cosa devi sapere se la tua azienda in crisi

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PIER PAOLO SPOSATO COSA DEVI SAPERE SE LA TUA AZIENDA È IN CRISI CIG – CIGS – MOBILITA’ – PENSIONE RISOLUZIONE CONSENSUALE DEL RAPPORTO DI LAVORO 1

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L'ebook é indirizzato a tutti i lavoratori che hanno perso o temono di perdere il posto di lavoro, attraverso i processi di riduzione del personale.Il vantaggio di questo ebook é quello di concentrare in un unico testo notizie reperibili su diverse fonti, non sempre di facile consultazione. Si raccomanda, comunque, visto il rapido evolversi delle leggi, di controllare la validità delle informazioni fornite, le quali sono aggiornate agli anni 2010 - 2011

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Page 1: Cosa devi sapere se la tua azienda in crisi

PIER PAOLO SPOSATO

COSA DEVI SAPERE SE LA TUA

AZIENDA È IN CRISI

CIG – CIGS – MOBILITA’ – PENSIONE RISOLUZIONE CONSENSUALE DEL RAPPORTO DI LAVORO

1

Page 2: Cosa devi sapere se la tua azienda in crisi

Sommario

Introduzione pag 4

1. La Cassa Integrazione. » 7

1.1 La Cassa Integrazione ordinaria » 11

1.2 La Cassa Integrazione straordinaria » 13

1.3 La Cassa Integrazione in deroga » 16

1.4 Domande e risposte » 18

2. La pensione » 20

2.1 La pensione di anzianità » 21

2.2 La pensione di vecchiaia » 23

2.3 Ricongiunzione e totalizzazione » 26

2.4 Domande e risposte » 31

3. I processi di riduzione del personale » 33

3.1 Il licenziamento individuale » 33

3.2 I licenziamenti collettivi » 37

3.3 Il licenziamento individuale plurimo » 40

3.4 L’indennità di mobilità » 41

3.5 Domande e risposte » 46

4. La Risoluzione consensuale » 49

4.1 L’incentivo all’esodo » 51

4.2 Tassazione dell’incentivo all’esodo » 56

4.3 Domande e risposte » 59

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Page 3: Cosa devi sapere se la tua azienda in crisi

Conclusioni » 61

Allegati » 63

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Page 4: Cosa devi sapere se la tua azienda in crisi

Introduzione

La crisi economica continua a produrre i suoi effetti sul mercato

del lavoro e, anche se alcune statistiche sono in miglioramento, si

prevede che le aziende continueranno a mettere in atto tutti gli

accorgimenti necessari per migliorare la produttività e

fronteggiare, con più competitività, la concorrenza globale. Ogni

azienda, in funzione del proprio business, deve trovare quali sono

gli strumenti più adatti per ottenere i due obiettivi succitati, ma, in

linea generale, tutte tendono a ridurre il costo del lavoro,

attraverso tre interventi:

attivazione di processi di Cassa Integrazione Ordinaria o

Speciale;

riduzione del personale attraverso i licenziamenti collettivi o

individuali plurimi;

risoluzioni consensuali del rapporto di lavoro.

È ovvio che questi non sono gli unici strumenti a disposizione per

migliorare la produttività e la competitività delle imprese; chi ha i

mezzi e le capacità, deve investire molto sulla ricerca e

sull’innovazione. C’è chi ha bisogno solamente di gestire al

meglio la propria situazione finanziaria e, in questo caso,

l’impatto sulla forza lavoro può essere molto limitato. Esistono,

però, tutta una serie di altre iniziative, quali delocalizzazione degli

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Page 5: Cosa devi sapere se la tua azienda in crisi

impianti, processi di acquisizione, fusioni tra aziende,

cambiamenti di attività che, alla fine, richiedono interventi di

riorganizzazione e/o ristrutturazione delle aziende. Questi

interventi, molto frequentemente, portano ad una riduzione del

personale e, nuovamente, alla necessità di attivare i processi di

CIG o di Mobilità.

Mi sono accorto, con una certa sorpresa, che, a livello dei

dipendenti, non è così diffusa, come pensavo la conoscenza delle

regole che le aziende devono seguire nel mettere in atto tali

processi; ancora più sorprendentemente molti lavoratori non

conoscono bene i loro diritti e alcune aziende se n’approfittano

per imporre soluzioni non sempre corrette. Ciò è ben evidente

dalle richieste di aiuto che ricevo sul mio blog Il lavoro

dipendente.

Chi volesse investire un poco di tempo, e andare a vedere i

commenti che ricevo, avrebbe la controprova di quanto affermo.

Esistono tre possibili spiegazioni per questa situazione:

mancano o non sono operative strutture sindacali competenti a

livello della piccola/media industria;

le tante informazioni che sono reperibili sul web, non sono

sempre facilmente interpretabili e, frequentemente non sono

aggiornate, con il mutare delle leggi;

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Page 6: Cosa devi sapere se la tua azienda in crisi

manca, comunque, un quadro organico, che chiarisca, in

un’unica fonte, tutti gli aspetti connessi con la sospensione o

interruzione del rapporto di lavoro.

Prendere una decisione se accettare o no una proposta aziendale,

se impugnare l’essere inseriti nella Cassa Integrazione o in

Mobilità, richiede, sempre, la conoscenza di diverse informazioni

quali:

come agiscono i criteri di scelta dei dipendenti;

il valore delle somme che si percepiscono in Cassa

Integrazione o in Mobilità e per quanto tempo;

come dovrebbe essere sottoscritta una risoluzione consensuale

del rapporto di lavoro;

quanto tempo manca alla maturazione del diritto alla pensione.

Non è sempre possibile, di questi tempi, evitare di trovarsi nel bel

mezzo di crisi aziendali e subirne gli effetti; troverai, però, in

questo ebook, tutte le informazioni necessarie, per valutare se le

decisioni ed i comportamenti del datore di lavoro e dei sindacati

rispettano o meno le leggi che disciplinano tali situazioni.

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Page 7: Cosa devi sapere se la tua azienda in crisi

1° CAPITOLO

LA CASSA INTEGRAZIONE

Iniziamo il nostro percorso, con il prendere in considerazione le

tematiche relative alla Cassa Integrazione, che rappresenta il caso

in cui il rapporto di lavoro viene sospeso e non risolto in maniera

definitiva. La Cassa Integrazione Guadagni (da adesso CIG) fa

parte di quegli interventi definiti come « prestazioni a sostegno

del reddito ». La stessa definizione ci dice che questi interventi

sono stati studiati per far arrivare un aiuto economico a quei

lavoratori, che, essendo dipendenti di aziende in crisi, potrebbero

andare incontro ad una perdita del salario, per periodi più o meno

lunghi.

Considerato, però, che le crisi aziendali possono avere cause

molto diverse, lo Stato ha individuato due tipologie di Cassa

Integrazione: la Cassa Integrazione Guadagni Ordinaria (CIGO) e

la Cassa Integrazione Guadagni Straordinaria (CIGS). La CIGO è

prevista nel caso l’azienda stia subendo una contrazione

dell’attività produttiva dovuta ad una delle seguenti cause:

situazioni temporanee che non siano responsabilità del datore

di lavoro o dei lavoratori;

situazioni temporanee di mercato;

problemi stagionali causati dal maltempo.

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Page 8: Cosa devi sapere se la tua azienda in crisi

Avrai notato che in tutti e tre i casi é sottolineato l’aspetto

temporaneo della crisi; ciò significa che, per quanto esista una

situazione difficile, l’azienda non mette in discussione i posti di

lavoro.

NOTA N. 1: l’attivazione della CIGO è prevista per quelle

aziende che, a fronte di crisi temporanee, devono sospendere,

parzialmente o totalmente, l’attività lavorativa di una parte

dei propri dipendenti.

L’INPS, durante il periodo di CIGO, eroga un’integrazione

salariale a favore dei lavoratori, sospesi dall'obbligo di eseguire la

prestazione lavorativa o che lavorano ad orario ridotto. Le

aziende, nella pratica, accedono ad un fondo costituito presso

l’INPS, attraverso contributi fissi a carico dei datori di lavoro, ed

erogano loro stesse l’integrazione ai dipendenti sospesi.

Si viene, in questo modo, incontro alle aziende che si trovano in

momentanea difficoltà, sollevandole in parte dei costi della

manodopera temporaneamente non utilizzata. Le aziende, da parte

loro, s’impegnano, al termine del periodo di crisi, a ristabilire la

normale attività lavorativa e le conseguenti retribuzioni, poiché è

certa la ripresa dell’attività produttiva. Diverso è il caso per la

CIGS, che viene utilizzata se l’azienda sta attraversando una crisi

strutturale, non temporanea, al punto che si prevede una definitiva

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Page 9: Cosa devi sapere se la tua azienda in crisi

riduzione degli organici. Le aziende ricorrono alla CIGS nei

seguenti casi:

ristrutturazione, riorganizzazione, riconversione industriale;

permanente stato di crisi

fallimento dell’azienda, liquidazione coatta, concordato

fallimentare e concordato preventivo.

Le aziende, a differenza di quanto accade nei processi di CIGO,

non assicurano, al termine del periodo di CIGS, il rientro di tutti i

lavoratori; è previsto, per contro che, esauriti i tentativi di

riassorbire il personale, l’azienda potrà ricorrere a licenziamenti

collettivi, ponendo in mobilità tutti i dipendenti rimasti senza

posto lavoro.

Queste sono le premesse per inquadrare l’argomento; è

necessario, però, analizzare i due processi in dettaglio, stante le

tante variabili che vanno considerate. Farò solo un rapido cenno a

quelli che sono gli obblighi delle imprese da un punto di vista

procedurale; voglio, infatti, focalizzare la tua attenzione su quegli

aspetti decisionali e comportamentali, dei sindacati e dei datori di

lavoro, che possono influenzare la scelta dei dipendenti da porre

in CIG o mobilità.

Le aziende, ricevendo un aiuto dall’esterno, devono, ovviamente,

seguire una procedura che è simile sia per attivare la CIGO che

per la CIGS; s’inizia con una consultazione sindacale, seguita, di

9

Page 10: Cosa devi sapere se la tua azienda in crisi

norma da un esame congiunto della richiesta aziendale, esame che

deve esaurirsi in un determinato periodo di tempo. Il datore di

lavoro deve, poi, presentare la domanda ad una Commissione,

appositamente costituita presso l’INPS e, solo dopo la sua

approvazione, potrà procedere a sospendere i dipendenti

dall’attività lavorativa.

La procedura per la CIGS è un poco più complessa, dato che il

fondo per la sua gestione è finanziato dallo Stato; anche in questo

caso le operazioni iniziano con le consultazioni sindacali, ma il

piano aziendale deve contenere oltre ai criteri di scelta e al

numero di dipendenti coinvolti e (similmente alla CIGO), anche

le modalità di rotazione degli stessi. La domanda va presentata

alla Provincia, o alla Regione o al Ministero del Lavoro, a

seconda se l’impresa ha le proprie unità ubicate solo a livello

provinciale, o a livello regionale o su tutto il territorio nazionale;

l’eventuale approvazione é concessa dal Ministero del Lavoro,

tramite apposito decreto.

Ti avverto che sarebbe necessario fare dei distinguo, poiché le

procedure prevedono obblighi e clausole che non ho qui riportato;

come avevo premesso l’e-book non è pensato per i datori di

lavoro, ma per aiutare i dipendenti a capire se, nei loro confronti,

vengono adottati provvedimenti rispettosi delle norme di legge , o

vengono tentati illeciti e soprusi.

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Page 11: Cosa devi sapere se la tua azienda in crisi

1.1 Cassa integrazione guadagni ordinaria

La prima preoccupazione di qualunque lavoratore, in aziende in

crisi, è quella di capire se e come cambierà la sua situazione

economica, una volta che sia posto in cassa integrazione e quali

riflessi avrà sulla sua vita, nell’immediato futuro. Vediamo,

allora, gli aspetti che sono di tuo interesse come, ad esempio, a

quali aziende si applica, quali dipendenti ne possono usufruire,

quali sono i criteri di scelta, per quanto tempo si può stare in CIG,

quale é l’assegno d’integrazione salariale ecc. Il primo punto da

evidenziare è che, purtroppo, non tutte le imprese e non tutti i

lavoratori possono utilizzare questo ammortizzatore sociale, in

caso di crisi aziendale.

È, dunque, importante sapere quali sono i settori produttivi

ammessi ad usufruire della CIGO e con quali regole; mi limiterò a

chiarire i criteri generali e, nel caso tu avessi la necessità di

approfondire questo aspetto, ti suggerisco di consultare il sito

dell’INPS dove sono dettagliati tutti i comparti, autorizzati ad

utilizzare la CIGO.

È, in ogni modo, necessario verificare sempre se si è in possesso

d’informazioni aggiornate, poiché le leggi cambiano; i dipendenti

ammessi alla CIGO, al momento in cui si sta scrivendo l’e-book,

sono:

operai, impiegati e quadri del settore industria;

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Page 12: Cosa devi sapere se la tua azienda in crisi

operai, impiegati e quadri del settore edilizia.

Il secondo aspetto, che definisce i contorni della Cassa

Integrazione, si riferisce al trattamento corrisposto ai dipendenti,

durante il periodo di sospensione dell’attività.

L’azienda può, infatti, decidere di porre i dipendenti in Cassa

Integrazione a zero ore, sospendendo completamente l’attività,

oppure procedendo con una riduzione parziale; nel primo caso

l’azienda non erogherà alcuna retribuzione ed il dipendente

riceverà un’indennità pari al 80% della sua retribuzione lorda. Il

dipendente, nel secondo caso, riceverà una parte di retribuzione

per le ore lavorate ed una parte d’indennità, pari al 80% della

retribuzione persa per le ore non lavorate.

L’ammontare lordo così determinato subisce una trattenuta del

5,84%; ogni anno, inoltre, viene stabilito un ammontare massimo

del trattamento d’integrazione salariale, ammontare che può avere

due valori a seconda se il salario del dipendente è inferiore o

superiore ad una cifra, anch’essa determinata anno per anno. Le

aziende del settore industriale sono autorizzate all’attivazione

della CIGO per un periodo di 13 settimane, prorogabile fino ad un

massimo di 52; quelle del settore edilizio hanno le stesse

procedure, ma la proroga è concessa solo se hanno applicato la

riduzione e non l’azzeramento dell’orario di lavoro.

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Page 13: Cosa devi sapere se la tua azienda in crisi

1.2 Cassa integrazione guadagni straordinaria

Vorrei anteporre all’approfondimento sulla CIGS un messaggio,

rivolto ai dipendenti, ai sindacati e agli organi istituzionali, che si

trovassero a subire o valutare una richiesta aziendale per

l’attivazione di questo ammortizzatore sociale. È necessario porre

molta attenzione, poiché esistono casi per i quali si prospetta un

uso distorto della CIGS che, come abbiamo anticipato, spetta agli

operai, impiegati e quadri, in caso di ristrutturazione, di

riorganizzazione, di conversione e di crisi aziendale.

Nessun dubbio che, in condizioni di reale crisi, le aziende possano

utilizzare degli strumenti di flessibilità, per poter ristrutturare o

riconvertire la propria organizzazione e, se possibile, riprendere la

propria attività.

Esistono, però, dei casi dove la cassa integrazione straordinaria

viene richiesta anche quando questa crisi non esiste; mi riferisco a

processi di acquisizione e fusione, decisi a livello internazionale

fra aziende multinazionali, che si ripercuotono in Italia e che

possono portare alla perdita di posti di lavoro nelle consociate

italiane delle multinazionali interessate.

Gli episodi più eclatanti riguardano imprese multinazionali che,

con l’obiettivo di conquistare sempre più alte posizioni di mercato

e, disponendo di grandi liquidità, decidono di acquisire o fondersi

con aziende, caratterizzate da listini e clienti ad alto potenziale.

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Page 14: Cosa devi sapere se la tua azienda in crisi

È chiaro, però, che le aziende acquirenti non sono interessate ad

incamerare anche le strutture delle aziende acquisite, quindi,

laddove possibile, mettono in atto processi di ristrutturazione

mirati ad allontanare il personale di questa ultime. L’obiettivo è,

di norma, raggiunto, attuando una serie di processi di cassa

integrazione straordinaria, seguiti da una procedura di mobilità

magari incentivata.

Il problema sta nel fatto che, in alcuni casi, le consociate italiane

di queste aziende multinazionali non sono in crisi e, dunque, è

lecito domandarsi per quale motivo debbano ricevere

un’autorizzazione ad attivare una procedura di CIGS.

Nessuno può negare a qualunque azienda il diritto di procedere

con fusioni, acquisizioni, ristrutturazioni, ma non é socialmente

accettabile che le ripercussioni di questo diritto ricadano sulle

spalle di lavoratori a migliaia di chilometri di distanza dai luoghi

dove certe decisioni sono maturate e che, malgrado operino in

aziende locali fondamentalmente sane, debbano perdere i loro

posti di lavoro.

Vediamo, ora, così come abbiamo fatto per la CIGO, chi può

usufruire di questo ammortizzatore sociale, per quanto tempo e

con quali caratteristiche. Riporto integralmente la definizione che

si trova nel sito dell’INPS, poiché inquadra perfettamente

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Page 15: Cosa devi sapere se la tua azienda in crisi

l’obiettivo che lo Stato vuole raggiungere, autorizzando le aziende

ad utilizzare questa prestazione a sostegno del reddito.

NOTA N. 2: la CIGS è una prestazione economica erogata

dall’INPS, per integrare o sostituire la retribuzione dei

lavoratori, al fine di fronteggiare gravi situazioni di eccedenza

occupazionale, che potrebbero portare a licenziamenti di

massa.

Faccio notare che la prima intenzione di una procedura di CIGS é

quella di salvare dei posti di lavoro e, dunque, è molto più ampia,

rispetto alla CIGO, la popolazione dei lavoratori di datori di

lavoro che può usufruire di questa procedura. Esiste però, per i

datori di lavoro un prerequisito fondamentale:

NOTA N. 3: possono accedere alla CIGS solo quelle aziende

che hanno occupato, nel semestre precedente alla richiesta,

più di 15 dipendenti.

Tutti i settori produttivi sono, in pratica, compresi nell’elenco di

chi può invocare un procedimento di CIGS e, a livello dei

lavoratori, rimangono esclusi solo pochissime categorie quali i

dirigenti, gli apprendisti, i lavoratori a domicilio e quelli con

contratto d’inserimento. Il trattamento corrisposto ai dipendenti in

CIGS è definito con le stesse regole, le stesse condizioni e la

stessa tassazione prevista per la CIGO. La durata della CIGS è,

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Page 16: Cosa devi sapere se la tua azienda in crisi

invece, variabile secondo le condizioni che hanno portato alla sua

attivazione:

24 mesi, eventualmente prorogabili di ulteriori 12 mesi per due

volte, in caso di ristrutturazione, riconversione e

riorganizzazione aziendale:

12 mesi prorogabili di ulteriori 12 mesi in caso di crisi

aziendale;

12 mesi eventualmente prorogabili di ulteriori 6 mesi in caso di

procedure concorsuali.

1.3 Cassa Integrazione in deroga

È necessario, per completare il quadro degli interventi di CIG,

fare un cenno anche alla procedura della Cassa Integrazione in

deroga. Questa procedura si applica ad una serie di realtà

imprenditoriali non prese in considerazione dalla CIG ordinaria

ed individuate da specifici accordi tra governo e regioni.

Le aziende destinatarie di questa particolare cassa integrazione

sono le artigiane, le industriali che impiegano sino a 15

dipendenti, quelle che, pur rientrando nei criteri della CIG

ordinaria, devono sospendere i lavoratori apprendisti e, infine,

quelle che hanno esaurito gli strumenti ordinari o la cassa

integrazione guadagni straordinaria per crisi aziendale.

NOTA N. 4: la CIG in deroga spetta a tutti i lavoratori

subordinati, compresi gli apprendisti, quelli con contratto di

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Page 17: Cosa devi sapere se la tua azienda in crisi

somministrazione e lavoranti a domicilio, ma rimangono,

sempre, esclusi i dirigenti.

I lavoratori, per accedere alla CIG in deroga, devono rispondere

alle seguenti condizioni:

avere un’anzianità lavorativa, nell'azienda che richiede il

trattamento, di almeno 90 giorni alla data della richiesta;

aver dato la propria immediata disponibilità al lavoro o, in

alternativa ad un percorso di riqualificazione professionale;

tale dichiarazione va presentata presso il centro per l'impiego

competente. Il lavoratore, in caso di rifiuto, perde il diritto alla

prestazione.

La durata della CIG in deroga è stabilita dagli accordi con le

regioni, ma, di solito, non supera i 12 mesi. L’indennità è

calcolata con gli stessi criteri visti per la cassa integrazione

ordinaria.

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Page 18: Cosa devi sapere se la tua azienda in crisi

DOMANDE & RISPOSTE

D: l’azienda ha comunicato che aprirà una procedura di mobilità

per un gruppo di dipendenti, senza aver prima richiesto la CIGS.

È possibile?

R: in determinati casi, quando è dimostrabile che l’azienda deve

necessariamente ricorrere ad una riduzione del personale, è

possibile aprire immediatamente una procedura di mobilità.

D: perché l'azienda dovrebbe pagare un dipendente per chiudere

il contratto di lavoro, quando potrebbe lasciarlo in cassa

integrazione straordinaria e pagare molto meno? Perché

conviene all'azienda offrire dei soldi e fino a che limite gli

conviene? Che scomodità procura un dipendente in cassa

integrazione straordinaria?

R: se l'azienda sta offrendo incentivi all'esodo, prima del termine

della CIGS, può significare che ritiene di dover procedere ad una

riduzione del personale. Adottare delle risoluzioni consensuali del

rapporto di lavoro e procedure di mobilità volontaria le

faciliterebbe molto tale processo.

D: a seguito di un processo di acquisizione, sono stato messo in

CIGS a zero ore, ma le mie mansioni sono svolte da dipendenti

della società acquirente. Esistono i presupposti per

l'impugnazione del provvedimento di CIG?

R: se lei è stato messo in CIGS, la sua mansione o dovrebbe

risultare, al momento, non operativa o smembrata ed affidata a

diversi dipendenti; nel caso risultasse affidata ad un singolo

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Page 19: Cosa devi sapere se la tua azienda in crisi

dipendente della nuova azienda, lei potrebbe chiedere la verifica

sul rispetto dei criteri per la scelta dei lavoratori da porre in CIGS.

Potrebbe chiedere il reintegro, ovviamente tramite un legale,

laddove i criteri (anzianità aziendale, carichi di famiglia e

parametro tecnico organizzativo) non fossero stati rispettati.

D: l’azienda è tenuta per legge ad usare prima tutti gli strumenti

necessari per mantenere posto di lavoro, tipo CIG, o tramite gli

incentivi all'esodo può licenziare alcuni dipendenti e poi, se la

situazione peggiora, andare in CIG per restanti dipendenti?

R: qualunque azienda può proporre la risoluzione consensuale del

rapporto di lavoro ad un dipendente in qualunque momento,

laddove il lavoratore sia dia disponibile, a fronte di un

soddisfacente accordo economico. Questo é un libero accordo tra

le parti, per cui nulla vieta all'azienda di verificare se ci sono

dipendenti disposti a risolvere il rapporto di lavoro,

indipendentemente dall'apertura di una procedura di CIG. E'

ovvio che il lavoratore deve trovare delle convenienze

economiche in questa operazione.

D: la Cassa Integrazione può essere avviata senza la previsione

di una successiva procedura di Mobilità?

R: Certamente, poiché questo significherebbe che l'azienda, dopo

il periodo di CIG, non intende operare una riduzione di personale.

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Page 20: Cosa devi sapere se la tua azienda in crisi

2° CAPITOLO

LA PENSIONE

Ti starai domandando per quale motivo ho inserito un capitolo

dedicato alla pensione in un testo che tratta degli ammortizzatori

sociali; la pensione non è una prestazione a sostegno del reddito,

ma, in certi procedimenti di riduzione del personale, si rende

necessario conoscere molto bene le leggi che ne regolano la

maturazione del diritto ed il successivo percepimento.

Alcuni processi di mobilità, come vedremo in seguito,

considerano, come criterio d’inclusione nelle liste, il tempo alla

pensione; certe aziende, nei processi di riorganizzazione,

propongono ai dipendenti la risoluzione consensuale del rapporto

di lavoro, a fronte dell’erogazione di un incentivo all’esodo.

Questa proposta, spesso, è rivolta a lavoratori con un’anzianità

contributiva sufficientemente vicina a quella necessaria per la

maturazione del diritto alla pensione, in un tempo relativamente

breve, o durante il periodo di mobilità. Esistono infine

procedimenti di licenziamento collettivo nei quali, previo accordo

con i sindacati, la volontarietà viene considerata come criterio di

scelta del personale da porre in mobilità; anche in questo caso

molti volontari sono dipendenti, che potrebbero accedere alla

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Page 21: Cosa devi sapere se la tua azienda in crisi

pensione nel volgere di qualche anno. Il problema è che certi

calcoli non sono sempre semplici da effettuare, a cui si aggiunge

la continua evoluzione delle leggi che regolano l’accesso alla

pensione.

NOTA N. 5: accertate sempre accuratamente la vostra

posizione pensionistica, prima di accettare qualunque

proposta di mobilità volontaria o di risoluzione consensuale

del rapporto di lavoro.

2.1 Pensione di anzianità

La pensione di anzianità è una prestazione economica, erogata

dall’assicurazione generale obbligatoria, la quale può essere

ottenuta, indipendentemente dal compimento del 65° anno di età,

seppure sia richiesto il raggiungimento di determinati requisiti.

Nessuna attività lavorativa, se non di natura autonoma o

parasubordinata, può essere svolta al percepimento della pensione

di anzianità.

Le leggi, che si sono succedute nel tempo sul tema delle pensioni,

hanno profondamente modificato questo istituto; è oggi in vigore

il così detto« sistema delle quote », secondo il quale il diritto alla

pensione di anzianità si matura, quando si raggiunge una

determinata quota, come somma dell’età anagrafica e

dell’anzianità contributiva. Fermo restando il requisito minimo di

35 anni di contribuzione, il sistema è, peraltro, in evoluzione,

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Page 22: Cosa devi sapere se la tua azienda in crisi

poiché sono previste quote crescenti, variando, nel tempo il

minimo requisito anagrafico:

minimo 60 anni di età e quota 96 dal 1.1.2011 al 31.12.2012;

minimo 61 anni di età e quota 97 a partire dal 1.1.2013

Questa progressione vale per il lavoratori dipendenti; per i

lavoratori autonomi le quote richieste sono più alte:

minimo 61 anni di età e quota 97 dal 1.1.2011 al 31.12.2012;

minimo 62 anni di età e quota 98 a partire dal 1.1.2013

Si matura, in alternativa, il diritto alla pensione al raggiungimento

dei 40 anni di contribuzione, indipendentemente dall’età

anagrafica. Le recenti modifiche apportate alle procedure di

pensionamento hanno introdotto un altro elemento, che riveste

grande importanza, per chi risolve il rapporto di lavoro,

considerando come criterio decisionale il tempo alla pensione.

NOTA N. 6: i lavoratori, a partire dal 1.1.2011, potranno

percepire la pensione dopo 12 mesi dalla maturazione del

diritto, se la pensione è liquidata dal FPLD 1 o dai fondi

pensione sostitutivi l’Assicurazione Generale Obbligatoria;

dovranno attendere, invece, 18 mesi dalla maturazione del

diritto, se la pensione è liquidata dalle gestioni speciali dei

lavoratori autonomi.

1 Fondo pensione lavoratori dipendenti

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Page 23: Cosa devi sapere se la tua azienda in crisi

Vale ancora il così detto sistema delle « finestre », definito nella

pregressa procedura, per una serie di situazioni per le quali si

rendeva necessario salvare i diritti acquisiti:

lavoratori che, essendosi accordati con le aziende per risolvere

il rapporto di lavoro, erano nel periodo di preavviso al 30

giugno 2010:

lavoratori che, per raggiunti limiti di età, non potrebbero più

svolgere una specifica attività lavorativa.

Mi sembra inoltre importante rassicurare, seppure nel limite

massimo consentito dalla legge di 10.000 unità, tutti quei

dipendenti che, sulla base di accordi sindacali, risultavano:

collocati in mobilità ordinaria alla data del 30 Aprile 2010;

collocati in mobilità lunga alla data del 30 Aprile 2010.

Anche per questi lavoratori varranno le finestre stabilite nella

previgente procedura.

2.2 Pensioni di vecchiaia

La pensione di vecchiaia, a differenza di quella di anzianità, si

matura al raggiungimento di una determinata età anagrafica e

dell’accreditamento di un numero minimo di contributi; i

requisiti, però, variano a seconda del sistema con cui verrà

liquidata la pensione. Ti faccio presente, a meno che tu non sia

già informato, che la pensione, in funzione dei contributi maturati

alla data del 31 Dicembre 1995, potrà essere calcolata con il

sistema retributivo, o contributivo, o misto. Ti consiglio, se hai

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Page 24: Cosa devi sapere se la tua azienda in crisi

bisogno di approfondire l’argomento, di visitare il sito dell’INPS

dedicato al calcolo delle pensioni.

Vediamo allora i requisiti richiesti, secondo le diverse condizioni

d’impiego e di trattamento pensionistico spettante:

maturazione del diritto con 65 anni di età se uomini, 60 se

donne e con 20 anni di anzianità contributiva (15 anni se già in

servizio alla data del 31 Dicembre 1992). Queste condizioni

valgono sino al Gennaio 2015 per chi potrà andare in

pensione con il sistema retributivo o misto;

maturazione del diritto con 65 anni di età se uomini, 60 se

donne e con minimo 5 anni di anzianità contributiva. Queste

condizioni valgono sino al Gennaio 2015 per chi dovrà

andare o preferirà andare in pensione con il sistema

contributivo;

maturazione del diritto con 61 anni di età se dipendenti donne

del settore pubblico.

È necessario aggiungere allo schema semplificato di cui sopra

altre informazioni che riguardano chi andrà in pensione con il

sistema contributivo, avendo iniziato a lavorare e, dunque, a

versare contributi dopo il 31 Dicembre 1995. Viviamo, dal punto

di vista pensionistico, in un periodo in cui sussistono i tre

differenti regimi (retributivo, contributivo e misto), ma nel 1995

fu promulgata una legge che introduceva, per questa popolazione

di lavoratori, una profonda innovazione. Non si prevedeva più

24

Page 25: Cosa devi sapere se la tua azienda in crisi

una distinzione tra pensione di anzianità e pensione di vecchiaia,

ma si istituiva un trattamento pensionistico definito, in modo

univoco, pensione di vecchiaia. Si sono succeduti, nel tempo,

diversi adeguamenti a questa legge, per effetto dei quali i

lavoratori, la cui pensione sarà calcolata con il sistema

contributivo, raggiungono il requisito per la nuova pensione di

vecchiaia, non solo al compimento del 65° anno di età, ma,

anche, al raggiungimento dei requisiti previsti per la vecchia

pensione di anzianità.

Vediamo di riassumere una materia complicata ed in continua

evoluzione:

va in pensione con il sistema retributivo chi poteva vantare 18

anni di contributi al 31 Dicembre 1995;

va in pensione con il sistema misto che poteva vantare meno di

18 anni di contributi al 31 Dicembre 1995;

va in pensione con il sistema contributivo chi ha iniziato a

versare contributi solo dopo il 31 Dicembre 1995, o chi sceglie

liberamente questo trattamento.

I lavoratori, anche per la pensione di vecchiaia, conseguono il

diritto al percepimento della stessa, trascorsi 12 mesi dalla data di

maturazione dei requisiti anagrafici e contributivi, se dipendenti e

18 mesi se autonomi. Esistono poi tutta una serie di trattamenti

particolari e di deroghe a quanto sopra detto, ma rimando per

questo alla specifica pagina sul portale dell'INPS.

25

Page 26: Cosa devi sapere se la tua azienda in crisi

Sono cosciente che questi due paragrafi sulle pensioni di anzianità

e di vecchiaia non esauriscono tutto ciò che ci sarebbe da spiegare

in campo pensionistico; la materia non solo è complessa ma,

come già detto, in continua evoluzione, al punto che, dopo il

Gennaio 2015, i requisiti per la nuova pensione di vecchiaia

verranno aggiornati, con cadenza triennale, in base agli

incrementi della speranza di vita calcolati dall'Istat. Lo stesso

dicasi per i requisiti richiesti alle lavoratrici del pubblico impiego,

requisiti che cambieranno, già con il gennaio 2012.

L’obiettivo che mi ero posto non era, però, quello di fare un

trattato sul sistema pensionistico Italiano, ma di sensibilizzare

quei lavoratori, con tempi alla pensione relativamente brevi, a

porre molta attenzione nel caso dovessero affrontare processi di

mobilità o risoluzioni consensuali del rapporto di lavoro con

incentivi all’esodo. È importante, in questi casi, capire se le

proposte aziendali assicurano una sufficiente copertura economica

per il periodo di tempo che si dovrà attendere, prima di arrivare a

percepire la pensione. Credo e spero che, con le informazioni

succitate, tu, in casi di necessità, sia in grado di valutare la

correttezza e convenienza delle proposte ricevute.

2.3 Ricongiunzione e totalizzazione

E’ ormai molto frequente che un lavoratore, giunto alla

maturazione del diritto alla pensione, si trovi con dei contributi

pensionistici versati in diversi enti previdenziali o nello stesso

26

Page 27: Cosa devi sapere se la tua azienda in crisi

ente con periodi di discontinuità; si pone in questi casi il

problema se e come sia possibile procedere con la ricongiunzione

dei diversi contributi pensionistici per poter ottenere un’unica

pensione. La situazione va studiata secondo tre parametri:

possibilità di procedere con la ricongiunzione;

valutazione degli eventuali costi;

convenienza economica.

È necessario chiarire immediatamente che, in effetti, si può

procedere con due diversi sistemi per mettere a frutto tutti i

contributi versati: la ricongiunzione vera e propria o la

totalizzazione dei contributi pensionistici.

NOTA N. 7: la ricongiunzione é la riunificazione presso un

unico ente dei periodi assicurativi maturati dal lavoratore in

differenti settori di lavoro. Lo scopo é quello di ottenere un

un’unica pensione, calcolata su tutti i contributi pensionistici

versati nei diversi enti previdenziali.

Un dipendente, iscritto ad un ente pensionistico, può

ricongiungere, presso lo stesso ente, tutti i contributi accumulati

in periodi diversi, effettuando in tal modo la così detta

ricongiunzione passiva. Può ugualmente decidere di trasferire

nell’ente stesso i contributi versati, in periodi precedenti o

coincidenti, presso altre gestioni previdenziali, procedendo in

pratica ad una ricongiunzione attiva. Solo i seguenti contributi

pensionistici si possono ricongiungere:

27

Page 28: Cosa devi sapere se la tua azienda in crisi

dallo Stato al fondo pensioni lavoratori dipendenti (FPLD),

costituito presso l’Inps. La possibilità di ricongiunzione è data

a tutti i dipendenti degli enti pubblici a condizione che siano

cessati dal servizio senza aver maturato il diritto a pensione;

da altri fondi al fondo pensioni lavoratori dipendenti. La

possibilità di ricongiunzione è data a tutti i dipendenti iscritti

ad una o più casse pensionistiche allo scopo di ottenere

un’unica pensione anche se il lavoratore non è mai stato iscritto

all’Inps;

dall’Inps ad altri fondi. La possibilità di ricongiunzione è data

a tutti i dipendenti iscritti all’Assicurazione Generale

Obbligatoria allo scopo di ottenere un’unica pensione a

condizione che il lavoratore sia iscritto, all’atto della domanda,

al fondo presso il quale intende trasferire la contribuzione,

oppure lo sia stato per almeno 8 anni;

dalle gestioni autonome al fondo pensioni lavoratori

dipendenti. La possibilità di ricongiunzione è data a tutti i

lavoratori autonomi, allo scopo di ottenere un’unica pensione,

a condizione che il lavoratore, dopo l’iscrizione nella gestione

autonoma, possa far valere almeno 5 anni d’iscrizione al fondo

pensioni lavoratori dipendenti presso il quale intende trasferire

la contribuzione.

Il ricongiungimento può essere più o meno oneroso, secondo gli

spostamenti richiesti; i calcoli sono complessi e, in caso di

necessità, è meglio rivolgersi all’Inps o ad alcuni patronati che

28

Page 29: Cosa devi sapere se la tua azienda in crisi

possiedono i software per effettuare delle proiezioni

sufficientemente attendibili. Cito ad esempio il patronato Acli, ed

il patronato Inca. Il ricongiungimento permette di ricevere

un’unica pensione, calcolata con le regole del fondo presso cui si

sono fatti confluire i contributi.

NOTA N. 8: la totalizzazione permette, a chi ha versamenti in

diversi fondi non sufficienti a maturare il diritto alla pensione,

di cumulare i diversi periodi assicurativi per conseguire la

pensione di vecchiaia o di anzianità.

Sono interessati alla totalizzazione in particolare i co.co.co e

co.co.pro, inscritti alla gestione separata INPS, per i quali non si

poteva procedere con la ricongiunzione.

Possono richiedere la totalizzazione dei contributi pensionistici i

lavoratori iscritti:

a due o più forme di assicurazione obbligatoria per l’invalidità,

la vecchiaia e i superstiti;

alle forme sostitutive, esclusive ed esonerative

dell’assicurazione generale obbligatoria;

alle forme pensionistiche obbligatorie gestite dagli Enti

previdenziali privatizzati;

agli appositi albi o elenchi, gestiti dagli Enti previdenziali

privati;

alla gestione separata dei lavoratori parasubordinati;

29

Page 30: Cosa devi sapere se la tua azienda in crisi

al fondo di previdenza per il clero secolare e per i ministri di

culto delle confessioni religiose diverse dalla cattolica.

I periodi assicurativi da ricongiungere, che non possono essere

coincidenti temporalmente, devono aver una durata di almeno tre

anni. La pensione sarà calcolata sul totale dei contributi maturati,

ed ogni fondo pensione erogherà la quota parte di sua

competenza. La domanda va, ovviamente, fatta al momento in cui

si va in pensione e presentata al fondo in cui si sono versati gli

ultimi contributi. La totalizzazione dei contributi é completamente

gratuita ma il calcolo dell’anzianità contributiva e della pensione

da liquidare ( calcolo molto complesso), fanno sì che in alcuni

casi e quando possibile, sia più conveniente procedere con la

ricongiunzione, anche se onerosa.

Queste considerazioni possono venire utili a chi, temendo od

intuendo di potersi trovare, prima o poi, ad affrontare una crisi

della propria azienda, sarebbe in condizione di anticipare la

valutazione di operazioni di ricongiungimento o di totalizzazione

dei contributi versati.

30

Page 31: Cosa devi sapere se la tua azienda in crisi

DOMANDE & RISPOSTE

D: mi é stato proposto di risolvere il rapporto di lavoro e di

aderire volontariamente alla mobilità, durante la quale dovrei

maturare il diritto alla pensione. Cosa succederebbe se, nel

frattempo, venissero cambiati i criteri di accesso alle pensioni?

R: l’azienda dovrebbe darsi disponibile a rivedere l'accordo

sottoscritto, per individuare soluzioni alternative qualora al

termine del periodo di mobilità si verificasse l’impossibilità di

accesso alla pensione, per sopravvenute modifiche legislative.

Questo impegno dovrebbe essere riportato nel verbale di

conciliazione.

D: mi é stato detto che la ricongiunzione dei contributi INPDAP

con i contributi versati al FLDP, non é più gratuita. Le risulta

che sia vero? Ho consultato il sito dell'INPS, ma non ho trovato

nulla a tale proposito.

R: le ricongiunzioni, le cui domande sono state presentate dopo il

1/7/2010, per effetto della legge 122/2010, non sono più gratuite.

D: durante il periodo di mobilità, per effetto dei contributivi

figurativi, raggiungerò i 40 anni di contribuzione. L'indennità di

mobilità mi verrà erogata solo sino al raggiungimento dei 40 anni

di contribuzione o sino all'effettivo percepimento della pensione?

R: le norme che disciplinano l'apertura delle nuove finestre

pensionistiche, si dovrebbero applicare anche ai lavoratori in

mobilità che raggiungono il requisito pensionistico, dal 1 gennaio

2011 in avanti. Questi lavoratori, con la nuova normativa,

31

Page 32: Cosa devi sapere se la tua azienda in crisi

sarebbero costretti ad attendere 12 mesi, dalla maturazione dal

requisito pensionistico, per poter ottenere l’assegno relativo alla

pensione. L’articolo 12, comma 5, della Legge 122/2010, afferma

che solo 10.000 lavoratori, tra quelli posti in mobilità, potranno

beneficiare delle vecchie finestre di uscita: sarà l’INPS a

monitorare le relative domande per la compilazione della lista in

questione.

Tale situazione, che potrebbe riguardare moltissimi lavoratori

posti in mobilità in tutta Italia, ha costretto il governo a

riconsiderare quanto sopra e con la legge 220 del 2010, ha

stabilito che il Ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali, di

concerto con il Ministro dell’Economia e delle Finanze, nei limiti

delle risorse disponibili del Fondo sociale per occupazione e

formazione, può disporre la concessione del prolungamento

dell'indennità di mobilità, per il periodo di tempo necessario al

raggiungimento della decorrenza del trattamento pensionistico:

con questa soluzione si eviterebbe il verificarsi di periodi di

vuoto, in cui non si percepirebbe più l’indennità di mobilità e non

si avrebbe ancora diritto a percepire la pensione. E' dunque

necessario riferirsi necessariamente agli uffici dell'INPS per

ottenere delle precise informazioni di carattere personale.

32

Page 33: Cosa devi sapere se la tua azienda in crisi

3° CAPITOLO

I PROCESSI DI RIDUZIONE DEL

PERSONALE

Lo scopo di questo capitolo è quello di introdurti ad una materia

difficile, quale quella dei licenziamenti, poiché, nei momenti di

crisi, le aziende possono legalmente ricorrere a quelli che

vengono definiti licenziamenti collettivi e licenziamenti

individuali plurimi. Occorre, per comprendere bene le differenze,

introdurre l’argomento dei licenziamenti individuali propriamente

detti, in quanto, frequentemente, si tende a confondere questi con

quelli adottabili nelle aziende in crisi, per effettuare delle

riduzioni di personale. Alcuni datori di lavoro disonesti giocano

sull’equivoco, minacciando licenziamenti, che in effetti, non

potrebbero mai adottare; capiamo dunque bene le differenze.

Licenziamento individuale

Mi sono accorto, dai commenti ricevuti sul mio blog che, a livello

dei dipendenti, ci sono scarse conoscenze delle problematiche

relative al licenziamento individuale; in particolare non sono

chiare le differenze tra tutela reale e tutela obbligatoria, nel caso il

licenziamento si rivelasse illegittimo.

33

Page 34: Cosa devi sapere se la tua azienda in crisi

Lungi da me nel credere di poter fornire, in poche righe, una

completa analisi dell’argomento, riassumo, per chi avesse bisogno

di chiarimenti, gli aspetti fondamentali del problema.

NOTA N. 9: il licenziamento individuale, intimato al di fuori

di processi di riduzione del personale, se non é motivato dalla

giusta causa o da un giustificato motivo oggettivo/soggettivo, é

illegittimo.

È, però, necessario, dal punto di vista legale, fare delle distinzioni

in quelle che sono le dimensioni dell’azienda e le conseguenze

per il datore di lavoro, a seconda che si tratti di dipendenti sotto

tutela obbligatoria o tutela reale del posto di lavoro. Le aziende,

che hanno fino a 15 dipendenti (fino a 5 se aziende agricole) e che

sono sotto il regime della così detta tutela obbligatoria del posto

di lavoro, possono licenziare i dipendenti anche per oggettive

esigenze organizzative o produttive, comunicando per iscritto il

licenziamento.

Il dipendente ha tempo 15 giorni, dal ricevimento della

comunicazione, per richiedere al datore di lavoro i motivi del

licenziamento; l’azienda ha, a sua volta, tempo 7 giorni per

rispondere a tale richiesta. Il dipendente, attraverso un proprio

legale, potrà presentare ricorso contro il licenziamento e, nel caso

questo fosse riconosciuto illegittimo, l’azienda potrà essere

condannata, a scelta del datore di lavoro:

34

Page 35: Cosa devi sapere se la tua azienda in crisi

alla riassunzione del dipendente;

al pagamento di una somma, a titolo di indennità, variabile da

un minimo di 2,5 ad un massimo di 14 mensilità, a seconda di

elementi presi in considerazione dal giudice, quali l’anzianità

del dipendente, le dimensioni dell’azienda ecc. È inutile dire

che, ben difficilmente, il datore di lavoro opterà per la

riassunzione del lavoratore.

E’ importante considerare una regola che vale per qualunque tipo

di licenziamento; questo é da considerarsi inefficace (non

illegittimo) se:

é stato intimato senza la forma scritta;

l’azienda non ha risposto alla richiesta di motivare il

licenziamento;

l’azienda ha risposto con ritardo alla richiesta di motivare il

licenziamento.

Le aziende che hanno più di 15 dipendenti (più di 5 se agricole)

sono sotto il regime della tutela reale del posto di lavoro, e prima

di procedere al licenziamento, devono, nei casi di giusta causa o

giustificato motivo oggettivo, far pervenire al dipendente una

contestazione disciplinare. Ogni contratto nazionale stabilisce

entro quali tempi il lavoratore deve rispondere alla contestazione

disciplinare e, entro quanto l’azienda può, poi, procedere al

licenziamento, se non convinta delle ragioni esposte dal

dipendente.

35

Page 36: Cosa devi sapere se la tua azienda in crisi

Il dipendente, qualora ritenga il licenziamento illegittimo, lo

dovrà impugnare entro 60 giorni dalla sua comunicazione;

l’impugnazione può essere esercitata in qualunque modo, anche

con semplice raccomandata al datore di lavoro ma é ovvio che

l’iter raccomandato é quello di rivolgersi sia ad un sindacato che

ad un legale di fiducia, frequentemente indicato dagli stessi

sindacati.

L’utilizzo della via giudiziale prevede che il legale depositi il

ricorso presso la cancelleria del tribunale di competenza, previo

esperimento del tentativo obbligatorio di conciliazione presso le

Commissioni appositamente individuate sul territorio. Sia il

dipendente che l’azienda potranno optare se accettare l’invito

della Commissione di Conciliazione, per tentare una transazione

extragiudiziale, o declinare l’invito ed attendere la convocazione

dalla magistratura del lavoro, per discutere la vertenza davanti ad

un giudice.

I tempi della magistratura del lavoro sono molto variabili a

seconda dei tribunali; le cause di lavoro dovrebbero iniziare e

terminare in un periodo di tempo di circa un anno, ma in alcuni

tribunali, specie del sud Italia, possono durare anche diversi anni.

Il giudice, nel caso ritenga il licenziamento nullo o ingiustificato

dispone che:

36

Page 37: Cosa devi sapere se la tua azienda in crisi

il lavoratore sia reintegrato nel posto di lavoro, senza

concedere all’azienda la possibilità di una alternativa di tipo

risarcitorio;

il datore di lavoro sia condannato ad un risarcimento del danno

subito dal lavoratore, pari alla retribuzione globale di fatto, dal

giorno del licenziamento sino alla effettiva reintegrazione (e

comunque non inferiore a 5 mensilità di retribuzione).

Il datore di lavoro, nel caso non proceda al reintegro del

dipendente, dovrà continuare a pagargli ininterrottamente

un’indennità pari alle retribuzioni correnti; solo il lavoratore potrà

optare per la risoluzione del contratto di lavoro a fronte però del

pagamento di un’indennità pari a 15 mensilità .

Licenziamenti collettivi

Completamente diversi sono i licenziamenti collettivi, i quali

rientrano tra le azioni adottate dalle aziende per effettuare una

riduzione del personale. L’esigenza aziendale di procedere con

una riduzione di personale può concretizzarsi sia con un

licenziamento collettivo, sia con un licenziamento individuale

plurimo, per giustificato motivo oggettivo. Quali sono allora le

differenze?

NOTA N. 10: Il licenziamento collettivo é conseguenza di una

riduzione o trasformazione di attività o di lavoro, mentre il

licenziamento individuale plurimo é adottabile quando la

37

Page 38: Cosa devi sapere se la tua azienda in crisi

riduzione del personale é motivata da ragioni inerenti

l’attività produttiva, l’organizzazione del lavoro e il regolare

funzionamento di essa.

La differenza, ad occhi non esperti può sembrare relativa, ma, dal

punto di vista procedurale e legale ha delle importanti

implicazioni. Il licenziamento collettivo può essere adottato dalle

aziende con più di 15 dipendenti, le quali devono porre in

mobilità perlomeno 5 dipendenti, in ambito provinciale (regionale

o nazionale secondo la dislocazione delle unità produttive sul

territorio), nell’arco di 120 giorni.

Il licenziamento collettivo dovrà essere motivato da una

riduzione, o trasformazione, o cessazione di attività o di lavoro.

Una volta individuati gli esuberi in termini di posizioni da abolire,

la scelta di quali lavoratori licenziare dovrà essere fatta,

utilizzando criteri di legge o, in alternativa, criteri concordati con

le organizzazioni sindacali di categoria. I criteri di legge sono:

anzianità di servizio;

carichi di famiglia;

ragioni tecnico produttive.

I tre fattori dovrebbero avere un peso uguale, ma gli accordi

possono modificarne il valore al fine di meglio rispondere alla

situazione aziendale; mentre l’anzianità di servizio ed i carichi di

famiglia sono dati incontestabili, le ragioni tecnico produttive, in

38

Page 39: Cosa devi sapere se la tua azienda in crisi

quanto determinate dall’azienda, possono portare a contestazioni

con impugnazione dei licenziamenti. Esistono poi accordi

sindacali nei quali è previsto, come unico criterio di scelta, il

tempo alla pensione o la volontarietà o la miscela di questi con i

criteri di legge.

Voglio, infine, segnalare una recente sentenza della Corte di

Cassazione (numero 1722/2011), con l’obiettivo di evitare

l’insorgere d’inutili vertenze tra datori di lavoro e lavoratori. La

Corte ha chiarito un aspetto importante sulla legittimità del

comportamento datoriale nella dichiarazione ed individuazione

dei dipendenti, da far rientrare nei licenziamenti collettivi.

La sentenza riguarda il caso in cui le aziende debbano attuare una

riduzione del personale estesa a tutta l'azienda e che, con

l'accordo dei sindacati, sia stato scelto come criterio d’inclusione

nelle liste di mobilità, l'accesso alla pensione.

Il datore di lavoro, a livello procedurale, in questo caso può

limitarsi a segnalare il numero complessivo di dipendenti da porre

in mobilità, seppure suddivisi tra i diversi profili professionali

presenti in azienda, senza dovere identificare i reparti e le unità di

provenienza.

39

Page 40: Cosa devi sapere se la tua azienda in crisi

Licenziamento individuale plurimo

Il licenziamento individuale plurimo è adottabile dalle aziende

con un numero di dipendenti pari od inferiore a 15, e, dal punto di

vista pratico, si possono distinguere 2 diversi situazioni:

licenziamento individuale per soppressione del posto di lavoro,

quando la riduzione del personale é specifica come ad esempio

nella chiusura di un ufficio, di una filiale, di un’attività in

quanto data in outsourcing; é ovvio che in questi casi non sono

adottabili i criteri di legge di cui ai licenziamenti collettivi. Il

datore di lavoro deve tuttavia assolvere agli oneri probatori

imposti dalla legge: egli dovrà dimostrare la reale esistenza del

problema che legittima l’effettiva soppressione del posto, il

nesso di causalità tra posto soppresso e attività svolta dal

lavoratore licenziato ed infine la inutilizzabilità del lavoratore

in altra posizione di lavoro disponibile in azienda;

licenziamento individuale per riduzione del personale; questo é

il caso tipico, quando l’obiettivo dell’azienda é quello di

ridurre i costi di gestione per cui il problema investe tutta

l’organizzazione e non singole mansioni. Si ripropongono

dunque situazioni simili a quelle dei licenziamenti collettivi.

Non c’é l’obbligo di licenziare i famosi 5 dipendenti ma, ad

esempio, si può presentare la necessità di licenziare tre

dipendenti su dieci che svolgono stesse mansioni o, come si

dice in gergo, mansioni fungibili tra loro. Ecco allora che il

datore di lavoro non potrà più licenziare, a sua discrezione, i

dipendenti, ma dovranno essere adottati gli stessi criteri

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Page 41: Cosa devi sapere se la tua azienda in crisi

previsti per il licenziamenti collettivi, concordati o meno con le

organizzazioni sindacali.

Indennità di mobilità

Abbiamo visto attraverso quali procedimenti le aziende possono

affrontare crisi temporanee e crisi strutturali, utilizzando gli

ammortizzatori sociali previsti dal nostro stato assistenziale;

dobbiamo ancora analizzare l’ultimo degli interventi a sostegno

del reddito, che viene erogato a quei lavoratori estromessi dal

mondo del lavoro con i licenziamenti collettivi o individuali

plurimi.

NOTA N. 11: l’indennità di mobilità è un intervento

economico erogato a favore dei lavoratori licenziati dalle

proprie aziende in difficoltà, che garantisce loro un'indennità

parzialmente sostitutiva della retribuzione persa.

È però necessario scendere in maggiori dettagli, poiché, come per

gli altri interventi a sostegno del reddito, anche per l’indennità di

mobilità sono previste clausole, che definiscono i requisiti

necessari per potervi accedere. Le aziende che possono utilizzare

questo ammortizzatore sociale sono, essenzialmente, quelle

autorizzate ad effettuare i licenziamenti collettivi e più in

dettaglio:

41

Page 42: Cosa devi sapere se la tua azienda in crisi

imprese industriali che hanno impiegato più di 15 dipendenti

nel semestre precedente a quello dell’attivazione della

mobilità;

imprese commerciali con più di 200 dipendenti nell’ultimo

semestre come sopra:

cooperative con più di 15 dipendenti;

imprese artigiane facenti parte dell’indotto di aziende

committenti che sono ricorse alla mobilità;

alcune aziende in regime transitorio (commerciali con 50-200

dipendenti, agenzie di viaggio con più di 50 dipendenti e

imprese di vigilanza con più di 15 dipendenti).

I dipendenti di queste aziende accedono alle liste di mobilità se

possono vantare perlomeno 12 mesi di anzianità aziendale di cui

almeno 6 effettivamente lavorati. L’erogazione dell’indennità di

mobilità varia in funzione dell’età anagrafica del lavoratore e

della dislocazione territoriale dell’azienda di provenienza.

Tab. 1 - Indennità di mobilità; tempi di erogazione

Età Sede non nel sud Sede nel Sud

Sino a 40

Tra 40 e 50

Oltre 50

12 mesi

24 mesi

36 mesi

24 mesi

36 mesi

48 mesi

L’ammontare dell’indennità di mobilità è pari al 80% della

retribuzione lorda (prendendo in considerazione solo le voci

42

Page 43: Cosa devi sapere se la tua azienda in crisi

fisse), spettante al lavoratore, ma varia con il variare del periodo

di mobilità:

nei primi 12 mesi di mobilità si percepisce il 100% della

somma, come sopra calcolata, detratta del 5,84%;

dal 13° mese e per tutto il periodo di mobilità, il trattamento

sarà pari al 80% della somma percepita il primo anno.

Il lavoratore, al fine di ottenere l’erogazione dell’indennità, deve

presentare domanda sull’apposito modulo DS/21, presso le sedi

INPS, competenti territorialmente, entro il 68° giorno dalla data

del licenziamento. Può rivelarsi utile sapere che, nel caso il

lavoratore intenda dare inizio ad un lavoro autonomo, può

ottenere l'erogazione anticipata dell'indennità di mobilità da parte

dell'INPS; facendone relativa richiesta tramite il modello DS

21/ANT. La domanda, ovviamente, dovrà essere corredata della

documentazione comprovante l'inizio della nuova attività

lavorativa e l'indennità sarà versata all’interessato in un'unica

soluzione.

Cito, a puro titolo d’esempio, alcune attività, intraprese dopo

essere stati inseriti nelle liste di mobilità, che danno titolo a

richiedere l’anticipazione dell’indennità di mobilità:

attività artigianale con iscrizione ai relativi albi;

commerciante con iscrizione agli appositi registri;

agente o rappresentante di commercio con l’iscrizione negli

appositi ruoli;

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Page 44: Cosa devi sapere se la tua azienda in crisi

attività di libera professione con iscrizione negli appositi albi e

l’apertura della relativa partita IVA;

socio di cooperativa con l’iscrizione negli appositi elenchi.

La domanda dovrà essere presentata entro 60 giorni dall’inizio

della nuova attività.

Esistono, oltre a quella ordinaria, altre due forme di mobilità: la

mobilità lunga e la mobilità in deroga. La mobilità lunga, dal

punto di vista pratico, è stata istituita con l’obiettivo di gestire

degli esuberi che, essendo temporalmente vicini alla maturazione

dei diritti alla pensione, vengono accompagnati sino alla data del

suo percepimento.

NOTA N. 12: nella mobilità lunga, la permanenza nelle liste di

mobilità dovrebbe permettere il raggiungimento dell’età

anagrafica o dell’anzianità contributiva necessarie a maturare

il diritto alla pensione.

Questo tipo di mobilità, che viene concessa solo con appositi

decreti del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, si applica

a lavoratori licenziati da:

aziende del mezzogiorno;

aziende che si trovano in aree con tasso di disoccupazione

superiore alla media nazionale;

imprese del settore chimico, tessile, abbigliamento e

calzaturiero.

44

Page 45: Cosa devi sapere se la tua azienda in crisi

Si sono succeduti nel tempo tali e tante leggi, interpretazioni ed

estensioni che, oggi, ci si trova in un vero e proprio ginepraio,

quando si tenta di capire a chi spetta e quali requisiti sono

richiesti. È compito delle aziende accertare se possono, in caso di

necessità, utilizzare procedure di mobilità lunga; agli eventuali

lavoratori, che si trovassero inseriti in queste liste di mobilità,

posso solo consigliare di recarsi immediatamente alle sedi INPS

di competenza, per verificare la loro posizione personale. Le

attuali leggi che regolano il percepimento delle pensioni sia di

vecchiaia che di anzianità, potrebbero, infatti, riservare delle

amare sorprese.

La mobilità in deroga, lo dice la stessa definizione, è stata istituita

per prendere in considerazione, se non tutte, almeno una parte di

quelle situazioni escluse dalla mobilità ordinaria; spetta, dunque,

a tutti i lavoratori subordinati, compresi apprendisti e lavoratori

con contratto di somministrazione e a lavoratori a cui è stato

prorogato il trattamento di mobilità ordinaria, a seguito di accordi

regionali. Valgono, fondamentalmente, le stesse regole della

mobilità ordinaria, con la differenza che la durata non è una

funzione dell’età del lavoratore, ma è una variabile stabilita dagli

accordi regionali.

45

Page 46: Cosa devi sapere se la tua azienda in crisi

DOMANDE & RISPOSTE

D: l'azienda vuole attuare una procedura di mobilità, ma non ha

raggiunto alcun accordo con i sindacati. Con quali criteri

sceglierà i dipendenti da inserire nelle liste di mobilità?

R: dovrà usare i criteri stabiliti dalla legge e cioè anzianità

aziendale, carichi di famiglia e un parametro tecnico

organizzativo definito dall'azienda.

D: i sindacati hanno raggiunto un accordo con l'azienda, in base

al quale a tutti i dipendenti che andranno in mobilità sarà

proposta la risoluzione consensuale del rapporto di lavoro con un

incentivo all'esodo. Io non sono soddisfatto della somma che i

sindacati hanno concordato per la mia persona e per i dipendenti

con le mie stesse condizioni di anzianità, di servizio e carichi di

famiglia. Posso avere copia dell'accordo e chiedere una somma

diversa?

R: é un diritto dei dipendenti prendere visione dell'accordo

firmato dai sindacati. E' invece difficile chiedere una somma

diversa da quella stabilita negli accordi; se però si teme di aver

subito trattamenti illeciti é sempre possibile non firmare la

risoluzione consensuale ed impugnare l'eventuale licenziamento,

con l'assistenza di un legale di fiducia.

D: ammesso che i criteri per l'immissione nelle liste di mobilità

siano quelli stabiliti per legge, devono avere tutti lo stesso peso?

Per anzianità s'intende quella anagrafica o quella aziendale?

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Page 47: Cosa devi sapere se la tua azienda in crisi

R: il peso da dare ai singoli criteri dovrebbe essere concordato tra

azienda e sindacati. L'anzianità da considerare é quella aziendale.

D: possono mettermi in mobilità, anche se sono incinta? non c'è

nessuna tutela?

R: Durante il periodo di gravidanza, nel quale opera il divieto di

licenziamento, la lavoratrice non può essere sospesa dal lavoro,

salvo il caso in cui sospende l'attività dell'azienda o del reparto a

cui essa e' addetta, a patto che il reparto stesso abbia autonomia

funzionale. La lavoratrice non può altresì essere collocata in

mobilità a seguito di licenziamento collettivo, ai sensi della legge

23 luglio 1991, n. 223 e successive modificazioni, salva l'ipotesi

di collocamento in mobilità a seguito della cessazione dell'attività

dell'azienda di cui al comma 3, lettera b).(1) Il licenziamento

intimato alla lavoratrice in violazione delle disposizioni di cui ai

commi 1, 2 e 3, e' nullo.

D: vorrei sapere se fosse possibile concordare con l’azienda il

mio licenziamento con l'accesso alle liste di mobilità volontaria,

ma a condizione di ricevere un incentivo congruo e la garanzia

del proseguimento delle mie attività da esterno, attraverso un

contratto di consulenza. In sostanza è compatibile la mobilità con

la trasformazione del lavoro da dipendente a tempo

indeterminato a consulente?

R: le leggi non sono chiare ed esistono pareri contrastanti tra

Corte di Cassazione ed INPS. Ci sono dei rischi nel caso in cui la

consulenza sia svolta per la stessa azienda che ha attivato la

mobilità e soprattutto se la consulenza viene svolta con la

47

Page 48: Cosa devi sapere se la tua azienda in crisi

sottoscrizione di un contratto a progetto. Consultare il parere

INPS del Dicembre 2007 .

48

Page 49: Cosa devi sapere se la tua azienda in crisi

4° CAPITOLO

LA RISOLUZIONE CONSENSUALE

La risoluzione consensuale del rapporto di lavoro è una procedura

con la quale si può interrompere un rapporto di lavoro,

diversamente dalle dimissioni e dal licenziamento. La risoluzione

consensuale del rapporto di lavoro trova applicazione

essenzialmente in due situazioni:

fa parte del tentativo delle Commissioni di Conciliazione o del

Giudice del lavoro, di concludere una vertenza tra datore di

lavoro e lavoratore. È la soluzione, talvolta, proposta alle parti

in casi d’impugnazione di trasferimenti di unità produttiva o di

contestazione alle liste di mobilità, nei licenziamenti collettivi;

è un accordo sottoscritto tra azienda e dipendente, in certe

particolari situazioni che si vengono a determinare,

essenzialmente, a seguito di processi di riorganizzazione

aziendale o ristrutturazione aziendale.

NOTA N. 13: la risoluzione consensuale del rapporto di

lavoro, nelle sue linee essenziali, prevede che il dipendente si

dia disponibile ad interrompere il rapporto di lavoro a fronte

alla disponibilità aziendale ad erogare una somma concordata

tra le parti o tramite le organizzazioni sindacali.

49

Page 50: Cosa devi sapere se la tua azienda in crisi

Le particolari situazioni che suggeriscono di prendere in

considerazione la risoluzione consensuale del rapporto di lavoro,

ammesso che sia l’azienda a proporla, si riferiscono a dipendenti

vicino all’età pensionabile o a dipendenti che, nel caso appunto di

processi di ristrutturazione aziendale e a fronte degli incerti di una

vertenza, preferiscono accettare la proposta dell’azienda, se

economicamente interessante.

Questa pratica si accompagna, frequentemente, ai processi di

mobilità, poiché le aziende, incentivando economicamente la

risoluzione consensuale del contratto di lavoro, snelliscono

moltissimo le procedure dei licenziamenti collettivi

Laddove l’atto di risoluzione consensuale del rapporto di lavoro

sia firmato davanti alle Commissioni di Conciliazione o di fronte

ad un giudice, non esistono problemi sulla sua applicazione e sul

rischio, per l’azienda, che l’atto venga impugnato, a posteriori, dal

dipendente. Presenta maggiori rischi il caso in cui l’atto di

risoluzione consensuale del rapporto di lavoro nasca come

transazione privata tra azienda e dipendente:

é’ consigliabile, per il dipendente, trattare le cifre sempre al

netto;

é consigliabile, sia per il dipendente che per l’azienda, far

validare l’atto con un verbale di conciliazione in sede

sindacale. E’ tipico firmare un pre - accordo in azienda e, poi,

controfirmare l’atto, ad esempio, nelle sedi confindustriali di

50

Page 51: Cosa devi sapere se la tua azienda in crisi

fronte ai rappresentanti di categoria per l’azienda e a quelli

sindacali per il dipendente;

si dovrebbe, al momento della transazione privata, concordare

una formulazione tipo (vedi allegato) per l’atto di risoluzione

consensuale del rapporto di lavoro che, in tale modo, risulterà

protettiva sia degli interessi del dipendente che di quelli

dell’azienda.

Incentivo all’esodo

La risoluzione consensuale del rapporto di lavoro può rivelarsi

più o meno accettabile a seconda di come é stato effettuato il

calcolo dell’incentivo all’esodo. Premesso che qualunque

processo che porti alla perdita del posto di lavoro é un evento

traumatico, alcuni metodi di calcolo dell’incentivo all’esodo,

concordati tra aziende e sindacati, possono rendere tali eventi

meno drammatici, assicurando il percepimento di somme di una

certa importanza.

Il metodo che, tra quelli di mia conoscenza, mi sembra il più

equo, é basato sui seguenti principi:

si applica a personale dipendente che ha diritto di accedere alle

liste di mobilità;

l’importo dell’incentivo all’esodo é calcolato tenendo presente

quattro fattori e cioè: una base uguale per tutti, un fattore

legato all’anzianità anagrafica, uno legato all’anzianità

aziendale ed infine uno legato al numero di famigliari a carico;

51

Page 52: Cosa devi sapere se la tua azienda in crisi

é presa come base del calcolo il valore dell’ultima retribuzione

ordinaria netta mensile, percepita in busta paga;

Premesso che il calcolo dell’incentivo all’esodo non è regolato da

leggi e che, specialmente in certe situazioni, il potere negoziale è

nettamente sbilanciato a favore delle aziende, il numero delle

mensilità totali da erogare potrebbe essere determinato con il

metodo che segue.

Il metodo non è teorico, ma è stato realmente applicato in un caso

di fusione tra due grandi aziende multinazionali. Non ti nascondo

che molte ditte potrebbero non essere in grado di erogare lo

stesso tipo d’incentivo; gli imprenditori, d’altro canto, hanno una

responsabilità sociale e dovrebbero considerare che la perdita del

posto di lavoro può provocare dei veri e propri drammi

economici. Il calcolo che segue prevede che sia stabilita una base

uguale per tutti pari a 12 mensilità.

Tab. 1 – Calcolo dell’incentivo all’esodo.

Età Mensilità Anzianità

aziendale Mensilità

Famigliari

a carico Mensilità

31/33 3 ≤ 3 1 1 3

34/37 6 4-6 2 2 4

38/41 12 7-9 3 ≥ 3 5

42/45 14 10-12 4

46/49 16 13-15 5

50/52 18 16-18 6

>53 20 19-20 7

> 21 8

52

Page 53: Cosa devi sapere se la tua azienda in crisi

Si applicano i criteri della tabella precedente e, una volta stabilita

la somma totale in funzione dei diversi fattori, l’incentivo

all’esodo, che l’azienda dovrebbe erogare é ottenuto sottraendo al

totale le cifre percepite come indennità di preavviso e come

indennità di mobilità. Un esempio chiarirà il sistema di calcolo;

consideriamo un dipendente di 39 anni, con anzianità aziendale di

14 anni e senza famigliari a carico. Ipotizziamo una retribuzione

mensile netta di 1400 euro.

Prospetto di calcolo

A - Mensilità totali ( 12 + 12 + 5 ) pari a 29 x 1400 = 40.600 Euro

B - Preavviso spettante ( mesi 3 ), pari a 3 x 1600 = 4.800 Euro.

C – Mobilità spettante ( mesi 12 ) pari a 12 x 1026 = 12.312 Euro.

D – Incentivo all’esodo = A – B – C = 23.488 Euro.

L’incentivo all’esodo, che l’azienda deve provvedere a lordizzare

in funzione dell’aliquota del TFR, é corrisposto entro la fine del

mese successivo a quello di risoluzione consensuale del rapporto

di lavoro, previa sottoscrizione della transazione, ex art 411 c.p.c.,

dinanzi alla Commissione Paritetica, istituita presso gli Enti

bilaterali.

Ribadisco che il metodo, sopra suggerito, é proponibile nel caso

che la risoluzione consensuale del rapporto di lavoro s’inserisca in

un processo di mobilità; ricordo nuovamente che l’incentivo

scaturisce da una negoziazione tra azienda e dipendente, o tra

53

Page 54: Cosa devi sapere se la tua azienda in crisi

datore di lavoro e sindacati e può variare moltissimo da azienda

ad azienda. Posso solo suggerire ai dipendenti di valutare con

accuratezza la proposta aziendale, in quanto esistono situazioni

personali molto differenti tra di loro, che possono rendere più o

meno accettabile la somma offerta.

Un dipendente che sia vicino alla pensione può richiedere una

somma che lo accompagni verso la maturazione del diritto alla

stessa.

Un lavoratore ultraquarantenne potrebbe orientarsi su due

annualità della sua retribuzione, considerando che gli occorrerà

molto tempo per trovare una nuova opportunità professionale.

Un dipendente, nel caso risolva il rapporto di lavoro

consensualmente con una transazione, che preveda il passaggio

dall’azienda A all’azienda B (situazione tipica nelle cessioni di

rami d’azienda), dovrà necessariamente accontentarsi di

somme più modeste. Può essere contemplata, però, una

diminuzione della retribuzione mensile; in questo caso la

somma da negoziare potrebbe essere calcolata moltiplicando la

differenza di stipendio per un certo numero di mensilità (ad

esempio 12 – 18 ).

Questi calcoli sono solo delle ipotesi, poiché non esiste alcuna

legge o accordo sociale, che obblighi le aziende ad erogare

determinati incentivi a seguito di una risoluzione consensuale del

rapporto di lavoro.

54

Page 55: Cosa devi sapere se la tua azienda in crisi

Il lavoratore, nei casi in cui l’azienda proponga delle somme

irragionevoli, dovrà valutare se ricorrere ad un legale o meno, per

difendere il suo posto di lavoro. C’è da considerare, nelle diverse

valutazioni da fare, il caso in cui la risoluzione consensuale del

rapporto di lavoro non sia finalizzata ad una successiva procedura

di mobilità

NOTA N. 14: il lavoratore che accetta una risoluzione

consensuale senza l’inserimento in una lista di mobilità, pur

essendo a tutti gli effetti un disoccupato, perde la possibilità di

richiedere l’indennità di disoccupazione. L’INPS, a cui il

problema era già stato posto, ha chiarito l’argomento con la

Circolare del 10 Ottobre 2006

L’indennità di disoccupazione può essere richiesta anche a fronte

di una risoluzione consensuale del rapporto di lavoro, sole se

questa sia stata determinata:

dal trasferimento del lavoratore ad una notevole distanza dalla

residenza del lavoratore /o dall’ultima sede di lavoro, pari ad

una distanza superiore a 50 km dalla residenza del lavoratore

ovvero se la stessa è raggiungibile in un tempo superiore a 80

km con l’utilizzo di mezzi pubblici;

da notevoli variazioni del rapporto di lavoro conseguenti a

cessione d’azienda.

55

Page 56: Cosa devi sapere se la tua azienda in crisi

Mi sembra, infine, importante segnalare una recente sentenza

della Corte di Cassazione relativa al verbale di conciliazione in

sede sindacale (sentenza n. 3237 del 10 febbraio 2011). Il caso in

esame si riferisce ad una risoluzione consensuale del rapporto di

lavoro, il cui verbale di conciliazione, in forza dell’art. 411 del

c.p.c., é stato dichiarato non valido, a causa della mancata

sottoscrizione del rappresentante sindacale alla presenza e

contestualmente alla sottoscrizione da parte del lavoratore.

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso dell’azienda che,

avversa alla sentenza della Corte di Merito, sosteneva la validità

dell’accordo firmato, anche se non sottoscritto in sede sindacale.

E’ questa una sentenza che ribadisce l’importanza di seguire la

procedura stabilita dalla legge, nella risoluzione consensuale del

rapporto di lavoro, procedura a cui devono prestare uguale

attenzione sia i datori di lavoro che i lavoratori.

Tassazione dell’incentivo all’esodo

La tassazione dell’incentivo all’esodo é un argomento

strettamente connesso con quello sulla risoluzione consensuale

del rapporto di lavoro; la firma di un accordo in tal senso prevede,

di norma, l’erogazione, da parte dell’azienda, di due somme di

denaro:

una somma a titolo di corrispettivo del consenso alla

risoluzione del rapporto di lavoro (incentivo all’esodo);

56

Page 57: Cosa devi sapere se la tua azienda in crisi

una somma a saldo, stralcio e definitiva transazione di ogni e

qualsiasi diritto o titolo, sino al momento dell’accordo,

eventualmente non soddisfatto e comunque connesso con il

pregresso rapporto di lavoro.

L’art. 19, comma 4 bis, del TUIR stabiliva che le somme

corrisposte a titolo d’incentivo all’esodo ai lavoratori che

avessero compiuto 50 anni, se donne, o 55 anni, se uomini,

dovevano essere tassate con un’aliquota pari alla metà di quella

applicata per la tassazione del TFR.

La Corte di Giustizia della Comunità Europea, nel luglio del

2005, sentenziava che tale norma risultava in contrasto con i

principi comunitari di parità di trattamento tra uomini e donne;

nel frattempo, con l’entrata in vigore del D.L. 223 del 2006, le

somme erogate come incentivo all’esodo, venivano

successivamente tassate con la stessa aliquota del Tfr, per cui la

tassazione agevolata veniva mantenuta solamente per i rapporti di

lavoro cessati prima del luglio 2006 o per somme erogate in base

ad accordi, aventi date anteriori all’entrata in vigore del decreto

legge.

Il disposto della sentenza sulla parità di trattamento tra uomini e

donne ha portato ad un contenzioso, sviluppatosi in questi anni tra

contribuenti maschi con età compresa tra i 50 e 55 anni, aziende e

Agenzie delle Entrate, per il recupero delle somme indebitamente

versate.

57

Page 58: Cosa devi sapere se la tua azienda in crisi

La Corte di Giustizia, nel gennaio 2008 è ritornata sul problema

della disparità di trattamento uomo-donna, affermando che

«qualora sia stata accertata una discriminazione incompatibile

con il diritto comunitario, finché non siano adottate misure volte

a ripristinare la parità di trattamento, il giudice nazionale è

tenuto a disapplicare qualsiasi disposizione discriminatoria,

senza doverne chiedere o attendere la previa rimozione da parte

del legislatore, e deve applicare ai componenti della categoria

sfavorita lo stesso regime che viene riservato alle persone

dell’altra categoria».

Chiunque, sia esso uomo o donna, abbia recentemente firmato

una risoluzione consensuale del rapporto di lavoro o si accinga a

farlo, sappia dunque che:

NOTA N. 15: la somma concordata come incentivo all’esodo

sarà tassata con la stessa l’aliquota del Tfr e, pertanto, è

consigliabile farsela calcolare dall’azienda, per avere una

precisa idea sulla differenza tra lordo e netto o, meglio

ancora, concordare la somma al netto.

58

Page 59: Cosa devi sapere se la tua azienda in crisi

DOMANDE E RISPOSTE

D: ho firmato la risoluzione consensuale del rapporto di lavoro e,

alla data concordata con l'azienda, entrerò in mobilità. Devo

presentare l'atto di risoluzione consensuale per richiedere

l'indennità di mobilità?

R: si deve presentare l'atto, poiché questo certifica che lei ha

risolto il rapporto di lavoro con l'azienda.

D: a me e ad alcuni colleghi l'azienda ha proposto la risoluzione

consensuale del rapporto di lavoro, offrendoci un incentivo di

1000 euro, il tfr dilazionato in 4 mesi, l'indennità di

disoccupazione pari a 8 mensilità e il diritto all'iscrizione alla

lista mobilità. Ma questo non è gia previsto per legge a parte i

miseri 1000 euro?

R: fatti salvi i 1000 euro, le altre clausole sono previsioni di legge

e non rientrano nelle liberalità aziendali. Vi sono state fornite,

oltretutto informazioni errate, poiché se firmate una risoluzione

consensuale, non avrete poi diritto all'indennità di disoccupazione

e, in ogni caso, indennità di disoccupazione e indennità di

mobilità sono incompatibili. L'azienda che fa certe affermazioni o

é gestita da un incompetente o tenta di imbrogliare i dipendenti.

D: nel calcolo delle mensilità per l'incentivo all'esodo, la

retribuzione netta mensile comprende la paga base ed anche il

superminimo individuale? In pratica è il netto che mi viene

accreditato in banca? Com’è considerato, ai fini del calcolo

59

Page 60: Cosa devi sapere se la tua azienda in crisi

dell'incentivo all'esodo, il benefit dell'auto aziendale anche per

utilizzo privato?

R: la cifra presa come riferimento, di norma, dovrebbe

comprendere solo le voci fisse della retribuzione, quindi il

superminimo individuale andrebbe calcolato. Mi risulta molto più

difficile se non impossibile che venga calcolato anche il benefit

auto.

D: l'azienda mi sta proponendo di dimettermi ad una data

stabilita, a fronte della loro disponibilità ad elargirmi una cifra

da concordare. Posso accettare, se la cifra é interessante?

R: deve accettare solo una risoluzione consensuale del rapporto di

lavoro, meglio se controfirmata in sede confindustriale davanti

alle rappresentanze di categoria.

D: vorrei proporre al mio datore di lavoro di risolvere

consensualmente il rapporto di lavoro, ma non riesco a trovare

alcun riferimento normativo sull'argomento. La risoluzione

consensuale é normata dalla legge?

R: esiste il riferimento normativo sull’atto stesso come ribadito

dalla Cassazione, ricordando che il contratto di lavoro può essere

risolto, oltre che mediante gli atti unilaterali di recesso di cui agli

art. 2118 e 2119 cod. civ., per mezzo di negozi bilaterali

riconducibili alla previsione di cui all’art. 1372, primo comma,

cod. civ..

60

Page 61: Cosa devi sapere se la tua azienda in crisi

CONCLUSIONI

Penso e spero di averti detto tutto quello che ti potrebbe essere

utile, nel malaugurato caso la tua azienda dovesse affrontare una

situazione di crisi e ci fossero a rischio sospensione di attività o

riduzioni dei posti di lavoro. Sarei felice, come autore di questo

mini e-book, che la sua lettura servisse solamente a fare cultura e

non dovesse essere usato per gestire difficili situazioni personali.

So anche che le informazioni ed i suggerimenti inseriti nel e-book

potrebbero aiutarti in molte circostanze, ma sono cosciente che

esistono comportamenti datoriali non gestibili dal singolo

lavoratore. Concludo, dunque, questo e-book con delle brevi

osservazioni sull’eventualità di dover ricorrere ad un legale di

fiducia, per vedere difesi i propri diritti. Mi limito a pochi

suggerimenti basilari.

La certezza del diritto è un’affermazione teorica per cui non

bisogna dare mai per certo di poter vincere una causa. Non

crediate, perciò, a quei legali che danno per certa la vittoria; un

legale corretto vi parlerà di percentuali di successo o di sconfitta.

Per decidere di iniziare una vertenza contro l’azienda,

personalmente, vorrei sentirmi dire che avrò il 70-80% di

probabilità di vincere. Sotto queste percentuali c’è seriamente da

61

Page 62: Cosa devi sapere se la tua azienda in crisi

pensare se iniziare una vertenza o meno. Prima di affidare un

incarico ad un avvocato difensore domandatevi quali documenti

avete in vostra mano e quali testimoni potreste produrre a vostro

favore. Un bravo avvocato, senza ne documenti ne testimoni a

vostro favore, avrà ben poche possibilità di aiutarvi. Sappiate,

infine, che le organizzazioni sindacali hanno delle strutture a cui

ci si può rivolgere per avere una competente assistenza legale.

Potete, se volete, rivolgervi a:

ALAI CISL fornisce tutela contrattuale, assistenza legale a

coloro che sono coinvolti in forme di lavoro atipiche quale

l’interinale, le collaborazioni a progetto, le socialmente utili.

UFFICIO VERTENZE LEGALI CGIL da ampia assistenza

legale, tecnica e contrattuale, promuovendo, laddove

necessario, le opportune azioni legali davanti alla magistratura.

L’OSSERVATORIO UIL è una particolare iniziativa

indirizzata a contrastare la pratica del mobbing nelle aziende.

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Page 63: Cosa devi sapere se la tua azienda in crisi

ALLEGATI

Atto di risoluzione consensuale del rapporto di lavoro.

La Società S.p.A, con sede in ............., e la signora XY, residente

in ...............

Premesso che:

1. la Società S.p.A. ha assunto alle proprie dipendenze la Signora

XY in data ......;

2. la Società S.p.A. ha proposto alla Signora XY la risoluzione

consensuale del rapporto di lavoro;

3. la Signora XY si è dichiarata disponibile ad acconsentire alla

risoluzione del rapporto di lavoro alle condizioni da lei

richieste;

4. la Società S.p.A. ha accettato di risolvere il rapporto di lavoro

alle condizioni concordate con la signora XY;

Convengono quanto segue:

1. il rapporto di lavoro subordinato sorto fra Società S.p.A. e la

signora XY in data ..... sarà definitivamente risolto ed estinto,

per espresso consenso delle parti stesse, a tutti gli effetti, in

data ...........;

2. la Società S.p.A. si impegna a corrispondere alla signora XY,

entro il ........., oltre alle normali competenze di fine rapporto di

lavoro:

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Page 64: Cosa devi sapere se la tua azienda in crisi

2.1. la somma di Euro...... netti, a titolo di corrispettivo del

consenso alla risoluzione del rapporto di lavoro;

2.2. la somma di Euro ....... netti a saldo, stralcio e definitiva

transazione di ogni e qualsiasi diritto o titolo sino ad oggi

eventualmente non soddisfatto e comunque connesso con il

pregresso rapporto di lavoro.

La signora XY dichiara di accettare:

1. la somma di Euro ....... netti, a titolo di corrispettivo del

consenso alla risoluzione del rapporto di lavoro;

2. la somma di Euro ..... netti a saldo, stralcio e definitiva

transazione di ogni e qualsiasi diritto o titolo sino ad oggi

eventualmente non soddisfatto e comunque connesso con il

pregresso rapporto di lavoro.

La signora XY dà, pertanto, atto alla Società S.p.A. che, con

l'avvenuto pagamento delle somme, di cui ai precedenti punti 1 e

2, essa avrà adempiuto ad ogni obbligo contrattuale e legislativo

nella di lei confronti, dichiarando di ritenersi integralmente

soddisfatta e di non aver più nulla a pretendere dalla Società

stessa e da sue consociate o collegate, sia in ordine ai titoli tutti

come sopra singolarmente specificati, così come in ordine ad ogni

altro diritto, pretesa, ragione o titolo, sorti o che possano,

comunque, sorgere in connessione con il pregresso rapporto di

lavoro e rinunziando, pertanto, definitivamente ed

irrevocabilmente, a ciascuno dei titoli, diritti o pretese stessi, così

come ad ogni azione od eccezione intesa a farli eventualmente

valere.

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Page 65: Cosa devi sapere se la tua azienda in crisi

65

Le parti dichiarano che con il presente atto di risoluzione

consensuale di rapporto di lavoro e transazione hanno inteso

definire ed estinguere ogni reciproco loro obbligo derivante dal

pregresso rapporto di lavoro, così come ogni questione comunque

connessa con il rapporto medesimo, essendo stata

preventivamente tra loro esaminata e discussa. Le parti si danno,

infine, atto di aver esaminato, discusso e definito ogni questione

comunque connessa con l'intercorso rapporto di lavoro, così come

gli importi, di cui sopra, dichiarando, pertanto, che la

sottoscrizione del presente atto riveste carattere transattivo e

definitivamente abdicativo, ai sensi e per gli effetti di cui all'art.

2113 c.c. La Società S.p.A. e la signora XY sottoscrivono il

presente atto per integrale accordo e definitiva accettazione di

tutto quanto in esso previsto.

Letto firmato e sottoscritto

Località e data

Page 66: Cosa devi sapere se la tua azienda in crisi