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7/23/2019 Della Struzione

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“Dans quels mondes vivons-nous?” di A. Barrau e J.L. Nancy

 Della struzione – J.L. Nancy.

La tecnica supplisce la natura. Viene in supplenza della natura, laddove la natura non assicura certi

fini (come la casa, il letto), e ne viene in supplemento aggiungendosi ai suoi fini e ai suoi mezzi.Questo doppio valore e' cio' che Derrida inscrive nella “logica del supplemento”, e si puo' dire che

uesta logica stessa non a!!ia altra provenienza ne' altra istanza di supporto che precisamente

uesto rapporto tra la tecnica e la natura. "l supplemento in uanto concetto doppio rileva sempre

della tecnica, dell'artificio o dell'arte, dove ueste tre parole sono per uesto sguardo uasi dei

sinonimi.

#omunue sia, cio' implica due condizioni$ innanzitutto, la natura deve presentare delle lacune (cos%

essa puo' offrire dei rifugi, non delle case), poi, la tecnica deve potersi innestare sulla natura

(utilizzare i suoi materiali, le sue forze). #os% almeno per gli animali della specie o della varieta'

homo che manifestano dei !isogni che la natura non soddisfa (a!itare, riscaldarsi) e, d'altra parte, le

tecniche inventate da homo attingono dalla natura le loro risorse operative (pietre affilate, fuoco).

"l fuoco rappresenta forse il punto sim!olico di giunzione dove diviene operativa la supplenza$ si puo' accendere in una tempesta, da un'eruzione di un vulcano, da una com!ustione spontanea di gas,

ed esso costituisce, come si dice, l' “invenzione” maggiore degli uomini primitivi, allorche' non e' la

com!ustione che essi inventano, ma la conservazione e la produzione “tecnica” della com!ustione.

#io' che vale per il fuoco, vale per l'elettricita', per i semiconduttori, per le fi!!re ottiche, per

l'energia disponi!ile nella fissione o nella fusione nucleare.

La natura porta e propone sempre la materia prima della tecnica, mentre la tecnica altera, trasforma,

converte le risorse naturali per i suoi fini propri.

Questa semplice considerazione ha una conseguenza importante$ la tecnica non viene dal di fuori

della natura. &ssa ha il suo posto nella natura, meglio ancora, se la natura e' definita come cio' che

compie i suoi fini da sola, allora anche la tecnica deve essere compresa come un fine della natura,

 poiche' e' da uesta che nasce l'uomo capace di o che ha !isogno di tecnica.

La tecnica a sua volta conosce il suo proprio sviluppo$ non risponde piu' solamente ad insufficienze

naturali, produce le sue proprie aspettative e cerca di rispondere a domande che vengono da se'

stessa. &' da uesto che si produce e s'inventa la selezione delle piante e la selezione per gli

allevamenti. La tecnica costruisce un ordine proprio, relativamente autonomo, che dispiega, a

 partire dalle sue possi!ilita' particolari, delle aspettative e delle domande nuove. on si tratta piu'

solamente della configurazione di materiali e di forze ( uello che chiamiamo le “macchine

semplici”, la leva, il mulino), e' l'ela!orazione di logiche strutturate a partire da un dato esso stesso

 prodotto in vista di un nuovo fine$ esemplarmente, la potenza del vapore, seguita da uella del gas e

del petrolio, dell'elettricita', dell'atomo, poi della ci!ernetica e del calcolo numerico (risultati

immateriali che contemporaneamente presuppongono dei trattamenti nuovi e delle com!inazioniinedite dei materiali, come il silicio e il deuterio).

#io' che guida profondamente uesto sviluppo non e' la “macchina” come troppo spesso si pensa.

La macchina non sorge da non si sa' uale nulla. &ssa stessa e' progettata, cioe' a dire che e'

concepita, ela!orata, strutturata a partire dai fini che ci si propone.

 on sono certo alcuni aneddoti su invenzioni dovute ad incidenti (l'osservazione del vapore che fa

so!!alzare il coperchio di una pentola) che possono oscurare il fatto che il processo dell'invenzione

tecnica e' un processo interno al dispiegarsi di visioni e di ricerche orientate da ueste stesse visioni.

i cerca di andare piu' veloci e piu' lontano, di attraversare gli oceani, di produrre di piu', di colpire

il nemico da piu' lontano, etc.

i cerca congiuntamente di trasportare piu' merci, di impegnare per uesto maggiori investimenti

 per garantirsi dai rischi$ le tecniche finanziarie sono legate alle tecniche marittime in undispiegamento che presuppone d'altronde degli imprenditori indipendenti e in concorrenza, vale a

dire tutta una tecnica sociopolitica e giuridica che struttura l'intero spazio della vita comune.

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#os% “la” tecnica non e' essa stessa limitata dall'ordine delle tecniche nel senso in cui si parla oggi di

“tecnologie”. La tecnica e' una strutturazione dei fini un pensiero, una cultura, una civilizzazione,

o come si vorra' dire una costruzione indefinita di un complesso di fini sempre piu' ramificati,

intrecciati e com!inati, ma, soprattutto, di fini che si caratterizzano attraverso il costante

ridispiegamento delle loro proprie costruzioni. La trasmissione senza supporto tangi!ile del suono,

dell'immagine e dell'informazione crea nuove configurazioni tanto di dispositivi che di forme di

vita.La possi!ilita' di agire su certe malattie, sulla fecondita' o sulla durata della vita tramite invenzioni o

sostanze inventate per uesti fini crea delle nuove condizioni sociali, sessuali, affettive.

* uesto stadio i fini e i mezzi non la smettono di scam!iarsi i ruoli. La tecnica dispiega un regime

generale di invenzione dei fini che sono essi stessi pensati nella prospettiva di mezzi (come superare

la sterilita'+ come trasmettere un' immagine animata+) e di conseguenza di mezzi che valgono in se'

stessi come fini ( e' !ene vivere piu' a lungo, e' !ene che il denaro produca altro denaro).

&' per uesto che le tecniche delle arti cioe' a dire le tecniche in uanto “arti” o godimento di fini

in se', forme che valgono per se stesse possono diventare contemporaneamente un riferimento

o!!ligato di tutti i rapporti con i fini (!isogna mettere tutto in immagine, in suono, in ritmo,

ipostatizzare tutto in una manifestazione$ i corpi, i prodotti, i luoghi) e l'am!ito privilegiato di una

interrogazione sulla finalita' (perche' l'arte+ * che fine+) che diviene sospetto d'identita' (che cos'e'l'arte+ *l servizio di chi opera+).

#ostruzione e decostruzione si coppartengono in maniera stretta. #io' che si costruisce secondo una

logica dei fini e dei mezzi si decostruisce al contatto del !ordo estremo dove i fini si rivelano senza

fini e i mezzi, a loro volta, dei fini temporanei dove si generano delle nuove possi!ilita' di

costruzione.

L'automo!ile ha generato l'autostrada, che ha generato dei nuovi modi e delle nuove norme di

spostamento.

&ssa sta mettendo anche la citta' davanti alla necessita' di reinventare simultaneamente i suoi mezzi

di trasporto (tram, etc.) e, a !reve, le sue finalita' stesse di “citta'”.

La camera e il montaggio digitale stanno decostruendo e ricostruendo non solamente il paesaggio

formale del cinema, ma la significazione e la posta in gioco del cinema stesso ( lo stesso accade nel

trattamento del suono).

""

La posta maggiore di uesto processo e' uella del senso$ laddove eravamo a!ituati a rapportare il

senso a una prospettiva ultima, a un fine ultimo (che fosse della storia, della saggezza o della

salute), scopriamo che i fini contemporaneamente proliferano e si trasformano in mezzi.

Da uesto punto di vista si potre!!e dire che la tecnica e il nichilismo vanno di pari passo$ laddove

ci si rappresentava piuttosto una destituzione dei fini (valori, ideali, senso) ci si presenta la loro

moltiplicazione indefinita e allo stesso tempo la loro euivalenza e la loro sostitui!ilita'.

a e' precisamente ui che la tecnica li!era la sua lezione$ attraverso essa la natura che ne risultarivela propriamente che e' per se' stessa priva di fini. Lo sappiamo, e infatti diciamo che “la rosa e'

senza perche' - fiorisce perche' fiorisce”. a uesto “senza perche'” continuava ad aprire un

rapporto piu' o meno sordo, piu' o meno latente, con un regno nascosto della gratuita' nel uale

 pensavamo di essere capaci di riconoscere una pura gloria dell'essere (da uando non a!!iamo piu'

 !isogno di farvi dimorare una !onta' divina).

La tecnica ci insegna a fare piazza pulita di una tale gloria e di un tale regno nascosto. &'

un'esperienza non solamente delle nostre esperienze metafisiche, teologiche e spirituali, ma anche

della nostra inclinazione poetica. "n un certo senso, e' la messa in uestione di tutte le nostre

elevazioni, della nostra su!limit, dei nostri slanci e delle nostre disposizioni ordinate a una

grandeur e dunue ad altro rispetto alla mediocrita' della vita sottomessa a una necessita', un

 !isogno che non e' piu' in alcun modo giustificato. & uesto !isogno, il semplice !isogno di vivere,se non e' giustificato, si trasforma in una servitu' attraverso la uale noi diventiamo schiavi della

tecnica e di cio' che ne e' il corollario manifesto$ il capitalismo in uanto produzione inifinita del

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valore produci!ile, scam!ia!ile e suscetti!ile di crescita esponenziale. "l valore in uanto valore

monetario rappresenta in ualche modo la natura rovesciata$ cio' che cresce da se' stesso ma di cui

la fioritura si confonde con la crescita indefinita e senza fioritura ne' frutti. La “fruttificazione” non

e' un termine impiegato casualmente per parlare della rendita dell'investimento, compreso uello

dell'investimento puramente finanziario (forma pura, insomma, della valorizzazione in se' dello

scam!io senza un referente esterno).

"l capitalismo costituisce l'esposizione in valore dell'infinita proliferazione dei fini e del senso, allauale ci ha introdotto la tecnica. Questa esposizione offre il fine, il senso e il valore precisamente

come il processo stesso di un aumento senza fine (parliamo di “crescita”). &' di uesto processo che

 potevamo attenderci, come faceva ar/, un passaggio al limite e un rovesciamento attraverso il

uale la crescita giungere!!e a uno stadio in cui i suoi frutti diventere!!ero disponi!ili per tutti

senza !isogno della distorsione tra le condizioni della loro produzione e il loro valore effettivo (loro

sapore, loro valore, loro senso non scam!ia!ile). 0na tale attesa supponeva ualcosa come una

natura che avre!!e potuto riprendersi i suoi diritti. 0na ph1sis che avre!!e realizzato attraverso la

tecnica come crescita rivelando che ogni tecnica e' crescita la fioritura e la fruttificazione di un

valore o di un senso indipendente da ogni misura, da ogni euivalenza e di ogni possi!ililita' di

sottrazione come di accumulazione.

2ra cio' che si dispiega sotto i nostri occhi non e' una ph1sis. oi diremo che e' il contrario, esiamo pronti a chiamare “tecnica” uesto contrario. a come ho gia' detto, se la tecnica e' il

dispiegamento della natura, non vi si puo' vedere il suo contrario o meglio, noi do!!iamo pensare

un rovesciamento interno della natura nel suo contrario$ ma non sare!!e uesto il tentativo di

ricondurre tutto ad una dialettica dalla uale poi ci attenderemmo inevita!ilmente una seconda

natura+

Dunue e' necessario pensare altrimenti. e la “tecnica” da' il senso alla natura a partire dal uale

essa si costruisce e si distrugge allo stesso tempo, cio' vuol dire che non e' piu' possi!ile parlare di

“natura”, ne' di conseguenza, e a rigore, di “tecnica”. L'opposizione di ph1sis e te3hne', di cui

*ristotele ha consacrato l'uso, attraverso molti secoli di maturazione, che ne hanno complicato in

maniera decisiva l'opposizione sottoponendola ad una torsione continua, e' giunta sino a cio' che

Derrida chiama piu' tardi il “supplemento”, e che 4eidegger aveva designato come “l'ultimo invio

dell'essere”5 in ogni caso, la posta in gioco e' uesta$ la “tecnica”, aggiungendosi alla “natura” e

aprendo dei fini ch'essa ignora, costruisce in realta' l'idea stessa di uesta “natura” 6 la sua

immanenza, la sua autofinalita', il suo luogo di maturazione. a e' anche lei che distrugge e

decostruisce uesta idea, e con essa una struttura intera di rappresentazioni che organizzavano il

 pensiero occidentale.

&' significativo che il motivo della distruzione punteggi il tornante della modernita'$ in 7audelaire,

innanzitutto, per il uale “la Distruzione” concentra, nel poema omonimo, tutto il desiderio

“infame” e “demoniaco” che travolge, come travolge (nelle 8accolte), la “moltitudine vile”, e,

come si sa !ene, in allarme' per il uale la distruzione “e' stata 7eatrice”.9

i puo' anche ricordare di 8im!aud$ “i puo' raggiungere l'estasi nella distruzione, ringiovanirsinella crudelta':”;.

(<rima del tornante della modernita', nei suoi prodromi, il motivo della rovina ha gia' occupato uno

spazio am!ivalente, esi!endo lo charme melanconico delle costruzioni fatiscenti, veri e propri

monumenti della loro sconfitta).

9 “(...) non ho creato la mia 2pera che per eliminazione, e tutte le verita' acuisite non nascevano che dalla perdita di

un' impressione che, scintillando, si era consumata e mi permetteva, grazie alle tene!re che rilasciava, di spingermi

sempre piu' proficuamente nella sensazione della =ene!ra *ssoluta. La Distruzione fu la mia 7eatrice. (>), il modo

 peccaminoso e s!rigativo, satanico e facile della mia Distruzione, che ha prodotto non una forza, ma una

sensi!ilita'.” (lettera del ;? maggio 9@A? a &ugene Lefe!ure).

; Dans #onte. 6 & si puo' pensare anche a Dostoievs3i$ “L' uomo deve costruire, e' certo$ ma perche' ama anchedistruggere+ on sara' che ha il terrore istintivo di aspettare la sua fine, di portare a compimento la sua

costruzione+”

(emorie del sottosuolo, tr. fr. 4alperine et #h. orice, <aris, <lon, 9@@A, p. 9?;).

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"""

#'e' stata dunue un'ipertrofia della costruzione$ meno fondazione, innalzamento di edifici, di cui il

tempio, il palazzo e le tom!e costituiscono il triplo paradigma, e piu' montaggio, concatenamento e

composizione di forze di cui l' “opera d'arte” offre uasi il concetto (ponte, molo, forte, sala, etc.).

L'opera d'arte richiede piu' l'ingegnere-tecnico che il !atisseur, il costruttore piu' che il fondatore (e

d'altronde si costruiscono cosi' anche le strade, i vasi, i silos, i carri, le macchine). La costruzione

diviene dominante uando l'edificazione da una parte, la confezione dall'altra, si industrializzano esi ingegnerizzano, vale a dire mettono in gioco la costruzione di schemi operativi, dinamici,

energetici che rispondono a fini essi stessi inventati e costruiti secondo visioni definite (potenza

della produzione, velocita', resistenza, riproduci!ilita', etc.).

"l paradigma costruttivo che si espande con l'ur!anizzazione, i mezzi di trasporto e d'esplorazione,

e la mo!ilitazione di energie non manifeste (car!one, gas, petrolio, elettricita', magnetismo, calcolo

digitale, etc.) 6 paradigma che rende sempre consunstanziali i fini e i mezzi porta ad una reazione

di distruzione. i tratta meno di “rovinare” e di “demolire” che di prendere le distanze da uello che

si potre!!e chiamare il “costruttivismo” ( dirottando un termine la cui invenzione risale all'inizio

del BB secolo e che non e' tuttavia insignificante). La Destru3tion heideggerriana dell'ontologia,

che si distingue espressamente dalla demolizione (Cerstorung), e' “distruzione” in uesto senso (che

ranel e Derrida hanno tradotto con “decostruzione”). &ssa costituisce in ualche modo il pendantfilosofico della Distruzione esistenziale ed estetica di 7audelaire e di allarme'. &' messa in gioco

la distruzione come tale (ed anche l' “istruzione” come messa in ordine del sapere$ si potre!!e

mostrarlo attraverso il carattere recente dei valori scolastici del termine “istruzione” 6 l' “"struzione

 pu!!lica” data dalla 8ivoluzione Erancese e l' “ istruzione religiosa” non e' piu' antica).

u cosa apre la distruzione cioe' a dire, forse, il movimento stesso della costruzione moderna+

 on si tratta di “ri6costruire” (contrariamente alla domanda che si ripete ininterrottamente ai

“decostruzionisti” $ finirete per ricostruire+). on si tratta piu' di ritornare a gesti fondativi,

costruttivi, costituenti o istituenti, anche se si tratta di aprire e d'inaugurare, di lasciare venire del

senso.

Quel che e' in gioco al di la' della costruzione e della distruzione e' la struzione come tale.F 

truo significa “ammassare”, “ammucchiare”. on e' uestione dell'ordinare ne' dell'organizzare

che implicano il con6 e l'in6 della struzione. &' il mucchio, l'insieme non assem!lato. &' la contiguita'

e la copresenza, certo, ma senza principio di coordinamento.

<arlando di “natura”, noi supponiamo o meglio noi presupponiamo un coordinamento proprio e

immanente alla profusione degli esseri ( una costruzione spontanea o divina). #on la “tecnica” , noi

supponiamo un coordinamento determinato o regolato da fini che provengono dall'uomo ( dai suoi

 !isogni, dalle sue capacita', dalle sue aspettative). 8etroagendo, se cosi' si puo' dire, sulla “natura”

dalla uale proviene o sorge (non possiamo decidere tra i due concetti...), la “tecnica” si contende le

due possi!ilita' di coordinazione). &ssa invita a considerare una struzione$ la simultaneita' non

coordinata delle cose o degli esseri, la contingenza della loro coappartenenza, la dispersione delle profusioni di aspetti, di specie, di forze, di forme, di tensioni e d'intenzioni (istinti, pulsioni,

 progetti, slanci). "n uesta profusione, nessun ordine si fa valere come fondamento degli altri$ tutto

sem!ra istinti, reazioni, irrita!ilita', connessioni, euili!ri, catalizzatori, meta!olismi votati a

 prendersi gli uni negli altri, a sciogliersi o a confondersi gli uni attraverso gli altri.

*llorche' il paradigma era stato architetturale e di conseguenza anche, in maniera piu' metafisica,

architettonico, e' diventato innanzitutto strutturale composizione, certo, assem!laggio, ma senza

finalita' costruttirce e poi struzionale, vale a dire relativo ad un assem!laggio la!ile, disordinato,

aggregato o amalgamato piuttosto che congiunto, riunito, assortito o associato.

Di fatto e' la uestione di una “sociazione” in generale che si pone con la struzione. <uo' esserci

associazione, societa' se il socius e' uello che “va con”, che accompagna e se, di conseguenza,

egli mette in gioco un valore attivo e positivo del “con”, del cum intorno al uale o attraverso iluale si gioca ualcosa come una condivisione-partizione+

F La struzione e' anche un concetto della teoria grafica, che pero' non ha alcuno spazio ui.

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#io' che io nomino ui “struzione” sare!!e lo stato del “con” privo del valore di

condivisione-partizione, che mette in gioco la semplice contiguita' nella sua contingenza. Questo

sare!!e per riprendere i termini che 4eidegger vuole distinguere nella comprensione del “con” (del

mit del itdasein come costituzione ontologica dell'esistente), un “con” unicamente categoriale e

non esistenziale$ la pura e semplice giustapposizione che non fa senso

"VEorse la struzione e' la lezione della tecnica costruzione6distruzione dell'insieme degli essenti

senza piu distinzione tra “natura” e “arte” 6 in uanto ci istruisce di uesta istruzione (che non

comprendiamo precisamente, che ci sem!ra poco istruttiva) secondo la uale il senso ormai non si

lascia piu' costruire ne' istruire. #io' che ci e' dato non consiste che nella giustapposizione e nella

simultaneita' di una copresenza di cui il co non porta alcun altro valore particolare se non uello

della contiguita' o della giustapposizione dei-nei limiti secondo i uali l'universo stesso e' dato.

*llo stesso tempo, uesti limiti stessi non sono dati che sotto la riserva dell'impossi!ilita' di

assegnarli propriamente come la delimitazione di un mondo in rapporto ad un altro mondo o a un

retromondo. L'universo, da una parte, e' detto in espansione !enche' finito5 dall'altra, non puo' piu'

nemmeno essere detto “universo” ma solamente “multiverso”. 2ra, per pensare al di la' dell'

“universo” non !isogna piu', !eninteso, comprendere i mondi multipli come un (o degli) altro(i)mondo(i). “on sono piu' un altrove ma dei modi di relazione del “fuori6di6se'”G.

L'idea di universo contiene uno schema di costruzione, d'architettura$ una !ase, una fondazione e

una su!struzione (una parola che si trova anche in allarme':) sull'ascissa della uale si eleva e

s'inserisce l'unitotalita'. Questa riposa sulla propria supposizione, si rapporta essenzialmente a se'$ in

 !reve, essa e' in se' (e “essere”, e' essere “in se'” per il pensiero che si sostiene con uesto schema).

a la copresenza e la comparizione sottraggono-deviano insieme l'in6se' e la costruzione$ “etre” non

e' piu' in se', ma e' contiguita', contatto, tensione, torsione, incrocio, concatenamento. #io',

sicuramente, non senza offrire dei tratti di “costruzione” intesi come disposizione e distri!uzione

reciproca dei multiversi che si coappartengono, ma non come (su!)posizione di un essere o di un

reale fondamentaleH.

"l reale non si dissolve del tutto nell'irreale, ma si apre sulla realta' della sua

insupposizione-nonsupposizione. &' uesto che significa la dissoluzione dell'opposizione

te3ne-natura o cio' che si chiama “il regno della tecnica”.

&' uesto che si produce nella nostra storia. oi siamo giunti a uesto punto in cui l'architettonica e

l'architettura intese come le determinazioni di una costruzione essenziale, o dell'essenza in uanto

costruzione non valgono piu'. i sono consumate in se' stesse.

a non c'e' stata soltanto usura. on e' solamente una costruzione che il tempo avre!!e

compromesso. &' il principio stesso della costruzione che e' stato scosso.

L'accumulazione di cui si e' parlato rileva dei motivi della distruzione intorno al 9IJJ nel

 periodo che e' da considerare come “il” tornante del secolo per eccellenza, dove di fatto ualche

cosa si e' capovolta ed e' precipitata, dove un edificio e' stato scosso al punto che si potre!!e dire, intutti i sensi possi!ili, che il costruttore e l'edificio si sono messi a vacillare uesta accumulazione

testimonia di una sorta di saturazione e di rottura del modello della “costruzione”. #io' significa che

la costruzione portava in se' il germe della decostruzione. #io' che innanzitutto si e' presentato come

l'estensione dell'assem!laggio e del montaggio di strumenti prolungamenti di corpi, macchine

semplici poi come aumento della padronanza amministrazione e governo di energie (vapore,

elettricita', reazioni chimiche ) ha avuto luogo dal solo impiego di forze (acua corrente, venti,

gravita') ha rivelato una natura altra$ uella della com!inazione, dell'interazione e poi del feed

 !ac3.

"n realta', e' tutta un'organicita' o una uasi organicita' che viene cosi' dispiegata.

"l paradigma costruttivo si oltrepassa insomma in se' stesso, si ipercostruisce e tende all'autonomia

organica. L'ipercostruzione si rovesca in struzione.

G *urelien 7arrau, Quelues elements de ph1siue et de philosophie des multiverses, p. 9;;, http$....

H Vedi su uesto punto l'uso della “costruzione” nel lavoro citato nella nota precedente.

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V

2ppure, secondo un'altra prospettiva un po' diversa, e' l'autonomia organica del nostro proprio

comportamento che si e' spinta cos% lontano, al di la' non solamente dei nostri corpi ma del nostro

spirito, domandando a uest'ultimo di esportarsi e di esporsi sotto forma di “macchine” sempre piu'

autoreferenziali, le cui leggi e schemi di organizzazione retroagiscono imponendo certe modalita' di

funzionamento ai nostri comportamenti. "mpariamo a maneggiare-gestire cosi' !ene il calcolatore,sia in ufficio che sulla nostra vettura, sul treno, sull'aereo, sul !attello, nella ricerca archeologica e

nella memorizzazione di dati, nella “creazione” di suoni e d'immagini.

Questo maneggiamento-gestione non presuppone solamente un'e/pertise nuova, ma anche uno

spazio6tempo differente, non omogeneo d'altronde e nemmeno unitario e “universale”$ siamo in

ogni istante simultaneamente nell'estensione di certi moduli messi in opera ovunue (una tale

 procedura digitale, un tale uso di segni, d'icone) e nel rinnovamento continuo di possi!ilita' inedite,

che senza du!!io hanno aspetti estremamente ripetitivi (tutti fanno le stesse foto degli stessi

monumenti, etc.) ma la cui ripetizione porta all'incandescenza una realta' nuova. on siamo piu' alla

scoperta di un mondo che ci e' parzialmente sconosciuto, ma siamo nell' accumulo-cumulo-mucchio

vertiginoso di pezzi, parti, zone, frammenti, appezzamenti, particelle, elementi, lineamenti, germi,

nuclei, clusters, punti, scansioni, nodi, ar!orescenze, proiezioni, proliferazioni, dispersioni a partiredalle uali siamo presi, intrecciati, assor!iti e rigettati in una prodigiosa massa insta!ile, mo!ile,

 plastica e metamorfica, che rende sempre meno possi!ile la distinzione del “soggetto” e dell'

“oggetto” come dell' “uomo” e della “natura” o del “mondo”.

Di fatto, noi non siamo piu', forse, in un mondo e nemmeno “al mondo”. &' il senso piu' avanzato

della diluizione o scomparsa del cosmos, o della !ella unita' composta secondo un ordine superiore

che la comanda e che la riflette. "l nostro “mondo” 6 o il nostro “elemento” 6 e' piuttosto composto

di pezzi e di parti che, tutte insieme, proliferano a partire da una stessa matrice (l'uomo, l'animale

tecnico della natura, l'appendice costruttrice di un grande tutto che si rivela poco costruito ma

incredi!ilmente ricco di virtualita' co6de6in6struttive). Le parti e i pezzi, gli “elementi” mai

a!!astanza elementari di uesto grande “elemento” nel senso del milieu, uesto ecostistema che e'

un'ecotecnia, sfugge incessantemente alla presa per una costruzione ualunue. "l loro

concatenamento non rimanda a una costruzione prima o finale, ma, piuttosto, a una specie di

creazione continua dove si rinnova e si rilancia senza posa la possi!ilita' stessa del mondo o

meglio della molteplicita' dei mondi.

"n uesto senso, la struzione apre meno su un passato e un futuro che su un presente, tuttavia, mai

compiuto in presenza. "mpegna una temporalita' che non puo' piu' decisamente corrispondere ad una

diacronia lineare. #'e' in essa ualcosa di sincronico, cio' che vuol dire meno un taglio trasversale

della diacronia che un modo dell'unita' delle parti del tempo tradizionale che e' l'unita' stessa del

 presente in uanto si presenta, arriva, ha luogo, avviene. L'avvenire-sopravvenire e' il tempo della

struzione$ evento il cui valore non e' solamente uello dell'imprevisto o dell'inaugurale non

solamente il valore di rottura o di rigenerazione della linea del tempo 6, ma anche uella del passaggio, della fuggevolezza mischiata all'eternita'.

0n fuori del tempo al cuore del tempo niente d'altro senza du!!io che cio' che presentava il nostro

 pensiero cronico nella fuga perpetua dell'istante presente. a la “fuga” non ha ui il valore della

scomparsa, non piu' di un evento come apparizione. #ome per la (de)(con)struzione, e' necessario

che li!eri la (dis)(ap)parizione. La “parizione”, la pu!!licazione-parution, e' l'apparire ma ne'

come manifestazione ne' come parvenza dell'apparenza. #ome lo suggerisce l'uso antico della

 parola, “apparire” e' venire alla presenza, presentarsi. #ioe' a dire, venire presso-dopo,

 prossimamente. &' sempre una comparizione.

 ella comparizione si rivela un dislocamento, una curvatura del dispositivo fenomenologico. i

tratta meno del rapporto tra una visione e il suo riempimento che di una correlazione delle

immagini-apparenze tra loro. eno di un soggetto e di un mondo che dei rinvii del mondo in se'stesso e a se' stesso, della profusione di uesti rinvii e del loro modo di creare cos% cio' che si

 potre!!e chiamare un senso, un senso del mondo che non e' nient'altro che la sua comparizione$ che

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vi sia il mondo e tutto cio' che c'e' al mondo, e non niente.

 

V"

Questo spazio d'evidenza !ruta potre!!re sem!rare ricondurci a uno stato nascente, infantile,

rudimentale. on ci sare!!e nient'altro da ricevere, da progettare o da esprimere se non la piu'

trita -frusta delle condizioni. on si potre!!e piu' rendere ragione al mondo, ne' uno spazio cherenda giustizia al fatto stesso della sua esistenza. La tecnica avre!!e contemporaneamente sottratto

la possi!ilita' per uno spazio dei fini ultimi o del !ene supremo e reso la ragione proliferante,

esor!itante, anzi delirante nella sua autosufficienza stessa, cancerosa nella sua crescita.

<ertanto, essere reso allo stato di struzione non significa necessariamente regressione o

degenerazione. #i potre!!e essere un progresso nel passaggio al di la' del processo di costruzione,

di istruzione e di distruzione. La struzione li!era dall'ossessione che vuole pensare il reale o l'essere

sotto lo schema della costruzione e che si esaurisce cos% nella ricerca vana di un architetto o di un

meccanico del mondo.

La struzione offre un dis6ordine che non e' ne' il contrario ne' la rovina di un ordine$ si situa altrove,

in cio' che chiamiamo contingenza, casualita', dispersione, erranza, che merita pertanto i nomi di

sorpresa, invenzione, chance, incontro, passaggio. on si tratta di nient'altro che della copresenza omeglio della com6parizione di tutto cio' che appare, vale a dire di cio' che e'.

#io' che e', in effetti, non appare uscendo da un essere in se'. L'essere stesso e' apparire, lo e'

integralmente. iente precede o segue il “fenomeno” che e' l'essere stesso. Quest'ultimo non e'

dunue niente d'essente poiche' e' l'apparire dell'essente che non “e'” che apparire e comparire. on

appare ad una coscienza o a un soggetto$ com6pare, tutto appare insieme e tutto appare a tutto$ tutto

rinvia a tutto e tutto si mostra dunue attraverso tutto. enza fine e piu' precisamente senza

cominciamento ne' fine.

<ossiamo apprendere la logica l'ontologia, la mitologia, l'ateologia, se do!!iamo cercare dei nomi

6 di uesta semplice e inestrica!ile comparizione+ Vale a dire di uesta ecotecnia che e' gia' divenuta

la nostra ecologia e la nostra economia, cioe' l' euili!rio dei nostri am!ienti e delle nostre gestioni

della sussistenza+

La tecnica ci presenta da ogni parte la dispersione, spesso la contrarieta', sempre la moltiplicazione

indefinita dei suoi fini, che non sono ne' fini ne' mezzi. <rolunghiamo la vita per prolungarla,

gestiamo dei servizi, le vite sono cos% allungate, miglioriamo le nostre tecniche e i nostri saperi

 !iochimici, !iomeccanici, dai uali traiamo delle nuove possi!ilita' per altri modi di assistenza ad

altre vite minacciate e siamo sempre piu' allontanati dal saper pensare la “vita”, non solamente

l'esistenza di ciascuno, ma la vita dell'insieme del vivente e, attraverso essa, nientemeno che lo

slancio-spinta- del mondo, se la “vita” propriamente detta uel chiamiamo cos% esce essa stessa

dal movimento del concatenamento, della com!inazione, azione e reazione di cio' che chiamiamo la

“materia”. Quest'ultima si rivela sempre piu' grazie alle tecniche di ricerca sempre piu' sofisticate,ma soprattutto sempre piu' intricata essa stessa nell' “oggetto” stesso delle tecniche.A

"n fin dei conti, tutto cio' che a!!iamo nominato “materia”, vita, od anche “natura”, “dio”, “storia”,

“uomo” precipa nella stessa caduta. La “morte di Dio” e' precisamente la morte di tutte ueste

sostanze6soggetti. #ome la prima, ueste morti sono estremamente lente, intermina!ili per la nostra

 percezione e anche per la nostra immaginazione. &, di piu', portano con esse delle potenzialita', una

volta sconosciute, di morti pratiche, concrete dei viventi, degli uomini e perche' no del mondo+

*d ogni passo della tecnica, non solamente fini, mezzi o divagazioni si fanno indiscerni!ili, ma

A i sa per restare nell'ovvio come un acceleratore di particelle o una sonda spaziale non siano indipendenti dal

loro “oggetto” di studio, e reciprocamente. a, in verita', noi non siamo che all'inizio$ il gar!uglio o l'implicazione

dell'osservatore nella realta' osservata, e' tale da non smettere di amplificarsi e di complicarsi tanto nelle scienze

dette dure che in uelle cosiddette umane, e cio' significa in realta' una trasformazione progressiva dello statuto della“scienza”. *nche parlare di uesta “implicazione” rileva ancora un'adesione sottintesa a un modello privo di

implicazioni e “oggettivo”. Qui dunue, laddove noi siamo soliti pensare le tecniche come delle applicazioni di ceri

risultati scientifici, e' la tecnica che porta la scienza verso uno statuto e dei contenuti inediti.

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vantaggi e svantaggi si mescolano, e non sappiamo piu' cosa considerare un vantaggio o uno

svantaggio ( per esempio$ la velocita' di spostamento, di trasmissione, e' !uona o cattiva+ econdo

uali criteri+).

Quando pensiamo di avere ancora ualche principio e ualche regola di condotta e di fatto ne

a!!iamo, di forma elementare, come dei “minimi vitali” 6 non possiamo non essere spinti verso le

uestioni dei loro fondamenti o dei loro fini ultimi. 0na vita dignitosa, s%, ma a uale fine+ & uale

“dignita'”+ Quale livello al di la' della stretta sopravvivenza+ 0n'eguaglianza, s%, ma eguaglianza dicosa se si va al di la' dello stretto minimo di diritto+ #onsiderare tutti gli uomini come un fine e non

come un mezzo+ %, ma in che senso, ual e' il “fine”, non e' forse proprio attraverso cio' che

s'insinuano tutte le leve e i modi della sua riduzione allo stato di mezzo (ce ne sono tanti,

economici, politici, religiosi, ideologici)+

2ra non possiamo supporre che tutto il concatenamento e il divenire del mondo rispondano, al di la'

delle apparenze cos% pro!lematiche, anzi aporetiche, ad un disegno intelligente. Questa idea e' il

 prodotto tipico dell'assenza di pensiero della tecnica$ riporta a monte della natura la techne' che ha

finito per produrre uesta supposta natura.

#i si puo' d'altronde domandare se la mutazione occidentale, che e' stata mutazione tecnica (ferro,

moneta, alfa!eto, diritto) e allo stesso tempo religiosa ( fine del sacrificio umano, fine degli imperi

teocratici), non a!!ia aperto ugualmente la doppia possi!ilita' di un dio conosciuto comedesigner-progettista e architetto del mondo e di un dio dato nella lontananza e nella non presenza.

Le altre cosmogonie possiedono molto meno, o per niente, il carattere del piano e della costruzione,

tuttavia i loro dei sono presenti e attivi in un mondo di cui, in ualche modo, sono propriamente la

“natura”.

&' proprio, in tutti i casi, l'immagine di un dio architetto o orologiaio, costruttore e tecnico, che si e'

li!erato e imposto nella nostra cultura, demiurgo platonico toti6potente che prendeva in carico la

totalita' di un mondo il cui cominciamento e la fine passavano chiaramente fuori di lui, nella

 potenza e nella gloria del #ostruttore supremo. Questo #ostruttore nella sua caduta ha fatto

 precipitare il divino lontano, di cui era il doppio personale e vivente.

#osi' mentre diventava sempre meno possi!ile comprendere il piano tecnico della costruzione di un

mondo (uesta e' stata la uestione della teodicea, della giustificazione dell'opera divina), e'

diventato altrettanto difficile ricorrere a una “salvezza” e ad una “grazia” o a un “amore” che, in

ultima istanza, supplissero una legittimazione impossi!ile.

 e' provvidenza ne' promessa$ si potre!!e dire che e' la situazione che la tecnica dispiega.

&' chiaro che tutte le rappresentazioni di un disegno intelligente sono allora votate al fallimento,

 poiche' l' “intelligenza” non rappresenta che se' stessa vale a dire, essenzialmente l'intelligenza

tecnica o tecnologica.? &ssa non puo' che essere presupposta alla sua stessa produzione.

a allora e' condannata a presupporre i suoi limiti$ poiche' se e' un designer che ha conosciuto e

costruito-plasmato (e' la stessa cosa) la materia e la vita iniziale nell'intelligenza umana , perche'

uesta non comprende niente del fatto che l'intelletto l'o!!liga a rinunciare a sta!ilire dei “fini”,

della “seconda natura”, della “natura” stessa, dell'“uomo razionale” o dell' “uomo totale”+Laddove la tecnica ( ceramica, architettura, orologeria...) era potuta diventare il modello per il

disegno intelligente di un =ecnico <rimo, il modello implicava la visione di un fine. 2ggi il modello

stesso la “tecnica” rivelata come dimensione antropologica, cosmologica, ontologica (e non piu'

come l'ordine su!ordinato di cio' che chiamiamo le “arti meccaniche”) 6 manifesta un pullulare, anzi

una polverizzazione dei fini ai uali non e' piu' possi!ile associare lo schema di un supposto

Designer.

i deve superare il “disegno intelligente” e uesto non si discute.

*nche se si vuole sostenere che l'"ntelligenza primordiale e' !en piu' ampia della nostra e che il suo

disegno e' precisamente di spingerci a ricercare, ritoccare ed inciampare nei limiti e nella

 proliferazione erratica delle sue finalita' intermina!ili ualche cosa come cio' che Derrida

? <er i oderni, l'intelligenza si confonde tendenzialmente con la tecnica. &' per uesto che “l'intelligenza artificiale”

(forse un pleonasmo+...) sem!ra cos% affasciante. Quando si parla, al contrario, d' “intelligenza del cuore”, si mostra

chiaramente che l'uso e metaforico.

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chiamava “destinerranza”6, si dovra' ritrovarsi di fronte alla uestione del disegno e del design

messo in opera in uesta erranza che siamo. i puo' dire allora che l'ipotesi del disegno intelligente

si annulla in un'altra maniera$ dopo essere stata un'ipotesi incapace di autocomprendersi, diviene

un'ipotesi che domanda a sua volta un'altra ipotesi, sul senso dell'erranza, ed anche piu'

 precisamente sul senso dell'erranza del senso.

*lla uale !isogna ancora aggiungere uesto$ noi non siamo solamente i viventi tecnologici

 perplessi davanti al dispiegamento della loro arte o del loro saper6fare, noi non siamo solamente inun eccesso e sconcertati da uesta messa in gioco e in uestione di tutte le forme e le andature del

senso, ma siamo gia' presi noi stessi in uesta trasformazione. #i introduciamo in una tecnosfera

che e' il nostro sviluppo$ cio' che si chiama “la tecnica” eccede tutto l'ordine dei mezzi, degli

strumenti e delle macchine. on si tratta piu' di cio' che e' a disposizione di un maestro (mezzi per

dei fini), ma piuttosto di un'espansione del cervello (se si vuole dirlo cosi') nella rete di un'

“intelligenza” che estrapola una maestria che vale per se' stessa, fine e mezzo in se' stessa,

indefinitamente.

<oiche' e' vano gettare su uesta erranza nella struzione un velo ualsiasi di “senso” preconosciuto e

 preso come modello di un' “intelligenza” supposta “!uona”, uel che incom!e e' di reinventare tutto

  a cominciare dal “senso”. on si risponde piu' a uno schema di costruzione, decostruzione e

ricostruzione$ si deve rispondere a una “destinerranza” che significa che se non andiamo versonessun termine ne' per provvidenza, ne' per destino tragico ne' per storia prodotta 6, noi non siamo

se non in uesto “andare”. oi non siamo niente senza avanzare, percorrere, attraversare, senza fare

esperienza uesta parola che voleva dire “andare fino alla fine, sino al limite estremo”.

Da tutte le parti la saggezza reclama$ “a !isogna fermarsi: Dove arriveremo+” poiche' da tutte le

 parti, in effetti, e' l'illimitato che germoglia. #os% nella manipolazione genetica e nei mercati

finanziari, nelle connessioni e nelle poverta', nelle patologie sociali e tecniche.

 on si possono fissare dei limiti a cio' che, in se', ignora il limite. 2 uesto illimitato sara'

autodistruttivo la costruzione che arriva fino al limite per collassare 6, oppure noi troveremo come

riconoscere del “senso” nella struzione, laddove non ci sono fini ne' mezzi, ne' assem!laggi ne'

disassem!laggi, ne' alto ne' !asso, ne' est ne' ovest, ma tutto insieme.