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CONVEGNO CAMPIDOGLIO: 'GENDER' STRUMENTO DI MAMMONA CONVEGNO CAMPIDOGLIO: ‘GENDER’ STRUMENTO DI MAMMONA – di GIUSEPPE RUSCONI www.rossoporpora.org – 2 febbraio 2013 Venerdì 31 gennaio l’atteso convegno in Campidoglio: “Ideologia del gender: quali ricadute sulla famiglia?”, promosso da “Famiglia domani” – Pioggia battente ma duecento in sala, oltre a una ventina di membri delle associazioni lgbt, che hanno partecipato a loro modo alla serata (con fischi e muggiti) – Relazioni chiare e stringenti nella loro logica di padre Carbone, Dina Nerozzi, Vittorio Lodolo D’Oria e Gianfranco Amato – Si vuole il totalitarismo, servo della grande finanza. Perciò si distrugge la famiglia. A mo’ di premessa evochiamo sinteticamente le ultime gesta di Ignazio Marino, uno che aveva dichiarato di voler essere il “sindaco di tutti i romani” (e che, ad esempio, ha dimezzato i fondi per i viaggi scolastici della memoria della Shoah e addirittura annullato quelli nelle zone che videro esplodere la ferocia comunista titina contro gli italiani di Istria e Dalmazia, infoibati o costretti all’esodo). Allora: non contento di aver prima concesso, poi revocato, di nuovo concesso lo svolgimento in Campidoglio del convegno sul ‘gender’ promosso da “Famiglia domani”; non contento di aver trasformato le tradizionali luminarie natalizie in via del Corso in un arcobaleno di colori; non contento di aver issato la bandiera arcobaleno sul Campidoglio per una settimana a gennaio; non contento di aver dato luce verde al programma di indottrinamento ‘pro-gender’ ( “per contrastare il bullismo omofobico”) in alcuni istituti superiori romani (lecosecambiano@Roma, che prevede anche un concorso “creativo” con premiazione ufficiale il 17 maggio); non contento di aver annullato (per ora in Commissione) l’esenzione dalla tassa dell’asilo nido per il terzo figlio; non contento di aver fatto approvare in commissione l’inutile nei fatti, ma culturalmente importante registro delle ‘unioni civili’ (leggi: ‘gay’), se n’è uscito pochi giorni fa in video, sul suo sito, con un’esortazione degna di uno che tiene la democrazia in grande considerazione. Infatti, nel video, dopo aver parlato di “omofobia”, passando all’approvazione in commissione del ‘registro per le unioni civili’, definita una “vergogna” il fatto che l’Italia non abbia ancora una legge in tal senso (in Europa “unico Paese insieme con la Grecia”, menzogna), il “sindaco di tutti i romani” così si esprime al proposito:“Chi la pensa diversamente, chi ha visioni diverse, davvero dovrebbe ritirarsi dalla vita pubblica, perché vive in un’epoca passata, vive in un secolo che è stato ormai superato (…) Roma davvero non vuole confinarsi al passato, Roma vuole guardare al futuro” . Noteremo qui soltanto che tra coloro cui Ignazio Marino (che vanta sempre i suoi rapporti con il cardinale Martini) vorrebbe negare il diritto di parola ci sono il cardinale vicario Agostino Vallini (chiara e netta, dura nei toni, la recente nota del Vicariato sul registro delle ‘unioni civili’) e lo stesso papa Francesco (di cui il sindaco proclama di essere ammiratore). Veniamo allora al Convegno di venerdì 31 gennaio in Campidoglio, posto sotto il titolo: “ Ideologia del ‘gender’: quali ricadute sulla famiglia?”, promosso dall’associazione “Famiglia domani” con l’aiuto prezioso di

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CONVEGNO CAMPIDOGLIO: 'GENDER' STRUMENTO DI MAMMONA

 CONVEGNO CAMPIDOGLIO: ‘GENDER’  STRUMENTO DI MAMMONA – di GIUSEPPE RUSCONI – www.rossoporpora.org – 2 febbraio 2013

 

Venerdì 31 gennaio l’atteso convegno in Campidoglio: “Ideologia del gender: quali ricadute sulla famiglia?”, promosso da “Famiglia domani” – Pioggia battente ma duecento in sala, oltre a una ventina di membri delle associazioni lgbt, che hanno partecipato a loro modo alla serata (con fischi e muggiti) – Relazioni chiare e stringenti nella loro logica di padre Carbone, Dina Nerozzi, Vittorio Lodolo D’Oria e Gianfranco Amato – Si vuole il totalitarismo, servo della grande finanza. Perciò si distrugge la famiglia.

 

A mo’ di premessa evochiamo sinteticamente le ultime gesta di Ignazio Marino, uno che aveva dichiarato di voler essere il “sindaco di tutti i romani” (e che, ad esempio, ha dimezzato i fondi per i viaggi scolastici della memoria della Shoah e addirittura annullato quelli nelle zone che videro esplodere la ferocia comunista titina contro gli italiani di Istria e Dalmazia, infoibati o costretti all’esodo). Allora: non contento di aver prima concesso, poi revocato, di nuovo concesso lo svolgimento in Campidoglio del convegno sul ‘gender’ promosso da “Famiglia domani”; non contento di aver trasformato le tradizionali luminarie natalizie in via del Corso in un arcobaleno di colori; non contento di aver issato la bandiera arcobaleno sul Campidoglio per una settimana a gennaio; non contento di aver dato luce verde al programma di indottrinamento ‘pro-gender’ ( “per contrastare il bullismo omofobico”) in alcuni istituti superiori romani (lecosecambiano@Roma, che prevede anche un concorso “creativo” con premiazione ufficiale il 17 maggio); non contento di aver annullato (per ora in Commissione) l’esenzione dalla tassa dell’asilo nido per il terzo figlio; non contento di aver fatto approvare in commissione l’inutile nei fatti, ma culturalmente importante registro delle ‘unioni civili’ (leggi: ‘gay’), se n’è uscito pochi giorni fa in video, sul suo sito, con un’esortazione degna di uno che tiene la democrazia in grande considerazione. Infatti, nel video, dopo aver parlato di “omofobia”,  passando all’approvazione in commissione del ‘registro per le unioni civili’, definita una “vergogna” il fatto che l’Italia non abbia ancora una legge in tal senso (in Europa “unico Paese insieme con la Grecia”, menzogna), il “sindaco di tutti i romani” così si esprime al proposito:“Chi la pensa diversamente, chi ha visioni diverse, davvero dovrebbe ritirarsi dalla vita pubblica, perché vive in un’epoca passata, vive in un secolo che è stato ormai superato (…) Roma davvero non vuole confinarsi al passato, Roma vuole guardare al futuro”. Noteremo qui soltanto che tra coloro cui Ignazio Marino (che vanta sempre i suoi rapporti con il cardinale Martini) vorrebbe negare il diritto di parola ci sono il cardinale vicario Agostino Vallini (chiara e netta, dura nei toni, la recente nota del Vicariato sul registro delle ‘unioni civili’) e lo stesso papa Francesco (di cui il sindaco proclama di essere ammiratore).

Veniamo allora al Convegno di venerdì 31 gennaio in Campidoglio, posto sotto il titolo: “ Ideologia del ‘gender’: quali ricadute sulla famiglia?”, promosso dall’associazione “Famiglia domani” con l’aiuto prezioso di Lavinia Mennuni, consigliere comunale di centrodestra e già assessore nella giunta Alemanno.

Annunciato per il 3 dicembre nella sala della Protomoteca, rinviato al 31 gennaio dopo la marcia indietro (il 14 novembre) del sindaco Marino pressato dai suoi sponsor delle associazioni lesbiche, gay, bisessuali e transessuali (lgbt), il Convegno ha visto la partecipazione di circa duecento persone a dispetto del tempo inclemente che da giorni avvolge la capitale. In sala anche una ventina di simpatizzanti lgbt, con triangoli rosa sui maglioni a evocare la reputata (da loro) analogia degli organizzatori con i nazisti che rinchiudevano gli omosessuali nei lager (ha detto il loro portavoce Andrea Maccarone a Repubblica.tv che il convegno “chiaramente di stampo omofobo mirava a sostenere tesi di odio”). I venti hanno alimentato l’atmosfera di tensione latente che si respirava in

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sala, bueggiando e fischiando in diverse occasioni affermazioni sgradite dei relatori: se ne sono andati nel momento in cui stava prendendo la parola il presidente dei Giuristi cattolici per la vita Gianfranco Amato, forse per spregio oppure sapendo di non riuscire a sopportare con un minimo di contegno quello che avrebbero dovuto ascoltare.

Ai duecento partecipanti al Convegno (tra i quali non abbiamo notato sguardi truci, teste rasate, manganelli branditi, ma tanti giovani e anziani tranquilli ed anche alcuni sacerdoti e suore) ha rivolto dapprima un saluto Lavinia Mennuni, che ha espresso “profonda preoccupazione” per la politica del Comune di Roma in materia di famiglia e per l’indottrinamento lgbt  - sotto il pretesto di lottare contro il ‘bullismo omofobico’ - dilagante nella scuola (vedi il già citato progetto lecosecambiano@roma in alcune scuole medie superiori). In necessaria sintesi le relazioni del Convegno.

Padre Giorgio Carbone: ideologia del ‘gender’ funzionale al nuovo totalitarismo

Nell’ideologia del ‘gender’ il genere sessuale non è dato una volta per tutte, ma è frutto di scelta, cultura, convinzione: è del resto un ruolo socio-psicologico intercambiabile a volontà, tanto che la stessa ideologia non viene definita precisamente, poiché occorre lasciare aperte possibilità oltre ogni limite. Le origini di tale ideologia si ritrovano nello strutturalismo (metà Anni Cinquanta), che “voleva destrutturare il passato per strutturare il presente”. “Donna non si nasce, si diventa”, scriveva Simone de Beauvoir. E il fine ultimo del successivo femminismo radicale statunitense era quello di cancellare la distinzione tra i sessi. Per fare questo bisognava delegittimare in primo luogo il ruolo maschile e paterno. Come scriveva Joan Scott “il ricorso alla biologia (…) rende più difficili gli appelli all’uguaglianza”. Raddoppiava Mary O’Brien, per la quale “la maternità è una vera e propria trappola”. Insomma l’ ideologia del ‘gender’ “dissocia l’io dal suo corpo”, perché “ciò che conta è la scelta del singolo”. Troviamo così “natura contro cultura”, con la prima considerata come un dato autoritario. Qui ha fatto notare il religioso domenicano che “volenti o nolenti, piaccia o no, ognuno può esercitare il proprio libero arbitrio solo nella dimensione storica in cui vive. Perciò è un’illusione proporre uno sganciamento del corpo dall’io”. Padre Carbone ha poi trattato dei diversi significati di discriminazione (e qui spesso i fautori del ‘gender’ truccano le carte in tavola mescolando disinvoltamente il “distinguere” con l’ “emarginare”) e ha citato Erich Fromm sul tema dell’uguaglianza. Scriveva Fromm nel 1956: “La crescente tendenza all’eliminazione delle differenze è strettamente legata al concetto di uguaglianza”. Uguaglianza degli automi, poiché “tutti obbediscono agli stessi comandi e tuttavia ognuno si illude di seguire i propri desideri”. Ha rilevato qui padre Carbone il moltiplicarsi nella società dei casi di alcoolismo, tossicomania, manie sessuali, suicidio, sintomi tutti del grande vuoto lasciato da tale “uguaglianza”.

Il relatore, ordinario di bioetica, ha quindi citato il “Memorandum” dell’11 marzo 1969 redatto dallo statunitense Frederick Jaffe (vicepresidente allora della Planned Parenthood, attivissimo ente americano di derivazione eugenetica e impegnato nella politica di controllo delle nascite). In tale documento – redatto anche per l’Organizzazione mondiale della sanità (OMS) – Jaffe (fondatore pure del “Guttmacher Institute”) postula la riduzione della fertilità umana attraverso alcune misure precise. Tra le quali si notano: la ristrutturazione della famiglia, posticipando o evitando il matrimonio; l’alterazione dell’immagine della famiglia ideale; l’incremento percentuale dell’omosessualità; l’educazione sessuale obbligatoria dei bambini; politiche di penalizzazione della famiglia con figli. Oggi, ha evidenziato padre Carbone, tale memorandum si esprime con un dilagare di proposte conseguenti a quel preciso disegno. Il risultato è la formazione “di masse di individui che sono automi”, un terreno molto favorevole al formarsi di “movimenti totalitari”.

Dina Nerozzi: il tentativo di cancellare le leggi della bioetica, della genetica, delle scienze naturali

L’ideologia del ‘gender’, ha subito evidenziato Dina Nerozzi, medico psichiatra, ha dichiarato guerra non solo alla natura, ma anche alla scienza, utilizzando il potere giudiziario che ormai detta l’agenda alla politica. Si sta devastando una civiltà plurimillenaria, a partire dalle teorie della Scuola di Francoforte (anni Venti) che miravano a sovvertire l’ordine sociale con una rivoluzione culturale. Negli Anni Cinquanta nasce il “politicamente corretto” e anche la scienza viene politicizzata: per John Money  -

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“artefice della nuova etica progressista e anche apologeta della pedofilia” - “uomini e donne non si nasce, ma lo si diventa sotto l’influsso ambientale”.

Le conseguenze sanitarie della rivoluzione sessuale si incominciano a concretizzare all’inizio degli Anni Ottanta: epidemie di polmonite, di sarcoma kaposi (dal nome dello scopritore, un dermatologo ungherese, patologia tumorale correlata all’Aids), della stessa Aids. Nel 1984, non a caso, vengono chiuse le Terme di San Francisco. Partono i programmi anti-Aids e tuttavia tra il 1992 e il 1996 l’Aids è la prima causa di morte tra i giovani statunitensi. Il business economico correlato è gigantesco: si pensi anche soltanto alle nuove medicine, ai nuovi vaccini, ai nuovi strumenti di cura. Affari grandi dunque per il cuore dell’impero, New York.  Perché gli altri ormai contano poco o niente.

Vittorio Lodolo D’Oria: nel 1968 attacco alla scuola, nel 2013 alla famiglia

Vittorio Lodolo D’Oria, medico ematologo e vice-presidente dell’Associazione nazionale famiglie numerose cattoliche, premettendo che la famiglia si presenta come un incrocio, verticalmente tra generazioni, orizzontalmente tra generi, ha rilevato le differenze tra il ‘68’ e i nostri giorni. Quasi mezzo secolo fa fu attaccata in primo luogo la scuola, oggi è la famiglia nel mirino degli artefici della rivoluzione culturale. Alcuni aspetti del parallelo. Nel ‘68’ si volevano indottrinare gli studenti universitari, oggi i minori; la scuola fu l’obiettivo, oggi lo strumento; si voleva il sesso slegato dalla riproduzione, oggi la riproduzione senza sesso; la strategia era di piazza, oggi è subdola; venivano coinvolte le masse, oggi ci sono gruppuscoli ben finanziati; si operava cercando maggioranze parlamentari, oggi attraverso burocrati o funzionari dell’Unione europea; allora si puntava a riforme epocali, oggi si opera attraverso decreti, leggi, circolari; si voleva la distruzione della famiglia patriarcale, oggi si chiedono gli stessi diritti per ogni genere di convivenza.

Il relatore, partendo dal ‘Rapporto’ dell’entomologo Kinsey (per il quale la bisessualità era il ‘genere’ migliore), ha poi ricordato i colossali proventi economici derivati dalla commercializzazione della pillola anticoncezionale: “Un business spaventoso, che trasforma i figli inTamagochi”.E ha evidenziato come le strategie lgbt vengano imposte anche agli italiani, pur non essendo mai state sottoposte a un voto. Ne è un esempio la famigerata “Strategia nazionale” in materia di omofobia elaborate dall’Ufficio nazionale antirazzismo in collaborazione con il dipartimento Pari Opportunità (retto dall’ineffabile viceministro montiano Maria Cecilia Guerra), che sono state trasmesse al Ministero dell’Istruzione, università e ricerca (Miur) per essere travasate nelle scuole italiane, con una spesa di 10 milioni di euro. Un vero e proprio indottrinamento, alla cui elaborazione sono state ammesse 29 associazioni lgbt, ma né le associazioni dei genitori né quelle degli insegnanti. 

Gianfranco Amato: la legge anti-omofobia è liberticida

Ha concluso gli interventi (cui è seguita la risposta ad alcune domande del pubblico) l’avvocato Gianfranco Amato. Con la consueta, lucida passione il presidente dei Giuristi per la vita ha dapprima rievocato i motivi per cui la legge ‘anti-omofobia’ (ora in Senato, dopo l’approvazione tortuosa alla Camera) è inutile e pericolosa per la libertà di espressione. Una legge proposta solo per “mettere il bavaglio a tutti”, in attesa di raggiungere l’obiettivo finale, di cui gli omosessuali sono semplice strumento: il business di lobby potentissime. Amato ha contestato, dati alla mano, che in Italia ci sia un’ “emergenza omofobia”, come fanno credere i giornaloni e le televisioni asservite alla nota lobby.  Secondo una ricerca statunitense l’Italia è fra le dieci nazioni al mondo più ‘amiche’ degli omosessuali; i risultati di un’indagine dell’insospettabile Swg del giugno 2013 mostrano che gli italiani non considerano per niente gli omosessuali come nemici; dai dati forniti dalla polizia per il triennio 2010-2012 emerge che sono stati segnalati (segnalati, non accertati) in Italia 28 casi l’anno di presunta omofobia; da quanto si sa non è stato segnalato un solo caso di discriminazione nel posto di lavoro per ragioni omofobiche… insomma dov’è la fantomatica “emergenza omofobia” in Italia? Già oggi, ha rilevato Amato, “gli omosessuali hanno tutti gli strumenti per tutelare i loro diritti, garantiti dall’articolo 3 della Costituzione”.

E invece ecco la legge, “tipica degli Stati totalitari”, perché mette a rischio gli articoli 19 e 21 della Costituzione (libertà religiosa, libertà di pensiero). Nel testo si vuole estendere la legge Reale-Mancino (contro il nazismo e il razzismo) all’omofobia. Un’aberrazione,

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perché allora non si potrà più dire – senza essere sanzionati – “che un uomo non può sposare un uomo”. A tale proposito, ha detto il presidente dei Giuristi cattolici, il subemendamento Gitti “non salva proprio nessuna libertà d’espressione”, poiché fuori dalle sacristie nessuno potrebbe più esprimere il proprio dissenso in materia.

Anche per Gianfranco Amato siamo oggi confrontati con l’invadenza della nota lobby nella scuola. Ricordati i testi dell’Unar (direttive tipo ‘Minculpop’ per i giornalisti, inaccettabile strategia nazionale con cui indottrinare scolari e studenti), il relatore ha comunicato che i Giuristi per la vita hanno diffidato ufficialmente l’Unar, il Dipartimento Pari Opportunità della Presidenza del Consiglio, il Miur dal proseguire con tali atti illiberali. Che sono ben sintetizzati nelle poche righe, quelle della legge ‘contro l’omofobia’ che “tende a punire il pensiero prima ancora che si manifesti”. Puntando al ‘bavaglio’ per tutti i dissenzienti. A scanso di sanzioni pecuniarie, prigione e periodi di ‘rieducazione’ presso le sedi lgbt. Dice qualcosa?

 

VOTO ABORTO IN SVIZZERA: SORPRESE DALL'ANALISI

 VOTO ABORTO IN SVIZZERA: SORPRESE DALL’ANALISI - di GIUSEPPE RUSCONI –www.rossoporpora.org – 15 febbraio 2014

 

Dall’esame dei dati numerici del voto del 9 febbraio sull’iniziativa contro il finanziamento pubblico dell’aborto emerge, un po’ a sorpresa, che – rispetto a un’analoga occasione del 2002 – i contrari ‘senza se e senza ma’ all’aborto sono cresciuti sensibilmente in tutta la Confederazione, soprattutto nella Svizzera tedesca: dal 18,2 al 30,2%, da 352mila voti a 873mila. In molti hanno privilegiato la salvaguardia di vite umane, pur coscienti dei limiti del testo dell’iniziativa.

 

 

Domenica 9 febbraio il popolo svizzero ha avuto la possibilità di pronunciarsi sul finanziamento dell’aborto da parte dell’assicurazione malattia obbligatoria: confermare la situazione attuale (che prevede tale finanziamento) oppure cambiare, negando la copertura finanziaria, dato che l’aborto non è una malattia? E’ proprio quanto chiedevano i 109mila cittadini firmatari dell’iniziativa popolare intitolata “Il finanziamento dell’aborto è una questione privata – sgravare l’assicurazione malattia stralciando i costi dell’interruzione di gravidanza dall’assicurazione di base obbligatoria”. Abbiamo  già notizia dell’esito della consultazione alla fine dell’articolo precedente “Giusto finanziare l’aborto? In Svizzera si vota”. In questa sede analizziamo più da vicino il risultato: i “sì” all’iniziativa sono stati 873.603 (30,2%), i ‘no’ 2.019.033 (69,8%), con una partecipazione del 55,5% (più alta del solito, grazie anche al traino esercitato dall’immigrazione “contro l’immigrazione massiccia”, poi approvata).

ALCUNI DATI GENERALI

Dai dati del 2012 riguardanti le religioni in Svizzera (vedi Ufficio federale di statistica) appare che il cattolicesimo – pur se in calo - resta maggioritario, attestandosi a quota 38,2% ( meno 4,1% rispetto al 2000). I protestanti  confermano la seconda posizione con il 26,9%, ma perdono il 7% rispetto al 2000. In terza posizione troviamo coloro che dicono di non appartenere a nessuna religione: erano l’1,2% nel 1970, il 3,9% nel 1980, il 7,5% nel 1990, l’11,4% nel 2000, il 21,4% nel 2012. I musulmani erano il 3,6% nel 2000; nel 2012 raggiungono il 4,9%.

Esaminando i dati dei cantoni, scopriamo che nel 2012 che tra i 26 Stati (20 cantoni e sei semicantoni), quelli a maggioranza relativa cattolica sono Lucerna, Uri, Svitto, Obvaldo, Nidvaldo, (tutti nella Svizzera tedesca centrale), Zugo, Friburgo, Soletta, Appenzello interno, San Gallo, Grigioni, Argovia, Ticino, Vaud, Vallese, Ginevra e Giura. Da notare il sorpasso dei cattolici sui protestanti in buona parte della Svizzera francese. A maggioranza relativa protestante troviamo i due grandi cantoni di Zurigo e Berna più

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Glarona, Basilea-campagna, Sciaffusa, Appenzello esterno, Turgovia (tutti tedescofoni). A Basilea-città i ‘senza appartenenza’ superano cattolici e protestanti insieme, a Neuchatel sono primi con netto margine, a Ginevra sfiorano il primo posto (vicinissimi ai cattolici), nel canton Vaud sono al secondo posto davanti ai protestanti, nel canton Berna sono al secondo posto davanti ai cattolici e nei cantoni Zurigo e Basilea campagna incalzano le due confessioni maggioritarie.  E’ una situazione che, dal punto di vista statistico, è da un lato migliorata per i cattolici che diventano maggioranza relativa in alcuni cantoni tradizionalmente protestanti, dall’altro assai peggiorata nell’insieme rispetto a inizio secolo, data l’avanzata impressionante dei ‘senza appartenenza’. Più difficile insomma far ‘passare’ istanze propriamente cattoliche.

I PARTITI SVIZZERI E L’INIZIATIVA POPOLARE CONTRO IL  FINANZIAMENTO PUBBLICO DELL’ABORTO

Testo dell’iniziativa: “La Costituzione federale è modificata come segue: art. 117 cpv. 3 (nuovo) Fatte salve rare eccezioni legate alla madre, l’interruzione di gravidanza e l’embrioriduzione non sono incluse nell’assicurazione obbligatoria”

Comitato degli iniziativisti: 11 esponenti dell’Unione democratica di centro (destra moderata), 7 del Partito democristiano, 3 del Partito evangelico (protestanti conservatori), 3 dell’Unione democratica federale (destra), 2 del Partito radicale (centro-destra). L’iniziativa è stata ispirata dall’associazione “Mamma” (già “Per la madre e il bambino” che nel 1998 aveva lanciato l’omonima iniziativa, respinta dall’elettorato svizzero il 2 giugno 2002).

Governo e Parlamento: nettamente contrari.

Partiti a favore: l’Unione democratica di centro (salvo le sezioni della Svizzera francese), il Partito evangelico, alcuni esponenti della Lega dei Ticinesi, altri partiti minori. La potente Unione svizzera dei contadini ha lasciato libertà di voto.

Partiti contro: tutti gli altri partiti, compreso quello democristiano (a grande maggioranza) hanno invocato il ‘no’, così come gran parte delle organizzazioni di categoria, sindacali, movimenti vari. Le donne democristiane, la lega delle donne cattoliche, persino il ‘Sì alla vita’ ticinese si sono schierati contro l’iniziativa. Non parliamo poi dei mass-media, impegnati vistosamente e in massa contro l’iniziativa.

Vescovi svizzeri: divisi, non si sono pronunciati in quanto conferenza episcopale. All’iniziativa è stato rimproverato un testo riduttivo, troppo pragmatico, suscettibile di creare difficoltà alle donne indigenti che volessero abortire (vedi i vescovi di San Gallo Buechel, di Basilea Gmuer, di Friburgo-Losanna-Ginevra Morerod). Solo il vescovo di Coira, Vitus Huonder, ha voluto appoggiare pubblicamente l’iniziativa.  Pur ammettendo i limiti del testo, Huonder ha evidenziato che “nessuno dovrebbe essere obbligato a finanziare qualcosa che contrasta con la sua coscienza”. Ancora: “Uccidere non è mai una soluzione. Contro il finanziamento dell’omicidio bisogna poter fare resistenza per motivi di coscienza”. Da parte sua la Federazione delle chiese protestanti ha invitato a respingere l’iniziativa.

I RISULTATI DEL 2014 COMPARATI CON QUELLI DEL 2002

Il 2 giugno 2002 il popolo svizzero si è espresso contro l’iniziativa anti-abortista “Per la mamma ed il bambino – per la protezione del nascituro e per l’aiuto alla madre nel bisogno”. Lo stesso giorno ha invece approvato le modifiche del codice penale per la depenalizzazione dell’aborto entro le prime dodici settimane (‘soluzione dei termini’), con una maggioranza del 72,2% di ‘sì’. I contrari ai ‘termini’ erano stati il 27,8% (in parte i fautori dell’iniziativa “Per la mamma e il bambino”, in parte i fautori dell’aborto senza limiti).  

L’iniziativa respinta nel 2002 era stata promossa dallo stesso gruppo che ha poi ispirato anche quella, ugualmente respinta, del 2014.

Dalla comparazione dei due voti si possono evincere riflessioni interessanti.

. Voto svizzero/partecipazione. Nel 2002 i votanti erano stati il 41%, nel 2014 il 55% del corpo elettorale (qui ripetiamo che il 9 febbraio il traino è stato dato dall’iniziativa

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“contro l’immigrazione massiccia”). In cifre si è passati da circa 2 milioni di votanti nel 2002 a circa 2,9 milioni nel 2014.

. Voto svizzero/percentuali/numeri assoluti. Nel 2002 l’iniziativa “Per la mamma e il bambino” aveva raccolto a livello nazionale il 18,2% dei voti, nel 2014 l’iniziativa sul finanziamento il 30,2%. In cifre si è passati da 352.432 voti favorevoli del 2002 a 873.603 del 2014. Insomma, pur in una società più secolarizzata (vedi dati sui ‘senza appartenenza’) e malgrado una campagna contraria capillare e massiccia, i contrari all’aborto hanno registrato un aumento considerevole, sia a livello di percentuale sui votanti che di numeri assoluti.

. Voto nei Cantoni/percentuali. Nel 2002 solo in un Cantone l’iniziativa aveva superato il 30%, nel Vallese con il 32,2%. Nel 2014 l’iniziativa ha ottenuto la maggioranza assoluta in un semicantone (Appenzello interno: 50,9%). Ha passato il 40% in 4 cantoni (il popoloso San Gallo, Turgovia, Uri e Svitto) e nel semicantone di Obvaldo. Ha superato il 30% in altri  9 cantoni (i popolosi Berna, Lucerna e Argovia, poi Glarona, Zugo, Soletta, Sciaffusa, Grigioni, Ticino) e nei semicantoni di Nidvaldo e Appenzello esterno. Da notare che nel maggiore cantone svizzero, Zurigo, l’iniziativa ha raggiunto il 29,9% di consensi. Da tali cifre si può constatare una crescita sensibile dei contrari all’aborto in tutta la Svizzera, ma soprattutto nella Svizzera tedesca.

. Voto nei Cantoni/numeri assoluti. In alcuni cantoni l’aumento dei contrari all’aborto (e dunque favorevoli alle due iniziative del 2002 e del 2014) è stato impressionante in numeri assoluti. Esempi. A Zurigo i ‘sì’ nel 2002 erano stati 50.188, nel 2014 150.94; a Berna si è passati da 48.509 a 125.252; a Soletta da 13.442 a 33.534; a Basilea-campagna da 9919 a 29.867; a San Gallo da 27.002 a 73.100; nei Grigioni da 10.020 a 23.473; nell’Argovia da 22.962 a 80.181; nel Ticino da 11.922 a 39.129. Sono aumenti che vanno molto al di là della percentuale di crescita globale del numero dei votanti (percentuale che si aggira attorno al 45%, da circa 2 milioni a 2,9 milioni).

CONCLUSIONI

In alcune delle prime reazioni al voto del 9 febbraio è stato detto che il rifiuto dell’iniziativa è stato dovuto anche al testo che “ha posto male il problema”. L’analisi comparata con il voto sull’iniziativa analoga nello spirito del 2002 lascia invece intuire che:

. i contrari all’aborto ( quelli senza se e senza ma) sono aumentati sia in percentuale che in numeri assoluti in tutta la Svizzera;

. era difficile pensare che in un momento di secolarizzazione spinta come questa si potesse pretendere molto di più (circa un terzo dell’elettorato contro l’aborto)

. è lecito invece pensare che, se invece di cercare il pelo nell’uovo a scapito dell’obiettivo concreto che l’iniziativa si prefiggeva, alcuni responsabili avessero agito come il vescovo di Coira Vitus Huonder, si sarebbe potuto guadagnare qualche punto ulteriore di percentuale (così da arrivare al 36-37%). Al momento è certo però ancora utopico pensare a una maggioranza antiabortista in Svizzera. Ma l’esito del voto del 9 febbraio non è stato, ad analizzare i numeri, globalmente deludente. Anzi: per certi versi, addirittura incoraggiante.