = −GM g

r2

⎝ ⎜

⎠ ⎟

mg

m⎛

⎝ ⎜

⎠ ⎟

e siccome la prima parentesi non dipende dal corpo, l’accelerazione a dipende soltanto dal rapporto tra massa gravitazionale e massa inerziale. Siccome però l’accelerazione di gravità è uguale tra tutti i corpi (g sulla terra) allora il rapporto:

mg

m=1±10−11

non può dipendere dal corpo, le due masse devono perciò essere tra loro proporzionali per lo stesso corpo. Gli esperimenti confermano che queste due grandezze sono proporzionali tra di loro. Quindi pur di scegliere opportunamente le unità di misura tali masse si possono far coincidere. Gli esperimenti sino ad oggi hanno dimostrato che tale coincidenza è verificata entro un fattore 10-11.

Qualche considerazione si deve anche fare per chiarire cosa intendiamo per quantità di materia di cui é composto il corpo. Intanto osserviamo che nell'universo esistono fenomeni immateriali, cioé a massa nulla. Basti ricordare i fenomeni elettromagnetici in cui si manifestano i fotoni che sono particelle senza massa dotate soltanto di energia. Oggi noi sappiamo che la materia é essenzialmente concentrata nei nuclei degli atomi, che sono composti da protoni e neutroni. Queste particelle si chiamano anche barioni, possiamo quindi dire che la massa inerziale di un corpo é essenzialmente proporzionale dunque al numero di barioni che lo costituiscono. Il problema della materia barionica è di grande attualità per almeno due aspetti di grande rilevanza: la stabilità della materia e la chiusura dell'universo.

Le più recenti teorie così dette di grande unificazione prevedono la possibilità che il protone non sia stabile, cioè che la materia barionica possa decadere trasformandosi in energia. Questo processo naturalmente deve essere molto raro per il fatto stesso che noi vediamo l'universo esistere ancora dopo 13 miliardi di anni di vita. Infatti i più attuali limiti sul tempo di decadimento del protone (vita media) forniscono 1032 anni.

La quantità di materia totale contenuta nell'universo è direttamente collegata con la possibilità o meno che l'universo stesso, attualmente in una

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fase espansiva dopo il big bang, possa ad un certo momento cominciare una nuova fase compressiva per effetto delle dominanti forze gravitazionali. Le misure attualmente valide danno come risultato che la quantità di materia barionica contenuta nell'universo non sarebbe sufficiente per giustificare una tale compressione, portando quindi alla descrizione di un universo in espansione indefinita. È da questa osservazione che, per esempio si ipotizza la presenza di un altro tipo di materia non barionica, cioè non composta da protoni e neutroni, che per il fatto di non essere visibile ha preso il nome di materia oscura. Recentissime misure fatte sui satelliti hanno inoltre mostrato che nell’Universo deve esistere anche una forma di energia, fino ad ora sconosciuta: chiamata per questo motivo energia oscura.

4.LA LEGGE DI NEWTON E LO SPAZIO DELLE FASI La legge di Newton impone che, per la determinazione univoca di un

moto, si debbano conoscere le condizioni iniziali (cioè i due parametri arbitrari da cui dipende l' integrale generale dell' eq. 2). In altri termini per determinare univocamente il moto di un punto bisogna conoscerne ad un determinato istante (ad es. al tempo t=0) la posizione

r r 0 e la velocità . Ciò

vuol dire che lo stato di moto di un punto materiale è univocamente determinato quando siano note la sua posizione e la sua velocità in un dato istante.

r v 0

Si può allora costruire uno spazio astratto a 6 dimensioni r r ,

r v ( ), detto spazio

delle fasi, in cui ogni "punto" (vettore Y) rappresenta lo stato del punto mobile in funzione del tempo.

Y = (x, y, z ; vx , vy , vz)

a) Spazio delle fasi per il moto rettilineo uniforme ⏐ vx ⏐= K di un punto che si muove in una scatola di semilato a.

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Figure 2

b) Spazio delle fasi per il moto uniformemente accelerato

Figure 3

x = 12

K t 2

v x = K t

⎧ ⎨ ⎪

⎩ ⎪

v x = 2 K x

c) Spazio delle fasi per il moto armonico

Figure 4

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x = R cos ω t( )v x = − R ω sin ω t( )

⎧ ⎨ ⎩

v x = ± R ω 1 − cos2 ω t( )

v x = ± ω R2 − x2

v x2 = ω 2R2 − ω 2x2

v x2 + ω 2x2 = ω 2R2

equazione di un'ellisse con semiassi a , b:

a = Rb = ωR

5.TEOREMA DELL’IMPULSO L'equazione fondamentale della dinamica può essere usata per ricavare

una importante legge che governa il moto dei corpi. Si definisce la seguente grandezza fisica

6.

r I F t( ) =

r F (r,T)dT

0

t

∫ (3.4)

che chiamiamo Impulso della forza. Riferendoci alla fig.5 riscriviamo

l'impulso della forza r

applicata al punto P di massa m tra l'istante e l'istante , ricordando che l'equazione (3.1) può anche scriversi

F t At B

r F = m

dr v t( )dt

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F ( P, t )

P, t

A, tA

B, tB

v ( tA)

fig.9

Figure 5

r I F =

r F

r P ,t( )dt

tA

tB

= md

r v

dtdt

tA

tB

= m dr v

tA

tB

= mr v B − m

r v A

Definiamo la quantità di moto del corpo di massa m e velocità r v

r q = m

r v

che sostituita nella precedente equazione porta al Teorema dell'Impulso

7. r I F =

r q B −

r q A = Δ

r q

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Si noti che l'impulso di una forza dipende soltanto dallo stato iniziale e da quello finale . In figura è mostrato un esempio di forze impulsive. L’area tratteggiata rappresenta l’impulso della forza.

Figure 6

Esempio : Calcoliamo l'impulso di una forza costante , ad esempio della

forza peso dove P = mg g = 9.8

ms2 è l'accelerazione di gravità

I = mgdt = mg Δt

0

Δt

quindi

Δq = mg ΔtΔvΔt

= g

ritroviamo cioè che il punto si muove con accelerazione g costante .

6.IL TERZO PRINCIPIO DELLA DINAMICA (AZIONE E REAZIONE)

Se il corpo A applica una forza

r F B sul corpo B allora sul corpo A agisce

una forza di reazione r

uguale e contraria , quindi la forza risultante è nulla .

F A

r F A +

r F B =

r 0

È questo il caso ad esempio di due particelle che si urtano. Nell'ipotesi che le forze agiscano per un tempo Δt durante l'urto , calcoliamo l'impulso della forza risultante

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r F A +

r F B( )

0

Δ t

∫ dt = 0

cioè

r F A

0

Δ t

∫ dt +r F B

0

Δt

∫ dt =r 0

ed introducendo gli impulsi delle forze si ottiene

r I A +

r I B =

r 0 .

Applicando quindi il teorema dell'impulso

r I A = Δ

r q A

r I B = Δ

r q B

dove

Δr q A = m A

r v ' A − m Ar v A

Δr q B = m B

r v 'B − m B

r v B

essendo e rispettivamente le velocità dei corpi A,B dopo e prima dell'urto, si ottiene, sommando membro a membro, la seguente formulazione del principio dell'azione e reazione applicato all'urto tra due particelle

v 'A,B v A,B

8. m A

r v 'A + m B

r v ' B = m A

r v A + m B

r v B

che rappresenta il Teorema di Conservazione della Quantità di Moto totale del sistema di particelle interagenti.

7.IL PRIMO PRINCIPIO DELLA DINAMICA (LEGGE D’INERZIA) Se su di un corpo non agisce nessuna forza o se agisce un insieme di forze

la cui risultante è nulla, allora il corpo persiste nel suo stato di quiete ( se era fermo ) o di moto rettilineo uniforme ( se era in moto ), rispetto a tutti i sistemi di riferimento inerziali.

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Questo enunciato asserisce essenzialmente che la legge di Newton è valida nei sistemi di riferimento inerziali. Cioè le Forze Vere sono solo quelle che appaiono nella legge di Newton riferita ai sistemi inerziali.

Questo principio è di fatto una definizione dei sistemi di riferimento inerziali, cioè degli osservatori privilegiati rispetto ai quali nella legge di Newton appaiono le forze vere che agiscono sul corpo.

Ma come definire operativamente i sistemi inerziali ? La relatività galileiana asserisce che tutti gli osservatori in moto rettilineo uniforme tra loro misurano su un punto in moto la stessa accelerazione e dunque la legge di Newton è invariante cioè valida per tutti questi osservatori. Allora basterebbe definire un solo osservatore inerziale per riconoscere tutti i sistemi di riferimento inerziali.

Un buon sistema di riferimento inerziale per descrivere i fenomeni che avvengono nell’ambito del sistema solare è costituito dalle stelle così dette fisse. Per tale classe di fenomeni tutti gli osservatori fermi o in moto rettilineo uniforme rispetto alle stelle fisse sono inerziali.

Ma se vogliamo ad esempio descrivere il moto delle stelle all’interno della nostra galassia? In tal caso non possiamo più considerare fisse le stelle e dunque dobbiamo cercare un altro riferimento inerziale.

Il trucco consiste nel cercare un osservatore molto lontano rispetto al fenomeno di cui vogliamo studiare il moto. Nel caso delle stelle nella nostra galassia possiamo assumere come osservatore inerziale il sistema delle galassie lontane dalla nostra.

Ma se vogliamo descrivere il moto delle galassie nel nostro universo ? Come si vede la scelta operativa dei sistemi di riferimento inerziali è in

qualche modo soggetta a delle approssimazioni.

8.CAMPI DI FORZE Si definisce Campo di Forze un insieme di forze

r F definite in ogni punto P

di un determinato volume V dello spazio

r F =

r F P( ) , P ∈V.

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Y

Z

O

X

r

F ( r )

V

P

fig.10

Figure 7

Si definisce Intensità del Campo

r f =

r F m

nel punto P la forza che agisce su

una massa unitaria m collocata nel punto P. Si definiscono Linee di Forza o Linee del Campo le curve nello spazio

dxF x

=dyFy

=dzFz

oppure

Fx dy = Fy dx

Fy dz = Fz dy

Fz dx = Fx dz

⎨ ⎪

⎩ ⎪

Esempio Le linee di forza di un campo uniforme sono rette parallele alla direzione del campo . Infatti scriviamo il campo uniforme

r F = 0,0,k( ) diretto

come l'asse z.

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Y

Z

O

X

F = (o,o,k)

X0

Y0

fig.11

Figure 8

Le equazioni delle linee del campo sono allora

k dx = 0k dy = 0

⎧ ⎨ ⎩

ed integrando

k x − x0( )= 0

k y − y 0( )= 0

⎧ ⎨ ⎩

cioè

x = x0y = y0

⎧ ⎨ ⎩

dove e sono costanti di integrazione e z è arbitrario. Queste equazioni rappresentano tutte le rette parallele all'asse z .

x0 y 0

9.L’ENERGIA POTENZIALE Riferendosi ad un sistema cartesiano si dice che un campo di forze

ammette energia potenziale V se esiste la funzione scalare V(x,y,z) tale che r F x,y,z( )

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9.

Fx = − ∂ V∂ x

Fy = −∂ V∂ y

Fz = −∂ V∂ z

⎪ ⎪

⎪ ⎪

Introducendo l'operatore scalare differenziale gradiente

gr

r a d =

∂∂ x

r i +

∂∂ y

r j +

∂∂ z

r k

possiamo scrivere

10. r F = − gr

r a d V( )

Se il potenziale è regolare in modo che valga per esso il teorema di inversione delle derivate parziali , allora dalla eq. (9) si deduce

11.

∂ Fx∂ z

= ∂ Fz∂ x

∂ Fy

∂ x=

∂ Fx∂ y

∂ Fz∂ y

=∂ Fy

∂ z

⎪ ⎪ ⎪

⎪ ⎪ ⎪

Introducendo l'operatore vettoriale differenziale rotore

rr o t

r F ( )=

∂ Fz∂ y

−∂ F y

∂ z

⎝ ⎜ ⎞

⎠ ⎟ r i +

∂ Fx∂ z

−∂ Fz∂ x

⎛ ⎝ ⎜ ⎞

r j +

∂ F y

∂ x−

∂ Fx∂ y

⎝ ⎜ ⎞

⎠ ⎟

r k

si ha che un campo di forze r F che ammette potenziale ed ha la regolarità

(11) è irrotazionale cioè

12. rr o t

r F ( )=

r 0

10.IL LAVORO COMPIUTO DA UN CAMPO DI FORZE Definiamo Lavoro infinitesimo dL compiuto da un campo di forze per

spostare un punto materiale P di massa m di un tratto infinitesimo r F

dr s lungo

la traiettoria Γ (fig.12) il prodotto scalare

13.

dL =r F ⋅ dr s

= Fxdx + Fydy + Fzdz

Il lavoro totale per spostare P dal punto A al punto B lungo Γ è dunque

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14.

LΓ = Fxdx +Fydy + Fzdz( )Γ∫ .

Y

Z

O

X

A

B

ds

fig.12

Figure 9

Nota Bene : in generale il lavoro dipende dal cammino di integrazione Γ. Se il campo è irrotazionale allora il lavoro non dipende più da Γ ma solo dai punti iniziale A e finale B. Infatti l'eq.(11) che conduce all'eq.(12) è la condizione necessaria e sufficiente affinchè l'espressione

F xdx + Fydy + F zdz = dU x,y,z( )

sia un differenziale esatto della funzione U(x,y,z)

dU =

∂ U∂ x

dx +∂ U∂ y

dy +∂ U∂ z

dz

da cui si deduce che

Fx = ∂ U∂ x

Fy =∂ U∂ y

Fz =∂ U∂ z

⎪ ⎪

⎪ ⎪

e dunque

V = − U

allora l'eq.(13) diventa

15. dL = − dV

50

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Integrando si deduce la forma assai notevole

16. L = − VB − VA( )

valida per i campi irrotazionali. In particolare si deduce dall'eq.(16) che il lavoro compiuto da un campo irrotazionale, lungo una qualsiasi linea chiusa, è nullo

17.

r F ⋅d

r s ∫ = 0

Si usa questa proprietà come definizione di campo conservativo.

Nota bene : a) se esiste almeno una linea chiusa per la quale non valga l'eq.(17) allora il

campo non è conservativo b) viceversa se il campo è conservativo allora il lavoro compiuto dalle

forze del campo dipende soltanto dalla posizione iniziale A e da quella finale B (eq.(16)) e non dalla particolare traiettoria.

c) In ogni punto di un campo conservativo le linee di forza e le superfici equipotenziali sono sempre tra loro perpendicolari. Infatti se lo spostamento d

r s avviene su una superfice equipotenziale dU=0 ne deriva dall'eq.(15) che

dL=0 e dunque F ds cos θ( )= 0 da cui cos θ( )= 0 .

11.ESEMPIO DI FORZA CONSERVATIVA: LA FORZA ELASTICA

Si definisce forza elastica la forza che causa il moto armonico:

F = - k x Infatti l’equazione di Newton diventa:

m x’’ = -k x che è l’equazione del moto armonico con pulsazione ω2 = k/m. La circuitazione durante un periodo T=2π/ω diventa:

C =r F ⋅ dr x ∫ = − kx dx

0

T∫ = −

k2

x2[ ]0T

= −kR2

2cos2 2π

Tt

⎛ ⎝ ⎜

⎞ ⎠ ⎟

⎣ ⎢ ⎤

⎦ ⎥ 0

T

C = −kR2

2cos2 2π( )− cos2 0[ ]= 0

Concludendo la forza elastica è una forza conservativa.

51

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12.ESEMPIO DI FORZA DISSIPATIVA: ATTRITO In generale la forza di attrito si manifesta tra due corpi solidi che strisciano

l’uno sull’altro o tra un corpo ed il fluido in cui il corpo si muova. È una forza che si oppone al moto ed è proporzionale oltre che alla superficie di contatto tra i due corpi anche alla velocità relativa.

r F = − k r v

Si dimostra che la circuitazione non è nulla. Infatti per tale moto si calcola la velocità in funzione del tempo risolvendo

l’equazione di Newton. −k v = mÝ v Ý v v = −

km

lnv = −km

t + c

v = v0e− k

mt

essendo v0 la velocità al tempo t=0. Calcoliamo ora la circuitazione:

c =r F ⋅ dr s ∫ = −k r v ⋅ ds∫

e moltiplicando e dividendo per dt

c = −k v2dt0t∫

c = −kv02 e

−2km

t

0t∫ dt

c = −12

mv02 1− e

−2km

t⎛

⎝ ⎜ ⎜

⎠ ⎟ ⎟ < 0

e tale integrale è sempre negativo e diverso da zero. Essendo la circuitazione il lavoro compiuto dalle forze del campo, ne consegue che chi compie lavoro è dunque il corpo che si muove per opporsi al campo di forza. Questo lavoro viene compiuto a spese dell’energia cinetica del corpo ed è dissipato in continuazione (in generale sotto forma di calore) nel senso che il corpo non recupererà più tale energia. Dall’ultima formula si conclude che il corpo dissipa in continuazione la sua energia cinetica che dunque varia nel tempo secondo la legge:

ΔTT

= −2km

Δt

infatti integrando tale equazione si ottiene:

T = T0e−

2km

t

che rappresenta l’energia cinetica rimanente dopo il tempo t.

52

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13.TEOREMA DELL’ENERGIA CINETICA Consideriamo il lavoro compiuto da un campo di forze durante uno

spostamento infinitesimo

dL =r F ⋅d

r s

ricordando l'equazione di Newton

r F =m

dr v

dt

dL = m d

r v ⋅

dr s

dt= m

r v ⋅d

r v

ed essendo r v ⋅d

r v =

12

dr v ⋅

r v ( ) =

12

dv 2 si ottiene

dL = d

12

mv 2⎛ ⎝

⎞ ⎠

Se definiamo energia cinetica di un corpo di massa m e velocità v

18. Ecin =

12

m v 2

si ottiene in conclusione

19. dL = dE cin

Il lavoro elementare compiuto dalle forze di un campo che agiscono su un corpo è pari alla variazione dell'energia cinetica subita dal corpo stesso.

14.TEOREMA DI CONSERVAZIONE DELL’ENERGIA TOTALE MECCANICA

Consideriamo l'energia potenziale V di un corpo immerso in un campo di

forze conservative , possiamo allora riscrivere l'eq. (15) nella forma

20. d L + V( ) = 0

ed applicando il teorema dell'energia cinetica (19) si ha

21. d Ecin + V( )= 0

Definiamo Energia Totale Meccanica del corpo la somma dell'energia cinetica e dell'energia potenziale

22. Etot = Ecin +V

si ottiene allora la notevole proprietà di Conservazione dell'energia Totale Meccanica di un corpo in moto in un campo di forze conservative

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23. Etot = costan te

Nota 1 : Se il campo di forze non è conservativo bisogna tenere conto anche di un termine dissipativo additivo che è dovuto al lavoro compiuto dalle forze non conservative (ad esempio l'energia dissipata per effetto delle forze di attrito sotto forma di calore). In questo caso si ha

d Etot −Ldiss( )= 0

dove è il lavoro compiuto dalle forze non conservative. Essendo il lavoro una forma di energia si può anche enunciare la legge (23) nel seguente modo

Ldiss

Il contenuto totale di energia in un processo isolato si conserva , cioè l'energia in un processo isolato può soltanto trasformarsi da una forma ad un'altra senza essere creata o distrutta.

Nota 2 : Di fatto l'energia cinetica è definita nel teorema dell'energia cinetica come un indice di stato fisico , nel senso che tale teorema resta valido anche se definiamo l'energia cinetica in modo più generale

Ecin =

12

mv 2 +costan te

È evidente che assumere non nulla tale costante additiva equivale ad assegnare una energia non nulla al corpo quando esso è in quiete. La teoria della relatività ristretta assume questa costante pari a

m 0 c2

dove m 0 è la massa a riposo e c è la velocità della luce .

15.L’ENERGIA DI UN MOTO AD ACCELERAZIONE COSTANTE.

Consideriamo la caduta di un grave, è questo un moto ad accelerazione

costante pari all’accelerazione di gravità g. Per tale moto l’equazione di Newton diventa:

mg=mz’’

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Figure 10

Se il grave si trova nel punto z = 0 al tempo t = 0 ed ha in tale istante velocità nulla, allora esso tende a cadere lungo la direzione dell’asse z con accelerazione costante z’’ = g, con velocità z’ = gt e con una posizione che dipende quadraticamente dal tempo z = 1/2 g t2.

Essendo l’energia potenziale:

F = mg = −dUdz

si ricavaU = −mgz +U0

essendo U0 l’energia potenziale nel punto iniziale z = 0. Calcoliamo l’energia cinetica del grave:

T =12

m z' 2=12

m g2t2 = m g z

L’energia totale è dunque costante, come ci si doveva aspettare

Etot = T + U = U0.

55

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Figure 11

In figura sono mostrati gli andamenti dell’energia potenziale U (decrescente) e dell’energia cinetica T (crescente) in funzione della quota z.

16.L’ENERGIA DI UN MOTO ARMONICO

Il moto armonico è quello subito dal punto proiezione su un diametro del moto circolare uniforme. L'equazione del moto armonico è dunque:

x = A cos ω t + φ( ) che è l'integrale della così detta equazione armonica o equazione dell'oscillatore armonico:

24. . Ý Ý x +ω2 x = 0Questo moto è causato dalla forza elastica

F = − k x Infatti l'equazione di Newton per questa forza diventa:

m Ý Ý x = − k xcioè

Ý Ý x +km

x = 0

essendo ovviamente ω =km

Da cui k = mω2. L'energia potenziale dell'oscillatore armonico è:

F = −

dUdx

, U =k2

x2

U =

12

m ω2x2

56

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avendo assunto essere nulla l'energia potenziale per x=0, mentre l'energia cinetica è:

T =12

mdxdt

⎛ ⎝ ⎜

⎞ ⎠ ⎟

2=

12

m A 2 ω2 sen 2 ω t + ϕ( ) =12

m A 2 ω2 1 − cos2 ω t + ϕ( )[ ]=

=12

m A 2 ω2 1 −xA

⎛ ⎝ ⎜ ⎞

⎠ ⎟

2⎡

⎣ ⎢

⎦ ⎥ =

12

m A 2 ω2 −12

m ω2 x2 =12

k A 2 −12

k x2

T =12

m ω2A2 −12

m ω2x2

in conclusione l'energia totale è:

Etot = T +U =12

m ω2A2

cioe'

Etot = π m ν2A2

che si verifica essere ovviamente costante (per il teorema della conservazione dell'energia totale). È interessante notare che l’energia totale di un oscillatore armonico è proporzionale al quadrato della frequenza ν ed al quadrato dell’ampiezza A. Possiamo allora rappresentare graficamente l'andamento dell'energia cinetica e dell'energia potenziale (fig. 12) in funzione di x.

U

T

E

Etot = 1/2 kA2

x0-A A

Figure 12

Si noti che l'energia potenziale è massima dove l'energia cinetica è minima e viceversa.

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17.L’ENERGIA DI UN CAMPO GRAVITAZIONALE Calcoliamo l’energia potenziale del campo gravitazionale che agisce tra

due masse puntiformi M (supposta ferma) e m , poste ad una distanza r.

F = −G Mmr 2 = −

dUdr

dU = G Mmr 2 dr

U = −G Mmr

Supponendo per semplicità che la velocità sia soltanto radiale si calcola l’energia totale della massa m, che è costante.

Etot =12

m v2 − G Mmr

(costante)

e dunque:

v2 =2Etot

m+

2GMr

r 0

Etot=0

v

r

v0

rmax

2GMr0

O

Si presentano allora 2 casi: Il primo caso per Etot < 0 Per descrivere il moto, consideriamo lo spazio delle fasi (r,v) come in figura. Supponiamo per semplicità che la velocità iniziale sia positiva (v0 > 0) cioè la massa m si muova inizialmente verso l’esterno del campo. La traiettoria nello

58

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spazio delle fasi sarà allora del tipo mostrato in figura. La traiettoria è quella disegnata in rosso, il punto si allontana inizialmente per raggiungere una distanza massima rmax e poi ricade verso la massa M. È questo il caso di un moto confinato. Si calcola la massima distanza:

rmax =GMmEtot

In generale vale il principio che il moto è confinato quando l’energia totale è negativa. Il secondo caso per Etot ≥ 0 .

In tal caso le traiettorie nello spazio delle fasi sono mostrate nella figura, sia

per il caso di v0 ≥2GM

r0, che per v0 ≤ −

2GMr0

. Se inizialmente la massa

m si allontana da M allora essa si allontanerà indefinitivamente. È questo il caso di moto non confinato. Se invece m inizialmente si muove verso M, allora essa cadrà sulla massa M.

r 0

Etot=0

v

r

v0

rmax

v0

O

59

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18.CAMPI DI FORZA CENTRALI Si definisce campo centrale o campo di forza centrale ogni campo di forza che

possiede le seguenti proprietà : a) in ogni punto del campo la forza è diretta secondo una retta passante

per un punto fisso detto centro del campo, b) il modulo f(r) della forza F in un punto del campo dipende soltanto

dalla distanza del punto dal centro del campo. Quindi su una qualsiasi superficie sferica la forza è costante in modulo.

25.

r F = f r( )

r r r

F

r

Figure 13

Se f è positiva allora il campo è repulsivo, altrimenti è attrattivo. Dimostriamo che un campo centrale è conservativo. Infatti

60

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dL =

r F ⋅d

r s = f r( )

r r ⋅d

r s

r

ed essendo dr =

r r r

⋅dr s si ottiene

dL = f r( )dr

il campo ammette cioè energia potenziale U(r), essendo dL=-dU:

dU = − f (r) dr

e quindi è conservativo. Le superfici equipotenziali di un campo centrale sono sfere con centro nel

centro del campo, infatti dU=0 implica dr = 0, dovendo in generale essere f≠0. Ma il luogo dei punti in cui non varia r è una sfera:

r = cos tan te

Come conseguenza le linee di forza sono rette uscenti dal centro del campo dovendo essere perpendicolari alle superfici equipotenziali.

Definiamo Momento della forza r F rispetto al centro del campo il seguente

prodotto vettoriale

26. r

M =r r ×

r F

se il campo di forza è centrale si ha

27.

r M = f r( )

r r ×

r r

r=

r 0

e dunque il momento di un campo centrale rispetto al suo centro è sempre nullo.

Definiamo Momento Angolare oppure Momento della Quantità di Moto di un corpo di massa m e velocità il seguente prodotto vettoriale: r

v

28. r L =

r r × m

r v

derivando il momento angolare rispetto al tempo si ottiene

d

r L

dt=

r v × m

r v +

r r × m

r a

il primo prodotto vettore del secondo membro è nullo e dunque

29. d

r L

dt=

r M

Tale equazione è valida in generale per tutti i campi in un sistema di riferimento inerziale (abbiamo usato l’equazione di Newton). In particolare per i campi centrali diventa

r L = c

r o st

61

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che rappresenta il Teorema di Conservazione del Momento Angolare per il moto nei campi di forze centrali. Inoltre poichè per definizione

r e sono sempre perpendicolari a

r L ne consegue che il moto avviene in un piano

perpendicolare al momento angolare e passante per il centro del campo (moto

piano).

r r v

rv

α

L

o

x

y

zα e’ il pianodefinito da r eda v

Figure 14

19.PATTINATORE SUL GHIACCIO E MOMENTO ANGOLARE Consideriamo un pattinatore P che ruota attorno al suo asse verticale con

velocità di rotazione v, che risulta perpendicolare al vettore r. Sia PB il suo braccio di estensione r e sia m una massa tenuta nella sua mano. La forza che trattiene la massa m ad una distanza r dall’asse di rotazione è di tipo centrale. Dunque si conserva il momento angolare L rispetto all’asse di rotazione.

PB

r

v

L=mrv=costante Da cui si ricava

62

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v=L/mr. Cioè la velocità di rotazione è inversamente proporzionale all’estensione r

del braccio. Quindi per aumentare la velocità di rotazione il pattinatore deve diminuire l’estensione del suo braccio e viceversa.

20.IL GIROSCOPIO Il giroscopio è un attrezzo costituito da una ruota, che gira rapidamente

attorno al suo asse, alla quale è consentito disporsi in una qualsiasi giacitura nello spazio. Il momento angolare è diretto come il suo asse di rotazione e si conserva, cioè non cambia fintanto che dura la rotazione.

Se dunque si sposta l’asse di rotazione in una direzione diversa da quella di partenza, la ruota tende a ritornare nella giacitura originale.

Le applicazioni sono molteplici soprattutto nel campo della navigazione.

21.I CAMPI CENTRALI DI FORZA ELASTICA

Il più generale campo di forza elastica centrale si può scrivere

30. r F = − k

r r

dove è il vettore posizione rispetto al centro del campo e k è una costante positiva. Proiettando l'eq (30) sugli assi cartesiani ed applicando l'equazione fondamentale della dinamica si ottiene

rr

31.

m x" = − k xm y" = − k ym z" = − k z

⎨ ⎪

⎩ ⎪

63

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che è un sistema di tre equazioni differenziali lineari a coefficienti costanti del second'ordine . Equazioni di questo tipo si chiamano armoniche. L'integrale generale fornisce la posizione

r r x, y, z( ) come funzione oscillante

del tempo

32.

x = Ax cos ω t +φx( )y = Ay cos ω t +φy( )z = Az cos ω t +φz( )

⎨ ⎪

⎩ ⎪

dove ω =

km

è la pulsazione, sono le ampiezze del moto oscillante

rispetto agli assi cartesiani,

Ax,y,z

φx,y,z sono le costanti di fase e ω t + φ( ) è detta la fase del moto.

Calcoliamo ora l'equazione del piano sul quale avviene il moto. Abbiamo dimostrato che le equazioni (32) descrivono un moto che si sviluppa su un piano che è normale al momento angolare

r L calcolato rispetto al centro del

campo. Per comodità introduciamo il vettore

r l ≡

r L m

che ha la stessa direzione

del momento angolare e per la definizione di prodotto vettore si ha

lx = yz' −zy'ly = zx' −xz'

lz = xy' −yx'

⎨ ⎪

⎩ ⎪

Derivando le equazioni (32) rispetto al tempo si ottiene

x' = − ω Axsen ω t +φx( )y' = − ω Aysen ω t +φy( )z' = − ω Az sen ω t +φz( )

⎨ ⎪

⎩ ⎪

che sostituite nelle precedenti danno

lx = −ω A zA y cos ω t +φy( )sen ω t +φz( )+

ω A zA y cos ω t +φz( )sen ω t +φy( )ly = − ω A xA z cos ω t +φz( )sen ω t +φx( )+

ω A xA z cos ω t +φx( )sen ω t +φz( )lz = − ω A xA y cos ω t +φx( )sen ω t +φy( )+

ω A xA y cos ω t +φy( )sen ω t +φx( )

⎪ ⎪ ⎪ ⎪

⎪ ⎪ ⎪ ⎪

cioè

64

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33.

lx = ω Ay Az sen φy − φz( )ly = ω Az A x sen φz − φx( )

lz = ω Ax A y sen φx − φy( )

⎨ ⎪

⎩ ⎪

Si noti che il momento angolare è ovviamente costante cioè non dipende dal tempo. Essendo dunque sempre

r perpendicolare a r

si deduce l'equazione del piano su cui avviene il moto (condizione di perpendicolarità)

r l

34. r r ⋅

r l = xlx + yly + zlx = 0

Vogliamo ora calcolare l'equazione della traiettoria. Scegliamo una qualsiasi coppia di assi cartesiani θ, η( ) sul piano del moto definito dall'equazione (34). Proiettando le equazioni (31) su questi due nuovi assi otteniamo

θ"+ω 2θ = 0

η"+ω 2η = 0

⎧ ⎨ ⎩

i cui integrali generali sono

θ = H cos ω t + ψθ( )η = Kcos ω t + ψη( )

⎧ ⎨ ⎩

Si noti che il caso in cui le costanti di fase sono uguali ψ θ = ψη è un caso degenere nel senso che il moto si riduce ad una oscillazione su di una retta con coefficiente angolare pari a

KH

.

35.

θH

= cos ω t( )cosψ θ −sen ω t( )senψ θ

ηK

= cos ω t( )cosψ η − sen ω t( )sen ψ η

⎨ ⎪

⎩ ⎪

moltiplicando le due equazioni rispettivamente per cos ψη e cos ψθ e sottraendo membro a membro si ottiene

36.

θH

cosψ η − ηK

cos ψθ = sen ω t −sen ψθ cos ψη + sen ψ η cosψθ[ ]= sen ω t sen ψη − ψθ( )

e moltiplicando le equazioni (35) rispettivamente per sen ψη e

sen ψθ e sottraendo membro a membro si ottiene

37. θH

senψ η −ηK

sen ψθ = cosω t sen ψ η − ψθ( ) infine quadrando e sommando le equazioni (36) e (37) si ha

65

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38.

1H 2 θ 2 +

1K2 η2 −2

cos ψ η − ψθ( )HK

θη = sen 2 ψ η − ψθ( ) che è l'equazione di una conica. Data l'equazione generale di una conica

a11x2 +2a 12xy +a22y2 + 2a13x + 2a23y +a 33 = 0

dal valore assunto dal discriminante:

Δ ≡ a11a 22 −a122

si presentano i seguenti casi a) la conica è un ellisse Δ >0b) la conica è una parabola Δ =0c) la conica è un'iperbole Δ <0e dall'equazione (3.34) si ottiene

Δ =

1H 2K 2 1− cos2 ψη − ψθ( )[ ]> 0.

Si noti che Δ =0 solo nel caso degenere ψ η = ψ θ , che corrisponde, come abbiamo già visto, ad una oscillazione lungo una retta. In conclusione

Le forze elastiche centrali causano un moto piano la cui traiettoria è una ellisse oppure provocano nel caso degenere, un moto oscillante lungo una retta.

Nota : se le condizioni iniziali sono tali per cui H=K e ψ η − ψ θ =

π2

allora

l'ellisse si riduce ad una circonferenza di raggio H.

22.IL CAMPO DI FORZA GRAVITAZIONALE Ogni corpo di massa m è sorgente di un campo di forza che agisce su ogni

altro corpo di massa m' secondo la legge della gravitazione universale:

39.

r F = k

m m 'r2

r r r

Si noti che m ed m' si chiamano masse gravitazionali che a priori sono diverse dalle masse inerziali fino a qui studiate. Se ne dimostra l'equivalenza attraverso misure sperimentali. La costante k = 6.66 ⋅10−8 cm3s−1gr −1 non dipende nè dal mezzo in cui sono immersi i corpi , nè dalla natura chimica o fisica dei corpi stessi. Si noti ancora che il campo gravitazionale è un campo centrale e dunque è conservativo.

Consideriamo per semplicità il caso monodimensionale di una massa m che attrae una massa m' con una forza

F = k

m m 'r2 = −

dVdr

da cui si ricava l'energia potenziale gravitazionale della massa m'

66

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V = − k

m m'r

23.IL TEOREMA DI GAUSS Una massa m sia collocata nel punto N e ad una distanza r sia posta una

massa m' su una superficie infinitesima con areola dΣ e versore normale r n ,

che forma un angolo α con la direzione di r . r

N m

n

F

r

P

α

m'

Figure 15

Ricordiamo che la superficie dΣ sottende dal punto N un angolo solido dΩ

dΩ =

d Σcos α( )r2

essendo dΣ cos(α) l'areola proiettata sul piano perpendicolare alla direzione

r . Sulla massa m’ agirà allora una forza gravitazionale: r

r F = −G m m'

r2

r r r

Definiamo il flusso infinitesimo dΦ del campo r

F attraverso la superficie dΣ nel seguente modo

67

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dΦ =r

F ⋅r n dΣ =F cos π − α( )d Σ

quindi si ottiene

dΦ = G m m'r2

dΩcosα

cos π −α( )= −G m m' dΩ

da cuiΦ = - G m m' dΩ∫

Calcoliamo ora il flusso totale di r

F attraverso una superficie chiusa Σ:

Φ =−4πGmm' N interno a Σ−2πGmm' N su Σ0 N esterno a Σ

⎨ ⎪

⎩ ⎪

che rappresenta il teorema di Gauss.

Φ =−4πGmm' N interno a Σ−2πGmm' N su Σ0 N esterno a Σ

⎨ ⎪

⎩ ⎪

Teorema di Gauss

Integrando su una superficie chiusa Σ

essendo 4π l’angolo solido con cui lamassa m vede la superficie chiusa Σ che lacirconda (N interno a Σ),

essendo 2π l’angolo con cui la massa mvede la superficie chiusa Σ quando e’ postasu di essa (N posto su Σ),

essendo uguali gli angoli solidi con cuila massa m vede Σ’ e Σ’’, il flussoattraverso Σ’ e’uguale e contrario al flussoattraverso Σ’’ (N esterno a Σ).

N

Σ

NΣ’ Σ’’

68

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R

r

Σ

m

M

Figure 16

24.IL CAMPO GRAVITAZIONALE ALL’INTERNO DI UNA MASSA SFERICA UNIFORME

Estendendo il teorema di Gauss ad una distribuzione continua sferica di

massa M su di un volume V=4/3 π R3, possiamo dire che il flusso del campo gravitazionale attraverso una superficie sferica Σ di raggio r su cui è posta la massa m’ (ad una distanza r < R dal centro di M) indotto dalla massa esterna alla superficie Σ è nullo. Dunque resta soltanto il contributo del flusso indotto attraverso Σ soltanto dalla massa Mr = ρ Vr = 4/3 π ρ r3 (essendo ρ la densità), contenuta all’interno di Σ.

Dunque per il teorema di Gauss:

ΦΣ

r F ( )= − 4π G m' Mr = −

4 π( )2 G ρ m'3

r3

ma per definizione di flusso deve essere:

69

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ΦΣr F ( )=

r F ⋅

r n dΣ

Σ∫ = F r( )dΣ∫

dove F(r) e' la componente radiale del campo,ed essendo

Σ = π r2

si hadΣ = 2 π r dre quindi

ΦΣr F ( )= 2 π F r( ) r dr∫ .

In conclusione si deve avere :

2 π F r( ) r dr∫ = −4π( )2G ρ m'

3r 3

F r( )r dr = −8 π G ρ m'

3∫ r 3

ma ricordando chedf r( )

drdr∫ = f r( )

in conclusione deve essereF = − 8π G ρ m' rF = −cost ⋅ r

che è una forza di tipo elastico. In conclusione una massa m’ posta nel campo gravitazionale all’interno di

una distribuzione sferica omogenea di densità ρ si muove di moto armonico.

25.IL CAMPO DI FORZA GRAVITAZIONALE GENERATO DA UNA MASSA SFERICA UNIFORME

La forza F generata da una distribuzione uniforme di massa M contenuta in una sfera di raggio R, che agisce su una massa m posta ad una distanza r dal centro della sfera è dunque:

F =−G

mMr 2 , r ≥ R forza gravitazionale

−GmMR3 r , r < R forza elastica

⎨ ⎪ ⎪

⎩ ⎪ ⎪

Possiamo dunque rappresentare graficamente l'accelerazione di gravità

g = |F| / m in funzione della distanza dal centro della sfera omogenea nella seguente

figura.

70

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Figure 17

Nota 1: La massa m si muove all'interno della sfera (r<R) di moto oscillante con pulsazione

ω =

G MR3

cioè con periodo

τ =

2πVG M

dove V =43

π R3

Nel caso della terra si ha:

G = 6.65 ⋅10−11 m 3

Kg ⋅sec⎛

⎝ ⎜

⎠ ⎟

M = 5.98 ⋅1024 Kg( )R = 6.4 ⋅106 m( )

si ottiene quindi un periodo pari a τ ≈ 30 minuti

Introducendo la densità ρ =

MV

si ottiene la legge

ρ ⋅ τ =

3πG

costan te

Si può calcolare l'energia potenziale associata, avendo imposto la continuità nel punto r = R:

U =−

GmM2

1r

, r ≥ R

−GmM2R3 2R2 − r2[ ] , r < R

⎨ ⎪

⎩ ⎪

71

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che si può rappresentare graficamente nella fig. 19 seguente

Figure 18

26.LA FORZA DI GRAVITÀ TERRESTRE Nelle vicinanze della terra il campo di gravità è sempre diretto verso il

centro (ammessa l'uniformità della massa terrestre ). Il vettore intensità del campo che ha le dimensioni di una accelerazione si chiama accelerazione di gravità

r g =

r P m

dove è la forza di gravità ( peso) cui è sottoposta una qualsiasi massa m r P

72

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g1

g2

g3

fig.13a

Figure 19

e dipende generalmente dalla posizione ( diminuisce allontanadosi dalla superfice terrestre perchè aumenta la distanza e diminuisce avvicinandosi al centro della terra perchè diminuisce la massa attrattiva tra il corpo ed il centro della terra fig.20) . Se ci si pone al livello del mare si può dire che l'accelerazione di gravità è sostanzialmente costante.

Per effetto della rotazione della terra attorno al suo asse passante per i poli, in qualsiasi punto della superficie terrestre agisce anche una accelerazione centrifuga gc = ωRp2 diretta perpendicolarmente all'asse di rotazione come mostrato dalla figura seguente (ω è la velocità angolare di rotazione della terra).

fig.12 h

N

S

P

gcg

gRO

Rp

Figure 20

73

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L'accelerazione risultante gR non è più diretta verso il centro della terra. L'entità di questo effetto è piccola, alcuni valori dell'accelerazione di gravità sono qui di seguito mostrati.

gequatore = 978.0cms2

g45o latitudine

= 980.6cms2

gpolo = 983.2 cms2

Nota 0 : La massima intensità del campo si ha sulla superficie esterna della distribuzione di massa.

Nota 1 : Si noti che la forza di attrazione per un punto che si muova all' interno della Terra in un tunnel come in fig. è del tipo:

F int ≈ − R [forza elastica ]

Si determina una oscillazione armonica intorno al centro della Terra. Nota 1.1 : è interessante osservare che il moto armonico è definibile come

quel moto indotto dal campo generato da una distribuzione uniforme di carica in un volume sferico, che agisce su una carica puntiforme collocata all' interno della distribuzione di carica, quando e soltanto quando la distribuzione di carica genera un campo centrale (all' esterno della sfera) che vada come R−2

Nota 2 : è interessante notare come un campo di forze tridimensionale centrale, che va come R−2 , generato non da una sorgente puntiforme, ma da una sorgente uniformemente diffusa su di un raggio r si comporti (per tutti i punti che distano dal suo centro R, con R < r ) come un campo di forza elastica (moto armonico). Questa interessante simmetria suggerisce molte cose, tra le quali, ad es., come generare un campo centrale che vada come R−2 partendo dall' oscillatore armonico. In tal caso è però cruciale trovare che cosa è che oscilla armonicamente per generare un tale campo.

Nota 3 : Poichè come abbiamo già visto le soluzioni del moto armonico indotto dalle forze centrali elastiche sono soltanto " moti confinati" (ellissi), la presenza di strutture confinate ( cioè limitate nello spazio) quali gli atomi, i sistemi stellari, le galassie, i clusters di galassie, sarebbe una conseguenza derivante dalla dipendenza da R

−2 delle forze fondamentali.

27.IL PENDOLO SEMPLICE (LE PICCOLE OSCILLAZIONI) Consideriamo una massa puntiforme m posta nel punto terminale A di un

filo inestensibile ed incomprimibile di lunghezza vincolato nel punto O (fig.22).

l

74

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P

PL

PTθ

As

l

O

θ

fig.14

Figure 21

Sia il suo peso che è diretto sempre verso il basso r P

P = mg

allora la massa è libera di muoversi lungo un arco di circonferenza con centro in O. Consideriamo la componente tangenziale della forza peso rispetto alla traiettoria circolare

PT = − mg sen θ

dove il segno negativo è dovuto al fatto che agisce nel nenso degli

angoli PT

θ decrescenti. Nell'ipotesi delle piccole oscillazioni θ =

sl

<< 1⎛ ⎝

⎞ ⎠ si ha

P T = − mg θ = − mg

sl

essendo s il tratto di circonferenza percorso idurante l'oscillazione. Applicando l'equazione fondamentale della dinamica si ottiene

P T = ms "

cioè

s"+

gl

s = 0

che è un'equazione armonica, con pulsazione ω =

gl

e periodo

τ =

2πω

= 2πl

g , il cui integrale fornisce l'equazione del moto

s = s0 cos ω t + φ( ).

75

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Si può concludere che le piccole oscillazioni sono isocrone.

28.IL PROBLEMA DI KEPLERO Studiamo i campi di forza centrali nei quali l'energia potenziale è

inversamente proporzionale alla distanza dal centro r

V r( )= −

αr

e dunque nei quali la forza è inversamente proporzionale a r 2 . In tali condizioni sappiamo che il moto avviene su di un piano (fig.15)

Y

Z

r

O

vr

fig.15

Figure 22

calcoliamo dunque l'energia cinetica di una massa m sottoposta Ecad un tale campo

r F = k

1r 2

r r r

Scomponendo la velocità r v nelle componenti v r radiale e trasversale v φ

v r = r'v φ = rφ'

da cui

Ec =

12

mv 2 =12

m vr2 + vφ

2( )=12

m r' 2 +v φ2( ).

L'energia totale è dunque

76

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E = Ec + V r( ) =

12

m r' 2 +v φ2( )+ V r( ).

Calcoliamo il momento angolare rispetto al centro del campo

r

M = mr r ×

r v

che sappiamo essere costante nel tempo ed è ovviamente perpendicolare al piano del moto, cioè diretto come l'asse z. Il suo modulo è

M = Mz = mrv sen φ = mrv φ = costan te

da cui ricaviamo

v φ =

Mmr

che sostituito nell'espressione dell'energia totale da

E =

12

mr' 2 +M 2

2mr 2 + V r( )

Questa equazione mostra che la parte radiale del moto , quella cioè che dipende soltanto dalla distanza r si può considerare come un moto lineare (dipendente cioè soltanto dalla posizione e non dalla direzione ) pur di interpretare il campo come un campo dotato di energia potenziale efficace

40. V eff = V r( )+

M 2

2mr 2 = −αr

+M 2

2mr 2

Infatti in tal caso l'energia totale si esprime nella solita forma

E = Ec r( ) + Veff r( )

dove Ec =

12

mr ' 2 . Si noti ancora che il termine M2

2mr 2 è detto Energia

Centrifuga. In conclusione il moto di un corpo di massa m in un campo di forze centrali che

và come 1r 2 ( ad esempio le forze gravitazionali oppure quelle elettriche di Coulomb),

si può considerare come un moto lineare ( che dipende cioè da una sola variabile : la distanza dal centro del campo) di una massa m con energia potenziale definita dall'eq.(40) il cui andamento è mostrato nella fig.24.

77

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Or

Ue f f

r0

m2 M2

α2

fig.16

Figure 23

Si noti ancora che

r 0 =

M 2

rappresenta la distanza dall'origine del campo alla quale cambia il segno della derivata dell'energia potenziale e dunque cambia il senso della direzione della forza del campo. Dunque

il campo è attrattivo per r > r0 il campo è repulsivo per r < r0 ed è importante osservare che la presenza dell'energia centrifuga rende il

campo repulsivo alle piccole distanze.

29.IL TEOREMA DEL VIRIALE PER LA PARTICELLA SINGOLA Definiamo la seguente grandezza scalare

A =r r ⋅ m

r v

derivando rispetto al tempo si ottiene

dAdt

= m dr v

dt⋅r r + m

r v ⋅ d

r r

dt=

r F ⋅

r r +mv 2

cioè

41. dAdt

=r F ⋅

r r + 2Ec

Osservando il punto materiale nel suo moto durante un certo intervallo di tempo τ , possiamo calcolare il valore medio dell'equazione (41) utilizzando il teorema della media per una grandezza f t( )

78

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< f > =1τ

f t( )

0

τ

∫ dt

per τ sufficientemente grande, ottenendo

< dAdt

> = <r F ⋅

r r >+2 < Ec >

dAdt

0

τ

∫ dt = <r F ⋅ r r >+2 < Ec >

e integrando

42. A τ − A 0

τ= <

r F ⋅

r r >+ 2 < Ec >

Imponiamo la condizione che il primo membro dell'equazione (42) sia limitato , cioè a) la posizione e la velocità della particella sono limitate (caso della particella confinata in un volume chiuso) oppure b) la posizione non è limitata (moto non confinato) , ma deve comunque essere

limr→ ∞

r v ⋅

r r = k finito( )

cioè

v ≈

r>>1

kr

In una di queste ipotesi , pur di assumere l'intervallo di tempo τ sufficientemente grande si ha

A τ − A 0

τ≈ 0

e dunque

43. < Ec > = −

12

<r F ⋅

r r >

che rappresenta il Teorema del Viriale per la particella singola. r Se il campo di forza ammette energia potenziale V e considerando per

semplicità il caso monodimensionale riscriviamo l'eq.(43) F

< Ec > = −

12

< xdVdx

>

ed assumendo l'energia potenziale

V ≡

Kxn

79

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dove n si chiama indice di campo , poichè

dVdx

= − nK

xn +1 = nVx

si ottiene in conclusione

44. < Ec > =

n2

< V >

In tal caso l'energia cinetica media è proporzionale all'energia potenziale media .

80

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30.OLTRE L’UNIVERSO MECCANICO DI NEWTON Così come la meccanica newtoniana è nata dallo studio del campo

gravitazionale che governa il moto dei pianeti, anche la meccanica quantistica si è sviluppata essenzialmente dallo studio del campo elettrico che lega due cariche elettriche: il protone e l’elettrone presenti nell’atomo. La meccanica newtoniana è dunque valida per i fenomeni macroscopici e, dagli ultimi esperimenti di astrofisica effettuati sui satelliti, si estende a tutto l’Universo che sembra essere euclideo cioè piatto ed aperto. La meccanica quantistica invece è valida a livello microscopico e descrive in particolare il mondo delle molecole, degli atomi e delle particelle elementari. Sempre dalle più recenti misure di astrofisica risulta che soltanto il 5 % dell’Universo sarebbe composto di materia “barionica”, cioè di materia come noi la intendiamo, mentre ciò che rimane dovrebbe essere ancora da scoprire. Lo studio dei fenomeni elettromagnetici trascende gli scopi di questi appunti, ma è tuttavia possibile comprenderne a grandi linee gli aspetti dinamici quantistici anche senza una conoscenza specialistica dell’elettromagnetismo.

Nel 1800 ha avuto un grande sviluppo lo studio dell’emissione e dell’assorbimento della luce da parte degli atomi. Lo strumento principale di misura era lo spettroscopio ottico. Con un prisma di vetro la luce veniva separata (rifrazione) nelle sue componenti di vario colore, cioè di varia lunghezza d’onda (energia). Studiando in tal modo la luce solare J. von Fraunhofer osservò il seguente spettro di fig. 25,

Figure 24

in cui si distinguono delle righe: luminose (emissione degli atomi del sole) e scure (assorbimento da parte degli atomi dell’atmosfera terrestre).

Lo spettro di luce mostra la variazione d’intensità della radiazione alle differenti lunghezze d’onda (colori). Oggetti con temperature e composizione differenti mostrano spettri diversi. Attraverso l’osservazione dello spettro di una stella gli astronomi sono dunque in grado di determinarne la temperatura, la composizione e le condizioni fisiche. Valgono le seguenti leggi di Kirchhoff:

• un solido, un liquido o un gas ad alta pressione producono uno spettro luminoso continuo.

81

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• Un gas ad alta temperatura e a bassa pressione produce uno spettro discreto di emissione (linee luminose).

• Quando un gas freddo a grande pressione si interpone tra una sorgente con spettro continuo e l’osservatore, allora si producono nello spettro osservato delle linee discrete nere di assorbimento.

• La lunghezza d’onda delle linee discrete di emissione o di assorbimento dipende dal tipo di molecole che le producono.

Figure 25

La serie di Balmer. In questo campo il maggior contributo dato da Balmer risente

maggiormente del suo “fiuto” matematico che del suo senso fisico. Infatti egli trovò una formula matematica che riproduceva la serie di linee spettrali prodotte dall’idrogeno, senza fornirne una spiegazione fisica.

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La famosa formula di Balmer è:

λm,n = hm2/(m2-n2). Mettendo n = 2 e h = 3654.6 10-8 cm, le lunghezze d’onda della formula che si ottengono ponendo m = 3, 4, 5, 6 riproducevano i dati sperimentali con notevole precisione. A dimostrazione che una buona teoria è in grado non solo di spiegare i dati sperimentali, ma è anche in grado di prevedere cose non ancora misurate, la formula di Balmer prevedeva una linea anche per m=7. Poco tempo dopo, un suo collega dell’Università di Basilea confermò sperimentalmente l’esistenza di tale linea. Nessuno però era in grado di spiegare il perché tale formula, si doveva aspettare l’intuito di Niels Bohr nel 1913. Più tardi nel 1890 Rydberg formulò una generalizzazione della formula di Balmer per l’atomo d’idrogeno:

1/L = RH (1/n2 - 1/m2)

dove RH = 10972160 m-1 è una costante che prese il suo nome. Non c’era all’epoca alcuna spiegazione fisica di queste formule.

L’osservazione principale consiste nel fatto che assieme alla presenza di uno spettro continuo esiste uno spettro discreto. Ciò dimostra che i processi microscopici di emissione e di assorbimento delle onde elettromagnetiche da parte degli atomi avvengono per quantità discrete di energia.

Poichè negli atomi i responsabili di questi scambi di energia con l’esterno sono gli elettroni, ne consegue che gli elettroni stessi devono avere stati dinamici discreti nel loro moto attorno ai nuclei. La dinamica di Newton non sapeva prevedere nulla del genere e dunque si doveva cercare una nuova dinamica valida per tali processi microscopici.

La nuova dinamica è descritta dalla teoria quantistica.

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Figure 26

In figura 28 è mostrata la serie di Balmer dell’atomo idrogenoide.

L’atomo idrogenoide. Il primo e più importante passo è stato fatto da N.Bohr nel 1913 . Egli infatti per spiegare la cratteristica discreta dello spettro della luce emessa o assorbita dagli atomi, ipotizzò che, per i fenomeni atomici, le energie possibili per gli elettroni legati al nucleo fossero discrete e dunque che le orbite possibili per gli elettroni attorno al nucleo fossero “quantizzate”, vale a dire che solo alcune orbite erano permesse e non altre. Era questo l’inizio della meccanica quantistica, che poi si sviluppò al punto da descrivere completamente i fenomeni atomici.

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Figure 27

In figura 27 è mostrato schematicamente il meccanismo dell’assorbimento e dell’emissione di fotoni (particelle della radiazione elettromagnetica) da parte di un atomo. Gli elettroni possono saltare da un’orbita all’altra emettendo o assorbendo energia. I quanti di energia (fotoni) devono corrispondere alle linee dello spettro della luce.

Il modello di Bohr Nel 1913 N.Bohr, nel tentativo di spiegare lo spettro discreto della luce emessa e assorbita dagli atomi di idrogeno, mise a punto un modello dell’atomo (atomo idrogenoide) che prevedeva gli elettroni (cariche elettriche negative) “ruotanti” attorno ad un nucleo (solo protoni con carica elettrica positiva, perché i neutroni sarebbero stati scoperti soltanto nel 1932 da Chadwick) per effetto della forza elettrostatica di Coulomb. De Broglie aveva appena ipotizzato che le particelle, quali gli elettroni, potevano essere considerate non solo corpuscoli, ma anche “onde di materia”. In tale schema le orbite potevano essere stabili soltanto se la lunghezza della circonferenza era un multiplo intero della lunghezza d’onda associata all’elettrone (ipotesi di onda stazionaria). La sorprendente conseguenza era che solo certi valori discreti del raggio della traiettoria erano compatibili con un’onda stazionaria. Si era trovato dunque il meccanismo teorico che spiegava la discretizzazione misurata nelle linee spettrali di emissione e di assorbimento. Naturalmente si era trovato il limite di validità della meccanica classica di Newton. Sorgeva inoltre un altro problema: secondo l’elettrodinamica classica una carica, che si muove lungo una traiettoria curva, avrebbe dovuto perdere energia sotto forma d’irraggiamento (luce di sincrotrone). L’elettrone quindi doveva muoversi attorno al nucleo atomico lungo una spirale di raggio decrescente fino a “cadere” rapidamente sul nucleo. Il modello di Bohr superava questo problema, perché nella nuova teoria l’elettrone raggiunge uno stato stabile quando si allinea su una traiettoria con il giusto raggio permesso dalla sua lunghezza d’onda di De Broglie. Però, un elettrone che non sia nello stato più basso (stato fondamentale con n=1) può spontaneamente compiere una

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transizione verso uno stato di più bassa energia e simultaneamente perdere tanta energia, quanto è la differenza tra i due livelli, sotto forma di radiazione elettromagnetica (particelle di luce, cioè fotoni). Il calcolo delle lunghezze d’onda di tali fotoni dava esattamente conto della formula di Balmer-Rydberg. Il modello di Bohr si era ispirato anche all’idea di “quantizzazione” discreta dell’energia formulata da M.Planck. Fu questa una rivoluzione altrettanto importante della rivoluzione Newtoniana per i moti nel campo gravitazionale. Dalla grande scala (sistema planetario) si era passati alla piccola scala (sistema atomico).

Descrizione ondulatoria. Un passo importante per la meccanica quantistica fu dunque fatto da De Broglie, che ha, nella sua tesi di laurea, aveva ipotizzato l’associazione di una lunghezza d’onda all’elettrone orbitante attorno al nucleo (onde di materia). La traiettoria dell’elettrone, per non avere effetti d’interferenza che avrebbero compromesso la stabilità dell’orbita, doveva essere un multiplo intero di tale lunghezza d’onda. Tale lunghezza d’onda λ dipendeva dall’energia dell’elettrone, come aveva ipotizzato Plank:

E =hcλ

.

1

2

3

45

n = 5secondo il modello di de Broglie in quest'orbitastazionaria ci sono 5lunghezze d'onda

n = 2secondo il modello di de Broglie in quest'orbitastazionaria ci sono 2lunghezze d'onda1

2

Figure 28

Sono cioè possibili soltanto quelle orbite con una lunghezza pari ad un multiplo intero della lunghezza d’onda associata all’elettrone. De Broglie aveva capito un aspetto fondamentale della natura delle particelle elementari: l’aspetto ondulatorio. Ma la realtà era ancora un pò diversa, infatti

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non ci sono onde di materia che si propagano nello spazio, ma onde di probabilità. Si deve introdurre un nuovo concetto astratto: la funzione d’onda, che rappresenta in qualche modo la probabilità di trovare la particella elementare in un determinato punto dello spazio ad un dato istante di tempo. Si doveva aspettare Schroedinger per avere la prima formulazione della dinamica quantistica mediante una equazione del moto, che ha preso il suo nome.

L’equazione di Schroedinger L’equazione di Schrödinger è l’equazione fondamentale della fisica nella descrizione quanto-meccanica del moto. Si chiama anche equazione delle onde. Essa è un’equazione differenziale alle derivate parziali che descrive il modo in cui la probabilità (altrimenti chiamata funzione d’onda associata alla particella microscopica) di trovare un elettrone in una certa posizione ad un certo tempo, in altri termini rappresenta l’evoluzione temporale di un sistema quanto-meccanico. È giusto notare che esiste anche un’altra rappresentazione dovuta ad Heisenberg. L’equazione monodimensionale di Schrödinger ha la seguente forma:

45. dove i è l’unità immaginaria, Ψ è la funzione d’onda dipendente dal tempo, h è la costante di Planck, V(x) è il potenziale del campo in cui la particella si muove, e H è l’operatore Hamiltoniano. Questa equazione si può separare nella sua parte spaziale e temporale, usando il metodo della separazione delle variabili. Si cercano le soluzioni del tipo:

e sostituendo si ottiene:

Essendo l’energia totale E, si ottiene: che è l’equazione di Schrödinger indipendente dal tempo.

I polinomi di Hermite e l’oscillatore armonico quantistico. I polinomi di Hermite H[n,x] rappresentano le funzioni d’onda quanto-meccaniche di un oscillatore armonico:

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U= - k x2. Essi sono soluzioni dell’equazione:

y”-2xy+2ny = 0

Figure 29

Sulla sinistra della figura 30 sono plottate le soluzioni dell’equazione di Schrödinger del moto armonico, per i primi 4 stati dell’energia in funzione della posizione (x). La probabilità di trovare la particella nella posizione x è il quadrato della funzione d’onda, come rappresentato in figura 30 sulla destra. Si noti che le soluzioni che si ottengono per valori più grandi di n presentano numeri crescenti di picchi, ed essendo soluzioni che corrispondono a lunghezze d’onda decrescenti, rappresentano stati dell’oscillatore con valori crescenti di momento e di energia. Il valore di x più probabile, secondo la meccanica quantistica, per lo stato di energia più bassa (n=0), è nell’origine. Ciò è l’opposto di quanto avviene per l’oscillatore della meccanica classica, per il quale il maggior tempo è speso agli estremi (dove la velocità tende a zero). Si noti però che al crescere dell’energia la probabilità quantistica tende ad avere una distribuzione più piccata agli estremi in accordo con la teoria classica. Bohr chiamò “principio di corrispondenza” il limite in cui teoria quantistica e classica tendono a fornire gli stessi risultati.

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Il principio di corrispondenza e l’oscillatore quantistico Sulla scala atomica dunque è necessaria la meccanica quantistica, ma da qualche parte le due descrizioni, la quantistica e la classica, devono convergere. È questa l’idea del principio di corrispondenza.

Figure 30

Esaminiamo in maggior dettaglio lo stato fondamentale (n=0) dell’oscillatore quantistico (figura 31) e confrontiamolo con lo stato previsto dall’oscillatore classico. Sono l’uno l’opposto dell’altro. Quantisticamente l’oscillatore passa il maggior tempo vicino all’origine, mentre l’oscillatore classico passa il suo tempo soprattutto agli estremi. Si noti inoltre che mentre per l’oscillatore classico esiste un limite invalicabile che è rappresentato dalle due linee verticali della figura 31, invece l’oscillatore quantistico può allontanarsi dall’origine anche all’infinito, pur con una probabilità che decresce esponenzialmente.

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Page 57: dinamicaicarus/Pavia/Rinaldo/dinamica.pdf · 2008. 4. 7. · 1.INTRODUZIONE ALLA DINAMICA Il passo successivo alla cinematica consiste nel cercare di rispondere alla seguente domanda

Figure 31

Gli stati quantistici ad energie crescenti sono caratterizzati da un addensarsi di picchi di probabilità (figura 31) che approssimano sempre più il comportamento aspettato dalla teoria classica (linea tratteggiata della figura 32). Inoltre la coda quantistica al di fuori della regione strettamente permessa all’oscillatore classico, tende a diminuire rendendo la descrizione classica e quantistica sempre più simili. Beiser, calcolando la frequenza quantistica di radiazione di un atomo per n=10,000, mostra che la differenza tra meccanica-quantistica e meccanica classica è in tal caso trascurabile (dell’ordine di 0.01%).

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