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Keywords: Edifici esistenti, Cemento armato, Vulnerabilità, Scenari di danno, Curve di fragilità ABSTRACT La possibilità di disporre di affidabili modelli di valutazione della vulnerabilità sismica relativi agli edifici in c.a. esistenti non antisismici è senz’altro un elemento di grande rilevanza nella mitigazione del rischio sismico. Nel corso degli ultimi anni, gli studi condotti in Italia hanno spesso fatto riferimento a strumenti classici ma limitatamente capaci di descrivere il patrimonio edilizio attuale, come le Matrici di Probabilità di Danno, o a nuovi modelli di vulnerabilità basati sulla metodologia di analisi statica non lineare, condotta spesso in modo semplificato al fine di ridurre l’onere computazionale. Questi ultimi modelli rappresentano un indubbio passo in avanti ma hanno dei limiti, propri delle analisi statiche, nella possibilità di portare adeguatamente in conto l’evoluzione reale del comportamento dinamico non lineare degli edifici e l’influenza della naturale variabilità delle azioni sismiche sulla risposta strutturale. Nel presente lavoro si espongono i primi risultati ottenuti per la definizione di Curve di Fragilità basate sull’impiego di analisi dinamiche non lineari per un numero significativo di tipologie edilizie, rappresentative di edifici reali esistenti in c.a., le cui caratteristiche sono state definite mediante progettazione simulata. Le tipologie esaminate costituiscono un quadro abbastanza articolato e significativo del patrimonio edilizio italiano e sono state ottenute considerando differenti caratteristiche geometriche e valori della resistenza dei materiali costituenti, nonché la presenza e distribuzione di tamponature collaboranti nei confronti delle azioni sismiche. 1 INTRODUZIONE In paesi come l’Italia, in cui il turn-over delle costruzioni è piuttosto lento e la classificazione sismica è spesso intervenuta con grande ritardo, la stima della vulnerabilità sismica delle costruzioni esistenti costituisce senza dubbio uno degli elementi cruciali per tutte le attività di previsione e mitigazione del rischio sismico oltre che, in generale, di protezione civile. Per ridurre i danni prodotti da terremoti futuri è importante individuare e caratterizzare le strutture più vulnerabili ossia quelle che possono avere un maggiore impatto sociale, in termini di vittime e conseguenze economiche a seguito di un sisma. In tale ambito, il presente lavoro ha come obbiettivo quello di valutare la vulnerabilità sismica di alcune delle più diffuse tipologie strutturali in c.a. del patrimonio edilizio presente in Italia ed in Europa attraverso la costruzione di nuove curve di fragilità. La scelta delle tipologie oggetto dello studio è stata fatta in modo da rappresentare le strutture di edilizia residenziale tipiche del periodo tra il 1950 ed il 1980, progettate per soli carichi verticali. Tali tipologie hanno generalmente forma rettangolare abbastanza regolare con solai orditi in una sola direzione. Inoltre, sono state portate in conto anche le principali caratteristiche che possono influire sulla risposta sismica come la presenza di tamponature, l’altezza degli edifici, le dimensioni in pianta e la tipologia delle travi. Le tipologie così selezionate sono state progettate facendo riferimento a due periodi fondamentali: 1945 – 1971 e 1972 – 1980. Tale scansione temporale deriva dal succedersi di due normative tecniche significativamente diverse per la progettazione di strutture in c.a. che, in particolare, prevedevano diversi dettagli costruttivi, aumento dei valori tipici delle resistenze dei materiali e nel diffuso utilizzo di barre ad aderenza migliorata in luogo di quelle lisce. Per studiare la risposta sismica degli edifici così progettati sono state eseguite Costruzione di curve di fragilità di alcune tipologie strutturali rappresentative di edifici esistenti in c.a. mediante analisi dinamiche non lineari Angelo Masi, Marco Vona, Andrea Digrisolo Dipartimento di Strutture, Geotecnica, Geologia applicata all’ingegneria, Università degli studi della Basilicata, viale dell’Ateneo Lucano, Potenza, Italia. ANIDIS2009BOLOGNA

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Keywords: Edifici esistenti, Cemento armato, Vulnerabilità, Scenari di danno, Curve di fragilità

ABSTRACT La possibilità di disporre di affidabili modelli di valutazione della vulnerabilità sismica relativi agli edifici in c.a. esistenti non antisismici è senz’altro un elemento di grande rilevanza nella mitigazione del rischio sismico. Nel corso degli ultimi anni, gli studi condotti in Italia hanno spesso fatto riferimento a strumenti classici ma limitatamente capaci di descrivere il patrimonio edilizio attuale, come le Matrici di Probabilità di Danno, o a nuovi modelli di vulnerabilità basati sulla metodologia di analisi statica non lineare, condotta spesso in modo semplificato al fine di ridurre l’onere computazionale. Questi ultimi modelli rappresentano un indubbio passo in avanti ma hanno dei limiti, propri delle analisi statiche, nella possibilità di portare adeguatamente in conto l’evoluzione reale del comportamento dinamico non lineare degli edifici e l’influenza della naturale variabilità delle azioni sismiche sulla risposta strutturale. Nel presente lavoro si espongono i primi risultati ottenuti per la definizione di Curve di Fragilità basate sull’impiego di analisi dinamiche non lineari per un numero significativo di tipologie edilizie, rappresentative di edifici reali esistenti in c.a., le cui caratteristiche sono state definite mediante progettazione simulata. Le tipologie esaminate costituiscono un quadro abbastanza articolato e significativo del patrimonio edilizio italiano e sono state ottenute considerando differenti caratteristiche geometriche e valori della resistenza dei materiali costituenti, nonché la presenza e distribuzione di tamponature collaboranti nei confronti delle azioni sismiche. 1 INTRODUZIONE

In paesi come l’Italia, in cui il turn-over delle costruzioni è piuttosto lento e la classificazione sismica è spesso intervenuta con grande ritardo, la stima della vulnerabilità sismica delle costruzioni esistenti costituisce senza dubbio uno degli elementi cruciali per tutte le attività di previsione e mitigazione del rischio sismico oltre che, in generale, di protezione civile. Per ridurre i danni prodotti da terremoti futuri è importante individuare e caratterizzare le strutture più vulnerabili ossia quelle che possono avere un maggiore impatto sociale, in termini di vittime e conseguenze economiche a seguito di un sisma. In tale ambito, il presente lavoro ha come obbiettivo quello di valutare la vulnerabilità sismica di alcune delle più diffuse tipologie strutturali in c.a. del patrimonio edilizio presente in Italia ed in Europa attraverso la costruzione di nuove curve di fragilità. La scelta delle tipologie oggetto dello studio è stata fatta in modo da

rappresentare le strutture di edilizia residenziale tipiche del periodo tra il 1950 ed il 1980, progettate per soli carichi verticali. Tali tipologie hanno generalmente forma rettangolare abbastanza regolare con solai orditi in una sola direzione. Inoltre, sono state portate in conto anche le principali caratteristiche che possono influire sulla risposta sismica come la presenza di tamponature, l’altezza degli edifici, le dimensioni in pianta e la tipologia delle travi. Le tipologie così selezionate sono state progettate facendo riferimento a due periodi fondamentali: 1945 – 1971 e 1972 – 1980. Tale scansione temporale deriva dal succedersi di due normative tecniche significativamente diverse per la progettazione di strutture in c.a. che, in particolare, prevedevano diversi dettagli costruttivi, aumento dei valori tipici delle resistenze dei materiali e nel diffuso utilizzo di barre ad aderenza migliorata in luogo di quelle lisce. Per studiare la risposta sismica degli edifici così progettati sono state eseguite

Costruzione di curve di fragilità di alcune tipologie strutturali rappresentative di edifici esistenti in c.a. mediante analisi dinamiche non lineari Angelo Masi, Marco Vona, Andrea Digrisolo Dipartimento di Strutture, Geotecnica, Geologia applicata all’ingegneria, Università degli studi della Basilicata, viale dell’Ateneo Lucano, Potenza, Italia.

ANID

IS20

09BO

LOGN

A

oltre 12000 analisi dinamiche non lineari adoperando come input sismico un set di 50 accelerogrammi naturali estratto dallo European Strong-Motion Database (Ambreseys et al., 1996).

La metodologia utilizzata è da ritenersi di tipo semi – probabilistico, in quanto se la costruzione delle curve di fragilità è di tipo probabilistico, la selezione delle caratteristiche tipologiche e di resistenza dei materiali è stata condotta in modo deterministico. Le ragioni di tale procedura sono legate alla precisa scelta di condurre analisi dinamiche non lineari per un numero di registrazioni accelerometriche sufficientemente grandi, quindi con grande impegno computazionale, da rappresentare in modo adeguato la naturale variabilità delle azioni sismiche. Peraltro, per quanto riguarda le scelte tipologiche le stesse rappresentano in modo sufficientemente articolato la variabilità del patrimonio edilizio di tipo residenziale, mentre per quanto riguarda la variabilità dei materiali sono stati selezionati alcuni valori in modo deterministico nel range dei valori possibili sulla base delle esperienze sperimentali condotte dagli autori (Masi & Vona 2009). È da segnalare che la variazione di alcuni parametri tipologici considerati, quali dimensioni in pianta e rigidezza delle travi, non sembra influenzare in modo significativo, alla luce dei risultati finora ottenuti, la risposta strutturale così come d’altronde era stato verificato in alcuni set di analisi pilota. Va ancora rilevato che tra i parametri tipologici importanti ai fini della risposta sismica restano senz’altro da considerare alcuni elementi come la presenza e posizione del corpo scala.

I primi risultati utilizzati per la costruzione delle curve di fragilità, di seguito riportati, considerano come parametro di risposta e di danno lo spostamento massimo di interpiano. Numerose ulteriori elaborazioni dei risultati sono, tuttavia, in progress al fine di individuare funzionali di danneggiamento più efficaci per affinare la costruzione delle curve stesse.

2 SELEZIONE DELLE TIPOLOGIE Le tipologie edilizie considerate sono state

ampiamente illustrate in precedenti studi (Masi & Vona 2004, Vona & Masi 2004) di cui il presente lavoro rappresenta la naturale evoluzione. Tali tipologie derivano da un attento esame delle tipologie di edifici esistenti e da una accurata definizione dei dettagli costruttivi definiti

operativamente sulla base dei una consolidata procedura di progettazione simulata. La caratterizzazione tipologica ha condotto alle tipologie schematicamente riportate nelle figure 1 e 2, dotate di simmetria in pianta e con travi presenti solo lungo il perimetro oltre che nella direzione longitudinale dell'edificio, in quanto i solai sono orditi tutti nella direzione trasversale più corta. La dimensione trasversale è costante, mentre quella longitudinale è stata considerata variabile in funzione del numero delle campate presenti. I telai esterni possono essere dotati di tamponature con differenti configurazioni in grado di influenzare significativamente la risposta simica degli edifici. Sono state considerate tre configurazioni limite rappresentative delle tipologie edilizie più diffuse, illustrate in Figura 1 e denominate BF (Bare Frame, Telai esterni privi di tamponatura), IF (Infilled Frame, Telai esterni con tamponature a tutta l’altezza), PF (Pilotis Frame, Telai esterni con tamponature disposte a piano porticato). Il numero di piani è stato fatto variare da 2 ad 8 riferendosi in tal modo alla condizione di edifici residenziali bassi, di altezza media ed alti, sempre con un’altezza di interpiano pari a 3 metri. Per quanto riguarda la rigidezza delle travi, sono state considerate travi emergenti ed a spessore. In assenza di travi i pilastri sono stati collegati con fasce di solaio di opportuna larghezza. In particolare, tenendo conto delle tipologie di edifici osservati, delle dimensioni più frequenti per le travi ed il solaio e della disposizione degli elementi strutturali sono state considerate tre tipologie di telai piani (figura 2) denominate RB (Rigid Beam, telai esterni con travi emergenti 30x50 cm), FB (Flexible Beam, telai esterni con travi a spessore 70x22 cm), NB (No Beam, telai esterni con pilastri collegati soltanto dal solaio).

Figura 1: Disposizione delle tamponature.

Inoltre, considerando le modalità di assemblaggio più frequentemente ricavate dall'esame degli elaborati progettuali e dalle morfologie tipicamente osservate nel patrimonio edilizio italiano, possono essere individuati quattro diversi schemi tridimensionali riportati sempre in Figura 2 (Case 1-4).

Per quanto riguarda la progettazione simulata, le modalità di calcolo degli elementi strutturali per gli edifici in c.a. costruiti prima del 1971 (denominati Pre’71) fanno riferimento alla normativa utilizzata all’epoca ovvero al Regio Decreto del 1939 n. 2229. Per quanto riguarda il calcestruzzo è stata considerata una resistenza media, in linea con il periodo in esame, pari a 16 MPa. Per quanto riguarda l’acciaio, del tipo Aq42, si è assunto un valore medio della tensione di snervamento pari a 250 MPa. Il calcolo delle sollecitazioni di progetto sugli elementi è stato effettuato considerando i valori caratteristici dei carichi permanenti (peso proprio, sovraccarichi permanenti) ed accidentali, ricavati dall’analisi dei carichi effettuata secondo i criteri del periodo.

Figura 2: Assemblaggi tridimensionali tipici.

Gli edifici costruiti dopo il 1971 (denominati Post’71) presentano le stesse caratteristiche tipologiche ma differiscono per i dettagli costruttivi derivanti dalla normativa di riferimento del periodo, ossia la legge 5/11/1971 n. 1086 ed, in particolare, i successivi Decreti Ministeriali attuativi. Si è considerato un calcestruzzo del tipo Rck 250 avente resistenza cilindrica caratteristica fck = 20 MPa e un acciaio A38 (equivalente all’attuale acciaio tipo FeB38k), avente resistenza caratteristica a snervamento fyk = 380 MPa. Per maggiori dettagli circa la procedura di progettazione simulata si rimanda a precedenti lavori (Masi & Vona 2004, Vona & Masi 2004, Manfredi et al 2007).

Le analisi numeriche condotte sui modelli ottenuti con la progettazione simulata sono state

condotte considerando, per quanto riguarda, la resistenza in situ del calcestruzzo, tre valori di resistenza media cilindrica differenti per i modelli Pre’71 (fc,in situ = 13, 11 e 7 MPa) e Post’71 (fc,in situ = 28, 18 e 10 MPa) rappresentativi della tipica variabilità mostrata dal calcestruzzo di strutture esistenti realizzate nei due periodi in esame.

3 ANALISI DINAMICHE NON LINEARI La risposta sismica è stata valutata mediante

analisi dinamiche non lineari. Le capacità resistenti dei telai sono state individuate con riferimento alle resistenze dei materiali in situ considerandone i valori medi. Le azioni sono state valutate ipotizzando che durante il sisma sia presente soltanto una quota limitata del carico variabile adottando dei coefficienti di riduzione funzione del numero e della destinazione d’uso dei piani. Sono state assunte le seguenti combinazioni dei carichi verticali variabili e dei pesi propri:

carico verticale: Vd = Gk + 0.3 · Qk peso sismico: Gk + 0.3 · 0.85 · Qk

dove Gk e Qk sono i valori caratteristici dei carichi permanenti e dei carichi accidentali.

La valutazione del comportamento non lineare sotto azioni orizzontali delle strutture in c.a. è estremamente complessa e di difficile interpretazione, in particolare nel caso delle strutture esistenti progettate a soli carichi verticali. La modellazione del comportamento non lineare deve in ogni caso fare riferimento a quanto emerso dalle sperimentazioni, cercando di riprodurre, in modo quanto più possibile aderente alla realtà, i principali fenomeni di degrado legati alla natura ciclica dell'azione. Le possibilità di modellazione offerte dagli attuali codici di analisi strutturale non lineare sono di due tipi: modellazione a plasticità diffusa (a fibre),

basata sull’analisi della risposta strutturale mediante modelli agli elementi finiti con l’introduzione di legami costitutivi locali a livello di singoli materiali;

modellazione a plasticità concentrata degli elementi strutturali che porta in conto il comportamento ciclico non lineare in modo globale mediante cerniere plastiche collocate in punti opportunamente individuati.

I primi, seppur teoricamente più raffinati, richiedono l’introduzione di numerosi parametri descrittivi del comportamento ciclico dei singoli materiali e delle loro interazioni ma, in particolare, comportano oneri computazionali che, nonostante gli indiscutibili progressi tecnologici degli ultimi anni, rimangono

decisamente elevati e poco perseguibili nel caso di una analisi parametrica vasta come quella prevista nel presente lavoro (circa 12000 analisi dinamiche non lineari).

Sulla base delle precedenti considerazioni, nel presente studio si è deciso di adottare una modellazione mediante modelli a plasticità concentrata degli elementi strutturali, le cui caratteristiche isteretiche sono governate da un modello degradante (Park et al 1987a, 1987b, Valles et al 1996) a tre parametri, α, β e γ, che regolano, rispettivamente, il degrado di rigidezza allo scarico, il degrado di resistenza ed il degrado per effetto pinching. Tale modello, di tipo evolutivo e degradante, è in grado di riprodurre i principali fenomeni di degrado degli elementi in c.a. soggetti a forti azioni sismiche ed è stato ampiamente verificato in laboratorio (es. Bracci et al 1995). La definizione dei valori dei parametri di degrado, cruciale perché la modellazione a plasticità concentrata possa fornire risultati affidabili, è stata condotta sulla base dei risultati di numerose esperienze sperimentali (es. Ghobarah et al., 1999; Kunnath et al., 1995a, 1995b). Il codice di calcolo utilizzato è l’IDARC-2D versione 6.1. Nelle analisi non lineari è stata considerata anche una componente di dissipazione di tipo viscoso, differente per telai tamponati e non tamponati, valutata secondo Rayleigh considerando lo smorzamento proporzionale alla massa ed alla rigidezza istantanea mediante due coefficienti (Chopra 2001). Per la caratterizzazione delle tamponature si è assunto uno schema, usuale negli edifici esistenti, costituito da una doppia fodera di laterizi forati di spessore totale pari a 200 mm. Le analisi numeriche sono state eseguite modellando il singolo pannello di tamponatura con un elemento bidimensionale presente nella biblioteca di elementi del codice di calcolo adoperato dotato di un legame costitutivo in grado di portare in conto effetti di degrado di rigidezza, di resistenza e di pinching. Lo sviluppo di tale legame è basato sul modello di Bouc. In termini di capacità dissipativa, il contributo delle tamponature è variabile con il livello di sollecitazione in conseguenza dei significativi fenomeni di degrado che interessano i pannelli al crescere dell'intensità sismica.

3.1 Selezione dell’input sismico L’azione sismica riveste un ruolo cruciale

nella risposta in campo non lineare delle strutture, in particolare per quelle esistenti, come evidenziato da recenti lavori di letteratura (es. Kwon and Elnashai 2006, Nanos and Elenas

2006, Masi et al., 2009). In particolare, in (Masi et al., 2009) è mostrato quanto sia importante una accurata selezione degli accelerogrammi da impiegare negli studi di vulnerabilità, condotta tenendo conto dei parametri che meglio rappresentano il potenziale distruttivo dei terremoti reali per ottenere valutazioni realistiche.

0.00

0.50

1.00

1.50

2.00

2.50

0.00 1.00 2.00 3.00 4.00 5.00 6.00

IH[m]

PGA [m/s2] Figura 3: Caratteristiche degli accelerogrammi selezionati.

Alla luce di quanto appena esposto sono stati adottati in questo lavoro esclusivamente accelerogrammi reali estratti dalla vasta banca dati di registrazioni European Strong-Motion Database, le cui caratteristiche in termini di parametri sismici di picco (Peak Ground Acceleration, PGA) ed integrali (Intensità di Housner, IH) sono mostrate in figura 3. Sono stati considerati valori di PGA variabili da 0.04g a circa 0.5g, mentre per IH il range di valori è tra circa 0.1m e 2.4m. Va rilevato che IH è stato valutato mediante la seguente espressione:

( )∫ ==5.2

1.005.0, dTTSI vH ξ

dove Sv è lo spettro delle pseudo velocità, T è il periodo fondamentale e ξ è il rapporto di smorzamento.

4 ANALISI DEI RISULTATI Ai fini della definizione di accurate relazioni

tra intensità sismica e danno atteso è necessario innanzitutto individuare le migliori grandezze in grado di rappresentare da un lato il potenziale distruttivo di un evento sismico, dall’altro il danneggiamento strutturale. Per quanto riguarda la risposta sismica in campo non lineare di edifici in c.a., possono essere considerate diversi parametri legati alle richieste di duttilità ed agli spostamenti relativi (es. DPmax, DPmed, DTmax, DTmed, Drift/h descritti in Masi e Vona, 2004) che possono essere associati all’eventuale danno strutturale e non strutturale. In questo lavoro si è considerato come parametro di risposta soltanto lo spostamento d’interpiano Drift/h tenendo conto di quanto riportato in (Naeim 2001; Kwon and Elnashai 2006; Priestley et al. 2007) in cui si

ritiene tale parametro ben correlato con il livello di danno delle strutture come osservato anche dopo forti terremoti (Nanos and Elenas 2006). Per quanto riguarda l’azione sismica, il parametro è stato scelto esaminando la relazione di alcuni parametri sismici con il parametro di danno prescelto (Drift). Dalla correlazione del Drift con i parametri caratteristici dell’azione sismica (PGA, IA, PGV, IH) è emerso che la correlazione PGA – Drift è generalmente molto scarsa mentre risulta decisamente migliore in termini di intensità di Arias (IA) e, soprattutto, in termini di PGV e IH. Analizzando tali risultati per tutte le tipologie selezionate si è ritenuto di adottare, come parametro rappresentativo dell’azione sismica, l’intensità di Housner IH. Tale risultato conferma peraltro quanto già emerso in precedenti studi (Masi et al., 2009; Elenas 2000, 1997). Per brevità di esposizione, a titolo esemplificativo, si riporta in figura 4 il confronto tra le relazioni PGA-Drift e IH–Drift per le tipologie Pre’71 – BF a 2, 4, 8 piani. Maggiori dettagli e commenti sulle relazioni ottenute tra i diversi parametri sismici e di risposta verranno riportati in successivi lavori.

Figura 4. Correlazione Drift – parametri dell’azione sismica per la tipologia Post ’71 BF a 2, 4 e 8 piani.

Per chiarire alcuni aspetti intervenuti nella costruzione delle curve di fragilità, di seguito si riportano alcuni dei principali risultati ottenuti dalle analisi dinamiche non lineari. Infatti, gli accorpamenti tipologici considerati derivano, in parte, dalle considerazioni di seguito riportate.

Il primo parametro di cui è opportuno analizzare l’influenza sulla risposta sismica è la resistenza del calcestruzzo. Per quanto riguarda le tipologie Pre’71 si evidenzia che, nel passaggio dalla resistenza fc=13 MPa a fc=11 MPa, la variazione di risposta, in termini di drift, è trascurabile mentre risulta più accentuata nel passaggio da fc=11 a 7 MPa. In generale, l’analisi dei risultati evidenzia come la risposta dei modelli sia complessivamente poco sensibile ai diversi valori di resistenza del calcestruzzo considerati. Le variazioni risultano più significative quando associate alla presenza di piano porticato (PF) mentre risultano poco influenti nei casi IF e BF. Per quanto riguarda le tipologie Post’71 la diminuzione della resistenza del calcestruzzo è causa di un evidente aumento del drift massimo in particolare per le tipologie a 2 piani. Le differenze sono modeste tre le due classi di resistenza maggiori (28 e 18 MPa). Tali differenze sono inoltre modeste nel passare ai casi con 4 e 8 piani. In generale, possiamo affermare che la diminuzione di resistenza del calcestruzzo porta un peggioramento del comportamento globale della struttura associato ad un maggiore spostamento d’interpiano. Tale differenza risulta poco marcata tra le due classi di resistenza più alte e generalmente più accentuata se confrontata con la classe di resistenza più bassa.

Il confronto tra risultati ottenuti per tipologie con travi emergenti (casi 1 e 3) e travi a spessore (casi 2 e 4) evidenzia, in assenza di tamponatura, dei valori di drift leggermente superiori per le tipologie con travi a spessore che, a causa della loro minore rigidezza, presentano valori minori dell’accelerazione efficace Aeff (rapporto tra taglio massimo alla base e peso dell’edificio). Tali differenze si attenuano in modo significativo all’incrementarsi delle dimensioni in pianta (caso 3 e caso 4). In presenza di telai di estremità tamponati le differenze tra le tipologie si riducono ulteriormente. La risposta sismica dei modelli analizzati varia in funzione della dimensione in pianta, ovvero del numero di campate considerate, in funzione della differenza di rigidezza fra il telaio interno e quello esterno e come conseguenza si incrementa la variabilità della risposta al crescere del numero di telai interni. La risposta globale dei modelli risente delle dimensioni in pianta in funzione delle tipologia dei telai di estremità e della presenza di tamponature. Nelle tipologie a pianta piccola (Casi 1 e 2) il comportamento globalmente più rigido conduce a spostamenti di interpiano minori. Di conseguenza passando dai casi con telai esterni dotati di travi emergenti (più rigide) a quelli con travi a spessore (meno rigide)

diminuisce anche la differenza in termini di spostamento tra le due diverse dimensioni in pianta. Le differenze descritte si conservano anche al variare del numero di piani. Le tipologie Post’71 si comportano meglio rispetto alle analoghe tipologie Pre’71, ma le differenze che si riscontrano tendono a diminuire all’aumentare del numero dei piani fino a divenire quasi nulle nel caso degli otto piani con presenza di telai tamponati.

Da quanto appena esposto si evidenzia come la presenza e distribuzione delle tamponature sia senz’altro l’elemento che maggiormente influenza la risposta dei modelli. La presenza delle tamponature contribuisce a ridurre notevolmente l’effetto della variazione degli altri parametri sia tipologici che meccanici. La presenza del piano porticato conduce a richieste di duttilità elevate negli elementi del I e II livello, evidenziando, inoltre, come il drift può rappresentare più efficacemente il danno strutturale atteso se affiancato anche dalla richiesta di duttilità, aspetto che verrà meglio approfondito in successivi lavori.

5 CURVE DI FRAGILITÀ DEGLI EDIFICI ESISTENTI IN C.A.

Le curve di fragilità (Fragility Curves, FC) forniscono la probabilità di un sistema strutturale, soggetto ad un input sismico assegnato, di superare determinati livelli di danno. Nel presente lavoro per la costruzione delle curve di fragilità si è fatto esplicito riferimento alla metodologia proposta in (Spence and Le Brun, 2006) sia in quanto ritenuta sufficientemente consolidata sia al fine di realizzare successivamente dei confronti con le FC in esso contenute. In tale metodologia ciascuna curva di fragilità è caratterizzata da due parametri: la media e la deviazione standard del logaritmo naturale del parametro sismico in corrispondenza del quale si perviene ad un certo livello di danno. Nel presente studio, a differenza di quanto accaduto in altri studi (es. Spence and Le Brun, 2006), si è adottato come parametro sismico l’intensità di Housner, IH. Le curve di fragilità si ottengono con la seguente espressione:

[ ]⎥⎥⎦

⎢⎢⎣

⎡⎟⎟⎠

⎞⎜⎜⎝

μ⋅

βΦ=≥

ds

H

dHSiS

IIddP

Si

ln1 (1)

dove: IH è l’intensità di Housner (parametro

sismico);

dsμ è il valore medio dell’intensità di Housner per il quale l'edificio raggiunge la soglia di danno ds;

β è la deviazione standard del logaritmo naturale dell’intensità di Housner per la soglia di danno ds;

Φ è la funzione di distribuzione cumulativa normale.

Passo fondamentale per poter applicare la relazione sopra riportata è l’individuazione delle soglie di danno. Le modalità con cui è possibile definire le soglie di danno sono molteplici e spesso non direttamente correlabili tra loro (Hill & Rossetto 2007). Anche per queste ragioni si è assunto il drift come parametro di risposta e di danno, che ben si presta ad essere correlato con la classificazione del danno considerata nel presente lavoro, in cui si è fatto riferimento alla scala macrosismica EMS 98 (ESC, 1998) che definisce 5 livelli crescenti di danno che vanno dal danno 1 (danno non strutturale lieve) al danno 5 (collasso totale) più il danno nullo 0. In realtà, rispetto ai livelli di danno definiti dalla scala EMS-98, si è considerato un unico livello di danno rappresentativo del collasso parziale o totale, che ingloba i livelli 4 e 5, coerentemente con quanto fatto in altri riferimenti (es. FEMA-NIBS 1999) e da altri autori. I livelli di Drift/h considerati per la costruzione delle curve sono riportati in tabella 1. Tabella 1: valori di Drift/h associati ai livelli di danno Ld (DS è il danno strutturale).

Ld DS Drift/h (%)

0 Nullo < 0.1 1 lieve 0.1 – 0.25 2 moderato 0.25 – 0.5 3 grave 0.5 – 1.0

4 – 5 Collasso parziale o totale > 0.1 Sulla base di tali ipotesi è stata ottenuta la

distribuzione dei livelli di danno ed i relativi valori di media e deviazione standard dell’intensità di Housner per la quale le tipologie esaminate raggiungono la soglia di danno considerata. Rispetto all’ampia analisi parametrica, in questo lavoro sono state considerate 18 tipologie edilizie, ossia 9 per ognuna delle due epoche di costruzione (Pre’71 e Post’71) considerando come parametri principali le 3 altezze (2, 4 e 8 piani) ed i 3 tipi di tamponatura (BF, IF e PF).

In prima analisi, e sulla base dei risultati delle elaborazioni numeriche illustrate al paragrafo precedente, si è ritenuto di accorpare gli altri parametri considerati (dimensioni in pianta, rigidezza delle travi, resistenza del calcestruzzo).

Peraltro, tale scelta deriva anche dalla volontà di ottenere curve di fragilità relative a tipologie edilizie identificate da parametri tipologici rilevabili a vista ed in modo speditivo utilizzando semplici strumenti quali, ad esempio, una versione modificata della scheda AeDES (Masi et al., 2007), in modo da fornire uno strumento di utilizzo pratico nelle valutazioni su larga scala che coinvolgono centinaia o migliaia di edifici. Con le scelte operate, ciascuna curva di fragilità è stata costruita con un set di 600 risultati di analisi dinamiche non lineari.

Le 18 famiglie di curve di fragilità ottenute sono riportate in Appendice. Analisi e confronti di tali curve, nonché confronti con altri studi e soprattutto con distribuzioni di danno osservato in occasione di eventi sismici, per esigenze di sintesi, verranno effettuati in successivi lavori.

6 CONCLUSIONI E SVILUPPI FUTURI

Nel presente studio si è affrontato il problema di valutare la vulnerabilità degli edifici esistenti in cemento armato, edifici che costituiscono oltre il 50% del costruito in Italia ed in molti paesi europei soggetti a rischio sismico. Ovviamente non potendo portare in conto tutta la varietà di costruzioni presenti si sono analizzate alcune delle più diffuse tipologie presenti sul territorio italiano ed europeo, con riferimento all’edilizia residenziale. Le tipologie edilizie così individuate sono state progettate sia con il R.D. n. 2229 del 1939 che con i decreti successivi alla legge 1086 del 1971 che differiscono principalmente per le indicazioni relative ai dettagli costruttivi ed alle caratteristiche meccaniche dei materiali. La valutazione della capacità resistente delle varie tipologie è stata effettuata mediante analisi dinamiche non lineari considerando un set di 50 accelerogrammi naturali accuratamente selezionato. L’analisi dei risultati così ottenuti ha permesso di valutare la risposta sismica delle strutture e di correlare il danno, valutato attraverso un solo parametro di risposta, il drift, ad un parametro di moto sismico (PGA, intensità di Arias, intensità di Housner, ecc.). Anche in questo studio è stata verificata la scarsa correlazione del PGA con i parametri di risposta e di danno. Risultati decisamente migliori si sono ottenuti scegliendo come parametro sismico l’intensità di Housner. Da una prima analisi dei risultati, svolta confrontando i valori massimi dello spostamento relativo di interpiano (drift), sono emersi i principali fattori tipologici che

influenzano la risposta delle strutture. Differenze significative sono state riscontrate in funzione della presenza e distribuzione della tamponatura. Infine, dalla risposta delle singole tipologie considerate sono state costruite le curve di fragilità per 18 differenti tipologie edilizie, facendo riferimento all’impostazione contenuta nel progetto Risk-UE (Spence & Le Brun 2006) e scegliendo come parametro sismico l’intensità di Housner. Il confronto tra le differenti curve di fragilità evidenzia il linea generale le differenze tra le tipologie già illustrati nell’ambito dell’analisi dei risultati.

Va evidenziato che il presente lavoro rappresenta soltanto la parte preliminare di un imponente studio finalizzato a costruire e validare curve di fragilità per gli edifici esistenti in c.a., italiani ed europei. In tal senso, l’analisi dei risultati delle simulazioni numeriche effettuate ha confermato che il drift è un efficace stimatore del danno strutturale e non strutturale ma, in qualche caso, non appare in grado di mettere in luce le differenze di comportamento sismico tra differenti tipologie, come accade ad esempio tra tipologie BF e PF. Pertanto, risultati ancora più affidabili potranno essere ottenuti negli sviluppi del presente lavoro, considerando un funzionale di danno che tenga conto anche del rapporto (domanda/capacità) di duttilità medio degli elementi strutturali travi e pilastri. Infine, ulteriori importanti sviluppi riguardano la possibilità di introdurre delle variazioni nella procedura di costruzione delle curve di fragilità, nonché il confronto con studi ed applicazioni simili a quanto illustrato nel presente lavoro e con distribuzioni di danno osservato in occasione di eventi sismici.

RINGRAZIAMENTI

Il presente lavoro è stato parzialmente svolto nell’ambito del progetto DPC-ReLUIS 2005-2008, Linea di ricerca n. 10 “Definizione e sviluppo di archivi di dati per la valutazione del rischio, la pianificazione e la gestione dell’emergenza”.

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7 APPENDICE

Figura 5: curve di fragilità per la tipologia Pre’71 a 2 piani Bare Frame

Figura 6: curve di fragilità per la tipologia Post’71 a 2 piani Bare Frame.

Figura 7: curve di fragilità per la tipologia Pre’71 a 4 piani Bare Frame.

Figura 8: curve di fragilità per la tipologia Post’71 a 4 piani Bare Frame.

Figura 9: curve di fragilità per la tipologia Pre’71 a 8 piani Bare Frame.

Figura 10: curve di fragilità per la tipologia Post’71 a 8 piani Bare Frame.

Figura 11: curve di fragilità per la tipologia Pre’71 a 2 piani Infilled Frame.

Figura 12: curve di fragilità per la tipologia Post’71 a 2 piani Infilled Frame.

Figura 13: curve di fragilità per la tipologia Pre’71 a 4 piani Infilled Frame.

Figura 14: curve di fragilità per la tipologia Post’71 a 4 piani Infilled Frame.

Figura 15: curve di fragilità per la tipologia Pre’71 a 8 piani Infilled Frame.

Figura 16: curve di fragilità per la tipologia Post’71 a 8 piani Infilled Frame.

Figura 17: curve di fragilità per la tipologia Pre’71 a 2 piani Pilotis Frame.

Figura 18: curve di fragilità per la tipologia Post’71 a 2 piani Pilotis Frame.

Figura 19: curve di fragilità per la tipologia Pre’71 a 4 piani Pilotis Frame.

Figura 20: curve di fragilità per la tipologia Post’71 a 4 piani Pilotis Frame.

Figura 21: curve di fragilità per la tipologia Pre’71 a 8 piani Pilotis Frame.

Figura 22: curve di fragilità per la tipologia Post’71 a 8 piani Pilotis Frame.