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Genetica e natura umana nello sGuardo di Jérôme leJeune Che Cosè luomo perChé te ne riCordi? Amerigo Barzaghi Centro di Documentazione Interdisciplionare di scienza e Fede (DISF) Mario Boioli Associazione Euresis Benedetta Cappellini Istituto Nazionale di Astrofisica, Milano Lorenzo Mazzoni Emmeciquadro Irene Murgia Università degli Studi di Milano Annamaria Naggi Istituto di Ricerche Chimiche e Biochimiche G. Ronzoni Emanuele Ortoleva Università degli Studi di Milano Filippo Peschiera Centro di Documentazione Interdisciplinare di Scienza e Fede (DISF) Giovanni Tempra Sanofi Aventis Riccardo Aletti Giorgia Alvisi Marco Baia Giacomo Bertazzoni Anna Bonadimani Giulia Cinquina Giuseppe Damiano Simone Di Leo Lorenzo Fiorica Paola Lasi Romano Mancastroppa Chiara Pennacchi Beatrice Piazza Anna Politi Marta Maria Poggi Monica Romanò Giuditta Rurale Thomas Teatini Andrea Zannoni Laura Zucchelli Università degli Studi di Milano Inglese Ombretta Salvucci Mark Basik Joep van Keeken Paolo Caimi Pierluigi Strippoli Nazzarena Labo Elisabetta Seratoni Chiara Mezzalira Sara Civini Tricia Branagan Laurence Normand-Rivest Francese Alessandra Guerra Matteo Guerra Héloïse Brochier Isabelle Rey-Herme Spagnolo Elisa Beltramini Progetto architettonico Fiorenza Matteoni Laura Basini Alessandro Ferrari Breandan O’Donnell Progetto grafico Lorenzo Morabito Allestimento Francesca Bartoli Francesca Borsello Luci Gianfranco Branca Impianti Tecnologici Sound D-Light srl Video e animazioni Emauele Ortoleva Limina s.r.l. Stampa Millennium Vision Si ringraziano Elio Sindoni Paolo Cappelletti Saul Garavaglia Piero Morandini per la disponibilità di immagini, materiale, strumentazione e ospitalità per i seminari la Fondazione Jérôme Lejeune il Dipartimento di Biologia dell’Università degli Studi di Milano la Pontificia Accademia delle Scienze, la Fondazione CEUR Con il contributo di mostra realizzata per la XXXIII edizione del Meeting per l’amicizia fra i popoli A cura di Associazione Euresis Fondazione Jérôme Lejeune In collaborazione con Associazione Medicina e Persona Centro Culturale Crossroads Coordinamento di Mario Gargantini giornalista scientifico, direttore di Emmeciquadro Carlo Soave Università degli Studi di Milano Noleggio mostra Meeting Mostre [email protected] www.meetingmostre.com Tommaso Bellini Università degli Studi di Milano Marco Bersanelli Università degli Studi di Milano Domenico Coviello Ente Ospedaliero Ospedali Galliera, Genova Paolo Grillo IRCCS Fond. Os. Maggiore, Mangiagalli e R. Elena, Milano Marco Pierotti Fondazione IRCCS Istituto Nazionale dei Tumori, Milano Ombretta Salvucci National Institute of Health National Cancer Institute, USA Luca Sangiorgi Istituto Ortopedico Rizzoli, Bologna Pierluigi Strippoli Università degli Studi di Bologna Collaboratori Traduzioni REALIZZAZIONE MOSTRA REALIZZAZIONE CATALOgO Comitato scientifico A cura di Associazione Euresis Coordinamento Mario Gargantini Carlo Soave Progetto grafico Lorenzo Morabito Editore Frimedia s.r.l. Stampa Italgrafica, Novara

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Page 1: Cos uomo perChé riCordi - assiprov.it · Laurence Normand-Rivest Francese Alessandra Guerra Matteo Guerra Héloïse Brochier Isabelle Rey-Herme Spagnolo Elisa Beltramini Progetto

Genetica e natura umana nello sGuardo di Jérôme leJeune

Che Cos’èl’uomo

perChé tene riCordi?

Amerigo BarzaghiCentro di Documentazione Interdisciplionare di scienza e Fede (DISF)

Mario BoioliAssociazione Euresis

Benedetta CappelliniIstituto Nazionale di Astrofisica, Milano

Lorenzo MazzoniEmmeciquadro

Irene Murgia Università degli Studi di Milano

Annamaria NaggiIstituto di Ricerche Chimiche e Biochimiche G. Ronzoni

Emanuele OrtolevaUniversità degli Studi di Milano

Filippo PeschieraCentro di Documentazione Interdisciplinare di Scienza e Fede (DISF)

Giovanni TempraSanofi Aventis

Riccardo AlettiGiorgia Alvisi Marco BaiaGiacomo BertazzoniAnna BonadimaniGiulia CinquinaGiuseppe DamianoSimone Di LeoLorenzo Fiorica

Paola LasiRomano MancastroppaChiara PennacchiBeatrice PiazzaAnna PolitiMarta Maria PoggiMonica RomanòGiuditta RuraleThomas TeatiniAndrea ZannoniLaura ZucchelliUniversità degli Studi di Milano

IngleseOmbretta SalvucciMark BasikJoep van KeekenPaolo CaimiPierluigi StrippoliNazzarena LaboElisabetta Seratoni

Chiara MezzaliraSara CiviniTricia BranaganLaurence Normand-Rivest

FranceseAlessandra GuerraMatteo GuerraHéloïse BrochierIsabelle Rey-Herme

SpagnoloElisa Beltramini

Progetto architettonicoFiorenza MatteoniLaura BasiniAlessandro FerrariBreandan O’Donnell

Progetto graficoLorenzo Morabito

AllestimentoFrancesca BartoliFrancesca Borsello

LuciGianfranco Branca

Impianti TecnologiciSound D-Light srl

Video e animazioni Emauele Ortoleva Limina s.r.l.

StampaMillennium Vision

Si ringraziano Elio SindoniPaolo CappellettiSaul GaravagliaPiero Morandini

per la disponibilità di immagini, materiale, strumentazione e ospitalità per i seminarila Fondazione Jérôme Lejeune

il Dipartimento di Biologia dell’Università degli Studi di Milano

la Pontificia Accademia delle Scienze, la Fondazione CEUR

Con il contributo di

mostra realizzata per la XXXIII edizione del Meeting per l’amicizia fra i popoli

A cura di Associazione EuresisFondazione Jérôme Lejeune

In collaborazione con

Associazione Medicina e Persona Centro Culturale Crossroads

Coordinamento di

Mario Gargantinigiornalista scientifico, direttore di Emmeciquadro

Carlo SoaveUniversità degli Studi di Milano

Noleggio mostraMeeting [email protected]

Tommaso BelliniUniversità degli Studi di Milano

Marco BersanelliUniversità degli Studi di Milano

Domenico CovielloEnte Ospedaliero Ospedali Galliera, Genova

Paolo GrilloIRCCS Fond. Os. Maggiore, Mangiagalli e R. Elena, Milano

Marco PierottiFondazione IRCCS Istituto Nazionale dei Tumori, Milano

Ombretta SalvucciNational Institute of HealthNational Cancer Institute, USA

Luca SangiorgiIstituto Ortopedico Rizzoli, Bologna

Pierluigi StrippoliUniversità degli Studi di Bologna

Collaboratori

Traduzioni

REALIZZAZIONE MOSTRA

REALIZZAZIONE CATALOgO

Comitato scientifico

A cura di Associazione Euresis

CoordinamentoMario GargantiniCarlo Soave

Progetto graficoLorenzo Morabito

EditoreFrimedia s.r.l.

StampaItalgrafica, Novara

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Un’indagine sulla “natura umana” a parti-re dalla testimonianza di Jérôme Lejeune, medico, scopritore della trisomia 21, pio-niere della genetica clinica e strenuo di-fensore della vita umana. Lo straordinario sviluppo della genetica ha aperto grandi possibilità e aspettative ma ha acuito l’in-terrogativo: “conoscere per curare o per selezionare?”. Mentre le più recenti acqui-sizioni della biologia evoluzionista rendo-no difficile pensare ai viventi, e soprattut-to all’uomo, come a esseri totalmente de-terminati dai geni, riaffiora l’idea, cara a Lejeune, che ogni uomo sia “unico” e “inso-stituibile” e come tale vada guardato.

Genetica e natura umana nello sGuardo di Jérôme leJeune

Che Cos’èl’uomo

perChé tene riCordi?

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Il 22 agosto 1997, In occasIone della gIornata mondIale della gIoventù a ParIgI, PaPa gIovannI Paolo II cambIa Il Programma gIà stabIlIto Per PotersI recare a Pregare sulla tomba dell’amIco (“mon frère”) Jérôme leJeune. chI è Jérôme leJeune e Perché Il PaPa ha voluto fermarsI sulla sua tomba?

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“PaPà ha soPrattutto uno sguardo. I suoI occhI azzurrI scIntIllano dI IntellIgenza e dI umorIsmo e vI guardano con InfInIta tenerezza. sono tuttavIa esIgentI Perché amano la verItà. cercano InstancabIlmente Il Perché e Il come dI cIò che vedono”.

clara leJeune

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13/6/1926 nasce a Montrouge a sud di Parigi

15/6/1951 si laurea in medicina e chirurgia

1/5/1952 sposa Birthe Bringsted, da cui avrà 5 figli

1952 entra a far parte dell’équipe del professor Ray-mond Turpin come stagista di ricerca del CNRS

1957 è nominato dal governo francese esperto sugli ef-fetti delle radiazioni atomiche presso il Comitato Scientifico delle Nazioni Unite

26/1/1959 l’Accademia delle Scienze francese pubblica “Les chromosomes humains en culture de tissus” dove, per la prima volta, si documenta la presenza di un cromosoma 21 soprannumerario in tre casi di pa-zienti affetti da sindrome di Down

1962 riceve il premio Kennedy per le sue scoperte sulla trisomia 21

1963 pubblica «Trois cas de déletion partielle du bras courte d’un chromosome», scoperta alla base del-la sindrome del «Cri du chat»

1964 diventa titolare della prima cattedra (creata ap-posta per lui) di genetica fondamentale alla Fa-coltà di Medicina dell’Università di Parigi

1965 diventa direttore dell’unità di citogenetica all’Ospe-dale Necker Enfants Malades a Parigi

1969 vince il William Allan Memorial Award istituito dall’American Association of Human Genetics

1974 è nominato membro della Pontificia Accademia delle Scienze dal Papa Paolo VI

1981 è inviato dalla Pontificia Accademia delle Scienze in missione in URSS per informare Breznev dei pe-ricoli della guerra atomica

1989 testimonia al processo di Maryville (USA) affer-mando la piena umanità degli embrioni congelati

Il servo dI dIo Jérôme LeJeune

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1993 redige lo statuto della Pontificia Accademia per la Vita voluta dal Papa Giovanni Paolo II e della qua-le diventa primo Presidente il 26 febbraio 1994

3/4/1994 qualche mese dopo la diagnosi di un tumore pol-monare, muore il mattino del giorno di Pasqua

22/8/1997 in occasione della Giornata Mondiale della Gio-ventù a Parigi, Papa Giovanni Paolo II visita la tomba del «frère Jérôme» a Châlo-Saint-Mars

28/6/2007 l’arcivescovo di Parigi apre la causa di beatifica-zione e canonizzazione di Jérôme Lejeune

11/4/2012 nella cattedrale di Notre Dame a Parigi si chiude l’inchiesta per la causa diocesana di beatificazio-ne e canonizzazione

“Le professeur Lejeune a laissé le témoignage véritablement éclatant de sa vie comme homme et comme chrétien”.

Jean-Paul II

Il vescovo ausIlIare dI ParIgI, mgr erIc de moulIns-beaufort, sIgIlla le casse contenentI I documentI dell’InchIesta Per la beatIfIcazIone.

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Cos’è la “sindrome di Down”? È una ma-lattia congenita, nota da secoli ma descrit-ta per la prima volta nel 1846 da Édouard Seguin, un giovane medico francese impe-gnato a curare le disabilità mentali. Se-guin descrive per primo i sintomi di quella che sarà poi chiamata “sindrome di Down” a seguito di uno studio pubblicato vent’an-ni dopo dal medico inglese John Langdon Down. Down era interessato soprattutto alla classificazione delle disabilità mentali congenite e nel suo lavoro fornisce un’ac-curata descrizione dei sintomi della malat-tia definendola “mongolismo”, in quanto i caratteri facciali dei pazienti ricordano in parte quelli dei popoli mongoli. Negli am-bienti intellettuali inglesi di fine Ottocento questa definizione suona con una punta di razzismo. Appena sette anni prima Darwin aveva pubblicato L’origine delle specie e i concetti dell’evoluzione biologica comin-ciavano a diffondersi. La razza bianca (in particolare gli inglesi) era considerata la più evoluta e i mongoli una razza primiti-va: le persone affette da sindrome di Down erano quindi uno stadio meno evoluto del genere umano. Down affermava che la sin-drome non dipendeva da incidenti interve-nuti dopo la vita uterina ma era piuttosto dovuta a malattie infettive (tubercolosi, ma-lattie veneree) dei genitori; si domandava anche se fosse possibile fare qualcosa per quei malati. Dovranno però passare quasi cento anni prima di capire la vera causa della sindrome.

GLi inizi

nel 1952 Jérôme leJeune, gIovane laureato In medIcIna e stagIsta del cnrs (centre natIonal de la recherche scIentIfIque), entra nell’équIPe dI rIcerca dI raymond Turpin alla facoltà dI medIcIna dell’unIversItà dI ParIgI. turPIn lo IndIrIzza a studIare le cause della “sIndrome dI down”.

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Su consiglio di Turpin, Lejeune studia i dermatoglifi palmari, cioè i disegni che i rilievi della pelle formano sui polpastrelli delle dita, sulle palme delle mani e sulle piante dei piedi. Questi rilievi si forma-no entro il 4° mese della vita fetale. Nei bambini affetti da sindrome di Down si ri-scontrano alterazioni nelle linee che com-pongono i dermatoglifi: di conseguenza la sindrome deve iniziare precocemente durante lo sviluppo embrionale.

Già nel 1934, il pediatra americano Adrian Bleyer aveva scritto “nessuna gravidanza biovulare è stata segnalata nella quale i due gemelli sono ambedue affetti da mon-golismo, mentre lo sono (quasi sempre) i ge-melli monoovulari…”. Questi fatti sugge-riscono che le alterazioni del mongolismo inizino con la fertilizzazione o siano già iniziate durante la maturazione dell’oocita o dello spermatozoo.

l’IntellIgenza deGLi indizi

leJeune è colPIto da due IndIzI: le IrregolarItà deI dermatoglIfI PalmarI neI soggettI affettI da sIndrome dI down e la dIversa Presenza della sIndrome neI gemellI monovularI e bIovularI. entrambI Portano a IPotIzzare delle alterazIonI molto PrecocI nello svIluPPo embrIonale. ma alterazIonI dI che cosa?

dermatoglIfI

gemellI

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I dermatoglIfI PalmarI dI sog-gettI normalI (a destra) e con sIndrome dI down (soPra): sI notI l’andamento PIù orIz-zontale deI rIlIevI neI PazIentI affettI da sIndrome dI down.

dall’artIcolo dI turPIn e leJeune del 1953.

gemellI bIovularI (sInIstra) e monoovularI (destra).

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2n 3n 3n

Nel laboratorio di Turpin c’era già qualche idea sulle possibili cause della sindrome di Down. Scrive Turpin nel 1937: “L’ipotesi di un mongolismo associato a una anomalia cromosomica sembra accettabile… come per esempio è stato dimostrato nella mu-tazione Bar nella mosca Drosophila mela-nogaster”. D’altra parte anche l’oculista olandese Pe-ter Waardenburg, scopritore della malat-tia congenita detta “sindrome di Waarden-burg”, aveva esortato i ricercatori a vede-re se il “mongolismo” non potesse essere dovuto a una anomalia cromosomica.Perché i cromosomi? Nel 1865 l’Aba-te Gregor Mendel aveva dimostrato che il patrimonio ereditario era costituito da elementi discreti (i geni). Solo all’inizio del ‘900 però le sue ricerche verranno confer-mate e si dimostrerà, in Drosophila mela-nogaster, che i geni sono contenuti nei cro-mosomi (Thomas Morgan, 1910).In seguito Albert Blakeslee dimostrerà (1922) che nella pianta Datura stramonium (lo stramonio o noce spinosa) un cromosoma in più o in meno provoca alterazioni nella forma dei frutti. C’erano quindi tutti i presupposti perché Lejeune indirizzasse la sua ricerca sui cro-mosomi delle persone affette da sindrome di Down.

“rumors”

leJeune In laboratorIo con allIevI e colleghI.

la mosca drosoPhIla melanogaster, organIsmo modello della genetIca classIca.

caPsule normalI (2n) e trIsomIche (3n) dI datura stramonIum.

il laboratorio di turpin era l’ambiente Culturale adatto per orientare la riCerCa delle possibili Cause della sindrome di down.

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Nei cromosomi è contenuto il patrimonio genetico degli organismi viventi. Essi sono costituiti da un filamento di acido desossiri-bonucleico (il DNA) ricoperto da proteine. Nel nucleo delle cellule i cromosomi sono presenti in coppie (gli omologhi): un ele-mento della coppia è di origine materna, l’altro di origine paterna. Quando la cellu-la deve dividersi, i cromosomi si duplicano e migrano nelle due cellule figlie.

Nelle cellule germinali (i gameti) le cose però vanno un po’ diversamente. Le cellule che danno origine ai gameti non duplicano i cromosomi ma, al momento della divisione cellulare (1a divisione meiotica o meiosi I), i due omologhi si separano e si ripartisco-no tra le due cellule figlie che vengono ad avere quindi solo un elemento di ciascuna coppia. Segue una seconda divisione cel-lulare (meiosi II) che però è regolare: cia-scun cromosoma si duplica e le due copie si ripartiscono nelle due cellule figlie. Alla fine quindi da ogni cellula “progenitrice” si generano quattro gameti ciascuno conte-nente un corredo cromosomico dimezzato costituito da un omologo di ciascuna cop-pia. La fusione di un gamete femminile con uno maschile origina lo zigote dove si ri-formano le coppie di omologhi. Può accadere che al momento della meiosi I, i due cromosomi omologhi di una coppia non si separino tra loro (non si disgiunga-no) e migrino tutti e due in una sola delle cellule figlie. Di conseguenza, una cellula figlia verrà a mancare di un cromosoma, l’altra invece ne avrà uno in più. La conse-guenza è che alla fecondazione avremo uno zigote in cui manca un elemento di una coppia cromosomica (monosomico, solita-mente non vitale) e un altro zigote con un elemento in più (trisomico).

anomalIe cromosomiche

I cromosomI sono strutture cellularI che contengono Il PatrImonIo genetIco deglI organIsmI vIventI e ne assIcurano la trasmIssIone eredItarIa. a volte Però non tutto Procede Per Il verso gIusto.

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regolare non disgiunzione

-1 -1 +1 +1

monosomici trisomicinormali

MEIOSI

GAMETI

ZIGOTI

cellula In corso dI dIvIsIone: I cromosomI (In blu) sI dIsPongono aPPaIatI sul PIano equatorIale.

schema dI dIvIsIone cellulare che Porta alla Produ-zIone deI gametI. In alto: cellula ProgenItrIce con I cromosomI duPlIcatI (cromatIdI) e con glI omolo-ghI che sI fronteggIano sul PIano equatorIale. a sI-nIstra: alla PrIma dIvIsIone meIotIca glI omologhI sI seParano e mIgrano cIascuno In una delle due cellule fIglIe. a destra, glI omologhI non sI seParano (non dIsgIungono) e la coPPIa mIgra In una sola delle due cellule fIglIe. sI generano, quIndI, zIgotI monosomI-cI (In genere letalI) e trIsomIcI.

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All’epoca non era ancora chiaro quanti fossero i cromosomi umani: c’è chi diceva 46, altri 47, ma il numero più accreditato era 48. La difficoltà stava nel fatto che nelle preparazioni istologiche i cromosomi tendevano a sovrapporsi e aggrovigliarsi tra loro. Il problema fu superato nel 1952 quan-do, al posto di sezioni istologiche, si utiliz-zarono cellule isolate immerse in una so-luzione diluita che le faceva scoppiare: in questo modo i cromosomi si disperdevano all’esterno senza sovrapporsi o aggrovi-gliarsi. Il miglioramento decisivo però fu realizzato da Joe Hin Tjio, un giovane di origine cinese, prigioniero dei giapponesi durante la 2a guerra mondiale e portato in Olanda dalla Croce Rossa come profugo di guerra. Nel laboratorio di Albert Levan a Lund (Svezia), che frequentava durante le vacanze, introdusse due importanti mo-difiche: aggiungeva alle cellule la colchi-cina, una sostanza estratta dal Colchicum autumnale, che tiene separati i cromosomi bloccando il fuso mitotico e poi acido ace-tico e acetocarminio per fissare e colorare i preparati. Con questa tecnica Tjio riuscì a “preparare” e fotografare il cariotipo (l’immagine dei cromosomi) di 261 cellule umane e contare i cromosomi: erano indu-bitabilmente 46. Il risultato fu pubblicato nel 1956.

quantI sono I cromosomi umani?

é necessarIo studIare a fondo I cromosomI umanI, ma gIà contarlI non è cosa semPlIce.

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I GLOBULI ROSSI SEDIMENTANO E SONO ELIMINATI

COLCHICINA

GLOBULIBIANCHI

ARRESTO DELLECELLULE INMETAFASE FISSAGGIO CON

ACIDO ACETICO E COLORAZIONE

AGGIUNTADI ACQUA

LE CELLULESCOPPIANO

CELLULE IN METAFASE SCOPPIATE, OSSERVATE

AL MICROSCOPIOE FOTOGRAFATE

SINGOLI CROMOSOMIINGRANDITIE RITAGLIATI

CROMOSOMI IN LUNGHEZZA DECRESCENTE INCOLLATI CON I

CENTROMERI SULLA STESSA LINEA

PreParazIone del

carioTipo

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la scoPerta della “Trisomia 21”

nel 1959 la conferma: neI bambInI affettI da sIndrome dI down I cromosomI non sono 46 ma 47. c’è un cromosoma In PIù nella coPPIa 21. Per la PrIma volta sI dImostra nell’uomo che una malattIa congenIta è dovuta ad una anomalIa cromosomIca. è nata la cItogenetIca clInIca.

La tecnica di Tjio è quanto serve a Lejeune e alla collega Marthe gauthier per stu-diare i cromosomi dei soggetti affetti da sindrome di Down. L’attrezzatura però non è delle migliori: il laboratorio manca di ac-qua corrente (bisogna andare a prenderla nella piccola cucina adiacente), il microsco-pio è uno strumento scartato dai patologi perché ha la vite macrometrica usurata e, per mantenere il fuoco, bisogna bloccarla con un po’ di carta argentata dei ciocco-latini; non c’è apparecchiatura fotografica e bisogna usare quella dei patologi (non più di due ore alla settimana). Il primo preparato osservato (giugno 1958) mostra la presenza nel cariotipo di 47 par-ticelle cromosomali (invece di 46): potrebbe essere che un cromosoma si sia frammen-tato durante la preparazione oppure che sia un vero cromosoma soprannumerario. Tra gennaio e febbraio 1959 altri 9 casi confermano la presenza di 47 particelle e l’analisi paziente del cariotipo non lascia dubbi: c’è un cromosoma in più e appar-tiene alla coppia 21. I risultati sono pubblicati nei Comptes Ren-dus de l’Académie de Sciences con il tito-lo: “E’tude de chromosomes somatiques de neuf enfants mongoliens par J. Lejeune, M. Gauthier, R. Turpin. Da quel momento i pazienti affetti da sin-drome di Down diventano trisomici 21.

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leJeune analIzza PazIentemente Il carIotIPo con la tecnIca del taglIa e Incolla, dIsPonendo I cromosomI omologhI uno a fIanco dell’altro.

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con le tecnIche moderne l’analIsI del carIotIPo dIventa molto PIù semPlIce. Il bandeggIo colorato che sI osserva suI cromosomI è ottenuto medIante sonde fluorescentI che sI legano a sPecIfIche sequenze dI dna PresentI neI cromosomI. l’IndIvIduazIone deI cromosomI omologhI è quIndI molto facIlItata.

carIotIPo eseguIto da leJeune nel 1959.

analIsI carIotIPIca dI PazIente affetto da Trisomia 21

qual è Il cromosoma soPrannumerarIo?

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un musIcIsta

in più

I genI “Producono” glI enzImI che sono alla base del metabolIsmo dell’organIsmo: leJeune IPotIzza che nella trIsomIa 21 Possa essercI una ProduzIone In eccesso dI qualche enzIma che alterI Il Processo metabolIco. con la sua semPlIcItà leJeune sPIega così la dIfferenza fra Il genoma umano normale e quello dI un bambIno affetto da trIsomIa 21.

“I geni sono abbastanza simili a dei musi-cisti che leggono i loro spartiti e gli spartiti sono scritti nelle basi puriniche e pirimidi-niche del DNA che è una molecola lunga un metro in una cellula riproduttrice e due metri in qualunque altra cellula del corpo.Questa è la partitura e, se tutto va bene, tutti leggono alla stessa velocità e l’orche-stra segue il maestro, ma se c’è un musicista in più, ed è il caso della trisomia 21, è come se questo musicista andasse troppo veloce; se al contrario manca un musicista, è come se ce ne fosse uno troppo lento. Quando un musicista va troppo veloce, e va troppo veloce in un “solo”, allora trasforma un “an-dante” in un “allegretto”, cioè un orecchio troppo piccolo e delle dita troppo corte; se al contrario va troppo lento, trasforma “l’allegretto” in un “largo” e farà delle dita troppo lunghe e delle orecchie troppo grandi. Così egli avrà cambiato un tratto, senza distruggere la sinfonia, ma se ora il musicista che va troppo veloce o troppo lento suona in un “tutti”, nel momento in cui tutta l’orchestra è concertante, non impor-ta se egli suona più o meno veloce degli altri, produrrà comunque una cacofonia. L’intelligenza umana è la rappresentazione superiore della materia animata ed è evi-dente che per l’intelligenza umana, deve essere tutta l’orchestra a suonare bene nel-lo stesso momento e non un solo gene adi-bito a creare un dito o un orecchio. Tutta la difficoltà della ricerca è come scoprire il musicista discorde, perché l’orchestra del-la vita ha circa cinquantamila musicisti”.

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un bene

per TuTTi

Con la scoperta della causa della sindro-me di Down si dimostra per la prima volta nell’uomo che una malattia congenita è do-vuta a un’anomalia cromosomica e, ancora per la prima volta, si collega una disabilità intellettiva, presente nelle persone affet-ti da sindrome di Down, con l’alterazione cromosomica. Si apre una nuova strada, viene analizzato il cariotipo delle persone con altre malattie congenite e le scoperte giungono a cascata. Lejeune è in prima fila. Nel 1963 scopre la causa della sindrome del “cri du chat”, do-vuta a una perdita (delezione) di una parte del cromosoma 5. Ed è grazie alla strada da lui aperta che vengono individuate le cause della sindrome dell’X fragile, della sindrome di Turner, della sindrome di Kli-nefelter.L’obiettivo principale di Lejeune tuttavia non è solo quello di “scoprire”: è quello di trovare il modo di guarire i suoi piccoli pazienti. “Se dovessi trovare la cura per la trisomia 21, allora questo porterebbe a scoprire una cura per tutte le altre ma-lattie che hanno un’origine genetica. I miei pazienti mi stanno aspettando… Trovere-mo, è impossibile non trovare. È uno sforzo intellettuale molto meno difficile che man-dare un uomo sulla Luna”. È con questa idea in mente che promuo-ve l’uso dell’acido folico come prevenzione della spina bifida, una rara malformazione della colonna vertebrale che colpisce il feto.

ognI volta che sI fa un’esPerIenza dI verItà, sI solleva un velo, sI aPre un nuovo orIzzonte. è un fatto entusIasmante Per chI fa la scoPerta. e dIventa un bene Per tuttI. una cascata dI

nuove scoPerte

coPPIa cromosomIca 5uno deI due cromosomI rIsul-ta PIù corto Per la PerdIta del-la Parte termInale che sI os-serva neI PazIentI affettI dalla sIndrome del crI du chat.

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arrIvano anche I riconoscimenTi

1962 PremIo KennedyleJeune rIceve dalle manI del PresIdente John fItzge-rald Kennedy Il PremIo Per le sue rIcerche sulle dIsa-bIlItà mentalI.

1974Paolo vI lo nomIna mem-bro della PontIfIcIa ac-cademIa delle scIenze.

1969 wIllIam allan awardvIene InsIgnIto dalla ame-rIcan socIety of human genetIcs del wIllIam al-lan award, PremIo confe-rIto a chI sI è dIstInto nel-le rIcerche sulla genetIca umana.

1994gIovannI Paolo II lo no-mIna PrImo PresIdente del-la PontIfIcIa accademIa Per la vIta.

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Siamo a San Francisco nell’agosto 1969: è appena iniziato l’Annual Meeting dell’Ame-rican Society of Human Genetics, che pro-prio quell’anno ha conferito a Lejeune il premio William Allan per le sue scoperte. Lejeune sa che negli Stati Uniti si sta ap-provando l’aborto nei casi diagnosticati di sindrome di Down e prende la parola di-cendo: “to kill or not to kill, that is the question. La medicina per millenni ha com-battuto in favore della vita e della salute e contro la malattia e la morte. Se cambia-mo questi obiettivi, cambiamo la medicina: il nostro compito non è quello di infliggere una sentenza, ma di alleviare il dolore”. E prosegue, ironicamente, “considerando il peso imposto alla società dalle malattie genetiche e cromosomiche e considerando i limiti delle soluzioni disponibili, [propon-go] che sia creato il National Institute of Death” al posto del National Institute of Health (la massima istituzione americana per la tutela della salute). L’intervento è accolto molto freddamente e gli costerà l’ostracismo della comunità scientifica. Quella sera scrive alla moglie “oggi ho per-duto il premio Nobel”.

“to KIll or not to KIll, that Is the quesTion”

ed ecco Il dramma: l’analIsI carIotIPIca dI leJeune, InsIeme all’amnIocentesI, rendono PossIbIle la dIagnosI Prenatale dI PatologIe dI orIgIne cromosomIca. Invece dI stImolare la rIcerca Per trovare soluzIonI teraPeutIche, come era neglI ausPIcI deglI scoPrItorI, sI aPre la strada alla elImInazIone deglI “IndesIderabIlI”.

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“non Può essere negato che Il Prezzo [delle malattIe genetIche] sIa alto, In termInI dI sofferenza Per l’IndIvIduo e dI onerI Per la socIetà. senza menzIonare quel che soPPortano I genItorI! se questI IndIvIduI Potessero es-sere elImInatI Precocemente, Il rI-sParmIo sarebbe enorme! ma noI PossIamo assegnare un valore a quel Prezzo: è esattamente quel-lo che una socIetà deve Pagare Per rImanere PIenamente umana”.

Per rImanere pienamenTeumani

Jérôme leJeune

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In nome

deLLa VeriTà

Nel 1970 in Francia si discute la “proposta Peyret”, una proposta di legge che preve-de l’ammissibilità della soppressione del feto in caso di embriopatia incurabile. Si apre sui mezzi di comunicazione il dibatti-to sull’aborto. La figlia Clara Lejeune racconta: “Un gior-no un ragazzo trisomico di dieci anni si pre-senta allo studio. Piange ed è inconsolabi-le. La mamma spiega: “Ha visto con noi il dibattito di ieri sera alla televisione”. Il ra-gazzo getta le braccia al collo di papà e dice: “Vogliono ucciderci. Ci devi difende-re. Noi siamo troppo deboli, non sappiamo farlo da soli”.Il giorno seguente Lejeune avvisa i membri della sua équipe: “sarò costretto a pren-dere pubblicamente la parola per difen-dere i nostri malati. Se non li difendessi li tradirei e rinuncerei a ciò che di fatto sono divenuto: il loro avvocato naturale”. E allora combatte: “Se si volesse eliminare il paziente per sradicare il male, si avreb-be la negazione della medicina, ma difen-dere ogni paziente, prendersi cura d’ogni uomo, implica che ciascuno di noi debba essere considerato unico e insostituibile”.Subisce l’emarginazione: gli vengono ta-gliati i fondi di ricerca, chiuso il laboratorio; e le minacce “à mort Lejeune et ses petits monstres” compaiono sui muri della Facoltà.

“dIte PIuttosto che questo bambIno vI dIsturba e che PercIò PreferIte uccIderlo, ma dIte la verItà. é un uomo la “cosa” In questIone, non un ammasso dI cellule…”.

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embrIone allo stadIo dI otto cellule vIsto al mIcroscoPIo.

“... è un essere umano”

Nell’agosto 1989, Lejeune era stato chia-mato a testimoniare in un processo relativo a un divorzio in una cittadina del Tennes-see. Una donna aveva generato, in accor-do con il marito, sette embrioni tramite la fecondazione in vitro che successivamente erano stati congelati. Mentre il marito vo-leva eliminarli, la moglie chiedeva che fos-sero affidati a lei affinché fossero salvati e condotti alla vita. Lejeune affermò: “La giovane donna ha ri-sposto come la vera madre con Salomone. Il giudizio di Salomone capita, almeno per quanto ne so, ogni tremila anni circa: se sia-mo in quel momento, vale lo spostamento!”. La moglie si chiamava Mary, il processo av-venne a Maryville e l’avvocato era un cer-to Christenberry. In quanto genetista Lejeu-ne spiegò che era ormai ben stabilito che tutte le informazioni necessarie e atte allo sviluppo erano già presenti al momento del concepimento e che non vi era dubbio che si trattasse di esseri umani anche se mol-to giovani. Erano pertanto degli esseri e la definizione del loro patrimonio genetico consentiva di affermare che erano uomini: “un essere che è umano, è un essere uma-no”. Il fatto che fossero stati conservati so-spesi nel tempo non cambiava la sostanza: il tempo per loro era stato sospeso, ma se fosse stato loro restituito avrebbero riac-quistato la vita. Il giudice scrisse una sentenza di quaran-ta pagine in un mese, in cui sentenziò come Salomone: “Colui al quale devono essere affidati i bambini è colui che si propone di dar loro la vita”.

leJeune non esIta a testImonIare In dIfesa della dIgnItà umana dell’embrIone.

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uno scIenzIato crIstIano,non “anche se crisTiano”

“Se siamo assolutamente materialisti, siamo obbligati a porre un postulato: che non c’è uno Spirito che abbia scritto le leggi della natura e che tutto nella natura è fortuito. Al contrario, se noi crediamo, se abbiamo fede, e specialmente nella fede cattolica, ciò ci obbliga a porre un altro postulato: che esista uno Spirito che non solo ha scrit-to le leggi dell’Universo, ma che ha crea-to noi uomini a Sua immagine. Allora, se è davvero così, colui che ha la fede ha un grosso vantaggio, perché è ottimista, per la seguente ragione: sebbene il suo spirito sia limitato, è stato fatto parzialmente a immagine dello Spirito che ha fatto le leggi dell’Universo, e allora non è irragionevole sperare che il nostro spirito limitato arrivi a capire, limitatamente, le leggi dell’Uni-verso. D’altro canto se tutto l’Universo è il risultato del semplice caso e se la nostra intelligenza è anch’essa un tiro di dadi del-la natura, allora sarebbe inverosimile che la meccanica intellettuale che possediamo nella testa abbia qualche rapporto con le leggi dell’Universo. E non conosco neppu-re uno dei miei colleghi materialisti e atei che non sia obbligato praticamente a fare un’eccezione a questa teoria e a dire che il suo Spirito è capace di capire le leggi dell’Universo. Infine il materialista è pes-simista all’inizio, è obbligato a rinunciare alla sua ipotesi e a ritornare ottimista come quello che ha fede, perché altrimenti non riuscirebbe totalmente a comprendere le leggi dell’Universo”.

da un inContro di lejeune Con gli universitari fiorentini del Centro j. h. newman nel 1987.

come sI gIoca la PosIzIone Personale dI fronte a tutta la realtà? c’è dIfferenza o no quando Il rIcercatore è crIstIano, o comunque un uomo dI fede?

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charles J. ePsteIn

una posizione conTaGiosa

Nel 2002 il premio William Allan viene assegnato a Charles Epstein, Presidente dell’American Society of Human Genetics e personalmente coinvolto nella ricerca sulle terapie della trisomia 21. Epstein, insieme a sua moglie, aveva sviluppato nel topo un modello di trisomia 21 importante per ac-celerare le ricerche in questo campo. Nel suo discorso alla consegna del premio, Ep-stein ricorda di aver assistito al discorso tenuto da Lejeune nella stessa circostanza e di essere rimasto colpito da questa fra-se “dobbiamo noi capitolare di fronte alla nostra ignoranza e proporre di eliminare quelli che non possiamo aiutare?”.A quel tempo Epstein non era rimasto con-vinto dalle parole di Lejeune ma più di 30 anni dopo afferma: “Oggi sono molto più sensibile agli argomenti di Lejeune in me-rito alle applicazioni della genetica mo-derna e ai messaggi che sono impliciti nei vari programmi per la prevenzione delle malattie genetiche. Il motivo è semplice: bi-sogna ricordarsi che la parola operativa nella genetica umana è la parola umana. La genetica umana ha a che fare con l’es-sere umano, con l’umanità”.Per questa ragione il consiglio che Epstein dà ai genitori di bambini trisomici è: “take that child home, and care for and love that child as you would any other”.

a dIstanza dI 33 annI, Il rIconoscImento del PresIdente dell’amerIcan socIety of human genetIcs: “tenete con voI Il bambIno, curatelo e amatelo come fareste con chIunque altro”.

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GENOMICS TO SOCIETY

GENOMICS TO HEALTH

GENOMICS TO BIOLOGY

HUMAN GENOMEPROJECT

Intanto la genetIca aVanza

L’8 febbraio e l’8 marzo del 1865, in due sedute della Società di Storia Naturale di Brünn (oggi Brno, Moravia), l’Abate Gre-gorio Mendel presenta i risultati dei suoi esperimenti sulle piante di pisello. Men-del formula un’idea innovativa: quella che l’ereditarietà sia un fenomeno “particella-re” dovuto all’azione di fattori specifici che chiama elementi e che solo successivamen-te saranno chiamati geni. E’ l’inizio di un lungo cammino: si scopre che i geni sono contenuti nei cromosomi, corpu-scoli fatti di acido desossiribonucleico (il DNA) e proteine, ma è il DNA che contiene l’informazione genetica.

Nel DNA è scritta l’infor-mazione, in forma di co-dice, per costruire le pro-teine responsabili della struttura e funzione di tutte le cellule di un or-ganismo vivente. E, final-mente, si arriva a leg-gere il genoma umano, cioè l’intera sequenza del nostro DNA.

nuove scoPerte e nuove tecnologIe cI fanno conoscere I meccanIsmI molecolarI che oPerano alla base dell’eredItà e, come semPre avvIene, suscItano sPeranze e tImorI.

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decIfrato Il Genomaumano

Il 26 giugno 2000, nella storica sala della Casa Bianca, dove quasi cent’anni prima gli esploratori Lewis e Clark avevano pre-sentato al Presidente T. Jefferson la mappa dei territori del Nord-ovest, Craig Venter presidente della Celera Genomics e Fran-cis S. Collins direttore del National Human Genome Research Institute, insieme al Pre-sidente Bill Clinton annunciano il completa-mento della sequenza del DNA dell’intero genoma umano. Clinton dice: “con queste conoscenze il genere umano è sul punto di avere nuove e immense possibilità di cure. La genomica avrà un grande impatto sulla nostra vita e, soprattutto, sulla vita dei no-stri figli: rivoluzionerà la diagnosi, la pre-venzione e il trattamento della maggior parte, se non di tutte, le malattie umane”.

Si può così leggere tutta l’informazione ge-netica contenuta nel nostro organismo, in-dividuare i geni e localizzarli (mapparli) su l’uno o l’altro dei cromosomi.

Il dna umano, 46 frammentI dI dna cIascuno corrIsPondente aI 46 cromosomI, è una molecola che se tuttI I 46 frammentI fossero unItI uno con l’altro, sarebbe lunga 1,82 metrI ed è costItuIta da 3,2 mIlIardI dI coPPIe dI basI.

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1 mwilalslfq sfanvfsedl hsslyfvnas lqevvfastt gtlvpcpaag ippvtlrwyl 61 atgeeiydvp girhvhpngt lqifpfppss fstlihdnty yctaenpsgk irsqdvhika 121 vlrepytvrv edqktmrgnv avfkciipss veayitvvsw ekdtvslvsg srflitstga 181 lyikdvqned glynyrcitr hrytgetrqs nsarlfvsdp ansapsildg fdhrkamagq 241 rvelpckalg hpepdyrwlk dnmplelsgr fqktvtglli enirpsdsgs yvcevsnryg 301 takvigrlyv kqplkatisp rkvkssvgsq vslscsvtgt edqelswyrn geilnpgknv 361 ritginhenl imdhmvksdg gayqcfvrkd klsaqdyvqv vledgtpkii safsekvvsp 421 aepvslmcnv kgtplptitw tldddpilkg gshrisqmit segnvvsyln isssqvrdgg 481 vyrctannsa gvvlyqarin vrgpasirpm knitaiagrd tyihcrvigy pyysikwykn 541 snllpfnhrq vafenngtlk lsdvqkevde geytcnvlvq pqlstsqsvh vtvkvppfiq 601 pfefprfsig qrvfipcvvv sgdlpititw qkdgrpipgs lgvtidnidf tsslrisnls 661 lmhngnytci arneaaaveh qsqlivrvpp kfvvqprdqd giygkaviln csaegypvpt 721 ivwkfskgag vpqfqpialn griqvlsngs llikhvveed sgyylckvsn dvgadvsksm 781 yltvkipami tsypnttlat qgqkkemsct ahgekpiivr wekedriinp emarylvstk 841 evgeevistl qilptvreds gffschains ygedrgiiql tvqeppdppe ieikdvkart 901 itlrwtmgfd gnspitgydi ecknksdswd saqrtkdvsp qlnsatiidi hpsstysirm 961 yaknrigkse psneltitad eaapdgppqe vhlepissqs irvtwkapkk hlqngiirgy1021 qigyreystg gnfqfniisv dtsgdsevyt ldnlnkftqy glvvqacnra gtgpssqeii1081 tttledvpsy ppenvqaiat spesisisws tlskealngi lqgfrviywa nlmdgelgei1141 knitttqpsl eldglekytn ysiqvlaftr agdgvrseqi ftrtkedvpg ppagvkaaaa1201 sasmvfvswl pplklngiir kytvfcshpy ptvisefeas pdsfsyripn lsrnrqysvw1261 vvavtsagrg nsseiitvep lakaparilt fsgtvttpwm kdivlpckav gdpspavkwm1321 kdsngtpslv tidgrrsifs ngsfiirtvk aedsgyysci annnwgsdei ilnlqvqvpp1381 dqprltvskt tsssitlswl pgdnggssir gyilqysedn seqwgsfpis psersyrlen1441 lkcgtwykft ltaqngvgpg riseiieakt lgkepqfske qelfasintt rvrlnligwn1501 dggcpitsft leyrpfgttv wttaqrtsls ksyilydlqe atwyelqmrv cnsagcaekq1561 anfatlnydg stippliksv vqneeglttn eglkmlvtis cilvgvlllf vlllvvrrrr1621 reqrlkrlrd akslaemlms kntrtsdtls kqqqtlrmhi dipraqllie erdtmetidd1681 rstvlltdad fgeaakqksl tvthtvhyqs vsqatgplvd vsdarpgtnp ttrrnakagp1741 tarnryasqw tlnrphptis ahtlttdwrl ptpraagsvd kesdsysvsp sqdtdrarss1801 mvstesasst yeelarayeh akmeeqlrha kftitecfis dtsseqltag tneytdslts1861 stpsesgicr ftasppkpqd ggrvmnmavp kahrpgdlih lppylrmdfl lnrggpgtsr1921 dlslgqacle pqksrtlkrp tvlepipmea assasstreg qswqpgavat lpqregaelg1981 qaakmsssqe slldsrghlk gnnpyaksyt lv

maPPa del cromo-soma 21 con In-dIcatI alcunI genI che, se alteratI, Pos-sono Indurre statI PatologIcI. Il gene evIdenzIato è so-vraesPresso nella trIsomIa 21.

In gIallo Il trIPletto dI basI che segna Il PrImo amInoacIdo della ProteIna.

ognI lettera è un amInoacIdo.

iL cromosoma 21

SEQUENZA DEL GENE

SEQUENZA DELLA

PROTEINA

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una nuova era Per la GeneTica umana?

Andremo dal medico di fiducia con un CD in mano che contiene tutta la sequenza del nostro genoma e lui ci dirà a quali ma-lattie siamo predisposti? E quali problemi potranno avere i nostri figli? Oppure ha ragione il New England Journal of Medici-ne che afferma che la ricerca dei geni per le malattie più comuni non ha ancora pro-dotto nulla di utile? C’è del vero in tutte e due le posizioni. L’analisi del genoma, in-sieme alla storia famigliare, darà indica-zioni importanti per la diagnosi delle co-siddette malattie genetiche “mendeliane” (come per esempio la talassemia e la fe-nilchetonuria dove l’alterazione è a carico di un singolo gene). Come dicono Charles Scriver e Paula Water, però, anche in questi casi la relazione tra alterazione del gene e gravità della malattia non è predicibile a priori in quanto l’azione di un gene non è indipendente da tutto il resto del genoma e dall’organismo in cui si trova e l’organi-smo è più che la somma delle sue parti.

nuove tecnIche dI sequenzIamento raPIde del genoma e una drastIca rIduzIone deI costI (mIlIardI dI dollarI Per Il PrImo genoma, meno dI 1000 dollarI oggI) fanno sì che sIa PossIbIle avere la sequenza comPleta del ProPrIo genoma. É Il momento della “Personal genomIcs” e della “genome on PrescrIPtIon”. ma Per quale scoPo?

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Il Problema rImane: curare o seLezionare?

Lejeune è diventato ricercatore per neces-sità: per guarire era necessario capire, ma la sua ricerca ha come primo scopo il recu-pero della dignità del malato. “… noi ge-netisti dobbiamo affrontare la quotidiana realtà: bambini disabili e genitori affati-cati esistono. Pur senza alcuna soluzione in mano, ognuno di noi deve accettare la sfi-da, e io credo che la nostra risposta debba essere guidata da due sentimenti soltanto: umiltà perché dobbiamo riconoscere che non abbiamo risposte pronte all’uso, per-ché i genetisti non hanno ancora svelato il segreto della condizione umana, e perché le argomentazioni scientifiche sono di poco aiuto nelle questioni etiche; compassione perché perfino il più diseredato appartie-ne alla nostra famiglia, perché queste vit-time sono le più povere dei poveri, e per-ché il dolore dei genitori non può essere consolato dalla scienza”.Rivolgendosi ad un neonato lo chiama: “Al-lora mio piccolo Pierre, vieni con me?”. Lo prende tra le braccia, chiede alla mamma di indossare un camice bianco e di acco-modarsi. Poi si siede anche lui, davanti ai genitori e visita il bambino. “Questi sem-plici gesti sono stati per noi una rivelazio-ne. Non stava esaminando un malato, ma il nostro bambino. [...] Siamo ripartiti con il nostro bambino e la pace nel cuore. Ci ha fatto scoprire l’amore di genitori”. La conoscenza per Lejeune ha al centro la persona: anche in punto di morte dice “sono stato il medico che li doveva guari-re, e ora me ne vado. Ho l’impressione di abbandonarli”.

è ancora leJeune che IndIca la strada: “medIco fIno In fondo all’anIma”.

da la vIta è una sfIdaclara leJeune

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GEN

ETIC

A

NO

VIT

À

CO

N IL

DN

A IN

TA

SC

A

G E N O M A DELLE MIE BRAME CHI HA IL DNA PIÙ BELLO DEL REAME

WATSON:

USIAMO IL

DNA PER

MIGLIORARE

LA SPECIE

QUANDO

IL RISCHIO

È SCRITTO

NEL DNA

IL BIMBO SARÀ

CAMPIONE?

VE LO DICIAMO

CON IL DNA

Il nostro destIno, In salute o malattIa, è scriTTo nei Geni?

“Fortunatamente dieci anni di studio inten-sivo del genoma umano hanno fornito di-verse prove sull’arbitrarietà dei timori del determinismo genetico. Si è dimostrato in modo definitivo che gli esseri umani sono ben più che la somma di parti genetiche. Inutile a dirsi, i nostri geni svolgono un ruolo primario e formativo nello sviluppo umano (e in molti dei processi di malattie umane), ma studi molecolari altamente tecnologici e non (pur sempre utili) di gemelli monozi-gotici e dizigotici dimostrano chiaramente che i nostri geni non sono fattori onnide-terminanti nell’esperienza umana”.

franCis s. Collins direttore del national human

genome researCh institute

aPrIamo un gIornale, guardIamo la tv, leggIamo un lIbro e saremo bombardatI da affermazIonI come “trovato Il gene Per l’IntellIgenza, scoPerto Il gene dell’egoIsmo e anche quello della bontà...”ma sIamo noI attorI del nostro destIno o sIamo solo deI robot ProgrammatI daI nostrI genI?

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non solo genI: Il caso dell’erediTabiLiTà mancanTe

É il problema delle malattie complesse, come il diabete, la schizofrenia, l’obesi-tà, l’infarto miocardico, l’aterosclerosi, l’ic-tus, alcuni tipi di tumore, dove molti sono i geni coinvolti. L’identificazione dei geni responsabili di queste malattie è una del-le grandi sfide della medicina. Una ca-ratteristica di queste malattie è il fatto di presentare un’aumentata “familiarità” (in una famiglia di un paziente sono presenti spesso altri casi tra i parenti), senza però caratteristiche riconducibili a una trasmis-sione genetica semplice. Un’altra caratteristica è che esse sono de-terminate dall’intricata interazione di di-versi fattori genetici e ambientali. Questi fattori di suscettibilità agiscono in diffe-renti combinazioni da individuo a indivi-duo. In altre parole per ottenere la stessa suscettibilità in un individuo possono coo-perare alcuni fattori, mentre un differen-te set di fattori può essere implicato in un altro individuo. La conseguenza è che i “marcatori genetici” che sono stati indi-viduati in associazione con l’una o l’altra di queste patologie spesso contribuiscono molto poco al “rischio” di malattia e, quin-di, il loro valore predittivo è basso, come dimostrato da uno studio su migliaia di ge-melli monozigotici. Ci si aspetta in questi casi che se la malattia ha una forte base genetica essa colpisca ambedue i gemelli in quanto il loro genoma è identico: i risul-tati però non hanno confermato l’ipotesi allo stato attuale delle conoscenze.

quando glI scIenzIatI hanno aPerto Il genoma umano, sI asPettavano dI trovarcI I genI Per le malattIe PIù comunI, ma lI stanno ancora cercando.

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anche I gemellI monozIgotIcI

non sono idenTici

In un organismo pluricellulare tutte le cel-lule hanno lo stesso DNA, ma non sono tutte uguali: una cellula di cuore, per esempio, è diversa da una cellula di fegato. La causa della differenza non sta nei cambiamenti nella sequenza del DNA, ma dipende da modificazioni reversibili di alcune delle basi del DNA (metilazione della citosina) e delle proteine che avvolgono il DNA (me-tilazione, acetilazione, fosforilazione di alcuni aminoacidi). Queste modificazioni, le cosiddette modificazioni epigenetiche hanno un ruolo importante sia nello svilup-po di un organismo pluricellulare (la pro-gressione secondo la quale si differenzia-no i vari organi), sia nelle modificazioni che avvengono nell’organismo nel corso della vita in risposta alle condizioni ambienta-li (interne ed esterne) cui quell’organismo è esposto. In sintesi le modificazioni epi-genetiche segnano la storia particolare di ciascun individuo e non sono casuali, ma rispondono in modo direzionato alle esperienze della vita.

“... per quanto siamo tentati dalla nostra somiglianza, nessuno può attraversare il Confine tra questa e l’identità... non possiamo sCambiarCi il nostro io. alla fine, siamo nati per essere una Certa persona, e a questo non sfuggiamo”.

lawrenCe wright

cromosoma 3 dI due gemellI monozIgotIcI

In gIallo le regIonI dove I gemellI han-no marcature ePIge-netIche nella stessa PosIzIone, In rosso e verde dove le mar-cature sono In PosI-zIone dIversa. a 50 annI la dIversItà è molto evIdente.

50 annI

3 annI

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The little pre-formed person in the sperm

Homunculus

I genI: un concetto in eVoLuzione

Prima di Mendel il patrimonio ereditario era considerato un tutto unico indivisibile, l’ homunculus.Per Mendel (1860) il patrimonio eredita-rio è costituito invece da “elementi” (i geni) discreti, indipendenti uno dall’altro, che passano dai genitori a figli. Per G. Bea-dle e E. Tatum (1941) un gene contiene l’informazione per un’enzima (un gene/ un enzima, cioè una proteina), ma oggi sap-piamo che un gene può codificare per mol-te proteine (più del 94% dei geni umani contengono l’informazione per più di una proteina). Per O. Avery e colleghi (1944) il gene è un frammento di DNA e per F. Crick l’informazione genetica va dal DNA alle proteine (è il cosidetto dogma centra-le), ma oggi sappiamo che l’informazione procede anche in senso inverso. Con l’av-vento della biologia di sistema, “…i geno-mi vengono prima dei geni e i geni devono essere pensati come manifestazione della fisiologia del genoma…” (E. Lamm)Siamo tornati forse all’homunculus? E infine:

I geni sono allora “strumenti” che co-operano con tutti gli altri strumenti di cui l’organismo dispone e che utilizza per svi-lupparsi e condurre la propria vita.

Cosa sono i geni? artefiCi esClusivi della vita o strumenti a disposizione dell’organismo?

“… il gene è un pro-cesso, una dinamica di eventi, che lega insie-me il DNA con tutte le altre entità non-DNA coinvolte nella produ-zione di proteine… E’ un concetto di gene re-lazionale che sempre include le interazioni tra il DNA e il suo am-biente”.(E.M. Neumann Heldt)

what is a gene?

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Il dIalogo deI genI neL Genoma

interazioni tra i geni nel genoma del lievito saCCharomyCes Cerevisiae.

ognI Punto corrIsPonde ad un un gene e le lInee raPPresentano le InterazIonI tra I genI nel genoma. In colore I genI attIvI In alcune funzIonI cellularI.

nuclear-cytoplasmic

transport

chromatin & transcription

rna processing

nuclear migration & protein

degradation

mitosis & chr.segregation

dna replication & repair

cell polarity & morphogenesis

protein folding & glycosylation

cell wall biosynthesis

ribosome & translation

secretion & vesicle transport

peroxisome

mitochondria

metabolism & amino acid biosynthesis

da “ the genetIc landscaPe of a cell”, costanzo e coll. scIence, 2010

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unIcI, ImPrevedIbIlI, insosTiTuibiLi

“L’intelligenza […] ci insegna che il numero delle possibili combinazioni tra i vari geni che padre e madre ci trasmettono supera il numero degli uomini oggi viventi, o che sono vissuti sulla Terra; che ognuno di noi è dotato e dispone di una composizione asso-lutamente originale che non si era mai pro-dotta prima e che non si riprodurrà mai più. […] Guardando questa carta d’identità ge-netica, si vede non soltanto che ogni essere umano è unico, ma che è nato da un padre ed una madre che a loro volta erano unici. Tra qualche anno [questa carta di identità] potrà essere letta da macchine come quel-le usate nei supermercati, con l’unica diffe-renza che la macchina non potrà mai dare il prezzo della vita umana”.

Jérôme Lejeune

É nell’organismo vivente stesso, nella sua interezza, nel soggetto che conduce la vita, dalla nascita fino alla morte, il luogo dove si integra, si elabora e si reagisce a tut-te le informazioni che arrivano dall’inter-no stesso dell’organismo e dall’ambiente esterno. E per far ciò ogni vivente usa tutti gli strumenti che ha a disposizione, il ge-noma con i suoi geni, il sistema epigeneti-co, l’informazione ambientale, la cultura, la tradizione e trasmette questa informa-zione ai suoi discendenti attraverso l’ere-ditarietà genetica, epigenetica, ecologica e culturale: ciascun organismo nelle moda-lità e potenzialità che la sua costituzione permette.La conseguenza è che ogni organismo vi-vente, dai batteri agli uomini, è, e sarà sempre, “unico e insostituibile” perché definito dalla sua storia individuale che è sempre particolare, imprevedibile, irripe-tibile. Tanto più unici, quanto più dotati di potenzialità informative.

sono PrevedIbIlI tuttI I fattorI che determInano e controllano lo svIluPPo dI un organIsmo vIvente?

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anche la storIa della vIta sulla

Terra è unica e impreVedibiLe?

É una storia costellata da eventi dram-matici: esplosioni di vita seguite da de-cimazioni spaventose. A ogni estinzione di massa la maggior parte delle forme viventi antecedenti spariscono. E da tutto questo sconvolgimento, la linea che por-terà a Homo è una linea infinitamente esi-le, un ramoscello microscopico. Eppure si mantiene, si distacca dalle grandi scimmie circa 6 milioni di anni fa, rimane pratica-mente ferma per milioni di anni fino a un milione di anni fa con Homo habilis e in-fine solo 200-100.000 anni fa compare Homo sapiens.

“Ogni ripetizione del film della vita potreb-be condurre l’evoluzione su una via radical-mente diversa da quella intrapresa in realtà. Ma le differenze conseguenti nell’esito non significano che l’evoluzione sia priva di si-gnificato, e priva di un ordine significante, dice solo che il risultato non era predicibile fin dal principio, analogamente al concetto di contingenza che opera nella storia”.

Stephen J. Gould

cosa dIce la bIologIa a ProPosIto della grande storIa della vIta sulla terra? cI sono leggI che segnano Il Percorso evolutIvo deglI organIsmI vIventI durante Il succedersI delle ere geologIche? É PrevedIbIle questo Percorso?

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1 2

600

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3 4 5

C O S D C P T G C T

650 570 500 435 395 345 280 230 195 140 65 60

Periodi

Bio

div

ers

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C - Cambriano o -ordoviCiano S - Siluriano d - devoniano C - Carbonifero

P - Permiano T - TriaSSiCo G - GiuraSSiCo C - CreTaCeo T - Terziario

la bIodIversItà è esPressa come numero dI famIglIe In marrone e generI In ocra. In blu “l’esPlosIone cambrIana”.

PRECAMBRIANO650 Mya

ORDOVICIANO446 Mya1

2

3

4

5

DEVONIANO371 Mya

TRIASSICO 200 Mya

CRETACEO65 Mya

PERMIANO 248 Mya

ESTI

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La vita sulla terra compare intorno a 3.5 miliardi di anni fa ed è costituita da microrganismi, organismi molli semplici e solo marini. Dall’inizio fino al periodo Cambriano, a seguito di varie catastrofi climatiche denominate Snowball (glaciazioni), più del 70% degli organismi viventi, prevalentemente cianobatteri e alghe eucariotiche, scompaiono.

Irradiazione di raggi gamma dovuti all’esplosione di una supernova. Le radiazioni, oltre al loro effetto letale su flora e fauna terrestri, distruggono lo strato di ozono atmosferico e favoriscono la formazione di ossido d’azoto che oscura per anni il sole e rende l’aria irrespirabile. Porta alla scom-parsa di un terzo di tutti i brachiopodi, briozoi e di numerosi gruppi di conodonti, trilobiti e grap-toliti, mentre la fauna delle barriere marine viene decimata. In totale, in questa estinzione, muoiono circa un centinaio di famiglie di invertebrati marini.

Impatto di corpi extraterrestri, variazioni climatiche verso una crescente aridità, variazioni del livello del mare e diffusa anossia dei fondi marini a causa della divisione di Pangea o rilascio di grandi quantità di metano dal fondo degli oceani. La temperatura sale di circa 5 gradi Celsius e si estingue circa il 76% delle specie viventi, tra le quali la quasi totalità dei terapsidi, molti anfibi e l’84% dei bivalvi.

Meteorite nella penisola dello Yucatan (cratere di Chicxulub). L’85% delle specie scompaiono. Du-rante questa estinzione scompaiono i dinosauri e con loro numerosi altri gruppi sia marini che ter-restri. Vengono severamente colpite diatomee, dinoflagellati, brachiopodi, molluschi, echinodermi e pesci. Invece la maggior parte dei mammiferi, uccelli, tartarughe, coccodrilli, serpenti e anfibi sono stati risparmiati.

glaciazione durante la fine del devoniano. La crisi colpisce prevalentemente l’ambiente marino, in particolare tra gli invertebrati il 70% delle specie non sopravvive. Tra i gruppi più colpiti troviamo brachiopodi, trilobiti, conodonti e acritarchi oltre alle meduse, ai placodermi stromatopodi e ai co-ralli.

glaciazione o riduzione delle lagune marine o eruzione vulcanica in Siberia. Il 99% delle specie marine vengono eliminate. Le vittime includono coralli, blastoidi, acantodiani, blacodermi, pelicosauri, briozoi, brachiopodi, ammoniti, squali, pesci vertebrati, crinoidi, euripteridi, ostracodi ed echinodermi.

C’è una estensiva diversificazione ed espansione di numerose specie marine: cefalopodi, coralli, briozoi, crinoidi, graptoliti, gasteropodi e bivalve.

I gruppi sopravvissuti si diversificano. Appaiono i primi squali, i pesci con lo scheletro e gli ammoniti. Sono dominanti gli stromatopodi e i coralli. Appaiono le prime specie terrestri: anfibi, insetti, piante terrestri che danno origine alle prime foreste.

Si sviluppa la fauna vertebrata terrestre che include anfibi, rettili, terapsidi (rettili mammifero-simi-li). La flora terrestre è composta prevalentemente da gimnosperme, incluse le conifere. Nel mare si trovano brachiopodi, ammoniti, gasteropodi, crinoidi, pesci vertebrati, squali; coralli e trilobiti sono presenti, ma rari.

La fauna continentale vede la comparsa dei primi ordini di dinosauri. Nei mari compaiono i primi rettili marini quali gli ittiosauri. Compaiono i coralli e i bivalvi conoscono una nuova espansione. La flora, ancora di tipo primitivo, è composta di pteridofite, licofite, conifere, felci arboree e ginkgo.

Sono presenti numerose specie e forme. La nuova fauna terrestre comprende dinosauri, mammiferi, pterosauri, anfibi. Compaiono anche i primi uccelli. Tra la flora oltre alle gimnosperme si sviluppano le angiosperme. Si osserva una notevole diversificazione nella fauna marina: rettili, ammoniti, be-lemnoidi, coralli, bivalve, brachiopodi.

bIg

fiVele tracce fossIlI documentano 5 grandI estInzIonI dI massa che hanno drastIcamente modIfIcato la bIodIversItà.

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Dal Vaticano, 4 aprile 1994.GIOVANNI PAOLO II

“Io sono la risurrezione e la vita, chi crede in me, anche se muore, vivrà” (Gv 11, 25).Queste parole di Cristo ci vengono in mente di fronte alla morte del professor Jérôme Lejeune. Se il Padre dei cieli lo ha chiamato da questa Terra lo stesso giorno della Risurrezione di Cristo, è difficile non vedere un segno in questa coincidenza. […] una morte simile rappresenta una testimonianza ancora più forte alla vita alla quale l’uomo è chiamato in Gesù Cristo. […] desideriamo oggi ringraziare il Creatore, “dal quale ogni paternità nei cieli e sulla terra prende nome” (Ef. 3, 15), per il particolare carisma del defunto. Bisogna parlare in questo caso di carisma perché il professor Lejeune ha sempre saputo far uso della sua profonda conoscenza della vita e dei suoi segreti per il vero bene dell’uomo e dell’umanità e solo per questo. È divenuto uno degli arditi difensori della vita, soprattutto della vita dei bambini prima della nascita che, nella nostra civiltà contemporanea, è spesso minacciata a tal punto che si può pensare ad una minaccia programmata. Oggi questa minaccia si estende anche agli anziani e agli ammalati. Le istituzioni umane, i parlamenti democraticamente eletti, usurpano il diritto di poter determinare chi ha diritto alla vita e chi può invece vedersi privato di questo diritto senza alcuna colpa da parte sua. In diversi modi, il nostro secolo ha sperimentato questo comportamento, soprattutto durante la seconda guerra mondiale, ma anche dopo la fine della guerra. Il professor Jérôme Lejeune si è assunto pienamente la responsabilità specifica dello scienziato, pronto a diventare un “segno di contraddizione” senza tener conto di pressioni esercitate dalla società permissiva né dell’ostracismo di cui era oggetto.Siamo oggi di fronte alla morte di un grande cristiano del XX secolo, di un uomo per il quale la difesa della vita è diventata un apostolato. È chiaro che, nella situazione attuale del mondo, questa forma di apostolato dei laici è particolarmente necessaria. Vogliamo oggi ringraziare Dio, Lui che è l’Autore della vita, di tutto ciò che è stato per noi il professor Lejeune, di tutto quello che ha fatto per difendere e promuovere la dignità della vita umana.

al signor Cardinale jean-marie lustiger,

arCivesCovo di parigi