desimbolizzazione e riorganizzazione del simbolo nella ... · riale che mira con la sua eruzione...

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Desimbolizzazione e riorganizzazione del simbolo nella psicoterapia della schizofrenia Concetto Gullotta, Roma La ragione principale di questa comunicazione è di mettere a fuoco un aspetto eminentemente pratico del momento psicoterapeutico con Io schizofrenico. Essa vuole sottolineare come (spesso senza troppo tener conto delle svariate teorie esistenti sull'argo- mento) I'attenzione debba essere concentrata essen- zialmente sul terapeuta e su ciò cui va incontro, non- chè sul tipo di fantasia che egli dovrà possedere per portare al miglior fine possibile il suo scopo. Esso vorrebbe inoltre suggerire come I'attenersi a questo particolare tipo di fantasia, e il suo sforzo psicologico ed etico di perseverare in essa, possa dare risultati terapeutici insperati e significativi la cui espressione è il dono che il paziente fa al terapeuta (oltre che a se stesso) di un materiale ad alto contenuto simbolico (sogni, deliri, disegni), un mate- riale che mira con la sua eruzione creativa a reinte- grare autonomamente, e con il favore della relazione psicoterapeutica, le componenti di un Io frantumato. La difficolta spesso insuperabile di trasporre imma- ginazione ed esperienza in linguaggio concettuale mi 36

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Desimbolizzazionee riorganizzazionedel simbolo nellapsicoterapia dellaschizofreniaConcetto Gullotta, Roma

La ragione principale di questa comunicazione è dimettere a fuoco un aspetto eminentemente praticodel momento psicoterapeutico con Io schizofrenico.Essa vuole sottolineare come (spesso senza troppotener conto delle svariate teorie esistenti sull'argo-mento) I'attenzione debba essere concentrata essen-zialmente sul terapeuta e su ciò cui va incontro, non-chè sul tipo di fantasia che egli dovrà possedere perportare al miglior fine possibile il suo scopo. Essovorrebbe inoltre suggerire come I'attenersi a questoparticolare tipo di fantasia, e il suo sforzo psicologicoed etico di perseverare in essa, possa dare risultatiterapeutici insperati e significativi la cuiespressione è il dono che il paziente fa al terapeuta(oltre che a se stesso) di un materiale ad altocontenuto simbolico (sogni, deliri, disegni), un mate-riale che mira con la sua eruzione creativa a reinte-grare autonomamente, e con il favore della relazionepsicoterapeutica, le componenti di un Io frantumato.La difficolta spesso insuperabile di trasporre imma-ginazione ed esperienza in linguaggio concettuale mi

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ha costretto ad usare un titolo in qualche modoermetico per questa breve relazione. Prima di tuttoquindi cercherò di spiegare ciò che intendo perdesimbolizzazione e riorganizzazione del simbolo.Come è noto a tutti, il paziente schizofrenico si rivelaspesso come troppo difficile e poco indicato alleterapie psicologiche ma, nonostante queste difficoltà,da alcuni decenni, e fondamentalmente sulla spintadegli studi promulgati da Jung, vari autori (comePerry, Lopez Pedraza, Benedetti, Tedeschi, Maffei) sisono interessati al problema. Gli studi cui mi riferiscosono svariati e appartengono a diverse scuole. Essiperò hanno in comune, oltre alla psicopatologia clas-sica e dinamica variamente interpretata, una lacunariguardante le esperienze psicologiche che fa il tera-peuta durante la terapia con un paziente schizofrenico.Ho detto che fa, ma mi sembrerebbe piu correttodire che dovrebbe fare, poichè, come tutti sappiamo,non è facile, e nemmeno possibile, entrare in rapportopsicologico con uno schizofrenico. Chiamo dunquedesimbolizzazione il culmine di una sequenza diesperienze fatte dal terapeuta nella prima fase delrapporto con il paziente schizofrenico. Ritengoindispensabile questa fase come momentopropedeutico al rapporto stesso, anzi sostengo I'impro-babilità di poter stabilire un rapporto con un pazienteschizofrenico se il terapeuta non fa questo tipo diesperienza. E' inutile dire che questa esperienza, inaltra misura, è necessaria per ogni tipo di psico-terapia.L'esperienza consiste nel distacco volontario dallacoscienza dell'lo da parte del terapeuta e nell'accosta-mento silenzioso, docile, attento ad un livello piùprofondo dove le forme simboliche si presentanonel paziente nella loro forte e primitiva compattezzaesprimendo in deliri, disegni o sogni, gli albori dellosviluppo della coscienza.Sarà bene precisare che la parola « simbolo » conte-nuta nella espressione « desimbolizzazione » ha quiil significato generale che ritroviamo in filosofi, epi-stemologi e psicoanalisti come Cassirer, Piaget, Arieti,

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di prodotto di quella funzione universale propria del-I'animale uomo che gli permette di indicare gli og-getti del mondo esteriore e di quello interiore me-diante dei sostituti definiti culturalmente. II linguag-gio è il maggiore ma non certamente I'unico esempiodi questa funzione. La funzione stessa è quella checomunemente viene chiamata funzione simbolica.Potremmo definire lo schizofrenico come colui cheha smarrito la comune funzione simbolica dell'uomoe non è piu capace pertanto di stabilire quel lin-guaggio interpersonale che è basato esclusivamentesu tale funzione simbolica.Se accettiamo I'ipotesi di Jung che I'lo dello schizo-frenico è, sia pure temporaneamente, quando non loè definitivamente, sommerso dall' inconscio collettivo,potremmo allora anche dire che in lui alla normale ecomune funzione simbolica si è sostituito un uni-verso di simboli che potremo chiamare primordialio archetipici (1).Ritornando brevemente al titolo, per « riorganizza-zione del simbolo » intendo un processo attivato nel-I'ambito della psiche dello schizofrenico mediante lapresenza del terapeuta. Questi, dalla massa intricatadel simbolismo archetipico, riconduce poco per voltaI'lo dello schizofrenico all'uso della comune funzionesimbolica e pertanto all'uso del linguaggio come stru-mento di comunicazione interpersonale e nel con-tempo all'azione come strumento di affermazionedella personalità nel mondo circostante. Dovrebbeessere allora chiaro a questo punto che, in questamia comunicazione, la parola simbolo verrà usata condue significati ben distinti e riconducibili a dueuniversi ben differenziati dell'uomo. Da una parte ilsimbolo e la funzione normale e universale dell'lo.Dall'altra I'immagine archetipica che rimanda ad unasfera di significati del tutto diversi e peculiari. Ai finidi questa comunicazione lo schizofrenico è assuntocome colui che ha perso la comune e universalefunzione simbolica dell'uomo e il terapeuta come coluiche accetta il rischio di entrare nel mondo oscuroe sotterraneo del simbolo archetipico, I'unico cherimane a disposizione nello schizofrenico per una

(1) C. G. Jung, Psicogene-si delle malattie mentali,Torino, Boringhieri, 1971,p. 276.

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possibilità di umana comprensione che non lo isolidefinitivamente.Ci si chiede a questo punto: chi è il terapeuta dellaschizofrenia?Quali requisiti sono necessari anzi indispensabili alterapeuta per cimentarsi in una terapia di questogenere?Quale deve essere il suo atteggiamento interiore?Da quanto abbiamo detto fin'ora, il terapeuta ci ap-pare come il navigatore di due mari: da un latoil mare dell'lo con il suo porto sicuro, mare ben cono-sciuto; dall'altro, il mare aperto, I'oceano dell'in-conscio collettivo con i suoi imprevisti, con le sueimprovvise terribili tempeste.II terapeuta è un avventuriero per destino. Egli siallontana, possiamo metaforicamente dire, dal suomare e dal suo porto per solcare delle acque insicure,ostili, pericolose, acque però che possono anche por-tarlo alla scoperta di continenti nuovi o ritrovati.L'avventura che intraprende per destino può esserespiegata in questo modo: egli già conosce questooceano; nelle pieghe della sua anima, cabiri e folletti,streghe e mostri si sono gia affacciati. Delle guerreeterne dello spirito egli conosce sconfitte e vittorie.Ouando ritorna a casa, quella piccola Itaca della co-scienza, viene riconosciuto solo e soltanto per lasua cicatrice, questo segno impresso nella sua carneche ne modella e struttura la personalità. Ma sequeste sono le immagini che ci presentano ilterapeuta della psicosi cerchiamo anche di coglierecol pensiero le sue caratteristiche spirituali, il mondointimo delle sue esperienze. Ed ecco perciò ancorauna domanda: che cosa costituisce una esperienzapsicologica di questo tipo (cioe il setting con unpaziente psicotico) e che cosa implica una forma-zione psicologica che permette I'approccio allo psi-cotico?La risposta vale per ogni tipo di terapia psicologicae non soltanto per quella junghiana. Ci si dovrebbechiedere poi (ovviamente non in questa sede) checosa in particolare differenzia, su questo punto, lapsicologia junghiana dalle altre teorie psicologiche.

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Prima di procedere oltre e dare una risposta alledomande che fin qui ci siamo posti (chi e e comeappare il terapeuta della schizofrenia?) varrà ricor-dare che I'esperienza psicologica con lo psicotico nonaggiunge nulla di sublime o ineffabile alla esperienzaumana in quanto tale, ma ne stabilisce I'orizzonteglobale e ne indica il fondamento. L'esperienza con lopsicotico mi suggerisce a questo punto più di unarisposta. Quella che a mio avviso le riassume tutte,vorrei formularla sulla base di quattro componentifondamentali:— I'esperienza della precarietà o della dipendenza;— I'esperienza del destino di morte;— I'esperienza della trascendenza;— I'esperienza del fondamento.Esaminiamole separatamente:

L'esperienza della precarietà o della dipendenza

Essa consiste nella scoperta che noi diventiamo noistessi solo in virtù degli altri, delle cose, delle situa-zioni nelle quali ci troviamo a vivere. Noi « diven-tiamo » attraverso i rapporti che stabiliamo. Siamo« valore » ma, meglio, siamo progetti di valore. Ab-biamo un « nome », ma, meglio, siamo un nome incomposizione. E il nostro divenire valore, e il nostroacquisire un'identita, è affidato agli altri. II nostropaziente schizofrenico non ha potuto fare questaesperienza per le vicissitudini della sua storiafamiliare, e forse anche per destino. Noi terapeuti ciponiamo davanti a lui con I'intenzione di supplire esuturare questa ferita che è più che narcisistica. Leespressioni della psicologia descrittiva non ci aiute-ranno mai del tutto a comprendere la profondità diquesta ferita se, contemporaneamente, non se ne ria-cutizzi in noi la sofferenza, tragica e insieme salutare.Questa condizione di precarietà e di dipendenza puòessere espressa in due modi: noi siamo dono e noisiamo creature. Quando questa esperienza viene ac-colta e vissuta globalmente diventa una esperienza dicrescita psicologica, in ultima analisi una esperienza

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di tipo religioso (nel senso non confessionale deltermine).

(2) G. Benedetti, Allena-zione e personazione nellapsicoterapia delta malat-tia mentale, Torino, Einau-di, 1980, p. 297.

L'esperienza del destino di morte

Questa esperienza ci accompagna per tutta la vita.Noi siamo nati per morire, cioè per giungere ad uncompimento. II che significa: ogni situazione vieneiniziata per essere terminata, ogni avvenimento dellanostra vita porta con se I'anelito del compimento. Eancora: ogni gesto che facciamo, ogni dono che rice-viamo serve per condurre alla pienezza della vita,serve per farci morire bene.Lo schizofrenico con la sua vita non compiuta, con ilsuo essere senza senso, con la morte della comunefunzione simbolica, induce in noi un'esperienza dimorte senza senso, di vita sprecata, di scacco inde-scrivibile.Mentre I'uomo in generale autentica la sua esistenzasolo se ogni decisione che prende, ed ogni rapportoche vive, lo porta di fatto al compimento dell'esi-stenza, e quindi lo sollecita alla morte, lo psicotera-peuta viene sollecitato, attraverso lo psicotico, dauna morte senza senso a dar senso al suo operatomediante I'accettazione della propria morte. Questadialettica cruciale sta all'origine di profonde depres-sioni nel terapeuta, depressione vitale ed esisten-ziale, a volte anche psicotica, sostenuta spesso dal-I'apparire di immagini oniriche attivate dal processodi « identificazione simmetrica » di cui parla Bene-detti (2).

L'esperienza della trascendenza

Essa consiste nell'avvertire una tensione continua adessere sempre di più e nello stesso tempo a scoprireche nessuna situazione e nessuna persona può sod-disfare completamente questa esigenza. Noi non ba-stiamo a noi stessi e nessuna cosa ci basta. La tenta-zione ricorrente è quella di immaginare una situa-zione o una persona che nel futuro soddisfino com-pletamente il nostro bisogno di bene, di essere, di

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felicità e di vita. Ma se realmente nella storia nonesisterà mai una situazione di questo tipo, I'imma-ginarla e il rincorrerla conduce ad una vita iilusoria(e questa e I'esperienza nevrotica). Lo schizofrenico,a livello egoico, non conosce alcuna apertura aliatrascendenza, possiamo anzi dire di più, non conoscee non ha la possibilità nemmeno di una vita illusoria.Quelle che noi, con una visione topografica dellecose chiamiamo le parti del suo lo diviso, non glipermettono di accedere ne alla finzione, ne alla realta,ne all'illusione, ne all'essenza. La nostra relazionecon lo schizofrenico simmetrica-mente ci fa perdere ilrapporto con tutte quelle im-magini egoiche che cisiamo costruite nella nostra storia personate; usandoil linguaggio analitico possiamo dire che anche noiperdiamo progressivamente la funzione simbolica.Possiamo dire di noi che « de-simbolizziamo », ovveroche approdiamo anche noi a quel terreno preumanodell'esperienza, dove i rap-porti non sono di tipodialogico bensl di tipo pre-logico (3).Questa fase della desimbolizzazione è per il terapeutala piu drammatica di tutte e non possiamo nemmenoprevedere quanto durerà. Sappiamo però con cer-tezza che è proprio quella che gli procura il contattocon lo schizofrenico. Volendo potremmo anche defi-nirla come una psicosi autoindotta. II terapeutaadesso, mediante quei tipo di fantasia particolare chegli permette di sperimentarsi vuoto di simboli,ovvero desimbolizzato, è in grado di fare, attraversoquella che può definirsi una « via negativa »,un'esperienza fondamentale, un'esperienza che puòtrovare analogie solo nel processo mistico. Inquesta fase egli rivive il suo personale momento diangoscia primaria e identificandosi con il paziente, nestoricizza il ricordo; egli recupera, pericolosamente, unmateriale lontano dalla propria coscienza e diquanto andiamo dicendo puo averne conferma neipropri sogni di controtransfert. Ricordiamo per incisoche in questa fase il pericolo per il terapeuta è grandee sarebbe consigliabile fare questa esperienza conuna supervisione.

(3) S. Arietl, Interpreta-zione della schizofrenia,Milano, Feltrinelli, 1978,p. 513.

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L'esperienza del fondamento

Essa è essenziale per le origini della vita psicologicadualizzata e per I'apertura alla dimensione simbolica.Tutte le esperienze precedenti sono ancora apertealla disperazione (e il paziente che ci sta davanti celo ricorda in continuazione) finchè non si traduconoin esperienza del fondamento. Essa consiste nelloscoprire che la vita ha un senso, cioè, che la ten-sione vitale ha una ragione, che I'amore ha un dioche sollecita in modo adeguato I'amore stesso, chela ricerca della propria verità ha una motivazionereale e cioè il diritto all'esistenza, e che il camminodell'uomo ha dunque un fondamento solido. Si po-trebbe infatti pensare che I'uomo sia un essere co-struito male, uno sgorbio della natura e che il suoprogressivo divenire non abbia uno sbocco reale (ilsuo nome è pronunciato nel vuoto). Si potrebbe direcosì che il suo giungere a compimento è un finiredefinitivo e senza continuità (il suo « uscire » è undisperdersi nel nulla), allo stesso modo si potrebbearguire che la sua trascendenza non è un emergeresulla contingenza, ma uno svanire nell'altro. Quandoè la fiducia a sollecitare I'amore, esso è vissuto senzariserve, quando la fiducia è fede psicologica essa ciguida ad un cammino sempre nuovo. E quando questafede psicologica diventa fiducia nella vita essa cipermette di sopportare ogni situazione e di uscirnefuori rinnovati. Si scopre qui che vi è un fondamentoe che essere uomini è un progetto realizzabile: fortee quell'uomo che riesce a sopportare se stesso.Potremmo dire allora, per concludere questa esplicita-zione teorica sulle possibili esperienze del terapeuta(attivate dall'incontro con lo schizofrenico e implicantiuna continua revisione della propria vita) che, nellaperdita dell'immagine, e quindi nella desimbolizzaz-zione, si puo intravedere I'apparire del simbolo qualeoriginaria possibilità che I'uomo possiede di indicarele cose mediante un processo mentale comunicabile.Se questi sono pressappoco i pensieri e le riflessionidel terapeuta davanti alla psicosi, se la preoccupa-zione psicoterapeutica è di entrare, grazie alla sua

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fantasia, nel profondo del mondo psicotico, non perrimanere al livello formale della descrizione dei con-tenuti, ma per accedere alla decifrazione analitica,alla comprensione ed alla psicodinamica degli stessi,egli avrà come risultato-dono del rapporto duale una« produzione psicotica di alto livello simbolico ». Ci sirende conto quindi che questo risultato-dono procedenon solo dalla elaborazione degli oggetti fan-tasmaticidel paziente, ma anche dalla nostra disposi-zione diterapeuti di lasciarci interessare, commuo-vere,impressionare, entusiasmare da essi. Infatti, senzamovimenti della nostra psiche, del nostro corpo, di noicome siamo tutti interi, non esisterebbe terapiacreativa, ma solo esame psicologico dell'individuo checi sta di fronte. II terapeuta abbandona il mondosimbolico del proprioio e nel silenzio di un rapporto, solitamente impos-sibile, incontra I'altro ad un livello lontano, remoto.Egli diventa, così essendo, il « simbolo vivente » peril paziente. Nel processo di identificazione il tera-peuta si sostituisce all'lo frammentato del paziente,alla sua funzione simbolica perduta, e diventa il pontenecessario che collega e riconcilia quei livelli e quelleimmagini archetipiche che hanno sopraffatto la co-scienza.il concetto di Jung di una autonomia della psiche alcospetto e dentro la malattia mentale non può cheemergere a questo punto mostrando la sua validità.Vorrei adesso illustrare con un caso clinico para-digmatico la storia di una psicoterapia analitica svol-tasi con un paziente schizofrenico, attraverso un nu-mero cospicuo di suoi disegni, tutti di alto conte-nuto simbolico ed anche artistico. II paziente inizia laterapia all'eta di 27 anni. I primi disturbi psicotici sierano manifestati all'eta di 17 anni. La diagnosi èstata di sindrome borderline, e fu prescritta una curaesclusivamente a base di psico-farmaci. I parenti loricordano assente, trascurato, di-stratto. Non riescenemmeno a completare gli studi medi superiori. A 23anni viene ricoverato per due mesi in clinicapsichiatrica con diagnosi: schizofre-nia di tipocatatonico, terapia: 10+10 cicli di E.S. e

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psicofarmaci. Tra il diciassettesimo e il ventitreesimoanno di età, soffre di episodi ricorrenti di anoressiamentale alternati a bulimia.Le fasi cliniche intercritiche (tra i 17 e i 27 anni)furono caratterizzate da mutacismo, autismo, produ-zioni deliranti minime ad eccezione di qualche spuntopersecutorio. Per i primi sei mesi di terapia psico-logica (tre sedute alia settimana) il paziente segui-tava a prendere degli psicofarmaci e veniva da meaccompagnato dalla madre; in seguito ridusse progres-sivamente gli psicofarmaci ed iniziò a venire da solo.Per il primo anno e mezzo di terapia non ha maiparlato, eccetto qualche cenno affermativo o negativo.I dati anamnestici di mia conoscenza li ho desuntidalle cartelle cliniche. La madre, unico elemento dellafamiglia con cui ho parlato, non ha aggiunto altrofuorchè una sconsolante riflessione: « non riesco acapire come si sia ammalato e perchè! ». Dopo unanno e mezzo di rapporto psicologico consi-stente inincontri silenziosi o, farei meglio a dire di « mutuacontemplazione », Andrea, cosi si chiama il paziente,mi ha portato e mostrato, spontaneamente, duranteuna seduta, il suo primo disegno. Premetto chenessuno dei seguenti disegni è stato interpretatodurante la terapia, ma semmai qualche elemento èstato psicodrammatizzato.

Fig. N. 1: Uomo a caccia dinotte sulle rive diun lago.

(4) E. Kris, Ricerche psl-coanalitiche sull'arte, To-rino, Einaudi, 1967, p. 84.

I titoli che darò alle illustrazioni sono gli stessi attri-buiti da Andrea ad ogni immagine. I disegni sono com-plessivamente 50 e rappresentano, a mio avviso, unesempio tipico di arte psicotica. Muovendo dal con-cetto che la psicosi corrisponde ad una eruzione dicreatività, alcuni autori sostengono che I'arte psico-patologica è I'arte di quegli ammalati che, per laprima volta nella loro vita, sviluppano un'attivita arti-stica durante la psicosi, tendendo così, attraversoquesta , a superare la disorganizzazione e il caos incui sono stati gettati dal processo psicotico (4).

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Figg. N. 2 e 2a: Rappresentazione della malattia psichica comeinizio e perdita delle capacita fisionomiche, formali e della fun-zione simbolica.

Si noti in questi disegni il tratto e I'uso infantiledel colore.

Fig. N. 3: Un uomo non può proseguire per la sua strada, unamontagna ne ostruisce il cammino; immergendosi nel mare vienesommerso dai flutti.

Fig. N. 4: Un uomo sta per affogare ma trova uno scrignoche racchiude uno spirito vivo e forte; viene ripescato dallamorte. In alto a sinistra la donna è sotto una campana di vetro.

Figg. N. 5, 5a e 5b: II viaggio: su strada, sul mare, attraverso IIfiume, attraverso il deserto.

Si puo osservare I'inizio del recupero del processofisionomico, formale e simbolico. II tratto del dise-gno e il colore sono diventati più espressivi.

Fig. N. 6: L'uomo della caverna, il fuoco e la luna buona.

Fig. N. 7: La tribù e la luna rossa (notare il guerriero conla lancia, la donna vicino al fuoco senza armi, I'elefante, etc.).

Fig. N. 8: La coppia primitiva (i due personaggi sono armati).

Fig. N. 9: La coppia separata (i due personaggi posseggono lestesse armi), la luna e il drago.

Fig. N. 10: L'uomo e la donna scalano la montagna sacra.

Fig. N. 11: L'uomo viene punito con la morte perche ha trovatoil fuoco della montagna. La donna aiuta l'uomo.

Fig. N. 12: L'uomo ha paura della donna, dell'albero, della mon-tagna, del mare, della luna e della notte.

Fig. N. 13: L'uomo ha paura della donna: nell'ombra sono Inagguato i mostri.

Fig. N. 14: Per andare con la donna bisogna prima tagliareI'albero; I'albero ha la testa di donna e vive con il serpente.

Fig. N. 15: Gli uomini e la luna guercia: ho paura degli uomini(in questo periodo si sono presentate fantasie persecutorie acontenuto omosessuale).

Fig. N. 16: lo e il mostro siamo legati a due colonne di fuoco;due donne vengono a liberarmi: una con una lampada, una senza.

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Fig. N. 17: La Strega che partorisce II fuoco fa un incantesimo;la luna cattiva guarda.

Fig. N. 18: I medici dicono che debbo mangiare: non posso, latavola è apparecchiata sul dorso di un drago.

Fig. N. 19: L'incantesimo della Strega ha mandato l'uomo sullaluna.

Fig. N. 20: Dalla terra il saggio guarda la luna.

Fig. N. 21: Lascio la luna e la donna lunatica per tornaresulla terra.

Fig. N. 22: Sulla terra ci sono il fuoco e gli alberi. Flgg. N.

23, 23a e 23b: Sulla terra ci sono paesi e città. Fig. N. 24:

Sulla terra sta la donna con la lampada accesa.

Fig. N. 25: Una coppia guarda il mare e I'avvicinarsi di unatempesta.

Fig. N. 26: (E' questo il penultimo disegno della serie). Gliignavi nel primo girone dell'inferno di Dante (possiamo notare:Dante, Virgilio e i dannati che rincorrono una bandiera viola, pun-zecchiati dagli insetti). Questo tema insolito ed unico nei disegnidi Andrea, mi ha spinto a domandargli se mai lui si identificassecon un « ignavo ». Non c'e stata alcuna risposta. La rispostaI'avrei trovata nel disegno successivo (ultimo della serie).

Fig N. 27: Un uomo a caccia di notte sulle rive di un lago.

Quest'ultimo disegno analogo al primo se ne diffe-renzia per qualche importante elemento e per il colore.Rivediamoli tutti e due insieme.

Figg. N. 1 e 27: Come si può notare lo stile è completamentediverso, manca un'ombra rappresentata nel primo disegno inbianco e nero; c'e una pioggia che non appariva nell'altro dise-gno; la luna è assente e nell'insieme il quadro sembra rappre-sentare un piovoso crepuscolo mattutino.

Discutendone con me Andrea racconta per la primavolta questa storia: « Quando avevo undici anni miopadre è andato a caccia con un caro amico di famiglia.Ho saputo poi che, per sbaglio, di notte, lo avevaucciso. In quel periodo io fui allontanato da casa emandato in collegio; i miei compagni mi hanno raccon-tato tutto, mi hanno fatto leggere anche i giornali cheriportavano I'accaduto. Mio padre è rimasto poco tempoin carcere perchè venne ritenuto innocente. In fami-

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glia non abbiamo mai parlato della vicenda. lo hosempre pensato che mio padre avesse ammazzatovolontariamente il suo amico perche questi era I'aman-te di mia madre ».II racconto, con le sue componenti reali e fantasma-tiche, narrato per la prima volta, scatenò momentidrammatici e commoventi. Come un vecchio cantasto-rie dell'alto medio evo Andrea aveva raccontato comepoteva, nello spazio di un rapporto reale, le avven-ture e le radici della propria coscienza. Alla fine dellaterapia, che è durata complessivamente sei anni, fecedono a me dei suoi disegni rappresentando così undistacco, umanamente difficile, da questi contenuti.Nel contempo, attraverso il « per-donum », egli ha rea-lizzato la piu alta e significativa possibilità dello spi-rito umano: quella di perdonare, accettando le causedeterminanti la sua storia, e quindi il proprio destino.Prima di concludere vorrei accennare ad un partico-lare tipo di lavoro che è stato realizzato piu tardi nelcorso della terapia utilizzando questi stessi disegnidopo averli ordinati però con un criterio diverso daquello cronologico che invece è stato adottato nellesequenze che abbiamo seguito finora. Le figure chevedremo adesso sono state ordinate per contenuti.Premetto che avendo il paziente subito venti E.S.come risulta dall'anamnesi, presentava anche nellasintomatologia lacune della memoria le quali si espri-mevano in un certo disorientamento temporospaziale.Cosi, un po' arbitrariamente, ho cercato di favorireil processo reintegrativo organizzando alcune sequen-ze di immagini secondo le norme storicistiche dellafunzione simbolica dell'lo.

Fig. A: Sviluppo storico che tocca i seguenti periodi: Etàdella pietra, Periodo greco, Periodo romano, Periodo medioevale,Periodo moderno.

Fig. B: Lo stesso lavoro è stato fatto per altri contenutiarchetipici: La casa come simbolo del se e come progressivaconquista della vita di relazione (dalla caverna alla casa dellacitta).

Fig. C: II viaggio come immagine di distacco da contenuticaotici verso contenuti piu organizzati e individuali e come im-

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Figura N. 1: Uomo a caccia di notte sulle rive di un lago,

Figura N. 2: Rappresentazione delta malattia psichica comeinizio e perdita delle capacita fisionomiche, formali e della fun-zione simbolica. Si noti in questi disegni il tratto e I'uso infantiledel colore.

Figura N. 3: Un uomo non può proseguire la sua strada, unamontagna ne ostruisce il cammino, immergendosi nel mare vienesommerso dai flutti.

Figura N. 4: Un uomo sta per affogare mentre trova uno scrignoche racchiude uno spirito vivo e forte; viene ripescato dalla morte.

Figura N. 5: // viaggio: per strada, attraverso il deserto, attra-verso il mare.

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Figura N. 6: L'uomo della caverna, il fuoco e la luna buona.

Figura N. 7: La tribù e la luna rossa (notare il guerriero conla lancia, la donna vicino al fuoco senza armi, i'elefante, etc.).

Figura N. 8: La vita di coppia primitive (i due personaggisono armati).

Figura N. 9: La coppia separata (i due personaggi posseggonole stesse armi), la luna e il drago.

Figura N. 10: L'uomo e la donna scalano la montagna sacra.

Figura N. 11: L'uomo viene punito con la morte perche hatrovato il fuoco della montagna; la donna aiuta l'uomo.

Figura N. 12: L'uomo ha paura della donna, dell'albero. dellamontagna, del mare, della luna, della notte.

Figura N. 13: L'uomo ha paura della donna: nell'ombra cisono in agguato i mostri.

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Figura N. 14: Per andare con la donna bisogna prima tagliareI'albero; I'albero ha la testa di donna e vive con il serpente.

Figura N. 15: Gli uomini e la luna guercia: ho paura degliuomini. (In questo periodo si sono presentate fantasie persecu-torie a contenuto omosessuale).

Figura N. 16: lo e i l mostro siamo legat i a due colonne difuoco; due donne vengono a liberarmi una con una lampada, unasenza.

Figura N. 17: La Strega che partorisce il fuoco fa un incan -tesimo; la luna cattiva guarda.

Figura N. 18: / medici dicono che debbo mangiare: non posso,la tavola è apparecchiata sul dorso di un drago.

Figura N. 19: L'incantesimo della Strega ha mandato I'uomosulla luna.

Figura N. 20: Dalla terra il saggio guarda la luna.

Figura N. 21: Lascio la luna e la donna lunatica per tornaresulla terra.

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Figura N. 22: Sulla terra ci sono il fuoco e gli alberi.

Figura N. 23: Sulla terra ci sono paesi e citta.

Figura N. 24: Sulla terra ci sta la donna con la lampada accesa.

Figura N. 25: Una coppia guarda II mare e I'avvicinarsi di unatempesta.

Figura N. 26: Gli ignavi nel primo girone dell 'inferno di Dante.

Figura N. 27: Uomo a caccia di notte suite rive di un lago.

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Figura A

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Figura A: Sviluppo storico che tocca i seguenti periodi: Età dellapietra, Periodo greco, Periodo romano, Periodo medioevale, Pe-riodo Moderno.

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Figura B

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Figura B: Lo stesso lavoro e stato fatto per altri contenuti arche-tipici: La casa come simbolo del Sè e come progressiva conqui-sta della vita di relazione (dalla caverna alia casa delta citta).

I

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Figura C

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Figura C: // viaggio come immagine di distacco da contenuticaotici verso contenuti piu organizzati e individual! e viceversacome immagine di approfondimento delta coscienza dell'IO versocontenuti simbolici di natura archetipica.

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Figura D

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Figura D: // periodo medioevale come recupero e trasformazionedi vari archetipi attraverso la trasformazione alchemica.

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magine di approfondimento della coscienza dell'lo verso conte-nuti simbolici di natura archetipica.

Fig. D: II periodo medioevale come recupero e trasformazionedi vari archetipi attraverso la trasformazione alchemica.

Seguendo questo criterio sono stati messi a fuocointerpretati e discussi altri contenuti archetipici comeil tema del fuoco, dell'albero, della luna, dell'Anima,etc., che qui per ragioni di spazio non possiamoillustrare.

Concludendo possiamo dire che la psicoterapia delle psicosi, come modalitàdi comunicazione dialogica non si giustifica come lavoro di indagine o ricercadottrinale se non la si riconosce fondata sulla natura stessa dell'uomo in quantoesistenza, e non già del-I'uomo in generale, ma del singolo uomo, nella con-cretezza del suo esistere. Tuttavia il singolo non è mai solo, egli è bisognosodi aiuto, e in cerca di aiuto: e I'aiuto puo riceverlo o può darlo. Perciòognuno in psicoterapia lavora per se e per gli altri e fa del lavoro analiticonutrimento e vita per la propria vita, la quale a sua volta sara nutrimento evita per gli altri. II processo di desimbolizzazione e la riorganizzazione delsimbolo esprimono queste alterne vicende nel terapeuta e vedono nellaschizofrenia, piu che la malattia, il cerchio piu grande che comprende I'esi-(5) G. Benedetti, op. dt., stenza (5). II dolore sovrasta la nosologia.p. 304.

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