cultura insieme - altervista

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CULTURA Insieme Poste italiane S.p.A. - Spedizione in abbonamento postale - D.L. 353/2003 - (conv. NL. 27/02/2004 n. 46) Art. 1 comm. 1.DCB Firenze 1 48 CULTURA Concorso Centorighe: I racconti premiati Scheletri agli Uffizi VITA E SOCIETA’ Una storia lunga 450 anni Progetto Annulliamo la distanza SPORT Trofei Citerni Tennis Tavolo a scuola Il Dragon Boat TURISMO Gita di Capodanno in Campania MARZO 2014 CULTURA VITA SOCIALE TEMPO LIBERO SPORT TURISMO Periodico del CRAL Dipendenti Comune di Firenze Insieme

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CULTURA

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CULTURAConcorsoCentorighe:I raccontipremiati

Scheletriagli Uffizi

VITA E SOCIETA’Una storialunga 450 anni

ProgettoAnnulliamola distanza

SPORTTrofei Citerni

Tennis Tavoloa scuola

Il DragonBoat

TURISMOGita diCapodannoin Campania

MARZO 2014

CULTURA VITA SOCIALE TEMPO LIBERO SPORT TURISMO

Periodicodel CRALDipendentiComunedi Firenze

Insieme

ATTIVITA’

Insieme

CULTURA

Insieme

IN COPERTINA:

La magnifica Magnolia di Piazza Beccariaanche quest’annoci ha regalatoun bellissimospettacolo.

Foto Elio Padovano.

Insiemeanno X numero 48 - Marzo 2014

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CONSIGLIO DIRETTIVOC.R.A.L. Dipendenti Comune di Firenze

Ufficio di PresidenzaTIZIANA TRALLORI Presidente

RICCARDO DI TOMASO Vice PresidenteLUCIANA DE FRANCESCO Amministratore

FRANCESCA PERUZZI Segretario

Consiglieri ANDREA BARBERIOLUCIANO BELLONI

ELISABETTA BENASSIMARIA GIOIA BERTOLINI

GIULIA GALLUZZI ALFONSO POLININATALE SEREMIA

Collegio Probiviri CLAUDIA BALDI

LUCIA CIANFANELLI PATRIZIA VANNINI

ORARIO APERTURA SEGRETERIA E TARIFFE ORARIEUTILIZZO IMPIANTI SPORTIVI

MATTINA POMERIGGIO LUNEDI 9.00 - 12.00 16.00 - 18.00 MARTEDI 9.00 - 12.00 16.00 - 18.00 MERCOLEDI 9.00 - 12.00 16.00 - 18.00 GIOVEDI 9.00 - 12.00 16.00 - 18.00 VENERDI9.00 - 12.00 chiuso

I responsabili della Segreteria sono:LUCIA BACCIOTTI, PIERO GUAZZELLI, VALERIO BARTOLOZZI,

GABRIELE RISSO, PAOLO MATTEUZZI

Le tariffe orarie degli impianti sportivi sono le seguenti:Tennis per i soci in orario diurno euro 6,00 in orario notturno euro 8,00 per non soci in orario diurno euro 8,00 in orario notturno euro 10,00.

Calcetto 34,00 in orario diurno 60,00 in orario notturno

Per le prenotazioni telefonare:Sig. Bonfanti Giovanni: 3393595337 oppure on-linesul sito www.cralfi.it alla voce “servizio prenotazioni”

Pubblicazione Bimestrale del C.R.A.L.Dipendenti Comune di Firenze

Autorizzazione Tribunale di Firenze n. 5518 del 26/09/2006Anno 10° numero 48 - Marzo 2014

Prezzo di copertina euro 0,30

Direttore ResponsabileFilippo Perugi

ProprietàC.R.A.L. Dipendenti Comune di Firenze

Via del Filarete 11C - 50142 FirenzeTel. 055 700420 - Fax: 055 7130416

www.cralfi.it - [email protected]

Impaginazione e realizzazione grafica:Paola Bolletti

Corrado Tedeschi Editore in Firenze SpaVia Massaia, 98 - 50134 Firenze

Tel. 055.495213www.tedeschi-net.it

Stampa:Centro Grafico Editoriale

Via Massaia, 98 - 50134 FirenzeTel. 055.495213

CULTURA

4 Centorighe: i racconti premiati

16 Scheletri agli Uffizi

18 Brevi da Palazzo Vecchio

VITA E SOCIETA’

22 Una storia lunga 450 anni

24 Thor - The dark World

27 Quando i dubbi ci assalgono

28 Progetto “Annulliamo le distanze”

SPORT

30 Mezza Maratona di Firenze

33 XII Trofeo Citerni

34 Una coppa per salvare la Stagione

36 Trekking: camminare insieme

38 Progetto “Tennis Tavolo a scuola”

40 Ultime dai Campi rossi

42 Il Dragon Boat

43 Mister Casini

TURISMO

44 La “compagnia dei fiorentini” a Salerno

4 7 Costiera Amalfitana

48 Lago Maggiore

49 Gardaland

Cral Comune di Firenze

ORGANIZZA

TUTTI I VENERDI ALLE ORE 20.30Presso il Cral del Comune di Firenze di via del Filarete:

SERATE DI BURRACO PROGRAMMA:ore 20.30 RITROVOore 21.00 INIZIO TORNEO 2 TURNI MOVIMENTO MITCHELL e 1 DANESE

PRENOTAZIONE OBBLIGATORIA (max 36 persone) preferibilmente in coppia. Nel caso di prenotazioni singole, segnalare il numero di cellulare per confermare, da parte del CRAL l’iscrizione chiamando:

Cral Comune di Firenze tel. 055.700420

CULTURACULTURA

Insieme Insieme 54

Sotto: il Presidente del Consiglio Eugenio Giani insieme al secondo classificato del Concorso Centorighe 2014 Fabio Cioni.Al centro la terza classificata Francesca Cherici.

CONCORSO LETTERARIO CENTORIGHEPremiazione dei racconti vincitoriLa premiazione del Concorso Letterario Centorighe 2013 è avvenuta mercoledì 12 febbraio 2014 alle ore 17.00 in Palazzo Vecchio presso la Sala delle Miniature.La Commissione ha stabilito i vincitori e il premio speciale per la IX edizione. Ripor-tiamo la graduatoria dei primi dieci racconti selezionati:

1 – Platone – Gianluca d’Aquino

2 – L’outing – Fabio Cioni

3 – Di Frammenti e di Ricostruzione – Francesca Cherici

4 – Dietro il naso del clown – Maria Grazia Distefano

5 – Sangue Nero – Elena Tafi

6 – Il cacciatore di attimi ultimi – Gennaro Lento

7 – Oltre quella curva – Cristina Nicolosi

8 – Dona Ines – Chiara Carboncini

9 – Il Sorriso silenzioso – Giorgio Baro

10 - Retoriche di una crisi – Samuele Bettini

Premio speciale under 29 – Sangue Nero – Elena Tafi

Sotto: il secondo classificato Fabio

Cioni insieme ad alcuni membri

della Commissione esaminatrice.

A destra: la Presidente Tiziana

Trallori insieme alla vincitrice della

Categoria Under 29 Elena Tafi

e la Presidente di Giuria Lucia

Pugliese.

CULTURACULTURA

Insieme Insieme 76 Insieme

Dopo 15 anni, non pensi più a lui come un animale, ma come un gatto con tutta la sua dignità di essere. Non come una persona. C’è questa egoistica tendenza a rendere umani gli animali: perché mai dovremmo? Forse non gli attribuiamo la dignità di essere quel che sono, se diversi dalla nostra specie?Platone era un gatto, il mio gatto. O forse io ero il suo uomo. Non il suo padrone, perché il gatto non ha padrone e io non mi sono mai sentito il padrone di Plato-ne. Forse all’inizio un fratello maggiore, solo per una questione meramente ana-grafica.

Avrei voluto insegnargli tante cose ma, alla fine della nostra avventura, devo riconoscere di essere stato io l’allievo. È stato lui a insegnarmi moltissime cose. Mi ha insegnato il rispetto, l’affetto, l’im-portanza di mangiare, di dormire, di attendere alle proprie necessità fisiolo-giche, l’importanza di non dover dipen-dere da altri.Me ne resi conto un giorno in cui, preso da un irrefrenabile languore, aprii la di-spensa e presi un paio di biscotti al burro, di quelli che fanno male alla linea e alla salute ma infinitamente bene al palato e allo spirito. Platone mi osservò e miagolò intensamente, come era solito fare quan-do aveva desiderio di mangiare. Distrat-tamente, assaporai i miei biscotti e feci per tornarmene in salotto. Platone mia-golò ancora, fermo davanti alla dispensa. Mi voltai e mi si strinse il cuore: lui era in casa sua quanto lo ero io, ma doveva chiedermi il permesso di mangiare! Mi sentii male, avvertii il sentimento di di-sprezzo per me stesso che mi montava dallo stomaco. Ero forse un secondino? Mi scusai con dolci carezze che lui prese in un concerto di fusa, quindi tirai fuori i suoi croccantini e li versai nella ciotola. Platone era letteralmente in estasi. Lo os-servai godere del suo spuntino, che sape-va dell’essenza dei miei biscotti al burro.Mi aveva insegnato il valore della libertà, mi aveva insegnato quanto sia importan-te l’autodeterminazione, il libero arbitrio o molto più semplicemente l’importan-za di poter decidere se e cosa mangiare quando se ne ha la necessità o il desiderio.Chi non ha un gatto, così come chi non lo vive intensamente, non può compren-dere quale spessore morale abbiano que-sti deliziosi amici.Mi viene in mente quella volta che, usci-to la mattina, dimentico di pulire la sua

lettiera, tornai la sera tardi, lasciando so-lamente le ciotole piene di quel che pen-savo potesse essere il suo bisogno giorna-liero. Lo trovai accucciato sul davanzale della finestra, con un muso che sapeva di malessere e un briciolo di indignazione. Senza dargli troppo peso, cambiai l’acqua della scodella e preparai la cena: un bel filetto di tonno e salmone con gambe-retti, uno dei suoi piatti preferiti. Non si degnò neppure di muovere un muscolo, rimase dov’era. Ancora distrattamente, pulii la lettiera e la riempii di sabbia pu-lita. Non passò una frazione di secondo che Platone vi saltò dentro e si liberò da quell’insopportabile peso che lo affligge-va. Poi, con passo calmo e aria soddisfat-ta, andò alla cena.Mi aveva, ancora una volta, insegnato qualcosa e, ancora una volta, mi sentii piccolo davanti a lui che, per rispetto nei miei confronti, non aveva fatto altro-ve i suoi bisogni, ma aveva atteso che la sua toilette fosse disponibile. Chissà per quante ore aveva atteso…I nostri amici mangiano quando lo vo-gliamo noi, dormono quando non li di-sturbiamo, fanno i bisogni quando e se possono, stanno dove gli è concesso di stare e non possono andare dove gli vie-ne vietato, vivono fra quattro mura men-tre noi siamo cittadini del mondo. Deci-diamo per loro se potranno procreare, se potranno mantenere i propri attributi: solo noi possiamo disporre di operare un essere sano per il nostro personale e umano tornaconto. Molto poco umano, questo tornaconto.Abbiamo giocato tanto io e Platone. Ac-cidenti se ci sapeva fare con i salti e gli scatti: un atleta superbo! Riconosceva, senza ombra di dubbio, i profumi e i rumori: che detective! Sapeva essere di-screto e curioso, ma quando era curioso, lo faceva con discrezione. Che signore… che signor gatto che era Platone!Era… era… era…Già, è brutto parlare di qualcuno all’im-

perfetto. Il più delle volte che lo si fa è perché… Pensare che, solo ieri, era stato capace di farmi sorridere appena sveglio. Mi ave-va stupito per l’ennesima volta, dopo 15 anni, ininterrottamente, e sebbene non lo sapessi, ancora una volta mi avrebbe insegnato qualcosa.Gli ultimi mesi erano stati duri, per en-trambi, ma certo lui a 73 anni aveva mol-ta più consapevolezza di me rispetto a ciò che stava accadendo.Era giunto che aveva circa tre mesi, 5 anni lui e 33 io, e se ne andava dopo 15 anni, con 25 anni più di me, io 48 e lui 73. Che cosa bizzarra…La storia di un figlio che diventa padre, padre di suo padre, nonno di se stesso.Si era improvvisamente ammalato, Pla-tone. Una di quelle malattie che non la-sciano possibilità di fare progetti a lungo termine.Ancora una volta aveva deciso l’uomo per lui. In qualche modo, ancora una vol-ta, avevo deciso io per lui. Spero che pos-sa perdonarmi. Ma forse l’ha già fatto…Anche la dottoressa e l’infermiera si sono commosse per quel che ha fatto. Quan-do mi ha sentito singhiozzare, ha voluto consolarmi. Come un vecchio nonno, un padre… mi ha messo le zampette al collo e mi ha leccato le lacrime. Poi si è messo accucciato sulle mie braccia, come un fi-glio, affidandosi con fiducia a chi di più caro aveva avuto in vita. A me che ero e sono il suo migliore amico. Ha iniziato a fare le fusa e si è lasciato fare l’ultima iniezione…Mi aveva insegnato la dignità. Sì, la di-gnità davanti alla morte, la dignità di morire, di morire con dignità.Io, uomo, ero stato capace di insegnargli dove fare i suoi bisogni; lui, gatto, aveva insegnato a me l’esistenza… la fiducia, la consapevolezza della vita e della morte… e la dignità dell’essere.Addio Platone, amico di infinite avven-ture…

PlatoneIl racconto di Gianluca D’Aquino classificatosi al primo posto

CULTURACULTURA

Insieme Insieme8 9Insieme

Era quasi il mezzogiorno di una splendida giornata di fine maggio. Tito Adami, ormeggiata la sua “Bella Morena IV”, si avviò verso casa.Camminava e pensava. Pensava una bestemmia. Una bestemmia lunga, complessa, alla quale andava aggiungendo, togliendo o modificando particolari qua e là.Era molto soddisfatto: si trattava di uno dei moccoli da competizione meglio riusciti di tutta la sua carriera; bastava qualche piccolo aggiustamento, limare un paio di passaggi, e sarebbe stato perfetto.La gara di tiro del moccolo si svolgeva ogni anno in occasione della festa dell’Unità dell’Isola, che si teneva nella pineta di Querciamencola.Il moccolo doveva essere assolutamente inedito. La giuria, attenta e severissima, teneva conto dell’ originalità, delle tematiche toccate, della coerenza interna e di molti altri fattori, tra i quali, naturalmente, l’ eleganza dell’ esecuzione. Al vincitore era assegnato l’ ambitissimo moccolone d’oro, nonché un premio in denaro: trecento euro che però il vincitore non poteva tenere per sé, ma doveva decidere a quale associazione, circolo o simili devolverli. Tito aveva collezionato parecchi moccoloni d’oro, ma ormai da tre anni non vinceva. L’anno prima il premio era andato al Nardi e lui, beghino e baciapile, lo aveva destinato alla parrocchia di San Severo. Arrivò a casa, entrò, annusò l’aria per capire cosa aveva preparato per pranzo la Morena, sua moglie. Non sentì nulla e allora chiese:- Oh, che hai fatto di bono?- E’ arrivata una lettera di Angelo.

Angelo era il figlio più piccolo di Tito. Lui e il fratello maggiore, Giovanni, avevano lavorato con il padre finché questi aveva posseduto una bella barca per la pesca a strascico. Ora Giovanni era imbarcato su un rimorchiatore a Livorno, mentre Angelo lavorava sulla Costanza Andreini, una nave di proprietà della società armatrice Andreini di Ancona, che pescava nelle acque del sud Pacifico e del sud Atlantico, dalle parti della Terra del Fuoco. Le campagne di pesca duravano otto o nove mesi, da settembre a giugno; si interrompevano in corrispondenza dell’ inverno australe, quando la nave andava in bacino per la manutenzione e le riparazioni necessarie dopo una stagione di lavoro nelle acque più tempestose del mondo.Pescavano calamari. Filavano a mare lenze lunghe chilometri e con migliaia di ami; quindi le salpavano, slamavano il pescato e le filavano nuovamente fuori bordo. Lavoro duro, ma pagato abbastanza bene. Poi c’erano tre o quattro mesi da trascorrere a casa, d’ estate.

Certo, un po’ di nostalgia Angelo l’ aveva. Però si era fatto diversi amici anche laggiù a Puerto Montt, in Cile, dove la Costanza Andreini, ogni tre o quattro settimane, andava a scaricare il pescato e imbarcare provviste. Le coste meridionali del Cile e la stessa Terra del Fuoco sono costituite da un fitto intrico di isole, canali lunghi anche centinaia di miglia e profondissimi fiordi. Le terre intorno sono completamente brulle, salvo pochi alberelli storti e sofferenti disperatamente annidati nelle crepe della roccia.Dalle alture scendono i ghiacciai, dal cui altissimo fronte precipitano in mare enormi blocchi di ghiaccio, con frastuono tremendo e altissimi spruzzi. Gli iceberg hanno un aspetto innocuo sotto il sole, con quel colore biancazzurro traslucido da caramella alla menta. Diventano invece inquietanti quando emergono dalla nebbia a un tratto, immensi, a poche decine di metri dalla prua. Nessun pericolo, naturalmente, grazie al radar. Ma non è difficile immaginare l’ ansia dei marinai di una volta, i sensi tesi a percepire il biancheggiare della spuma o il rumore delle onde che si frangono sui fianchi dei colossi di ghiaccio. Angelo amava le gelide acque, trasparenti oltre ogni immaginazione, amava le foche, che guardavano passare la nave, sporgendo vagamente incuriosite le grosse teste da pacifici cani da pastore, amava la luce, nitida e tenue, da eterno crepuscolo, dell’ estate circumpolare.

Di tutto ciò scriveva a casa, cercando di esprimere la maestà e la purezza da giardino dell’ Eden che gli suggerivano quei luoghi. Le lettere venivano inviate via e-mail. Se la famiglia, come spesso accadeva, non disponeva di una casella di posta elettronica, le lettere, ricevute dalla società armatrice, venivano stampate e inoltrarle per posta. La risposta seguiva, all’ inverso, lo stesso percorso.

- E’ arrivata una lettera di Angelo – disse Morena.- Fai un po’ vede’…- Aspetta.- Oh, che è successo ad Angelo? Sta bene? – era preoccupato, Tito. Il mare lo conosceva. C’ era gente che era morta naufragando sulla diga foranea del porto, figuriamoci cosa poteva capitare girellando intorno a Capo Horn.- No, no, sta’ tranquillo; però… ecco…insomma, ha fatto l’auting.- Che ha fatto?- L’ auting. Si dice ‘osì quando uno è ghei e si vergogna a dillo. Poi a un certo punto ‘un si vergogna più e lo dice.- Ma te sei matta pe’ davvero!- E’ così: s’è fidanzato con un artr’ omo, lo dice nella lettera. Tieni, guarda da te.Tito lesse la lettera, quindi rivolse alla moglie uno sguardo smarrito, boccheggiando come una cernia in debito d’ ossigeno.- Senti, ma te – gli chiese allora Morena – ‘un avevi mai notato nulla? ‘Un so, quarche atteggiamento strano… voi òmini ci fate più caso a queste ‘ose…- Morena, ma voi sgherzà? O ‘un te ne riordi girava sempre intorno ar chemping pe’ ‘mbrocca’ le straniere? Che aveva imparato a di’ “scusi, ma noi non ci conosciamo già?” in tutte le lingue der mondo, compreso ir maori e l’ eschimese? Che ni mancava

giusto giusto ir pigmeo perché diceva che le donne dimorto piccine ‘un ni garbavano. E quando stava con la Teresina, che ir su’ babbo mi faceva du’ palle ‘osì, a di’ “e come si fa se per caso nasce quarche cosa…”. Per caso? E’ un caso ma se ‘un nasce nulla! Dé, ‘un si trovavan mai ve’ due lì: eran sempre imbuati da quarche parte a pipa’, peggio de’ ‘onigli. No, ‘un era ghei quando stava qui. C’è diventato dopo, pe’ corpa der lavoro.- Ir lavoro? O che ci ‘ombina ora ir lavoro?- C’entra, c’entra. Perché quando stava qui e veniva a pesca’ a bordo ‘on me e ‘r su’ fratello, si stava fori un giorno, due. A strafa’ tre, quando si andava a cala’ giù, sotto Giannutri; ma di rado, perché andava via un monte di gasolio, dé. Poi si tornava in porto e lui poteva trova’ tutte le bimbe che voleva. Invece laggiù, passando settimane in mare sempre coll’ artri omini e basta, a regola s’ è sistemato con questo marinaio calabrese. Boia dé, ma guarda te cosa doveva anda’ a capita’!- Marinaio calabrese? Oh, ma qui – obbiettò Morena agitando la lettera – ‘un c’è scritto nulla di marinai calabresi.- No, ‘un c’è scritto, ma uno che sta su una nave e si chiama Rosario Imposimato ‘osa voi che sia, un arpino friulano?- Comunque, l’importante è che sia contento lui.- Eh, già…- Che, ‘un sei ‘onvinto? – si accigliò Morena.- Sì sì, hai ragione, però…- Però cosa? Fammi un po’ ‘api’.- Eh, inzomma. Metti te: uno va alla ‘asa der popolo, si fa du’ chiacchere, a un certo punto uno fa a un artro: “O che fa ir tu’ figliolo, è tanto ‘un lo vedo?” “Eh, è a Pisa a studia’. S’è fatto la fidanzata là”. E ir tuo?” “ Ir mio sta all’Elba, fa ‘r barrista a Marciana. Ha preso moglie e ha già du’ bei bimbi. E ir tuo, Tito?” “No, ir mio sta ar polo sud e vive co’ un marinaio calabrese. O un arpino friulano, ancora di preciso ‘un si sa.”Eh, un poinino teli fa gira’, i ‘oglioni, dé.- Ah sì? – ringhiò Morena – ah sì? – Stava in piedi, i pugni piantati sui fianchi, le sopracciglia aggrottate, la mandibola protesa: pareva il Duce al balcone di Piazza Venezia. – E allora lo sai ‘osa devi fa’, se ti vergogni tanto der tu’ figliolo? Eh? Lo sai ‘osa devi fa’? ‘Un ci devi anda’ più alla ‘asa der popolo! Tanto, che ci vai a fa’? A gioa’ a carte e a bere ‘r vino con vell’ artri quattro briai di ‘arriera! E allora poi sta’ a casa, poi sta’, armeno ‘un ti vergogni! Su una cosa si trovarono d’ accordo: bisognava scrivere ad Angelo. Con fatica misero insieme una lettera che conciliasse la chiarezza con la diplomazia.La risposta arrivò qualche giorno dopo. Si erano appena seduti a cena quando squillò il telefono. Tito andò a rispondere.- Oh, ma devan sempre rompere i ‘oglioni all’ ora di mangia’, dé. Prooonto!- Ciao babbo, sono in porto. Si sta qui quarche giorno, poi si porta la nave a Valparaiso a fa’ carena. Capace che tra una decina di giorni sono a casa. Porto con me Rosario, così vi ‘onoscete.

L’outingIl racconto di Fabio Cioni si è aggiudicato il secondo posto

CULTURACULTURA

Insieme Insieme

Mi chiedi che cosa salverei, dieci cose da salvare. Perché me lo chiedi? Vabbé, se è per un tema, se è per la scuola… Vediamo… salverei te, come sei adesso. E poi salverei te da bambina, quando ti portavo sulla canna della bicicletta, ricordi? E poi salverei tua madre, come è adesso. E tua madre da bambina, che era la più bella del mondo ed era la mia. Ci si poteva lamentare, allora, senza dubbio la vita era dura, però ero forte, sopportavo. Prima avevo sopportato anche la guerra, sai, quando ti facevano delle punture nel petto per non sentire la fatica ma poi la sentivi tutta insieme, e si marciava per giornate intere, sotto il sole dell’Africa. Quello non lo salverei. Poi però si tornava a casa ed avevi l’idea di aver fatto la cosa giusta, non so se capisci, avevi combattuto per la tua famiglia e la tua patria e ti sentivi bene, perché significavano qualcosa di grande allora, queste parole- tu fai una smorfia, tesoro mio, però significavano qualcosa di pulito, di bello. Io salverei la famiglia e la patria, tutte e due, insieme a te e a tua madre. E poi si tornava a casa, ed io anche se ero giovane ero già vedovo, perché la mia prima moglie lo sai era morta di parto e il mio figlio maschio io non l’ho mai sentito piangere perché era nato morto ed era morta con lui anche la mia prima moglie, che adesso ricordo a malapena però era buona e profumava di talco e ci teneva a profumare, in un periodo in cui parecchia gente puzzava, sai, perché non era come adesso. E poi incontrai tua nonna, ma ormai c’era la Guerra, quella seria, la Seconda, e non mi richiamarono, forse perché ero stato in Africa o forse perché chiamarono due miei fratelli che poi ci sono morti, da qualche parte, ma dove di preciso non s’è mai saputo, non sono tornati più e non ci hanno detto altro, ma tante domande non si facevano, andava così. Erano ragazzi, sai, i miei fratelli: Giovannino partì allegro, come sempre, e Terzilio partì triste, come sempre, salutandoci da dietro il vetro di quel treno che non ce lo riportò più.

A Tito gli andò di traverso il boccone di seppie coi carciofi.- A proposito di Rosario: ho ricevuto la vostra lettera e mi sa che v’ ho da spiega’ du’ o tre cose. Intanto è di qui, ha la cittadinanza cilena; il cognome ni viene da un bisnonno, emigrante siciliano. Poi ‘un lavora a bordo ‘on me; figurati, fa l’ insegnante di violino. E pe’ fini’, dé, ‘un ci ‘rederai – aggiunse ridacchiando – Rosario è un nome femminile, in spagnolo. Lei è una bimba bella ‘ome ‘r sole e dorce ‘ome ‘r miele. Io c’ ho perso ‘r capo, ma vedrai vi piace anche a te e alla mamma.E’ certo che a questa notizia Tito provò un grande, grandissimo, enorme sollievo. Ma può il sollievo, per quanto grande, provocare certi effetti? E’ lecito dubitarne. Eppure Tito giura che a lui andò proprio così.Dice che per prima cosa vide la primavera: prati che fiorivano, rondini che svolazzavano e tutto il resto. In sottofondo, dolce e suadente, il mattino dal Peer Gynt di Grieg.Poi vide la Primavera, quella di Botticelli. O meglio: vide i personaggi femminili del quadro, danzare languidamente al suono struggente di un a solo di sax. Poi cominciarono lentamente a togliersi le vesti mentre sensualmente si passavano la lingua sulle labbra lanciandogli torbidi sguardi di desiderio. E gli parve disdicevole, per le protagoniste di un’opera tanto famosa, comportarsi così da maialone.Poi vide buio. E mentre un’orchestra di qualche centinaio di elementi si lanciava, con un crescendo travolgente, nella Cavalcata delle valchirie, dal buio iniziarono a fiorire i fuochi di artificio: bellissimi; non, come dice Tito, “velle quattro scuregge che

E poi dopo la Seconda ci fu la pace, ma non devi pensare che cambiasse tutto dall’oggi al domani, perché la gente c’aveva le sue idee allora, idee forti e nette. Ce le avevo anch’io, ma ora non lo so più se le salverei, quelle idee, perché era strano, e d’improvviso la gente non la riconoscevi più; per esempio, c’era il Cannoni, che era un brav’uomo, e anche la sua famiglia, eran tutti brava gente e spesso si beveva un bicchier di vino insieme, a bottega, con lui che stava lì e io magari aggiustavo una persiana, oppure piallavo un’asse, perché era sempre bene avere assi lisce. Poi non venne più a bottega, perché diceva che ero amico del prete, ed io ero davvero amico del prete, perché era un brav’uomo e non avrebbe fatto male a una mosca e tremava tutto, perché era vecchio, come me ora, ma all’epoca mi sembrava molto di più; il Cannoni invece voleva impiccarli, i preti, tutti, diceva “Se vedi qualcosa di nero sulla neve spara, o l’è un prete o l’è un fascista” e in verità il Cannoni non faceva male a nessuno e certo poteva dire quel che voleva, per carità, ma a me il prete piaceva e alla messa c’andavo volentieri, insieme a tua nonna che era tanto bella, la domenica mattina.E poi la gamba mi tradì perché quella ferita di guerra non era poi così leggera come avevo detto, e rischiavo la cancrena, e tua nonna ricamava da mattina a sera per guadagnare qualcosa mentre io stavo all’ospedale; ecco, quei mesi lì non li salverei, non li salverei mai, perché se non lavori non sei un uomo, e tua madre aveva otto anni e a scuola andava tanto bene e volevo farla studiare, e volevo che fosse ben vestita, ma non era possibile e tua nonna ricamava da mattina a sera e io non lavoravo. Poi la gamba cominciò a far meno male e tornai alla bottega, ma la gente veniva meno e poi non veniva più, sembrava che nessuno rompesse più nulla- però alla bottega del Grassi c’andavano e lui sembrava aver così tanto lavoro che non sapeva dove mettere le mani. Ecco, non lo so se lo salverei, il

Di frammenti e di ricostruzioneEcco il racconto di Francesca Cherici: terzo posto in Classifica

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tirano tutti l’ anni pe’ ferragosto su ar santuario della Madonna del Facchino”.A questo punto Tito cacciò fuori un ululato, a mezzo tra l’ urlo di Tarzan e quello del coyote quando gli si picchia sui coglioni con un sasso, però di parecchio superiore in quanto a decibel.Poi l’inarticolato urlo beluino si articolò in parole intellegibli:- Ir troiaio di ver tegame d’un budellone della...E sciorinò d’ un fiato il megamoccolo da competizione. Una bestemmia da un minuto e trentasei, tirata con tecnica impeccabile e grande sentimento.L’intero vicinato, commosso, gli tributò una meritatissima standing ovation.Poi Tito posò delicatamente la cornetta del telefono sulla forcella.- Be’? – gli chiese la Morena frastornata.- Viene tra dieci giorni e ‘un è ghei. – sintetizzò lui tornando a sedersi per finire di cenare.

Tito entrò allora in un periodo di grazia: tanto da elaborare in soli tre giorni una nuova bestemmia per la gara, in sostituzione di quella che si era bruciato. A guastare tanta serenità, una vocina che ripeteva insistentemente: “perché, che differenza ci sarebbe stata se Angelo fosse stato omosessuale? “Vinse la gara di tiro del moccolo.Da sempre Tito devolveva la vincita alla sua casa del popolo, il circolo ricreativo e culturale “Su lottiam l’ideale nostro alfine sarà”. Quell’anno la destinò invece all’Arci Gay e Lesbiche.La sera della premiazione erano presenti anche due delegati dell’Arci Gay venuti apposta da Livorno.Finita la cena, Tito si alzò, ringraziò tutti e poi

dichiarò: Dedìo questo premio ar mi’ figliolo. Anzi, siccome ‘un è ghei, lo dedico ar mi’ figliolo se fosse stato ghei –Il discorso non era chiarissimo: già Tito non era un oratore, poi aveva trascorso la serata in intima comunione con la boccia dello Stronchino, il robusto rosso locale.C o m u n q u e a p p l a u d i r o n o tutti: molti dei presenti perché erano suoi amici; i rappresentanti dell’ Arci Gay perché ne intuivano le buone intenzioni e Morena perché il discorso le era parso bellissimo.

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Grassi, perché alla sera passava davanti alla mia bottega e io ero sull’uscio e mi diceva: “Nello, guarda, sono in piedi dalle sei, non mi son fermato un momento” e anch’io ero in piedi dalle sei, ma non era venuto nessuno, ed ero stato a braccia incrociate e avevo piallato un paio d’assi così per fare qualcosa, mentre lui era stanco ma aveva guadagnato i soldi per sua moglie, che era sempre vestita bene, e io no, non li portavo i soldi a casa e se tua nonna non ricamava non si andava avanti, e si finiva gli occhi, povera donna, e io non capivo perché d’improvviso il lavoro del Grassi sembrava migliore del mio, tanto migliore.E poi tua madre si ammalò di appendicite, ma non ci disse che stava male, perché capiva che c’erano tanti problemi, e la ricoverano in ospedale e a nove anni pesava ventidue chili e mi dissero che forse non ce la faceva, la mia bambina, e io pensai che non potevo sopportarlo e che mi sarei buttato dalla finestra se fosse morta, la mia bambina, perché quell’altro non l’avevo mai sentito piangere ma lei sì e non potevo perdere tua madre, perché era la più bella bambina del mondo- e provai davvero a buttarmi dalla finestra, quando mi dissero che non potevano operarla, ma la gamba mi tradì e non raggiunsi la finestra, mi ci trascinai sotto, e tua nonna mi trovò così e mi disse che la bambina alla fine provavano a operarla e che non

la lasciassi sola e io aspettai con lei. Non lo salverei, quel momento, nemmeno se le cose da salvare fossero mille. E allora seppi che il Cannoni aveva detto a tutti di non portarmi più lavoro perché ero amico del prete e in Toscana nessuno era amico dei preti, perché i comunisti i preti non li possono vedere, portassero invece il lavoro al Grassi, che era un compagno e c’aveva il ritratto di Stalin in salotto; e io ero davvero amico del prete ma ero anche un buon falegname e il prete moriva di fame come tutti e forse era più comunista del Cannoni, se la vogliamo dir tutta, perché lavorava nell’orto e andava a trovare la povera gente e non faceva nulla di male a nessuno. Quei giorni io proprio non li salverei, perché non sapevo se avrei potuto pagare le cure per la tua mamma se si fosse salvata, perché non avevo lavoro; e allora lo aspettai, il Cannoni, che con lui si era bevuto insieme il vino e anche lui c’era stato, in Africa, e ora mi portava via il lavoro perché andavo alla messa e parlavo col prete; lo aspettai e glielo dissi: “Senti, io lo so cosa fai, e a me non me ne importa nulla se in Italia poi vincono i comunisti o vincono i democristiani e nemmeno se muoio di fame me ne importa nulla, ma se muore la mia bambina io non te lo perdonerò mai, perché è colpa tua se non ho il pane per lei e io non ti rivolgerò più la parola, mai più”. Io non lo salverei quel momento, nemmeno se le cose da salvare fossero mille invece che dieci, perché ci si voleva bene da sempre con lui ed ero disperato per la mia bambina. E poi la tua mamma guarì e quel momento invece lo salverei, piansi anche se ero un uomo e allora gli uomini non piangevano, ma quando guarì tua madre piansi e andai a lavorare sottoposto anche se pagavano poco, ma era uguale.E poi il tempo passò e cambiarono tante cose e negli anni Sessanta si stava tutti meglio, sembrava che si stesse tutti bene e tua madre che era diventata la donna più bella del mondo si fidanzò col tuo babbo e poi si sposò e quegli anni li salverei, perché si viveva tutti insieme e si stava tutti bene e tuo padre sembrava il figlio che non ho mai sentito piangere, è sempre stato buono come il pane tuo babbo, e ripresi a lavorare nella bottega ma ormai non importava se c’avevo tanto lavoro o poco,

a volte non mi facevo nemmeno pagare e andava bene lo stesso, perché tuo babbo lavorava e anche tua mamma e io c’avevo la pensione di guerra che era piccola ma bastava. E poi nascesti tu e quel momento lo salverei anche se le cose da salvare non fossero dieci ma meno di cinque, perché quando ti portarono a casa fu bellissimo e io feci aprire a Ferragosto il negozio per prenderti la più bella carrozzina che c’era, anche se eri piccolissima, eri un niente confronto ai bambini di oggi che nascono grandi e grossi. Scolpii anche un madonnino in legno e il prete, uno nuovo, uno giovane, lo mise a un angolo di strada e la gente ci porta ancora i fiori, è un madonnino per te, quello. E oggi le cose son tanto differenti e c’abbiamo due televisori in casa e tu vai al liceo mentre io ho fatto la terza elementare e tu mi racconti cose che non capisco tanto, per esempio voi studenti che manifestate, perché quando scendevano nelle piazze nel Sessantotto io pensavo che non fossero ragazzi tanto educati e che le cose tornano a posto in un altro modo, ma magari avevano ragione loro e torto io, e adesso avete ragione voi e torto io, anche se voi i banchi fuori dalle finestre non li buttate. E non capisco neanche tanto il tuo amico che hai portato a cena l’altra sera, che c’aveva gli occhi tutti truccati e così tanti braccialetti, però rideva molto e mangiava volentieri anche le susine dell’orto e mi chiamava “signore”, era educato, e forse non importa tanto come uno si veste e se si trucca, basta che sorrida e mangi le susine dell’orto. E poi una mattina- ma pochi anni fa, cinque anni fa- il Cannoni entrò in bottega e io lo riconobbi subito, anche se erano quarant’anni che non gli parlavo, dal giorno che gli avevo detto “non ti parlerò mai più”, però lo riconobbi perché gli occhi e le orecchie della gente rimangono uguali e io da tanto tempo non l’avevo più visto, il Cannoni, perché s’era cambiato tutti e due paese e anche se si stava a dieci chilometri di distanza non ci si era più visti; e io non lo so come andò, sarà che erano passati quarant’anni o sarà che avevo saputo tante cose, che c’erano stati preti per esempio che avevano portato via il lavoro alla gente, anche se par strano a credersi, e che i comunisti non

li mangiavano i bambini come si diceva allora; sarà che ho incontrato tante brave persone e alla fine ci vado anch’io a giocare a briscola alla Casa del popolo, o forse sarà che io e il Cannoni s’era amici, fatto sta che l’abbracciai, ed ero contento di vederlo, e tirai fuori il fiasco di rosso per dargliene un bicchiere, che si sedesse sulla panca mentre io piallavo e guarda chi si vede, il Cannoni…E il Cannoni allora cominciò a piangere e mi disse: “Nello, c’ho un brutto male, non ne ho per molto, sto regolando i conti, Nello. Perdonami ora perché sto per morire, perdonami anche se ho tolto il pane di bocca alla tua bambina, perché c’ho ripensato tanto e non so più com’è andata, tu sei un brav’uomo e un bravo falegname, non so più com’è andata, fammi morire in pace e perdonami”. E io mi fermai e guardai il Cannoni che piangeva, il mio amico Cannoni che piangeva e che presto sarebbe morto e “Certo che ti perdono” gli dissi “T’ho perdonato subito, da sempre, e lo so che non volevi” e allora m’abbracciò lui e si sedette e prese un bicchiere di vino e mi raccontò tante cose e tante gliene raccontai io, si fece buio a parlare e sembrava che ci fossimo salutati il giorno prima, perché alla fine era rimasto uguale, lui, e si sembrava avere di nuovo quarant’anni per uno invece d’averne quaranta per gamba. Ecco, io quel momento lo salverei, perché a volte sembra che la vita intera trovi spazio in un momento solo, che è quello, e ritrovi il tuo amico e il tempo che si era fermato riparte e le cose vanno di nuovo nella maniera giusta; e quindi io lo salverei quel momento, più di tante altre cose, solo che salverei di più tua madre da piccola, e anche te da piccola, quando ti portavo per la mano a raccogliere le noci, ti ricordi?

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“Queste pagine sono un avvertimento. Un monito per tutti coloro che considerano ancora la lettura una cosa positiva. Smettete di leggere. Fatelo subito! Vi sembro un folle? No, i folli siete voi. Riesco a vedervi, voi topi di biblioteca, seduti lì sulle vostre poltrone, con una tazza di tè caldo in mano e un libro sulle ginocchia, mentre fuori nevica o infuria un temporale. Vi vedo, nelle belle giornate di sole, spaparanzati in giardino sulle vostre sdraio all’ombra di un albero, mentre sfogliate quelle pagine. Chiudete quei libri. Non riapriteli mai più. Bruciateli, sì, bruciateli tutti! Biblioteche, librerie, collezioni private, che tutto sia avvolto dalle fiamme. Che il fuoco purifichi questo mondo infetto, che sani la piaga che da troppo tempo miete vittime. Le parole devono sparire. Che la carta divenga cenere e l’inchiostro sangue secco di cadaveri. Nessuno soffrirà più. La pioggia laverà via gli ultimi resti della più terribile maledizione che abbia mai afflitto il mondo”…Queste sono le ultime parole di un uomo che, a causa dei libri, aveva perso tutto, perfino l’anima. Il suo vero nome è perduto ormai da molto tempo. Dai pochi con cui intratteneva regolari rapporti si faceva chiamare Sangue Nero, perché nelle vene gli scorreva l’inchiostro dei suoi amati libri. Oh, sì, li amava. Li ha amati più di quanto qualunque altro essere umano abbia mai fatto. Gli hanno dato la vita e, alla fine, gliel’hanno tolta. Si è nutrito di libri. Ha vissuto di parole fino a quando queste non l’hanno fatto precipitare nell’abisso.Da piccolo era stato un bambino qualunque: giocava, rubava mele dagli alberi e si sbucciava le ginocchia come tutti gli altri. Era figlio di due contadini che cercavano di tirare avanti con i frutti della poca terra che coltivavano. Per il giovane Sangue Nero la scuola fu uno dei tanti lussi che non poté permettersi. Si ritrovò, invece, a lavorare come garzone di bottega in una tipografia. Iniziò come iniziano tutti: al proprietario dell’attività serviva un tutto-fare che sgobbasse dieci ore al giorno per poche monete. Per i primi mesi il giovane non fece altro che pulire la bottega, sbrigare le consegne per conto del padrone, correre da un capo all’altro del paese dai fornitori di materiali, mescolare gli inchiostri e impacchettare la carta stampata. Non mostrava particolari talenti, ma si impegnava molto, ed era sempre pronto ad eseguire qualsiasi compito gli venisse affidato, perciò il padrone decise di tenerlo e di vedere se poteva riuscire a cavare fuori qualcosa di più da quel ragazzino mingherlino con gli occhi grigi e i capelli neri come il carbone.Così, una mattina, il proprietario della tipografia

Sangue NeroAbbiamo voluto dare spazio anche al primo racconto classi-ficato della sezione Under 29. Ad aggiudicarsi questo impor-tante titolo è stata la giovanissima Elena Taffi

accolse il garzone con un libro sottobraccio. Glielo sbatté sotto il naso dicendogli semplicemente «Impara a leggere!». Il ragazzino lo fissò con lo sguardo smarrito di un cucciolo che ha perso la madre e l’uomo fu costretto a dargli delle spiegazioni.«I tempi sono duri, figliolo, e la tua famiglia non naviga certo nell’oro. Tu vuoi lavorare, no? Se vuoi avere l’opportunità di fare carriera qui dentro devi imparare a leggere. Siamo in una tipografia, ragazzo, non in un macello di analfabeti!».Dunque il giovane Sangue Nero doveva imparare a decifrare quei misteriosi segni che vedeva ogni giorno imprimersi migliaia di volte sulla carta bianca. Da solo. E così fece. Nessuno sa come ci riuscì, forse nemmeno lui stesso, fatto sta che, appena un mese dopo, tornò alla bottega con il libro che aveva ricevuto e lo restituì al proprietario. Questi lo aprì e trovò fra le pagine un foglietto scritto a mano, con una calligrafia un po’ incerta e traballante, che diceva: “È una bella storia, grazie.” Fu in quel momento che il tipografo capì di avere tra le mani qualcosa di speciale, e cominciò a iniziare il giovane garzone alla nobile arte della stampa.Dieci anni dopo lo stesso ragazzo, ormai diventato uomo, varcava per l’ultima volta la soglia della vecchia tipografia, con in mano lo stesso libro su cui aveva imparato a leggere tanto tempo prima, pronto per farsi conoscere dal mondo.Nell’arco di quel lungo periodo, in cui era stato allevato come un figlio dal tipografo, non solo era diventato abile nel mestiere tanto quanto il suo maestro, ma si era trasformato in qualcosa che nessuno, tantomeno lui, si sarebbe mai aspettato: uno scrittore. La verità era che le parole del primissimo libro che aveva letto lo avevano risvegliato dal profondo letargo in cui si trovava fin dalla nascita. Era come se avesse iniziato a vivere davvero solo da quel momento in poi. Quella di prima non poteva essere definita vita, semmai esistenza, consapevolezza di essere al mondo. Le parole gli avevano aperto la strada verso l’infinito e l’eterno. I libri avevano dato colore al grigio in cui era stato immerso per così tanto tempo, avevano dato volti e nomi alle ombre di cui era circondato, ed ora era lui stesso a voler scrivere quelle storie, ad inventarsi mondi su misura in cui vivere.Perché ormai non faceva più parte della realtà, se non fisicamente. La sua mente era ben oltre il concreto. Viaggiava libera, da una nuvola all’altra, sorvolando un mondo che si stava rivelando troppo ristretto. Il cielo non era abbastanza grande per poter contenere

le sue ali, il vento troppo lento per poterlo portare dove voleva. Solo tra le stelle lui trovava pace. Quelle stelle che tutte le notti osservava in cerca di ispirazione, pregandole di far arrivare la voce dell’universo fino alle sue orecchie. E non potevano che venire dallo spazio più profondo le parole che Sangue Nero metteva su carta. Le sue storie erano le più belle che fossero mai state scritte, le sue frasi le più sublimi che l’uomo avesse mai assaporato. Nessuno, però, le aveva ancora lette. I tesori d’inchiostro che quello sconosciuto scrittore aveva creato giacevano, inviolati, sul fondo di un baule chiuso a chiave, in attesa di venire alla luce.Non passò molto tempo prima che si cominciasse a spargere la voce di un nuovo talento letterario. Il nome di Sangue Nero esplose come un fuoco d’artificio e fece il giro del mondo alla velocità della luce. Ben presto i più importanti editori del tempo fecero a gara per conquistarsi l’onore di pubblicare i suoi libri. Il giovane scrittore divenne la gallina dalle uova d’oro che tutti volevano nel proprio pollaio. Le librerie registrarono un’impennata nei loro affari. Mai come in quegli anni si erano venduti così tanti libri, tutti con lo stesso nome stampato sulla copertina. Sangue Nero diventò uno degli uomini più ricchi del paese e la sua famiglia poté godere di quel benessere che gli era sempre stato precluso. Gran parte dei suoi lavori veniva stampata nella tipografia in cui aveva lavorato, come ringraziamento verso quell’uomo lungimirante che lo aveva indirizzato sulla strada giusta, che aveva

fatto di lui quello che era. Dopo alcuni anni Sangue Nero lasciò la sua vecchia casa e si trasferì a Parigi, patria immortale di tutti gli artisti. Fu qui, proprio nel momento del massimo successo, quando era giunto ormai sulla vetta più alta, quando il suo nome splendeva più di tutte le stelle del firmamento, che l’oscurità cominciò ad inghiottirlo. Poteva avere tutto quello che desiderava, aveva più denaro di quanto riuscisse a contarne, ma non gli importava. L’oro non poteva dargli ciò che voleva, era un orpello del tutto inutile per lui che non era mai stato interessato alle cose concrete della vita.La verità era che non accettava più di vivere nella realtà. Era asfissiato, ingabbiato nelle trame di una vita che non voleva. Si sentiva come su una giostra che girava all’impazzata senza possibilità di scendere. Scrivere storie non gli bastava più, voleva viverci dentro. Davvero. Era un desiderio talmente forte, struggente e martellante da fargli perdere la ragione. Lo consumava dentro, non gli dava tregua. Presto di lui non sarebbe rimasto altro che un involucro vuoto. Non dormiva più, non toccava più cibo, passava giornate intere disteso sul suo letto fissando il soffitto, inerte, con il nulla nello sguardo. In realtà era in quei momenti che viveva più intensamente, nei suoi mondi, con i suoi personaggi. Le immagini si disegnavano nella sua mente, il soffitto bianco era un portale che si apriva soltanto per lui, attraverso il quale raggiungeva, finalmente, la dimensione a cui apparteneva.Iniziò ad odiare i libri. Quelle amate pagine che gli avevano donato la vita, che avevano reso tanto felice, diventarono una maledizione. Perché esistevano se non erano reali? Perché continuare a scrivere se niente di quello che immaginava poteva essere vero? Leggere gli procurava solo dolore. I libri erano botole su mondi nei quali non avrebbe mai potuto vivere. Le parole lo stavano distruggendo giorno dopo giorno. La sua anima annegava nel mare d’inchiostro in cui si era tuffata con tanto piacere. Sangue Nero divenne l’ombra di quello che era stato. Il suo nome decadde, i suoi libri divennero pagine bianche. Si disfece di tutto il denaro che aveva guadagnato, si liberò di tutti i libri che aveva accumulato, lasciando il vuoto attorno a sé. Abbandonò la sua casa, si isolò dal resto del mondo e, per molto tempo, non si seppe più nulla di lui, fino al giorno in cui un fuoco brillò nel cuore di Parigi.Alle prime luci dell’alba, il rosso ardente delle fiamme si fuse con l’oro del sole inondando la città di sangue e calore. Una risata riecheggiò tra le mura delle case e si propagò per le strade facendo risuonare la sua eco fin nei vicoli più lontani. Era la risata folle di un uomo senz’anima. Sangue Nero bruciava, insieme alle ultime copie rimaste dei suoi stessi libri, con in mano quel volume che aveva dato inizio alla sua rovina. La cenere del suo corpo si mescolò con quella della carta e un’improvvisa folata di vento la portò via, in alto, fin sopra le nuvole. Da lì poté finalmente raggiungere le sue storie nelle profondità dell’universo.

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Nell’ambito del progetto Nuovi Uffizi, proseguono i lavori nell’area sottostan-

te il salone di lettura della Biblioteca de-gli Uffizi, attigua a Piazza del Grano, che vedono impegnate ben tre soprintendenze (Polo Museale, Beni architettonici e Beni archeologici). Negli ultimi mesi sono emer-se numerose novità sia di tipo archeologi-co, sia antropologico, relative a un cimitero risalente al V-VI secolo d.C. nel quale è sta-ta individuata una sessantina di scheletri. Nell’ambito dei lavori nel complesso mo-numentale degli Uffizi, sono emerse nu-merose testimonianze relative a varie fasi della storia di questa porzione della città, dall’età tardo romana fino all’impianto ar-chitettonico vasariano della seconda metà del XVI secolo. Il rinvenimento, in tutti i saggi in profondità realizzati nel corso delle varie campagne, di limi e sabbie fluviali è indizio di come quest’area, a sud del circuito murario ro-mano, fosse periodicamente occupata dal fiume che vi depositava i sedimenti. Da quanto emerge dalle indagini fino ad oggi condotte sono state rinvenute soltanto tracce di frequentazioni sporadiche perti-nenti ad attività di scarico, come testimo-niato dal rinvenimento di accumuli di ma-

teriali edilizi e lapidei relativi alla fase di ampliamento urbano della fine del I - inizi II secolo d.C. Questa frequentazione, verosimilmente le-gata alle fasi di “secca” dell’Arno e caratte-rizzata da scarichi di materiali di risulta, si interrompe nel momento in cui l’area viene utilizzata come necropoli (inizi V – metà VI secolo). L’arco temporale deve essere meglio inquadrato a seguito di approfondi-menti di studio e di analisi. La collocazione del cimitero sopra un rilie-vo nei pressi del fiume, in una zona comun-que oggetto di inondazione nelle fasi di maggiore portata, e la posizione, talvolta scomposta, degli inumati deposti affiancati testa-piedi, sono chiari indizi di inumazioni realizzate in fretta probabilmente in conco-mitanza con l’insorgenza di un’epidemia. Altri elementi che concorrono a rendere realistica l’ipotesi dell’epidemia sono la vicinanza delle fosse tra loro e l’orienta-mento non omogeneo degli inumati, indi-zi di un’attività cimiteriale concentrata in un arco temporale molto limitato e tesa al massimo sfruttamento dello spazio dispo-nibile per le sepolture. Appare verosimile che l’evento drammatico che ha determinato la realizzazione di que-sto cimitero d’emergenza sia da collocare nella stagione calda, quando il fiume in secca si ritirava nella parte sud dell’alveo rendendo praticabile il suolo formato dai suoi sedimenti, depositati durante le fasi di piena invernale in sponda destra. Le indagini antropologiche, palinologiche e paleobotaniche intraprese col rinvenimen-to della necropoli potranno fare luce sulle reali cause della ‘moria’ e sugli aspetti so-cio ambientali di questo ampio campione di popolazione. Nei secoli successivi l’area, persa oramai la memoria del cimitero, viene nuovamente utilizzata come zona di scarico dei mate-riali di risulta. La stratigrafia archeologica soprastante le sepolture risulta, infatti, es-sere un articolato e massiccio accumulo di materiali di riporto la cui formazione data a partire dal VII fino al XII-XIII secolo. Tra XII e XIII secolo l’area, a seguito della necessità di nuovi spazi, viene edificata ed

urbanizzata. Riferibile alla fase basso me-dievale, nell’ambito della zona interessa-ta dalle sepolture, sono alcune fondazioni murarie e soprattutto pozzi di smaltimen-to per liquami e acque reflue pertinenti ai cortili retrostanti edifici residenziali indivi-duati nello scavo degli scantinati degli Uf-fizi di Levante. Con l’intervento vasariano il quartiere me-dievale viene in gran parte sventrato per far posto al nuovo corpo di fabbrica destinato ad accogliere le Magistrature Granducali.

Dagli scavi archeologici nell’area di Levan-te degli Uffizi è emerso un documento ec-cezionale: la fotografia istantanea di una catastrofe di proporzioni immani che ha colpito Firenze in età altomedievale. Una catastrofe che ha sicuramente contribuito al noto lungo periodo di decadenza della città e alla sua quasi scomparsa dalla sto-ria, ma forse anche da sola sarebbe suffi-ciente a spiegarlo. Quella che oggi è visibile è solo una piccola porzione di un’area cimiteriale vasta, costi-tuita da numerose tombe a fossa multiple, stipate una accanto all’altra. In ognuna di esse i defunti furono deposti pressoché si-multaneamente, o in un brevissimo arco temporale. Questa tipologia di inumazione è spesso la testimonianza di avvenimenti disastrosi per la popolazione, come un massacro o un’epidemia. Le fosse comuni, che ospita-vano ognuna almeno quattro–cinque cada-veri ma anche più di dieci, e scavate dovun-que vi fosse spazio disponibile, esprimono la necessità di seppellire rapidamente ogni giorno un gran numero di morti.

Anche la posizione e la disposizione dei de-funti all’interno delle fosse attestano ine-quivocabilmente una situazione di emer-genza. Si osservano infatti caratteristiche di sepol-tura frettolosa, spesso senza atti di com-posizione del cadavere in atteggiamento rituale; sembra piuttosto che i defunti si-ano stati, se non proprio buttati giù, calati e sistemati di taglio, uno accanto all’al-tro, con il solo obiettivo di occupare meno spazio possibile. Una caratteristica pecu-liare di questa necropoli è l’orientamento cranio-caudale alternato dei corpi, sempre allo scopo di guadagnare spazio. I bambi-ni venivano in genere incastrati nei ristretti spazi liberi tra gli adulti. Esclusa l’ipotesi di un eccidio collegabile con le varie invasioni barbariche per l’as-senza di traumi mortali da ferita e per l’a-spetto delle giaciture (più fosse comuni a luogo di una sola fossa) ed esclusa la mor-te per fame in fase d’assedio o per malat-tie lungo decorso, rimane solo la possibili-tà di una moria imponente e rapida, quale si verifica nel corso di un’epidemia ad alto contagio e ad evoluzione acuta e mortale, come ad esempio la peste, il colera, la dis-senteria, l’influenza. La cronologia della necropoli, una volta pre-cisata con i criteri archeologici e attraverso la datazione assoluta con il Radiocarbonio, potrebbe risultare compatibile con quella della Peste giustinianea. In questo caso si apre una prospettiva intrigante: identifica-re l’agente patogeno responsabile della Pe-ste (Yersinia pestis) da ossa o denti. A questo proposito, sono già in corso con-tatti con un laboratorio di paleogenetica dell’Università di Mainz, dove un’equipe svolge una ricerca specializzata in questo campo. Ma a parte l’epidemia e le sue cause, che pure è il tema di maggiore interesse per gli studiosi e per il pubblico, questo gruppo di una sessantina di scheletri è per gli an-tropologi di estrema importanza scientifica perché rappresenta un campione di dimen-sioni notevoli della popolazione fiorentina tra tardo antico e altomedievo. Finora si aveva a disposizione solo piccoli nuclei ra-cimolati da altri scavi urbani di modesta ampiezza realizzati nel corso degli anni a seguito di lavori urbanistici in diverse zone della città. Invece adesso siamo in presen-za di un campione consistente che per-mette di disegnare un quadro della popo-lazione fiorentina e delle sue condizioni di vita, di salute, di alimentazione, di attività lavorative.

Scheletri agli UffiziDa una relazione dell’equipe di archeologi e antropologi impegna-ti nelle ricerche è emerso che sotto piazza del Grano rinvenuta la testimonianza di una grande epidemia dell’Alto Medioevo

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Brevi da Palazzo Vecchio

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Primavera con grandi mostrePONTORMO E ROSSOFIORENTINO A PALAZZO STROZZIFino al 20 luglio Palazzo Strozzi ospita una grande mostra dedicata a Pontormo e a Rosso Fiorentino. Un evento irripetibile, unico, che vede riuniti per la prima volta i capolavori dei due artisti, provenienti dall’I-talia e dall’estero, molti dei quali restaurati per l’occasione. Pontormo e Rosso Fiorentino si caratteriz-zarono come i pittori più anticonformisti e spregiudicati fra i protagonisti del nuovo modo di intendere l’arte in quella stagione del Cinquecento italiano che Giorgio Vasari chiama ‘maniera moderna’. Un percorso come quello proposto nel-la mostra di Palazzo Strozzi è stato reso possibile grazie alla collaborazione di im-portanti istituzioni italiane come la Galle-ria Palatina, gli Uffizi e il Museo di Capodi-monte, ma anche straniere come la Natio-nal Gallery di Londra, la National Gallery di Washington, il Louvre e il Kunsthistorisches Museum di Vienna. La rassegna, che comprende più di 80 ope-re, offre al visitatore la possibilità di am-mirare un insieme che rappresenta il 70%

della produzione dei due artisti. Oltre alle pitture sono esposti disegni, arazzi e in-cisioni, affiancati da tavole dei maestri di Pontormo e Rosso: Andrea del Sarto e Fra’ Bartolomeo. La mostra è curata da Antonio Natali, di-rettore della Galleria degli Uffizi e da Carlo Falciani, docente di storia dell’arte.

POLLOCK E MICHELANGELO, DUE GENI A CONFRONTO

Jackson Pollock, l’indiscusso maestro dell’action painting, arriva nella prossima primavera a Firenze per un confronto vir-tuale con il genio del Rinascimento, Miche-langelo Buonarroti. Si tratta della mostra ‘La figura della furia’ che, prendendo spun-to dagli studi giovanili del pittore statuni-tense e dal suo interesse per l’opera mi-chelangiolesca, mette in relazione tra loro due stili lontanissimi. Il Rinascimento sarà così idealmente messo in rapporto con l’anti-forma dell’artista statunitense.La mostra, concepita in occasione del 450° anniversario della morte di Michelangelo Buonarroti (Roma, 18 febbraio 1564), ver-rà allestita a Palazzo Vecchio nel Salone dei Cinquecento, dove è collocato il Genio della Vittoria di Michelangelo e dove sa-ranno esposti disegni e dipinti di Pollock; un’altra sede espositiva è prevista nell’ex tribunale di piazza San Firenze, dove inve-ce verrà organizzata la parte multimediale, con spazi interattivi e didattici sulla vita e l’arte del pittore. Jackson Pollock, spiegano i curatori della mostra Sergio Risaliti e Francesca Cam-pana, è riconosciuto come il fondatore dell’action painting, ovvero di una pittura realizzata poggiando la tela direttamen-te sul pavimento per poi operare con una serie di gesti furiosi, come in trance, la-sciando sgocciolare il pigmento molto di-luito direttamente sul piano di rappresen-tazione, senza un disegno progettuale o un riferimento naturale precedente. Siamo agli antipodi del modo di procedere di Mi-chelangelo ma i due mondi presentano un trait d’union negli studi giovanili di Pollock, quando il futuro protagonista della pittura americana del XX secolo è ancora indeci-so se essere pittore o scultore. Sappiamo

dai documenti grafici conservati al Metro-politan Museum di New York che il giova-ne Pollock studiava e rifletteva sull’opera di Michelangelo. Esistono fogli con disegni eseguiti da Pollock che riproducono gli ‘ignudi’ della Sistina, la Sibilla Cumana e il profeta Giona, alcune figure del Diluvio, perfino l’Adamo nella sua celebre posi-zione e studi di posizioni e panneggi dal Giudizio. Pollock come il Buonarroti può essere definito “artista universale” e come il geniale scultore fiorentino sembra aver lavorato ad ogni opera in preda al ‘furore’ creativo.

FESTA DELLA MATEMATICAConferenze, mostre, passeg-giate didatticheLa matematica è sempre più al centro del-la nostra vita, come principio informatore di buona parte degli standard che carat-terizzano tanto la quotidianità domestica quanto il mondo delle relazioni sociali. Ma la specifica tradizione italiana ha fatto sì che tuttora persistano nei suoi confron-ti pregiudizi ed incomprensioni che sono poi gli stessi che troviamo anche all’origi-ne dei ritardi nella piena affermazione di una cultura scientifica nel nostro paese. Da questa esigenza di divulgazione e di crescita formativa è scaturita l’esperienza de ‘Il Giardino di Archimede-Un Museo per la Matematica’ e della annuale Festa della Matematica.

La manifestazione si propone anche quest’anno come uno stimolante laborato-rio per le scuole, i ricercatori e i tantissimi appassionati della materia articolandosi attraverso conferenze, mostre divulgative e passeggiate didattiche.

Programma in corsovenerdì 4 aprile, ore 17, BiblioteCaNova - via Chiusi 4/3ALe macchine di Alan Turing, con Daniele Mundici (Università di Firenze)sabato 12 aprile, ore 17, Sala Brunelleschi - Istituto degli Innocenti - Piazza SS. An-nunziataLa matematica per la salute e per lo sport, con Alfio Quarteroni (Politecnico di Mila-no) Mostre (17 marzo- 12 aprile)Palazzo Medici Riccardi, Leonardo Fibo-nacci, la scienza araba e la rinascita della matematica in Occidente; Palazzo Bastogi, via Cavour 18, Tra Forme e Figure: arte, storia e geometriaPasseggiate matematiche fra i monumenti fiorentiniUn percorso alla scoperta della matemati-ca che emerge dalle bellezze della nostra città. Partenza: Piazza dei Giudici (di fronte al Museo Galileo)Orari:Per le scuole19 e 26 marzo, 2 e 9 aprile, ore 15Per il pubblico22 e 29 marzo, 5 e 12 aprile, ore 15Biglietto 6 euro, gratuito per le scuolePer il programma completo e i dettagli visi-tare il sito: http://www.archimede.msPrenotazioni: Il Giardino di Archimede, 055. 7879594

VISITABILE AD APRILE LA LI-MONAIA DI BOBOLIIl 2, 4, 9 e 11 aprile, ore 10-13, è pos-sibile visitare la Limonaia del Giardino di Boboli. Si potranno osservare da vicino gli agrumi (limoni, cedri, pompelmi, citrango-li, melangoli, chinotti, mandarini, limette) che vengono ricoverati nella struttura du-rante i mesi invernali e che poi, da maggio a ottobre, sono destinati a diverse ubica-zioni all’interno del Giardino. Le piante sono tutte discendenti da sele-zioni dell’epoca medicea con varietà rare come l’arancio scannellato (Citrus auran-tium‘Canaliculata’), introdotto a Firenze da Francesco I, o l’agrume ‘Bizzarria’ (Citrus aurantium bizzarria), con il quale Ferdinan-do II arricchì la collezione di Boboli. Tutte

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Francesco I, o l’agrume ‘Bizzarria’ (Citrus aurantium bizzarria), con il quale Ferdinan-do II arricchì la collezione di Boboli. Tutte presentano un ragguardevole valore storico e botanico, nonché un indiscutibile inte-resse anche per il visitatore meno esperto. Ai visitatori sarà fornito un utile pieghe-vole con tutte le informazioni relative alle piante di agrumi presenti e verrà chiesto un contributo libero raccolto dall’Associa-zione ‘Per Boboli’ per la manutenzione e il restauro dei citrati della Limonaia.

NUOVI SERVIZIALLA SPECOLALa Specola si veste di nuovo. Nella sezione di Zoologia del Museo di Storia Naturale in via Romana sono stati allestiti nuovi servi-zi: la biglietteria, il bookshop e un servizio di accoglienza dei visitatori corredato da uno schermo (attrezzato per la proiezione in 3D) per illustrare con filmati e video la storia della sezione e le tematiche oggetto delle esposizioni. I visitatori sono accolti da un esemplare di Giraffa della Nubia, che nell’Ottocento fu portata in Italia ed esposta a Firenze nel giardino di Boboli. Ma anche lo spazio di accoglienza si presenta come una “camera

delle meraviglie” con un esemplare di coc-codrillo che “sorveglia” dall’alto del soffitto la sala dove sono esposti anche i busti in gesso dei personaggi storici del museo. I lavori di ristrutturazione della sezione hanno incluso anche l’installazione di un ascensore e di una nuova scala di emer-genza.

LAVORI ALLA SCUOLA DEI MARESCIALLI IN PIAZZA STA-ZIONE

Sono iniziati a fine febbraio i lavori di ri-qualificazione della facciata della Scuola marescialli e brigadieri dei Carabinieri in piazza della Stazione. Il cantiere durerà 810 giorni per un importo complessivo di circa 800 mila euro che comunque non sa-

ranno a carico della finanza pubblica. Il Comune infatti, mediante affidamento a gara aperta, ha concesso a Media Firenze spa l’esposizione di pubblicità a grandi dimensioni sui ponteggi, in cambio della realizzazione dei lavori di restauro eseguiti dall’impresa Sire spa. I lavori fanno parte di un protocollo siglato nel 2011 tra Comu-ne e Arma dei Carabinieri.La scuola dei marescialli si inserisce in un imponente complesso monumentale com-posto di tre corpi di fabbrica: un nucleo più antico, costituito dagli edifici del Con-vento di Santa Maria Novella organizzati intorno al trecentesco Chiostro Grande; un secondo edificio, realizzato alla fine degli anni trenta del Novecento, e, infine, quanto ancora rimane del Monastero della Santis-sima Concezione, detto anche Monastero Nuovo, costruito nel tardo Cinquecento. L’originale convento, con le soppressioni napoleoniche del 1810, venne adibito ad uso militare. Dopo la caduta di Napoleone, nel 1814, con la restaurazione del potere lorenese i domenicani ritornarono nel con-vento. La scuola per sottufficiali dei Carabi-nieri venne istituita nel 1916.

PROSSIME INIZIATIVE CULTURALI Palazzo Strozzi/mostra Pontormo e Rosso FiorentinoAttraverso le opere dei due massimi protagonisti fiorentini di quella pittura che la critica novecentesca ha definito “manierista”, la mostra intende seguire lo svolgimento cronologico di quel movimento che Giorgio Vasari colloca agli inizi della “maniera moderna”. Dall’8 marzo al 20 luglio 2014

Visite guidate nei mesi di marzo e aprile:Verrà data comunicazione con appositi volantini.

Gite culturali: Genova – Palazzo Ducale - Mostra di Edvard Munch, artista norvegese I tormenti di un maestro che si fece avanguardia In programmazione per il mese di marzo - sarà inoltrato specifico volantino.

Per informazioni e prenotazioni scrivere a:[email protected] - [email protected]

Lo scorso 10 marzo, presso la Biblioteca delle Oblate, Sala Conferenze, si è svolta l’assegnazione delle borse di studio per l’anno scolastico 2012/13. Ecco i nomi degli studenti meritevoli che se le sono aggiudicate:

Scuola Secondaria di I° grado Ammessi alla concessione di una borsa di studio avendo conseguito la votazione di 10/10 e LODE:EMMA GALEOTTI LETIZIA CAPPARELLI ALBERTO CICCIOLI

Scuola Secondaria di II° grado Ammesso alla concessione di una borsa di studio avendo conseguito la votazione di 100/100 e LODE:SIMONE BORRELLI

La seconda borsa di studio è concessa pro quo-ta ai seguenti candidati che hanno conseguito la votazione di 100/100:MARTINA ROSSI

ELEONORA MORICCI GUIDO DEL MONACO

Laurea Universitaria Ammesse alla concessione di una borsa di studio ex equo le seguen-ti candidate che hanno riportato la votazione di 110/110 e LODE per il conseguimento di Laurea Specialistica Magistrale: LARA SALVADORI MARTINA ANZIATI

IL CRAL ASSEGNA LE BORSE DI STUDIO

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MONICA SERRANTI

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L’Accademia delle Arti del Disegno, un’i-stituzione passata alla storia come la

prima scuola artistica del mondo occiden-tale, trova origini nell’antica Compagnia di San Luca formatasi nel 1339 tra gli artisti fiorentini per “sovvenire così nelle cose dell’anima, come del corpo, a chi, secondo i tempi, n’avesse bisogno”. Una compagnia o fraternita, quasi un “sinda-cato” che vide iscritti tra gli altri Benoz-zo Gozzoli, Donatello, Lorenzo Ghiberti, e Leonardo da Vinci, che ai primi del Cin-quecento, era “Cascata la Compagnia del tutto et quasi finita”.E’ di Giorgio Vasari (1511-1574), pittore ed architetto, e primo storico dell’arte, ben consapevole di quanto si fosse evoluto nel tempo lo stato sociale degli artisti, l’i-

Una storia lunga 450 anni

dea di formare una nuova Accademia, sot-tolineando la nobiltà del loro impegno e la dignità con cui dovevano essere onorati nella società, assicurando la trasmissione di questa eccellenza con un adeguato inse-gnamento appunto attraverso l’Accademia. Per realizzare il suo progetto, nel 1562 Va-sari ne parlò col duca Cosimo I e, “prega-tolo a volere così favorire lo studio di que-ste nobili arti, dando principio all’Accade-mia Fiorentina, lo trovò tanto disposto ad aiutare e favorire questa impresa, quanto più non avrebbe saputo desiderare”. Fu quindi formulato il testo dei nuovi capi-toli dell’Accademia e Compagnia dell’Ar-te del Disegno, una nuova arte distinta dall’esercizio del disegno, il quale altro non era “che un’apparente espressione o dichiarazione del concetto che si ha nell’a-nimo, e di quello che altri si è nella mente immaginato e fabbricato nell’idea”. Il te-sto dei capitoli della nuova istituzione fu approvato dalla corte medicea il 13 gen-naio 1563, ed il 31 Gennaio dello stesso anno in occasione del primo collegio, Co-simo I fu riconosciuto “principe e Signor Nostro e Capo di tutti”, mentre Michelange-lo fu proclamato “Padre e Maestro di queste tre Arti”. Era dichiarata volontà del Vasari, garan-tire attraverso questa nuova istituzione la trasmissione del messaggio michelangio-lesco e di “onorare l’arte con l’arte, con invenzioni ed opere piene di spirito e di va-ghezza, che escano dal sapere, dalla pron-tezza delle nostre mani e de nostri artefici”.Nel 1564 muore Michelangelo, ed è cura dell’Accademia allestire le sue esequie nella Basilica di san Lorenzo e realizzare

il suo monumento funebre in Santa Croce. Dagli anni immediatamente successivi i più apprezzati artisti italiani e stranieri chiesero di esserne iscritti come Tiziano, Andrea Palladio e Tintoretto a testimo-nianza dell’importanza culturale assurta da questa istituzione. La prima donna ad essere ammessa all’Accademia, fu la pit-trice Artemisia Gentileschi.Dal 1602, l’Accademia esercitò il control-lo sull’esportazione delle opere d’arte ri-vestendo la funzione di soprintendenza ai beni culturali del granducato, funzioni di tutela anche dei monumenti di Toscana che ha conservato fino all’Unità d’Italia.Nel corso dei secoli l’Accademia ha col-lezionato e custodito un numero consi-derevole di opere d’arte raccolte in una Galleria inizialmente con scopo didattico, che è venuta a costituirsi in seguito come museo della “Galleria dell’Accademia”.Nel 1873 nuovi statuti emanati dal Mini-stero della Pubblica Istruzione, separaro-no il collegio dei professori (Accademia delle Arti del Disegno) dall’Istituto d’Inse-gnamento (Accademia di Belle Arti).L’Accademia del Disegno è intitolata a San Luca protettore degli artisti. Pittore egli stesso, è ricordato come colui che ci ha trasmesso il volto della Madonna.A San Luca è intitolata la Cappella omoni-ma voluta da fra Giovann’Agnolo Montor-soli nel complesso del Santuario della SS. Annunziata, di proprietà dell’Accademia e decorata nelle sue pitture e sculture dai maggiori artisti accademici del Cinque-cento fiorentino e funziona da cappella fu-neraria per gli accademici dal 1562.L’Accademia delle Arti del Disegno, ha adesso sede nel Palazzo dei Beccai al fian-co della chiesa di Orsanmichele, dove il 18 Ottobre 2013 festività di San Luca, si è inaugurato l’anno accademico 2013-2014 in occasione del quale sono stati insigniti nuovi accademici, il Presidente del Consi-glio Comunale di Firenze Eugenio Giani, ed il dott. Carlo Francini dell’Ufficio Une-sco del Comune di Firenze.In tale circostanza è stato inaugurato l’an-no 2013-2014 dedicato alle celebrazioni del 450° anniversario della fondazione dell’Accademia delle Arti del Disegno e della morte di Michelangelo Buonarroti, celebrazioni condivise da istituzioni pub-bliche quali Regione Toscana, Provincia e Comune di Firenze, Soprintendenze e Direzioni culturali ed artistiche regionali, Fondazione Casa Buonarroti e Accademia di Belle Arti di Firenze.Celebrazioni che saranno festeggiate con

numerose iniziative, composte di even-ti espositivi, di studio e di ricerca, fra le quali: la mostra presso la Sala espositiva dell’Accademia posta nell’antico Ospe-dale di San Matteo in piazza San Marco (adiacente all’Accademia di Belle Arti), delle opere degli accademici appartenenti alla classe di Scultura dell’Accademia del-le Arti del Disegno.La mostra sarà visitabile dal martedì 18 Marzo al martedì 9 Aprile 2014, e vedrà la presenza dei seguenti artisti: Marco Ba-gnoli, Piergiorgio Balocchi, Giuseppe Ca-lonaci, Fernando Casalini, Amalia Ciardi Duprè, Giuseppe Del Debbio, Antonio Di Tommaso, Franco Franchi, Piero Gensini, Marcello Guasti, Giancarlo Marini, Valen-tino Moradei Gabbrielli, Niccolò Niccolai, Gabriele Perugini, Guido Pinzani, Silvano Porcinai, Gunther Stilling, Antonio Violano.

Accademia delle Arti del Disegno,Biblioteca.Sotto: Valentino Mo-radei Gabbrielli.

Accademia disegno:Michelangelo.

VITA E SOCIETA’

VITA E SOCIETA’VITA E SOCIETA’

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ALFREDO BETOCCHI

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Il titolo di questo articolo (1) è quello del famoso film di Alan Taylor interpretato dal

prestante attore Chris Hemsworth, insieme al bravissimo Anthony Hopkins e all’affa-scinante Natalie Portman, proiettato prima di Natale in tutt’Italia. Il film è incentrato sulle gesta del supere-roe della “Marvel Comics Thor” ed è pro-dotto da Marvel Studios e da Walt Disney Studios Motion Pictures.E’ la storia dell’ambiguo, oscuro rappor-to di amore-odio tra Thor e il fratello Loki, già cattivissimo nel primo film «Thor -The Avengers» (I vendicatori). Qui il perfido personaggio, interpretato dal britannico Tom Hiddleston, diventa un alle-ato inedito delle forze del Bene. Ma chi sono questi strani e misteriosi per-sonaggi così estremi e violenti? Qual è la loro provenienza? Thor è il Dio nordico me-glio conosciuto dopo Odino. Da prove ar-cheologiche pare essere la divinità preferi-ta dai Vichinghi. Questo feroce popolo di guerrieri naviga-tori e pirati fu il protagonista della gran-de espansione scandinava che si svolse dall’ottavo all’undicesimo secolo della no-stra era. I vichinghi furono conosciuti con nomi diversi: Normanni in occidente (da north man – uomo del nord) e Variaghi (dal russo Varjag) in oriente. Nei loro vagabondaggi conquistarono nel IX secolo molti territori, come il nord della Francia che ancora oggi si chiama Norman-

THOR – THE DARK WORLD La vera storia

dia e l’Inghilterra. Nel secolo successivo occuparono le isole Faeroer, l’Islanda e la Groenlandia. Da quest’ultima gelida terra fecero un balzo nel nord America, nel La-brador, dove fondarono una colonia chia-mata Vinland, che fu distrutta dai pelliros-se qualche anno dopo. I vichinghi si spinsero anche nel Mediter-raneo creando gravi problemi a molti stati rivieraschi. Nell’862 una spedizione sbarcò in Liguria, a Luni presso Sarzana, credendo di essere arrivati a Roma. Dopo il saccheg-gio e la distruzione della città, ripartirono per non tornare mai più. Poco dopo il mille, con il nome di Norman-ni, cacciarono gli Arabi dalla Sicilia e s’im-padronirono di tutta l’Italia meridionale, fondando un forte regno che tanta parte ebbe nella nostra storia nazionale. In oriente discesero il lungo fiume Dnie-pr, in Sarmazia, oggi Ucraina, fondando il Principato di Gardarik, la cui capitale Novgorod fu il primo nucleo del futuro re-gno di Russia e dando inizio all’omonimo potente stato che ancora oggi conosciamo. Raggiunto il Mar Nero aggredirono perfino Costantinopoli che cercarono di saccheg-giare per ben due volte, nell’865 e nel 907. I vichinghi adoravano numerose divinità le quali erano molto simili a quelle venerate dagli antichi greci. Ogni dio o dea era pre-posto a un fenomeno della natura. Il pantheon delle deità adorate dai vichin-ghi comprendeva 2 gruppi o tribù: gli Aesir

e i Vanir. Questi ultimi erano più oscuri e raramente menzionati nei miti.Odino era il capo degli Aesir. Conforme-mente ad alcuni miti, era il padre di Thor e di molti altri déi nordici. Si può assimilare allo Zeus dei greci e al Giove dei romani. Abitava ad Asgard, il cui palazzo si chiama-va Walhalla nel quale confluivano le anime dei guerrieri morti in battaglia, accompa-gnate dalle Walchirie. Frigga era la moglie di Odino e regina di Asgard, l’Olimpo degli Dei scandinavi. I te-sti dicono che abbia avuto il dono della pro-fezia, ma si parla molto poco di lei nei miti. Loki è il malizioso mistificatore, il cattivo che tenta costantemente di attaccare e in-sidiare gli Aesir. Egli è il padre della dea Hel, del Serpente Jormungand e del gran-de Lupo Fenrir. Tutti e quattro verranno combattuti dal Dio Thor. Ci sono molti nomi difficili da ricordare in questo articolo. La lingua scandinava è in questo ostica per la nostra parlata neolati-na e sono sicuro che rimanga difficile per-sino ai tedeschi.Thor è l’eroe positivo, il dio dei fulmini e delle tempeste, senza macchia e senza paura che venne raffigurato con un enorme martello con il quale riproduceva il rumore del tuono. Vi sono numerose fonti letterarie in cui trovare notizie di questo terribile Dio dei vichinghi. Prima fra tutti l’«Edda», ver-gata in due versioni, in poesia da Saemund Sigfusson e in prosa da Snorri Sturluson. Entrambi i poemi furono scritti in Islanda durante il tredicesimo secolo. L’isola adottò il Cristianesimo verso il 1000 e i miti furono privati del loro contenuto religioso. Rimaneva solo il modello dell’e-roe vichingo che adorava sé stesso, in tal modo le storie enfatizzavano soprattutto la sua forza fisica e il suo valore in battaglia. Queste doti erano utilizzate per proteggere Asgard dai giganti invasori. Ma come si procurò Thor il Martello magi-co detto «Mjolnir»? Tutto cominciò da un crudele scherzo del solito dispettoso Loki: la moglie di Thor, Sif, dea della Terra, rinomata per la bellez-za della capigliatura bionda, subì l’affronto di Loki che tagliò i suoi capelli in un attac-co di pura cattiveria. Thor s’infuriò talmente tanto per questo scherzo che Loki temette per la sua vita. Quest’ultimo si rivolse allora a un gruppo di Nani detti «Figli di Ivaldi» che avevano fabbricato magici tesori per gli Aesir. Loki persuase i nani a creare una nuova capi-gliatura dorata per Sif ed essi riuscirono nell’impresa. Non solo i capelli erano d’o-ro, ma avevano in più la facoltà di crescere

come veri capelli naturali. Allora Loki pensò all’opportunità per un ul-teriore misfatto. Il dispettoso Dio avvicinò quindi due fratelli nani, Brokk e Sindri e scommise con loro che non sarebbero stati capaci di creare nulla che potesse compe-tere con quella meravigliosa capigliatura. I due nani si misero al lavoro nella loro fucina. Loki, per essere sicuro di vincere la scommessa, si trasformò in una noio-sa mosca e iniziò a tormentarli durante il loro lavoro. Nonostante la distrazione del-la fastidiosa mosca, i due fabbri mossero il mantice finché non furono in grado di fabbricare un magico cinghiale, chiamato Gullinbursti, cioè “Setole d’oro”. L’animale poteva correre sulle acque e persino volare e il suo vello d’oro illuminava qualsiasi luo-go dove si recava. Il cinghiale venne regalato alla dea Frey dei Vanir e ottenne il suo gradimento. Uno dei due nani gettò nella fornace an-cora dell’oro e lasciò il fratello a lavorare. Loki/mosca seguitò a volare e a pungere il nano, ma questi fabbricò un anello d’oro detto Draupnir che aveva la magica facol-tà di gemmare da sé altri otto anelli d’oro di uguale peso, ogni nove notti. (Vi ricorda nulla questa leggenda?)Draupnir fu regalato a Odino che ne fu ol-tremodo felice. I fratelli ripresero a lavorare, forgiando il magico martello Mjolnir. Loki punse di nuovo un nano e questa volta in un occhio.

VITA E SOCIETA’

Odino, una delle principali divinità nella mitologianorrena.

Grafica del film “Thor - The dark word”.

VITA E SOCIETA’VITA E SOCIETA’

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Il disgraziato fermò il mantice per un mo-mento e il martello risultò alla fine troppo corto per essere maneggiato. Nonostante ciò, i due fratelli conclusero che era il più potente attrezzo mai creato in Asgard e lo regalarono a Thor. Questo fu il motivo per cui Thor ebbe bisogno di un paio guanti nuovi di ferro, fatati, per impugnare bene il martello. Il risultato fu che l’arma non sbagliava mai un bersaglio e ritornava da solo tra le mani del Dio del tuono. Avendo perso la scommessa, Loki cercò di volare via, ma Thor lo catturò, consegnan-dolo nelle mani dei due nani i quali decise-ro di prendersi la loro ricompensa taglian-dogli la testa. A quel punto Loki osservò che non potevano tagliargli la testa senza danneggiare il collo e questo non era parte della scommessa. I due nani allora si accontentarono di cuci-re la bocca dell’imbroglione.Molte altre avventure coinvolsero Thor, Loki

e gli altri Dei di Asgard. Thor combatté contro serpenti, giganti e mostri volanti distinguendosi sempre per astuzia e audacia. Le sue avventure ricor-dano quelle di Ercole, eroe greco in segui-to divinizzato. Anche altri popoli del nord avevano nei loro miti eroi simili. I Germani veneravano il guerriero Donar che Tacito, lo storico romano, paragonava a Ercole. In Britannia, i pagani anglosassoni ado-ravano una divinità del tuono chiamata Thunor, nome che non è molto lontano dal Thor scandinavo. Ogni guerriero vichingo si impersonava nell’eroe Thor, desiderando emulare le sue favolose gesta e invocandolo in battaglia.Nel XIX e nel XX secolo ci fu un gran ri-fiorire di studiosi e appassionati dei miti nordici. Più di recente il martello di Thor è stato scelto come emblema da vari grup-pi di persone, specialmente legate a idee dell’estrema destra o al neo paganesimo. Il nome “Thor’s Hammer” (Martello di Thor), per esempio, è stato adottato da una band di black metal in Polonia, che la Lega Anti-diffamazione si è affrettata ad accusare di razzismo. Seguaci neo pagani di Asatru (da Aesir Faith – fede negli Aesir), movimento inizia-to nel 1972 e propagatosi in Scandinavia, USA e altrove, viceversa, si oppongono e contestano l’uso del martello di Thor da parte di gruppi razzisti e di estrema destra.

(1) Questo è il primo di una serie di articoli sui miti del passato. Sono graditi commenti e consigli.

Un amuleto wikingo. Sotto il martello di Thor.

Quando i dubbi ci assalgono

Per le Vostre controversie legali rivolgetevi a:

Avv. Alfonso CastagnaVia Pacini, 38 - Firenze

Tel. 055.355003 - Fax 055.357162E-mail: [email protected]

Abito difettoso Ho acquistato un completo da uomo ma arrivato

ha casa, ho notato che i pantaloni dell’abito erano

molto più larghi rispetto alla giacca. Sono tornato al

negozio per restituire il capo chiedendone la sosti-

tuzione. Il venditore mi ha detto che, essendo finite

le taglie potevo prendere un altro capo ma che non

poteva restituirmi i soldi.

Marzio

Il venditore è responsabile nei confronti del consumatore per qualsiasi difetto di conformità esistente al momento della consegna del bene. Nel suo caso i pantaloni dell’abito come lei mi riferisce, erano del tutto fuori misura rispetto alla giacca da lei provata in negozio, pertanto difettosi. Non essendo stata possibile la sostituzione dell’abito con un al-tro identico della medesima taglia, lei ha diritto di chiedere la risoluzione del contratto. Tra l’altro il fatto stesso che il venditore abbia accettato la restituzione del capo senza provvedere alla sua sostituzione, ha confermato la volontà di risolvere il contratto. Conseguentemente lei ha diritto ad ottenere la restituzione del prezzo pagato.

Diritto di prelazioneSono conduttore di un fondo commerciale all’inter-

no del quale ho aperto un ristorante. Ho saputo che

il proprietario del fondo ha intenzione di venderlo.

Vorrei sapere se ho un diritto di prelazione?

Tommaso

L’art. 38 della legge n. 392 del 1978 stabilisce che il locatore che intenda vendere l’immobile adibito ad uso commerciale, debba darne comunicazione al conduttore che potrà esercitare il proprio diritto di prelazione entro il termine di sessanta giorni dalla ricezione della comunica-zione stessa.

Sospetta provenienzaHo recentemente acquistato un tablet nuovo comple-

to di imballaggio originale per strada da un uomo

ad un prezzo molto conveniente in quanto la persona

mi riferiva di avere necessità di una somma di dena-

ro. Sul momento sono stato preso dall’affare e non

ci ho pensato su ma, arrivato a casa e riflettendo

meglio, mi è venuto il dubbio sull’eventuale illeci-

ta provenienza del bene. Se così fosse potrebbero

esserci delle conseguenze nei miei confronti? Cosa

rischio?

Claudio

Il rischio è che le venga imputato il reato di acquisto di cose di sospetta provenienza cosiddetto incauto acquisto, punito con l’arresto fino a sei mesi o con l’ammenda non inferiore a dieci euro. Per evitare tale situazione avrebbe dovuto accertarsi della provenienza dell’oggetto prima di procedere all’acquisto; infatti il prezzo irrisorio e il conte-sto della vendita rendono fondato il sospetto che l’oggetto sia rubato o che comunque abbia una provenienza illecita. Qualora dovesse venire provato anche il dolo, ovvero la pie-na consapevolezza circa l’illecita provenienza del bene al momento dell’acquisto potrebbe rispondere anche del più grave reato di ricettazione punito con la reclusione da due a otto anni e con la multa da 516 euro a 10.329 euro.

Moto immune da viziHo venduto la mia moto da privato ad un altro priva-

to. Prima della vendita l’ho fatta revisionare dal mio

meccanico che ha accertato l’assenza di problemi.

Ho anche fatto provare la moto all’interessato prima

dell’acquisto. Dopo qualche giorno però l’acquirente

mi comunica che la moto ha problemi e che servono

400 euro per ripararla. Devo assecondare questa

richiesta anche se la moto era perfettamente funzio-

nante al momento della vendita?

Lorenzo

No lei non è tenuto a versare quella somma in quanto non essendo venditore professionista non è tenuto a prestare la garanzia legale che la cosa sia immune da vizi.Detto ciò, occorre precisare che la cosa venduta deve co-munque essere priva di vizi occulti e il venditore non deve omettere circostanze pregiudizievoli sull’oggetto della vendita. Questo però non mi sembra affatto il suo caso in quanto lei ha fatto revisionare la moto oltre che farla prova-re prima dell’acquisto.

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VITA E SOCIETA’VITA E SOCIETA’

Insieme Insieme28 29

Salma ha 7 anni. E’ nata nel villaggio di Ganze, passando la sua prima infanzia a giocare con la sorella sul pavimento nudo della loro casa di fan-go. Aveva solo due anni quando suo padre è mor-to. Poco tempo dopo, la madre, da tempo malata, ha lasciato orfane le due bambine.Una cugina delle due bambine si è presa cura di loro in un primo momento. Consigliata da alcuni medici, è entrata in contatto con lo staff dell’or-fanotrofio Mwangaza di Kilifi, dove Salma e sua sorella hanno trovato un ambiente accogliente, e hanno adesso l’opportunità di crescere, andare a scuola e diventare grandi insieme agli altri circa

quaranta piccoli ospiti della strut-tura di Kilifi.Mwangaza, il nome dell’orfanotro-fio, significa luce in lingua swahili, la più parlata in Kenya. E’ un pro-getto ambizioso, nato dalla collabo-razione di Annulliamo la Distanza con Bas Van Donge, un amico olan-dese che vive per sei mesi in Italia e gli altri sei in Kenya, e il pastore pentecostale John Kaingu, che è l’attuale direttore della struttura. Nel 2011, John e il suo staff gesti-vano una piccola struttura adibita ad asilo dove trovavano rifugio più di venti ragazzi orfani della zona di Kilifi. Purtroppo però, per quei ragazzi non era possibile rimanere a dormire all’asilo e dovevano tro-vare rifugio presso chi li potesse ospitare nei pressi della struttura. Da queste necessità è nata l’idea di costruire un progetto che unis-se le necessità quotidiane di ogni bambino (cibo, vestiti, un posto dove dormire) a quelle scolastiche, una struttura per ospitare fino a 40 bambini, dotata di una camerata per i maschi, una camerata per le bambine, un locale mensa/cucina, un magazzino ed un piccolo ufficio.Dice Bas Van Donge, che si occupa costantemente del progetto: “L’or-fanotrofio Mwangaza ha fatto molta strada. Abbiamo costruito un altro edificio ad utilizzo polivalente da usare sia per le tre classi del kin-dergarten, sia per far fare i compiti ai 17 bambini che vanno alla scuo-la elementare, che come spazio coperto per riunioni e giochi. Ora all’orfanotrofio ci sono ospitati 40 bambini di eta’ compresa fra 3 e 13 anni.”

L’ultimo passo, completato proprio lo scorso gen-naio, è stato l’ulteriore ampliamento delle struttu-re, sostenuto come i precedenti da Annulliamo la Distanza, che contribuisce in maniera determinan-te al continuo sviluppo di Mwangaza. Dapprima il programma di adozioni a distanza per una buona parte dei bambini di Mwangaza, poi i progetti Ha-kuna Matata, che garantisce il percorso scolastico dei 40 bambini, e il progetto Crescere a Mwanga-za, i cui proventi hanno portato al suddetto amplia-mento.Insomma, quest’ultimo è stato un altro passo in-sieme per AnlaDi e Mwangaza. La nostra soddisfa-zione raddoppia il nostro entusiasmo, con il quale speriamo di contagiarvi, per la prosecuzione dei nostri progetti a Kilifi e in Kenya.

Con AnlaDi trai bambini di MwangazaL’ambizioso progetto della ONG fiorentina

Annulliamo la Distanza

per i bambini del Kenya

Targa e festeggiamenti per l’ampliamento dell’Orfanotrofio di Kilifi (Kenya).

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Il mio pensiero sulla (mezza)Maratona di Firenze...

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Pos. Pos. M/F

Pos. Cat. Pett. Cognome Nome Societa' Naz. Cat. Tempo RealTime

97 93 76 204 SUPPA EMANUELE

CRAL DIPENDENTI COMUNALI

A-ASSM 01:27:52 01:27:37

131 124 103 205 ZOPPI LEONARDO

CRAL DIPENDENTI COMUNALI

A-ASSM 01:29:25 01:29:10

222 210 174 274 BRANCHI FILIPPO

CRAL DIPENDENTI COMUNALI

A-ASSM 01:34:15 01:34:00

649 66 58 F50 MALACARNE MONICA

CRAL DIPENDENTI COMUNALI

D-ASSF 01:50:34 01:49:59

870 117 92 F43 FILIPPI DANIELA CRAL DIPENDENTI COMUNALI

D-ASSF 02:09:06 02:08:39

902 130 28 F150 CONTINI PATRIZIA

CRAL DIPENDENTI COMUNALI

E-VETF 02:15:27 02:15:00

La mezza di Scandicci (km 21), oramai è di-ventata una classica del podismo fiorentino, arrivata all’11^ edizione, è partecipata da po-disti provienienti da tutta la Toscana. Per me è una delle “mezze” di due giri che passa me-glio, percorso pianeggiante e scorrevole, è una gara ti induce sempre a fare una gara tirata. Quest’anno mi ero preparato per migliorarmi, ma non c’è l’ho fatta, questa è la legge dello sport; per dirla in termini “culinari”, non tut-te le ciambelle riescono col buco, ma anche altri hanno sofferto la giornata e non hanno ottenuto quanto speravano. La passione per il podismo, rimarrà accesa finchè la voglia di di-vertirsi e lo stare bene ci accompagneranno indipendentemente dai risultati ottenuti.La nostra squadra comunque, era ben assor-tita oltre al sottoscritto, hanno portato al tra-guardo i colori del nostro Cral, Leonardo, Fi-

lippo, e non dimentichiamo pure la partecipazione femminile con Monica, Daniela e Patrizia, che con grinta e tenacia hanno di-mostrato il loro valore.

Emanuele

Sotto al titolo: Branchi - Fi Urban Trail, sotto Bran-chi Filippo. Foto grande: FI UT partenza.

In alto foto grande: Daniela Filippi.

A lato: Malacarne Monica

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Suppa Emanuele.

Zoppi Leonardo

Filippi Daniela.

Contini Patrizia.

XII EDIZIONE

Trofeo Franco Citerni

In alto:la partenza.A fianco: i tre rappresentanti delle prime tre squadre classificate: Le Panche Castelquarto, GS Maiano e Isolotto.

In alto a destra: Hicham Midar in un momento della corsa.

A lato: Hicham Midar e AnnaLaura Bugno vengono premiati

dalla Presidente del CRALTiziana Trallori.

Il gruppo degliorganizzatori.

HICHAM MIDAR l’atleta marocchino che ha vinto il 12° Trofeo Franco Citerni non ha avuto avversari in grado di contrastarlo. Appena uscito dalla pista di atletica “Bruno Betti”, Midar ha assunto subito il ruolo di battistrada e con straordinaria autorevolezza, dopo un breve tratto pianeggiante, ha distanziato i più quotati antago-nisti tra cui il connazionale Abdelillah Dakhchoun. Sulla salita di Marignolle e poi in discesa prima dell’entrata in pista ha distaccato gli avversari e coronato il sogno di una splendida vittoria.Nel femminile Anna Laura Bugno ha dominato la corsa e solo Caterina Daiana ha contenuto il distacco. Tra le società, lotta serrata tra le Panche Castelquarto e il GS Maiano, terzo l’Isolotto.Il tempo del vincitore della corsa Midar “Il Fiorino” è 50’59”. Anna Laura Bugno “Lammari” ha vinto con il tempo di 1 ora 00’ e 16”.

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UNA COPPA PER SALVARE LA STAGIONE

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E’ in dirittura d’arrivo una stagione molto tri-bolata per i colori viola.

All’inizio tutto era partito sotto i migliori au-spici, con l’arrivo di Mario Gomez, la speranza di una coppia micidiale di punte, il tedesco e Pepito Rossi, in grado di scardinare qualsiasi difesa avversaria.Poi, dalla terza giornata in seguito, sono inizia-ti gli incidenti di percorso. Prima l’infortunio di SuperMario, quindi...quel malefico 5 gennaio, pure quello di Rossi!Questa sorta di “staffetta della sventura” si è sublimata domenica 23 marzo, quando la pur soddisfacente vittoria a Napoli è stata guastata dal nuovo infortunio a Gomez!La nostra coppia gol, quindi, alla fine si è appe-na intravista, giusto nei primi due turni.Una vera beffa, pagata a caro prezzo. A comin-ciare dall’Europa League, dove una delle mag-giori ragioni dell’amara eliminazione da parte della Juve va ricercata anche nella scarsa proli-ficità del nostro attacco, figlia della situazione sopra descritta.Fuori dall’Europa, dunque, e con un campiona-to in cui sarà un autentica “mission impossi-ble” raggiungere quel terzo posto, che rappre-sentava uno dei traguardi per la viola.Qui difatti occorre un sano realismo, che dice quarto posto finale, con la segreta quanto

improbabile speranza di venire poi smentiti dai fatti.A questo punto il vero obiettivo da inseguire, per salvare la stagione, rimane la finale di Cop-pa Italia contro il Napoli.Anche perché, a differenza della doppia sfida che di solito premia la squadra più forte, la sfi-da di Roma è una partita secca in cui le gerar-chie vengono sconvolte.Comunque sia la Fiorentina è riuscita finalmen-te a sfatare il tabù dell’ultimo atto di una com-petizione, centrando la prima finale dell’era Della Valle.Questa benedetta finale, che pareva non voler arrivare mai, anche quando il traguardo era lì, ad un solo passo!Brucia ancora, a distanza di quasi sei anni, quella notte del 1 maggio 2008, in cui la vio-la non riuscì a monetizzare una superiorità schiacciante ed una quantità industriale di occasioni, al Franchi, contro i Rangers di Glasgow.Bruciano ancora i tanti palloni non tradotti in gol, in particolare da Pazzini: il “Pazzo” rimase a secco, in quella che allora si chiamava Coppa Uefa, dove a trovare la via del gol riuscirono pure Di Carmine e Cacia.Bruciano ancora gli errori dal dischetto di Vieri e Liverani, nei rigori finali, che non permise-ro alla squadra di giocarsi una finale tutt’altro che impossibile contro lo Zenit di Advocaat, per riprendersi la coppa amaramente persa contro la “solita” Juve, in quel di Avellino, l’or-mai lontano 16 maggio 1990!Torniamo quindi a rivivere quel confronto con l’Udinese, in particolare l’incontro di ritorno, che ci ha comunque dato l’opportunità di gio-carsi un trofeo prestigioso!E’ l’11 febbraio. La truppa di Guidolin arriva a Firenze forte di tre successi di fila, tra cam-pionato e Coppa Italia. Fra questi c’è natural-mente il 2-1 dell’andata, che i nostri devono ribaltare. Non è assolutamente una formalità, non si tratta di un gioco da ragazzi.Ma i viola hanno almeno tre armi in più, come ha dimostrato pure il prerecente confronto in campionato contro l’Atalanta. In effetti queste due gare dei gigliati presentano alcune analo-gie, e non solo per il punteggio (2-0), determi-nato da una rete per tempo, tutte di pregevole fattura e realizzate da giocatori diversi. Ilicic e Wolski contro gli orobici, Pasqual e Cuadra-do contro i friulani; quattro autentiche per-

DI FILIPPO PERUGI

le, da consegnare alla cineteca viola!Veniamo adesso alle armi in più, di cui la squa-dra si è giovata in queste due occasioni.La prima è rappresentata dal saper soffrire. Tante volte, nel recente passato, la viola non è riuscita a gestire il vantaggio, tanto che pro-babili vittorie si sono trasformate in altrettanti amari pareggi, col bilancio di almeno sei pun-ti gettati alle ortiche. Ci riferiamo alle gare di questo campionato, peraltro tutte in casa, con-tro Cagliari, Parma e Genoa!Stavolta la Fiorentina ha dimostrato di aver fatto tesoro degli errori passati. I viola hanno abbassato il baricentro di una ventina di metri, hanno fatto meno tiki taka e quindi meno pos-sesso palla, ma sono stati in grado di resistere nei momenti più difficili, quando la momenta-nea superiorità degli avversari li ha schiacciati fino all’interno della propria area.E qui emerge la seconda delle armi viola, quella splendida realtà che si chiama Neto. Il portiere brasiliano è stato semplicemente fantastico, a dimostrazione che quei 706’ di imbattibilità, con il record di Albertosi sfiorato, non erano frutto del caso.Le sue parate, in particolare contro Jack Bona-ventura (un talento da...consigli per gli acqui-sti, citando Maurizio Costanzo), avevano per-messo alla Fiorentina di reggere all’Atalanta nei momenti più difficili, prima di sferrare il colpo del ko!Lo stesso copione si è ripetuto, dopo appena tre giorni, contro il team di Guidolin. Ricordia-mo due miracoli su tutti, anche in questo caso uno per tempo. Nel primo, l’intervento sul dia-gonale più che insidioso di Gabriel Silva, quan-do il vantaggio era minimo. Nel secondo, il pro-digio su Muriel (con Nico Lopez che, per sua sventura, cestina il facile tap-in) nell’ultimo dei sei minuti di recupero, dove una rete dei friula-ni avrebbe costretto la viola ai supplementari, con tutte le conseguenti insidie!La terza nuova arma della Fiorentina risiede in quello che viene etichettato come il cinismo delle grandi. Questo si traduce nel vincere le gare sapendo concretizzare al meglio le non molte occasioni che capitano.

Vedasi contro l’Atalanta la stupenda pennellata mancina di Ilicic su punizione e la bellissima azione personale di Wolski, dove qualcuno ha persino azzardato un paragone con Roby Bag-gio!Idem, contro l’Udinese, la splendida azione del gol di Pasqual, con Pizarro che pesca Joaquin, la sponda dello spagnolo e la sventola di sini-stro del capitano viola; e, nella seconda frazio-ne, l’intuizione del solito grande Pizarro che legge l’idea di Cuadrado di attaccare la pro-fondità sulla corsia di destra e lo lancia, e an-cora di più il missile terra-aria del colombiano, che non dà scampo al pur bravo e promettente Scuffet!Questo cinismo è emerso pure nelle recente sfida del San Paolo, dove pur non giocando il calcio spettacolo di un anno fa, la viola si è portata a casa tre punti molto preziosi!Non diciamo il massimo con il minimo sforzo, ma non siamo neanche troppo distanti da tale concetto.Sopra tutti i nostri concetti rimane comunque una certezza, per chiudere col segno positivo una stagione che altrimenti passerebbe alla storia solo grazie al pur mitico 4-2 sulla Juve del 20 ottobre 2013..Sabato 3 maggio, all’Olimpico di Roma, pos-siamo vincere un nuovo trofeo...13 anni dopo!Forza ragazzi, regalateci un sogno!

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• Sabato 8 MarzoAndar su sabbia: Cecina – Vada –Rosignano - CastiglioncelloLunghezza 15/20/25 kmDurata massima prevista 6 ore Difficoltà: Facile, con 0 m. di dislivelloTrasporto: Treno Firenze S.M.N. ore 6.57 Rientro: Treno ore 15.15

• Sabato 15 MarzoAnello del Rinascimento – Rignanosull’Arno - Bagno a RipoliLunghezza 14 kmDurata prevista 4 ore Difficoltà: Facile, con 437 m. di dislivelloTrasporto: Treno, Firenze S.M.N. ore 8.00 Rientro Bus n. 8 - primo pomeriggio

Trekking

prog

ramm

a

CAMMINARE INSIEMEPRIMAVERA 2014 RISERVATO AI SOCI DEL CRAL ED AI LORO FAMILIARIFacili escursioni sulle colline intorno a Firenze; alcune raggiungibili anche con i mezzi pubblici

• Sabato 22 MarzoVie Romee: Signa - MontelupoLunghezza 15 kmDurata prevista 4 ore Difficoltà: Facile, con 170 m. di dislivelloTrasporto: Treno, Firenze S.M.N. ore 7.53 Rientro: Treno ore 12,53

• Sabato 12 AprileLa Calvana – Prato (Filettole) CrociCalenzanoLunghezza 17 kmDurata prevista 5 ore Difficoltà: Media, con 550 m. di dislivelloTreno: Stazione S.M.N. per Prato ore 7.10 Rientro: Bus Croci Calenzano 13.08

• Sabato 10 MaggioLa ferrovia Faentina: Caldine -Pratolino - Vaglia Lunghezza 14 kmDurata prevista 4 ore Difficoltà: Facile, con 400 m. di dislivelloStazioneS.M.N. Treno per Borgo S.Lorenzo. Ore 7.29 - ritorno Vaglia treno ore 12.44:

ISCRIZIONISede Cral: (telefono, fax, e-mail, entro il martedì precedente la singola escursione, con versamento di € 5.00 per singola escur-

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sione o € 15.00 per l’intero pacchetto di 5 escursioni.

Per partecipare è indispensabile tessera UISP valida per l’anno sportivo 1/09/2013 – 31/08/2014 anche relativa ad altre disci-pline. (Per chi non la possiede, la tessera UISP può essere richiesta al Cral versando € 11.00).

Scarpe comode: possibilmente pedule da trekking.

Le escursioni potranno essere modificate e/o rinviate in seguito alle condizioni atmo-sferiche.

L’escursioni saranno effettuate con un mi-nimo di 5 partecipanti ed un massimo di 30 se non diversamente indicato.

Prova di Speleologia• Sabato 24 Maggio – ESCURSIONE IN GROTTARivolto a coloro che vogliono conoscere il mondo sotterraneo e provare l’espe-rienza della progressione in grotta con accompagnatore ed attrezzatura adeguata (consigliata anche per ragazzi sopra i 12 anni accompagnati dai genitori).

PRENOTAZIONI: Presso la sede CRAL (telefono, fax., e mail) entro il 13 Maggio con pagamento della quota di partecipazione di: € 15.00 per coloro già in possesso di tessera Uisp valida, per noleggio attrezza-tura speleologica da versare al momento della prenotazione.€ 25.00 comprensiva di noleggio attrezzatura speleologica e assicurazione con tessera Uisp, (per chi non in possesso) da versare al momento della prenotazione.

SILVANO AMERINI

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Il progetto “Il Tennis Tavolo a scuola” decolla

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Nella foto: Cosetta Cosi, sparring; Anna Naldi, docente scienze motorie; Aldo Trappolini istruttore/tecnico.

ALDO TRAPPOLINIResponsabile Settore Tennis Tavolo

Sotto il bel gruppo dei giovani allievi del corso di Tennis Tavolo. Nelle altre immagini, alcuni momenti degli alle-namenti.

Siamo adesso a raccontare l’epilogo del progetto “ IL TENNIS TAVOLO A SCUOLA” ovvero a raccogliere i frutti del lavoro iniziato a novembre e terminato a genna-io presso la scuola media DINO COMPAGNI a Firenze.Ebbene su 16 bambini che hanno parteci-pato al progetto, 10 sono rimasti fedeli a questa scelta e vi assicuro che l’alta per-centuale di conferme verso questo sport (così difficile da rendere interessante) ci inorgoglisce per la serietà e la costanza con cui è stato condotto.Questi bambini ci danno molta soddisfa-zione, sia per l’interesse che dimostrano, sia per la grinta che ci mettono, sia per la passione che siamo riuscit i a trasmet-tere loro.Anche l’aspetto umano ha avuto buoni risultati, infatti un paio di loro, all’inizio timidi, insicuri e privi di autostima, ades-so sono più vivaci e spesso mi guardano con occhi lucidi ed emozionati per ciò che

inaspettatamente riescono a fare, stu-pendosi quasi di se stessi.Cosetta Cosi ormai è diventata il loro punto di riferimento ed il lavoro che svolge al tavolo è diventato determinante tanto che la cercano per fare poi delle partite o per rivolgerle domande sulle regole e sulla tecnica.I genitori, altro aspetto importante, sono soddisfattissimi sia per l’ambiente che si è creato, sia per la bramosia con cui i loro figli attendono il lunedì.Altro motivo di orgoglio è Giovanni, un mio ex allievo ed ancora adesso nostro giocatore di buon livello, che volontaria-mente viene ad aiutarci negli allenamenti,

costringendoli in modo disciplinato a fare ginnastica, (cosa che se potessero evite-rebbero) e coinvolgendoli in modo a volte ludico, a volte tecnico arricchendo così la loro passione. Sempre in armonia con il quartiere e per la rinuncia di un’altra attività, abbiamo potuto ampliare l’orario del giovedì che in-vece essere dalle 21,00 alle 23,00 è stato modificato dalle 18,00 alle 21,00 in modo tale da poter dividere in 2 fasce orarie il lavoro dei ragazzi per poterli seguire in minor numero ma con maggior attenzione.E’ chiaro che è possibile anche per gli adul-ti, magari dalle 20,00 in poi accedere alla palestra per imparare o migliorare.

P.S. E’ cominciato a dicembre il campionato provinciale UISP che ci vede presenti con 2 formazioni, una di principianti, l’altra di giocatori più esperti e per scaramanzia non vi anticipo niente perché l’incontro più TOSTO deve ancora essere giocato, ma ci vede, al momento, in buona posizione nella classifica.Aspettiamo fiduciosi la presenza degli adulti rimanendo a disposizione per qualsiasi informazione.

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Ultime dai campi rossi

E’ stato attivato un servizio di pre-notazioni campi online accessibi-le dal sito del CRAL: www.cralfi.it e dal sito web del settore tennis: www.craltennis.altervista.org

Si è concluso il torneo di tennis giallo ri-servato ai soci CRAL e ai frequentatori

dell’impianto sportivo di via del Filarete. Si sono affrontate in una prima fase a gironi ed una fase finale ad eliminazione diret-ta 12 squadre composte a sorteggio da 3 giocatori e 2 giocatrici suddivise in base al livello di gioco.Nella partita decisiva la squadra Pennetta composta da Vannoni

Massimo, Giustarini Matteo, Pasquini Giu-liano, Arsie Tania e Brandi Chiara hanno avuto la meglio sulla squadra Federer com-posta da Riccioni Roberto, Orlando Ema-nuele, Benedetti Alessandro, Molino Elisa e Verdi Stefania vincendo due dei tre incon-tri in programma. Sul fronte esterno, si è arresta ad un passo dalla vittoria, battuta solo in finale dalla squadra del CT Campi Bisenzio, la squadra “A” del CRAL parteci-

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pante alla Coppa d’Autunno Cat. A4 UISP. Complimenti a tutta la rosa capitanata da Giustarini Matteo e composta da: Vinattie-ri Riccardo, Nesti Paolo, Vannucci Paolo, Riccioni Roberto, Parenti Alessandro, Milo Sergio e Martinucci Pietro. Infine, due no-stri giovani tennisti Gensini Giulio e Sortino Antonio sono a caccia degli ultimi preziosi punti per la qualificazione al Master finale del Piccolo Slam, circuito interprovinciale di tornei individuali, nell’ultima prova in programma che si disputerà sui campi del CRAL domenica 13 aprile. Nei pochi spazi non utilizzati per i corsi di tennis, si sta disputando il torneo sociale di tennis con 6 tabelloni in programma: singolo maschile, singolo femminile, singolo femminile primi incontri, doppio maschile, doppio femmi-nile e doppio misto. Al termine dei tornei sarà compilata una classifica finale e verrà attivato il meccanismo delle sfide interne per poter salire di livello.

Presso l’impianto sportivo in via del Filarete si stanno svolgen-do, organizzati dal CRAL, i corsi di tennis per bambini ragazzi e adulti. E’ sempre possibile ef-fettuare una prova gratuita. Per informazioni mail:[email protected] Alfonso: 3476161655 (dopo le 17,30).

ALFONSO POLINI

Campionati Giovanili CRAL - Tennis school Empoli.Sotto: Torneo Giallo doppio misto e, a fianco, Torneo Giallo doppio maschile.

Coppa autunno A4 maschile.

Torneo Giallo singolo femminile.

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DRAGON BOAT

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Mister Casini RICCARDO DI TOMASO

Seguite le nostre “impre-

se” sul sito www. midlan-

dsport.it

Il nostro Mister ormai da anni “siede sulla panchina della squadra di calcio

CRAL DIPENDENTI COMUNALI”. E’ sempre presente, pronto a preparare la partita nel miglior modo possibile, trasmettendo concentrazione e spirito di sacrificio, con professionalità e grande passione. Lo vedi che richiama i propri giocatori, li sprona nei momenti poco brillanti, li incita, li incoraggia a far meglio, si com-plimenta con loro, ma anche si arrabbia.Sempre ben vestito, distinto nella perso-na e nel modo di presentarsi, ormai è un punto fermo della squadra un riferimen-to per tutti.Ci siamo confrontati, arrabbiati, gioito e, insieme, anno dopo anno, siamo cre-sciuti; insieme al nostro mister abbia-mo cercato di migliorarci nei punti dove sbagliavamo o dove qualcosa o qualcuno trasgrediva il nostro spirito di gruppo o il nostro valore di giocare a calcio “tutti per uno e uno per tutti”. Insieme abbiamo ricercato non giocato-ri bravi ma bravi ragazzi, perché, come dice il nostro mister, conta più la voglia di sacrificarsi per il compagno che tanta bravura nel giocare a pallone.Con gli arbitri si rapporta in maniera educata ma decisa pronto a difenderci in decisioni poco chiare, ma anche a quie-tare i momenti troppo burrascosi.

Questo è il nostro mister CASINI che: - partecipa a manifestazioni internazio-nali con illustri allenatori e giocatori;- occupa un posto d’onore nel mondo

dell’insegnamento ai nostri migliori al-lenatori di Coverciano;- il martedì nelle ore serali, con pioggia vento o freddo, è sempre presente sulla nostra panchina del CRAL DIPENDENTI COMUNALI.

Grazie Mister!

Il nostro CRAL si è arricchito da questo mese di una nuova sezione sportiva: il DRAGON BOAT.

Il Dragon Boat è una disciplina sportiva diffusa in tutto il mondo che prevede gare su imbarcazioni standard lunghe 12,66 metri e larghe 1,06 metri con la testa e la coda a forma di dragone. Queste imbarcazioni sono sospinte da 20 atleti al ritmo scandito dal tamburino, che usano pagaie di lunghezza compresa tra 1,05 m e 1,30 m e larghe non piu’ di 18 cm, mentre il timoniere a poppa dell’imbarcazione tiene la direzione con un remo lungo circa 3 metri. Le gare, che inizialmente si svolgevano sulle 700 yarde (640 m), oggi si svolgono sulle distanze classiche dei 200 m, 500 m e 1000 m, distanza non prevista a livello di Campionati Continentale. Sono anche in programma le gare di fondo, che si sono state disputate per la prima volta agli europei ‘98, sulla distanza di 2000 m.Le categorie sono OPEN (con riferimento al maschile), FEMMINILE e MISTO. Quest’ultima categoria prevede equipaggi con minimo 6 o 8 donne in barca.Le origini di questa disciplina sportiva risalgono ad oltre 2000 anni fa quando, narra la legenda, il poeta e statista cinese Qu Yuan si getto’ nel fiume Mi-Lo con un atto disperato per protestare contro le vessazioni cui veniva sottoposto il suo popolo dal governo di allora. I pescatori saputa la notizia si lanciarono con grandi barche alla ricerca del corpo di Qu Yuan sbattendo con forza le acque con i remi per allontanare i pesci. Da allora è nata una tradizione che ricorda quel giorno e si celebra in tutto l’oriente il quinto giorno della quinta luna con Festival di Dragon Boat. Dal 1976 la Hong Kong Tourist Association ha lanciato questa attivita’ tradizionale come disciplina

sportiva. Nel 1990 è stata fondata l’European Dragon Boat Federation (EDBF) ed il 24 giugno 1991 ad Hong Kong 12 Nazioni tra cui l’Italia fondarono la International Dragon Boat Federation (IDBF) che oggi conta - in tutti e 5 i Continenti - ben 38 Nazioni affiliate.

La squadra del nostro CRAL si allena presso la Canottieri Comunali del Ponte da Verrazzano (http://www.canottiericomunalifirenze.it/). Le gare vengono disputate con una squadra mista (donne e uomini) dove la presenza femminile non può essere inferiore alle 6 unità. Chi volesse partecipare agli allenamenti può telefonare a Sandro Orsini (tel.: 333.3086526), Giuseppe Gelao (339.5257583) o Riccardo Di Tomaso (380.7132064).

Prossimo appuntamento del team sarà il CORPORATE DRAGON BOAT FESTIVAL il prossimo giugno 2014, competizione a livello amatoriale sulla distanza dei 200 mt., che vedrà di fronte diversi CRAL e associazioni della Regione. La nostra squadra, nata circa un anno fa da un gruppo di giardinieri e dipendenti comunali, quando ancora non faceva parte del CRAL, si è già distinta nei due Corporate di giugno e ottobre 2013. Alcuni degli aderenti alla squadra del CRAL parteciperanno anche alla VOGALONGA di Venezia (http://www.vogalonga.com/) l’8 giugno 2014 in una squadra mista dei Canottieri Comunali Firenze.

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La “compagnia dei fiorentini”

a Salerno e dintorni

GUIDO BIANCHI

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Questo articolo parla della gita da Firenze in Campania, dal 30 dicembre al 2 gennaio, di

un pullman di “topolini” e “topoline”. Qui il let-tore si chiederà se l’autore del testo sia ancora sotto i fumi del sorrentino limoncello o del be-neventano liquore Strega. Ebbene, non si tratta di alcol, ma del termine con cui ci appellava il nostro simpatico accompagnatore, nonché fine intrattenitore, nel far trascorrere in allegria i lunghi tempi di spostamento. Cioé il “Topolone” Luciano Belloni.Avrete già capito che non si è trattata di una semplice gita organizzata, ma, sicuramente per molti dei partecipanti, di un’allegrissimo viag-gio tra amici, alla scoperta di parti meno note della nostra Italia, ma non per questo meno bel-le, interessanti e degne di esser conosciute. Un’aspetto importante è la puntualità e il ri-spetto, da parte di tutti, degli orari stabiliti. Nel nostro caso questo è sempre avvenuto e ciò ha contribuito a rendere il tutto piacevole.

PRIMO GIORNO Buono il viaggio di andata. Gio-

CAPODANNO 2014 IN CAMPANIA

ve Pluvio ci ha accompagnati per gran parte del percorso, come in altri spostamenti, ma in com-penso ci ha sempre risparmiati nei tratti a piedi anche se il cielo è stato quasi sempre grigio.Alla vista inconfondibile del Vesuvio i “topolini” hanno capito che la tana e il cacio erano vicini: un bell’albergo a quattro stelle a S. Vitaliano, periferia di Nola.Anche se il paesaggio circostante faceva ancor più “apprezzare” lo sviluppo urbanistico della nostra regione di partenza, la collocazione era strategicamente valida per un rapido accesso alle vie di comunicazione verso le varie mete del programma. La Salerno pomeridiana è stata la prima tappa e, per molti, una piacevolissima sorpresa. Tra-mite un ardito viadotto panoramico si giunge dall’alto sul porto dove era ad attenderci la no-stra guida.Caratteristica di tutte le guide turistiche avute, come riscontrato in tutte le gite Cral, è stata sempre l’estrema competenza professionale.Il lungomare appare bello e ben tenuto, con pa-lazzi pubblici anche di valida architettura del “ventennio” e precedente. La città si presenta molto bene e d’altra parte, al termine dell’ulti-ma guerra, è stata, seppur per brevissimo pe-riodo, capitale del Regno d’Italia. Abbiamo visitato il centro storico medioevale con molti segni di riutilizzo di parti di edifici ro-mani nelle chiese, palazzi etc. Splendido il com-plesso della romanica cattedrale di Santa Maria degli Angeli e di San Matteo, del’XI secolo, con il quadriportico, la cripta con le reliquie di S. Matteo e il campanile in stile arabo-normanno. Abbiamo assistito con meraviglia all’accensione delle note luminarie, con cui è abbellito il cen-tro nel periodo natalizio. Luminarie, conosciute come “Le luci d’artista”, perché fatte da arti-sti del settore, con cui sono addobbate strade, piazze e giardini; ogni zona aveva uno specifico tema ed alcune luminarie erano realizzate an-che con fondi di bottiglie di plastica colorate. Apprezzato è stato anche un presepe con figure dipinte, ad altezza naturale, con alcuni perso-

naggi cittadini contemporanei. E dopo cena, come ogni giorno..., serata danzante.

SECONDO GIORNO Partiti al mattino, percorsa l’autostrada nella pianura a Nord del Vesuvio e diretti verso Avellino con destinazione Bene-vento, abbiamo costeggiato una collinetta di terra sotto cui non avremmo mai pensato che si nascondesse il grande centro commerciale “Vesuvio” progettato da Renzo Piano. Da qui all’Irpinia il paesaggio è caratterizzato da am-pie coltivazioni arboree di una specie da noi non diffusa: il nocciolo.Scesi nella vallata di Avellino, il territorio per vari chilometri è apparso occupato da una teo-ria continua di costruzioni, non gradevoli, tra cui molti capannoni industriali forse anche dismessi.Arrivati nell’autostazione di Benevento, capo-luogo del Sannio,ex capitale, insieme a Salerno, del Ducato Longobardo e antico nodo viario, ci ha accolti Paolo la guida del giorno precedente. Costeggiato un tratto della cinta di mura longo-barde, siamo giunti allo splendido arco di Tra-iano, un tempo inserito nelle antiche mura. Da qui siamo entrati nel centro storico e abbiamo visto il corso Garibaldi, la cattedrale di Santa Maria de Episcopio (VIII secolo,ricostruita dopo i bombardamenti alleati nell’ultima guerra e di cui rimane in originale la bella facciata roma-nica), il romano Arco del Sacramento con l’at-tigua area del foro, il teatro romano, l’antica chiesa longobarda di Santa Sofia, il cui interno ricorda l’omonima basilica di Costantinopoli, ma la facciata trae in inganno perché notevol-mente posteriore.Il pranzo, consumato in un agriturismo sulle colline circostanti, ricche di ulivi, è stato ottimo, con portate abbondanti e sfiziose, e una felice sorpresa, perché gratuito grazie all’interessa-mento del presidente del Cral, Tiziana Trallori. Il ritorno a Benevento, per la visita al negozio del liquore Strega, è stato allietato dalle barzel-lette del nostro Comandante, così come il rien-tro in hotel. Il clou della gita è stato il cenone e veglione di capodanno, animato da due giovani: un bravo cantante e un presentatore che ha coinvolto al-cuni di noi con giochini da villaggio vacanze. Alla offerta del cantante di poter chiedere anche canzoni con dedica, da parte di alcuni di noi è stato chiesta la canzone “Nel Blu Dipinto di Blu” di Modugno con dedica al nostro accompagna-tore-comandante Belloni, che debbo dire, per la cronaca, non se l’aspettava, e preso il micro-fono per ringraziare, è apparso sinceramente

commosso. Allo scoccare del nuovo anno, dopo il decollo dei tappi di spumante, sono decollati anche i “trenini”, ed è stata una sorpresa vedere anche serissimi/e e colleghi/e gitanti attaccati alla schiena dell’animatore quali allegri vagoni! Ma prima della buona notte, un giro nel salone delle danze è stato d’obbligo.

TERZO GIORNO Al mattino, smaltite le baldo-rie notturne, siamo stati portati in un paesone alla periferia di Nola, posto sulla antica via per la Puglia, di nome Cimitile. Inizialmente scono-sciuto a tutti noi, si è rivelato nascondere tra le sue stradine un complesso di monumenti roma-ni e basiliche paleocristiane. Si è scoperto così che era stato il luogo di sepoltura di un antico vescovo di Nola, San Felice (fine terzo secolo), e di un suo successore, San Paolino (quinto secolo).Il luogo, fin dalla morte del primo santo, diven-ne ambito posto di inumazione tutto attorno alla tomba di questi e poi anche del secondo

Campanile della Catte-drale di S.Maria degli Angeli e S. Matteo - Salerno.

Chiesa di S.Sofia - Benevento.

TURISMOTURISMO

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PROGRAMMA 19 Aprile: Partenza con Bus GT da Prato ore 5:00 da P.zz Falcone Borsellino, (fronte tribunale). Ore 5:20 da Firenze Viale Guidoni (fronte mercato ortofrutticolo). Soste lungo il percorso per ristori facoltativi. Arrivo a Sorrento, pranzo in Ristorante e breve visita libera per la città, nel pomeriggio trasferimento a Cava dei Tirreni, ritrovo al bus e trasferimento in Hotel per cena e pernottamento. 20 Aprile: Dopo la prima colazione partenza per la Costiera Amalfitana, con soste a Positano ed Amalfi, pranzo in Ristorante e nel pomeriggio rientro in Hotel per cena e pernottamento. 21 Aprile: Dopo la prima colazione partenza per Ercolano e visita degli scavi facoltativa, pranzo in Ristorante e partenza per il viaggio di ritorno previsto in tarda serata.

La quota comprende: Viaggio in Bus G.T. 2 giorni di mezza pensione in hotel 4 stelle. 3 Pranzi in ristorante. Trasferimenti in battello per la costiera Amalfitana. Bevande ai pasti. Assicurazione, Accompagnatore. La quota non comprende: Tutto quello non menzionato nella quota comprende.

O.T.:“Aurora Viaggi” – Agenzia Viaggi – Prato Tel: 0574 584333 Giuseppe 3334062870 e-mail: [email protected]

www.ilmondodellaurora.it Via Montalese 338 (Maliseti) accanto al circolo ARCI fronte POSTE

( da qui pare l’origine del toponimo Cimitile da “cimitero” ); in seguito, divenuto meta di inten-si pellegrinaggi, si iniziò la costruzione delle attuali chiese e la trasformazione, a servizio della religione cristiana, di preesistenti edifici romani.Attualmente, il complesso è di proprietà del Comune di Cimitile, a cui forse mancano le ne-cessarie risorse per tenerlo in condizioni ade-guate. Ed è un vero peccato, perché il comples-so meritebbe una migliore valorizzazione. Nel

piccolo museo sono conservati reperti romani e paleocristiani, quest’ultimi ricavati anche tra-sformando dei manufatti romani. Alcuni reperti provengono da abitazioni di cimitelesi, che, per fortuna, ne ignoravano il valore. Anche qui ab-biamo avuto le spiegazioni da una giovane gui-da archeologa, brava e piena di passione. Il pomeriggio ha avuto, invece, un aspetto meno culturale ma più paesaggistico, di shopping e allegro: gita a Sorrento con vista mozzafiato sul golfo di Napoli.Abbiamo visitato il centro storico della citta-dina, andando a curiosare nei suoi negozietti, pieni di prodotti a base anche dei tipici limoni (liquori, saponi etc.), comprando ricordi. Ma il massimo del divertimento, quasi da ragazzi, è stato per un nutrito gruppo di noi la visita del luogo col trenino a motore. Ogni posto sui va-goncini era collegato al servizio di audio-guida in varie lingue che descriveva i principali luoghi e monumenti con l’intermezzo delle più famose canzoni partenopee. Presi dall’entusiasmo le canzoni erano accompagnate, a squarcia gola, anche dai nostri cori. Ovviamente chi passava per le strade, e non era sul trenino, non poteva capire perché decine di attempati turisti/e can-tassero così; ovvio che il sospetto andasse al locale limoncello. Per chi voleva, è stato possibile partecipare alla S. Messa nel bel duomo in cui erano allestiti due interessanti presepi. Altro bellissimo pre-sepe napoletano era esposto all’ingresso di un vicino negozio di alimentari e pizzicheria. Prima di lasciare Sorrento, le gambe sono state poste sotto i tavoli di un buon ristorante. L’esperienza del nostro autista sulla viabilità sorrentina ha permesso di evitare le code serali di una gior-nata di festa.

QUARTO GIORNO Visita al sito archeologico di Ercolano, su cui incombe la presenza del Vesu-vio, e che, seppur molto più piccola di Pompei, è indispensabile visitare da parte di chi ama l’arte, l’archeologia e le nostre radici.Prima del pranzo, alcuni di noi hanno effettua-to un devoto pellegrinaggio nel vicino negozio di un caseificio per l’acquisto di latticini tipici, serviti da una efficientissima signora, che, ini-zialmente scambiata per pugliese, in realtà era slavo-partenopea. Il rientro è filato con allegria, anche grazie alle barzellette del comandante “topolone” Belloni, ed in orario col programma. Purtroppo tutte le cose piacevoli hanno un termine; giunti sulle rive dell’Arno, l’allegra comitiva si è sciolta e i “topolini/e” sono rientrati nelle proprie tane.

Arco romano del Sa-cramento e resti del Foro - Benevento. Sot-to: Sito archeologico di Ercolano.

TURISMOTURISMO

Insieme Insieme48 49

PROGRAMMA Partenza Ore 06:00 partenza da Prato Viale della Repubblica

(fronte tribunale). Ore 06:20 da Firenze Viale Guidoni (ingresso Mercato Ortofrutticolo). Soste lungo il percorso per ristori facoltativo.

Arrivo a Gardaland e ingresso al parco. Pranzo libero. All’ora prefissata ritrovo dei partecipanti e partenza per il rientro previsto in tarda serata.

La quota comprende: Viaggio in pullman GT - Ingresso al parco – Accompagnatore - Assicurazione

La quota non comprende: tutto ciò non menzionato ne “La quota comprende”

Divertimento per grandi e piccini. . ! !

O.T.:“Aurora Viaggi” – Agenzia Viaggi – Prato Tel: 0574 584333 Giuseppe 3334062870 e-mail: [email protected]

www.ilmondodellaurora.it Via Montalese 338 (Maliseti) accanto al circolo ARCI fronte POSTE

La quota comprende: Viaggio in pullman GT – pensione completa in hotel 4 stelle - Bevande ai pasti - Assicurazione - Accompagnatore

La quota non comprende: Mance ed extra in genere - Tutto quello non riportato ne “La quota comprende”.

E LAGO D’ORTA

PROGRAMMA: 1°Giorno: Partenza ore 5:30 da Prato Piazza Falcone e Borsellino fronte Tribunale. Ore 5:50 da Firenze, Viale Guidoni (ingresso mercato ortofrutticolo). Soste facoltative lungo il percorso per ristori facoltativi. Arrivo sul lago d’Orta e tempo libero per la visita della caratteristica cittadina medievale; al centro del lago si trova l'isola di San Giulio che ospita nella Basilica le spoglie del santo omonimo. Pranzo libero e nel pomeriggio all’orario stabilito ritrovo al pullman per trasferimento in Hotel per cena e pernottamento, bevande incluse. 2° giorno: Prima colazione in hotel e visita del Lago Maggiore dove sarà possibile visitare l’isola Bella, l’isola Madre e l’isola dei Pescatori, pranzo in Hotel, nel primo pomeriggio breve tempo libero per visita della cittadina di Stresa con possibilità di visitare il Giardino Botanico facoltativo. All’orario stabilito ritrovo al pullman per partenza per il viaggio di rientro previsto in tarda serata.

Supplemento singola € 25

  O.T.:“Aurora Viaggi” – Agenzia Viaggi – Prato Tel: 0574 584333 Giuseppe 3334062870 e-mail: [email protected]

www.ilmondodellaurora.it Via Montalese 338 (Maliseti) accanto al circolo ARCI fronte POSTE