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Decreto legislativo 8 aprile 2013, n. 39 Disposizioni in materia di inconferibilità e incompatibilità di incarichi presso le pubbliche amministrazioni e presso gli enti privati in controllo pubblico, a norma dell'articolo 1, commi 49 e 50, della legge 6 novembre 2012, n. 190 (G.U. n. 92 del 19 aprile 2013) Capo I - Principi generali Art. 1. Definizioni 1. Ai fini del conferimento di incarichi dirigenziali e di responsabilità amministrativa di vertice nelle pubbliche amministrazioni, negli enti pubblici e negli enti di diritto privato in controllo pubblico si osservano le disposizioni contenute nel presente decreto, fermo restando quanto previsto dagli articoli 19 e 23-bis del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, nonché dalle altre disposizioni vigenti in materia di collocamento fuori ruolo o in aspettativa. 2. Ai fini del presente decreto si intende: a) per «pubbliche amministrazioni», le pubbliche amministrazioni di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, ivi comprese le autorità amministrative indipendenti; b) per «enti pubblici», gli enti di diritto pubblico non territoriali nazionali, regionali o locali, comunque denominati, istituiti, vigilati, finanziati dalla pubblica amministrazione che conferisce l'incarico, ovvero i cui amministratori siano da questa nominati; c) per «enti di diritto privato in controllo pubblico», le società e gli altri enti di diritto privato che esercitano funzioni amministrative, attività di produzione di beni e servizi a favore delle amministrazioni pubbliche o di gestione di servizi pubblici, sottoposti a controllo ai sensi dell'articolo 2359 c.c. da parte di amministrazioni pubbliche, oppure gli enti nei quali siano riconosciuti alle pubbliche amministrazioni, anche in assenza di una partecipazione azionaria, poteri di nomina dei vertici o dei componenti degli organi; d) per «enti di diritto privato regolati o finanziati», le società e gli altri enti di diritto privato, anche privi di personalità giuridica, nei confronti dei quali l'amministrazione che conferisce l'incarico: 1) svolga funzioni di regolazione dell'attività principale che comportino, anche attraverso il rilascio di autorizzazioni o concessioni, l'esercizio continuativo di poteri di vigilanza, di controllo o di certificazione; 2) abbia una partecipazione minoritaria nel capitale; 3) finanzi le attività attraverso rapporti convenzionali, quali contratti pubblici, contratti di servizio pubblico e di concessione di beni pubblici; e) per «incarichi e cariche in enti di diritto privato regolati o finanziati», le cariche di presidente con deleghe gestionali dirette, amministratore delegato, le posizioni di dirigente, lo svolgimento stabile di attività di consulenza a favore dell'ente; f) per «componenti di organi di indirizzo politico», le persone che partecipano, in via elettiva o di nomina, a organi di indirizzo politico delle amministrazioni statali, regionali e locali, quali Presidente del Consiglio dei ministri, Ministro, Vice Ministro, sottosegretario di Stato e commissario straordinario del Governo di cui all'articolo 11 della legge 23 agosto 1988, n. 400, parlamentare, Presidente della giunta o Sindaco, assessore o consigliere nelle regioni, nelle province, nei comuni e nelle forme associative tra enti locali, oppure a organi di indirizzo di enti pubblici, o di enti di diritto privato in controllo pubblico, nazionali, regionali e locali; g) per «inconferibilità», la preclusione, permanente o temporanea, a conferire gli incarichi previsti dal presente decreto a coloro che abbiano riportato condanne penali per i reati previsti dal capo I del titolo II del libro secondo del codice penale, a coloro che abbiano svolto incarichi o ricoperto cariche in enti di diritto privato regolati o finanziati da pubbliche amministrazioni o svolto attività professionali a favore di questi ultimi, a coloro che siano stati componenti di organi di indirizzo politico;

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Decreto legislativo 8 aprile 2013, n. 39 Disposizioni in materia di inconferibilità e incompatibilità di incarichi presso le pubbliche

amministrazioni e presso gli enti privati in controllo pubblico, a norma dell'articolo 1, commi 49 e 50, della legge 6 novembre 2012, n. 190

(G.U. n. 92 del 19 aprile 2013)

Capo I - Principi generali

Art. 1. Definizioni

1. Ai fini del conferimento di incarichi dirigenziali e di responsabilità amministrativa di vertice nelle pubbliche amministrazioni, negli enti pubblici e negli enti di diritto privato in controllo pubblico si osservano le disposizioni contenute nel presente decreto, fermo restando quanto previsto dagli articoli 19 e 23-bis del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, nonché dalle altre disposizioni vigenti in materia di collocamento fuori ruolo o in aspettativa.

2. Ai fini del presente decreto si intende: a) per «pubbliche amministrazioni», le pubbliche amministrazioni di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, ivi comprese le autorità amministrative indipendenti; b) per «enti pubblici», gli enti di diritto pubblico non territoriali nazionali, regionali o locali, comunque denominati, istituiti, vigilati, finanziati dalla pubblica amministrazione che conferisce l'incarico, ovvero i cui amministratori siano da questa nominati; c) per «enti di diritto privato in controllo pubblico», le società e gli altri enti di diritto privato che esercitano funzioni amministrative, attività di produzione di beni e servizi a favore delle amministrazioni pubbliche o di gestione di servizi pubblici, sottoposti a controllo ai sensi dell'articolo 2359 c.c. da parte di amministrazioni pubbliche, oppure gli enti nei quali siano riconosciuti alle pubbliche amministrazioni, anche in assenza di una partecipazione azionaria, poteri di nomina dei vertici o dei componenti degli organi; d) per «enti di diritto privato regolati o finanziati», le società e gli altri enti di diritto privato, anche privi di personalità giuridica, nei confronti dei quali l'amministrazione che conferisce l'incarico: 1) svolga funzioni di regolazione dell'attività principale che comportino, anche attraverso il rilascio di autorizzazioni o concessioni, l'esercizio continuativo di poteri di vigilanza, di controllo o di certificazione; 2) abbia una partecipazione minoritaria nel capitale; 3) finanzi le attività attraverso rapporti convenzionali, quali contratti pubblici, contratti di servizio pubblico e di concessione di beni pubblici; e) per «incarichi e cariche in enti di diritto privato regolati o finanziati», le cariche di presidente con deleghe gestionali dirette, amministratore delegato, le posizioni di dirigente, lo svolgimento stabile di attività di consulenza a favore dell'ente; f) per «componenti di organi di indirizzo politico», le persone che partecipano, in via elettiva o di nomina, a organi di indirizzo politico delle amministrazioni statali, regionali e locali, quali Presidente del Consiglio dei ministri, Ministro, Vice Ministro, sottosegretario di Stato e commissario straordinario del Governo di cui all'articolo 11 della legge 23 agosto 1988, n. 400, parlamentare, Presidente della giunta o Sindaco, assessore o consigliere nelle regioni, nelle province, nei comuni e nelle forme associative tra enti locali, oppure a organi di indirizzo di enti pubblici, o di enti di diritto privato in controllo pubblico, nazionali, regionali e locali; g) per «inconferibilità», la preclusione, permanente o temporanea, a conferire gli incarichi previsti dal presente decreto a coloro che abbiano riportato condanne penali per i reati previsti dal capo I del titolo II del libro secondo del codice penale, a coloro che abbiano svolto incarichi o ricoperto cariche in enti di diritto privato regolati o finanziati da pubbliche amministrazioni o svolto attività professionali a favore di questi ultimi, a coloro che siano stati componenti di organi di indirizzo politico;

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PP-RPC-2018-001-Procedura inconferibilità e incompatibilità - Allegato 2
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h) per «incompatibilità», l'obbligo per il soggetto cui viene conferito l'incarico di scegliere, a pena di decadenza, entro il termine perentorio di quindici giorni, tra la permanenza nell'incarico e l'assunzione e lo svolgimento di incarichi e cariche in enti di diritto privato regolati o finanziati dalla pubblica amministrazione che conferisce l'incarico, lo svolgimento di attività professionali ovvero l'assunzione della carica di componente di organi di indirizzo politico; i) per «incarichi amministrativi di vertice», gli incarichi di livello apicale, quali quelli di Segretario generale, capo Dipartimento, Direttore generale o posizioni assimilate nelle pubbliche amministrazioni e negli enti di diritto privato in controllo pubblico, conferiti a soggetti interni o esterni all'amministrazione o all'ente che conferisce l'incarico, che non comportano l'esercizio in via esclusiva delle competenze di amministrazione e gestione; j) per «incarichi dirigenziali interni», gli incarichi di funzione dirigenziale, comunque denominati, che comportano l'esercizio in via esclusiva delle competenze di amministrazione e gestione, nonché gli incarichi di funzione dirigenziale nell'ambito degli uffici di diretta collaborazione, conferiti a dirigenti o ad altri dipendenti, ivi comprese le categorie di personale di cui all'articolo 3 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, appartenenti ai ruoli dell' amministrazione che conferisce l'incarico ovvero al ruolo di altra pubblica amministrazione; k) per «incarichi dirigenziali esterni», gli incarichi di funzione dirigenziale, comunque denominati, che comportano l'esercizio in via esclusiva delle competenze di amministrazione e gestione, nonché gli incarichi di funzione dirigenziale nell'ambito degli uffici di diretta collaborazione, conferiti a soggetti non muniti della qualifica di dirigente pubblico o comunque non dipendenti di pubbliche amministrazioni; l) per «incarichi di amministratore di enti pubblici e di enti privati in controllo pubblico», gli incarichi di Presidente con deleghe gestionali dirette, amministratore delegato e assimilabili, di altro organo di indirizzo delle attività dell'ente, comunque denominato, negli enti pubblici e negli enti di diritto privato in controllo pubblico.

Art. 2. Ambito di applicazione

1. Le disposizioni del presente decreto si applicano agli incarichi conferiti nelle pubbliche amministrazioni di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, ivi compresi gli enti pubblici, nonché negli enti di diritto privato in controllo pubblico.

2. Ai fini del presente decreto al conferimento negli enti locali di incarichi dirigenziali è assimilato quello di funzioni dirigenziali a personale non dirigenziale, nonché di tali incarichi a soggetti con contratto a tempo determinato, ai sensi dell'articolo 110, comma 2, del testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali, di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267.

Capo II - Inconferibilità di incarichi in caso di condanna per reati contro la pubblica amministrazione

Art. 3. Inconferibilità di incarichi in caso di condanna per reati contro la pubblica amministrazione

1. A coloro che siano stati condannati, anche con sentenza non passata in giudicato, per uno dei reati previsti dal capo I del titolo II del libro secondo del codice penale, non possono essere attribuiti: a) gli incarichi amministrativi di vertice nelle amministrazioni statali, regionali e locali; b) gli incarichi di amministratore di ente pubblico, di livello nazionale, regionale e locale; c) gli incarichi dirigenziali, interni e esterni, comunque denominati, nelle pubbliche amministrazioni, negli enti pubblici e negli enti di diritto privato in controllo pubblico di livello nazionale, regionale e locale; d) gli incarichi di amministratore di ente di diritto privato in controllo pubblico, di livello

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nazionale, regionale e locale; e) gli incarichi di direttore generale, direttore sanitario e direttore amministrativo nelle aziende sanitarie locali del servizio sanitario nazionale.

2. Ove la condanna riguardi uno dei reati di cui all'articolo 3, comma 1, della legge 27 marzo 2001, n. 97, l'inconferibilità di cui al comma 1 ha carattere permanente nei casi in cui sia stata inflitta la pena accessoria dell'interdizione perpetua dai pubblici uffici ovvero sia intervenuta la cessazione del rapporto di lavoro a seguito di procedimento disciplinare o la cessazione del rapporto di lavoro autonomo. Ove sia stata inflitta una interdizione temporanea, l'inconferibilità ha la stessa durata dell'interdizione. Negli altri casi l'inconferibilità degli incarichi ha la durata di 5 anni.

3. Ove la condanna riguardi uno degli altri reati previsti dal capo I del titolo II del libro II del codice penale, l'inconferibilità ha carattere permanente nei casi in cui sia stata inflitta la pena accessoria dell'interdizione perpetua dai pubblici uffici ovvero sia intervenuta la cessazione del rapporto di lavoro a seguito di procedimento disciplinare o la cessazione del rapporto di lavoro autonomo. Ove sia stata inflitta una interdizione temporanea, l'inconferibilità ha la stessa durata dell'interdizione. Negli altri casi l'inconferibilità ha una durata pari al doppio della pena inflitta, per un periodo comunque non superiore a 5 anni.

4. Nei casi di cui all'ultimo periodo dei commi 2 e 3, salve le ipotesi di sospensione o cessazione del rapporto, al dirigente di ruolo, per la durata del periodo di inconferibilità, possono essere conferiti incarichi diversi da quelli che comportino l'esercizio delle competenze di amministrazione e gestione. È in ogni caso escluso il conferimento di incarichi relativi ad uffici preposti alla gestione delle risorse finanziarie, all'acquisizione di beni, servizi e forniture, nonché alla concessione o all'erogazione di sovvenzioni, contributi, sussidi, ausili finanziari o attribuzioni di vantaggi economici a soggetti pubblici e privati, di incarichi che comportano esercizio di vigilanza o controllo. Nel caso in cui l'amministrazione non sia in grado di conferire incarichi compatibili con le disposizioni del presente comma, il dirigente viene posto a disposizione del ruolo senza incarico per il periodo di inconferibilità dell'incarico.

5. La situazione di inconferibilità cessa di diritto ove venga pronunciata, per il medesimo reato, sentenza anche non definitiva, di proscioglimento.

6. Nel caso di condanna, anche non definitiva, per uno dei reati di cui ai commi 2 e 3 nei confronti di un soggetto esterno all'amministrazione, ente pubblico o ente di diritto privato in controllo pubblico cui è stato conferito uno degli incarichi di cui al comma 1, sono sospesi l'incarico e l'efficacia del contratto di lavoro subordinato o di lavoro autonomo, stipulato con l'amministrazione, l'ente pubblico o l'ente di diritto privato in controllo pubblico. Per tutto il periodo della sospensione non spetta alcun trattamento economico. In entrambi i casi la sospensione ha la stessa durata dell'inconferibilità stabilita nei commi 2 e 3. Fatto salvo il termine finale del contratto, all'esito della sospensione l'amministrazione valuta la persistenza dell'interesse all'esecuzione dell'incarico, anche in relazione al tempo trascorso.

7. Agli effetti della presente disposizione, la sentenza di applicazione della pena ai sensi dell'art. 444 c.p.p., è equiparata alla sentenza di condanna.

Capo III - Inconferibilità di incarichi a soggetti provenienti da enti di diritto privato regolati o finanziati dalle pubbliche amministrazioni

Art. 4. Inconferibilità di incarichi nelle amministrazioni statali, regionali e locali a soggetti provenienti da enti di diritto privato regolati o finanziati

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1. A coloro che, nei due anni precedenti, abbiano svolto incarichi e ricoperto cariche in enti di diritto privato o finanziati dall'amministrazione o dall'ente pubblico che conferisce l'incarico ovvero abbiano svolto in proprio attività professionali, se queste sono regolate, finanziate o comunque retribuite dall'amministrazione o ente che conferisce l'incarico, non possono essere conferiti: a) gli incarichi amministrativi di vertice nelle amministrazioni statali, regionali e locali; b) gli incarichi di amministratore di ente pubblico, di livello nazionale, regionale e locale; c) gli incarichi dirigenziali esterni, comunque denominati, nelle pubbliche amministrazioni, negli enti pubblici che siano relativi allo specifico settore o ufficio dell'amministrazione che esercita i poteri di regolazione e finanziamento.

Art. 5. Inconferibilità di incarichi di direzione nelle Aziende sanitarie locali a soggetti provenienti da enti di diritto privato regolati o finanziati

1. Gli incarichi di direttore generale, direttore sanitario e direttore amministrativo nelle aziende sanitarie locali non possono essere conferiti a coloro che, nei due anni precedenti, abbiano svolto incarichi e ricoperto cariche in enti di diritto privato regolati o finanziati dal servizio sanitario regionale.

Capo IV - Inconferibilità di incarichi a componenti di organi di indirizzo politico

Art. 6. Inconferibilità di incarichi a componenti di organo politico di livello nazionale

1. Per le cariche di Presidente del Consiglio dei ministri, Ministro, Vice Ministro, sottosegretario di Stato e di commissario straordinario del Governo di cui all'articolo 11 della legge 23 agosto 1988, n. 400, si applicano i divieti di cui alla legge 20 luglio 2004, n. 215.

2. La vigilanza sull'applicazione di quanto previsto dal comma 1 è esercitata dall'Autorità garante della concorrenza e del mercato e dall'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, ai sensi della medesima legge n. 215 del 2004.

Art. 7. Inconferibilità di incarichi a componenti di organo politico di livello regionale e locale

1. A coloro che nei due anni precedenti siano stati componenti della giunta o del consiglio della regione che conferisce l'incarico, ovvero nell'anno precedente siano stati componenti della giunta o del consiglio di una provincia o di un comune con popolazione superiore ai 15.000 abitanti della medesima regione o di una forma associativa tra comuni avente la medesima popolazione della medesima regione, oppure siano stati presidente o amministratore delegato di un ente di diritto privato in controllo pubblico da parte della regione ovvero da parte di uno degli enti locali di cui al presente comma non possono essere conferiti: a) gli incarichi amministrativi di vertice della regione; b) gli incarichi dirigenziali nell'amministrazione regionale; c) gli incarichi di amministratore di ente pubblico di livello regionale; d) gli incarichi di amministratore di ente di diritto privato in controllo pubblico di livello regionale.

2. A coloro che nei due anni precedenti siano stati componenti della giunta o del consiglio della provincia, del comune o della forma associativa tra comuni che conferisce l'incarico, ovvero a coloro che nell'anno precedente abbiano fatto parte della giunta o del consiglio di una provincia, di un comune con popolazione superiore ai 15.000 abitanti o di una forma associativa tra comuni avente la medesima popolazione, nella stessa regione dell'amministrazione locale che conferisce l'incarico, nonché a coloro che siano stati presidente o amministratore delegato di enti di diritto

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privato in controllo pubblico da parte di province, comuni e loro forme associative della stessa regione, non possono essere conferiti: a) gli incarichi amministrativi di vertice nelle amministrazioni di una provincia, di un comune con popolazione superiore ai 15.000 abitanti o di una forma associativa tra comuni avente la medesima popolazione; b) gli incarichi dirigenziali nelle medesime amministrazioni di cui alla lettera a); c) gli incarichi di amministratore di ente pubblico di livello provinciale o comunale; d) gli incarichi di amministratore di ente di diritto privato in controllo pubblico da parte di una provincia, di un comune con popolazione superiore a 15.000 abitanti o di una forma associativa tra comuni avente la medesima popolazione.

3. Le inconferibilità di cui al presente articolo non si applicano ai dipendenti della stessa amministrazione, ente pubblico o ente di diritto privato in controllo pubblico che, all'atto di assunzione della carica politica, erano titolari di incarichi.

Art. 8. Inconferibilità di incarichi di direzione nelle Aziende sanitarie locali

1. Gli incarichi di direttore generale, direttore sanitario e direttore amministrativo nelle aziende sanitarie locali non possono essere conferiti a coloro che nei cinque anni precedenti siano stati candidati in elezioni europee, nazionali, regionali e locali, in collegi elettorali che comprendano il territorio della ASL.

2. Gli incarichi di direttore generale, direttore sanitario e direttore amministrativo nelle aziende sanitarie locali non possono essere conferiti a coloro che nei due anni precedenti abbiano esercitato la funzione di Presidente del Consiglio dei ministri o di Ministro, Viceministro o sottosegretario nel Ministero della salute o in altra amministrazione dello Stato o di amministratore di ente pubblico o ente di diritto privato in controllo pubblico nazionale che svolga funzioni di controllo, vigilanza o finanziamento del servizio sanitario nazionale.

3. Gli incarichi di direttore generale, direttore sanitario e direttore amministrativo nelle aziende sanitarie locali non possono essere conferiti a coloro che nell'anno precedente abbiano esercitato la funzione di parlamentare.

4. Gli incarichi di direttore generale, direttore sanitario e direttore amministrativo nelle aziende sanitarie locali non possono essere conferiti a coloro che nei tre anni precedenti abbiano fatto parte della giunta o del consiglio della regione interessata ovvero abbiano ricoperto la carica di amministratore di ente pubblico o ente di diritto privato in controllo pubblico regionale che svolga funzioni di controllo, vigilanza o finanziamento del servizio sanitario regionale.

5. Gli incarichi di direttore generale, direttore sanitario e direttore amministrativo nelle aziende sanitarie locali non possono essere conferiti a coloro che, nei due anni precedenti, abbiano fatto parte della giunta o del consiglio di una provincia, di un comune con popolazione superiore ai 15.000 o di una forma associativa tra comuni avente la medesima popolazione, il cui territorio è compreso nel territorio della ASL.

Capo V - Incompatibilità tra incarichi nelle pubbliche amministrazioni e negli enti privati in controllo pubblico e cariche in enti di diritto privato regolati o finanziati dalle pubbliche amministrazioni nonché lo svolgimento di attività professionale

Art. 9. Incompatibilità tra incarichi e cariche in enti di diritto privato regolati o finanziati nonché tra gli stessi incarichi e le attività professionali

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1. Gli incarichi amministrativi di vertice e gli incarichi dirigenziali, comunque denominati, nelle pubbliche amministrazioni, che comportano poteri di vigilanza o controllo sulle attività svolte dagli enti di diritto privato regolati o finanziati dall'amministrazione che conferisce l'incarico, sono incompatibili con l'assunzione e il mantenimento, nel corso dell'incarico, di incarichi e cariche in enti di diritto privato regolati o finanziati dall'amministrazione o ente pubblico che conferisce l'incarico.

2. Gli incarichi amministrativi di vertice e gli incarichi dirigenziali, comunque denominati, nelle pubbliche amministrazioni, gli incarichi di amministratore negli enti pubblici e di presidente e amministratore delegato negli enti di diritto privato in controllo pubblico sono incompatibili con lo svolgimento in proprio, da parte del soggetto incaricato, di un'attività professionale, se questa è regolata, finanziata o comunque retribuita dall'amministrazione o ente che conferisce l'incarico.

Art. 10. Incompatibilità tra le cariche direttive nelle aziende sanitarie locali, le cariche in enti di diritto privato regolati o finanziati e lo svolgimento di attività professionali

1. Gli incarichi di direttore generale, direttore sanitario e direttore amministrativo nelle aziende sanitarie locali di una medesima regione sono incompatibili: a) con gli incarichi o le cariche in enti di diritto privato regolati o finanziati dal servizio sanitario regionale; b) con lo svolgimento in proprio, da parte del soggetto incaricato, di attività professionale, se questa è regolata o finanziata dal servizio sanitario regionale.

2. L'incompatibilità sussiste altresì allorché gli incarichi, le cariche e le attività professionali indicate nel presente articolo siano assunte o mantenute dal coniuge e dal parente o affine entro il secondo grado.

Capo VI - Incompatibilità tra incarichi nelle pubbliche amministrazioni e negli enti privati in controllo pubblico e cariche di componenti di organi di indirizzo politico

Art. 11. Incompatibilità tra incarichi amministrativi di vertice e di amministratore di ente pubblico e cariche di componenti degli organi di indirizzo nelle amministrazioni statali, regionali e locali

1. Gli incarichi amministrativi di vertice nelle amministrazioni statali, regionali e locali e gli incarichi di amministratore di ente pubblico di livello nazionale, regionale e locale, sono incompatibili con la carica di Presidente del Consiglio dei ministri, Ministro, Vice Ministro, sottosegretario di Stato e commissario straordinario del Governo di cui all'articolo 11 della legge 23 agosto 1988, n. 400, o di parlamentare.

2. Gli incarichi amministrativi di vertice nelle amministrazioni regionali e gli incarichi di amministratore di ente pubblico di livello regionale sono incompatibili: a) con la carica di componente della giunta o del consiglio della regione che ha conferito l'incarico; b) con la carica di componente della giunta o del consiglio di una provincia, di un comune con popolazione superiore ai 15.000 abitanti o di una forma associativa tra comuni avente la medesima popolazione della medesima regione; c) con la carica di presidente e amministratore delegato di un ente di diritto privato in controllo pubblico da parte della regione.

3. Gli incarichi amministrativi di vertice nelle amministrazioni di una provincia, di un comune con popolazione superiore ai 15.000 abitanti o di una forma associativa tra comuni avente la medesima

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popolazione nonché gli incarichi di amministratore di ente pubblico di livello provinciale o comunale sono incompatibili: a) con la carica di componente della giunta o del consiglio della provincia, del comune o della forma associativa tra comuni che ha conferito l'incarico; b) con la carica di componente della giunta o del consiglio della provincia, del comune con popolazione superiore ai 15.000 abitanti o di una forma associativa tra comuni avente la medesima popolazione, ricompresi nella stessa regione dell'amministrazione locale che ha conferito l'incarico; c) con la carica di componente di organi di indirizzo negli enti di diritto privato in controllo pubblico da parte della regione, nonché di province, comuni con popolazione superiore ai 15.000 abitanti o di forme associative tra comuni aventi la medesima popolazione abitanti della stessa regione.

Art. 12. Incompatibilità tra incarichi dirigenziali interni e esterni e cariche di componenti degli organi di indirizzo nelle amministrazioni statali, regionali e locali

1. Gli incarichi dirigenziali, interni e esterni, nelle pubbliche amministrazioni, negli enti pubblici e negli enti di diritto privato in controllo pubblico sono incompatibili con l'assunzione e il mantenimento, nel corso dell'incarico, della carica di componente dell'organo di indirizzo nella stessa amministrazione o nello stesso ente pubblico che ha conferito l'incarico, ovvero con l'assunzione e il mantenimento, nel corso dell'incarico, della carica di presidente e amministratore delegato nello stesso ente di diritto privato in controllo pubblico che ha conferito l'incarico.

2. Gli incarichi dirigenziali, interni e esterni, nelle pubbliche amministrazioni, negli enti pubblici e negli enti di diritto privato in controllo pubblico di livello nazionale, regionale e locale sono incompatibili con l'assunzione, nel corso dell'incarico, della carica di Presidente del Consiglio dei ministri, Ministro, Vice Ministro, sottosegretario di Stato e commissario straordinario del Governo di cui all'articolo 11 della legge 23 agosto 1988, n. 400, o di parlamentare.

3. Gli incarichi dirigenziali, interni e esterni, nelle pubbliche amministrazioni, negli enti pubblici e negli enti di diritto privato in controllo pubblico di livello regionale sono incompatibili: a) con la carica di componente della giunta o del consiglio della regione interessata; b) con la carica di componente della giunta o del consiglio di una provincia, di un comune con popolazione superiore ai 15.000 abitanti o di una forma associativa tra comuni avente la medesima popolazione della medesima regione; c) con la carica di presidente e amministratore delegato di enti di diritto privato in controllo pubblico da parte della regione.

4. Gli incarichi dirigenziali, interni e esterni, nelle pubbliche amministrazioni, negli enti pubblici e negli enti di diritto privato in controllo pubblico di livello provinciale o comunale sono incompatibili: a) con la carica di componente della giunta o del consiglio della regione; b) con la carica di componente della giunta o del consiglio di una provincia, di un comune con popolazione superiore ai 15.000 abitanti o di una forma associativa tra comuni avente la medesima popolazione, ricompresi nella stessa regione dell'amministrazione locale che ha conferito l'incarico; c) con la carica di componente di organi di indirizzo negli enti di diritto privato in controllo pubblico da parte della regione, nonché di province, comuni con popolazione superiore ai 15.000 abitanti o di forme associative tra comuni aventi la medesima popolazione della stessa regione.

Art. 13. Incompatibilità tra incarichi di amministratore di ente di diritto privato in controllo pubblico e cariche di componenti degli organi di indirizzo politico nelle amministrazioni statali, regionali e locali

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1. Gli incarichi di presidente e amministratore delegato di enti di diritto privato in controllo pubblico, di livello nazionale, regionale e locale, sono incompatibili con la carica di Presidente del Consiglio dei ministri, Ministro, Vice Ministro, sottosegretario di Stato e di commissario straordinario del Governo di cui all'articolo 11 della legge 23 agosto 1988, n. 400, o di parlamentare.

2. Gli incarichi di presidente e amministratore delegato di ente di diritto privato in controllo pubblico di livello regionale sono incompatibili: a) con la carica di componente della giunta o del consiglio della regione interessata; b) con la carica di componente della giunta o del consiglio di una provincia o di un comune con popolazione superiore ai 15.000 abitanti o di una forma associativa tra comuni avente la medesima popolazione della medesima regione; c) con la carica di presidente e amministratore delegato di enti di diritto privato in controllo pubblico da parte della regione, nonché di province, comuni con popolazione superiore ai 15.000 abitanti o di forme associative tra comuni aventi la medesima popolazione della medesima regione.

3. Gli incarichi di presidente e amministratore delegato di ente di diritto privato in controllo pubblico di livello locale sono incompatibili con l'assunzione, nel corso dell'incarico, della carica di componente della giunta o del consiglio di una provincia o di un comune con popolazione superiore ai 15.000 abitanti o di una forma associativa tra comuni avente la medesima popolazione della medesima regione.

Art. 14. Incompatibilità tra incarichi di direzione nelle Aziende sanitarie locali e cariche di componenti degli organi di indirizzo politico nelle amministrazioni statali, regionali e locali

1. Gli incarichi di direttore generale, direttore sanitario e direttore amministrativo nelle aziende sanitarie locali sono incompatibili con la carica di Presidente del Consiglio dei ministri, Ministro, Vice Ministro, sottosegretario di Stato e commissario straordinario del Governo di cui all'articolo 11 della legge 23 agosto 1988, n. 400, di amministratore di ente pubblico o ente di diritto privato in controllo pubblico nazionale che svolga funzioni di controllo, vigilanza o finanziamento del servizio sanitario nazionale o di parlamentare.

2. Gli incarichi di direttore generale, direttore sanitario e direttore amministrativo nelle aziende sanitarie locali di una regione sono incompatibili: a) con la carica di componente della giunta o del consiglio della regione interessata ovvero con la carica di amministratore di ente pubblico o ente di diritto privato in controllo pubblico regionale che svolga funzioni di controllo, vigilanza o finanziamento del servizio sanitario regionale; b) con la carica di componente della giunta o del consiglio di una provincia, di un comune con popolazione superiore ai 15.000 abitanti o di una forma associativa tra comuni avente la medesima popolazione della medesima regione; c) con la carica di presidente e amministratore delegato di enti di diritto privato in controllo pubblico da parte della regione, nonché di province, comuni con popolazione superiore ai 15.000 abitanti o di forme associative tra comuni aventi la medesima popolazione della stessa regione.

Capo VII - Vigilanza e sanzioni

Art. 15. Vigilanza sul rispetto delle disposizioni in materia di inconferibilità e incompatibilità nelle pubbliche amministrazioni e negli enti di diritto privato in controllo pubblico

1. Il responsabile del piano anticorruzione di ciascuna amministrazione pubblica, ente pubblico e ente di diritto privato in controllo pubblico, di seguito denominato «responsabile», cura, anche

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attraverso le disposizioni del piano anticorruzione, che nell'amministrazione, ente pubblico e ente di diritto privato in controllo pubblico siano rispettate le disposizioni del presente decreto sulla inconferibilità e incompatibilità degli incarichi. A tale fine il responsabile contesta all'interessato l'esistenza o l'insorgere delle situazioni di inconferibilità o incompatibilità di cui al presente decreto.

2. Il responsabile segnala i casi di possibile violazione delle disposizioni del presente decreto all'Autorità nazionale anticorruzione, all'Autorità garante della concorrenza e del mercato ai fini dell'esercizio delle funzioni di cui alla legge 20 luglio 2004, n. 215, nonché alla Corte dei conti, per l'accertamento di eventuali responsabilità amministrative.

3. Il provvedimento di revoca dell'incarico amministrativo di vertice o dirigenziale conferito al soggetto cui sono state affidate le funzioni di responsabile, comunque motivato, è comunicato all'Autorità nazionale anticorruzione che, entro trenta giorni, può formulare una richiesta di riesame qualora rilevi che la revoca sia correlata alle attività svolte dal responsabile in materia di prevenzione della corruzione. Decorso tale termine, la revoca diventa efficace.

Art. 16. Vigilanza dell'Autorità nazionale anticorruzione

1. L'Autorità nazionale anticorruzione vigila sul rispetto, da parte delle amministrazioni pubbliche, degli enti pubblici e degli enti di diritto privato in controllo pubblico, delle disposizioni di cui al presente decreto, anche con l'esercizio di poteri ispettivi e di accertamento di singole fattispecie di conferimento degli incarichi.

2. L'Autorità nazionale anticorruzione, a seguito di segnalazione della Presidenza del Consiglio dei ministri – Dipartimento della funzione pubblica o d'ufficio, può sospendere la procedura di conferimento dell'incarico con un proprio provvedimento che contiene osservazioni o rilievi sull'atto di conferimento dell'incarico, nonché segnalare il caso alla Corte dei conti per l'accertamento di eventuali responsabilità amministrative. L'amministrazione, ente pubblico o ente privato in controllo pubblico che intenda procedere al conferimento dell'incarico deve motivare l'atto tenendo conto delle osservazioni dell'Autorità. (comma così modificato dall'art. 54-ter, comma 1, lett. a), legge n. 98 del 2013)

3. L'Autorità nazionale anticorruzione esprime pareri obbligatori sulle direttive e le circolari ministeriali concernenti l’interpretazione delle disposizioni del presente decreto e la loro applicazione alle diverse fattispecie di inconferibilità degli incarichi e di incompatibilità. (comma così sostituito dall'art. 54-ter, comma 1, lett. b), legge n. 98 del 2013)

Art. 17. Nullità degli incarichi conferiti in violazione delle disposizioni del presente decreto

1. Gli atti di conferimento di incarichi adottati in violazione delle disposizioni del presente decreto e i relativi contratti sono nulli.

Art. 18. Sanzioni

1. I componenti degli organi che abbiano conferito incarichi dichiarati nulli sono responsabili per le conseguenze economiche degli atti adottati. Sono esenti da responsabilità i componenti che erano assenti al momento della votazione, nonché i dissenzienti e gli astenuti.

2. I componenti degli organi che abbiano conferito incarichi dichiarati nulli non possono per tre mesi conferire gli incarichi di loro competenza. Il relativo potere è esercitato, per i Ministeri dal Presidente del Consiglio dei ministri e per gli enti pubblici dall'amministrazione vigilante.

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3. Le regioni, le province e i comuni provvedono entro tre mesi dall'entrata in vigore del presente decreto ad adeguare i propri ordinamenti individuando le procedure interne e gli organi che in via sostitutiva possono procedere al conferimento degli incarichi nel periodo di interdizione degli organi titolari.

4. Decorso inutilmente il termine di cui al comma 3 trova applicazione la procedura sostitutiva di cui all'articolo 8 della legge 5 giugno 2003, n. 131.

5. L'atto di accertamento della violazione delle disposizioni del presente decreto è pubblicato sul sito dell'amministrazione o ente che conferisce l'incarico.

Art. 19. Decadenza in caso di incompatibilità

1. Lo svolgimento degli incarichi di cui al presente decreto in una delle situazioni di incompatibilità di cui ai capi V e VI comporta la decadenza dall'incarico e la risoluzione del relativo contratto, di lavoro subordinato o autonomo, decorso il termine perentorio di quindici giorni dalla contestazione all'interessato, da parte del responsabile di cui all'articolo 15, dell'insorgere della causa di incompatibilità.

2. Restano ferme le disposizioni che prevedono il collocamento in aspettativa dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni in caso di incompatibilità.

Capo VIII - Norme finali e transitorie

Art. 20. Dichiarazione sulla insussistenza di cause di inconferibilità o incompatibilità

1. All'atto del conferimento dell'incarico l'interessato presenta una dichiarazione sulla insussistenza di una delle cause di inconferibilità di cui al presente decreto.

2. Nel corso dell'incarico l'interessato presenta annualmente una dichiarazione sulla insussistenza di una delle cause di incompatibilità di cui al presente decreto.

3. Le dichiarazioni di cui ai commi 1 e 2 sono pubblicate nel sito della pubblica amministrazione, ente pubblico o ente di diritto privato in controllo pubblico che ha conferito l'incarico.

4. La dichiarazione di cui al comma 1 è condizione per l'acquisizione dell'efficacia dell'incarico.

5. Ferma restando ogni altra responsabilità, la dichiarazione mendace, accertata dalla stessa amministrazione, nel rispetto del diritto di difesa e del contraddittorio dell'interessato, comporta la inconferibilità di qualsivoglia incarico di cui al presente decreto per un periodo di 5 anni.

Art. 21. Applicazione dell'articolo 53, comma 16-ter, del decreto legislativo n. 165 del 2001

1. Ai soli fini dell'applicazione dei divieti di cui al comma 16-ter dell'articolo 53 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni, sono considerati dipendenti delle pubbliche amministrazioni anche i soggetti titolari di uno degli incarichi di cui al presente decreto, ivi compresi i soggetti esterni con i quali l'amministrazione, l'ente pubblico o l'ente di diritto privato in controllo pubblico stabilisce un rapporto di lavoro, subordinato o autonomo. Tali divieti si applicano a far data dalla cessazione dell'incarico.

Art. 22. Prevalenza su diverse disposizioni in materia di inconferibilità e incompatibilità

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1. Le disposizioni del presente decreto recano norme di attuazione degli articoli 54 e 97 della Costituzione e prevalgono sulle diverse disposizioni di legge regionale, in materia di inconferibilità e incompatibilità di incarichi presso le pubbliche amministrazioni, gli enti pubblici e presso gli enti privati in controllo pubblico.

2. Sono in ogni caso fatte salve le disposizioni della legge 20 luglio 2004, n. 215.

3. Le disposizioni di cui agli articoli 9 e 12 del presente decreto non si applicano agli incarichi presso le società che emettono strumenti finanziari quotati in mercati regolamentati e agli incarichi presso le loro controllate.

Art. 23. Abrogazioni

1. Il comma 9 dell'articolo 3 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, è abrogato.

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Autorità Nazionale Anticorruzione

Delibera n. 833 del 3 agosto 2016

Determinazione

Linee guida in materia di accertamento delle inconferibilità e delle incompatibilità degli

incarichi amministrativi da parte del responsabile della prevenzione della corruzione.

Attività di vigilanza e poteri di accertamento dell’A.N.AC. in caso di incarichi inconferibili e

incompatibili.

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Autorità Nazionale Anticorruzione

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Indice

1. Il quadro normativo………………………………………………………...……………… 3

2. Ruolo e funzioni del Responsabile della prevenzione della corruzione nel procedimento

di accertamento delle inconferibilità e delle incompatibilità………………………….…. 4

3. Attività di verifica del RPC sulle dichiarazioni concernenti la insussistenza di cause di

inconferibilità o incompatibilità.…………………………………………………….……. 7

4. Attività di vigilanza e poteri di accertamento dell’ANAC in caso di incarichi

inconferibili e incompatibili………………………………………………………..……… 9

5. Il mancato adeguamento da parte del RPC all’accertamento dell’ANAC e il potere di

ordine dell’Autorità…………………………………………………………………………11

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Autorità Nazionale Anticorruzione

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1. Il quadro normativo.

Con l’obiettivo di prevenire situazioni ritenute anche potenzialmente portatrici di conflitto di interessi

o, comunque, ogni possibile situazione contrastante con il principio costituzionale di imparzialità, è

stato approvato, in attuazione dell’art. 1, commi 49 e 50 della legge n. 190 del 2012, il decreto legislativo

8 aprile 2013, n. 39, recante disposizioni in materia di inconferibilità e incompatibilità di incarichi presso

le pubbliche amministrazioni e presso gli enti privati in controllo pubblico.

Il decreto delegato de quo prevede e disciplina una serie articolata di cause di inconferibilità e

incompatibilità, con riferimento alle seguenti tipologie di incarichi:

- incarichi amministrativi di vertice,

- incarichi dirigenziali o di responsabilità, interni ed esterni, nelle pubbliche amministrazioni e

negli enti di diritto privato in controllo pubblico;

- incarichi di amministratore di ente di diritto privato in controllo pubblico.

Un sistema di vigilanza sull’osservanza delle disposizioni contenute nel d.lgs.n.39/2013 fa capo sia al

responsabile del Piano anticorruzione di ciascuna amministrazione pubblica, ente pubblico e ente di

diritto privato in controllo pubblico sia all’Autorità nazionale anticorruzione.

Più specificatamente, l’art. 15 del d.lgs. 39/2013 dispone che: «Il responsabile del Piano anticorruzione

di ciascuna amministrazione pubblica, ente pubblico e ente di diritto privato in controllo pubblico, di

seguito denominato «responsabile», cura, anche attraverso le disposizioni del Piano anticorruzione, che

nell’amministrazione, ente pubblico e ente di diritto privato in controllo pubblico siano rispettate le

disposizioni del presente decreto sulla inconferibilità e incompatibilità degli incarichi. A tale fine il

responsabile contesta all’interessato l’esistenza o l’insorgere delle situazioni di inconferibilità o

incompatibilità di cui al presente decreto».

La citata disposizione contiene, poi, un espresso riferimento all’Autorità nazionale anticorruzione,

destinataria, insieme alla Autorità garante della concorrenza e del mercato e alla Corte dei conti, delle

segnalazioni, da parte del RPC, di casi di possibili violazioni delle disposizioni in materia di

anticorruzione.

La norma, però, che disegna ruolo e funzioni dell’ANAC in materia di inconferibilità e incompatibilità

degli incarichi amministrativi di vertice e dirigenziali all’interno delle amministrazioni e degli enti tenuti

al rispetto della presente normativa, è l’art. 16 del medesimo decreto n. 39/2013, a norma del quale

l’Autorità «vigila sul rispetto da parte delle amministrazioni pubbliche, degli enti pubblici e degli enti di

diritto privato in controllo pubblico, delle disposizioni di cui al presente decreto, anche con l’esercizio

di poteri ispettivi e di accertamento di singole fattispecie di conferimento degli incarichi».

Il comma 2, del richiamato art. 16 prevede, ancora, la possibilità, per «l’Autorità nazionale

Anticorruzione, a seguito di segnalazione (della Presidenza del Consiglio dei ministri – Dipartimento

della funzione pubblica) o d’ufficio, di sospendere la procedura di conferimento dell’incarico con un

proprio provvedimento che contiene osservazioni o rilievi sull’atto di conferimento dell’incarico

nonché segnalare il caso alla Corte dei conti per l’accertamento di eventuali responsabilità

amministrative. L’amministrazione, ente pubblico o ente privato in controllo pubblico che intenda

procedere al conferimento dell’incarico deve motivare l’atto tenendo conto delle osservazioni

dell’Autorità».

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Autorità Nazionale Anticorruzione

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All’ANAC è attribuita un’ulteriore competenza, richiamata espressamente al comma 3, dell’art. 16,

consistente nel rilascio di pareri obbligatori sulle direttive e le circolari ministeriali concernenti

l’interpretazione delle disposizioni contenute nel decreto 39/2013, nonché l’applicazione di dette

disposizioni alle diverse fattispecie di inconferibilità degli incarichi e di incompatibilità.

Il quadro normativo non può non comprendere l’art. 17 che specifica le conseguenze giuridiche

derivanti dalla violazione della disciplina sulle inconferibilità: «Gli atti di conferimento di incarichi

adottati in violazione delle disposizioni del presente decreto e i relativi contratti sono nulli».

Il successivo art. 19, con riferimento, invece, ai casi di incompatibilità, prevede la decadenza

dall’incarico e la risoluzione del relativo contratto, di lavoro subordinato o autonomo, decorso il

termine perentorio di quindici giorni dalla contestazione all’interessato, da parte del RPC, dell’insorgere

della causa di incompatibilità.

Nei casi in cui siano stati conferiti incarichi dichiarati nulli ai sensi dell’art. 17 sopra richiamato, l’art. 18

prevede per coloro che si sono resi responsabili della violazione del divieto in parola, l’impossibilità per

i tre mesi successivi alla dichiarazione di nullità dell’atto, di conferire gli incarichi di propria

competenza. Detta sanzione inibitoria si accompagna alle responsabilità per le conseguenze

economiche degli atti adottati, espressamente richiamate dalla disposizione de qua.

Secondo il citato art. 18, l’Autorità amministrativa competente ad operare in via sostitutiva nei suddetti

tre mesi di sospensione è, per i Ministeri, il Presidente del Consiglio dei ministri e, per gli enti pubblici,

l’amministrazione vigilante. Regioni, province e comuni, invece, entro tre mesi dall’entrata in vigore del

decreto n. 39/2013 provvedono ad adeguare i propri ordinamenti individuando le procedure interne e

gli organi che in via sostitutiva possono procedere al conferimento degli incarichi nel periodo di

interdizione degli organi titolari. In caso di inerzia di questi ultimi enti, trova applicazione la procedura

sostitutiva di cui all’art. 8 della legge 5 giugno 2003, n. 131.

Rilevante nell’ambito del presente quadro normativo è la disposizione che impone al soggetto cui è

conferito uno degli incarichi di cui alla presente disciplina, di rilasciare, all’atto della nomina, una

dichiarazione sulla insussistenza di cause di inconferibilità o incompatibilità quali individuate dal decreto

medesimo. Si tratta, al riguardo, di dichiarazioni che, oggetto di apposita pubblicazione nel sito della

pubblica amministrazione, ente pubblico o ente di diritto privato in controllo pubblico che ha conferito

l’incarico, costituiscono condizione per l’acquisizione dell’efficacia dello stesso (art. 20 d.lgs. n.

39/2013).

2. Ruolo e funzioni del Responsabile della prevenzione della corruzione nel

procedimento di accertamento delle inconferibilità e delle incompatibilità.

La vigilanza sull’osservanza delle norme in materia di inconferibilità e incompatibilità è demandata al

responsabile della prevenzione della corruzione e alla Autorità nazionale anticorruzione. Può parlarsi,

pertanto, di una vigilanza interna, che è quella affidata al RPC di ciascuna amministrazione pubblica,

ente pubblico e ente di diritto privato in controllo pubblico, e di una vigilanza esterna, condotta, invece,

dall’Autorità nazionale anticorruzione.

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Gli accertamenti del RPC

A) Inconferibilità

Al RPC, individuato dall’art. 15 del d.lgs. n. 39/2013 come il soggetto tenuto a far rispettare in prima

battuta le disposizioni del decreto medesimo, è assegnato il compito di contestare la situazione di

inconferibilità o incompatibilità e di segnalare la violazione all’ANAC.

Qualora, quindi, il RPC venga a conoscenza del conferimento di un incarico in violazione delle norme

del d.lgs. n. 39 o di una situazione di incompatibilità, deve avviare un procedimento di accertamento.

Nel caso di una violazione delle norme sulle inconferibilità la contestazione della possibile violazione

va fatto nei confronti tanto dell’organo che ha conferito l’incarico quanto del soggetto cui l’incarico è

stato conferito.

Detta contestazione costituisce solo l’atto iniziale di una attività che può essere ordinariamente svolta

esclusivamente dal Responsabile e che comprende due distinti accertamenti: uno, di tipo oggettivo

relativo alla violazione delle disposizioni sulle inconferibilità; un secondo, successivo al primo,

destinato, in caso di sussistenza della inconferibilità, a valutare l’elemento psicologico di cd

colpevolezza in capo all’organo che ha conferito l’incarico, ai fini dell’eventuale applicazione della

sanzione interdittiva di cui all’art. 18 del decreto. Accertata, quindi, la sussistenza della causa di

inconferibilità dell’incarico, il RPC dichiara la nullità della nomina e procede alla verifica dell’elemento

soggettivo del dolo o della colpa, anche lieve, dei soggetti che all’atto della nomina componevano

l’organo che ha conferito l’incarico, ai fini della applicazione della sanzione inibitoria prevista all’art. 18

del d.lgs. n. 39/2013.

Il RPC è dunque il soggetto cui la legge, secondo l’interpretazione dell’ANAC e della stessa

giurisprudenza amministrativa, riconosce il potere di avvio del procedimento, di accertamento e di

verifica della sussistenza della situazione di inconferibilità, di dichiarazione della nullità dell’incarico,

nonché il successivo potere sanzionatorio nei confronti degli autori della nomina dichiarata nulla perché

inconferibile. A tale riguardo vale, infatti, richiamare la recente sentenza del TAR Lazio n. 6593/2016

che nel confermare la legittimità delle delibere nn. 66 e 68 adottate dall’ANAC in materia di

inconferibilità degli incarichi di cui all’art. 8 del d.lgs. n. 39/2013, ha sostanzialmente chiarito che l’art.

18 attribuisce la competenza in ordine all’attività sanzionatoria esclusivamente al RPC dell’ente

interessato, il quale, qualora ritenga configurabile una violazione del d.lgs. n. 39/2013, “accerta ai sensi

dell’art. 15, che la nomina sia inconferibile o incompatibile e, con specifico riferimento alle fattispecie di

inconferibilità, dichiara la nullità e valuta se alla stessa debba conseguire l’applicazione delle misure

inibitorie di cui all’art. 18”. Il RPC è dunque il dominus del procedimento sanzionatorio; in tale veste è

tenuto a differenziare la posizione del soggetto destinatario della contestazione ex art. 15, da quella del

soggetto che ha proceduto alla nomina e per il quale è prevista la sanzione ai sensi dell’art. 18. Tuttavia,

trattandosi di norma di un dirigente dell’ente, è evidente che il RPC non sempre gode di effettiva

autonomia nei confronti dell’organo di indirizzo dell’ente stesso. E queste sono le ragioni per cui -

come chiarito nella delibera n. 67 del 2015 - l’ANAC, nell’esercizio del potere di vigilanza sull’attività

svolta dal RPC, si riserva di verificare non solo che l’esercizio del potere sanzionatorio avvenga nel

rigoroso rispetto delle norme, ma anche che sia garantita al responsabile la massima autonomia e

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indipendenza e che lo stesso non sia sottoposto ad atti diretti e/o indiretti di influenza e/o ritorsivi, e

ciò in attuazione dei principi costituzionali di imparzialità e buon andamento.

Il procedimento avviato nei confronti del suddetto soggetto deve svolgersi nel rispetto del principio del

contraddittorio affinché possa garantirsi la partecipazione degli interessati. L’atto di contestazione, da

portare a conoscenza anche dei soggetti che hanno conferito l’incarico, oltre a contenere una

brevissima indicazione del fatto, della nomina ritenuta inconferibile e della norma che si assume violata,

contiene anche l’invito a presentare memorie a discolpa, in un termine congruo, tale da consentire,

comunque, l’esercizio del diritto di difesa (tendenzialmente non inferiore a cinque giorni).

La nullità dell’atto di conferimento dell’incarico adottato in violazione delle disposizioni contenute nel

decreto 39/2013 è espressamente prevista all’art. 17 del medesimo decreto. Prodottosi, quindi, l’effetto

della nullità per il verificarsi della condizione normativamente prevista, l’atto che rimane da adottare è

quello dichiarativo della stessa, e per quanto non vi sia alcuna indicazione di legge circa il soggetto

competente al riguardo, in via interpretativa, può agevolmente concludersi che tale competenza spetti al

RPC. La stessa giurisprudenza amministrativa non ha mancato di chiarire che a fronte della accertata

violazione delle norme in tema di inconferibilità, il responsabile della prevenzione della corruzione è

tenuto a dichiarare la nullità dell’incarico conferito. Ciò significa che l’intervento ripristinatorio degli

interessi pubblici violati ha natura vincolata in quanto correlato al mero riscontro della inconferibilità

dell’incarico e all’urgenza derivante dalla constatazione del pregiudizio arrecato ai suddetti preminenti

interessi pubblici.

Dichiarata la nullità dell’incarico inconferibile, prende avvio il distinto procedimento di accertamento

dell’elemento soggettivo della colpevolezza in capo all’organo conferente l’incarico, che deve svolgersi

nel rispetto del principio del contraddittorio, coinvolgendo tutti i componenti dell’organo conferente

che erano presenti al momento della votazione. Gli astenuti e i dissenzienti sono, infatti, esenti da

responsabilità, ai sensi del comma 1, dell’art. 18 del d.lgs. n. 39/2013.

La vigente disciplina sulle inconferibilità sembra non richiedere la sussistenza dell’elemento soggettivo

del dolo o della colpa, tant’è che l’art. 18 del d.lgs. 39/2013 si limita a prevedere, indicandone il

contenuto, la sanzione inibitoria, costruita quasi come conseguenza automatica della dichiarazione di

nullità dell’incarico. L’Autorità ha ritenuto che non vi sia alcun automatismo al riguardo, tant’è che pur

nel silenzio della legge, ha ritenuto necessario (Delibera n. 67/2015) far precedere la sanzione che vieta

all’organo conferente di affidare incarichi per un periodo pari a tre mesi, da una verifica, tra l’altro

anche molto attenta, del suddetto elemento psicologico. Se così non fosse, se cioè nessuna indagine

sull’elemento soggettivo fosse richiesta al RPC nell’ambito del procedimento sanzionatorio avviato, ci

troveremmo di fronte ad un procedimento incostituzionale per contrasto con i principi di razionalità e

parità di trattamento con altre sanzioni amministrative, per violazione dei principi generali in materia di

sanzioni amministrative, applicabili in via generale in base all’art. 12 della legge n. 689/81 e per

violazione del diritto di difesa e del principio di legalità dell’azione amministrativa di cui agli articoli,

rispettivamente, 24 e 97 Cost.; non solo, ma detto procedimento si porrebbe in evidente contrasto

anche con i principi della convenzione EDU, in particolare, con l’art. 6 di detta Convezione, secondo

l’interpretazione che più volte ne ha dato la Corte di Strasburgo.

In buona sostanza, la sanzione inibitoria che vieta all’organo conferente di affidare incarichi di propria

competenza per un periodo pari tre a mesi, è una sanzione personale, di natura interdittiva, fissa e non

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graduabile, che non può essere irrogata a prescindere da una indagine sull’elemento psicologico di chi

deve subirla.

B) Incompatibilità

Nel differente caso della sussistenza di una causa di incompatibilità, l’art. 19 prevede la decadenza e la

risoluzione del relativo contratto, di lavoro subordinato o autonomo, decorso il termine perentorio di

quindici giorni dalla contestazione all’interessato, da parte del RPC, dell’insorgere della causa di

incompatibilità.

Ciò comporta, per il RPC, il dovere di avviare un solo procedimento, quello di accertamento di

eventuali situazioni di incompatibilità. Una volta accertata la sussistenza di una situazione di

incompatibilità, il RPC contesta all’interessato l’accertamento compiuto. Dalla data della contestazione

decorrono i 15 giorni, che impongono, in assenza di una opzione da parte dell’interessato, l’adozione di

un atto con il quale viene dichiarata la decadenza dall’incarico Tale atto può essere adottato su proposta

del RPC. In questo caso l’accertamento è di tipo oggettivo: basta accertare la sussistenza di una causa di

incompatibilità.

3. Attività di verifica del RPC sulle dichiarazioni concernenti la insussistenza di cause di

inconferibilità o incompatibilità.

Nell’ambito dell’attività di accertamento assegnata al Responsabile nel procedimento come sopra

delineato, deve tenersi conto dell’art. 20 del decreto 39/2013, che impone a colui al quale l’incarico è

conferito, di rilasciare, all’atto della nomina, una dichiarazione sulla insussistenza di una delle cause di

inconferibilità o incompatibilità individuate dallo stesso decreto.

Tale dichiarazione rileva solo nell’ambito dell’accertamento che il RPC è tenuto a svolgere in sede di

procedimento sanzionatorio avviato nei confronti dei componenti l’organo conferente l’incarico, tenuto

conto che, pur costituendo un momento di responsabilizzazione del suo autore, tale dichiarazione non

vale ad esonerare, chi ha conferito l’incarico, dal dovere di accertare, nel rispetto dei principi di buon

andamento e di imparzialità di cui al citato art. 97 Cost. i requisiti necessari alla nomina, ovvero, per

quanto qui rileva, l’assenza di cause di inconferibilità e di incompatibilità in capo al soggetto che si

vuole nominare. In altre parole, l’amministrazione conferente è tenuta ad usare la massima cautela e

diligenza nella valutazione della dichiarazione richiesta all’art.20, in quanto non è escluso che questa sia

mendace, e ciò anche a prescindere dalla consapevolezza del suo autore circa la sussistenza di una delle

cause di inconferibilità o di incompatibilità.

Con riferimento all’indagine sull’elemento psicologico, sono sufficientemente evidenti le difficoltà che il

RPC può incontrare nell’accertamento del dolo o della colpa lieve in capo all’organo che ha conferito

l’incarico, il quale, come chiarito nella delibera n. 67 del 2015, non può e non deve attenersi a quanto

dichiarato dal soggetto incaricato, ma è tenuto a verificare, con la massima cautela, se, in base agli atti

conosciuti o conoscibili, l’autore del provvedimento di nomina avrebbe potuto – anche con un

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accertamento delegato agli uffici e/o con una richiesta di chiarimenti al nominando – conoscere la

causa di inconferibilità/incompatibilità.

Fatte tali necessarie premesse, vale ora considerare i diversi ordini di conseguenze che, nel rispetto del

quadro normativo di riferimento, si producono in caso di dichiarazioni mendaci. Anzitutto, dalla

dichiarazione mendace deriva una responsabilità penale in capo al suo autore, essendo questa resa ai

sensi dell’art. 76 del d.P.R. n. 445/2000; secondariamente, tenuto conto che detta dichiarazione viene

resa anche ai sensi dell’art. 20 del d.lgs. 39/2013, è proprio il comma 5, di detta disposizione a

prevedere l’impossibilità, per il suo autore, di ricoprire, per un periodo pari a cinque anni, alcuno degli

incarichi previsti dal decreto.

Tuttavia, proprio in considerazione della buona fede che può caratterizzare l’autore della dichiarazione,

è opportuno considerare un passaggio che la legge non contempla, ma che potrebbe chiarire non solo la

condotta da esigere dall’autore della dichiarazione, ma anche l’ambito oggettivo della verifica richiesta

all’organo conferente l’incarico. Si ritiene, pertanto, necessario indicare alle amministrazioni di accettare

solo dichiarazioni alla quali venga allegata l’elencazione di tutti gli incarichi ricoperti dal soggetto che si

vuole nominare, nonché delle eventuali condanne da questo subite per i reati commessi contro la

pubblica amministrazione.

A quel punto sarà onere dell’amministrazione conferente, sulla base della fedele elencazione degli

incarichi ricoperti, effettuare le necessarie verifiche circa la sussistenza di una causa di inconferibilità o

di incompatibilità. In questo modo risulterà meno complicato accertare l’elemento psicologico del dolo

o della colpa lieve in capo all’organo conferente, chiamato ad accertare se, in base agli incarichi riportati

nell’elenco prodotto, quello che si vuole affidare sia o meno inconferibile o sia con quelli incompatibile.

Ne consegue che anche il compito del RPC nell’ambito del procedimento sanzionatorio sarà più

agevole, potendosi, ad esempio, concludere per la responsabilità dell’organo conferente ogni volta che

l’incarico dichiarato nullo sia stato conferito nonostante dalla elencazione prodotta fossero emersi

elementi che, adeguatamente accertati, evidenziavano cause di inconferibilità o di incompatibilità.

Inoltre, l’inclusione nel suddetto elenco anche di incarichi che rendono inconferibile quello che si vuole

affidare, escluderebbe in modo evidente la malafede dell’autore della dichiarazione. Con riferimento,

però, a tale ultimo profilo, vale evidenziare che l’elemento psicologico del dichiarante non è preso in

considerazione dal legislatore, il quale, come sopra chiarito, collega alla dichiarazione mendace,

accertata dalla stessa amministrazione nel rispetto del diritto di difesa e del contraddittorio

dell’interessato, l’inconferibilità di qualsivoglia incarico tra quelli previsti dal decreto, per il periodo di

cinque anni.

Fermo restando che la dichiarazione sull’insussistenza di una delle cause di inconferibilità costituisce

condizione di efficacia dell’incarico (art. 20, co.4 del d.lgs. n. 39/2013), tuttavia è altamente auspicabile

che il procedimento di conferimento dell’incarico si perfezioni solo all’esito della verifica, da parte

dell’organo di indirizzo e della struttura di supporto, sulla dichiarazione resa dall’interessato, da

effettuarsi tenendo conto degli incarichi risultanti dal curriculum vitae allegato alla predetta

dichiarazione e dei fatti notori comunque acquisiti.

L’istruttoria svolta ai fini della verifica della dichiarazione viene valutata dal RPC e dall’ANAC ai fini

della configurabilità dell’elemento psicologico in capo all’organo di indirizzo, nell’ambito del

procedimento sanzionatorio di cui all’art. 18 d.lgs. n. 39/2013.

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Autorità Nazionale Anticorruzione

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4. Attività di vigilanza e poteri di accertamento dell’ANAC in caso di incarichi

inconferibili e incompatibili.

Anche il ruolo e i poteri dell’ANAC non sono delineati in modo esaustivo dalla normativa sulle

inconferibilità, le cui criticità, proprio con riferimento al profilo appena delineato, sono state oggetto

dell’atto di segnalazione al Governo e al Parlamento n. 5 del 9 settembre 2015.

Pertanto, tenuto conto della funzione di controllo, di prevenzione e di contrasto della corruzione e

dell’illegalità nella pubblica amministrazione che la legge n. 190 del 2012 riconosce all’Autorità

nazionale anticorruzione, è opportuno chiarire, in questa sede, i confini e i margini di intervento

dell’attività di vigilanza e di accertamento che in base al dettato normativo l’Autorità stessa può svolgere

in materia di inconferibilità e di incompatibilità degli incarichi amministrativi di vertici e dirigenziali di

cui al d.lgs. n. 39/2013.

Anzitutto, vale evidenziare che anche nella suddetta materia, l’ANAC esercita il suo generale potere di

regolazione, che si inquadra in quello di indirizzo sulle misure di prevenzione della corruzione nei

confronti di tutte le pubbliche amministrazioni e degli enti privati controllati, partecipati, regolati o

finanziati dallo Stato, ai sensi dell’art. 19, comma 15, del d.l. 90/2014.

Il d.lgs. n. 39/2013, all’art. 16, prevede una vigilanza in capo all’ANAC sul rispetto delle disposizioni

contenute nel decreto, che può svolgersi anche tramite l’esercizio di poteri ispettivi e di accertamento di

singole fattispecie di conferimento degli incarichi.

Tale vigilanza si esprime in due distinte fattispecie.

A) L’accertamento nell’ambito dell’intervento sospensivo dell’Autorità nei procedimenti di conferimento (Art. 16,

comma 2)

All’autorità è riconosciuto, ai sensi del comma 2, del citato art. 16, il potere, a seguito di segnalazione

(della Presidenza del Consiglio dei ministri - Dipartimento della funzione pubblica) o d’ufficio, di

sospendere la procedura di conferimento dell’incarico con un proprio provvedimento che contiene

osservazioni o rilievi sull’atto di conferimento dell’incarico, nonché segnalare il caso alla Corte dei Conti

per l’accertamento di eventuali responsabilità amministrative. L’amministrazione, ente pubblico o ente

privato in controllo pubblico, che intenda comunque procedere al conferimento dell’incarico, deve

motivare l’atto tenendo conto delle osservazioni dell’Autorità.

Il potere di sospensione della procedura di conferimento dell’incarico è quindi finalizzato a richiamare

l’attenzione dell’amministrazione che sta conferendo l’incarico amministrativo di vertice o dirigenziale,

sulla possibile esistenza di cause di inconferibilità delle quali, però, l’amministrazione stessa può non

tener conto, opportunamente motivando. L’ipotesi disciplinata al comma 2, dell’art. 16 consente

all’ANAC di procedere ad una prima valutazione della situazione segnalata, diversa dall’accertamento di

cui al comma 1. Si tratta di un misura di tipo cautelare e collaborativo, che serve a richiamare

l’amministrazione sul rispetto della disciplina in materia di inconferibilità. Ciò è confermato dal fatto

che l’amministrazione può comunque procedere al conferimento dell’incarico, naturalmente previa

adeguata motivazione che tenga conto delle osservazioni e i rilievi dell’ANAC.

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Autorità Nazionale Anticorruzione

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B) L’accertamento di singole fattispecie di inconferibilità e incompatibilità (art. 16, comma 1)

L’Autorità, ai sensi dell’art. 16, comma 1, ha il potere di procedere all’”accertamento di singole e

specifiche fattispecie di conferimento degli incarichi”.

Detto potere può attivarsi su segnalazione di terzi, in occasione della richiesta di pareri da parte delle

amministrazioni (sempre che il parere riguardi specifiche fattispecie), su segnalazione dello stesso RPC,

(ai sensi dell’art. 15, comma 2), ovvero d’ufficio (come nel caso in cui l’ANAC, occupandosi di vicende

diverse, venga a conoscenza di situazioni di possibile inconferibilità o incompatibilità).

L’accertamento riguarda casi di incarichi già conferiti (a differenza del caso di cui all’art. 16 comma 2,

che riguarda conferimenti in itinere).

L’attività di vigilanza sui pareri riguardanti specifiche fattispecie rientra nei poteri attribuiti

all’Autorità (in tal senso la nota prot. n. 9353 del 9 ottobre 2013 del Dipartimento della funzione

pubblica).

L’accertamento è svolto dall’Autorità nel rispetto del principio del contraddittorio, con una

interlocuzione che si svolge con il RPC dell’amministrazione interessata. L’accertamento si svolge sulla

base dei documenti messi a disposizione dell’Autorità, con la possibilità, ove si riveli necessario, di

procedere all’audizione degli interessati (RPC, organo conferente, soggetto incaricato), secondo quanto

disposto dal “Regolamento sull’esercizio dell’attività di vigilanza sul rispetto degli obblighi di

trasparenza e delle misure di prevenzione della corruzione” in corso di approvazione da parte

dell’Autorità.

Si tratta, quindi, di valutare la natura e gli effetti dell’atto dell’ANAC con il quale si accerta una

situazione di inconferibilità e incompatibilità, soprattutto in rapporto agli analoghi poteri che la stessa

legge conferisce al RPC dell’amministrazione interessata.

L’esplicita attribuzione compiuta dalla disposizione in esame all’ANAC di poteri di “accertamento di

singole fattispecie di conferimento degli incarichi” non può che essere interpretata come il

conferimento di un potere destinato a superare eventuali diverse valutazioni dell’amministrazione

conferente e del suo RPC. Se L’ANAC viene chiamata, per volontà della stessa amministrazione o su

segnalazione, ad accertare specifiche fattispecie di incarichi già conferiti, questo accertamento è

destinato a fare stato, salva sempre la possibilità di ricorso al giudice amministrativo contro il

provvedimento dell’Autorità. Ogni altra interpretazione sarebbe contraria al principio di economicità

dell’azione amministrativa e renderebbe inutile l’accertamento dell’ANAC e l’apposito procedimento,

adottato con le garanzie del contraddittorio, che l’Autorità svolge.

Nei casi di accertamento compiuto dall’Autorità, quindi, al RPC si deve ritenere preclusa ogni altra

azione di accertamento, sul piano oggettivo, di violazioni delle norme del d.lgs. n. 39.

Residuano, in questi casi, in capo al RPC funzioni non secondarie e non attribuibili all’ANAC:

a) prendere atto dell’accertamento compita dall’ANAC e della conseguente, automatica, nullità

dell’atto di conferimento, ovvero diffidare l’interessato ad optare tra incarichi dichiarati

incompatibili;

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Autorità Nazionale Anticorruzione

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b) avviare il procedimento sanzionatorio, ai fini dell’accertamento delle responsabilità soggettive e

dell’applicazione della misura interdittiva prevista dall’art. 18 (per le sole inconferibilità).

Il procedimento avviato dal RPC è un distinto e autonomo procedimento, che si svolge nel rispetto del

contraddittorio e che è volto ad accertare la sussistenza dell’elemento psicologico del dolo o della colpa,

anche lieve, in capo all’organo conferente. All’esito del suo accertamento il RPC irroga, se del caso, la

sanzione inibitoria di cui all’art. 18 del d.lgs. n. 39/2013.

Per effetto di tale sanzione, l’organo che ha conferito l’incarico non potrà, per i successivi tre mesi,

procedere al conferimento di incarichi di propria competenza.

Quella appena descritta, pur nella diversità degli esiti rappresentati, costituisce la procedura ordinaria di

accertamento di una situazione di inconferibilità degli incarichi, per cui in una logica di opportuna ed

efficace collaborazione tra soggetti chiamati a contrastare, prevenendoli, fenomeni di corruzione, il RPC

interviene a completare l’attività di prevenzione della corruzione avviata dall’ANAC con l’accertamento

di una situazione di inconferibilità. E vi interviene dichiarando, in linea con il proprio ambito di

competenze, la nullità dell’incarico inconferibile e procedendo nella verifica del presupposto

indispensabile per l’irrogazione della sanzione inibitoria di cui all’art. 18 del d.lgs. n. 39/2013.

L’interpretazione esposta contribuisce a rafforzare la posizione del RPC, che resta in via ordinaria il

solo soggetto competente in materia di accertamento e di adozione dei provvedimento conseguenti.

L’ANAC interviene solo nell’esercizio dei suoi poteri di vigilanza e il suo eventuale accertamento non

può che limitarsi alla valutazione della violazione oggettiva della legge, lasciando al RPC ogni altro atto

conseguente, ivi compreso lo svolgimento del procedimento sanzionatorio o del procedimento di

diffida in caso di incompatibilità.

5. Il mancato adeguamento da parte del RPC all’accertamento dell’ANAC e il potere di

ordine dell’Autorità.

Chiariti i rapporti, in via ordinaria, tra i compiti rispettivamente attribuiti al RPC e all’ANAC, resta da

valutare l’ipotesi di mancato adeguamento da parte del RPC all’accertamento compiuto dall’ANAC ai

sensi dell’art. 16, comma 1.

Può verificarsi, infatti, il caso del RPC che resti inerte ovvero adotti, senza adeguata motivazione, un

provvedimento non in linea con gli esiti dell’accertamento condotto da ANAC.

Poiché l’art. 16, nel conferire all’ANAC il potere di accertamento, con gli effetti di prevalenza su altri

eventuali accertamenti compiuti dall’amministrazione o dal suo RPC, non disciplina l’ipotesi del

mancato adeguamento, si deve ritenere applicabile il potere di ordine conferito in via generale

all’ANAC.

Tale potere è espressamente conferito all’Autorità dall’art. 1, comma 3, della legge n. 190 (“…ordina

l’adozione di atti o provvedimenti richiesti dai piani di cui ai commi 4 (soprattutto il Piano nazionale

anticorruzione, nella misura in cui contenga disposizioni relative all’accertamento dei casi di

inconferibilità e incompatibilità) e 5 (soprattutto il Piano triennale di prevenzione della corruzione

dell’amministrazione che deve contenere misure atte ad evitare casi di inconferibilità e incompatibilità)

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Autorità Nazionale Anticorruzione

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del presente articolo”). Di tale potere l’Autorità si è già occupata con la delibera n. 146 del 2014 e con il

richiamato regolamento di vigilanza.

La corretta applicazione della disciplina in materia di inconferibilità e incompatibilità rientra

sicuramente tra le misure di prevenzione della corruzione più volte oggetto di disposizioni del Piano

nazionale anticorruzione, ribadite anche dal PNA 2016 di recente approvato dall’ANAC. Incarichi

inconferibili, di fatto nulli, non possono continuare a produrre effetti, così come i soggetti che li hanno

attribuiti non possono non essere sanzionati, sussistendone i presupposti, per l’inerzia del soggetto

deputato a svolgere la necessaria attività dichiarativa. L’intervento dell’ANAC tramite l’esercizio del

potere di ordine è volto a riportare l’azione dell’amministrazione al rispetto della legge, tanto che detto

potere, che non ha un contenuto sanzionatorio, né carattere sostitutivo, viene definito come un potere

conformativo e dissuasivo a scopo collaborativo.

Ne consegue che ove l’Autorità abbia adottato atti di accertamento di situazioni di inconferibilità e

incompatibilità dotati di effetti prevalenti, l’amministrazione interessata e il suo RPC siano obbligati

all’adozione degli atti conseguenti all’accertamento. Qualora non vi provvedano, l’Autorità, cui non

sono attribuiti poteri di tipo sostitutivo (quali la nomina di commissari ad acta), può esercitare il proprio

potere di ordinare all’amministrazione e all’RPC di adottare tali atti.

In altri termini, l’ANAC ordina al RPC inerte di confermare le risultanze emerse in sede di

accertamento della inconferibilità, oppure ordina, sempre al RPC, la rimozione dell’atto che si discosti

da quelle risultanze.

Poiché il potere di ordine non è assistito da un potere sanzionatorio riconosciuto all’ANAC, l’Autorità

si riserva, comunque, di coinvolgere, tramite apposita segnalazione, le autorità competenti per

l’accertamento di responsabilità disciplinari o amministrative o penali del RPC inerte o che adotta atti

contrari agli accertamenti che essa ha già effettuato, e di pubblicare tali segnalazioni sul proprio sito.

L’Autorità si riserva anche di segnalare i casi di inerzia alle amministrazioni titolari di poteri di vigilanza

e di poteri sostitutivi nei confronti dell’amministrazione rimasta inerte per l’adozione dei provvedimenti

di loro competenza.

Approvato dal Consiglio nella seduta del 3 agosto 2016

Il Presidente

Raffaele Cantone

Depositato presso la segreteria del Consiglio in data 5 agosto 2016

Il Segretario, Maria Esposito

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D. Lgs. 128/2003 e s.m.i. 13. Disposizioni specifiche. 1. Le incompatibilità con le cariche di presidente, componente del consiglio di amministrazione e del consiglio tecnico scientifico, di presidente e componente del collegio dei revisori dei conti, di direttore generale e responsabile di settore tecnico, sono disciplinate dal regolamento di organizzazione e funzionamento dell'Agenzia. Il presidente, il direttore generale, i componenti del consiglio di amministrazione e del consiglio tecnico-scientifico non possono essere amministratori o dipendenti di società che partecipano a programmi cui è interessata l'A.S.I., salvo quelle a partecipazione A.S.I., e non possono ricoprire cariche di governo o cariche politiche elettive a qualunque livello, ovvero incarichi o uffici di rappresentanza nei partiti politici. Sono immediatamente sostituiti in caso di incompatibilità sopravvenuta, grave violazione dei doveri inerenti all'ufficio, ovvero nel caso in cui riportino condanna, anche con sentenza non passata in giudicato, per uno dei reati previsti dal capo I del titolo II del libro secondo del codice penale. 2. Il presidente, se professore o ricercatore universitario, può essere collocato in aspettativa ai sensi dell'articolo 13 del decreto del Presidente della Repubblica 11 luglio 1980, n. 382; se dipendente di pubbliche amministrazioni è collocato in aspettativa senza assegni. 3. Il direttore generale ed i responsabili dei settori tecnici, se professori o ricercatori universitari, sono collocati in aspettativa ai sensi dell'articolo 12 del decreto del Presidente della Repubblica 11 luglio 1980, n. 382; se ricercatori o tecnologi o dipendenti di pubbliche amministrazioni sono collocati in aspettativa senza assegni ai sensi dell'articolo 19, comma 6, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165. 4. Le indennità di carica del presidente dell'ente, dei componenti del consiglio di amministrazione, del presidente e dei componenti del collegio dei revisori dei conti sono determinate con decreto del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze. 5. I compensi dei responsabili dei settori tecnici e del direttore generale sono determinati dal consiglio di amministrazione, su proposta del presidente dell'ente, con riferimento al decreto di cui al comma 4. 6. In caso di gravi irregolarità, di difficoltà finanziarie perduranti, di esigenze di adeguamento della missione dell'ente alle politiche della ricerca scientifica e tecnologica definite dal Governo, ovvero in caso di contemporanea cessazione del presidente e di un numero di componenti del consiglio di amministrazione non inferiore ad un terzo prima della scadenza del mandato, con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, è disposta la decadenza degli organi in carica, ad eccezione del collegio dei revisori, ed è nominato un commissario straordinario per la durata massima di dodici mesi e, comunque, per il periodo necessario ad assicurare la funzionalità dell'ente fino all'insediamento del nuovo presidente e del nuovo consiglio di amministrazione. 7. L'A.S.I. si avvale del patrocinio dell'Avvocatura generale dello Stato.

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STATUTO ASI (luglio 2017)

Regolamento di Amministrazione, Finanza e Contabilità (Approvato con deliberazione del Consiglio di amministrazione n. 85/2017 del 29 maggio 2017

ed entrato in vigore il 27 gennaio 2018)