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DARKINGSHOREL'URLO

STORIA DIGABRIELE FUNARO

ILLUSTRAZIONI DIGABRIELE FUNARO

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La Notte mi appartiene. E' una verità consolidata che non concedo a nessun altro. E' parte della mia vita, è nel mio codice genetico, e per quanto non sappia chi sono, qual'è il mio scopo e perché io vaghi per le strade di questa città, l'unica certezza è che sono parte di essa come lei è parte di me. La Notte. Darkingshore è una città molto cupa al calar delle tenebre. Di giorno è un paradiso di gioia ed ilarità che illumina il Nord dell'Inghilterra, è una meta ambita perché c'è il minor numero di precipitazioni in tutta la Gran Bretagna. Il clima è favorevole insomma, e la gente ama questa città. Ma di Notte si trasforma. Le persone si chiudono in casa e serrano le porte, in giro si vedono solo le ombre dei gatti nei vicoli, gli agenti fanno ronde regolari senza allontanarsi troppo dalla centrale di polizia e le uniche luci che illuminano la bruma tenebrosa sono quelle dei televisori accesi, con i comuni che si fanno succhiare il cervello davanti ai tubi catodici. In giro compaiono le ombre e i fantasmi di un mondo segreto, le anime dannate escono in cerca di una redenzione che non possono trovare e le ombre sinistre della nebbia avvolgono la città in un manto fitto e impenetrabile. Nemmeno la nebbia di Londra dopo mezzanotte è tanto fitta. Sedevo isolato su una panchina del parco di Sallington, un sobborgo alla periferia di Darkingshore. Nessuno in giro, salvo qualche gatto in cerca di cibo e pipistrelli che svolazzavano vicino ai lampioni. Ero assorbito nei miei pensieri, totalmente distaccato dalla realtà. Le immagini che mi scorrevano davanti passavano attraverso i miei occhi per perdersi nella mia mente, senza che io potessi considerare un pensiero più di un altro. Fissavo le mie mani e le mie braccia, la pelle che avvolge la mia pelle. Un abito nero fatto su misura per me, un abito che non posso togliermi nemmeno volendo, condannato a viverci dentro senza poter rinnegare il colore della Notte. La mia scintillante giacca in pelle, i miei pantaloni differenziati solo da una striscia rossa sul fianco, i miei pesanti stivali... un tutt'uno con la Notte. Una luce bucò l'oscurità nella quale mi trovavo avvolto senza darmi troppo preavviso. Ero seduto sulla panchina con lo spirito altrove, ma questa luce irruppe con prepotenza riportandomi dentro le mie vesti. Si avvicinò, senza dire niente, solo producendo un suono rombante che echeggiava in tutta la città. I cilindri che pulsano, i fari che puntano contro, la sinfonia della benzina che entra nella camera di combustione e muove i pistoni dando vita alla magia motorizzata. Era tutto sensato, era tutto previsto, era tutto come nella meccanica dell'universo. Un bolide arancione che spunta nell'oscurità del parco e attira la mia attenzione con un lampeggiante acceso, sa cosa vuole comunicarmi, e sa come farlo. -Cosa succede?- chiesi io.

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La risposta avvenne con 2 rombi in consecuzione. Sapevo cosa voleva dire.

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Mi alzai dalla panchina e mi accomodai sul sedile dell'auto, la quale sapeva già dove portarmi, e sapeva già come darmi le indicazioni. Io e lei viviamo in simbiosi, lei non esiste senza di me e io non agisco senza di lei. Come posai la mia mano sinistra sul cambio e la destra sul volante, ci fondemmo in un tutt'uno per setacciare le buie strade della città alla ricerca del pericolo incombente. I 4 cilindri pulsavano sotto quell'abito sgargiante e si fiondarono nella strada principale di Sallington senza minima esitazione, percorrendo a tutta velocità 3 isolati e arrivando in prossimità dei confini cittadini. I fari si stagliavano nella Notte cercando il pericolo che aveva scatenato l'ira del bolide arancione, il quale gridava giustizia con il suono del suo cuore pulsante. D'un tratto si fermò. -Qui?? 2 suoni consecutivi del motore confermarono che qualcosa stava per accadere, ma non sapevo cosa. Il bolide non poteva continuare perchè ci trovavamo nei pressi di un campo santo, e quindi scesi dall'auto per potermi accertare di persona quale fosse il mio incarico. L'auto si mimetizzò nel buio mischiandosi alle altre vetture nei dintorni, mentre io con un balzo mi lanciai sopra il tetto della chiesa gotica del cimitero, aggrappandomi con una mano ad un gargoyle ed un pinnacolo con l'altra. Mi appollaiai sul tetto qualche minuto per non farmi notare, sotto il chiarore lunare intenso che illuminava a giorno il necrocovo. Percorsi qualche metro sul tetto per poter avere una panoramica completa, e quando mi accostai all'angolo nord della chiesa vidi finalmente qual'era il motivo della mia chiamata. Appoggiata con la schiena ad una lapide si trovava una ragazza, vestita completamente di nero che grondava lacrime a non finire. Non so quale fosse il motivo della sua tristezza, ma reggeva in mano una foto e stringeva una rosa appassita nell'altra. Piangeva come una persona divorata dal dolore, ed era evidente che il cimitero fosse l'unico luogo dove lei si sentiva a suo agio. La fissai per diversi minuti, mentre in mano teneva una boccetta con dentro quelle che parevano essere delle pillole. -Oh no! Ma non erano le pillole a preoccuparmi, per quanto sicuramente pericolose per il destino della ragazza. Dietro di lei si stagliarono le sagome di 3 brutti ceffi, tombaroli presumibilmente. Tenevano in mano una torcia e si sentivano a loro agio girovagando tra le lapidi di cari estinti e i fiori morti di parenti in lutto. La ragazza stava per prendere una manciata di quelle pillole, e per quanto io sentissi il dovere di fare qualcosa, mi trovai di fronte ad una scelta; o intercettare loro oppure prendermi cura della ragazza. -Santo cielo! Pensai tra me e me quanto accadeva, e nel momento in cui le pillole si

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avvicinarono alle sue labbra compresi che la situazione mi sarebbe sfuggita di mano a priori. Sentii l'istinto di lanciarmi contro quei brutti ceffi per poi fermare lei, ma i miei sensi furono troppo lenti, e mentre lei aveva già ingoiato alcune di quelle pasticche, i tizi l'avevano incrociata con lo sguardo. -Ehi ragazzi, guardate, una bella ninfetta! -Ma cosa ci fa a quest'ora nel cimitero? -Spupazziamocela un po'! Fu l'ultima frase a smuovere il mio istinto aggressivo, un senso adrenalinico di rabbia mi pervase tutto e sentii ogni cellula del mio corpo desiderare di lanciarsi contro quei tizi. E così feci. Un salto velocissimo, fulmineo come un lampo, saltai giù dal tetto della chiesa e afferrai per il colletto uno dei tizi. Con la stessa rapidità lo trascinai in un angolo buio del cimitero, dove questi ebbe la malaugurata idea di guardarmi negli occhi per più di 3 secondi. E così avvenne di nuovo. Sì, avvenne di nuovo quella cosa maledetta che non so spiegare, ma che fa parte di me, uccide con il solo pensiero. Il suo viso si deformò in una sorta di grido inumano, il viso sbiancò istantaneamente come se tutto il sangue fosse stato risucchiato via e una voce fioca gridò disperatamente. Era impossibile gridare, ma nel suo soffocarsi ci provò. Le sopracciglia si deformarono in uno sguardo di orrore disperato, la bocca si spalancò e i nervi si bloccarono in una posizione post mortem perenne, mentre i capelli persero tutto il colore in un lampobotto e ogni funzione vitale cessò. In poco più di 10 secondi sentii il suo cuore smettere di battere, e mi rimase tra le mani una maschera di dolore e orrore indicibile. -Frankie! Frankie, ci sei?? I compari si avvicinarono verso la lapide dove lo avevano visto scomparire. Si avvicinarono lentamente per paura che ci fosse qualcosa... che ci fossi io! -Frankie, non fare il coglione, dai!! Non è ora degli scherzi!! La ragazza era probabilmente già in condizione critica, quindi dovevo sbrigarmi e non potevo badare ai convenevoli. Sguissai come una saetta e mi nascosi dietro ad un'altra lapide. I tizi intanto si avvicinarono e trovarono la sorpresa. -Frankie?? Frankie?? La testa del loro amico rotolò di lato oltre la lapide, rivelando quella orribile espressione ai loro occhi. -OH CIELO!!! -MERDA, CHE CAZZO E' STATO??? -Non lo so!!! Non lo so!!! -Filiamocela via!!! -No, prima la ragazza!!! Non c'era altra via, non potevo evitarli, dovevo affrontarli e fare fuori anche loro. Come si girarono per andare verso la ragazza, io ero lì.

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-E tu chi caz... Non finì la frase che lo afferrai per il collo e lo scaraventai a 10 metri di distanza, facendolo sfracellare contro una lapide. Il secondo estrasse un coltello e mi pugnalò al fianco sinistro, ignaro che i coltelli possono anche penetrare la mia pelle, ma io non ho ricettori del dolore. Estrassi il coltello dal mio fianco senza che una goccia di sangue uscisse dal mio gelido corpo. -Ohhhhhh, che cosa sei????? Gli piantai il coltello nella gamba. -AAARRGGGGHHHHHHHHHHHHHH Di tutta risposta mi tirò un pugno in viso, senza causarmi alcunché, ma fu lesto come sfuggì alla stretta della mia mano che teneva il suo braccio. Zoppicante corse via, fino a che arrivò sulla strada, ma la via di fuga era bloccata anche lì. Il bolide arancione si svegliò dalla sua mimetizzazione in mezzo alle altre auto e accese i fari, gli si scagliò contro e lo inseguì per diversi metri fino a bloccarlo nel mezzo di un incrocio. Ruggiva rabbiosa contro il criminale, e lui non sapeva cosa fare, e cercò nuovamente la fuga all'indietro. Ma la via era bloccata anche in quel caso. -OH CIELO, NOOOOO!!!! Lo afferrai per il colletto della giacca e lo sollevai circa 30 centimetri da terra fissandolo dritto negli occhi. -Ahhhh ahh eeeeeeeeeeerrrrrrr Stava avendo una crisi epilettica sotto i miei occhi, ma al tempo stesso la mia maledizione si compiva di nuovo, e il suo viso sbiancava mentre la sua bocca si deformava. Lo scaraventai contro il parabrezza di un auto, e se non lo avessi fatto, in pochi secondi sarebbe stato un cadavere anche lui. Controllai come era conciato. Aveva la bava alla bocca, tremava completamente e il suo viso era parzialmente deformato, forse non in maniera permanente, ma il processo era iniziato. La sua espressione rimase fissa come quella de "L'Urlo" di Munch, ormai il viso era irrimediabilmente danneggiato. Se solo lo avessi lasciato prima. Corsi verso la ragazza, la quale era piombata in uno stato di coma e le cui funzioni corporee erano ridotte allo stremo. Il battito era quasi assente, la pressione al minimo, e stringere le sue esili braccia era come sollevare dei fuscelli, perchè la vita andava perdendosi in quel momento. Non avevo altra scelta che rianimarla io stesso, dato che non sarebbe mai arrivata in tempo in ospedale. -Ok Roger, ce la devi fare! Non c'erano magie o altro, quello che potevo fare era solo riattivare le sue funzioni corporee con una forte scarica elettrica. Presi in braccio la ragazza e la portai fuori del cimitero, la sdraiai sul gelido asfalto e feci avvicinare il bolide arancione perchè potesse convogliare la sua energia elettrica nel corpo della ragazza.

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-Sai cosa devi fare, vero?? Il rombo del motore confermava di sì, e così fu. Aprì il cofano, appoggiai la mia mano sinistra sulla batteria dell'auto e la destra sul corpo della ragazza. L'auto sgasò e fui percorso in un paio di secondi da una scarica elettrica potentissima, il mio corpo funse da convoglio per portare l'energia elettrica alla ragazza, e in pochi secondi una luce fulminante invase tutta la scena, con scintille ovunque. Dovetti chiudere gli occhi, poichè le mie pupille sono sensibilissime alla luce e soprattutto a quella intensa come i flash delle macchine fotografiche. Per pochi secondi non posso nemmeno muovermi. -Riprenditi! Pregavo dentro di me che la ragazza riprendesse a vivere, che il suo cuore tornasse alle funzioni normali, che ci fosse una possibilità di salvezza per lei. E ci fu, lo sentii! -Riprenditi!!! Sentii come il suo corpo tornava in vita, la scarica elettrica la stava smuovendo e lei stessa era di nuovo in sè. Furono un paio di secondi e sudò freddo come non mai, la sua attività respiratoria tornò stabile e nemmeno io so dire come, riaprì gli occhi di botto e si alzò sul busto di scatto, in una sorta di esperimento di Galvani con qualche cadavere fresco di morte. Fu per pochi secondi, la ragazza rimase in quella posizione completamente pervasa dalla scarica elettrica e le sue pupille si girarono verso l'alto mentre la sua bocca si contorceva nel primo anelito di vita. Come io e l'auto finimmo la pratica per rianimarla e l'elettricità smise di scorrere, lei cadde di nuovo all'indietro, ma la fermai in tempo prima che colpisse l'asfalto con la testa. Non riprese conoscenza subito, ma le funzioni vitali erano a posto. Era ancora viva. Lo sforzo notevole che avevo sostenuto nel convogliare tutta quella energia elettrica mi lasciò intontito per qualche minuto, ma fui capace di salire a bordo e chiamare un'ambulanza. Senza dire troppo, indicai solo il luogo dove doveva recarsi l'ambulanza. -Chi sei tu?? La ragazza riprese sufficiente conoscenza da pormi questa domanda, per quanto con voce fioca. Il giorno dopo non avrebbe ricordato niente, ma insistette con la sua domanda. -Chi sei tu? Potevo forse non risponderle? -Solo un amico. Le sue energie svanirono di nuovo e non fu in grado di chiedermi altro. La Tempra Special si volatilizzò nel buio della Notte e io rimasi di vedetta nei dintorni aspettando l'ambulanza, la quale arrivò tempestiva in circa 15 minuti. Dal tetto della chiesa osservai la ragazza che veniva portata via, di nuovo in

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stato di incoscienza, ma in ogni caso viva. Potevo sentire i medici che parlavano nell'ambulanza. -Abbiamo un avvelenamento da barbiturici, ma la paziente sembra in condizioni accettabili, come fosse stato fatto un tentativo per rianimarla. Età circa 20 anni, caucasica, niente documenti con sè... signorina, mi sente?? Non poteva, era ancora troppo debole. I medici si sarebbero presi cura di lei e sarebbe sopravvissuta. Qualsiasi fosse il suo nome, era salva. - Santo cielo, ma questi altri?? I 3 teppisti furono trovati, e gli stessi medici chiamarono un'altra ambulanza e la polizia. Rimaneva solo che arrivassero i poliziotti e facessero i dovuti sopralluoghi, ma io mi sarei dileguato ben prima, come faccio sempre da ogni scena del crimine nella quale mi ritrovo mio malgrado ad essere l'autore. Dal tetto della chiesa potevo vedere tutti e 3. Il primo che avevo ucciso che ancora si trovava sotto la lapide, il suo viso deformato con un grido perenne. Il secondo era martoriato contro una lapide, infilzato da una croce al petto e con il viso distrutto nell'impatto. E poi l'ultimo, ancora vivo, ma che avrebbe vissuto il resto dei suoi giorni con il grido stampato sul volto. Sì, l'urlo dell'orrore, l'urlo di tutti coloro che mi fissano negli occhi per più di 5 secondi, l'urlo di un terrore indicibile. Questo terrore sono io, solitario, appollaiato sul tetto di una chiesa gotica e circondato dai mostri della Notte, dai gargoyle, dai pinnacoli e accompagnato dal chiarore lunare. Sono la paura, sono il fantasma di un universo oscuro, sono la Notte. E forse non sono solo gli altri ad avere il terrore di me; forse sono io ad essere veramente spaventato di quello che sono. Ma chi non ha paura di quello che è?

Gabriele Funaro, 2:27 29 Marzo 2011