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Dante Alighieri e la Divina Commedia

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Dante Alighieri

e la Divina Commedia

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La biografia

Dante Alighieri e la Divina Commedia

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La biografiaDante era un poeta vissuto nel XIII-XIV secolo in Italia. Viene considerato il padre della letteratura italiana perché scrisse il suo più importante poema, la Divina Commedia, grazie alla quale è conosciuto in tutto mondo, in volgare italiano. Nacque a Firenze nel 1265 da una famiglia nobile e benestante. Studiò scienze, filosofia, politica e retorica come tutti i nobili di allora, ma si dedicò anche alla poesia. Scrisse il "De Vulgari Eloquentia", un'opera in latino, per convincere i più colti dell'importanza della lingua volgare. Da giovane si innamorò di Beatrice, una donna fiorentina, per la quale compose una delle sue opere più importanti, la "Vita Nova". Dopo la sua morte nel 1290 Dante cominciò a partecipare alla vita politica di Firenze.

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Nel 1300 venne eletto priore, la carica più importante del comune fiorentino, e si schierò con i Guelfi Bianchi, un partito che voleva tenere Firenze indipendente dal Papa Bonifacio VIII. Poi Dante si recò a Roma per incontrare il Papa come ambasciatore e i Guelfi Neri, approfittando del fatto che si fosse allontanato, presero possesso della città, esiliando tutti i Guelfi Bianchi. Così Dante fu costretto a viaggiare da una corte all'altra, senza poter tornare a Firenze. Fu proprio in questo periodo, tra il 1307 e il 1320, che scrisse la Divina Commedia. Infatti sperava che grazie a questo poema diventasse molto famoso come poeta e che quindi lo lasciassero ritornare nella sua città. Ma non fu così. Nemmeno grazie a ciò i Guelfi Neri lo fecero ritornare e Dante morì a Ravenna, dove ancora oggi si trova la sua tomba. I fiorentini in futuro pretenderanno che la tomba venga trasferita a Firenze, ma non avendo voluto Dante in vita, Ravenna negherà loro di avere le sue spoglie.

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La struttura del poema

Dante Alighieri e la Divina Commedia

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La struttura del poemaLa Divina Commedia è un poema, un testo letterario di una certa lunghezza scritto in versi. È composta da tre cantiche, ciascuna a sua volta composta da trentatré canti. In tutto ci sono cento canti, novantanove più uno introduttivo. Le strofe sono terzine incatenate, chiamate anche terzine dantesche proprio perché le usò Dante. Le terzine sono strofe composte da tre versi e le rime incatenate seguono lo schema A-B-A, B-C-B, C-D-C,... I versi sono endecasillabi, cioè composti da undici sillabe.

Dante usa sempre numeri multipli di tre o di dieci perché rappresentavano la Trinità e i Dieci Comandamenti.

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La sintesi

Dante Alighieri e la Divina Commedia

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La sintesiLa Divina Commedia narra il viaggio di Dante attraverso i tre regni dell'oltretomba, Inferno, Purgatorio e Paradiso. Viene accompagnato nei primi due da Virgilio, un poeta vissuto ai tempi dell'impero romano che Dante ammirava perché aveva scritto l'Eneide, nel paradiso da Beatrice.

Il viaggio è un'allegoria che rappresenta la purificazione dal peccato.

Ma che cos'è un'ALLEGORIA?

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Nella Divina Commedia sono presenti molte allegorie. Ad esempio Virgilio rappresenta la ragione con cui un uomo deve riconoscere il peccato e pentirsi, ma senza la grazia divina e la fede, rappresentate da Beatrice, un uomo non può redimersi.

L'allegoria è una figura retorica per mezzo della quale si un'immagine assume un significato nascosto a quello letterale.

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La Selva Oscura

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La Selva OscuraNel mezzo del cammin di nostra vita

mi ritrovai per una selva oscura

ché la diritta via era smarrita.

Ahi quanto a dir qual'era è cosa dura

esta selva selvaggia e aspra e forte

che nel pensier rinova la paura.

Tant'è amara che poco più è morte,

ma per trattar del ben ch'i vi trovai,

dirò del'altre cose ch'i v'ho scorte.

Io non so ben ridir com'i v'intrai

tant'era pien di sonno a quel punto

che la verace via abbandonai.

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Dante all'inizio del viaggio si trova in una foresta, una selva, lugubre, oscura e spaventosa. Questa selva è un'allegoria che rappresenta il peccato umano. Dante racconta di essere spaventato, ma poi di aver visto un colle dove terminava la foresta e di essercisi avviato. Mentre sale, però, una lonza, cioè una specie di lince, gli sbarra la strada. Lui cerca di proseguire comunque, ma all'improvviso appare anche un leone e una lupa. Queste tre fiere sono anch'esse allegorie rappresentanti i tre peccati che Dante si presume aveva commesso. La lonza rappresenta la lussuria, il leone la superbia e la lupa l'avidità. Dante è molto spaventato dalle belve, ma si accorge che c'è qualcuno che sta arrivando. È Virgilio, che si presenta non con il nome, ma parlando della sua vita. Così Dante capisce subito chi ha davanti. Virgilio dice di essere la sua guida e insieme proseguono verso l'inferno. (I canto)

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L'inferno

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L'infernoL'inferno Dantesco è una grossa voragine, situata vicino a Gerusalemme, che fu creata da Lucifero, l'angelo ribelle, quando venne scacciato dal paradiso. Prima dell'inverno vero e proprio c'è l'antinferno. L'inferno si divide in alto inferno e basso inferno, ciascuno costituito da cerchi.

Dante per ogni peccato immagina una pena o uguale o contraria al peccato. Questa regola si chiama legge del contrappasso.

Sulla porta dell'inferno Dante e Virgilio leggono una scritta:

"Per me si va nella città dolente,

Per me si va nell'etterno dolore,

Per me si va tra la perduta gente".

Dante è sempre più impaurito, ma Virgilio lo rassicura e lo esorta ad entrare. (III canto)

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Nell'antinferno si trovano gli ignavi, coloro che non hanno mai preso una posizione e non hanno mai espresso le loro opinioni per paura delle conseguenze. Dante li disprezza molto perché è stato esiliato per essersi battuto con i Guelfi Bianchi e contro il Papa. Secondo la sua visione gli ignavi sono costretti a correre in cerchio dietro ad uno straccio bianco, punti da vespe e calabroni. (III canto)

Tra l'antinferno e il primo cerchio c'è il fiume Acheronte. Qui le anime dei dannati aspettano che Caronte, una creatura della mitologia greca, li traghetti dall'altra parte. Caronte non vorrebbe trasportare Dante perché è ancora vivo, ma Virgilio gli dice una frase molto famosa: "Vuol sì così colà dove si puote ciò che si vuole, e più non dimandare", cioè che il viaggio di Dante è voluto da Dio, in questo modo Caronte li lascia passare. (III canto)

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Paolo e Francesca

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Proseguendo arrivano nel secondo cerchio, dove ci sono i lussuriosi, coloro che si sono lasciati trasportare dall'amore. Sono puniti con una pena uguale al peccato, infatti sono trasportati da una tempesta che non si ferma mai. Dante nota due anime che non si staccano mai e chiede a Virgilio chi sono. Come sempre Virgilio suggerisce di chiederlo proprio a loro. Così Dante si avvicina e la tempesta, per permettergli di parlare, si ferma per la prima volta. Le due anime si avvicinano e solo una delle due comincia a parlare, mentre l'altra piange. I due sono Paolo e Francesca, due amanti. Paolo era il cognato di Francesca, il fratello del marito, Cianciotto Malatesta, che peraltro Francesca era stata costretta a sposare. Tra i due sbocciò l'amore, ma Cianciotto li scoprì e li uccise. Il racconto di Francesca, l'anima delle due che parla, si conclude con un'allusione al destino di Cianciotto, che andrà nella Caina per aver tradito i parenti. Infatti le anime non sanno niente del presente, ma prevedono il futuro. (V canto)

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Pier delle Vigne

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Il settimo cerchio, quello dei violenti, è diviso in tre gironi. Nel secondo girone sono puniti i violenti contro se stessi, i suicidi e gli sc ia lacquator i . Dante e Virgi l io s i addentrano nella Selva dei Suicidi. Sentono degli strani lamenti, ma non vedono nessuno. Così Virgilio suggerisce a Dante di staccare un ramo da un albero per vedere se i dannati sono nascosti dietro. Dante lo fa, ma dal ramo spezzato esce del sangue scuro e del vento, infine una voce. Così Dante capisce che le anime sono state trasformate in alberi, perché in vita non hanno voluto il loro corpo. Gli alberi sono straziati dalle arpie, creature mitologiche, su cui fanno il nido. L'anima a cui Dante ha strappato un ramo comincia a parlare e si presenta: è Pier delle Vigne, il consigliere di Federico secondo, che venne accusato di tradimento e venne torturato e accecato. Per sfuggire al dolore quindi si suicidò. (VIII canto)

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Ulisse

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Dante e Virgilio si trovano nell'ottava bolgia dell'ottavo cerchio, sull'orlo di un dirupo. Qui sono puniti i consiglieri fraudolenti. In basso Dante vede delle fiammelle che in un primo momento gli sembrano lucciole e chiede a Virgilio che cosa siano. Virgilio suggerisce come al solito di chiederlo a loro e così si avvicinano. In realtà dentro alle fiammelle sono bruciate le anime dei dannati. Dante nota una fiamma che ha due punte invece che una e si accorge che dentro bruciano tre anime invece che una. Sono Ulisse, Diomede e un'altra persona. Ulisse comincia a raccontare la sua storia cominciando da dopo la guerra di troia e il suo successivo ritorno a Itaca. Dice che l'amore per suo padre, sua moglie e suo figlio non riuscirono a trattenerlo a lungo a casa perché voleva ripartire a girare e scoprire il mondo. Così se ne andò con i suoi vecchi compagni e navigarono fino alle colonne d'Ercole, dove si credeva che Ercole avesse posizionato due colonne come limite di navigazione.

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Oltre nessun essere vivente poteva e doveva andare. Lì Ulisse tenne un bellissimo discorso dicendo che tutti loro erano nati per viaggiare e scoprire. Alla fine riferisce di averli convinti così tanto che non riusciva più a trattenerli. Ripartirono e viaggiarono per cinque mesi, fino a che non avvistarono qualcosa all'orizzonte. Loro non lo sapevano, ma era la montagna del Purgatorio. Dio si arrabbiò con loro perché nessuno può vedere il purgatorio da vivo e scatenò una tempesta che fece capovolgere e affondare la nave. Ulisse però non è punito lì per questo, ma per aver fatto vincere la guerra di Troia con l'inganno. Infatti i consiglieri fraudolenti bruciano in una fiamma perché in vita hanno usato la fiamma della loro intelligenza per ingannare gli altri. È una pena contraria al peccato. (XXVI canto)

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Il conte Ugolino

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Dante e Virgilio arrivano nell'Antenora, la seconda zona del nono cerchio, dove vengono puniti i traditori della patria. I dannati sono immersi nelle acque gelide di un fiume, ad altezze diverse, a seconda della gravità del peccato commesso. Qui vedono un'anima che sta mordendo la testa ad un'altra. Dante si avvicina e chiede chi è e il perché di questo. L'anima alza la testa, se la pulisce dai capelli dell'altra che sta mordendo e dice di essere il conte Ugolino. L'anima che sta mordendo è l'arcivescovo Ruggieri. Ugolino è punito lì perché era dei Ghibellini ed è passato dalla parte dei Guelfi. L'arcivescovo Ruggieri era anche lui guelfo, ma era un nemico di Ugolino e quindi lo ha rinchiuso con i suoi figli e nipoti nella torre della muda a morire di fame. (XXXIII canto)

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Grazie per l'attenzione

Giulia Franzoni