d e eroicicappellaniconlapenna - alpini rivoli · 2018. 4. 27. · prezziamo l’opera e la...

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Ogni anno, nella relazione morale del gruppo di Rivoli, viene inserito un impor- tante capitolo dedicato ai soci aggregati. E’ ormai consolidato il concetto che, senza l’opera indispensabile da loro compiuta, molte attività fondamentali non potrebbe- ro essere svolte, e cito a titolo di esempio la cucina, la protezione civile, la gestione della sede, le opere di solidarietà, gli inter- venti di manutenzione e molto altro. Tutti conosciamo personalmente questi so- ci (nel nostro gruppo sono ben 78) e ne ap- prezziamo l’opera e la professionalità in- dipendentemente che si tratti di uomini o donne, ma forse pochi conoscono come il regolamento nazionale dell’Associazione Nazionali Alpini li inquadri all’interno dei nostri gruppi e delle nostre sezioni, ne ga- rantisca i diritti e ne stabilisca i doveri. Forse è giunto il momento di fare un po’ di chiarezza al riguardo e come fonte ufficia- le prendo ‘Il regolamento nazionale’, mo- dificato dal Consiglio direttivo dell’Ana il 28 maggio 2016, quindi di recentissima emanazione. I cosiddetti ‘amici degli alpini’ sono nati molti anni fa, inizialmente per simpatia e riconoscimento verso coloro che hanno sempre condiviso i valori alpini, pur non avendo fatto il militare in queste truppe. Parlo soprattutto dei familiari, degli ap- passionati della montagna, o semplice- mente di persone di buona volontà che, di- ciamolo pure, con qualche senso di invidia verso il corpo, si appassionavano alle no- stre iniziative. Successivamente la dicitura ‘amici degli alpini’ è stata modificata in ‘soci aggrega- ti’ i quali a loro volta contengono una bran- ca speciale definita ‘soci aiutanti’. Costo- ro sono soci che dopo alcuni anni di ‘novi- ziato’ acquisiscono diritti particolari in relazione ai loro meriti sostanziali, matu- rati all’interno dei gruppi. Per dare una va- lutazione numerica a questa importante ca- tegoria, in tutta la sezione di Torino sono circa 60, mentre nel nostro gruppo ce n’è uno solo, vale a dire Emilio Costanzo, che ringrazio per quanto ha fatto e continua a fare, sempre a disposizione quando c’è da tirare la cosiddetta carretta. Ma torniamo al famoso regolamento. L’ar- ticolo 8 inerente le norme relative ai soci non alpini definisce, una volta per tutte, (ri- mescolando effettivamente un po’ le car- te) le categorie ‘aggregati’ e ‘amici degli alpini’, entrambe iscritte in un apposito al- bo nazionale: “Pur non avendo la qualifi- ca di socio ordinario, sono tenuti al ri- spetto del Regolamento nazionale, dello Statuto e del Regola- mento della propria sezione di apparte- nenza”. L’articolo 8 bis reci- ta invece “…l’am- missione degli ag- gregati è deliberata dal consiglio di Se- zione, su parere fa- vorevole della giunta di scrutinio; tale am- missione determina il diritto di ricevere tut- ta la stampa associa- tiva e partecipare a tutte le attività”. L’articolo 8 ter ag- giunge “…all’aggre- gato che vanti un’iscrizione consecutiva di almeno due anni e che per tale periodo ab- bia fattivamente collaborato con la sezio- ne o con il gruppo alle attività associative, può essere riconosciuta la qualifica di ‘amico degli Alpini’.” Fra tutti i diritti/do- veri (che potrete comunque leggere sul si- to ufficiale dell’Ana, cioè www.ana.it) ta- le socio “potrà sfilare a tutte manifestazio- ni nazionali, sezionali e di gruppo, fregiandosi di un particolare copricapo espressione della riconoscenza dell’asso- ciazione per il lavoro svolto”. Tale copri- capo consiste in un berretto alla norvege- se (tralascio il simpatico nomignolo affib- biato a tale copricapo, indossato anche dagli alpini durante alcune attività logisti- che) con i segni distintivi dell’ANA. Erano precisazioni importanti e soprattut- to doverose verso tutti i nostri soci, aggre- gati o amici degli alpini che siano, in ogni caso persone degnissime della nostra sti- ma e fondamentali per il prosieguo della nostra attività associativa, cui va il nostro più sincero grazie Carlo Cattaneo capogruppo degli alpini di Rivoli 8 1 PERIODICO DEL GRUPPO ALPINI DI RIVOLI - SEZIONE DI TORINO Anno XXXIV - n° 2 - 2016 Sede Sociale: Piazza Matteotti, 2/b 10098 Rivoli (TO) Registrato al Tribunale di Torino n° 3268 del 17/03/1983 Il Consiglio Direttivo, eletto dall’assemblea dei soci del 26 gennaio 2014: CAPOGRUPPO: Carlo CATTANEO DIRETTIVO: Luigi Bellinzona, Piero Beltramino, Sergio Bo, Giorgio Botta, Piergiorgio Camuncoli, Silvano Castelletti, Giuseppe Demo, Giovanni Fontana, Franco Morra, Giuseppe Ravizza, Vincenzo Schifano, Giuseppe Valero, Luciano Vaulà, Elio Voglino. IL RUOLO DEI SOCI AGGREGATI Sono stati precisati nel regolamento nazionale i diritti e i doveri di coloro che, pur non potendosi fregiare del titolo di ‘alpini’, partecipano alle attività dell’Ana dando un contributo essenziale LUTTI La signora Pina Vasco, vedova di Gino Meotto e mamma dei soci Marco, Giorgio e Paolo La signora Margherita Comba, moglie del socio Renato Vighetto Il signor Agostino Morra, papà del socio Alessandro, maresciallo in servizio presso il battaglione Susa della Brigata Alpina Taurinense La signora Erminia Vezza, moglie del socio Michele Topino La socia aggregata Maria Calligaro, vedova Salvetto Il socio Franco Neirotti, classe 1927 Tra gli alpini vivevano certi preti uni- ci… Uno di questi era Don Francesco Girino, cappellano del battaglione Le- vanna. Dicevano che era un pauroso, ma un giorno prese il comando del batta- glione e lo condusse all’attacco. E chis- sà se qualcuno oggi lo ricorda ancora. Aveva fama di essere pauroso, di la- sciarsi prendere da un panico terribile, ma di saperlo vincere ogni volta con la sua volontà ferrea, pur patendo dentro di sé le pene dell’inferno. D’altro canto, il coraggio vero è in fondo soltanto la ca- pacità di piegare la paura, perché chi non ha mai paura è forse più un irresponsa- bile che un coraggioso. Don Girino del Levanna, che tremava nelle trincee e non si vergognava di tre- mare, chiuse un giorno la sua vita con- ducendo all’assalto, davanti a tutti, il battaglione rimasto senza ufficiali. Gli alpini stavano attenti, tra una pausa e un attacco, a contarsi e a guardare in giro chi mai potesse prendere il comando dei pochi ancora superstiti, dato che non c’e- ra più nessuno che avesse gradi per far- lo. Allora saltò fuori questo prete che non li aveva abbandonati nemmeno in quella carneficina. Disse “Avanti, alpi- ni” e si mise a correre trascinandoli ver- so le trincee degli austriaci. Così morì, senza più paura di niente, e non sappia- mo nemmeno se abbia avuto una meda- glia. Un altro di questi cappellani, per citare un secondo esempio, si chiamava don Tacito, diventato poi monsignor Tacito Ronconi Nixon. Era un prete alto e di una magrezza spettrale, al punto che, senza irriverenza, sembrava Pinocchio. Aveva dunque una figura per cui basta- va averlo visto una sola volta per non di- menticarlo più. Inoltre girava per le trin- cee stranamente abbigliato, con un pas- samontagna bianco sotto il cappello con la penna, e un lungo impermeabile svo- lazzante, pure chiarissimo. Un giorno, nel suo reparto, accadde un episodio quasi feroce, che però tra gli al- pini faceva meno impressione che altro- ve. Un comandante dalla severità pro- verbiale pescò due alpini rientrati in ri- tardo dalla licenza, li fece legare ai reticolati per passare là fuori la notte al fresco, a tremare di paura per tutto il tempo della punizione. Lo seppe don Ta- cito e subito, senza parole, mosse verso lo spaccio e comprò due fiaschi di vi- no. Poi, con quei fiaschi sotto il brac- cio e nes- sun’altra ar- ma, uscì dalle trincee, corse ai reticolati, si sedette accanto ai due al- pini e rimase con loro tutta la notte. Fin- ché venne l’ordine di slegarli e di rimet- terli in riga tutti e tre. Tratto dal libro “Alpini Storia e Leggenda” E’ mancata recentemente poco prima dell’80° compleanno Maria Calligaro, vedova di Carlo Salvetto, da tutti cono- sciuta come Maria Salvetto. Era nata nel 1936 a Rivoli, dove era sempre vissuta. Dopo l’ultima guerra aveva conosciuto il marito Carlo, quando era militare alla caserma Ceccaroni dove aveva scelto la ferma come artigliere da montagna. Si erano sposati nel 1954 quando Carlo si era congedato come sergente maggiore, svolgendo poi varie attività lavorative e morendo prematuramente nel 1992. Da questa unione non solo erano nate due figlie, Marica e Bruna, ma anche il suo amore per gli alpini, un attaccamen- to sostenuto da un affetto sincero e profondo. Ed è per questo motivo che è sempre stata tesserata al gruppo di Ri- voli come ‘amica degli alpini’. Maria era casalinga, ma per diletto an- che una provetta sarta. Per anni aveva confezionato gli abiti per il carnevale, soprattutto per il gruppo della Stella Ma- ris. In occasione della prima rievocazio- ne storica ‘C’era una volta un re’ nel 1998, aveva confezionato gratuitamen- te gli abiti, circa cinquanta, per tutti co- loro che lavoravano nella locanda ‘L’A- quila Reale’, gestita dagli alpini di Ri- voli. Negli anni a seguire aveva continuato a confezionare abiti per i nuovi figuranti, che si aggiungevano o sostituivano quel- li non più presenti, ma non aveva mai smesso di prestare la sua opera di cuci- to per il gruppo con il confezionamento di bandiere e gagliardetti. Sempre sorri- dente e disponibile, ma molto discreta, non mancava mai con la figlia Bruna al- le manifestazioni organizzate dal grup- po di Rivoli. Gianni Tenivella EROICI CAPPELLANI CON LA PENNA Don Girino e Don Tacito erano cappellani degli alpini durante la Prima guerra mondiale. Erano due preti molto atipici, ma pieni di umanità e di coraggio, che seppero dare prova di altruismo LA SARTA DEGLI ALPINI Emilio Costanzo, unico socio aggregato del gruppo di Rivoli con la qualifica di socio aiutante Don Tacito Ronconi Maria Calligaro, conosciuta come Maria Salvetto Franco Neirotti Il gruppo di Rivoli sfila all’adunata di Asti (foto Matteo Valero) SERVIZI A PAGINE 2 - 3 L’ADUNATA 2016 AD ASTI LA GRANDE GUERRA

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Page 1: D E EROICICAPPELLANICONLAPENNA - ALPINI RIVOLI · 2018. 4. 27. · prezziamo l’opera e la professionalità in - dipendentemente che si tratti di uomini o donne,maforsepochiconosconocomeil

Ogni anno, nella relazione morale delgruppo di Rivoli, viene inserito un impor-tante capitolo dedicato ai soci aggregati. E’ormai consolidato il concetto che, senzal’opera indispensabile da loro compiuta,molte attività fondamentali non potrebbe-ro essere svolte, e cito a titolo di esempiola cucina, la protezione civile, la gestionedella sede, le opere di solidarietà, gli inter-venti di manutenzione e molto altro.Tutti conosciamo personalmente questi so-ci (nel nostro gruppo sono ben 78) e ne ap-prezziamo l’opera e la professionalità in-dipendentemente che si tratti di uomini odonne, ma forse pochi conoscono come ilregolamento nazionale dell’AssociazioneNazionali Alpini li inquadri all’interno deinostri gruppi e delle nostre sezioni, ne ga-rantisca i diritti e ne stabilisca i doveri.Forse è giunto il momento di fare un po’ dichiarezza al riguardo e come fonte ufficia-le prendo ‘Il regolamento nazionale’, mo-dificato dal Consiglio direttivo dell’Ana il28 maggio 2016, quindi di recentissimaemanazione.I cosiddetti ‘amici degli alpini’ sono natimolti anni fa, inizialmente per simpatia ericonoscimento verso coloro che hannosempre condiviso i valori alpini, pur nonavendo fatto il militare in queste truppe.Parlo soprattutto dei familiari, degli ap-passionati della montagna, o semplice-mente di persone di buona volontà che, di-ciamolo pure, con qualche senso di invidia

verso il corpo, si appassionavano alle no-stre iniziative.Successivamente la dicitura ‘amici deglialpini’ è stata modificata in ‘soci aggrega-ti’ i quali a loro volta contengono una bran-ca speciale definita ‘soci aiutanti’. Costo-ro sono soci che dopo alcuni anni di ‘novi-ziato’ acquisiscono diritti particolari inrelazione ai loro meriti sostanziali, matu-rati all’interno dei gruppi. Per dare una va-lutazione numerica a questa importante ca-tegoria, in tutta la sezione di Torino sonocirca 60, mentre nel nostro gruppo ce n’èuno solo, vale a dire Emilio Costanzo, cheringrazio per quanto ha fatto e continua afare, sempre a disposizione quando c’è datirare la cosiddetta carretta.Ma torniamo al famoso regolamento. L’ar-ticolo 8 inerente le norme relative ai socinon alpini definisce, una volta per tutte, (ri-mescolando effettivamente un po’ le car-te) le categorie ‘aggregati’ e ‘amici deglialpini’, entrambe iscritte in un apposito al-bo nazionale: “Pur non avendo la qualifi-ca di socio ordinario, sono tenuti al ri-spetto del Regolamento nazionale, delloStatuto e del Regola-mento della propriasezione di apparte-nenza”.L’articolo 8 bis reci-ta invece “…l’am-missione degli ag-gregati è deliberatadal consiglio di Se-zione, su parere fa-vorevole della giuntadi scrutinio; tale am-missione determina ildiritto di ricevere tut-ta la stampa associa-tiva e partecipare atutte le attività”.L’articolo 8 ter ag-giunge “…all’aggre-

gato che vanti un’iscrizione consecutiva dialmeno due anni e che per tale periodo ab-bia fattivamente collaborato con la sezio-ne o con il gruppo alle attività associative,può essere riconosciuta la qualifica di‘amico degli Alpini’.” Fra tutti i diritti/do-veri (che potrete comunque leggere sul si-to ufficiale dell’Ana, cioè www.ana.it) ta-le socio “potrà sfilare a tutte manifestazio-ni nazionali, sezionali e di gruppo,fregiandosi di un particolare copricapoespressione della riconoscenza dell’asso-ciazione per il lavoro svolto”. Tale copri-capo consiste in un berretto alla norvege-se (tralascio il simpatico nomignolo affib-biato a tale copricapo, indossato anchedagli alpini durante alcune attività logisti-che) con i segni distintivi dell’ANA.Erano precisazioni importanti e soprattut-to doverose verso tutti i nostri soci, aggre-gati o amici degli alpini che siano, in ognicaso persone degnissime della nostra sti-ma e fondamentali per il prosieguo dellanostra attività associativa, cui va il nostropiù sincero grazie

Carlo Cattaneo capogruppo degli alpini di Rivoli

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PERIODICO DEL GRUPPOALPINI DI RIVOLI - SEZIONE DI TORINO

Anno XXXIV - n° 2 - 2016

Sede Sociale:Piazza Matteotti, 2/b10098 Rivoli (TO)Registrato al Tribunale di Torino n° 3268 del 17/03/1983

Il Consiglio Direttivo, eletto dall’assemblea dei soci del 26 gennaio 2014: CAPOGRUPPO: Carlo CATTANEODIRETTIVO: Luigi Bellinzona, Piero Beltramino, Sergio Bo, Giorgio Botta, Piergiorgio Camuncoli, Silvano Castelletti, Giuseppe Demo, Giovanni Fontana, Franco Morra,

Giuseppe Ravizza, Vincenzo Schifano, Giuseppe Valero, Luciano Vaulà, Elio Voglino.

ILRUOLODEI SOCIAGGREGATISono stati precisati nel regolamento nazionale i diritti e i doveri di coloro che, pur non potendosifregiare del titolo di ‘alpini’, partecipano alle attività dell’Ana dando un contributo essenziale

LUTTILa signora Pina Vasco, vedova diGino Meotto e mamma dei soci

Marco, Giorgio e Paolo

La signoraMargherita Comba,moglie del socio Renato Vighetto

Il signor Agostino Morra, papà delsocio Alessandro, maresciallo inservizio presso il battaglione Susadella Brigata Alpina Taurinense

La signora Erminia Vezza, mogliedel socioMichele Topino

La socia aggregataMaria Calligaro,vedova Salvetto

Il socio Franco Neirotti, classe 1927

Tra gli alpini vivevano certi preti uni-ci… Uno di questi era Don FrancescoGirino, cappellano del battaglione Le-vanna. Dicevano che era un pauroso, maun giorno prese il comando del batta-glione e lo condusse all’attacco. E chis-sà se qualcuno oggi lo ricorda ancora.Aveva fama di essere pauroso, di la-sciarsi prendere da un panico terribile,ma di saperlo vincere ogni volta con lasua volontà ferrea, pur patendo dentro disé le pene dell’inferno. D’altro canto, ilcoraggio vero è in fondo soltanto la ca-pacità di piegare la paura, perché chi nonha mai paura è forse più un irresponsa-bile che un coraggioso.Don Girino del Levanna, che tremavanelle trincee e non si vergognava di tre-mare, chiuse un giorno la sua vita con-ducendo all’assalto, davanti a tutti, ilbattaglione rimasto senza ufficiali. Glialpini stavano attenti, tra una pausa e unattacco, a contarsi e a guardare in girochi mai potesse prendere il comando deipochi ancora superstiti, dato che non c’e-ra più nessuno che avesse gradi per far-lo. Allora saltò fuori questo prete chenon li aveva abbandonati nemmeno in

quella carneficina. Disse “Avanti, alpi-ni” e si mise a correre trascinandoli ver-so le trincee degli austriaci. Così morì,senza più paura di niente, e non sappia-mo nemmeno se abbia avuto una meda-glia.Un altro di questi cappellani, per citareun secondo esempio, si chiamava donTacito, diventato poi monsignor TacitoRonconi Nixon. Era un prete alto e diuna magrezza spettrale, al punto che,senza irriverenza, sembrava Pinocchio.Aveva dunque una figura per cui basta-va averlo visto una sola volta per non di-menticarlo più. Inoltre girava per le trin-cee stranamente abbigliato, con un pas-samontagna bianco sotto il cappello conla penna, e un lungo impermeabile svo-lazzante, pure chiarissimo.Un giorno, nel suo reparto, accadde unepisodio quasi feroce, che però tra gli al-pini faceva meno impressione che altro-ve. Un comandante dalla severità pro-verbiale pescò due alpini rientrati in ri-tardo dalla licenza, li fece legare aireticolati per passare là fuori la notte alfresco, a tremare di paura per tutto iltempo della punizione. Lo seppe don Ta-

cito e subito,senza parole,mosse versolo spaccio ecomprò duefiaschi di vi-no. Poi, conquei fiaschisotto il brac-cio e nes-sun’altra ar-ma, uscì dalletrincee, corseai reticolati, si sedette accanto ai due al-pini e rimase con loro tutta la notte. Fin-ché venne l’ordine di slegarli e di rimet-terli in riga tutti e tre.

Tratto dal libro “Alpini Storia e Leggenda”

E’ mancata recentemente poco primadell’80° compleanno Maria Calligaro,vedova di Carlo Salvetto, da tutti cono-sciuta come Maria Salvetto. Era nata nel1936 a Rivoli, dove era sempre vissuta.Dopo l’ultima guerra aveva conosciutoil marito Carlo, quando era militare allacaserma Ceccaroni dove aveva scelto laferma come artigliere da montagna. Sierano sposati nel 1954 quando Carlo siera congedato come sergente maggiore,svolgendo poi varie attività lavorative emorendo prematuramente nel 1992.Da questa unione non solo erano natedue figlie, Marica e Bruna, ma anche ilsuo amore per gli alpini, un attaccamen-

to sostenuto da un affetto sincero eprofondo. Ed è per questo motivo che èsempre stata tesserata al gruppo di Ri-voli come ‘amica degli alpini’.Maria era casalinga, ma per diletto an-che una provetta sarta. Per anni avevaconfezionato gli abiti per il carnevale,soprattutto per il gruppo della Stella Ma-ris. In occasione della prima rievocazio-ne storica ‘C’era una volta un re’ nel1998, aveva confezionato gratuitamen-te gli abiti, circa cinquanta, per tutti co-loro che lavoravano nella locanda ‘L’A-quila Reale’, gestita dagli alpini di Ri-voli.Negli anni a seguire aveva continuato aconfezionare abiti per i nuovi figuranti,che si aggiungevano o sostituivano quel-li non più presenti, ma non aveva maismesso di prestare la sua opera di cuci-to per il gruppo con il confezionamentodi bandiere e gagliardetti. Sempre sorri-dente e disponibile, ma molto discreta,non mancava mai con la figlia Bruna al-le manifestazioni organizzate dal grup-po di Rivoli.

Gianni Tenivella

EROICICAPPELLANICONLAPENNADon Girino e Don Tacito erano cappellani degli alpini durante la Prima guerra mondiale. Eranodue preti molto atipici, ma pieni di umanità e di coraggio, che seppero dare prova di altruismo

LASARTADEGLIALPINI

Emilio Costanzo,unico socio aggregatodel gruppo di Rivolicon la qualificadi socio aiutante

Don Tacito Ronconi

Maria Calligaro, conosciuta come Maria Salvetto

Franco Neirotti

Il gruppo di Rivoli sfila all’adunata di Asti (foto Matteo Valero) SERVIZI A PAGINE 2 - 3

L’ADUNATA 2016 AD ASTI

LA

GRANDE

GUERRA

Page 2: D E EROICICAPPELLANICONLAPENNA - ALPINI RIVOLI · 2018. 4. 27. · prezziamo l’opera e la professionalità in - dipendentemente che si tratti di uomini o donne,maforsepochiconosconocomeil

Gli astigiani hanno accompagnato lungoil percorso gli alpini giunti ad Asti dall’I-talia e dall’estero, applaudendoli dallastrada e dai balconi imbandierati. Davan-ti alla tribuna delle autorità sono sfilati in75mila, salutati dal presidente dell’AnaSebastiano Favero, dal sindaco diAsti Fa-brizioBrignolo, dal sindaco di Torino Pie-ro Fassino, dal presidente della RegionePiemonte Sergio Chiamparino e dai verti-ci dellaDifesa e dell’Esercito, tra cui ilmi-nistro Roberta Pinotti, i generali ClaudioGraziano e Danilo Errico e il generale Fe-derico Bonato, comandante delle TruppeAlpine,.L’ovazione finale, quando già il sole sta-va tramontando ma il calore della cittàcontinuava a farsi sentire, è andata alla se-zione di Asti, ultima a sfilare, guidata dal

suo presidenteAdriano Blengio,che ha organizzatouna indimenticabileadunata. In piazzaSan Secondo, in se-rata, c’è stato loscambio della steccain un ideale passag-gio del testimone trale due città ospiti:quindi arrivederci aTreviso il 12, 13, 14maggio 2017 perl’adunata del Piave.I tanti striscioni por-tati in sfilata hannosviluppato il motto

dell’89ª adunata: “Custodi della memoriae orizzonte per la gioventù” e “Insegnia-mo ai giovani a ricordare” si leggeva su al-cuni di essi; “Chi crede nei valori non hapaura del futuro”, ammoniva con sano ot-timismo un altro. “Se dai, dimentica… sericevi, ricorda!”, un precetto seguito allalettera dagli alpini e dai tanti volontari del-la ProtezioneCivile dell’associazione chehanno sfilato con tutte le loro specialità eche durante l’alluvione del 1994 sono sta-ti tra i primi a soccorrere la popolazionepiemontese.Tra i momenti più emozionanti c’è stato ilsaluto di papa Francesco, astigiano d’ori-gine: “Un pensiero speciale rivolgo aglialpini riuniti ad Asti per l’adunata nazio-nale. Li esorto ad essere testimoni di mi-sericordia e di speranza”. Beppe Ravizza

Nel mese di gennaio 2016, durante unariunione del consiglio direttivo, proposiper il 20º di fondazione della Croce Ver-de Rivoli, di ringraziare i nostri benefat-tori dando un attestato di benemerenza.La proposta fu approvata all'unanimità.Nel mese di febbraio mi presentai nel di-rettivo con una lista di persone, associa-zioni e ditte cui dare l'attestato durante lacerimonia del 29maggio e in questo elen-co c’era anche il gruppo ANA di Rivoli.Ovviamente avevo motivato tutte le scel-te fatte, ma arrivato al perché dare un ri-conoscimento al gruppo Alpini, ho do-vuto andare indietro nel tempo quando,oltre a essere vicepresidente della CroceVerde Rivoli, ero anche segretario delgruppo Alpini. Allora nel direttivo delgruppo mi lamentavo delle poche risorseche la città aveva di mezzi di trasportoper le persone in difficoltà e avevo in par-ticolare sottolineato la mancanza diun’auto per il trasporto dei dializzati.Il capogruppo di allora, Felice Cumino,

una persona attenta alle esigenze di tuttoe di tutti, che da tempo aiutava le perso-ne bisognose andando direttamente a fa-re volontariato in Africa, mi ascoltò in si-lenzio senza esprimersi. Mesi dopo du-rante una riunione del direttivo fu lostesso Felice a proporre l'acquisto da par-te degli alpini di un mezzo da donare al-la Croce Verde Rivoli. E così fu.Durante una cerimonia pubblica vi fu labenedizione del mezzo, una Fiat Punto, ela sua donazione a questa associazione,che per dieci anni portò gratuitamente inospedale per la dialisi persone bisognosedi quel servizio. Ma il sostegno da partedegli alpini non finì lì; infatti lo stesso la-baro, che l’associazione utilizza tutt’ora,le fu donato dagli alpini grazie all'inte-ressamento di Alberto Zulian, molto at-tivo nel direttivo. Ora Alberto non è piùtra noi, ma ha lasciato a noi alpini qual-cosa per cui ricordarlo. Nel tempo gli aiu-ti alla Croce Verde Rivoli sono conti-nuati: è stata donata dagli alpini una ra-

dio ricetrasmittente da mettere sull'unicaambulanza allora in dotazione e nel 2014,per il 90º anniversario di fondazione delgruppo, le è stato donato un defibrillato-re.Cosa altro dire a questo punto? Soltantoun grazie sincero al gruppo ANA di Ri-voli, al direttivo e ai soci per il grande so-stegno dato alla Croce Verde Rivoli.Renato Scarfó, vicepresidente Croce Verde Rivoli

In occasione della recente adunata nazio-nale degli alpini, sabato 14 maggio si è te-nuto ad Asti presso il palazzo dell’Enofi-la un incontro organizzato dal ‘ComitatoTridentina 1942-2017’ con le sezioni Analombarde e venete, dalle cui zone prove-nivano i soldati di questa divisione, e lesezioni piemontesi che per quasi un annoli ospitarono prima della loro partenza perla Russia.Alla riunione erano presenti oltre ai rap-presentanti delle tre sezioni piemontesicoinvolte, cioè Torino, Asti e Valsusa,anche esponenti delle sezioni di Milano,Brescia, Varese, Colico, Valtellinese eVerona, mentre altre sezioni pur non es-sendo presenti hanno manifestato il pro-prio interesse. Nel corso dell’incontro èstato presentato il programma previstoper il 2017 per ricordare i 75 anni dellapartenza dei reparti destinati all’impiegonella campagna di Russia.Per l’anno prossimo sono infatti previstevarie iniziative, come un convegno stori-co sulla guerra in Russia, una pubblica-zione che ricordi la permanenza della di-visione Tridentina sul nostro territorio, ein ultimo un intenso fine settimana chefarà incontrare dopo 75 anni i pochi re-duci rimasti e i familiari di quelli deceduticon le comunità che ospitarono quei gio-vani soldati e li videro partire. In quel-

l’occasione è previsto presso la stazionedi Avigliana, punto di partenza per laRussia di numerose tradotte del 5° Alpi-ni, l’allestimento di un treno d’epoca chericordi quell’evento e su cui sarà possibi-le salire per un breve viaggio fino alla sta-zione di Collegno, punto di partenza di al-tre tradotte dello stesso reggimento.Dopo aver soggiornato fra l’ottobre 1941e il luglio 1942 nelle zone del torinese,dell’astigiano e della bassa Valle Susa perla preparazione alla nuova campagna diguerra, gli alpini erano infatti partiti dal-le stazioni ferroviarie di Asti, Torino Do-ra, Torino Porta Susa, Chivasso, oltre daquelle di Avigliana e Collegno sopra ci-tate. In quei mesi si erano stabiliti strettirapporti di amicizia con le popolazioni lo-cali e il ricordo della presenza dei repartiè ancora vivo nelle nostre comunità. I gio-

vani soldati trascorsero serenamente nelnostro territorio circa nove mesi, incon-sapevoli dell’inferno che di lì a poco si sa-rebbe abbattuto su di loro. Vissero quicon entusiasmo portando una ventata diallegria e stabilendo stretti rapporti diamicizia con le popolazioni locali. Alcu-ni si fidanzarono con ragazze del posto equalcuno, tra i pochi che riuscirono a sal-varsi, tornò da noi per sposarsi.Come sappiamo, la Tridentina è stata pro-tagonista con le altre due divisioni alpi-ne, la Cuneense e la Julia, della dramma-tica ritirata del gennaio 1943, ma è statal’unica a mantenere durante quei giorniuna sua organicità, riuscendo a operare losfondamento delle linee di difesa russe at-testate a Nikolajewka.

Franco Voghera

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UN’ADUNATASTORICA

LACROCEVERDE:GRAZIE,ALPINIL’associazione rivolese, più volte aiutata dagli alpini del locale gruppo nel corso degli anni, ha volutoriconoscere loro un attestato di benemerenza per il continuo sostegno da essi ricevuto

LATRIDENTINAE’ANCORATRANOISi è tenuto ad Asti un incontro tra sezioni Ana del Nord Italia per ricordare nel 2017 i 75 anni dellapartenza per la Russia dei reparti della Tridentina dal Piemonte, dove avevano soggiornato un anno

Bartoccini èmancato il 15 aprile 2015, al-le soglie dei 100 anni; era nato infatti aTer-ni, in Umbria, nel 1915. Al suo funerale,che si è svolto in forma solenne presso lachiesa della Crocetta di Torino, ha parte-cipato una grande folla tra cui molti alpinidella sezione di Torino presente con il pro-prio vessillo, nonché numerosi gruppi pre-senti con il proprio gagliardetto, tra cuiquello di Rivoli.La funzione è stata officiata dal vescovoausiliario dell’arcidiocesi di Torino,mons.Guido Fiandino, che ha ricordato la gran-de dirittura morale di un uomo esemplare.A rendere gli onori a questo tenente co-raggioso un picchetto di alpini in armi del-la brigata Taurinense.Al termine del rito funebre Bartoccini èstato sepolto nel cimitero di Rivoli, nellatomba di famiglia, accanto alla sua amatasposa Bianca, che lo aveva lasciato sei an-ni prima.A suggello del grande amore cheprovava per lei, aveva voluto mettere sul-la tomba nel 2009 non una foto della mo-glie,maun’altra che li ritraeva insiemedu-rante una gita in montagna.

Marchigiano d’origine, milanese d’ado-zione, ma trapiantato in Piemonte, duran-te la Seconda guerra mondiale aveva ope-rato su due fronti difficili e per certi versidrammatici; infatti era stato sottotenentenella campagna di Grecia e tenente pro-mosso sul campo nella campagna di Rus-sia, per la quale era partito volontario. L’e-sperienza della guerra aveva indurito il suocarattere, ma gli aveva permesso di capirecos’era davvero il fascismo, che avevamandato i suoi alpini a morire per nullaprima in Grecia e poi in Russia. Dopo laguerra aveva sposatoBiancaCarnino, unaragazza conosciuta a Rivoli prima di par-tire per la Russia, ed era entrato in Fiat di-ventando ben presto uno stimato dirigen-te.Bartoccini però era un uomo schivo chenon amava parlare di sé; era tutto d’un pez-zo, intransigente verso gli altri come lo eraverso se stesso, fino all’esagerazione; unpo’ rude, ma coraggioso e determinato.La sua storia è stata raccontata nel libro Iltenente degli Alpini in cui ha riferito vo-lentieri le sue esperienze di soldato, anche

se spesso prefe-riva sorvolaresui fatti perso-nali, privile-giando il rac-conto delle im-prese dei suoialpini. C’era inlui un certo pu-dore a parlaredi sé, a mettersiin mostra, comese stesse facen-do uno sgarbo aquei tanti compagni che in guerra aveva-no perso la vita, senza aver avuto un mini-mo riconoscimento.Quello che ci rimane di lui è la conoscen-za di un uomo d’altri tempi, sempre ribel-le nel temperamento, ma che con il suocomportamento rigoroso ci ha ricordato ivalori cui è sempre rimasto ancorato, co-me la famiglia, il rispetto verso i genitori,la patria, la bandiera, ma anche l’onestà, ilcoraggio e l’altruismo.

Franco Voghera

ILTENENTEDELLATRIDENTINAUn anno fa, nell’aprile 2015, moriva Giordano Bartoccini, uno degli ultimi reduci della divisioneTridentina. Sottotenente in Grecia, era stato promosso tenente durante la campagna di Russia

Un’immagine dei partecipanti all’incontro di Asti tra sezioni Ana del Nord Italia, organizzato dal ‘Comitato Tridentina 1942-2017’(foto Cristiana Luongo)

Giordano BartocciniLa consegna alla Croce Verde di Rivoli dell’auto donata daglialpini di Rivoli in occasione del 70° anniversario di fondazionedel gruppo

Un’immagine dell’adunata di Asti, con in primo piano una fanfara alpina

Ecco una serie di dati che rendono benel’idea di che cosa sia stata l’adunata diAsti.75.000 gli alpini che hanno sfilato (6.000ogni ora), 30 le delegazioni estere, 6 igruppi esteri autonomi, 2.700 gli alpinicon l’immancabile camicia blu della se-zione di Torino presente con 146 gruppisu 147, 25.000 le tende allestite, 40.000le persone scese ad Asti dai treni specia-li, 14 i campi di sosta, 25.000 gli attenda-menti, 7 i posti medici avanzati e gli ospe-dali da campo, 400.000 le persone transi-tate in Campo del Palio, 250.000 alVillaggio gastronomico, 140.000 alla Cit-tadella degli Alpini, 8.000 le persone sa-lite sulla Torre Troyana, 200 i cori e lefanfare presenti, 600 i giornalisti e i foto-grafi accreditati, 30 i quintali di primipiatti distribuiti al Pasta Party, 30 i km disalsiccia consumata, 4.000 gli hambur-ger, 15.000 le costine di maiale, 6.000 ilitri di vino sfuso, 15.000 le bottiglie diBarbera e 5.000 quelle di Arneis, oltre10.000 le bottiglie vendute dai produtto-ri di Campagna Amica (alla faccia di chivoleva vietare la vendita di vino!), una ve-spa d’epoca rubata a un alpino di Asti, unalpino caduto dal sidecar in coma adAlessandria, qualche rissa grave provo-cata da elementi estranei al nostro mondodovuta a ubriachezza e qualche furto diportafoglio. Biellese l’alpino più vecchio,Silvio Biasetti, 103 anni.Dati a cura di Beppe Ravizza tratti dal sito ‘ana.it’

TUTTO IN PILLOLE

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QUESTOE’ ILCANTODEGLIITALIANIAl centro congresso di Rivoli, anche grazie agli alpini, si è tenuta una interessante lezione di storiasul significato del nostro inno nazionale, curata dal generale torinese Sergio Santamaria

AD ASTI TUTTI IN FILA PER NOVEI quasi ottantamila alpini giunti dall’Italia e da ogni parte del mondo hanno sfilato ininterrottamenteper dodici ore. Il gruppo di Rivoli era presente con quaranta soci e venti tra aggregati e sostenitori

Domenica 15 maggio gli alpini hannoriabbracciatoAsti dopo ben 29 anni eAstili ha accolti con un calore e un affetto chegli alpini non dimenticheranno tanto pre-sto. Sono stati tre giorni euforici di alle-gria e baldoria, che hanno letteralmentemesso sottosopra la città, con gli abitantiben contenti di essere travolti da questotorrente di vitalità.Immancabile ogni anno, come da ferreatradizione, il nostro gruppo era presentecon quaranta soci e venti tra aggregati eaccompagnatori, ma sempre con l’entu-siasmo della prima volta. Partenza di buonmattino, forse un po’ frettolosa malgradodovessimo sfilare a pomeriggio inoltrato,ed ecco il primo imprevisto: abbiamo di-menticato a Rivoli il socio Giorgio Bor-diga e la sua gentil consorte, ma abbiamolasciato indietro anche il socio Trevisson,che ci ha poi raggiunto in treno.Il gruppo si è ricompattato con i coniugiBordiga pochi chilometri più avanti, sul-la tangenziale. Giunti a destinazione ab-biamo avuto la giornata a disposizione perbighellonare per Asti e assaporare la no-stra tipica atmosfera.All’ammassamento il secondo imprevi-sto: due ore di ritardo dovute all’accumu-larsi, fin dal mattino, di una serie di osta-coli, tra cui il saluto inaspettato che PapaFrancesco ha voluto rivolgere agli alpini,

ostacoli che si sono ripercossi lungo tuttol’arco della giornata. Finalmente la sfila-ta con tanti applausi e tanti ‘bravi!’ grida-ti da parte del pubblico.Ottima la meritata cena a fine giornata,quest’anno a Castagnole delle Lanze, do-ve il nostro socio Aldo Pesce ha intratte-nuto tutti con le sue innumerevoli e esila-ranti barzellette. Rientro l’indomani, cioèlunedì, e possiamo ben dirlo dal momen-to che erano le ore 2 e 30 del mattino! Mache non si sappia troppo in giro….Come faccio ormai da tempo, il mio reso-conto di cronaca dell’adunata si avvale diuna massa di informazioni e di dati stati-stici messi a disposizione da tutti gli enticoinvolti e resi pubblici dalla stampa lo-cale; qui posso riferirvi solo in parte, permotivi di spazio, ma troverete molte altreinformazioni nelle due rubriche che sonopubblicate nella pagina a fianco.Martedì 17, quando la manifestazione erafinita da appena due giorni, ho voluto tor-nare ad Asti non avendo avuto modo divedere la città con calma e visitare le tan-te cose degne di essere viste a causa dellabaraonda dei tre giorni. La città era anco-ra esattamente imbandierata come duran-te i giorni precedenti, come se il tempo sifosse fermato.Evidentemente gli astigiani cercavano diritardare il più possibile la rimozione di

striscioni, bandiere e aggeggi vari, comeper esorcizzare in qualche modo l’ineso-rabile sensazione di vuoto e nostalgia (ri-ferisco le testuali parole che ho sentito)che li avrebbe sopraffatti appena si fosse-ro resi conto che tutto era davvero finito.Non è facile rendere l’idea di cosa è in gra-do di mettere in moto una nostra adunata;mi limito quindi a riferirvi un fatto elo-quente che mi è capitato di notare in queigiorni e che spiega come il successo del-la manifestazione sia stato generale. Unapizzeria/bar nel corso centrale aveva espo-sto ogni giorno la consueta lavagnetta conil menù, ma alla fine della giornata di do-menica 15 maggio aveva annotato: ”Do-mani, lunedì, il locale è chiuso. Siamomorti! Ci rivediamo martedì”.Naturalmente con l’adunata i commer-cianti hanno fatto la parte del leone te-nendo aperti gli esercizi 24 ore su 24 e cor-rendo a fare scorta di tutto. Mi è capitatodi sentire la proprietaria di un bar del cen-tro che diceva addirittura di non essere di-spiaciuta di dover ripristinare il bagno,tanta era stata l’affluenza nei tre giorni.Il mio rendiconto sull’adunata di Asti sichiude qui con un arrivederci a Treviso econ la citazione di ultimo titolo apparsosulla stampa locale: “Quelle penne cimancheranno!”

Beppe Ravizza

Sabato 11 giugno siamo andati tutti ‘a le-zione’ dal generale Sergio Santamaria alCentro Congressi del Comune di Rivoliper conoscere la storia del nostro inno na-zionale. Il generale ha tracciato il percor-so storico che ha caratterizzato la nascitadi questo canto il quale, malgrado la for-tissima carica patriottica, ha dovuto atten-dere oltre un secolo per essere riconosciu-to come simbolo della nazione; infatti èstato adottato ufficialmente soltanto nel1948 in sostituzione della marcia reale invigore durante la monarchia.Analizzando e spiegando le parole del te-sto scritto in un italiano dell’800, il gene-rale Santamaria ha messo in risalto tutti iriferimenti ai fatti appartenuti alla storiadel nostro popolo, a partire dalle gesta mi-litari dell’antica Roma.Per una sera, insomma, siamo tornati a es-sere tutti studenti di una lezione della qua-le serberemo a lungo un graditissimo ri-cordo.La serata, presentata con la consueta pro-

fessionalità dal socioEnzoMisitano, è sta-ta organizzata dall’apposito Comitatocreato in ambito comunale per le celebra-zioni del 70° anniversario della nostraCo-stituzione. Al socio Renato Scarfò va in-vece il merito di aver coinvolto il genera-le Santamaria nella trattazione di unargomento interessante, svolto con argu-zia e competenza, tanto da rendere la sera-ta una piacevolissima cavalcata attraversola nostra storia patria.L’iniziativa è stato un successo. Il centrocongressi, gremito di gente, ha visto la pre-senza di numerose autorità comunali e pro-vinciali, di militari in servizio alla caser-ma Ceccaroni, del responsabile degli Al-pini della 5° Zona e di un folto pubblico.Al nostro gruppo era stata richiesta unapartecipazione attiva nell’allestimento diquesto evento e noi alpini abbiamo prov-veduto ad addobbare il centro congressicon bandiere tricolori, aggiungendo untocco finale, cioè un ricco buffet freddoconsumato presso i locali della nostra se-

de a fine serata eper il quale van-no i nostri com-plimenti allostaff della cuci-na: SalvatoreSammito, SergioBo, PieroBeltra-mino e la con-sorte Luigina.Il Coro AlpinoRivoli ha allieta-to la serata concanti della nostratradizione al quale, a fine conferenza, havoluto aggregarsi il generale Santamariaper l’esecuzione dell’inno nazionale, can-tato in coro da tutto il pubblico. I canti al-pini sono poi continuati nella nostra sedefino alle ore piccole, coinvolgendo tutti ipresenti e, primo fra tutti, il generale San-tamaria che ha cantato a squarciagola, al-pino tra gli alpini.

Beppe Ravizza

TORINOONORAILMAGGIORELAROSAInaugurato presso la Scuola di applicazione dell'Esercito il monumento dedicato al bersaglierecaduto in Afghanistan nel 2013. Determinante l’aiuto degli alpini, in particolare del gruppo di Rivoli

È stato inaugurato il 21 aprile scorso pres-so la Scuola di applicazione dell'Esercitodi Torino il monumento dedicato al mag-giore Giuseppe La Rosa, medaglia d'oroal valore militare, caduto in Afghanistanl'8 giugno 2013. Alla cerimonia, che si èsvolta in occasione della chiusura del141° corso di Stato maggiore, vi hannopartecipato i familiari del militare, ac-compagnati dal generale di Corpo d'ar-mata Giorgio Battisti, comandante per laFormazione, specializzazione e dottrinadell'Esercito, e dalle principali autorità ci-vili e militari del territorio.Originario della provincia di Messina, LaRosa prestava servizio nei ranghi del 3°reggimento bersaglieri della brigata Sas-

sari. Membro di un team di sup-porto alle forze armate afghane,durante un movimento logisti-co aveva fatto eroicamente dascudo con il proprio corpo aglialtri membri dell'equipaggioproteggendoli dallo scoppio diuna bomba a mano, lanciatadentro il Lince su cui l’equi-paggio stava viaggiando.Il monumento è un'opera sem-plice, ma carica di significati:una vaira in bronzo, il tradizio-nale copricapo dei bersaglieri,posata su un blocco di pietracon la motivazione della meda-

glia al valore e a fianco l'imponente scul-tura di un'aquila con le ali spiegate. "Ciòche abbiamo inaugurato oggi vuole ri-cordare un eroe ‘normale’, che istintiva-mente ha dato la propria vita per salvaretre colleghi”, ha affermato nel suo inter-vento il generale Battisti.Per la realizzazione di quest’opera hannolavorato in tanti: in particolare il gruppodegli alpini di Rivoli, che ha fornito ilmanto erboso, mentre il suo capogruppoCarlo Cattaneo ha coordinato il gruppo dilavoro, il capogruppo onorario Felice Cu-mino ha scelto la pietra del monumento eRenato Scarfó ha individuato le risorseumane e i materiali necessari.Da citare inoltre l’ingegnere Raphael Pa-

lombaro che ha curato il progetto, la dit-ta Morina che ha donato la pietra, Mauri-zio Busano della Vetreria San Paolo, cheha realizzato e donato la scritta della mo-tivazione, il gruppo alpini di Alpignanoche ha sistemato il manto erboso e il vicecapogruppo Franco Nicol, scultore e re-stauratore dell'aquila, la ditta Alpina Cul-lino che ha realizzato e donato la staffa dicollegamento tra vaira e pietra e in ulti-mo il generale Umberto Mangia, capo-gruppo della Sezione Piemonte dell’as-sociazione bersaglieri, che ha finanziatola realizzazione della vaira in bronzo.A spiegare come è nato il progetto è lostesso Scarfò: “E’ stato il generale Berto,su richiesta del generale Battisti, a chie-dere a noi alpini se potevamo dare unamano ai bersaglieri e noi non ci siamo ti-rati indietro; così ho chiamato subito ilmio capogruppo Cattaneo, che in cinqueminuti ha dato la disponibilità del gruppodi Rivoli; e lo stesso ha fatto il gruppo diAlpignano. Grande è stata la gioia dei duegenerali, per cui ci si è messi subito al la-voro, con progetti che cambiavano a ogniincontro. L’artefice del successo però èstato Cattaneo, considerato da tutti unDeus ex machina, un vero trascinatoreche, insieme a Nicol, soprannominato il‘maestro’, è riuscito a portare a terminel’impresa nei tempi previsti”.

Luogotenente Renato Scarfó

Alpini di Rivoli con lo striscione del Monte Nero all’adunata di Asti

Il capogruppo degli alpini di Rivoli Carlo Cattaneo, a sinistra, conil presidente della Regione Piemonte Sergio Chiamparino el’assessore rivolese Massimo Fimiani, ripresi in un momentodi relax all’adunata di Asti

Il monumento al maggiore Giuseppe La Rosa, inaugurato il 21 aprile 2016 presso laScuola di applicazione dell’Esercito di Torino

Il generale Sergio Santamaria

SÒTA AL CASTELPeriodico del

Gruppo Alpini di RivoliSezione di Torino

Anno XXXIV – n° 2 - Luglio 2016

Direttore Responsabile Franco VOGHERAComitato di redazione

Luigi BELLINZONA, Silvano CASTELLETTICarlo CATTANEO, Vincenzo MISITANO,Giuseppe RAVIZZA, Giuseppe VALERO

Hanno collaborato a questo numero:Silvano Castelletti, Carlo Cattaneo, GiuseppeRavizza, Renato Scarfò, Gianni Tenivella

E-mail: [email protected]

Chiuso in tipografia il 20 luglio 2016Autorizzazione del Tribunale di

Torino n° 3268 del 17 marzo 1983Realizzazione grafica e stampa: REPRO COMPvia Pasteur, 20/d - 10098 Rivoli (To) - Tel. 011.9580958

RADUNO1° RAGGRUPPAMENTO

Susa, 11 settembre 2016

Anche il gruppo di Rivoli parteciperànumeroso alla sfilata del

1° raggruppamento che si terrà a Susa.Lo spostamento da Rivoli avverrà conmezzi propri con partenza di fronte allaCaserma Ceccaroni in corso Susa alle

ore 7,00 di domenica 11 settembre.Pranzo organizzato dal gruppo

a Pian del FraisComunicare la propria presenza

in sede oppure ai consiglieri

ADUNATA 2017A TREVISOAperte le iscrizioni

Si terrà a Treviso dal 12 al 14 maggio2017 la prossima adunata nazionale,

la cosiddetta ʻadunata del Piave.Anche il gruppo di Rivoli parteciperà

compatto, come al solito, e ha giàprenotato uno degli ultimi

alberghi disponibili.Il viaggio avverrà in bus granturismocon partenza da Rivoli la mattina di

venerdì 12 maggio e con rientrola sera di lunedì 15 maggio.

Sono aperte le prenotazioni in sedenei giorni di apertura: affrettarsi per

accaparrarsi gli ultimi posti disponibili

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gara e qui si attestò a ridosso dei reticolati austriaci, inchiodatoe decimato dalle mitragliatrici invisibili che subito fecero stra-ge anche dell’accorso battaglione Verona.Lassù la situazione, col passar delle ore, divenne pesante e poiinsostenibile per la gravità delle perdite dei battaglioni lasciaticompletamente allo scoperto, fermi e agganciati al nemico, men-tre altri battaglioni alpini, il Vestone, il Mondovì, il Bicocca, ilCeva e molti altri, si arroccavano in zone limitrofe, e altri anco-ra venivano fatti affluire nel Vallone dell’Agnellizza e alla Poz-za dell’Ortigara, creando un addensamento perfino eccessivo,mentre le mitragliatrici austriache falciavano senza tregua.

4.000 MORTI IN UN GIORNOAvanzava ormai la notte, nel fango e sui roccioni giacevanoovunque i morti e i feriti, alte grida si levavano a indicare ai co-mandi la necessità di modificare drasticamente quella situazio-ne che portava ormai a un inevitabile quanto inutile macello:senza adeguati rifornimenti, sotto l’implacabile tiro austriaco, ibattaglioni alpini insistevano negli attacchi, anche se era ormaisfuggita la possibilità di conseguire gli obiettivi assegnati al-l’offensiva. Soltanto nell’ambito della 52ª divisione che rag-gruppava i battaglioni alpini, le perdite erano state di quasi 2.600uomini e di oltre 4.000 quelle di tutti i reparti italiani impegna-ti in quella giornata di battaglia.Essendo ormai venuto meno l’elemento sorpresa, il buon sensosuggeriva di sganciare i battaglioni dal diretto contatto col ne-mico e di farli rientrare nelle più protette linee di partenza. Magli alti comandi decisero di mantenere i combattenti esposti tut-ta la notte sul terreno conquistato, per riprendere gli attacchi al-l’indomani mattina. Durante la notte gli austriaci, naturalmen-te, fecero affluire nuovi mezzi nel settore dell’Ortigara. il cen-tinaio di cannoni di cui disponevano in zona fu aumentato a circa270. All’indomani, 11 giugno, ancora nella nebbia e perciò nonappoggiati dall’artiglieria nei loro movimenti, gli alpini ripre-sero gli assalti alle trincee nemiche. Altri 550 alpini furono mes-si fuori combattimento. E a centinaia, ancora, nei giorni suc-cessivi fino al 15 giugno, allorché gli austriaci passarono addi-rittura alla controffensiva nel pieno della notte. Si accese nelbuio una lotta selvaggia e in questa fase della battaglia gli au-striaci dovettero infine desistere e ripiegare, ancora inseguiti da-gli alpini che catturavano prigionieri.

GLI ALPINI IN VETTA ALL’ORTIGARASembrò che esistessero le condizioni per la ripresa dell’offensi-va; ma intanto quattro battaglioni alpini avevano perduto altri1.500 uomini. Nei giorni successivi i reparti vennero riorganiz-zati e l’offensiva italiana continuò: 24 ore di tiri di artiglieria il18 e alle 6 del mattino del 19 giugno, otto battaglioni alpini ar-rancarono da tre direzioni verso il pianoro di vetta dell’Ortiga-ra: dopo un’ora di combattimento gli alpini irruppero finalmen-te in vetta, dove catturarono più di mille austriaci. Anche in al-tre zone vicine gli alpini avevano conquistato importanti quote,tanto da creare a quel punto le fondate premesse per proseguirel’azione verso l’agognata direzione di Monte Campigoletti e ol-tre; ma per cause a tutt’oggi controverse l’ordine non venne emancò lo sfruttamento del successo.Nonostante l’appassionata disponibilità degli alpini, dagli alticomandi discese l’ordine di cessare ogni azione offensiva. For-

se non si credette di poter vincere l’ulteriore capacità di resi-stenza austriaca in quella munitissima zona o non si vollero ag-giungere altre perdite a quelle già subite: quasi 3.700 uomini nel-la sola 52ª divisione.

LA PERDITA DELLA VETTAInfatti, essendo gli alpini arroccati in difensiva, nei giorni suc-cessivi gli austriaci con le loro artiglierie attaccarono le nostretruppe e scatenarono infine una nuova offensiva il mattino del25 giugno, usando anche gas asfissianti e lanciafiamme. Ne nac-quero combattimenti selvaggi che si protrassero per tutta la gior-nata. A sera, i reparti italiani combattenti ricevettero l’ordine dipassare ancora alla controffensiva, che effettuarono con unoslancio intatto e disperato, riconosciuto dagli stessi austriaci.Il nemico tentò con impeto di mutare le sorti. La vetta dell’Or-tigara al sesto giorno venne perduta, ma gli alpini si attestaronosui roccioni immediatamente sottostanti e sulle pendici degra-danti verso il Vallone dell’Agnellizza, anche se del tutto espo-sti al tiro nemico. Là gli alpini vennero bloccati dagli ordini su-periori e tale disposizione provocò, soltanto in quei giorni, laperdita di ben 6.000 uomini; mantenuta in vigore nei giorni suc-cessivi, contò altre ingenti perdite. Soltanto il 30 giugno vennedato ai reparti impegnati l’ordine di ripiegare e di attestarsi fi-nalmente sulle linee stabilizzate, già tenute prima dell’inizio del-la battaglia.

UN’ECATOMBE DI SOLDATISi concludeva così, dopo 20 giorni di sanguinosi combattimen-ti, quella che passò alla storia sotto il nome di battaglia dell’Or-tigara, che vide impegnata un’intera armata italiana. Il prezzodel sacrificio fu davvero ingente e gravido di responsabilità, sesi tiene conto che in conclusione non portò a nessun mutamen-to su quel fronte. La relazione ufficiale sommò a 25.199 gli uo-mini messi fuori combattimento. Fra questi, le perdite dei 22 bat-taglioni alpini furono di 16.305 combattenti, cioè il 75% degliufficiali e il 60% della truppa.

Tratto da “Storia degli Alpini” di Giulio Bedeschi

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LA SPEDIZIONE PUNITIVA AUSTRIACALe posizioni avanzate raggiunte dall’esercito austro-ungariconel maggio-giugno del 1916 come esito della ‘Strafexpedition’,la spedizione punitiva nei confronti dell’Italia, avevano fatto sìche circa la metà dell’Altipiano dei Sette Comuni fosse occupa-to dall’avversario il quale, da quote dominanti, minacciava or-mai stabilmente la restante parte dell’Altipiano e di là diretta-mente la Val d’Astico e la pianura vicentina: il che significavala Valle del Po.A parare questo rischio, fortunosamente sventato in extremisl’anno precedente, allorché gli austro-ungarici erano riusciti aspingersi fino al Cengio, lo Stato maggiore dell’esercito italia-no decise di attuare un’offensiva con l’intento di occupare ilMonte Ortigara e il Monte Castelnuovo, e avanzare quindi a oc-cidente fino a raggiungere, con un’azione combinata di forzeprovenienti anche dal sud, la Bocchetta Portuale e la Cima Por-tuale, zone chiave per tenere saldamente tutto l’altipiano.

L’OPERAZIONE KLungamente preparato sotto il nome di ‘Operazione K’, il pianooffensivo prevedeva l’impiego di ingenti forze e mezzi, sia perla particolare difficoltà del terreno montano che favoriva la di-fesa e non l’attacco, sia perché i comandi austro-ungarici ave-vano avuto tutto il tempo e la capacità di rafforzare potentementeil loro sistema difensivo. Nessuna valida considerazione in con-trario, però, valse a indurre il generale Cadorna ad accantonareil progetto, tanto più che il nuovo comandante della 6° Armata,generale Mambretti, ne divenne fervido sostenitore. Cosicché,alla fine del gennaio del 1917 il Comando Supremo diede il viaalla realizzazione dell’offensiva.Dopo altri mesi di messa a punto, di progetti e di studi, vennedefinitivamente stabilito che per l’offensiva si sarebbero impie-gati tre interi Corpi d’armata, il XX, il XXII ed il XXVI, il cuischieramento tagliava a mezzo l’intero altopiano. Venne curatacon ogni mezzo la maggiore efficienza: strade, teleferiche, ma-gazzini traboccanti di viveri, materiali, munizioni e armamenti,nulla fu trascurato nella fase di preparazione dell’offensiva.L’azione principale veniva affidata al XX Corpo d’armata, la cui52ª divisione era composta da ben 22 battaglioni alpini, la mag-

gior forza di ‘penne nere’ che fosse mai stata impegnata com-patta in una azione. Affiancati agli alpini erano quattro reggi-menti di fanti e uno di bersaglieri.

UNA MONTAGNA IMPRENDIBILEDate le caratteristiche del terreno, era evidente che il massimoimpegno e lo sforzo di gran lunga più aspro gravavano sulle trup-pe alpine, dislocate nel settore nord dello schieramento, là doveil fondovalle risaliva verso il Passo dell’Agnella ed era pratica-mente terra di nessuno: sulle pendici verso est stavano attestatele prime linee italiane, mentre le pendici verso ovest, con circa200 metri di dislivello, risalivano risolutamente verso il rilievonudo e sassoso che portava il nome di Monte Ortigara con vettaa quota 2.105.Senza un albero, tutto roccia e pietrisco, con i suoi costoni disasso il Monte Ortigara si innalzava pauroso e appariva im-prendibile, tanto più che quel bastione di roccia aveva una vet-ta pressoché pianeggiante, che per giunta si prolungava in un ac-cidentato pianoro per una lunghezza di un mezzo chilometro:quindi gli austriaci, per un intero anno, avevano avuto buon gio-co a interrarsi in tale zona creando nella roccia opere di difesatali da non poter essere snidati e rendendo praticamente im-prendibile la montagna.Ma quella era la insostituibile via di accesso alla Portuale, e dilà pertanto il Comando supremo aveva deciso di far passare i sol-dati italiani. I generali responsabili non si erano nascoste le dif-ficoltà, ma avevano ritenuto di poterle superare impiegando ungran numero di uomini e accumulando ingenti mezzi. Infine, al-l’inizio di giugno, l’unica remora che rimase fu quella di dare ilvia alla battaglia soltanto con condizioni atmosferiche del tuttofavorevoli, poiché era considerato indispensabile il far precede-re l’attacco delle fanterie da una preparazione di artiglieria, i cuieffetti dovevano essere controllati a vista.

IL CORAGGIO DEGLI ALPINIIl morale delle truppe era considerato buono, anche se il gene-rale Montuori, comandante del XX Corpo d’Armata, aveva ri-petutamente espresso il timore che gli alpini, considerate trup-pe da difesa e non da assalto, all’ordine di muovere all’attacconon sarebbero usciti dalle trincee. Durante la notte del 9 giugnoi battaglioni designati vennero fatti affluire oltre le linee avan-zate e alle 5.15 del 10 giugno le artiglierie italiane aprirono ilfuoco di preparazione che, secondo il piano prestabilito, dove-va durare 9 ore per realizzare la premessa essenziale: scardina-re le difese nemiche, far saltare i reticolati aprendo dei varchioltre i quali potessero inerpicarsi e avanzare gli alpini.Nella tarda mattinata alcune pattuglie inviate in ricognizione ri-ferirono però che le trincee austriache risultavano pressoché in-tatte, ma subito i vari battaglioni vennero lanciati all’attacco,senza tenere conto che il peggioramento del tempo e il diffon-dersi di fitte nebbie creavano quelle condizioni per le quali l’at-tacco non sarebbe dovuto avvenire. Altro che non uscire dalletrincee! Il battaglione Bassano conquistò d’impeto il Passo del-l’Agnello, e, col battaglione Sette Comuni in sanguinosi corpoa corpo, la quota 2003 dell’Ortigara; assieme al Monte Baldoproseguì poi nell’assalto fino a conquistare anche la quota 2101,catturando nell’insieme qualche centinaio di prigionieri. Il Set-te Comuni giunse fin sull’orlo del pianoro sommitale dell’Orti-

LA SANGUINOSA BATTAGLIA DELL’ORTIGARA, ECATOMBE DEGLI ALPINIDopo la spedizione punitiva austriaca del 1916, metà dell’Altipiano dei Sette Comuni era occupato dall’avversario, che di lì minacciava l’intera valle padana. Per alleggerire questa pressione scattò la cosiddetta‘Operazione K’, che mirava alla conquista della sommità del Monte Ortigara e dei monti circostanti, ma quella battaglia fu una carneficina che non portò a nulla e costò agli alpini più di 16.000 morti

L’ossario Leiten di Asiago in cui riposano i resti di circa 54.000 caduti della Grande guerra nellebattaglie dell’altipiano, così suddivisi: 34.000 italiani e 20.000 austriaci

La sommità del Monte Ortigara con la colonna mozza eretta in ricordo dei circa 25.000 caduti dellabattaglia e in particolare dei 16.305 alpini

LA

GRANDE

GUERRALAGRANDE

GUERRA