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CORSO DI INSEGNAMENTO IN
FISICA PARTE II
Corsi di Laurea
Odontoiatria e Protesi Dentaria
Medicina e Chirurgia (canale B)
Università degli Studi di Perugia
1 Nevio Forini - Università degli Studi di
Perugia
SECONDA PARTE: SISTEMI E FENOMENI
PARTICOLARI
Meccanica dei Liquidi (Fluidi) – (DG) cap 10
Fasi della Materia
• Solido – forma e volume proprio – molecole aggregate da forze
relativamente intense
Fluidi- non hanno forma propria
• Liquido - ha volume proprio: le molecole sono legate tra loro e non possono
avvicinarsi né allontanarsi (come tante bilie in un contenitore…).
Trasmettono le forze di compressione, ma non quelle di taglio
• Aeriforme : hanno il volume del contenitore (possono essere espansi o
compressi). Esercitano forze di compressione mediante gli urti delle
molecole (forze impulsive) la cui intensità è quindi dipendente dalla
temperatura.
Massa volumica e Densità
• Massa volumica (già densità): massa contenuta nell’unità di volume ρ:=M/V
unità kg m-3 (o g cm-3) – Es massa volumica dell’acqua pura
• Densità (già densità relativa): d = ρm/ρa - adimensionale
• Es densità del ferro, aria, piombo, mercurio
Idrostatica
Principio di Pascal e Pressione
Come in una corda le forze di tensione, in un liquido
incomprimibile in quiete le forze di compressione
(perpendicolari alle superfici) vengono trasmesse in
tutte le direzioni in modo che la loro intensità per
unità di area si trasmette inalterata in tutte le
superfici (del liquido, del contenitore e dei corpi
immersi), comunque orientate
Si definisce quindi PRESSIONE in un punto di un
liquido p(P) la forza di compressione
(perpendicolare alla superficie) esercitata dal
liquido sull’unità di area di superficie (liquido in
pressione). P = Fc / A
L’unità SI della pressione è il N/m2 che prende il nome
speciale di pascal (Pa)
Viceversa, un liquido avente pressione p, eserciterà su
una superficie di area A una forza di compressione
pari a Fc = p A
Il corpo umano è immerso nel
fluido atmosferico (in pressione)
ed è sottoposto a una pressione
(atmosferica) pari a circa 100
000 Pa. Il sangue del sistema
circolatorio, inoltre, viene
ulteriormente compresso dalle
contrazioni cardiache
raggiungendo una pressione
(arteriosa) pari a circa 115000
(quindi 15000 Pa maggiore di
quella esterna)
Manometri, Barometri e Unità di misura
Lo strumento di misura della pressione è il manometro, quello della pressione
atmosferica è il barometro.
Spesso il funzionamento del manometro è tale che fornisce direttamente la
differenza tra il valore assoluto della pressione e il valore della pressione esterna
(manometro relativo). Pressione relativa pr = p - patm (es pressione arteriosa)
In un manometro a U : pr = ρ g h
Leva idraulica
Il principio di Pascal può essere applicato per spiegare il funzionamento del
martinetto idraulico:
p in = p out da cui Fin/Ain = Fout/Aout o, in analogia con la legge della leva, per la
quale sono state introdotte le forze ‘Potenza e Resistenza’:
(R/P) = V = AP/AR (attenzione perché il vantaggio in questo caso è pari al rapporto
tra l’Area in corrispondenza della Potenza e l’area su cui è distribuita la
Resistenza)
Pressione idrostatica
• Nel caso di un liquido (fluido) immerso in un campo di gravità (fluido pesante), ogni
strato di liquido esercita su quello sottostante una forza di compressione in modo
che la pressione si trasmette in modo tale da aumentare via via che aumenta la
profondità
• si dimostra il Teorema di Stevino (legge dell’idrostatica):
p = p0 + ρ g y (y = profondità, p0 = pressione esterna): la pressione in un punto di
un liquido è pari alla pressione esterna più un termine chiamato PRESSIONE
IDROSTATICA (ρ g y) che dipende dalla profondità del punto (cioè dalla distanza
tra il livello della superficie esterna e quello del punto) y = H-h
• Ad esempio, ogni 10 m di acqua di profondità corrispondono a un aumento di
pressione pari a 1 atm
H
h
y
Misura della pressione arteriosa
p = g h es. cervello/aorta:
Posiz. eretta: p ~ -40 mmHg
Posiz. supina: p ~ -5 mmHg
LA MISURA DELLA
PRESSIONE ARTERIOSA
VIENE FATTA A LIVELLO
DEL CUORE
Effetto delle intense accelerazioni sulla pressione arteriosa
Nel caso di accelerazioni verticali (testa-piedi e viceversa) l’accelerazione apparente G può essere molto maggiore di g e così il fattore idrostatico ρgh
Per G = 3g:
- Nel senso piedi-testa: diminuzione della pressione arteriosa al cervello che potrebbe determinare la chiusura delle arterie e quindi ISCHEMIA
- Nel senso testa-piedi: aumento della pressione arteriosa al cervello che potrebbe comportare emorragie (retina, cerebrali)
PRECAUZIONI: INTENSE ACCELERAZIONI RACCOMANDATE IN DIREZIONE “ORIZZONTALE”
Paradosso idrostatico
– Come si spiega il paradosso idrostatico: considerando le forze di pressione
trasmesse al piatto di una bilancia, come è possibile che i 3 vasi abbiano peso
diverso? Oltre alla forza di compressione trasmessa dalla base alla bilancia,
occorre considerare anche le forze di compressione laterali che possono dare
un contributo, come si vede, positivo o negativo
Principio dei vasi comunicanti
Formalmente, la relazione di Stevino può essere interpretata: a pari
pressioni (es. atmosferica) corrispondono uguali altezze, da cui la
legge dei vasi comunicanti
foro
Spinta di Archimede
• Spinta di Archimede o di galleggiamento (Principio di Archimede) – Esercitata dal liquido (fluido) sul corpo immerso (totalmente o parzialmente)
– Dal basso verso l’alto
– Applicata al Centro di spinta (baricentro del liquido spostato)
– Intensità pari al peso del fluido spostato S = Mfs g = ρf Vi g
• E’ possibile interpretare la S come la risultante delle compressioni esercitate
da un liquido pesante sul corpo immerso
Galleggiamento
• Peso apparente (per un corpo totalmente
immerso):
Pa = P – S = Vg (ρc –ρf) per cui la condizione
di galleggiamento è (ρc < ρf)
• Densimetro- può essere costituito da un
cilindro appesantito sul fondo e graduato
lungo l’altezza in termini di densità: maggiore
sarà la densità del liquido, maggiore sarà la
frazione emersa del volume del cilindro
• Stabilità di un corpo che galleggia: baricentro
del corpo al di sopra del centro di spinta
Tensione Superficiale
Esercitata da ogni elemento di superficie su
quello adiacente (tensione)
Forza di contatto distribuita sul bordo della
superficie
Tangente alla superficie nel senso della
riduzione dell’area dell’elemento di
superficie che la esercita
Intensità : mentre è ovvio che dipenda
linearmente dalla lunghezza del ‘bordo’ della
superficie ‘(b=2l), essa NON cambia con
l’allungamento della superficie stessa
Dipende inoltre dalla natura dell’interfaccia,
ovvero dalle due sostanze divise dalla
superficie, per tramite di un coefficiente
chiamato COEFFICIENTE DI TENSIONE
SUPERFICIALE (γ) la cui u.m. è il N/m (o
N/cm) F = γ1,2 b
Tensione Superficiale
• L’origine di tale forza può essere spiegata considerando
un’interfaccia (superficie) che divide due sostanze
(tipicamente un liquido (sotto) e un gas (aria, sopra). Le
molecole ‘superficiali’ (distanti dalla superficie fino a
qualche centinaia di nanometri) sono sottoposte a una
forza di attrazione intermolecolare maggiore verso il
volume del liquido che verso il volume del gas. Tale forza
risultante dipende dalla natura dell’interfaccia (cioè da
entrambe le sostanze).
• Quando si cerca di dilatare la superficie (frecce rosse
orizzontali) si sperimenta una forza contraria (tangente
alla superficie) dovuta al fatto che tale dilatazione
comporta il trascinamento verso l’alto delle particelle
‘superficiali’ attratte dal volume del liquido.
• I valori dei coefficienti di tensione superficiale riportati in
tabella per alcuni fluidi sono relativi all’aria.
1
2
Conseguenze della Tensione Superficiale
• Forma sferica delle (piccole) gocce e bolle
• Sostentamento dei piccoli oggetti
• Pressione di Laplace: tra la parte concava e
quella convessa di una superficie liquida con
curvatura R c’è una differenza di pressione pari
a pint – pest = 2 γ / R
• Capillarità: fenomeno di trasporto: nel caso la
forza di coesione tra le molecole del liquido sia
maggiore di quella di adesione con le pareti del
contenitore (menisco concavo) la forza di
tensione superficiale ha una componente verso
l’alto (es. acqua in capillare di vetro). Viceversa
per mercurio in capillare di vetro)
Le Leggi della Fisica
Osservazioni
Nevio Forini - Università degli Studi di
Perugia 20
LEGGI DELL’IDROSTATICA
Nevio Forini - Università degli Studi di
Perugia 21
PRINCIPIO
di Pascal
H
h
y
LEGGE
di Stevino
deducibile dalle leggi
di Newton (Teorema)
LEGGE
della t. superficiale
Legge empirica
(metodo induttivo)
-Tali leggi hanno, in generale, un ben definito AMBITO DI VALIDITA’.
-E’ possibile, tuttavia, che conservino efficacia, almeno IN FORMA
APPROSSIMATA o QUALITATIVA, anche fuori da tali ambiti
Legge Empirica di tipo Lineare • La legge riguardante la tensione superficiale è una tipica legge empirica di tipo
lineare (che vuole esemplificare tutte le altre comprese nel programma):
l’intensità della tensione superficiale (F) è DIRETTAMENTE PROPORZIONALE
alla lunghezza del bordo (b) su cui agisce; il loro rapporto (F/b) è quindi una
costante, caratteristica del liquido (considerando l’aria come mezzo 2 per
semplicità). Tale rapporto (F/b) equivale alla tensione superficiale che il liquido
esercita su un bordo di lunghezza unitaria (in termini di unità S.I.: i newton
esercitati su ogni metro di bordo).
• A tale rapporto (F/b) si dà il nome di ‘coefficiente di tensione superficiale del
liquido’ e si indica con γliquido. Quindi γliquido = F/b. Ad es. : γacqua = 7 mN//m significa
che una massa d’acqua eserciterebbe una forza di tensione superficiale pari ad
appena 7 mN su un bordo di lunghezza 1 m, 14 mN su 2 m e così via. I valori dei
coefficienti di tensione superficiale vengono riportati in tabelle per i vari liquidi di
interesse, anche in funzione della loro temperatura.
• Da quanto detto, risulta impreciso e fuorviante esprimere la legge riguardante la
tensione superficiale così: “l’intensità della tensione superficiale dipende dalla
lunghezza del bordo su cui è esercitata e dal coefficiente di tensione superficiale
dell’interfaccia”.
Nevio Forini - Università degli Studi di
Perugia 22
Legge Empirica di tipo Lineare
• Una legge empirica di tipo lineare tra due grandezze
X e Y può essere rappresentata graficamente nel
piano X-Y come una retta.
• Il coefficiente di proporzionalità è rappresentato dalla
pendenza di tale retta (coefficiente angolare – m )
• L’intercetta (q) della retta (intersezione asse Y)
rappresenta il valore della grandezza Y quando X =0
• La legge viene ricavata sperimentalmente
effettuando misure di Y per differenti valori di X. Ogni
coppia di misure rappresenta un punto sperimentale
nel piano X-Y.
• Tecniche di elaborazione statistica dei dati
sperimentali permettono di verificare se la
dipendenza è veramente di tipo lineare e, nel caso,
trovare la ‘miglior retta’ ossia i parametri m e q
(metodo della regressione lineare).
Nevio Forini - Università degli Studi di
Perugia 23
Y
X
Y
X
+ + +
+ +
+
m
q
Idrodinamica
Portata e Legge di Continuità
• In un condotto, si definisce portata in volume Qv
attraverso una sezione del condotto: il volume di
liquido che attraversa quella sezione nell’unità di
tempo. Si misura in m3/s (e non l/min)
• Si dimostra che Qv = v A , dove v è la velocità
media del fluido e A l’area della sezione del
condotto.
• La portata in massa Qm è pari alla massa di
liquido che attraversa la sezione nell’unità di
tempo ed è tale che Qm = ρ Qv. Si misura in kg/s
• In un flusso ove non vi siano perdite (pozzi) né
sorgenti di fluido e ove questo non cambi la sua
densità (es liquido), ogni sezione è attraversata
dalla stessa portata: Qv = cost., ovvero : v e A
sono inversamente proporzionali: v A = cost.
• Occorre precisare che ove il flusso sia ramificato,
A rappresenta l’area della sezione totale (di tutti i
rami).
Q sangue = 83 cm3/s (media)
Teorema di Bernouilli
• Per un fluido ideale (incomprimibile e senza
attriti) in moto stazionario, si dimostra (teorema)
che sussiste la seguente relazione tra la
pressione (P), la velocità (di scorrimento) e
l’altezza in ogni punto del fluido:
• In ogni punto del condotto, cioè, risulta costante
la somma dei tre termini; in particolare, per un
condotto di altezza costante, a velocità maggiori
corrispondono pressioni minori:
P2 – P1 = ½ ρ (v12 – v2
2) = pressione idrodinamica
Esempi e Applicazioni della Pressione
Idrodinamica
Viscosità
• La viscosità è un fenomeno tipico dei liquidi reali
in moto, dovuto all’attrito interno tra gli strati di
liquido che esercita una forza ‘di taglio’ che si
oppone al flusso. Nell’esempio in figura si nota
che è necessaria una forza esterna per
mantenere il piatto mobile a una velocità v.
• Nel caso in cui il moto risulti laminare e non
turbolento, l’intensità della forza è direttamente
proporzionale alla velocità di scorrimento v e
all’area A del piatto mobile, e inversamente
proporzionale alla distanza (l) tra i piatti.
• Introducendo le grandezze: gradiente della
velocità (g=v/l) e sforzo di taglio (s=F/A), si ha
una diretta proporzionalità tra (s) e (g) che rende
possibile definire la VISCOSITA’ DINAMICA (η) di un liquido come il loro rapporto: η = s/g.
• L’unità SI di η è il Pa s; l’unità cgs è il poise (P),
1 Pa s = 10 P. La viscosità di un liquido
diminuisce con l’aumentare della temperatura.
η = (F/A) / (v/l)
Equazione di Poiseuille
• Per mantenere una certa portata (Q) in un
fluido reale (viscoso), occorre stabilire tra i capi
del condotto una differenza di pressione
(maggiore a monte che a valle)
• Nel caso di un liquido newtoniano (con η non
dipendente da v) e in moto laminare (non
turbolento) si trova che portata e differenza di
pressione sono direttamente proporzionali:
• ne segue: – La pressione sanguigna diminuisce dalle arterie alle
vene (con L)
– Perché aumenti Q (per aumento dell’attività) occorre
che aumenti Δp (frequenza e intensità contrazioni
cardiache)
– una piccola variazione di R può riflettersi in un grande
cambiamento di Q (selettività del flusso nei vari
compartimenti prodotto dalla contrazione delle
arteriole)
– La riduzione del lume per ispessimento o per placche
arteriosclerotiche determina un patologico aumento
della pressione affinché Q rimanga sufficientemente
elevato (ipertensione arteriosa).
Numero di Reynolds: Re = ρLv/η
< 1200 moto laminare
1200<Re<10000 regime transizione
> 10000 moto turbolento
Equazione di Poiseuille
Q = Δp / R,
R = resistenza idraulica
R = (8/π) η L / r4
Temperatura e Calore – (DG) Cap. 13 e 14
Temperatura e Termometri
La temperatura è un indice della sensazione fisiologica del caldo/freddo e, in
accordo con la Teoria Cinetica è un indice della energia cinetica media molecolare
Definizione operativa: la temperatura è quella grandezza misurata mediante un
termometro. Uno strumento che misura direttamente una grandezza (grandezza
termometrica) correlata alla temperatura tramite una SCALA TERMOMETRICA: es
1. scala termometrica CELSIUS: definisce il grado celsius (°C);
2. scala termometrica KELVIN: definisce il kelvin (K) – 0 K è la temperatura minima
Con: T/K = t/°C + 273,15 : mentre il valore numerico della temperatura di un corpo
è diverso se espresso nelle due unità, le differenze di temperatura non lo sono.
Termometri (grandezza termometrica):
a espansione liquida (altezza colonna)
a lamina bimetallica (angolo di torsione)
a gas perfetto (pressione o volume)
a resistenza elettrica (resistenza elettrica)
a termocoppia (tensione elettrica)
Dilatazione Termica
La legge della dilatazione termica può essere
interpretata come una legge empirica lineare
(tra l’allungamento relativo e l’aumento della
temperatura):
ΔL/L = α ΔT
Con α coefficiente di dilatazione termica
lineare, definito dal rapporto (ΔL/L) / ΔT .
Rapporto che, non dipendendo da ΔT, è una
caratteristica del materiale di cui è composto il
corpo che si dilata e da altri parametri come la
temperatura del corpo stesso.
Dalla legge precedente si ricava quella che
riguarda il volume del corpo
ΔV/V = β ΔT con β, coefficiente di dilatazione
termica di volume, pari a circa 3 α
Gas Perfetto
• Un sistema termodinamico è definito GAS
PERFETTO se segue la LEGGE DI STATO DEI
GAS PERFETTI:
P V = n R T con R = costante universale dei gas
perfetti = 8,314 J / K mol
• La legge suddetta può essere dedotta dalla Teoria
Cinetica (dei gas) applicata a un modello di N0
particelle non interagenti se non per urti elastici e
di volume trascurabile, contenute in un volume V.
• Il comportamento dei gas reali si approssima a
quello descritto dalla legge dei gas perfetti tanto
più sono rarefatti
Gas Reale
• Sistemi il cui comportamento
termodinamico si discosta da quello che
definisce il gas perfetto: molecole
interagenti e con volume proprio
(potenziale di Lennard-Jones)
• Es- Legge di stato di V. d. Waals:
• (P+a) (V-b) = n R T
• R = costante universale dei gas perfetti =
8,314 J / K mol
(Diagramma di Andrews)
Calore
Energia trasmessa (si ricordi il primo principio della termodinamica) in virtù di una
differenza di temperatura.
Q (quantità di calore)/ J
1 cal = 4,186 J
H = flusso di calore attraverso una sezione = quantità di calore che attraversa una
sezione nell’unità di tempo / J s-1 = W (watt)
Meccanismi di trasferimento del calore:
1. Conduzione
2. Convezione
3. Irraggiamento
Conduzione
Legge di Fourier
Hc = k A (T2 – T1) / l
k = coefficiente di conducibilità termica
(conduttività termica)
Convezione
Naturale / Forzata
Irraggiamento
Legge di Stefan
Hi = e σ A (T41 – T4
2)
e = emissività (e < 1 emissività di corpo nero)
σ = costante di Stefan = 5,67 10-8 W / m2 K-4
Irraggiamento Solare
Il flusso di calore che attraversa 1 m2 di superficie disposta trasversalmente ai raggi
solari (detto Costante solare CS) è pari a = 1350 W m-2
Attenuazione / Assorbimento da parte dell’atmosfera (dal 70% al 30%)
Flusso di calore in ingresso per irraggiamento solare: Hin = CS cosθ
Bilanciamento Termico Uomo-Ambiente
M ± K ± C ± I - E = 0
200 W – 10 W - 100 W – 80 W - 10 W = 0 W
Hin Hout
Hin - Hout = 0
Effetti della somministrazione di calore
RISCALDAMENTO
TRASFORMAZIONE DI FASE (STATO DI AGGREGAZIONE)
Legge del Riscaldamento
Legge Lineare
Q = C ΔT
C = cs m oppure C = c n
C = capacità termica / J K-1
cs = calore specifico / J K-1 kg-1
c = capacità termica molare / J K-1 mol-1
TEMPERATURA DI EQUILIBRIO
Qin = Qout
cs1 m1 (Teq – T1) = cs2 m2 (T2 – Teq)
La variazione di temperatura è
inversamente proporzionale al calore
specifico del materiale e alla massa del
corpo
Calore Specifico
Calore Latente
Legge Lineare
Q = CL ΔM CL = calore latente di trasformazione/ J kg-1 (di Fusione – solidificazione,
Evaporazione – condensazione, Sublimazione – sublimazione)
Passaggi di fase Diagramma di stato
Pressione di vapor saturo
Un liquido tende a evaporare fino a che la pressione del vapore (pv) raggiunge un
valore ‘soglia’ detto PRESSIONE DI VAPOR SATURO (pvs)
Per ogni sostanza la pvs è differente e dipendente (crescente) dalla temperatura
Pressione di vapor saturo
Un liquido tende a evaporare fino a che la pressione del vapore (pv) raggiunge un
valore ‘soglia’ detto PRESSIONE DI VAPOR SATURO (pvs)
Per ogni sostanza la pvs è differente e dipendente (crescente) dalla temperatura
Si individua la curva pv(T) nel diagramma T-p
T
pv
Equilibrio delle fasi
Un liquido tende a evaporare e la sua pv ad aumentare fino a raggiungere pvs
(equilibrio delle fasi).Se non c’è sufficiente liquido perché ciò avvenga (freccia L V),
il liquido risulta completamente evaporato (quindi la sostanza è allo stato di VAPORE)
Al contrario, comprimendo del vapore (freccia VL), esso comincerà a
CONDENSARE con pv = pvs (equilibrio delle fasi). Quando la sostanza è
completamente condensata (LIQUIDO) la pressione può continuare a salire.
T
pv 1
V L L V
Temperatura Critica
A temperature superiori alla TEMPERATURA CRITICA (Tc), specifica per ogni
sostanza, il vapore compresso non può comunque condensare (aumenta la sua
densità)
Le sostanze la cui Tc è inferiore (di molto) alle temperature ambientali, è chiamata
GAS (anziché vapore)
T
pv 1
V L L V
Tc
GAS
VAPORE
LIQUIDO
Umidità Relativa
Se la sostanza è l’acqua, il rapporto tra pressione di vapore e pressione di vapor
saturo (espresso in forma percentuale) è detto UMIDITA’ RELATIVA
U% =( pv / pvs) 100
T
pv
A (U% < 100%)
B ( U% = 100%)
C
T1
Temperatura di Rugiada
In condizioni di U% < 100% è possibile raggiungere l’equilibrio (delle fasi) anche
diminuendo la temperatura fino a che la Pvs, diminuendo a sua volta, diventi pari alla
pv (e, quindi U% = 100%) – v. freccia orizzontale nel diagramma
La temperatura alla quale si realizza CONDENSA (PVS PV) è detta T. di RUGIADA
T
pv 1
Tc
GAS
VAPORE
LIQUIDO
V L
Tr
Volatilità
La sostanza 1 è più VOLATILE della sostanza 2 perché a pari temperatura ha una pvs
maggiore
T
pv 1 2
Temperatura di ebollizione
Se la pvs è pari alla pressione esterna, si possono creare bolle di vapore all’interno del
liquido (non implodono) che, quindi, passa allo stato di vapore non solo in superficie
La sostanza più volatile ha temperatura di ebollizione minore
T
pv
pest
Teb2 Teb1
1 2
Pressione di vapor saturo
Si definiscono le grandezze:
1. Teb = temperatura di ebollizione, corrisponde a quella temperatura per cui la
pressione di vapor saturo uguaglia la pressione esterna (permettendo la
formazione di bolle di vapore) – per l’acqua Teb è pari a 100 °C quando la
pressione esterna è 1 atm
2. La Teb è indicativa della volatilità di una sostanza: minore è Teb, maggiore è la
volatilità della sostanza
3. Tcr = temperatura critica – al disopra della quale un vapore non può condensare
(se una sostanza ha Tcr < Tamb è detto gas e non può essere liquefatto se non
raffreddandolo)
4. U% = umidità relativa = rapporto tra la pressione di vapore ambientale e quella di
vapor saturo alla stessa temperatura
5. TR = temperatura di rugiada: temperatura alla quale la pvs eguaglia la pressione di
vapore (si usa solo nel caso del vapore acqueo)
Diagramma di stato
Vibrazioni e Onde – (DG) Cap. 11
Forze di Attrito Radente • STATICO
– è una forza di tipo vincolare
– Si interpreta immaginando le superfici scabre
– Forza che il piano fa sul corpo sottoposto a una forza motrice
– Forza superficiale (superficie del solido a contatto con il piano)
– Orientazione opposta alla forza motrice, parallela al piano
– Intensità pari alla forza motrice. Ammette una massimo : As max = μs N
• DINAMICO – Stesse caratteristiche, ma
– intensità : Ad = μd N, con μ d < μ s
– I coefficienti di attrito μ dipendono dalla natura delle
superfici a contatto e non dipendono né da A né da v
Nevio Forini - Università degli Studi di
Perugia 57
Legge di Hooke • La legge (empirica lineare) di Hooke va formulata: per una
molla (ideale, elastica) la forza di richiamo (F) è direttamente
proporzionale alla deformazione (allungamento) della molla
(x). Il rapporto F/x che rappresenta la forza esercitata dalla
molla per ogni deformazione unitaria (1 m oppure 1 cm),
rimane lo stesso per ogni allungamento della molla (perché
se raddoppia l’allungamento raddoppia anche la forza) ed è
quindi una caratteristica della molla. Tale rapporto, indicato
con k, viene chiamato COSTANTE ELASTICA DELLA
MOLLA ed è misurato in N/m o in N/cm
• NON ripetere quindi la legge: l’intensità della forza elastica di
una molla è direttamente proporzionale all’allungamento
della molla e alla costante elastica della molla
• NOTA: la legge fu per prima formulata da Robert Hooke nel 1675, nella forma dell'anagramma latino "ceiiinosssttuv", la cui soluzione fu da Hooke pubblicata nel 1678 come "Ut tensio, sic vis" che significa "come l'estensione, così la forza", cioè l'allungamento prodotto (nella molla) è direttamente proporzionale alla forza impressa [da wikipedia] Nevio Forini - Università degli Studi di
Perugia 58
F
x m = k
Elasticità
• L’elasticità è la proprietà dei materiali (solidi
o fluidi) di deformarsi in modo direttamente
proporzionale al livello di sollecitazione
• I materiali reali hanno un limite di elasticità
espresso in termini di deformazione limite
oltre il quale esibiscono plasticità (materiali
plastici) o rottura (materiali fragili)
• La legge dell’elasticità si esprime come
diretta proporzionalità tra sforzo σ = F/A e
deformazione ε = l/L. La costante di
proporzionalità k è detta costante elastica:
F/A = k l/L
• Conseguenza della legge di proporzionalità è
che, entro tali limiti di validità, l’oggetto
elastico recupera la sua forma originaria
quando cessa la sollecitazione (a riposo).
Ancora sulle leggi di tipo Lineare • La precedente legge della molla è un ulteriore esempio di legge empirica di tipo
lineare. Si ricordano le caratteristiche della legge e il modo corretto di enunciarla
:
1. l’intensità della forza esercitata dalla molla (F) è DIRETTAMENTE
PROPORZIONALE all’allungamento della molla (x);
2. Le condizioni di validità sono definite in termini di limite di deformazione elastica
3. il loro rapporto (F/x) è quindi una costante, caratteristica della molla.
4. Tale rapporto corrisponde alla forza che la molla esercita per unità di
allungamento (es. numerico)
5. a tale rapporto (F/x) si dà il nome di ‘costante elastica della molla’ e si indica con
k. Quindi k := F/x.
6. in termini di unità S.I. k rappresenta i newton ‘esercitati’ dalla molla per ogni
metro o centimetro di allungamento. Quindi si misura in N/m o N/cm
7. k dipende dalle caratteristiche fisiche della molla quali il materiale di cui è
composta, il diametro del filo avvolto, il numero di spire e le loro dimensioni ecc.
Nevio Forini - Università degli Studi di
Perugia 60
Ancora sulle leggi empiriche di tipo Lineare • Elenco delle leggi già studiate:
Nevio Forini - Università degli Studi di
Perugia 61
1. F = γ1,2 b
2. (F/A) = η (v/l)
3. Δp = [(8/π) η L / r4 ] Q
4. ΔL/L = α ΔT ; ΔV/V = β ΔT
5. P V = R n T
6. Hc = k A/l ΔT
7. Hi = e σ A (T41 – T4
2)
8. Q = (cs m) ΔT
9. Q = CL ΔM
10. As max = μs N
11. Ad = μd N
12. F = k x
13. ΔV = (ρ l/A) i
14. Q = C ΔVc
Forza elastica di una Molla
Fe = - k x Forza di richiamo (componenti)
La forza è conservativa
Energia potenziale di una molla: ½ k x2
Energia meccanica di una molla = ½ k A2
Il moto è periodico:
Periodo di un fenomeno periodico (T): intervallo
di tempo perché il fenomeno si ripeta /s
Frequenza di un fenomeno periodico (f): numero
di ripetizioni (cicli) nell’unità di tempo/s-1 = Hz
Moto Armonico
Un oscillatore armonico compie un ‘moto
armonico’ ovvero caratterizzato dalla
equazione del moto:
x(t) = A cos(ωt + φ)
soluzione della legge del moto, con: x = spostamento,
A = ampiezza (spostamento massimo)
ω = pulsazione
(ωt + φ) fase della oscillazione
φ = fase iniziale
Derivando si ottiene l’equazione temporale per
v e per a:
v(t) = - A ω sin(ωt + φ)
a(t) = - A ω2 cos(ωt + φ)
Oscillatore Armonico
Se l’accelerazione (a) (e quindi la risult. Delle forze) è direttamente proporzionale
allo spostamento (x), ma di verso opposto, il moto è oscillatorio e il periodo di
oscillazione non dipende dalla ampiezza (spostamento massimo) di oscillazione
(oscillatore armonico).
La legge del moto si scrive:
a = - ω2 x (ω pulsazione),
avendo indicato con ω2 (valore positivo) la costante di proporzionalità tra a/-x
In tal caso si dimostra che :
f = ω / 2 non dipende dalla ampiezza (stessa relazione che c’è tra frequenza e
velocità angolare in un moto circolare uniforme) – frequenza dell’oscillatore
Pertanto ω = 2 f è anche detta frequenza angolare
Quindi per la molla:
F = - k x , m a = - k x ; a = - (k/m) x, ovvero la molla (ideale) è un oscillatore
armonico con ω = √(k/m) e f = √(k/m)/ 2
Altri oscillatori armonici
la proiezione di un moto circolare uniforme lungo un diametro,
con ω (pulsazione) = velocità angolare
Per questo motivo la pulsazione si indica con lo stesso simbolo
Per lo stesso motivo la fase di una oscillazione viene espressa
come un angolo
Il pendolo semplice,
considerando lo
‘spostamento angolare’ θ,
si ha ω = rad(g/l) non
dipende dalla massa
Galleggiante,
circuito elettrico RLC
…
Oscillazioni smorzate
Oscillazioni Forzate
Elettrostatica – (DG) Cap. 16 e 17
introduzione
Nevio Forini - Università degli Studi di
Perugia 69
Quantità di Carica Elettrica
• Il concetto nasce dalla esperienza della
attrazione e repulsione elettrostatica
• Un corpo è carico quando il numero di
elettroni (Ne) e di protoni (Np) è differente
• Diremo che la sua Quantità di Carica
elettrica (Q) è proporzionale alla
differenza (Np – Ne), quindi è una
grandezza scalare con segno.
• L’unità di misura SI della quantità di
carica elettrica è il coulomb (C) definito in
termini di intensità di corrente elettrica
unitaria (v. oltre)
• 1 C corrisponde a un eccesso di circa
6,24 1018 protoni
• 1 e = - 1,6 10-19 C
• Quantità di carica elettrica comuni: C
Elettrizzazione
Elettrizzazione per
• Strofinio (diffusione)
• Conduzione (elettrica)
• Induzione (elettrostatica)
Forza Elettrica o di Coulomb
Charles Augustin de
Coulomb (1736-1806)
Forza Elettrica o di Coulomb
Charles Augustin de
Coulomb (1736-1806)
k = 9 109 N m2 /C2 nel vuoto, è una caratteristica del
mezzo in cui sono immerse le cariche. Nei mezzi
dielettrici (sostanze dipolari) è molto più piccolo (per
l’acqua 80 volte più piccolo)
k può essere espressa in forma razionalizzata
mediante la cosiddetta costante dielettrica del mezzo
(ε): k = 1/(4πε) che ha quindi significato ‘opposto’ a k
(è grande nei mezzi dielettrici es acqua)
Si ha per due particelle atomiche:
FORZA EL./FORZA GRAV. = 1036
Campo di Forza
• Il campo di forza sostituisce il modello secondo cui
due corpi a distanza interagiscono direttamente
(F12). Il campo di forza diventa quindi un ente della
realtà fisica che si aggiunge alla materia e
all’energia (interazione).
CARICA1 CAMPO di forze CARICA2
Programma:
1) Definizione e rappresentazione del Campo
Elettrico
2) Sorgenti di campo elettrico
3) Effetti del campo elettrico su carche e corpi
Michael Faraday (1736-
1806)
Il campo elettrico
Nevio Forini - Università degli Studi di
Perugia 75
Definizione del Campo Elettrico
Il campo elettrico è una regione di spazio dove in ogni punto sono definite le
grandezze
• Vettore Campo elettrico (E)
• Potenziale Elettrico (V)
Vettore Campo Elettrico
• In ogni punto del campo elettrico è definibile una Forza elettrica esercitata
dal campo su una carica q posta in quel punto F(P) campo, carica
• L’intensità di tale forza è direttamente proporzionale alla quantità di carica
stessa
• Così il rapporto Fel / q è una caratteristica del punto (cioè del campo e non
dipende dalla carica su cui agisce).
• Tale rapporto, pari alla forza che il campo eserciterebbe su una carica
unitaria, si definisce vettore campo elettrico E nel punto P
• E (P) := Fel (P) / q
• L’unità di misura dell’intensità del campo elettrico è : N/C (= V/m, v.oltre)
Potenziale Elettrico
• La forza elettrostatica è conservativa e ‘a lavoro non nullo’, è definibile
quindi una energia potenziale elettrica di una carica in un punto del campo
elettrico Uel(P,q)
• Dato che la forza elettrica è proporzionale alla quantità di carica su cui
‘agisce’, anche l’energia potenziale elettrica di una carica q in un punto del
campo è proporzionale alla quantità di carica stessa.
• Il rapporto Uel / q è quindi una caratteristica del punto del campo (e non
della carica)
• Tale rapporto, che indica l’energia potenziale elettrica posseduta da una
carica unitaria posta in quel punto, si definisce potenziale elettrico V nel
punto P
• V (P) = Uel (P,q) / q
• Il potenziale elettrico si misura in joule/coulomb che prende il nome speciale
di volt (V)
Relazione tra E e V
• Nel campo di gravità terrestre l’energia potenziale di gravità
diminuisce verso il basso (cioè nella direzione della forza)
1) La differenza di energia potenziale lungo tale direzione vale
ΔU = - (mg) d
2) L’energia potenziale di gravità è costante su superfici
orizzontali, ovvero perpendicolari a tale direzione (superfici
equipotenziali)
F
U1
U2
Relazione tra E e V
• In modo del tutto analogo, ricordando che E e V
rappresentano rispettivamente la forza elettrica del campo
sull’unità di carica elettrica e l’energia potenziale elettrica
della stessa quantità di carica, si ha che:
1) La differenza di potenziale elettrico lungo la direzione del
campo (uniforme) tra due punti a distanza (d), è pari a:
ΔV = - E d (E può quindi essere espresso in V/m); ovvero:
maggiore è l’intensità del campo elettrico E, maggiore sarà la
RAPIDITA’ con cui cambia V lungo la direzione del campo.
2) Il potenziale elettrico sui punti di una superficie
perpendicolare alla direzione del campo elettrico è costante
(superfici equipotenziali)
• La differenza di potenziale (ΔV , ddp) tra due punti è detta
anche TENSIONE ELETTRICA ed è spesso indicata
semplicemente con V
E
V1
V2
d
Relazione tra E e V nel caso generale
• nel caso si voglia trovare la ddp tra due punti non allineati
lungo la direzione del campo, si deve moltiplicare E per la
‘componente perpendicolare’ della distanza: ΔV = - E (d
cosθ)
• Se il campo non è uniforme lungo tale distanza, si ricorre al
calcolo integrale:
1) si suddivide tale distanza in piccoli elementi di percorso tali
che entro essi il campo non cambi (in modo apprezzabile)
2) Per ognuno di essi si calcola la piccola differenza di
potenziale con il metodo già descritto: δV = - E (δd cosθ)
3) Si sommano tutti gli elementi δV calcolati lungo il percorso
scelto (si ricorda che la differenza di energia potenziale,
ovvero il lavoro conservativo, non dipende dal percorso su
cui è stata calcolata): ΔV = Σ δV
E
V1
V2
d θ
Rappresentazione del Campo Elettrico
• Posto che un campo vettoriale non può essere rappresentato graficamente
disegnando il vettore (con un segmento orientato) in ogni suo punto, la
rappresentazione per LINEE DI CAMPO (curve continue orientate), ne fornisce
una descrizione sommaria e a ‘colpo d’occhio’. Essa segue due regole :
1) In ogni punto il vettore del campo è tangente alla linea (in BLU)
2) L’intensità del vettore è proporzionale alla densità delle linee, ovvero al numero
di linee che attraversano una superficie unitaria centrata nel punto e
perpendicolare alle linee
Inoltre, se il punto non giace su una linee di campo occorre mediare utilizzando
punti vicini giacenti su linee
Rappresentazione del Campo Elettrico
• Le SUPERFICI EQUIPOTENZIALI
1) Sono superfici per definizione perpendicolari alle linee di forza, in ogni punto
2) Le superfici equipotenziali vengono rappresentate in modo tale che tra due
superfici successive vi sia sempre la stessa differenza di potenziale. Ne segue
che, essendo ΔV = E d , la distanza (d) tra due superfici successive è
inversamente proporzionale al valore di E tra quelle superfici (se sono fitte le
linee, lo saranno anche le superfici…)
Sorgenti di campo elettrico
Nevio Forini - Università degli Studi di
Perugia 84
Sorgenti di Campo Elettrico
• Le cariche elettriche sono sorgenti di campo
elettrico
• Il campo elettrico generato da una CARICA
POSITIVA PUNTIFORME è del tipo
rappresentato in figura (divergente)
• L’intensità di tale campo è in ogni punto
ricavabile dalla relazione (legge di Coulomb)
E = 1/(4πε) Q / r2 ovvero dipende (solo)
inversamente dal quadrato della distanza tra il
punto e la carica
• Il potenziale elettrico (positivo, si annulla a
distanza infinita dalla carica) è in ogni punto
ricavabile da: V = 1/(4πε) Q / r
• Per una CARICA NEGATIVA il campo è
convergente e il potenziale ovunque negativo
Campo elettrico generato da una distribuzione di carica qualsiasi
• Le grandezze E e V sono additive, cioè:
• Il Vettore campo elettrico prodotto in un punto da un insieme di cariche
elettriche, è pari alla SOMMA dei vettori campo elettrico che sarebbero
prodotti in quel punto da ognuna delle cariche
• Idem per il potenziale elettrico (grandezza SCALARE CON SEGNO), quindi:
– E TOT(P) = Ei (P) – V TOT(P) = Vi (P)
• Il campo elettrico generato da una distribuzione di cariche può essere ricavato
anche mediante il TEOREMA DI GAUSS
Campo elettrico generato da un Dipolo Elettrico
• Un dipolo è un sistema di due
cariche uguali e opposte (q e –q) la
cui distanza (a) è piccola e fissa
• Nei punti lontani dal dipolo, cioè a
distanza molto maggiore di (a), il
campo elettrico è trascurabile,
mentre è relativamente intenso
vicino a ognuna delle due cariche
(o tra esse)
Effetti del campo elettrico
Nevio Forini - Università degli Studi di
Perugia 88
Forza Elettrica
• La forza esercitata da campo elettrico su una carica
elettrica posta in un punto (P) del campo, è pari al
prodotto tra il Vettore Campo elettrico in quel punto e
la quantità di carica (q) presa con segno (ovvero la
forza ha il verso del vettore E o verso contrario a
seconda che la carica sia positiva oppure negativa)
• F el = q E
• Questo significa che una carica, inizialmente ferma,
posta in un punto di un campo elettrico, viene
accelerata lungo la linea del campo elettrico (cioè
‘verso potenziale elettrico minore’ (V-) oppure in
senso inverso (cioè verso il potenziale elettrico
maggiore V+) a seconda che sia positiva oppure
negativa.
Effetto di un campo elettrico sui conduttori
• In condizioni di equilibrio elettrostatico, il fatto
che le cariche elettriche di un conduttore,
altrimenti libere di muoversi, sono ferme, indica
che:
1) all’interno di un conduttore il campo elettrico è
comunque nullo (gabbia di Faraday) e non vi è
carica elettrica netta
2) Sulla superficie di un conduttore il campo
elettrico non ha componente lungo la sua
superficie. Se il corpo è carico, la carica si
dispone sulla superficie. L’intensità del campo
elettrico (superficiale e perpendicolare alla
superficie) è direttamente proporzionale alla
densità superficiale di carica elettrica (effetto
punte)
3) Il potenziale elettrico è lo stesso in ogni punto
del conduttore
Forza elettrica su un dipolo elettrico
• Un dipolo elettrico (es. una molecola dipolare) immerso in un campo elettrico
(supposto uniforme) è sottoposto a una coppia di forze tale da ORIENTARE il
dipolo nella direzione del campo stesso.
• Il momento torcente (meccanico) è proporzionale all’intensità del campo
elettrico e al MOMENTO DEL DIPOLO definito come prodotto tra la quantità di
carica e la distanza tra le cariche (μ = q a)
F+
E -q
+q
F-
Effetto del campo elettrico sui Dielettrici
• Un mezzo dielettrico può essere rappresentato come un
insieme di molecole dipolari che si orientano quando
immerse in un campo elettrico esterno
(POLARIZZAZIONE) producendo un campo (interno) di
verso opposto a quello esterno.L’effetto macroscopico,
quindi, è che il campo elettrico e le forze elettriche
all’interno di un mezzo dielettrico sono ‘ATTENUATE’.
• L’entità del fenomeno e il valore dell’attenuazione
dipendono da una caratteristica del mezzo: la (già nota)
COSTANTE DIELETTRICA DEL MEZZO (ε) definibile
anche relativamente a quella del vuoto: εr = ε / ε0 . La
costante dielettrica relativa dell’acqua è circa 80.
• Se l’intensità del campo supera una certa soglia
(CAMPO DI ROTTURA), le forze elettriche possono
rompere il legame dipolare e consentire il passaggio di
carica (scarica o scintilla)
Circuiti elettrici – (DG) Cap. 18 e 19
Corrente elettrica e Circuiti elettrici La corrente elettrica è un flusso ordinato di carica elettrica la cui
intensità (i) è definita come la quantità di carica che attraversa
una sezione nell’unità di tempo: i = q/t. L’unità di misura S.I. di i è
il coulomb al secondo (C/s) che prende il nome speciale di
ampere (A) (unità di base nel S.I.) Il suo verso è fissato
convenzionalmente come quello percorso dai portatori di carica
positiva.
Le correnti elettriche sono generate da campi elettrici: nei
conduttori l’energia potenziale elettrica, dissipata per effetto
Joule, è dovuta al generatore di fem, la cui fem è definita come il
lavoro da esso compiuto per trasportare l’unità di carica tra i suoi
terminali. fem = L(-, +)/q, ufem = J/C = volt (V) (omaggio ad
A.Volta).
Un circuito elettrico è costituito da una serie di DISPOSITIVI
ELETTRICI collegati tra loro da un conduttore (un filo di rame,
una sottile lamina di rame nei circuiti stampati, un cavo, ecc.)
all’interno del quale circola una corrente elettrica la cui intensità
varia ramo per ramo secondo un progetto specifico che ne
assicura il funzionamento.
f.e.m.
V+
V-
Circuiti Elettrici
A seconda del tipo di generatore, il REGIME della
corrente sarà:
•continuo (d.c.) : corrente elettrica (i) costante nel tempo
•alternato (a.c.): (i) varia con legge sinusoidale,
passando con regolarità da un verso a quello opposto
con una certa pulsazione ω o frequenza ‘f’ (ω = 2πf). La
frequenza della c.a. industriale è 50 Hz in Europa e 60
Hz in America
•variabile: la corrente elettrica può dipendere (essere
‘modulata’) da altre grandezze il cui particolare
andamento nel tempo può ‘contenere un’informazione’
(segnale elettrico, es. telecomunicazioni, ECG, EEG).
Per il Teorema di Fourier, un segnale elettrico
complesso può essere sempre scomposto in una serie
opportuna di segnali sinusoidali. In particolare, un
segnale periodico di frequenza fs è scomponibile in
ARMONICHE di frequenza multipla (n x fs) (analisi di
Fourier), un segnale non periodico in una serie continua
rappresentata dalla c.d. trasformata di Fourier
Bipoli elettrici
I dispositivi elettrici possono essere considerati BIPOLI
caratterizzati da un polo d’ingresso (della corrente) e uno di
uscita. Tra i poli, posti in tensione (Vb), circola la corrente
(ib) che attraversa il bipolo. Se la relazione tra tensione e
corrente è semplice (lineare), il dispositivo (bipolo) è detto
lineare.
Si distinguono dispositivi elettrici ATTIVI E PASSIVI:
1) i primi generano tensione, ovvero energia elettrica,
consumandone di altro tipo (sono GENERATORI o
sorgenti di f.e.m. le batterie che convertono energia
chimica in elettrica e le DINAMO o gli ALTERNATORI
che generano energia elettrica da energia meccanica)
2) i secondi, viceversa, determinano cadute di tensione,
convertendo energia elettrica in altro tipo. Sono
dispositivi passivi lineari: il resistore (energia elettrica
viene dissipata in calore); il condensatore (l’energia
elettrica è immagazzinata come energia di campo
elettrico) e l’induttore (l’energia elettrica è
immagazzinata come energia del campo magnetico).
i u
•I bipoli possono essere collegati in
SERIE quando l’uscita del primo è
collegata all’ingresso del secondo o in
PARALLELO, se ingresso e uscita del
primo dispositivo sono collegati a ingresso
e uscita del secondo dispositivo.
•Nel caso di collegamento in serie, quindi,
i due dispositivi sono attraversati dalla
stessa corrente mentre la tensione ai capi
del collegamento è pari alla somma delle
tensioni ai capi di ogni bipolo; in un
collegamento in parallelo vale il contrario.
Collegamenti
Circuiti Elettrici
In genere, poi, un circuito comprende uno o più INTERRUTTORI, dispositivi cioè
che permettono di interrompere il flusso di corrente (automatici o manuali). Si
dicono chiusi o aperti a seconda che, rispettivamente, permettono o interdicono il
passaggio di corrente.
Infine, ‘mettere a terra’ o ‘a massa’ un punto (o un elemento) del circuito significa
collegarlo a un potenziale di riferimento, cui generalmente si assegna valore 0 V,
e che si realizza nella pratica collegando effettivamente il punto del circuito nel
terreno (il potenziale del terreno può essere considerato costante relativamente al
funzionamento del circuito).
applicazione: la messa a terra ‘di sicurezza’ evita il formarsi di accumuli di cariche
elettriche, potenzialmente pericolosi, negli elettrodomestici.
Legge della Maglia
Un circuito elettrico può essere suddiviso in più circuiti
elementari. Un circuito privo di ramificazioni (NODI) è
detto MAGLIA (fig). In un circuito, la corrente e la
tensione in ciascun BIPOLO, RAMO o MAGLIA,
dipendono dalle caratteristiche del circuito; per trovarne i
valori (risolvere/progettare un circuito elettrico) è possibile
applicare la legge della maglia o L. di Kirchoff:
percorrendo ogni maglia secondo un verso della corrente
scelto arbitrariamente, la somma totale delle tensioni
incontrate (ai capi di ogni bipolo) è pari a zero.
Per risolvere l’espressione nella incognita (i) (intensità di
corrente), con cui poi calcolare anche la tensione ai capi
di ogni bipolo, occorre esprimere ogni tensione incontrata
(V) come funzione di (i). Così, la legge della maglia
diventa un’equazione (algebrica o differenziale) nella sola
variabile i (con soluzione positiva o negativa a indicare
che il verso di i può essere concorde o contrario a quello
arbitrariamente scelto).
Il calcolo verrà limitato ai soli dispositivi LINEARI (v.oltre)
∑magliaV = 0
∑magliaV(i) = 0
Resistenza e resistori
Nevio Forini - Università degli Studi di
Perugia 100
Prima legge di Ohm
La legge di Ohm è un ulteriore esempio classico di legge
empirica di tipo lineare:
1.l’intensità della corrente elettrica (i) che circola attraverso
un conduttore è direttamente proporzionale alla tensione
elettrica applicata ai suoi capi (V)
2.Il rapporto (V/i) (coefficiente di proporzionalità) è quindi
una caratteristica del conduttore.
3.Tale rapporto corrisponde alla tensione necessaria per
ottenere una corrente unitaria
4.a tale rapporto (V/i) si dà il nome di ‘resistenza elettrica
del conduttore’ e si indica con R. Quindi R := V/i.
5.in termini di unità S.I., R rappresenta i volt necessari per
ottenere 1 ampere di corrente. Quindi si misura in V/A,
unità chiamata ohm (Ω)
6.La legge è valida per i conduttori ohmici
7. R dipende dalle caratteristiche del conduttore quali la
sua lunghezza, la sua sezione, il materiale di cui è
composto, ma anche dalla temperatura alla quale si trova
(v. oltre la seconda legge di Ohm).
V = R i
Seconda legge di Ohm
Anche la 2° legge di Ohm è una legge lineare:
1.La Resistenza elettrica (R) di un conduttore è
direttamente proporzionale alla sua lunghezza (l) e al
reciproco della sua area di sezione (A)
2.Il rapporto R/ (l/A) = R (A/l), che corrisponde alla
costante di proporzionalità, è quindi una caratteristica
del materiale di cui è composto il conduttore.
3.Tale rapporto corrisponde alla resistenza che
avrebbe un conduttore di lunghezza e area di sezione
unitarie
4.a tale rapporto si dà il nome di ‘resistività del
materiale” (ρ) . Quindi ρ := R (A/l).
5.in termini di unità S.I., ρ rappresenta gli ohm di un
conduttore di lunghezza e sezione unitari. Quindi si
misura in Ω m
6.La legge è valida per i conduttori ohmici
7. ρ dipende dal materiale di cui è composto il
conduttore e dalla sua temperatura (v.tabella)
Effetto Joule
L’energia elettrica degli elettroni in un conduttore viene quindi dissipata (per urti con il reticolo cristallino) in
calore. Tale fenomeno, chiamato effetto Joule, è utilizzato in alcune applicazioni come le stufette elettriche e in
tutti i dispositivi che producono calore elettricamente. Altre volte costituisce un effetto indesiderato: sia perché
l’energia dissipata è ‘perduta’, sia perché il calore può essere causa di incendio: negli impianti elettrici sono
previsti interruttori automatici o fusibili che ‘aprono’ (interrompono) il circuito quando la corrente supera un
certo valore di sicurezza, oltre il quale il filo conduttore potrebbe bruciarsi. Rischio analogo si può correre in
caso di corto circuito, quando cioè due punti a potenziale differente vengono in contatto (i due poli dell’impianto
domestico). L’elevata corrente che circolerebbe nel circuito potrebbe innescare un incendio per effetto joule.
Infine, alcuni circuiti sono così sensibili all’aumento di temperatura per effetto joule che, perché funzionino
correttamente, devono venir raffreddati.
Si può facilmente derivare la formula che esprime la relazione tra la potenza elettrica dissipata per effetto Joule
e i parametri tensione e corrente: si consideri un conduttore sottoposto a tensione elettrica e, quindi, percorso
da corrente. L’energia perduta per unità di tempo (la potenza dissipata), si trova considerando che nell’unità di
tempo una carica pari a ‘i’ è passata attraverso una tensione V. L’energia perduta (convertita in calore) è quindi
pari a: P = V I (Si ricorda che la potenza è espressa in watt).
In un conduttore ohmico, è possibile esprimere la relazione di Joule in termini della sola corrente, utilizzando la
legge di Ohm:
P = i2 R
da cui risulta chiaro che gli elettrodomestici in cui circola molta corrente sono (a parità di tensione applicata es.
220 V) quelli che consumano di più. Inoltre, dato che la resistenza non può ridursi oltre un certo valore, si
capisce il perché l’energia elettrica viene trasportata dalla centrale alle città mediante cavi di alta tensione (fino
a 380 kV per le linee di trasmissione): a una grande tensione, infatti, può essere corrisposta una piccola
corrente, e,quindi, una piccola potenza dissipata i2R.
Resistore
Un resistore è un dispositivo (passivo, lineare, localizzato)
formato da un conduttore la cui resistenza è relativamente
elevata (tanto da poter trascurare la resistenza elettrica del filo
conduttore di collegamento del circuito)
E’ già stato detto che attraversando un resistore (un
conduttore) nel verso scelto per la corrente, la caduta (da cui il
segno meno) di potenziale è data da
VR = - R i
Che esprime la relazione tra V e i per un resistore
L’energia elettrica viene dissipata dal resistore, sottoforma di
calore, con una potenza (v. legge di Joule):
P = I2r (da cui dipende, ad es. l’illuminamento generato da una lampada a
incandescenza)
Resistenza Equivalente
Si dimostra facilmente (dalla stessa definizione,
ma anche applicando il metodo di Kirchoff) che:
Rserie = R (la resistenza della serie è maggiore di ogni
resistenza componente)
1/Rparallelo =1/R (la resistenza del parallelo è minore di ogni resistenza
componente, e in un parallelo di N resistenze uguali, la
resistenza ‘totale’ è pari a 1/N delle resistenze
componenti )
Generatori di forza elettromotrice
Nevio Forini - Università degli Studi di
Perugia 106
Generatore di fem
Tenendo conto della (piccola) resistenza interna del
generatore (r), la relazione tra tensione ai capi del
generatore (Vfem) e intensità di corrente che lo attraversa
(i) è la seguente: Vfem = ±fem - r i
dove fem è la forza elettromotrice del generatore
(generalmente indicata) e il segno positivo o negativo va
scelto a seconda che, nel verso di percorrenza scelto per
la corrente, si attraversa il generatore rispettivamente
dall’elettrodo (terminale) (-) a quello (+) oppure viceversa.
Da tutto ciò segue che la fem di un generatore è pari alla
tensione ai suoi capi solo se può essere trascurato il
termine (r i) (es. a circuito ‘aperto’, cioè se i=0)
Si mostra facilmente che per una serie di generatori:
Vserie = Vfem
+ -
Capacità e condensatori
Nevio Forini - Università degli Studi di
Perugia 108
Carica elettrostatica nei conduttori e nei condensatori
• Il potenziale di un conduttore elettricamente carico (un
conduttore in equilibrio elettrostatico è un sistema
equipotenziale) è direttamente proporzionale alla
quantità di carica ‘accumulata’
• La carica elettrica ‘accumulata’ per unità di potenziale
elettrico del conduttore è chiamata CAPACITA’
ELETTRICA del conduttore e dipende dalle sue
dimensioni e dalla sua forma
• Un dispositivo finalizzato all’accumulo di carica elettrica
(+Q e –Q) è Il CONDENSATORE, costituito da due
armature metalliche contrapposte (e divise da un
dielettrico) tra le quali è stabilita una ddp.
• Il condensatore può essere quindi utilizzato come (una
potente) riserva di energia elettrica da utilizzarsi al
momento opportuno e che si manifesta con una
‘scarica’ (anche rapida e molto intensa):
• Applicazioni: memorie accessorie e temporanee nei PC,
flash, Defibrillatori
QConduttore/VCconduttore= C
Condensatore elettrico
In un condensatore elettrico, la tensione applicata tra le
armature è direttamente proporzionale alla quantità di carica
accumulata nelle stesse (uguale e contraria nelle due
armature), ma diversa da condensatore a condensatore. Il
rapporto tra quantità di carica accumulata e tensione alle
armature è una caratteristica del condensatore che prende il
nome di CAPACITA’ ELETTRICA del condensatore, cioè:
Q/VC = C l’unità S.I. è il coulomb su volt (C/V) che prende il nome di
farad (F); il valore dei condensatori nei circuiti più comuni va
da pochi pF ai μF – si noti la legge empirica di tipo lineare (il
condensatore elettrico è una componente circuitale di tipo
lineare)
In un condensatore a facce piane, la capacità elettrica
dipende direttamente (altra legge empirica lineare) dall’area
delle facce delle armature, inversamente dalla loro distanza, e
dalla costante elettrica del mezzo interposto (es. mica o carta)
C = A/d
Condensatore In un condensatore di capacità (C), la relazione (lineare)
tra tensione ai suoi capi (armature) e carica accumulata
segue dalla legge del condensatore (v. prec):
VC = - C Q
La relazione tra Vc e intensità di corrente (i) è più
complicata: un condensatore cui è applicata una ddp
costante è ‘attraversato’ da corrente solo nel transiente
della ‘carica’ (o, al contrario nella fase di ‘scarica’) e
l’andamento temporale della corrente è di tipo
esponenziale (con tempo caratteristico di carica (o di
scarica) pari a τ = 1/√RC) (v.fig.)
Tuttavia tra la carica Q che attraversa la sezione del filo
conduttore accumulandosi in un’armatura e la rapidità con
cui l’attraversa vi è la relazione differenziale:
I = dQ / dt ovvero Q = ∫ i dt
Pertanto è possibile interpretare l’equazione della maglia
come una equazione differenziale nella sola incognita i(t)
(funzione incognita del tempo).
Capacità Equivalente
Si dimostra facilmente che un sistema di più
condensatori collegati in parallelo o in serie ha una
capacità complessiva (o equivalente, o totale) data
rispettivamente dalle relazioni:
1/Cs = 1/C; Cp = C
Si nota che la capacità di in una serie di N
condensatori (come per le resistenze in parallelo):
1. diminuisce con il numero di condensatori
collegati;
2. è più piccola di quella di ciascun condensatore
componente;
3. nel caso che le capacità siano tutte uguali, la
capacità complessiva è pari a 1/N della
capacità di ognuno.
Impedenza del Condensatore
Applicando una tensione ai capi del condensatore, la corrente che circola e con la
quale il condensatore si carica è dapprima relativamente intensa, poi decresce fino
ad annullarsi, quando i condensatore è completamente carico, ovvero fino a quando
la tensione ai suoi capi eguaglia quella applicata. Il tempo impiegato a raggiungere
una frazione 1/2,7 (1/e) della carica finale (detto ‘tempo caratteristico del
condensatore elettrico’) è pari a
C = 1 / √RC .
Se ne deduce che la corrente è nulla quando la tensione è massima (e viceversa)
tanto da far concludere che il condensatore non sia un componente lineare.
Tuttavia, la corrente massima ottenibile è proporzionale alla tensione massima,
anche se il valore massimo della corrente precede quello della tensione.
Ciò è ancora più evidente in regime di corrente alternata (in cui avvengono
successive cariche e scariche) in cui tensione e corrente variano nel tempo
entrambe con legge sinusoidale, con valori sfasati di π/2 rad. Tuttavia i loro valori
massimi (ampiezze V0 e i0 ), sono direttamente proporzionali, il loro rapporto è quindi
una caratteristica che dipende dalla capacità del condensatore (C ) nonché (e
questa è una novità!) dalla frequenza di oscillazione della corrente (es. 50 Hz). Tale
rapporto viene chiamato IMPEDENZA (capacitiva) del dispositivo.
Esempio
1
- fem – ir – i R1 – Q / C – i R2 = 0 equazione da risolvere nell’incognita i
Conduttori di seconda specie
• Perché un liquido come l’acqua distillata conduca elettricità (si comporti
come un conduttore), occorre che al suo interno sia presente una (qualche)
sostanza in grado di comportarsi come ‘portatore di carica libero’, detta
ELETTROLITA. L’acqua non-distillata è una soluzione elettrolitica in grado
di comportarsi come un conduttore
• Anche i gas possono condurre elettricità se IONIZZATI (se vi sono presenti
ioni, ovvero particelle cariche)
• In entrambi i casi la legge di Ohm non vale e tali conduttori sono
genericamente chiamati ‘di seconda specie’
Magnetismo – (DG) Cap. 20
Forza Magnetica
La forza magnetica si manifesta tra due magneti
e rivela la doppia natura della ‘carica magnetica’
da essi ‘posseduta’ e l’impossibilità di separare
l’una dall’altra.
Oggi chiamiamo tali ‘cariche magnetiche’:
espansione polare NORD e SUD (o
semplicemente polo magnetico nord e sud).
La stessa forza si manifesta anche tra due
cariche in moto relativo e quindi tra due fili
percorsi da corrente elettrica (i fili non sono
elettrizzati, ovvero non hanno carica netta)
La forza magnetica (tra due poli magnetici o tra
due correnti elettriche) è un’azione a distanza
che può essere interpretata, come per la forza
elettrica, come mediata da un campo di forze
(campo magnetico).
Campo Magnetico
CORRENTE1 CAMPO MAGNETICO CORRENTE2
magnete 1 magnete 2
Programma:
1) Definizione e rappresentazione del campo magnetico
2) Sorgenti di campo magnetico
3) Effetti del campo magnetico su cariche in movimento
Definizione del Campo Magnetico
• Il campo magnetico è una regione di spazio dove in ogni punto è definita la
grandezza vettoriale:
– Vettore Campo Magnetico (H)
– O la più conosciuta grandezza :Vettore di Induzione Magnetica (B)
• L’intensità di H si misura in ampere su metro (A/m), mentre quella di B in
tesla (T)
• Dato che la forza magnetica non compie lavoro (v. oltre), non è possibile
definire un potenziale magnetico
Vettore Induzione Magnetica
• Come per E, anche B è definito in un punto a partire dalla forza magnetica
che verrebbe esercitata su una carica positiva unitaria posta in quel punto e
avente una velocità unitaria (ovvero una corrente unitaria). Tuttavia, dato
che l’intensità della forza magnetica dipende anche dalla direzione della
velocità della carica, l’intensità di B viene definita considerando l’intensità
massima di questa forza:
B = Fmax/q v • L’orientazione di B è definita come quella perpendicolare alla direzione di v
e F, con verso dato dalla regola della mano destra considerando la
rotazione di F verso v (secondo l’angolo di ampiezza minore)
• Tale definizione sarà più chiara una volta studiata la legge di Lorentz per la
forza magnetica
Rappresentazione del Campo Magnetico
• La rappresentazione di un campo magnetico
mediante le linee di campo (o di forza), segue
le stesse regole per la orientazione e l’intensità
(di B) già descritte per il campo elettrico
• La linee di B sono sempre linee chiuse (campo
solenoidale) a ribadire che non esistono
sorgenti puntiformi di campo magnetico
(divergenza nulla) ossia cariche magnetiche
Sorgenti di Campo Magnetico
• I magneti e le correnti elettriche sono sorgenti
di campo magnetico
• Il campo magnetico generato da un filo diritto di
lunghezza infinita e attraversato da una
corrente di intensità (i) è rappresentato in
figura:
• Tale campo ha intensità B che dipende dalla
distanza (d) dal filo (simmetria cilindrica), dalla
intensità di corrente che attraversa il filo e da
una caratteristica del mezzo nel quale il filo è
immerso che prende il nome di permeabilità
magnetica del mezzo (μ):
B = (μ/2π) ∙ i/d (LEGGE DI AMPERE)
• In generale, Il campo magnetico generato da
una qualsiasi distribuzione di corrente, può
essere sempre ricavato come somma dei
campi che sarebbero prodotti nel punto da ogni
singola corrente elementare.
B TOT(P) = Bi (P)
Solenoide
• Un avvolgimento di N spire, di lunghezza l (la densità
lineare di spire è quindi n = N/l), detto SOLENOIDE,
genera un campo simile a quello di un magnete: al di
fuori dell’avvolgimento il campo ha bassa intensità, che
invece diventa elevata a livello delle estremità
(espansioni polari) e all’interno, dove il campo è
parallelo all’asse del solenoide (e verso dato dalla
regola della mano destra) e di intensità uniforme e pari
a B = μ n i • Inoltre, l’estremità del solenoide dal quale escono le
linee è il così detto polo NORD magnetico, l’estremità
dal quale entrano si dice polo SUD
• La permeabilità magnetica del mezzo, per molti
materiali simile a quella del vuoto, diventa molto più
grande di questa (anche di 5000 volte) per i così cd.
materiali FERROMAGNETICI (v. elettromagneti).
Campo magnetico Terrestre
• Il campo GEOMAGNETICO è simile a
quello che sarebbe prodotto da un enorme
magnete disposto, come in figura, con il
polo sud (magnetico) relativamente vicino al
polo nord geografico, ma in continuo
spostamento (diversi chilometri l’anno)
• In ogni punto della superficie terrestre:
1. La DECLINAZIONE MAGNETICA è la
differenza angolare tra il polo geomagnetico
e quello geografico (in Italia vale
attualmente meno di 1°)
2. La INCLINAZIONE MAGNETICA è l’angolo
formato dalla direzione del campo
magnetico rispetto alla superficie
orizzontale
3. L’INTENSITA’ del campo magnetico
aumenta dall’equatore (≈ 20 μT) ai poli (≈
70 μT)
Forza Magnetica o di Lorentz
• Per una carica in moto all’interno di un campo magnetico
(uniforme), la forza di Lorentz:
1. E’ esercitata dal campo magnetico sulla carica in moto;
2. Il punto di applicazione corrisponde al centro della carica
3. La direzione è sempre perpendicolare al vettore B e alla
velocità della carica ed è quindi una forza centripeta che
non compie lavoro (e quindi non produce un cambiamento
dell’energia cinetica della carica)
4. Il verso è dato dalla regola della mano destra, applicata
facendo riferimento alla rotazione di qv (velocità che tiene
conto del segno della carica) su B
5. L’intensità è pari al prodotto della quantità di carica,
dell’intensità di B e della componente della velocità della
carica perpendicolare a B: FL = q v┴ B
• Una carica in moto all’interno di un campo magnetico
uniforme percorrerà una traiettoria curva a velocità
costante in modulo (applicata negli acceleratori , negli
spettrometri di massa, …)
Forza Magnetica su filo percorso da corrente
• Un filo diritto (fig) percorso da un corrente elettrica di intensità (i),
immerso in un campo magnetico di intensità B, è sottoposto alla
forza magnetica risultante cui sono sottoposte tutte le cariche
che al suo interno sono in movimento. Si può mostrare che tale
forza:
1. Ha direzione perpendicolare al filo e al campo B
2. Ha verso dato dalla regola della mano destra considerando che
le cariche positive si muovono nel verso della corrente
3. ha intensità pari a
FL = i l┴ B dove l┴ è la componente della lunghezza del filo
perpendicolare a B (l sinθ )
• Due fili paralleli percorsi da corrente interagiscono in quanto
ognuno è immerso nel campo magnetico prodotto dall’altro. In
particolare, si attraggono se le correnti hanno lo stesso verso e
si respingono se hanno verso contrario (tale forza è alla base
della definizione dell’ampere).
Forza Magnetica su spira percorsa da corrente
• Una spira (per semplicità rettangolare di lati a e b)
percorsa da corrente (i) e vincolata a ruotare attorno a un
asse perpendicolare al campo magnetico (uniforme)
esterno (fig), è soggetta a un momento meccanico o
torcente (τ) che tende a orientare la superficie della spira
verso le linee del campo (come per un magnete). Tale
momento torcente è pari a:
• τ = FL l = (i a B) b sinθ = (i A) B sinθ quindi dipende
dall’intensità del campo magnetico e da una caratteristica
della spira (i A) oppure (N i A) se le spire sono N, che viene
definita MOMENTO DI DIPOLO MAGNETICO della spira
M = N i A. Più precisamente, il vettore M ha direzione e
verso determinati alla regola della mano destra
considerando la rotazione della corrente attraverso la
spira.
• Applicazioni:
1. GALVANOMETRO
2. MOTORE ELETTRICO
Galvanometro
• In un galvanometro un avvolgimento
(bobina) immerso in un campo
magnetico viene percorso da una
corrente elettrica e quindi sottoposto a
un momento torcente
• Una molla antagonista (in verde)
produce un momento torcente di
richiamo che determina una
deflessione della bobina (e, se
presente, dell’ago a essa solidale) fino
al raggiungimento di un angolo di
equilibrio proporzionale alla intensità di
corrente che circola nella bobina
• Viene utilizzato per la misura di
precisione dell’intensità di corrente o di
altre grandezze elettriche
Motore elettrico
• Il motore elettrico a corrente continua ha
lo stesso schema di funzionamento di un
galvanometro senza molla di richiamo
• E’ costituito da una parte fissa (che
genera il campo magnetico statico) detta
STATORE e una parte in rotazione
(attraversata dalla corrente elettrica) detta
ROTORE.
• Per garantire il movimento continuo
(altrimenti il moto risulterebbe in un
allineamento rotore-statore) è previsto un
collegamento che commuta la direzione
della corrente nel rotore a ogni mezzo
giro (commutatore o collettore a
spazzole)
Elettromagnetismo– (DG) Cap. 21
Induzione elettromagnetica
Schema seguito per la descrizione delle leggi
dell’elettrostatica e del magnetismo: cariche e
correnti elettriche sono sorgenti dei campi
elettrico e magnetico, i quali campi esercitano
forze su esse (doppia freccia)
Gli esperimenti di Faraday (e di Henry)
rivelarono che i due campi possono
influenzarsi: un campo magnetico può
generare correnti elettriche e, quindi, campi
elettrici: induzione elettromagnetica
Schema dell’elettromagnetismo: anche un
campo magnetico può produrre un campo
elettrico (e viceversa: legge di Maxwell). Per
capire la legge della induzione
elettromagnetica, occorre tener conto che:
1) il campo elettrico non può essere descritto
dal potenziale elettrico, ma dalla fem
2) Il campo magnetico deve variare nel tempo
Fem indotta
• Il campo elettrico indotto magneticamente è solenoidale (descritto da linee
chiuse). Dato che il lavoro compiuto da tale campo lungo una linea chiusa non è
in generale nullo, tale campo non è conservativo e non possibile definirvi un
potenziale elettrico (o una tensione elettrica tra punti diversi).
• Può essere invece definito il lavoro (elettrico) compiuto da detto campo su una
carica unitaria che percorra un ciclo lungo una linea chiusa. Tale lavoro elettrico
(doppiamente) unitario è detto ‘forza elettromotrice lungo la linea chiusa (c)’
• Femc = L(1 ciclo) / q
• Unità S.I. : J/C = V
Induzione elettromagnetica
Altri esempi:
Si verifica che la
corrente indotta è
proporzionale alla
rapidità con cui cambia
il numero di linee del
campo magnetico che
attraversano le spire
Flusso magnetico
• Il numero di linee del campo magnetico che
attraversa una superficie rappresenta
graficamente il c.d. FLUSSO MAGNETICO
attraverso la superficie stessa: ΦB
• Si def. : ΦB = B A┴ = B A cos θ
• Unità S.I. : T m2 = Wb (weber)
Legge di Faraday
• In un campo magnetico, la fem indotta
magneticamente lungo una linea chiusa è pari
alla rapidità con cui varia il flusso magnetico
attraverso la superificie individuata da quella
linea
femi = d ΦB / dt
• Il flusso magnetico può cambiare in 3 modi:
1. Se cambia l’intensità di B(t)
2. Se cambia l’area della superficie A(t)
3. Se cambia l’orientazione tra campo magnetico
e superficie: θ(t)
La fem (e quindi la corrente indotta) è
proporzionale alla rapidità con cui cambiano le
grandezze 1,2,3 (v. diapositiva successiva)
Faraday, 1791 -1867
Induzione elettromagnetica
femi = d ΦB / dt
(1)
(2)
(3)
Verso della fem indotta
• Per trovare il senso di percorrenza della corrente indotta su una spira, occorre
applicare la regola della mano …sinistra, oppure la regola della mano destra e
poi cambiare verso al pollice (da cui il segno meno nella formula), considerando
come direzione cui associare quella del pollice quella corrispondente alla
VARIAZIONE DEL FLUSSO MAGNETICO (e non quella del flusso magnetico!):
femi = - d ΦB / dt
• Esempi:
Legge di Lenz • La regola precedentemente descritta sul verso della fem (e della corrente
indotta) ha una ragione fisica: per produrre energia elettrica (nella spira) occorre
spendere lavoro: ad esempio, avvicinando alla spira in figura il polo nord di un
magnete, si trova, applicando la regola, che la corrente elettrica indotta avrebbe
verso antiorario, tale che la faccia visibile della spira esporrebbe un polo nord
magnetico e, così facendo, richiedendo energia per avvicinare il magnete. In
generale vale la legge di Lenz: il verso della fem indotta è sempre tale da
opporsi alla variazione di flusso che l’ha generata
• se, per assurdo, lo stesso magnete inducesse sulla spitra una corrente di verso
tale da produrre sulla superficie anteriore della spira un ‘POLO SUD’, il
fenomeno si auto alimenterebbe con conseguente violazione della legge di
conservazione dell’energia.
X
X
X X
X
X
Applicazioni
Generatori elettrici
• In un ALTERNATORE, una serie di spire
arrotolate attorno a un’armatura sono
fatte ruotare all’interno di un campo
magnetico costante. La corrente indotta
magneticamente è alternata con
frequenza pari a quella di rotazione (50
Hz europa).
• La a.c. può essere ‘raddrizzata’ in d.c.
mediante collettori sezionati collegati
alle spazzole.
Mutua induzione
• Due circuiti (vicini) possono interagire
(interferire) a causa del fenomeno della
induzione elettromagnetica.
• La variazione di corrente nel primo
circuito può generare nel secondo una
variazione di flusso magnetico e quindi
una fem indotta dal primo nel secondo.
• Tale fem(1,2) è proporzionale alla
rapidità di variazione di corrente nel
primo circuito e da altre caratteristiche
di accoppiamento quantificate da un
coefficiente detto COEFFICIENTE DI
MUTUA INDUTANZA:
• Fem (2) = M(1,2) di(1)/dt
Trasformatore
• Un trasformatore è un bipolo atto a trasformare il valore
della tensione e della corrente elettrica.
• E’ costituito da due avvolgimenti (primario in ingresso e
secondario in uscita) costituiti da un numero differente di
spire (Np e Ns), accoppiati da un nucleo di materiale
ferromagnetico (v. fig).
• Dato che il flusso magnetico è lo stesso per ogni spira, in
regime di a.c. la fem indotta ai capi di ogni spira
(unitaria) è la stessa. La tensione ai due avvolgimenti (in
e out) è quindi direttamente proporzionale al rispettivo
numero di spire: Vp/Vs = Np/Ns
• Un trasformatore IN SALITA ha un GUADAGNO in
tensione pari a Ns/Np
• Un trasformatore in DISCESA, invece, amplifica la
corrente in uscita, riducendo la tensione: Is/Ip = Np/Ns
• I trasformatori elettrici sono utilizzati anche per il
trasporto di energia elettrica
Autoinduzione e induttore
• In un avvolgimento attraversato da corrente
variabile (es. alternata), ogni spira induce una fem
indotta sulle altre.
• Ne risulta che ai capi di un INDUTTORE è
presente una tensione (VL ) proporzionale a di /dt:
• VL = - L di/dt il coefficiente di proporzionaliltà è
una caratteristica dell’induttore, chiamata
INDUTTANZA
• Unità misura S.I. di L : V s /A = henry (H)
• Un induttore è una componente passiva di tipo
REATTIVO, come il condensatore, ovvero tale da
immagazzinare energia elettrica in altra fgorma
(nella fattispecie energia del campo magnetico
interno) che poi può essere riconvertita.
• Si dimostra: Lserie = L ; 1/Lparallelo =1/L
Impedenza
• In regime di corrente alternata sia il CONDENSATORE che l’INDUTTORE
possono essere impiegati alla stregua dei resistori per regolare la intensità di
corrente nei vari rami. Infatti può essere definita per tali componenti una
grandezza analoga alla resistenza: l’IMPEDENZA (Z) REATTIVA detta,
rispettivamente, capacitiva (Xc) e induttiva (XL).
• Ai capi di entrambi i dispositivi, infatti, le tensioni sono legate rispettivamente alla
funzione integrale e alla funzione derivata della corrente le quali funzioni, essendo
quest’ultima sinusoidale del tempo, sono anch’esse di tipo sinusoidale, ma
sfasate di π/2 rad rispetto alla corrente stessa.
• In altre parole, per entrambi i bipoli le ampiezze Vmax e Imax sono tra loro
direttamente proporzionali così che può essere definito il rapporto Vmax / Imax
come caratteristica del bipolo analoga alla resistenza di un resistore e che viene
chiamata, appunto, impedenza (Z). Per un resistore Z coincide con R.
• Z = Vmax / Imax ; u. mis. Ohm (Ω)
• Infine, per entrambi i componenti reattivi l’impedenza dipende anche dalla
FREQUENZA della corrente: in modo direttamente e inversamente proporzionale
rispettivamente per l’induttore e per il condensatore. Le impedenze variabili con la
frequenza hanno molte applicazioni elettrotecniche (es filtri di banda).
ONDE
Nevio Forini - Università degli Studi di
Perugia 145
Moto Ondulatorio
• Definizione:
– Il moto ondulatorio (onda) consiste nella propagazione (in un mezzo
mono, bi, o tri dimensionale) di una perturbazione (spec. oscillazione)
• Meccanica/elettromagnetica
• Trasversale/longitudinale
• Comprendere la meccanica della formazione di:
– ONDE DEL MARE
– ONDE LUNGO UNA CORDA O UN MEZZO ELASTICO
– ONDE ACUSTICHE
– ONDE ELETTROMAGNATICHE
Esempi di moto ondulatorio
Rappresentazione 1-D
– Grafica:
• Onda impulsiva/continua
• Onda periodica (T,f )
– Lungh. d’onda = v/f
• Onda armonica (A, 0)
– Analitica
• EQUAZIONE D’ONDA
Rappresentazione onde piane (e nello
spazio)
– Fronti d’onda
– Raggi di propagazione,
perpendicolari ai fronti d’onda
Nota: lungo ogni raggio può essere
adottata la rappresentazione
unidimensionale
Velocità di propagazione, frequenza e
lunghezza d’onda
• DIPENDE SOLO DALLE CARATTERISTICHE (elastiche e inerziali)
DEL MEZZO (approssimazione lineare):
– Vcorda = T/
– Vacust in un gas = B/
– Vacust in un solido elastico = K/
– Vem = 1/εμ Vem(vuoto) = c (3 108 m/s)
• FENOMENO DI DISPERSIONE v(f) (es. arcobaleno)
Per un’onda periodica:
• f dipende dalla sorgente fo=fs
• V dipende dal mezzo di propagazione (a meno di fenomeni di
dispersione)
• λ dipende da entrambi : λ = v /f
Fenomeni tipici delle onde
• I fenomeni caratteristici più comuni delle onde derivano da 2 principi generali : – Principio di Sovrapposizione
• T. Fourier
• Interferenza
• Onde stazionarie
– Principio di Huygens • diffrazione
Principio di Sovrapposizione
Due onde si propagano indipendentemente l’una dall’altra, lo spostamento (perturbazione) nei punti di sovrapposizione è pari alla somma algebrica dei due spostamenti
Interferenza
Definendo fase la distanza reciproca tra
le creste delle due onde, due onde
armoniche che si propagano in fase
(a) interferiscono
COSTRUTTIVAMENTE, se si
propagano in opposizione di fase (b)
interferiscono DISTRUTTIVAMENTE
Nel caso (c) lo sfasamento è intermedio
e la loro interferenza è parzialmente
distruttiva
Nel caso di onde che si propagano su
superfici o nello spazio, vi sono punti
in cui esse interferiscono sempre
costruttivamente: a valli e creste
corrispondono valli e creste dell’altra
onda e viceversa per i punti di
interferenza distruttiva
Nella maggior parte dei punti
l’interferenza è parziale
Onde stazionarie
Teorema di Fourier
Un’onda può essere rappresentata come una sovrapposizione di onde
armoniche. Se l’onda composta è periodica, indicata con f la sua frequenza,
allora le uniche armoniche componenti sono quelle di frequenza multipla: f
(armonica fondamentale), 2f, 3f, …
Principio di Huygens
Ogni fronte d’onda può essere interpretato come un insieme di sorgenti (secondarie) puntiformi emittenti onde progressive sferiche in fase tra loro (coerenti)
La propagazione del fronte d’onda può essere interpretata come l’effetto dell’interferenza delle onde secondarie
Diffrazione
Se un fronte d’onda viene limitato (es. da un ostacolo o da una fenditura) il fronte si deforma. Infatti la forma del fronte è determinata dall’interferenza di tutte le sorgenti che lo compongono che, nel caso in cui vengano limitate, generano una interferenza ‘incompleta’ che ne cambia la forma rispetto a quella ‘attesa’.
L’angolo di diffrazione, definito come in figura, dipende da: θ = D / λ con D dimensioni lineari dell’ostacolo o fenditura. Se D>> λ il fenomeno non si manifesta e sono valide le leggi della propagazione ‘geometrica’ (es. ottica geometrica)
Effetto Doppler
Radiazione Le onde trasportano (irradiano) energia senza trasporto macroscopico di massa. Una
radiazione è descritta dalle seguenti grandezze principali:
• POTENZA (P0) DELLA SORGENTE = energia generata (trasformata)dalla sorgente
nell’unità di tempo / W
• FLUSSO DI ENERGIA (H) attraverso una sezione del mezzo: energia che
attraversa la sezione nell’unità di tempo / W
• INTENSITA’ dell’onda in un punto (I): energia che attraversa una sezione centrata
nel punto, perpendicolare alla direzione di propagazione e di area UNITARIA,
nell’unità di tempo / W cm-2
per un’onda emittente isotropamente, vale per (I) la legge dell’inverso del quadrato
della distanza: I(d) = P0/4πd 2
Per un’onda armonica è possibile esprimere il flusso e l’intensità di un’onda in termini
dei parametri Ampiezza (A) e frequenza (f):
• H = 2π2 ρ S v A2 f2
• I = 2π2 (ρ v) A2 f2 con (ρ v) = Z impedenza del mezzo
QUANTIZZAZIONE: l’energia è trasmessa da un’onda in modo discreto. Si può quindi
immaginare il flusso di energia trasportato da un’onda come un flusso di (quasi)
particelle, dette quanti. Per onde elettromagnetiche tali particelle vengono chiamate
FOTONI. L’energia di un fotone dipende solo dalla frequenza (f) dell’onda
elettromagnetica secondo la relazione di Plank: Ef = h f (h = cost. di Plank)
Acustica
Nevio Forini - Università degli Studi di
Perugia 160
Onde Acustiche
INFRASUONI 20 Hz SUONI 20 kHz ULTRASUONI
(vibrazioni) s. gravi s. acuti
Vengono chiamate ‘onde acustiche’ tutte le onde meccaniche longitudinali. In
base alla frequenza, possono essere suddivise in:
La velocità delle onde acustiche in aria (condizioni std) vale circa 333 m/s, così
che le lunghezze d’onda udibili sono comprese tra circa 20 cm e circa 20 m.
• Il più importante mezzo di comunicazione
è basato sulla emissione, trasmissione e
ricezione delle onde sonore
• Si distingue tra:
fonazione/trasmissione/udito
• SENSAZIONI UDITIVE (grandezze
psicoacustiche):
– Altezza tonale (s.acuto/grave):
frequenza della prima armonica (se
non periodico lo percepiamo come
‘rumore’)
– Timbro o carattere : componenti
armoniche
– Volume (forte/debole): intensità
(v.oltre)
Percezione Sonora
• Il livello di intensità sonora (in un
punto sede attraversato dall’onda
sonora) (L) può essere interpretato
come l’espressione logaritmica della
intensità dell’onda in quel punto e
viene introdotto in virtù del fatto che
molte delle percezioni sensoriali
seguono una tale scala (l’intensità
della percezione ‘raddoppia’ se la
corrispondente grandezza fisica
aumenta di dieci volte)
• L = log (I / I0 ) con I0 pari alla intensità
minima udibile con f=1000 Hz (soglia
di udibilità) pari a 10-12 W/m-2
L’unità SI di L è il bel (B), dB (decibel)
= 0,1 B,ossia L/dB = 10 log (I / I0 )
Livello di Intensità Sonora
• Dato che suoni a frequenze (f) diverse
vengono percepite di diverso volume anche
con pari livello di intensità sonora, si
definisce una grandezza (psicoacustica) più
fedele alla percezione stessa, detta Livello di
Intensità Soggettiva (P).
• P(f) = 10 log (I/I0(f) ) dove I0(f) è pari alla
soglia di udibilità alla frequenza (f) e la cui
rappresentazione grafica è riportata in figura
(curva‘0’); uP =phon. P(1000Hz)/phon = L/dB.
• Utilizzando grafici come quello riportano in
figura, è possibile trovare, per ogni valore di
frequenza (in ascissa), il livello di intensità
sonora (espresso in dB) corrispondente al
livello soggettivo di interesse. In generale,
maggiore è la soglia di udibilità, minore sarà
il livello di intensità soggettivo di un suono a
parità di L/dB.
Livello di Intensità Soggettiva
Onde elettromagnetiche
Nevio Forini - Università degli Studi di
Perugia 165
Onde elettromagnetiche
• In un’antenna emittente, la corrente oscilla
con una frequenza f producendo un campo
magnetico oscillante con la stessa
frequenza.
• Tale oscillazione del campo magnetico
induce un campo elettrico che oscilla con la
stessa frequenza.
• Anche un campo elettrico oscillante
produce un campo magnetico (LEGGE DI
MAXWELL) e così via a generare un’ONDA
ELETTROMAGNETICA con frequenza f e
velocità di propagazione pari a 1 / √με
• Tale velocità nel vuoto vale 3 108 m/s (c)
Spettro Elettromagnetico
• L’insieme delle onde elettromagnetiche, suddiviso in BANDE di frequenza, è
rappresentato nello SPETTRO ELETTROMAGNETICO:
• A seconda della loro capacità di ionizzare la materia (hv = circa 10 eV,
corrispondente alla banda UVC) , le radiazioni sono distinte in IONIZZANTI
(IR) e NON IONIZZANTI (NIR).
Ottica geometrica– (DG) Cap. 23, 24, 25
Ottica Geometrica
La luce visibile (capace di stimolare i
fotorecettori della retina) è un’onda
elettromagnetica con lunghezza d’onda
compresa (in aria) tra 400nm (violetto)
e 750 nm (rosso)
I raggi luminosi (direzione di
propagazione dell’onda) seguono le
leggi dell’ottica geometrica nel caso in
cui gli effetti del fenomeno della
diffrazione possano essere trascurati:
Condizione di validità:
λ << D (dimensioni lineari di ostacoli o
fenditure)
Indice di Rifrazione del mezzo
In un mezzo omogeneo la velocità
della luce è costante e dipende da una
caratteristica del mezzo detta INDICE
DI RIFRAZIONE DEL MEZZO (n)
v = c /n
In realtà n dipende anche da λ
(fenomeno della dispersione)
n è una grandezza adimensionale
Prima legge dell’O.G.
I raggi di luce in un mezzo omogeneo e
trasparente sono RETTILINEI
Da cui la formazione delle OMBRE
(regione del piano non illuminata): si
trova tracciando i raggi che partono
dalla sorgente e intersecano il bordo
dell’ostacolo (oggetto opaco) fino al
piano stesso
… e delle PENOMBRE (nel caso di
sorgenti di luce estese è la regione
illuminata solo parzialmente ossia da
una parte della sorgente)
Si trova congiungendo il bordo della
sorgente con il bordo dell’ostacolo
Leggi di Snell-Cartesio
• Quando un raggio di luce incontra
un’interfaccia ottica, ovvero un altro
mezzo trasparente con indice di
rifrazione diverso dal primo, il raggio si
divide in RAGGIO RIFLESSO nel
primo mezzo e RAGGIO
TRASMESSO nel secondo mezzo
cambiando direzione (RIFRATTO)
• L’intensità dei due raggi dipende da
vari fattori (non affrontati)
• Con i due fenomeni della riflessione e
della rifrazione possono essere
progettati gli strumenti ottici (lenti e
specchi)
Legge della riflessione
1. I raggi incidente (i) e riflesso (r)
nonché la normale all’interfaccia nel
punto di incidenza (n) giacciono sullo
stesso piano
2. L’angolo di riflessione è uguale
all’angolo di incidenza: θr = θi,
(gli angolo sono definiti a partire dalla
normale n)
Legge della rifrazione
1. I raggi incidente (i) e trasmesso (t)
nonché la normale all’interfaccia nel
punto di incidenza (n) giacciono sullo
stesso piano
2. I seni degli angoli di rifrazione e di
incidenza sono inversamente
proporzionali agli indici di rifrazione dei
rispettivi mezzi di propagazione:
sinθr / sin θi, = n1/n2
1. In particolare, se il secondo mezzo è più
rifrangente del primo (come in figura), il
raggio rifratto si avvicina alla normale
2. Viceversa se il secondo mezzo è meno
rifrangente del primo
Riflessione Totale ed Endoscopia
1. Nel caso in cui il secondo mezzo sia
meno rifrangente del primo, il raggio
rifratto si allontana dalla normale.
Esisterà un angolo di incidenza, detto
ANGOLO LIMITE (θL), il cui
corrispondente angolo di rifrazione è 90°,
ovvero per cui il raggio rifratto si propaga
lungo la superficie di separazione:
sinθL / 1 = n2/n1 = n21
2. Per angoli di incidenza maggiori
dell’angolo limite il raggio incidente non
viene trasmesso nel secondo mezzo
(RIFLESSIONE TOTALE)
3. La RT viene utilizzata per guidare la luce
per riflessioni totali multiple lungo fibre di
vetro (a maggiore indice di rifrazione
dell’aria) negli ENDOSCOPI
Immagini
Immagini
Il fascio di raggi DIVERGENTE che
dalla sorgente raggiunge la pupilla dà
luogo all’immagine percepita
Se la sorgente emette in tutte le
direzioni (es. sorgente secondaria di
luce diffusa) essa è visibile da tutte le
direzioni
Viceversa per una sorgente che emetta
in un’unica direzione
Immagine reale
• Una sorgente puntiforme emette raggi in tutte le direzioni. L’occhio rivolto
verso la sorgente, da ogni posizione, ne intercetta una parte: il fascio
racchiuso dal cono con vertice in S e avente la pupilla come base
S
Immagine reale
• Nel caso in figura la stessa percezione è prodotta da raggi che provengono
da IR pure non essendo ivi ‘generati’. Il punto IR dove convergono i raggi di
luce (fascio) provenienti da una sorgente è detto immagine reale.
IR
Immagine Virtuale • In questo nuovo caso (in cui i raggi provenienti dalla sorgente sono deviati
verso l’osservatore) la stessa percezione dei due casi precedenti è prodotta
da raggi generati in S’, ma deviati (ad es. da uno strumento ottico) in modo
tale che i loro prolungamenti all’indietro passino in corrispondenza dello
stesso punto.
S’
Immagine Virtuale Il punto di intersezione dei ‘prolungamenti all’indietro’ di raggi che
raggiungono l’occhio divergendo, provenendo da una sorgente S’, prende il
nome di Immagine Virtuale.
IV
S’
Immagini Reali e Virtuali
Quindi, considerando i raggi EMERGENTI da uno strumento ottico:
• L’immagine reale di una sorgente si trova nel punto di intersezione dei
raggi CONVERGENTI provenienti dalla sorgente (fig a sinistra) e, perché
sia percepita, l’occhio si deve trovare a valle dell’immagine
• L’immagine virtuale si trova nel punto di intersezione dei prolungamenti
all’indietro di raggi DIVERGENTI provenienti dalla sorgente (fig a destra).
Lenti Sottili
Lenti Sottili
1. La lente è un elemento ottico di materiale
trasparente (es vetro) molato in modo tale che,
mediante una DOPPIA RIFRAZIONE, possa far
convergere (LENTE CONVERGENTE) i raggi che vi
incidono paralleli al suo asse, in un punto dell’asse
detto FUOCO, la cui distanza dal centro della lente
è detta DISTANZA FOCALE della lente (f)
2. Con questa proprietà una lente è utilizzata per
produrre immagini reali o virtuali di oggetti (sorgenti
di luce)
3. Le LENTI DIVERGENTI sono molate in modo tale
che, analogamente, i raggi paralleli all’asse
principale divergono come se provenissero da un
punto posto sull’asse (FUOCO)
Lastra Piano Parallela
1. In una lastra piano parallela i raggi incidenti
non vengono deviati, ma solo spostati (es.
una finestra)
2. Lo spostamento è proporzionale allo
spessore della lastra
3. Quale che sia la sua forma, una lente si
comporta nel suo centro come una lastra
piano parallela: è detta SOTTILE se lo
spostamento del raggio di luce che passa
per il suo centro è trascurabile
Costruzione grafica delle Immagini Procedimento:
1. Disegnare la lente con il suo asse ottico, i due fuochi e
l’oggetto AB (freccia) con base A sull’asse ottico.
2. Tracciare due raggi uscenti dalla punta dell’oggetto:
quello parallelo all’asse ottico e quello passante per il
centro della lente
3. Attraversando la lente, il raggio parallelo viene deviato,
nel caso la lente sia convergente, verso il fuoco e, nel
caso la lente sia divergente, come se provenisse dal
fuoco opposto; il raggio passante per il centro della
lente non viene deviato in entrambi i casi
4. Si trova l’immagine (B’) della punta (B) come punto di
intersezione dei raggi emergenti dalla lente se questi
convergono (immagine reale); se i due raggi emergenti
divergono, B’ si trova nel punto di intersezione dei loro
prolungamenti all’indietro (immagine virtuale).
5. L’immagine della intera freccia (A’B’) è prodotta da tutti
i raggi uscenti da AB che attraversano la lente e si
trova tracciando la perpendicolare da B’ all’asse ottico.
L’immagine può essere:
reale/virtuale,
diritta/capovolta,
ingrandita/rimpicciolita
Legge delle Lenti
1. La legge delle lenti sottili fornisce un metodo
ANALITICO (in alternativa a quello grafico)
per trovare l’immagine di un oggetto formata
da una lente di cui si conosca la lunghezza
focale (f). Indicando con p e q
rispettivamente la distanza dell’oggetto e
dell’immagine dal centro della lente e
indicando con (m) l’ingrandimento lineare
A’B’/AB:
1/p + 1/q = 1/f ;
m = - q/p
2. regola dei segni: se la lente è divergente (f) è
negativo, se la soluzione per q (in genere q è
l’incognita) è negativa, allora l’immagine è
virtuale e si trova dalla stessa parte
dell’oggetto rispetto alla lente
Potere Diottrico
1. Il potere diottrico o POTENZA (P) di una lente è
definito in alternativa alla sua lunghezza focale (f) e
ne indica la capacità di far convergere (o divergere)
i raggi paralleli all’asse ottico
2. Si def. P = 1/f
u.mis. P = diottria (D)
Vale la legge (approssimata) dei costruttori di lenti:
P = (n-1) (1/R1 -1/R2)
dove R1 e R2 sono i raggi di curvatura regola dei
segni: i raggi R1 e R2 delle due superfici sferiche
vanno presi con segno positivo o negativo a
seconda che le superfici siano (lungo la stessa
direzione) convesse o concave; inoltre, se P è
negativo la lente è divergente
Strumenti Ottici
L’occhio e la visione
L’occhio può essere rappresentato come una lente
(molto trasparente) convergente con potere
diottrico variabile perché l’immagine,
indipendentemente dalla distanza dell’oggetto, si
formi sempre in corrispondenza della retina
(immagine retinica: reale e rimpicciolita).
P = 1/p + 1/(0,02m) = 1/p + 50D
Tale meccanismo è chiamato accomodazione del
cristallino e si realizza mediante la contrazione
dei muscoli ciliari che ne aumenta la curvatura. P
varia da un minimo di 50D (occhio ‘rilassato’) a
un valore massimo di 55D che limita la possibilità
di vedere nitidamente oggetti a distanza inferiore
di 20cm (punto prossimo). Quindi per un occhio
emmetrope:
pp (punto prossimo) = circa 20 cm (massima
capacità prossimo)
pr (punto remoto) = infinito
Lenti Correttive
Si trova il potere diottrico P per le lenti correttive dei
difetti della vista più comuni:
Miopia: pr’ < infinito
Lente correttiva: deve consentire di vedere oggetti
distanti (pr=infinito) formandone un’immagine
dalla stessa parte dell’oggetto (virtuale), ma alla
distanza pr’:
P(pr’) = 1/inf – 1/pr’ = - 1/pr’ (negativa, ossia
lente divergente)
Ipermetropia e presbiopia: pp’ > pp
Lente correttiva: deve consentire di vedere oggetti
vicini, ossia a distanza pp (0,2 m) formandone
un’immagine virtuale a distanza pp’ (maggiore);
ovvero:
P(pp’) = 1/(0,2) – 1/pp’ = 5 – 1/pp’
(positiva, quindi lente convergente)
Strumenti di Ingrandimento
L’occhio ha un potere risolutivo pari a 5 mrad
separazione angolare (ossia 0,1 mm di
separazione lineare al pp). Per migliorarlo
occorre avvalersi di strumenti ottici di
ingrandimento (lente di ingrandimento,
microscopio composto). E’ sufficiente porre
l’oggetto vicino al fuoco di una lente: p = f±δ
(realizzabile per ‘lunghe’ focali) si avrà:
1/q = 1/f – 1/(f±δ) e quindi
m = -q/p ≈ f/ δ, ovvero molto grande
Se l’oggetto è posto a distanza maggiore del fuoco
(p = f+δ) l’immagine ingrandita sarà reale e
capovolta, altrimenti (p = f-δ) virtuale e diritta
E’ possibile aumentare l’ingrandimento combinando
le due lenti in un microscopio composto, formato
da un obiettivo (i.reale) e un oculare (i.virtuale)