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I Ti J_J Analizzando fossili precedentemente sottovalutati e dando una nuova interpretazione ad alcune vecchie scoperte, i paleontologi stanno ottenendo le prime ricostruzioni del reale comportamento dei tirannosauri di Gregory M. Erickson

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I Ti J_J

Analizzando fossili precedentementesottovalutati e dando una nuovainterpretazione ad alcune vecchiescoperte, i paleontologi stannoottenendo le prime ricostruzioni delreale comportamento dei tirannosauri

di Gregory M. Erickson

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T. rex era in grado di strapparestrisce sottili di carne,come quelle comprese

tra le vertebre, usando soloi denti anteriori.

La forza generata dalle enormi ma-scelle di T. rex (foto grande a sini-

stra) era sufficiente a causare iterribili solchi alla superficie

dell'osso pelvico i Triceratopsi, mostrato nel

riquadro.lìi'l

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dinosauri non abitano più il no-stro pianeta da 65 milioni di an-ni; e tuttavia, in qualche modo,

sono ancora vivi in mezzo a noi. I Ve-lociraptor fanno furore al cinema e iposter di Triceratops decorano le ca-merette dei bambini. Fra questi anima-li così affascinanti, comunque, unaspecie su tutte spicca nell'immaginariocomune: i bambini, Steven Spielberg e ipaleontologi di professione concorda-no nel considerare Tyrannosaurus rexcome la superstar dei dinosauri.

Il paleontologo di Harvard StephenJay Gould ha detto che ogni designa-zione di specie contiene implicitamenteuna teoria sull'animale in questione; ecertamente il nome Tyrannosaurus rex- «lucertola-tiranno re» - evoca unaimmagine potente di questa specie.John R. Horner della Montana StateUniversity e il divulgatore scientificoDon Lessem hanno scritto nel loro li-bro, The Complete T. rex: «Per nostrafortuna, abbiamo l'opportunità di co-noscere T. rex, di studiarlo, di immagi-

natio e di lasciarci terrorizzare dallenostre fantasie su questo animale. Masoprattutto, per nostra fortuna, T. rexè estinto».

Nel film di Spielberg Jurassic Park,cui dobbiamo la più precisa rappresen-tazione di T. rex a beneficio del grandepubblico che mai sia stata prodotta,questo animale, come al solito, venivapresentato come una macchina da di-struzione capace solo di attacchi san-guinari a prede indifese. Nel «perso-naggio» T. rex, tuttavia, la licenza arti-stica è parte integrante almeno quantoi dati scientifici concreti. Un secolo distudi e l'esistenza di 22 scheletri di T.rex pressoché completi hanno fornitoinformazioni assai ricche sull'anatomia

di questo animale. Ma la deduzionedel comportamento a partire dalla solaanatomia è pericolosa, e la vera naturadi T. rex continua a essere in gran par-te avvolta nel mistero. Se questo ani-male fosse in primo luogo cacciatore ospazzino è ancora oggetto di dibattito.

Nel corso dell'ultimo decennio, unanuova generazione di ricercatori hainiziato a svelare alcuni dei segreti me-glio custoditi di T. rex. Questi paleo-biologi cercano di collocare i resti fos-sili in un contesto vivente: in un certosenso, di animare i silenti e immobilischeletri esposti nei musei. T. rex staquindi cambiando sotto i nostri occhi,via via che i paleontologi utilizzanoelementi tratti dalla documentazione

fossile - alcuni inediti, altri già noti masottovalutati - per sviluppare nuoveipotesi sul carattere di questo magnifi-co animale.

Anziché trarre conclusioni basateunicamente sull'anatomia, i paleonto-logi sono alla ricerca di prove di vari ti-pi di attività. I giacimenti contenentiossa di molti individui gettano luce sul-le interazioni intraspecifiche di T. rex esu quelle con i membri di altre specie.Altri tipi di indizi sono forniti da preci-se tracce fisiche, come i segni di morsilasciati sulle ossa o il grado di usuradei denti. Pure di grande valore sono icoproliti, feci fossilizzate dell'animale.(Resti di erbivori, come Triceratops oEdmontosaurus, nelle feci di T. rex co-stituiscono una prova più che stringen-te di «interazioni tra specie diverse»!)

Un assunto comune dei paleobiolo-gi è che specie strettamente imparen-tate adottassero comportamenti nondel tutto dissimili. I dati che riguar-dano T. rex possono quindi esserecorroborati da confronti con i mem-

bri più antichi della famiglia dei ti-rannosauridi, tra cui Albertosaurus,Gorgosaurus e Daspletosaurus, desi-gnati collettivamente con il nome dialbettosauri.

Solitario o sociale?Tyrannosaurus viene generalmente

descritto come un animale solitario, esolitario era certamente l'esemplare diJurassic Park (anche se in questo casosi potrebbe immaginare che, nella sce-neggiatura, quei maghi della geneticaavessero saggiamente deciso di noncrearne più di uno). Vi sono elementiin numero sempre maggiore, tuttavia,che sembrano indicare in T. rex uncomportamento gregario, almeno peruna parte della vita di questo animale.Due scavi effettuati nella formazio-ne di Hell Creek, nel Montana orienta-le, sono particolarmente illuminanti alproposito.

Nel 1966 alcuni ricercatori del LosAngeles County Museum che tentava-

no di riportare alla luce un esemplareadulto di T. rex dalla formazione diHell Creek si imbatterono in un altroindividuo più piccolo che giaceva al disopra di quello da loro cercato. Il se-condo fossile fu identificato in un pri-mo momento come una specie più pic-cola di tirannosauro. L'esame della mi-crostruttura ossea, da me condotto, in-dica ora che il secondo animale era inrealtà un T. rex subadulto (si veda l'il-lustrazione a pagina 46). Una scopertasimile fu fatta durante lo scavo di«Sue», il più grande e completo fossiledi T. rex mai rinvenuto. I resti di un se-condo adulto, di un giovane e di uncucciolo furono più tardi rinvenuti nel-lo stesso sito. I ricercatori che hannolavorato nella formazione di HellCreek, incluso il sottoscritto, tendonoa escludere che diversi esemplari solita-ri abbiano finito col lasciare i loro restiin uno stesso luogo. Una spiegazionepiù «economica» è che quegli animalifossero parte di un gruppo.

Una scoperta ancora più spettacola-

Un Tyrannosaurus rex difende il suo pasto, costituito da un Triceratops, da altri ti-rannosauri affamati (nelle due pagine precedenti). Alcuni troodontidi - i piccoli Ve-lociraptor in basso a sinistra - attendono di cibarsi con i resti della preda, mentre glipterosauri sorvolano la zona volando in cerchio. È probabilmente una scena di «vitaquotidiana» di circa 65 milioni di anni fa. Alberi e piante con fiori completano il pae-saggio; le piante erbacee non hanno ancora fatto la loro comparsa.

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LE SCIENZE 375/ novembre 1999

re, fatta nel lontano 1910, già facevapensare che i tirannosauridi avesseroun comportamento gregario. Alcuni ri-cercatori dell'American Museum ofNatural History di New York, lavo-rando nell'Alberta, trovarono un giaci-mento di ossa - ovvero un depositocon fossili di molti individui - in cuierano compresi i resti di almeno noveesemplari di un parente stretto di T.rex, vale a dire Albe rtosaurus.

Philip J. Currie, con la sua équipedel Royal Tyrrell Museum of Paleon-tology, nell'Alberta, ha di recente rilo-calizzato il sito del ritrovamento del1910 e sta conducendone il primo stu-dio dettagliato. Aggregazioni simili dianimali carnivori potrebbero aversi nelcaso che, l'uno dopo l'altro, inseguen-do una preda, questi cadessero in unastessa trappola, come un inghiottitoiodi fango o una zona di sabbie mobilisulle sponde di un fiume. In circostan-ze del genere, comunque, la collezionedi fossili dovrebbe comprendere anchei resti dell'erbivoro cacciato. La man-canza di un simile ritrovamento tra glialbertosauri (nonché tra i quattro e-semplari di T. rex che comprendevanoSue) indica come i membri dei gruppisi fossero con ogni probabilità associa-ti spontaneamente e come fossero peri-ti insieme, forse per siccità, o per ma-lattia, o a causa di un'inondazione.

Dall'esame dei resti finora raccolti,Currie stima che gli animali variasseroin lunghezza da quattro a quasi novemetri. Questa variabilità dimensionalefa pensare a un gruppo composto siada giovani sia da adulti. Un individuoè considerevolmente più grande e ro-busto rispetto agli altri. Anche se essoavrebbe potuto appartenere a una dif-ferente specie di albertosauro, un grup-po misto sembra altamente improbabi-le. Ritengo che, se davvero i T. rex ave-vano una qualche struttura sociale,questo individuo più grande potesseessere il patriarca (o la matriarca).

I tirannosauri che formavano grup-pi, con interrelazioni complesse, sonoper molti aspetti una specie completa-mente diversa da quanto si è ritenutofinora. Non che gli scienziati siano ar-rivati a raffigurarsi questi animali co-me una sorta di teneri orsacchiotti delCretaceo: alcune delle testimonianzesulle interazioni di gruppo di T. rex so-no costituite da segni di morsi che rive-lano un'interpretazione un poco ag-gressiva dei rapporti interpersonali. Unarticolo da poco pubblicato da Curriee Darren Tanke, anch'egli del RoyalTyrrell Museum, mette in rilievo que-sto fatto. Tanke è un'autorità in paleo-patologia, ossia lo studio di tracce diantiche ferite e malattie. Egli ha indivi-

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duato una configurazione costante del-le tracce di morso nei teropodi, il grup-po di dinosauri carnivori che compren-de T. rex e altri tirannosauri. Questisegni consistono in solchi e perforazio-ni sui lati del muso, ai lati e nella parteinferiore delle fauci e occasionalmentealla sommità e sul retro del cranio.

Interpretando queste ferite, Tanke eCurrie hanno ricostruito in che modoquesti dinosauri combattessero. Essi ri-tengono che gli animali ingaggiasserobattaglia fronteggiandosi, ma usandoper addentarsi la parte laterale delladentatura, anziché i denti frontali. I ri-cercatori suppongono inoltre che unatattica di lotta tendente a bloccare lefauci dell'avversario possa spiegare iparticolari segni da morso che si ri-scontrano ai lati del muso dei tiranno-sauri. L'aspetto dei morsi implica che icontendenti mantenessero le teste allo

stesso livello durante la battaglia. Agiudicare dall'entità di alcune ferite suifossili, T. rex poteva uscire assai a malpartito da questi duelli con i propriconspecifici. Un tirannosauro studiatoda Tanke e Currie recava, a mo' disouvenir di uno di questi scontri, undente dell'avversario conficcato nellapropria mandibola.

Le normali cause di conflitto - cibo,partner sessuale e territorio - potevanoprobabilmente dare origine a questi vi-gorosi diverbi tra tirannosauri. Qualiche fossero le motivazioni dei com-battimenti, la documentazione fossiledimostra che questo comportamentotendeva a ripetersi durante la vita di undinosauro. Le ferite sembrano esserepiù comuni tra gli individui giovani,forse perché questi erano soggetti nonsolo agli attacchi dei propri coetanei,ma anche a quelli di individui più an-

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La microstruttura ossea rivela la maturità dell'animale che viene studiato. Gli indivi-dui più vecchi hanno ossa che presentano canali di Havers (cerchi grandi a sinistra),tubuli ossei che hanno sostituito le microfratture che si riscontrano normalmente nel-le ossa degli individui giovani (a destra). L'esame microscopico dell'osso ha mostratocome alcuni individui che si pensava essere membri di specie più piccole fossero inrealtà esemplari giovani di T. rex.

o

o

ziani e di maggiori dimensioni. (Co-munque, la documentazione fossile po-trebbe essere leggermente fuorviante:le ferite non letali subite in età giovani-le avrebbero potuto essere in parteobliterate nell'individuo adulto, men-tre quelle letali, evidentemente, riman-gono ben scolpite nei reperti fossili.)

Morsi temibiliSi pensi ai grandi canini di un bab-

buino o di un leone. Ora si immagi-nino fauci enormi dotate di zanne mol-to più grandi e con i margini seghet-tati. Kevin Padian, dell'Università del-la California a Berkeley, ha coniatouna curiosa espressione per descrive-re l'aspetto di queste enormi daghe checostituivano i denti di T. rex: «bananeletali».

Nonostante l'ovvio potenziale diqueste armi, era opinione diffusa tra ipaleontologi che i segni di morso didinosauro fossero quantomai rari. Ipochi resoconti pubblicati prima del1990 consistevano in brevi commentisepolti in articoli che descrivevano sco-perte di carattere più generale.

Nondimeno, alcuni ricercatori ave-vano fatto supposizioni in proposito.Già nel 1973 Ralph E. Molnar, delQueensland Museum in Australia, a-veva cominciato a valutare la resisten-za dei denti sulla base della loro forma.Più tardi James O. Farlow dell'Univer-sità dell'Indiana e Daniel L. Brinkmandella Yale University eseguirono elabo-rati studi morfologici sulla dentaturadel tirannosauro. Da questi studi risul-tava che le «banane letali» dovevanola loro robustezza alla sezione arroton-data, che avrebbe consentito loro di re-sistere a impatti assai violenti.

Nel 1992 mi fu possibile produrrequalche supporto materiale a questesupposizioni. Kenneth H. Olson, pa-store luterano e fenomenale cercatoredilettante di fossili per il Museum ofthe Rockies di Bozeman, nel Montana,venne da me con diversi campioni.Uno di essi era un osso pelvico, incom-pleto, di Triceratops, di un metro perun metro e mezzo. Un altro era un ditodella zampa posteriore di un adulto diEdmontosaurus (dinosauro dal beccod'anatra).

Esaminando i campioni di Olson,constatai che le ossa erano tempestatedi fori e di scanalature lunghe fino a 12centimetri e profonde diversi centime-tri. L'osso pelvico di Triceratops pre-sentava un'ottantina di incisioni diquesto tipo. Documentai la dimensio-ne e la forma dei fori e, utilizzandostucco per impronte dentali, eseguiicalchi di alcuni dei più profondi. I den-

ti che avevano lasciato questi segni ri-sultavano spaziati di una decina di cen-timetri e dovevano avere una sezio-ne trasversale grosso modo ovale. Essimostravano chiaramente carenature,cioè bordi taglienti in rilievo, sulla fac-cia anteriore e su quella posteriore; equesti bordi erano seghettati. Il com-plesso degli elementi disponibili porta-va a vedere in quelle indentazioni leprime tracce di morso chiaramente at-tribuibili a T. rex.

Questa scoperta aveva considerevoliimplicazioni in merito al comporta-mento dell'animale, in quanto confer-mava per la prima volta ciò che già sidava per molto probabile: che cioè T.rex predasse i suoi due più diffusi con-temporanei, Triceratops ed Edmonto-saurus. Inoltre l'aspetto dei morsi con-sentiva di stabilire la tecnica usata daT. rex per nutrirsi. Esso adottava di so-lito il metodo «fora e strappa»: vale adire, dopo il morso profondo - pratica-to con una forza enorme - i denti veni-vano trascinati attraverso la carne e leossa. È in questo modo che un T. rexsembra avere staccato l'osso pelvico diTriceratops rinvenuto da Olson dal re-sto del corpo della preda. Il tiranno-sauro era inoltre in grado di «pilucca-re» con i denti frontali le strisce di car-ne comprese tra le vertebre.

Molti dei morsi sull'osso pelvico diTriceratops erano spaziati solo di po-chi centimetri, come se T. rex avessemetodicamente divorato il pezzo dicarne più o meno al modo in cui si ma-stica una pannocchia di granoturco. Aogni morso, T. rex sembrava avere an-che asportato una piccola sezione diosso. Presumemmo che l'osso mancan-te fosse stato consumato; la confermadi ciò ci fu data molto presto, e da unafonte insolita.

Nel 1997 a Karen Chin, dello USGeological Survey, fu consegnata unastrana massa oblunga, che era stataportata alla luce da un'équipe delRoyal Saskatchewan Museum. L'og-getto, che pesava 7,1 chilogrammi emisurava 44 x 16 x 13 centimetri, si ri-velò un coprolito di T. rex. Era il pri-mo campione di questo genere maiconfermato come appartenente a unteropode: grande più del doppio diqualunque coprolito di carnivoro maistudiato prima, era pieno zeppo di os-sa ridotte in polvere. Solo facendo usodi metodi istologici, la Chin e io fum-mo in grado di determinare che l'os-so frammentato proveniva da un gio-vane esemplare di dinosauro erbivoro.T. rex ingeriva parti ossee delle sueprede e, fatto ancora più notevole, erain grado di digerirle almeno parzial-mente grazie a potenti enzimi e succhigastrici.

Sulla falsariga di Farlow e Molnar,Olson e io abbiamo sostenuto - a di-spetto della scarsità di campioni cono-sciuti - che le impronte di morsi di T.rex si dovrebbero trovare in granquantità. L'assenza di documentazionenon costituisce una prova, e noi rite-niamo che due fattori possano spiegaregli scarsi riscontri a quanto diciamo. Inprimo luogo, i ricercatori non hannomai cercato sistematicamente impron-te di morsi. Inoltre - fatto più impor-tante - i raccoglitori di fossili tradizio-nalmente disdegnano quei tipi di reper-to che potrebbero mostrare segni dimorso: i musei desiderano infatti sche-letri interi, e non singole parti isolate.Ma gli scheletri interi tendono a essereciò che rimane di animali morti percause diverse dalla predazione e rima-sti sepolti prima di essere smembratida animali spazzini.

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Forza del morso

T. rex

AlligatoreLeone

OrangutanSqualo •

Lupo IffiUomo

Cane Labradoro 4000 8000 12000

Forza (newton)

Un grafico che mette a confronto la forza del morso di diversi animali mostra che aT. rex deve essere attribuita la palma di campione assoluto. Per effettuare la valuta-zione l'autore, collaborando con il bioingegnere Dennis R. Carter della Stanford Uni-versity, ha simulato la produzione di impronte da morso usando una replica di dentedi T. rex su ossa del bacino di bovini.

GREGORY M. ERICKSON ha conseguito il dottoratonel 1997 all'Università della California a Berkeley. Sta at-tualmente svolgendo ricerche di postdottorato presso laStanford e la Brown University. Queste ricerche sono rivol-te alla comprensione di forma, funzione, sviluppo ed evo-luzione dello scheletro dei vertebrati. Tyrannosaurus rex èstato uno dei suoi oggetti di studio preferiti. Erickson havinto il Romer Prize della Society of Vertebrate Paleonto-logy, lo Stoye Award della American Society of Ichthyolo-gists and Herpetologists e il Davis Award della Society forIntegrative and Comparative Biology.

MOLNAR RALPH E. e FARLOW JAMES O., Carnosaur Paleo-biology in Dinosauria, a cura di D. B. Weishampel, P. Dod-son e H. Osmolska, University of California Press, 1990.

HORNER JOHN e LESSEM DON, The Complete T. rex, Si-mon & Schuster, 1993.

ERICKSON GREGORY M., VAN KIRK SAMUEL D. e altri, Bite-Force Estimation [or Tyrannosaurus rex from Tooth-MarkedBones in «Nature», 382, pp. 706-708,22 agosto 1996.

CHIN KAREN, TOKARYK TIMOTHY T. e altri, A King-SizedTheropod Coprolite in «Nature», 393, pp. 680-682, 18 giu-gno 1998.

L'enorme dente di un tirannosauro: solo circa un quar-to di esso (la parte liscia a sinistra) doveva essere visi-bile sporgendo dalla gengiva.

Aase Roland Jacobsen, ricercatricedel Royal Tyrrell Museum, ha di re-cente studiato resti scheletrici par-ziali isolati e li ha confrontati conscheletri quasi completi rinve-nuti nell'Alberta, riscontrandoche le ossa singole recavano se-gni di morsi di teropode in unapercentuale del 14 per cento, va-le a dire 3,5 volte di più rispetto airesti meno smembrati (4 per cento).

Falco o avvoltoio?Alcune caratteristiche della biologia

del tirannosauro, come la colorazione,le vocalizzazioni e le esibizioni di cor-teggiamento potrebbero rimanere persempre avvolte dal mistero. Ma il suocomportamento alimentare è accessibi-le attraverso la documentazione fossi-le. La raccolta di un maggior numerodi indicazioni fossili potrebbe final-mente dirimere una controversia pa-leontologica che dura ormai da 80 an-ni: ovvero se T. rex fosse un predatoreo uno spazzino.

Quando il tirannosauro fu scopertoun secolo fa, gli scienziati lo etichetta-rono immediatamente come un preda-tore. Ma denti acuminati e fauci po-tenti non fanno necessariamente unpredatore. Per esempio, gli orsi sonoper la maggior parte onnivori, e le pre-de uccise contribuiscono solo in pic-cola proporzione alla loro dieta. Nel1917 il paleontologo canadese Law-rence Lambe, esaminando un cra-nio incompleto di albertosauro, ap-purò che i tirannosauri si nutrivano dicarogne dalla carne ormai frolla. Eglipervenne a questa conclusione dopoavere notato che i denti erano presso-ché indenni da usura. (La ricerca suc-cessiva avrebbe però mostrato che peril 40 per cento i denti sparsi di tiranno-sauro sono fortemente consunti o rotti;questi danni si sarebbero prodotti insoli due o tre anni, secondo la mia va-lutazione della velocità di ricambio deidenti.) Lambe quindi enunciò il puntodi vista - minoritario - secondo cuiquegli animali sarebbero stati in realtà«avvoltoi» terrestri giganti. Le succes-sive argomentazioni in questa disputapredatore-spazzino si sono concentratesull'anatomia e sulle capacità fisiche diT. rex, conducendo a un defatigantegioco di botta e risposta.

I partigiani dell'ipotesi dello spazzi-no hanno adottato la «teoria dei dentideboli», secondo la quale i denti, allun-gati di T. rex si sarebbero facilmentespezzati nelle lotte con le prede o nel-l'impatto contro le ossa. Essi hannoanche sostenuto che gli arti superiori,pochissimo sviluppati, avrebbero im-

pedito la possibilità di sferrare attacchiletali e che T. rex sarebbe stato troppolento per raggiungere prede in corsa.

I fautori dell'ipotesi rivale hanno ri-sposto con dati biomeccanici. Essihanno citato i miei studi sulla forzadel morso, che dimostrano come identi di T. rex fossero in realtà assairobusti. (Personalmente preferisco so-spendere il giudizio a questo proposi-to, fino alla scoperta di una prova fi-sica diretta.) Hanno inoltre fatto no-tare come, secondo Kenneth Carpen-ter del Denver Museum of NaturalHistory e Matthew Smith, già al Mu-seum of the Rockies, il «gracile» brac-cio di un T. rex fosse in realtà in gra-do di sollevare quasi 180 chilogram-mi. Infine, si rifanno al lavoro di PerChristiansen, dell'Università di Cope-naghen, il quale ritiene, sulla base del-le proporzioni degli arti, che T. rexpotesse correre a 47 chilometri all'o-ra. Ciò significherebbe una velocitàsuperiore a qualunque animale con-temporaneo; tuttavia, in considera-zioni di questo genere, occorre anchetenere conto della resistenza alla fati-ca e dell'agilità, che sono ovviamentepiù difficili da quantificare.

Anche questi studi biomeccanici nonriescono a dirimere la controversia, emai vi riusciranno. Per definire nei det-tagli quale fosse la nicchia ecologica diT. rex sarebbe indispensabile scoprirein quale grado il gigantesco carnivorosfruttasse gli animali che vivevano emorivano nel suo ambiente, anzichéstabilire il suo presunto adattamento auccidere. Entrambi i partiti ammettonoche gli animali predatori, come il leonee la iena maculata, esercitano talvoltala funzione di spazzini, mentre alcunispazzini classici, come gli avvoltoi, tal-volta uccidono. E vi sono prove semprepiù considerevoli secondo le quali i ti-

rannosauri facessero ambedue le cose.In strati coevi a T. rex si trovano let-

ti di ossa che contengono centinaia etalvolta migliaia di edmontosauri mor-ti per inondazioni, siccità o altre cau-se diverse dalla predazione. I segni dimorsi e i denti sparsi in questi depositiattestano un comportamento da spaz-zino da parte di T. rex. La Jacobsen hatrovato indicazioni simili anche perquanto riguarda gli albertosauri. Car-penter, d'altro canto, ha fornito solideprove di comportamento predatorio diun T. rex nei confronti di un Edmon-tosaurus. La vittima designata riuscìnella circostanza a darsi alla fuga condiverse ossa caudali in frantumi. Il soloanimale dotato di dimensioni, denti-zione e forza del morso idonei a provo-care un danno di quel genere era ap-punto T. rex.

Uno studio quantitativo su questescoperte potrebbe aiutare a determina-re in quale grado T. rex usasse un me-todo piuttosto di un altro per procac-ciarsi il cibo. Inoltre i paleontologi po-trebbero evitare molti dibattiti a vuotoadottando una definizione standard di«predatore» e «spazzino». Una con-venzione di questo genere si rende ne-cessaria in quanto vi è una varietà ec-cessiva di punti di vista, fra gli studio-si di paleontologia dei vertebrati, perquanto riguarda la catalogazione deglianimali carnivori.

Secondo una definizione consona auna categorizzazione dettata dal buonsenso, una specie predatoria sarebbetale quando i suoi membri, per lo più,ottengono la maggior parte del fabbi-sogno alimentare da animali uccisi daloro stessi o da propri simili. La mag-gior parte dei rappresentanti di unaspecie spazzina, d'altro canto, non sa-rebbe responsabile della morte dell'a-nimale divorato.

I segni riscontrati sui fossili potreb-bero aprire la porta a un approccio si-stematico alla controversia predatori--spazzini, e la soluzione del dilemmapotrebbe venire dalla verifica di ipotesisull'intera gamma di opzioni alimenta-ri del tirannosauro. Per esempio, la Ja-cobsen ha fatto notare che la manife-stazione di una preferenza per predemeno pericolose o più facili da cattura-re va a favore di un comportamentofrancamente predatorio. Viceversa, glispazzini non fanno evidentemente dif-ferenza tra una carogna e l'altra.

In base a questo ragionamento, laJacobsen ha prove convincenti a favo-re dell'ipotesi del predatore. La studio-sa, esaminando migliaia di ossa di di-nosauro provenienti dall'Alberta, hapotuto riscontrare come gli inermi a-drosauri rechino segni di morsi in pro-porzione doppia rispetto ai più perico-losi ceratopi, dotati di corno. Tanke,che ha partecipato alla raccolta di que-sta ossa, riferisce che nessun segno dimorso è stato riscontrato sugli anchilo-sauri, i «carri armati» dell'epoca.

La Jacobsen avverte, comunque, chealtri fattori confondono questo insie-me di reperti. La maggior parte delleossa di adrosauro appartiene a indivi-

dui isolati, mentre la maggior parte deiresti di ceratopi proviene da letti di os-sa. Ancora una volta, questi letti con-tengono per lo più animali interi, rima-sti sepolti probabilmente a causa del-l'evento stesso che ne provocò la mor-te, e ciò altera l'interpretazione, comesi è detto in precedenza. Un ritrova-mento di ceratopi isolati sarebbe aquesto proposito illuminante. E l'anali-si di un maggior numero di segni dimorso che rivelino tentativi di preda-zione andati a vuoto, come quelli rife-riti da Carpenter, potrebbe altresì esse-re indicativa di preferenze per predemeno pericolose.

La Jacobsen ha appurato che il can-nibalismo tra tirannosauri era unevento raro: solo il 2 per cento di os-sa di albertosauro presenta segni dimorso di albertosauro, mentre la per-centuale sale al 14 per cento per le os-sa di erbivori. Anche questi dati valgo-no a conferma di un comportamentopredatorio da parte di T. rex, soprat-tutto se è vero che esso aveva abitudinigregarie.

Assumendo che questi animali nonprovassero avversione per il consumodi carne di conspecifici, ci si attende-rebbe infatti che, in caso di comporta-

mento da spazzino, le ossa di T. rexmostrassero segni del morso di T. rexin proporzione uguale alle ossa di er-bivori. Un T. rex spazzino avrebbe do-vuto cercare attivamente carogne di

í erbivori, ma se davvero si spostava ini branchi con propri conspecifici, non,?A gli sarebbe stato affatto difficile nutrir-.

si della carne di altri tirannosauri mor-Ts: ti da poco.

- I coproliti possono pure fornire pre-ziose indicazioni che permettano di

3 stabilire se T. rex manifestasse o menouna certa «schizzinosità» in fatto di ci-bo. Dal momento che l'esame istologi-co delle ossa trovate nei coproliti puòinformare approssimativamente sullostadio di vita a cui si trovava l'animalepredato, la Chin e il sottoscritto hannoproposto che i coproliti possano rive-lare una preferenza di T. rex per imembri più vulnerabili dei branchi,come gli individui più giovani. Unatendenza di questo genere segnerebbeun ulteriore punto a favore della pre-dazione, mentre un'alimentazione più«imparziale» indicherebbe un com-portamento da spazzino.

Nel corso di questo secolo, i paleon-tologi hanno recuperato resti fisici diTyrannosaurus rex in misura sufficien-te a dare al mondo un'eccellente ideadell'aspetto di questo animale. I tenta-tivi per scoprire di più su come vivessesi fondano su quei fossili che recanopreziosi indizi sulle attività quotidianedi questi dinosauri. I paleontologi sen-tono ora il bisogno di rianalizzare re-perti che in precedenza erano statiignorati, e iniziano a rendersi conto dicome la faziosità di alcuni criteri diraccolta dei fossili abbia potuto impe-dire una corretta percezione dei dino-sauri. La ricerca intenzionale di daticomportamentali dovrebbe accelerarele scoperte sulla paleobiologia dei di-nosauri. E nuove tecnologie potrebbe-ro consentire di trarre informazioni dafossili che per il momento consideria-mo di scarso valore. T. rex, ancora vi-vo nell'immaginazione di tutti, conti-nua a evolvere.

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LE SCIENZE 375/ novembre 1999 LE SCIENZE 375/ novembre 1999

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