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1 COMUNICARE EFFICACEMENTE CON GLI STRUMENTI DELLA PNL PROGRAMMAZIONE NEURO LINGUISTICA Docente: Dott.ssa Fasanella Maria Antonietta

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COMUNICARE EFFICACEMENTE CON GLI STRUMENTI DELLA PNL

PROGRAMMAZIONE NEURO LINGUISTICA

Docente: Dott.ssa Fasanella Maria Antonietta

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INDICE

Introduzione …………………………………………………………………… pag. 3

Concetto e storia della PNL ………………………………………………… pag. 5

I presupposti della comunicazione ………………………………………... pag. 7

I sistemi rappresentazionali ……………………………………………….… pag. 14

Le posizioni percettive ………………………………………………………. pag. 15 Il sistema rappresentazionale preferenziale ………………………………. pag. 16

Individuazione del sistema rappresentazionale primario ………………... pag.17

LEM (Lateral Eye Movements o segnali d’accesso oculari) ……………… pag. 22

Il Sistema Guida ………………………………………………………….….. pag. 23

La Sovrapposizione ………………………………………………………….. pag. 24

Il Ricalco ……………………………………………………………..…… pag. 26

Creazione del Rapport

La Calibrazione ……………………………………………………………… pag. 26

Il Ricalco Verbale e la Guida

Il Ricalco extraverbale (o Rispecchiamento o Mirroring)

Il Metamodello ………………………………………………….………….. pag. 32

Le Sottomodalità …………………………………………………………... pag. 34

Le Credenze ……………………………………………………………….… pag. 37

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Valori e Criteri …………………………………………………………..…… pag. 46

Dai Valori ai Criteri

Conclusioni …………………………………………………………………. pag. 53

Bibliografia ………………………………………………………………….. pag. 55

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INTRODUZIONE

“Comunicare è il destino dell’uomo, saper comunicare un’arte”.

L'uomo è dotato di capacità che lo mettono in relazione con il mondo che

lo circonda, "il mondo esterno". In tale contesto, fin dalla nascita l’uomo

raccoglie un’infinità di informazioni che decodifica ed elabora per dare un

senso alle cose.

Ciò gli permette di orientarsi e muoversi in un mondo in continua

evoluzione, allo scopo di ricercare il miglior adattamento, e quindi il

benessere, che persegue con l’interazione e lo scambio di informazioni.

Questo scambio con l’esterno avviene attraverso la comunicazione.

La comunicazione è l’atto e l'effetto dello scambio di informazioni tra

emittente e ricevente, attraverso un canale (es. la voce) ed un sistema di

segnali (es. lo strumento linguistico).

La comunicazione va vista come un flusso di informazioni, segnali, che

passano da un’emittente ad un ricevente che ne decodifica il significato.

È indubbia l’importanza della comunicazione nella vita dell’uomo e

nell’evoluzione della specie.

Appare dunque, chiaro, per l’uomo, che l’istituzione di forme efficienti di

“comunicazione” costituisce uno dei problemi fondamentali da affrontare.

Saper comunicare è una dote che chiunque voglia avere successo in

campo professionale e privato deve possedere. Ovviamente, meno ostacoli

si frappongono tra chi emette il messaggio e chi lo riceve, più la

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comunicazione sarà fluida e chiara. Un es. classico è quello delle

interferenze, i rumori di disturbo.

Lo studio della comunicazione interpersonale si divide in tre grandi settori

che formano la semeiotica, la scienza generale dei segni e dei linguaggi:

- sintassi, che è lo studio delle regole che regolano i rapporti tra i segni di

un linguaggio;

- semantica, che riguarda il significato dei segni (le parole, il semaforo);

- pragmatica, riguarda l’effetto della comunicazione.

Sfioreremo tutti questi aspetti, ma ci soffermeremo sull'analisi critica del

comportamento individuale nello scambio comunicativo, sia a livello

interpersonale sia a livello intrapersonale, allo scopo di individuare una

sintassi specifica per comunicare efficacemente. Cercheremo di capire cosa

accade tra chi trasmette il messaggio e chi lo riceve. Perché, pur parlando

la stessa lingua, a volte non riusciamo a comprenderci? Perché non

riusciamo ad ottenere ciò che vogliamo? Quali interferenze si inseriscono

tra chi parla e chi ascolta rendendo la comunicazione inefficace?

Attraverso questo corso, impareremo ad usare gli strumenti che ci

permetteranno, non solo di eliminare le interferenze ma di costruire una

comunicazione efficace in rapporto agli obiettivi che ci proponiamo.

Procederemo da una prospettiva molto evoluta nel campo della

comunicazione, secondo il contributo di Richard Bandler e John Grinder,

fondatori della Programmazione Neurolinguistica.

Storia della PNL

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La P.N.L. nasce a Santa Cruz, California, nel 1970 e diviene

immediatamente un punto di arrivo degli studi sulla struttura del

linguaggio e della comunicazione condotti dal linguista John Grinder e

dal matematico Richard Bandler.

Il lavoro di Bandler e Grinder è principalmente frutto di anni di ricerche

orientate a scoprire, attraverso un'analisi minuziosa e attenta, quale fosse

quel quid che permetteva a psicoterapeuti di orientamento teorico diverso

(ad esempio Fritz Perls - il creatore della Gestalt -, Milton Erickson -

ipnoterapeuta di fama mondiale -, Virginia Satir - famosa nel campo della

terapia familiare) di conseguire risultati positivi rilevanti. Costoro non

volevano creare una nuova corrente, bensì scoprire, per poi rimodellare, gli

schemi utilizzati dai tre straordinari terapeuti in grado di riportare un alto

numero di successi. Nel momento in cui Bandler e Grinder elaborarono tali

strategie, si resero conto di avere tra le mani una svariata gamma di modelli

comunicativi straordinariamente forti ed efficaci. All’inizio li avevano

elaborati per utilizzarli dal punto di vista terapeutico, ma quasi subito si

accorsero che tali modelli potevano entrare a far parte di altri campi della

comunicazione umana, quali il settore dell'industria, del commercio, quello

legale e dell'istruzione. Questi strumenti a loro disposizione diventarono

potenti e conseguentemente si passò alla creazione di un modello efficace

che risolvesse i conflitti interpersonali, e che fosse in continua evoluzione,

sganciato da un eventuale contesto terapeutico. La Programmazione Neuro

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Linguistica è un modello di quel particolare mondo di magia e illusione

costituito dal comportamento e dalla comunicazione umana. Essa è lo

studio delle componenti della percezione e del comportamento che

rendono possibile la nostra esperienza. Etimologicamente parlando

"Neuro" sta a indicare il principio fondamentale secondo cui ogni

comportamento risulta da processi neurologici. "Linguistico" indica che i

processi neurali vengono rappresentati, ordinati e disposti in sequenza in

modelli e strategie, attraverso il linguaggio e i sistemi di comunicazione.

"Programmazione" si riferisce al processo di organizzazione delle

componenti di un sistema (in questo caso le rappresentazioni sensoriali)

per il conseguimento di risultati specifici. Con l'espressione

"Programmazione Neurolinguistica" indichiamo quello che a nostro

giudizio è il procedimento fondamentale usato da tutti gli esseri umani per

codificare, trasferire, guidare e modificare il comportamento.

Indipendentemente dai vostri precedenti e dall'attività che svolgete, avrete

probabilmente avuto qualche volta l'esperienza di interagire con qualcuno:

un'interazione di particolare efficacia che vi ha permesso di ottenere

risultati importanti per voi, per l'interlocutore o per un certo numero di altri

individui. Può essersi trattato della comunicazione o dell'acquisizione di

un'informazione importante, della soluzione di un problema. Può darsi che

in un secondo momento, pur compiaciuti con voi stessi, non abbiate avuto

alcuna vera idea di ciò che caratterizzava e distingueva quell'occasione.

Oppure potrebbe esservi capitato di incontrare una persona o avuto

l'esperienza di passare del tempo con individui che nel loro campo

specifico hanno avuto molto successo e vi sarete chiesti in che cosa il loro

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comportamento differisse dal vostro o da quello di altri, che cosa

consentisse loro di fare qualcosa che agli occhi altrui appariva incredibile o

prodigioso. O può darsi che voi stessi possediate qualche particolare

attitudine o capacità che sareste lieti di offrire o insegnare agli altri, ma non

abbiate alcuna idea di ciò che vi possa mettere in grado di farlo con tanta

eleganza e raffinatezza.

Con la PNL possiamo arrivare a capire che cosa succede in alcuni scambi di

informazione e agire efficacemente usando i comportamenti che noi

riteniamo di maggior effetto. Questa, pertanto, offre delle vere e proprie

chiavi di lettura per interpretare l'interazione e l'esperienza soggettiva,

senza però giudicare o cercare di capire che cosa spinge l’individuo a

comportarsi in un certo modo. Risulta evidente che non dovremo

atteggiarci a grandi conoscitori e scopritori dell'animo umano in quanto

bisogna mantenersi in disparte per osservare attraverso quale senso, o

quali sensi, il nostro interlocutore comunica.

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Presupposti della comunicazione

“Non si può non comunicare” ha affermato uno dei più grandi esperti di

comunicazione della nostra epoca, lo studioso Paul Watzlawick, del Mental

Research Institute di Palo Alto, California.

Nella laconica formula è contenuta una delle chiavi più importanti del

processo di comprensione del fenomeno comunicazione: ogni individuo

comunica in molteplici modi, e del resto non potrebbe esimersi dal farlo,

neanche se lo volesse. Basti pensare al classico esempio del viaggiatore,

che, durante un tragitto in treno, spalanca il suo quotidiano e si tuffa nella

lettura, pur avendo di fronte altri compagni di viaggio. Ebbene, in un caso

simile non si potrà certo affermare che egli abbia deciso di non comunicare

con i suoi vicini di posto. In realtà il suo messaggio comunicativo giunge

forte e chiaro: non voglio dialogare con nessuno, preferisco leggere !!

Naturalmente questo esempio evidenzia anche con estrema facilità

l’importanza dell’osservazione di tutti i comportamenti, e non solo quindi

della componente verbale; possiamo infatti tranquillamente affermare che

il silenzio è una forma, spesso anche molto potente ed efficace, di

comunicazione.

Si può quindi giungere al secondo presupposto, diretta conseguenza del

primo: “ogni comunicazione è comportamento, ed ogni comportamento è

comunicazione”.

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L’importanza di un così ampio angolo prospettico è nella maggiore

consapevolezza che ne deriva. Provate infatti a pensare a quanto

comunicate, ogni minuto che passa, senza magari rendervi conto del

messaggio che, coscientemente o meno, viene emesso dai vostri

comportamenti: modi di parlare, sguardi, posture, movimenti nello spazio,

persino la scelta del look personale contribuiscono costantemente a creare

i nostri messaggi. Il problema è che spesso non ci rendiamo conto di

quanto tutto ciò influisca nei rapporti, tanto professionali quanto

interpersonali.

Un altro presupposto fondamentale è racchiuso nella formula che recita “il

significato della comunicazione sta nel responso che se ne ottiene, e non

nelle intenzioni”.

Immaginate di invitare a cena una bellissima donna e di offrirle un

bellissimo mazzo di rose rosse: appena le porgete il mazzo il suo viso

cambia espressione, le pupille si dilatano, il respiro si blocca a metà,

mentre le parole si congelano in bocca. Dopo pochi decimi di secondo

sentite la sua mano destra appoggiarsi con estrema velocità su una delle

vostre guance, gesto definibile come sonora sberla.

Dopo tale gesto la vedete allontanarsi lanciandovi insulti ed imprecando

contro l’insensibilità tipica maschile.

Qual è stato dunque il significato della comunicazione, veicolata dall’offerta

del mazzo di rose? Secondo la maggior parte degli uomini la risposta più

semplice consisterebbe nell’affermare con assoluta certezza la follia della

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donna, evidenziando il perfetto comportamento da gentleman, animato da

ottime intenzioni.

Pochi andrebbero oltre questa idea, accontentandosi della innocenza delle

proprie intenzioni. Il vero significato della comunicazione non sta però nelle

intenzioni di chi comunica, ma nel responso che se ne ottiene: in questo

caso basterebbe prendere atto che tale gesto produce, nella mente della

persona in questione, un effetto devastante, e comunque ben lontano da

quello sperato o supposto.

Basterebbe allora modificare comportamento, anziché limitarsi a dare della

pazza alla nostra ospite, finché non si troverà una forma di comunicazione

in grado di farci ottenere il responso desiderato.

È sottinteso che l’eventuale comprensione dei motivi del comportamento,

apparentemente irrazionale, potrebbe amplificare ancora di più

l’importanza del responso del destinatario del messaggio, vera cartina al

tornasole per verificare il buon fine della nostra comunicazione.

Un esempio classico della differenza tra la comunicazione delle intenzioni e

quella del responso è ravvisabile nelle due diverse affermazioni che si

usano quando esiste della incomprensione tra due interlocutori.

Alcuni affermano <non mi hai capito>, arrestandosi spesso di fronte alle

scarse capacità di comprensione dell’interlocutore, altri invece tendono a

dire <forse non mi sono spiegato>, andando così spontaneamente alla

ricerca di nuove strategie per ottenere il responso desiderato, e farsi quindi

capire. Il problema dei primi è che molto spesso si soffermano di fronte alla

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certezza che le loro intenzioni erano quelle di essere capiti, e che se quindi

ciò non è accaduto il problema non è loro.

La vita familiare e professionale ci offre innumerevoli esempi in cui

basterebbe modificare l’approccio per risolvere banali, ma pericolosi,

equivoci.

Quante volte infatti un manager si è trovato a dover fronteggiare dissensi

apparentemente ingiustificati ed irrazionali, nati dalla reazione ad un

discorso, creduto dal manager stesso come motivante e gratificante per i

suoi collaboratori? E quante altre situazioni invece hanno visto battute

ingenue e bonarie produrre reazioni impensabili negli interlocutori? Ciò

che conta allora è la costante verifica del responso generato dalla nostra

comunicazione: questa sensibilità, unita all’approccio che vi è dietro, ci

garantirà una maggiore capacità di entrare in sintonia con gli altri,

aumentando al contempo l’abilità di adattare i nostri messaggi alla

soggettività del destinatario.

3  LIVELLI  PER  COMUNICARE

VERBALE PARAVERBALE NON  VERBALE

PAROLE TIMBRO  DI  VOCE  

VOLUME  E  TONO

LINGUAGGIO  DEL  CORPO

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Il responsabile marketing di un’azienda sta tenendo un importante

meeting: le sue parole, studiate e preparate con molta cura, parlano di

valori profondi, di sincerità, di rispetto per tutto il team. Finita la riunione

qualcuno commenta – <bellissimo discorso! Parole toccanti quasi ... eppure

non mi ha convinto! Qualcosa mi dice che c’è della falsità in quell’uomo!>.

In un’altra sala riunioni, invece, un altro manager sta parlando a braccio,

raccontando le sue esperienze passate e le sue vittorie, evidenziando la sua

convinzione nelle capacità dei suoi collaboratori. Le sue parole sono meno

studiate, non sono particolarmente curate, né ha scomodato grandi uomini

della storia per fornire frasi motivazionali al suo team. Eppure dopo questo

semplice e sintetico discorso i suoi collaboratori lo salutano con uno

scrosciante applauso, commossi e motivati dalla comunicazione avvenuta.

Qual è la differenza tra il primo ed il secondo esempio? Perché alcune

persone, pur non avendo pronunciato discorsi particolarmente ricchi e

curati, riescono a trasmettere forti emozioni, laddove grandi discorsi e belle

parole falliscono?

Il modello elaborato dal Prof. Mehrabian, studioso statunitense, ci permette

di rispondere con relativa facilità.

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Egli infatti osservò che ogni comunicazione umana avviene su diversi livelli,

che permettono di veicolare i messaggi dal mittente al destinatario: il

livello verbale, paraverbale e non verbale. Secondo tale ricerca era

addirittura possibile, nel contesto di una semplice relazione tra persone

che si conoscevano e che non dovevano veicolare “contenuti” nuovi,

suddividere in forma percentuale il peso di ciascuna componente della

comunicazione in modo da ottenere un 7%, per la parte verbale, un 38%

per quella paraverbale ed il rimanente 55% deputato alla componente non

verbale.

Ma esaminiamo con attenzione le tre componenti.

L’elemento costitutivo più importante della comunicazione verbale è il

linguaggio. Servendoci di questo mostriamo agli altri la nostra visione del

mondo perché la nostra intenzione consiste nel condividere con gli altri

esperienze comuni. Con il linguaggio produciamo e comunichiamo

molteplici rappresentazioni del mondo dal momento che siamo dotati di

un’enorme elasticità con cui ci confrontiamo con esso. Alcune volte può

succedere che, nel momento in cui stiamo comunicando, i messaggi inviati

non rappresentino esperienze ben determinate, per cui, gli individui,

potrebbero non comprendere ciò che viene loro trasmesso.

Se vogliamo che un’esperienza venga ben compresa è necessario costruirla

nel miglior modo possibile. Nel momento in cui decidiamo di comunicare,

dobbiamo dare indicazioni sufficienti in modo che chi ci ascolta possa

entrare positivamente in collegamento con noi. Inoltre il comunicatore

deve avere la capacità di rivelare le informazioni più importanti che

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riguardano l'esperienza che intende trasferire al proprio interlocutore.

L’insieme dei segnali che vengono emessi dai nostri organi di senso dà

origine alla comunicazione paraverbale. Chi ci ascolta comincia a

“scomporre” il paraverbale e di conseguenza cerca di attribuire un

significato ben preciso alle parole.

Considerando che ciò di cui stiamo parlando costituisce un vero e proprio

“codice”, tra le sue caratteristiche più importanti possiamo annoverare:

1. Il registro che va da un suono greve e profondo ad uno alto e vigoroso;

2. Il volume in cui si calcola la proporzione di aria emessa dai polmoni;

3. Il timbro che può comprendere una voce monotona o variata;

4. La nasalizzazione, con la quale ci riferiamo alla quantità di aria che, una

volta emessa, passa in maniera preponderante dal naso.

5. La dizione, con la quale facciamo in modo di emettere dei suoni quanto

più correttamente possibile;

6. La cadenza, che consiste nella lentezza o nella velocità che usiamo per

parlare;

7. La modulazione, cioè il ritmo che usiamo nell’enunciare alcune parole od

espressioni.

Quando parliamo di comunicazione non verbale ci riferiamo a tutte quelle

informazioni che vengono emesse dal corpo. Ed allora come possiamo

usarlo per esprimere nel miglior modo possibile le nostre intenzioni? Come

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alcuni di voi già sapranno alcuni segnali che il corpo rende manifesti

possono essere manipolati anche se questo, a volte, avviene in maniera del

tutto inconsapevole. L’individuo esprime la propria personalità servendosi

del corpo, e questo succede perché, generalmente, il soggetto non si

rende conto del rapporto che può intercorrere tra i messaggi emessi dal

suo corpo e le conseguenti reazioni di coloro con i quali si confronta. Il

significato assunto dai segnali non verbali varia a seconda delle

caratteristiche fisiche come l'altezza, il colore della pelle, i capelli ecc; dei

ruoli e delle posizioni sociali; delle caratteristiche della personalità, come

l'estroversione, l'introversione, l’aggressività; delle emozioni che proviamo

quando comunichiamo.

I segnali di cui ci serviamo per attuare il processo comunicativo interessano

la vista, l’udito, l’olfatto, il gusto e il tatto.

Cosa accade ogni qualvolta decidiamo di comunicare qualcosa a

qualcuno? Immaginate di avere tre linguaggi diversi ma utilizzabili in

contemporanea: mentre le parole che scegliete trasferiscono idee e

nozioni, il tono di voce e le modalità con cui emettete i suoni inviano altri

messaggi, che potrebbero confermare o meno le parole stesse.

Nondimeno accade con la gestualità corporea, di fondamentale

importanza in qualsiasi tipo di comunicazione interpersonale. L’aspetto su

cui è utile maggiormente riflettere è la constatazione che molto spesso i

nostri ascoltatori, a meno che non siano esperti di comunicazione,

tenderanno ad essere più attenti e quindi consapevoli della componente

verbale, perdendo di conseguenza la capacità di osservare coscientemente

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tutto ciò che accade nello stesso istante negli altri livelli comunicativi. Ma

ciò non significa che non avranno peso: al contrario, essi percepiranno

molti altri segnali a livello inconscio, ritrovandosi così a dover gestire delle

imprecisate sensazioni, delle intuizioni apparentemente giustificate da un

sesto senso particolarmente attivo (come accadeva nel primo esempio).

Per comunicare con grande efficacia è allora necessario perseguire due

obiettivi:

1. divenire più coscienti dell’intera dinamica della comunicazione, in modo

da cogliere messaggi da parte degli interlocutori che spesso avvengono in

pochi silenziosi secondi;

2. ottenere la massima congruenza nella nostra comunicazione, stando

cioè bene attenti che i tre livelli siano in armonia tra loro, rafforzandosi l’un

l’altro.

Quest’ultimo concetto merita un ulteriore approfondimento.

Dopo essere stati ospiti di un noiosissimo party aziendale, cui avete dovuto

partecipare, per le giuste e necessarie public relations, vi viene chiesto

dagli organizzatori un commento sull’evento. La vostra mente elabora in

pochi secondi tutte le informazioni, afferrando senza problemi la situazione

disperata: non potete dire la verità (una noia pazzesca) per ovvi motivi

sociali. Ed ecco allora che le parole <è stato un party divertentissimo> si

formano quasi per incanto sulle vostre labbra, convinti di aver risolto

brillantemente il problema.

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Ma, ahimè, gli altri due livelli potrebbero non aver seguito la vostra scelta

cosciente, optando invece per la sincerità più spassionata.

La testa potrebbe essersi mossa velocemente con il tipico gesto di diniego,

il tono di voce potrebbe essere stato basso e meccanico, senza quella

tipica inflessione che accompagna in genere le affermazioni entusiastiche.

In questo caso avrete allora raggiunto un tipico caso di comunicazione

incongruente, dove cioè paraverbale, non verbale e verbale comunicano

messaggi diversi, per l’appunto non congruenti tra loro.

Quante volte invece abbiamo visto sguardi, gesti e sorrisi trasferire

emozioni più di una sequenza interminabile di complimenti e lodi?

Qualsiasi messaggio avrà dunque più forza quanto maggiore sarà il livello

di congruenza raggiunto, generando così chiarezza e forza della

comunicazione.

I SISTEMI RAPPRESENTAZIONALI

La mappa o modello differisce dal territorio che rappresenta e

necessariamente da tutte le altre, e non è altro che la semplificazione di un

processo più complesso. In realtà essa è costituita da una serie di mappe

originate dalla riproduzione delle nostre esperienze tramite quelli che

chiamiamo i sistemi rappresentazionali.

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Nel momento in cui interagiamo esponiamo i nostri pensieri usando la

comunicazione verbale, paraverbale e non verbale. Si reagisce agli stimoli

esterni utilizzando i propri sensi interni. Infatti quando osserviamo,

ascoltiamo, proviamo, riproduciamo mentalmente le figure i suoni e le

sensazioni che abbiamo avvertito dentro di noi.

Ciascuno di noi ha a disposizione modi diversi per rappresentare la

propria esperienza del mondo. Abbiamo cinque sensi riconosciuti con i

quali prendiamo contatto con il mondo, infatti vediamo, udiamo,

tocchiamo, gustiamo ed odoriamo. Oltre a questo schema sensoriale,

abbiamo un sistema di linguaggio che utilizziamo per rappresentare la

nostra esperienza.

LA MAPPA NON È IL TERRIRORIO

Pertanto il concetto fondamentale risulta essere l’esplorazione del legame

esistente tra le nostre modalità sensoriali e il modo in cui filtriamo il mondo

reale. Seguendo il modello ideato dalla P.N.L. i canali di ingresso, che ci

permettono di entrare in contatto con la realtà circostante, sono tre:

· Visivo (vista)

· Auditivo (udito)

· Cenestesico (tatto, olfatto, gusto - sensazioni corporee)

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Il sistema visivo, che generalmente è abbreviato con “V” (Visual), si

distingue in esterno ed interno. Il primo viene usato per osservare ciò che ci

circonda, il secondo per riprodurre internamente lo stesso procedimento,

visualizzando mentalmente le immagini.

Il sistema auditivo “A” (Auditory) si connota come esterno quando

ascoltiamo suoni reali, interno se li creiamo nella nostra mente.

Il sistema cenestesico (o cinestesico)“K” (Kenestetic) è esterno quando

include le sensazioni tattili, relative alla temperatura, consistenza ed

umidità. È interno quando riguarda le sensazioni ricordate, le emozioni, il

rapporto e la consapevolezza interiori che abbiamo del nostro corpo.

LE POSIZIONI PERCETTIVE

Poter conoscere le mappe cognitive degli altri implica la capacità di

abbandonare la propria posizione ed assumere altri punti di vista. La

gestione efficace della relazione e quindi della comunicazione implica la

capacità di assumere diversi punti di vista per cogliere gli obiettivi delle

diverse persone coinvolte nella relazione.

Ci sono tre posizioni percettive fondamentali che bisogna imparare a

gestire:

- la prima posizione percettiva – il proprio punto di vista

- la seconda posizione percettiva – il punto di vista dell’altro

- la terza posizione percettiva – il punto di vista di un terzo non coinvolto

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Con la prima posizione percettiva, noi giudichiamo il mondo in base alle

nostre valutazioni, quindi prenderemo decisioni in base alle nostre

sensazioni.

Mettersi nei panni dell’altro, ci permette di capire le sue attese, i suoi

obiettivi e le aree su cui operare per soddisfarle. Quindi è fondamentale

poter assumere questa posizione per una gestione efficace della

comunicazione e per fornire un servizio di qualità.

La terza posizione, ci permette di assumere il punto di vista di un

osservatore neutrale e quindi poter comprendere il contesto entro cui la

relazione avviene.

Poter gestire le posizioni percettive, presuppone un’abilità che richiede di

acquisire flessibilità.

IL SISTEMA RAPPRESENTAZIONALE PREFERENZIALE

Gli esseri umani utilizzano i propri sensi in ogni circostanza e attribuiscono

un valore più elevato ad un determinato sistema rappresentazionale,

trascurando di usare gli altri che sono dentro di loro.

Se andaste ad un concerto quale sistema mettereste in atto? Sicuramente

quello auditivo. E in una galleria d’arte? Sicuramente quello visivo.

La maggior parte degli individui possiedono un sistema rappresentazionale

di cui si avvalgono in maniera preponderante per organizzare la propria

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esperienza. Possiamo individuare questo sistema facendo attenzione agli

aggettivi, avverbi, verbi che si esprimono nel momento in cui si parla.

Sebbene si mettano in pratica tutte le modalità sensoriali per ricevere

informazioni dal mondo che ci circonda è indubbio che prestiamo più

attenzione ad una di esse. È fondamentale tener comunque presente che

nessun sistema è il migliore in assoluto in quanto dobbiamo tenere in

considerazione le attività che stiamo svolgendo.

Vi sorprenderete nello scoprire che anche quando pensiamo o elaboriamo

informazioni favoriamo un sistema rappresentazionale rispetto ad un altro e

questo dipende dall’oggetto dei nostri pensieri o delle nostre azioni.

Pertanto il canale di processo sensoriale di cui l’individuo è consapevole

viene denominato sistema rappresentazionale preferenziale o dominante

o primario.

Il linguaggio riflette il nostro sistema rappresentazionale. Infatti un visivo

predilige termini e predicati che, in qualche modo, richiamano la funzione

visiva. Lo stesso accade per l’auditivo ed il cinestesico.

Immaginiamo ora un rappresentante alle prese con la vendita di un

automobile.

Å Un venditore si appresta ad illustrare il modello “x” di una macchina

enfatizzandone la brillantezza del motore e la perfezione delle forme. La

natura aerodinamica della carrozzeria viene messa in evidenza, così come i

colori coordinati dell'interno. Il rappresentante vi invita ad immaginarvi alla

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guida di questa macchina, in un giorno primaverile, sul lungomare, sotto gli

sguardi ammirati delle persone che sanno apprezzarne la qualità e la linea.

Å Un altro venditore porta la vostra attenzione sul suono discreto della

portiera che si chiude e sulla risonanza della lamiera, quale segno della

solidità dell'auto. Vi farà ascoltare il suono del motore, la silenziosità nel

momento in cui ingranate la marcia, aggiunto al suono dello stereo, che

potrà essere purissimo, grazie all'ottimo impianto. Å Un altro venditore vi

farà sedere sull'auto, dirigendo la vostra attenzione su come i sedili

fasciano in modo confortevole il vostro corpo. Vi porterà ad apprezzare la

qualità del materiale con il quale è rivestito il sedile, piacevole al tatto. Vi

lascerà provare la sensazione di sicurezza e di potenza, percependo la

presa dell'auto sulla strada. Quale di queste tre descrizioni vi attrae di più? È

ovvio che tutte possono riferirsi alla stessa auto, la differenza sta nel fatto

che rispettivamente enfatizzano le caratteristiche dell’automobile secondo

uno schema visivo, auditivo e cenestesico.

INDIVIDUAZIONE DEL SISTEMA RAPPRESENTAZIONALE PRIMARIO

Per individuare il sistema rappresentazionale primario possiamo avvalerci

dei seguenti metodi:

· comunicazione verbale (predicati sensoriali)

· comunicazione paraverbale (ritmo, tono, volume della voce)

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· comunicazione non verbale (gestualità, respirazione, postura)

Nella pagina successiva potete visualizzare una tabella nella quale ho

riassunto una serie di predicati sensoriali appartenenti ai differenti sistemi

sensoriali:

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Un altro importante metodo di individuazione è costituito dalla fisiologia.

Consideriamo che corpo e mente sono inseparabili e le nostre modalità di

pensiero hanno delle ripercussioni sul nostro fisico. Pertanto dobbiamo fare

attenzione in particolar modo alla respirazione, al cambiamento di colorito,

alle posture assunte.

VISIVI AUDUTIVI CENESTESICI

mostrare ascoltare toccare

illustrare descrivere scuotere

chiarire domandare vibrare

inquadrare dire strofinare

rivelare udire ricominciare

esporre spiegare irritare

immaginare esprimersi sentire

mettere a fuoco fare attenzione sfuggire di mente

vedere allo stesso modo esprimere un opinione tenere in sospeso

si assomiglia armonioso non ti seguo

idea nebulosa descrivere in dettagli mettiti in contatto con

fare una scenata parola per parola discussione animata

sbirciare inaudito problematico

veditela tu altisonante dolore

occhiata ad alta voce calma

un approccio miope chiassoso stimolato

in vista di l’ho già sentito rimuginare

come la vedo io per così dire controllati

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Un visivo cammina mantenendo una posizione dritta, parla velocemente

tenendo gli occhi rivolti verso l’alto e con un tono di voce ugualmente alto,

perché le immagini corrono nella sua mente ed egli deve cercare di

afferrarne il più possibile. La respirazione è spezzata e localizzata nella zona

toracica, generando pallore in viso per lo scarso afflusso di sangue. La

tensione muscolare è maggiormente evidente nelle spalle e nel collo. Una

persona visiva tende ad essere organizzata, ordinata, metodica, elegante.

Memorizza vedendo immagini ed è poco distratta dal rumore. Ha spesso

problemi a ricordare istruzioni verbali perché la sua mente tende a svagarsi.

Le apparenze sono importanti, infatti il visivo è interessato maggiormente

sul come avvengono le cose.

Un auditivo parla muovendo gli occhi lateralmente, respira con tutto il

torace e sul suo corpo si possono notare piccoli movimenti ritmici. La voce

è chiara, espressiva e risonante. L’auditivo impara ascoltando, di solito ama

la musica e parlare al telefono. Assume infatti la cosiddetta posizione della

cornetta telefonica in quanto ha la testa inclinata o verso destra o sinistra

proprio come se stesse parlando al telefono. Memorizza per gradi i

procedimenti e le sequenze dei dati ed ama sentirsi spiegare le cose e

risponde volentieri. Alcune volte possiamo avere di fronte un particolare

tipo di auditivo che per il suo tono di voce costante viene definito

diapason.

Nel cinestesico la respirazione è addominale, lenta, profonda e il tono di

voce basso con un ritmo intervallato da lunghe e frequenti pause. Di solito

assume una posizione implosiva, ha una gestualità lenta e gradisce il

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contatto fisico. Non bada all’aspetto, ma alla comodità delle cose che

indossa.

IN SINTESI

I presupposti della comunicazione sono:

➢Non si può non comunicare

➢Ogni comunicazione è comportamento ed ogni comportamento è

comunicazione

➢ Il significato della comunicazione sta nel responso che se ne ottiene, e

non nelle intenzioni.

VERBALE PARAVERBALE NON VERNALE

V

PREDICATI

TONO: ALTO

RITMO: VELOCE

VOLUME: ALTO

GESTUALITÁ: DESCRITTIVA

RESPIRAZIONE: ALTA, SUPERF.

POSTURA: ERETTA

A

PREDICATI

TONO: VERIABILE

RITMO: VARIABILE

VOLUME: VARIAB. DIAPASON

GESTUALITÁ: D. DI ORCHESTRA

RESPIRAZIONE: VARIABILE

POSTURA: AL TELEFONO

K

PREDICATI

TONO: BASSO

RITMO: LENTO

VOLUME: BASSO

GESTUALITÁ: CORPOREA

RESPIRAZIONE: PROFONDA

POSTURA: IMPLOSIVA

�  20

➢ La mappa non è il territorio

Ogni comunicazione umana avviene su diversi livelli, che permettono di

veicolare i messaggi dal mittente al destinatario.

Esistono 3 livelli per comunicare:

➢Verbale (incide per il 7% sulla comunicazione) Parole

➢ Paraverbale (incide per il 38% sulla comunicazione) Tono, Timbro di

Voce, Volume

➢Non verbale (incide per il 55% sulla comunicazione) Linguaggio del

Corpo

La Programmazione Neurolinguistica rappresenta uno dei modelli

d’interpretazione e di analisi delle potenzialità intrinseche della natura

umana. Essa è lo studio delle componenti della percezione e del

comportamento che rendono possibile la nostra esperienza.

I Sistemi Rappresentazionali sono modalità con cui l’uomo pensa il mondo.

I canali di ingresso, che ci permettono di entrare in contatto con la realtà

circostante, sono tre:

➢Visivo

➢Auditivo

➢Cenestesico

�  21

Il canale di processo sensoriale di cui l’individuo è consapevole viene

denominato sistema rappresentazionale preferenziale o dominante o

primario.

Per individuare il sistema rappresentazionale primario possiamo avvalerci

della comunicazione e della fisiologia.

Comunicazione:

➢ verbale (predicati sensoriali)

➢paraverbale (ritmo, tono, volume della voce)

➢ non verbale (gestualità, respirazione, postura)

Fisiologia:

➢Respirazione, Cambiamento di colorito, Posture assunte.

�  1

L. E. M. (Lateral Eye Movements o segnali d”accesso oculari)

I segnali oculari indicano a quale modalità sensoriale il soggetto sta

accedendo. È stato dimostrato che esiste una profonda correlazione tra il

movimento degli occhi, i processi di pensiero e i sistemi rappresentazionali.

A seconda che i nostri pensieri siano ad immagini, a suoni o a sensazioni,

muoviamo gli occhi in diverse direzioni. Quando visualizziamo qualcosa del

nostro passato, un’esperienza già vissuta, i nostri occhi tendono a muoversi

verso l’alto alla nostra sinistra. Se costruiamo una proiezione mentale

cercando di immaginare qualcosa che non abbiamo visto mai, gli occhi si

muoveranno verso l’alto a destra. Per ricordare i suoni gli occhi si

�  2

sposteranno lateralmente verso sinistra, mentre per costruirli verso destra.

Quando accediamo al nostro bagaglio di sensazioni si sposteranno verso il

basso a destra, mentre si dirigeranno in basso a sinistra se dialoghiamo

internamente con noi stessi. Lo sguardo defocalizzato in avanti denota un

processo di visualizzazione in atto.

Vc = Visivo costruito

Il significato di questo movimento è da attribuire all’immaginazione di cose

mai viste prima. Nel momento in cui queste si elaborano nella mente, gli

occhi accedono al visivo costruito, perché seguono le immagini che si

formano per rappresentare i pensieri. Accedendo ad un’esperienza

servendosi di una domanda che implica una riflessione prima della

risposta, possiamo produrre questi movimenti.

Vr = Visivo ricordato

Con questo movimento il soggetto vede immagini nella mente che riporta

da qualcosa già visto in precedenza. Egli accede a ricordi e fatti accaduti

veramente.

Ac = Uditivo costruito

Si tratta dell’elaborazione mentale di suoni mai uditi prima

Ar = Uditivo ricordato

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Il soggetto ricorda suoni o voci che ha già ascoltato in precedenza.

K = Cenestesico

Il soggetto ricorda o prova sensazioni. Il movimento avviene anche se le

esperienze non sono ancora avvenute perché riguardano il futuro o sono

solo immaginarie.

Ad = Dialogo interno

Il soggetto dialoga con se stesso.

Il SISTEMA GUIDA

Potrà capitarvi che ascoltando i predicati di una persona, essi non

corrispondano all’accesso oculare. Non spaventatevi, non è detto che

abbiate elicitato male ma è molto più probabile che la persona stia

elaborando l’informazione attraverso un sistema (guida) e che lo esprima

consapevolmente in un altro (preferenziale).

Facciamo un esempio: ”Vedo ancora il suo volto molto arrabbiato” (mentre

lo dice i suoi occhi si spostano lateralmente alla vostra destra AR).

In questo esempio, la persona si esprime verbalmente in un sistema (V) ed

invece il suo accesso oculare, ne esprime un altro (A).

La spiegazione è semplice: il nostro interlocutore usa un sistema Guida

auditivo ed uno Preferenziale visivo. Cioè elabora internamente le

informazioni auditivamente per poi esprimerle visivamente.

�  4

Il Sistema Guida ed il Sistema Preferenziale possono eguagliarsi ma

possono anche differenziarsi. Nel secondo caso è possibile estrarre il

Sistema Guida analizzando con attenzione il primo scatto oculare mentre il

Sistema Preferenziale emergerà dai predicati utilizzati dal nostro

interlocutore.

La Sovrapposizione

La sovrapposizione consiste nel sommare, o meglio, “sovrapporre”, un

sistema sensoriale ad un altro attraverso delle domande.

Ad esempio, se un nostro interlocutore ci dicesse: ”Ricordo il momento in

cui ho visto quella persona, ma non so dirti se era un uomo o una donna”

potremmo intanto rilevare che sta usando un sistema rappresentazionale di

tipo visivo (ricordo il momento in cui ho visto…). Per porre in atto il

processo di “sovrapposizione” potremmo volgere la seguente domanda:

“Mentre vedevi questa persona quali suoni o parole ascoltavi?”. Lui

potrebbe risponderci ”Sentivo la voce di una donna che.....”.

In questo tipo di risposta troviamo la soluzione al dubbio iniziale: la

persona vista era una donna!

Come avrete potuto verificare, con la sovrapposizione, il soggetto viene

“guidato”, attraverso il linguaggio, a spostare la sua attenzione su sistemi

�  5

sensoriali che in quel preciso istante non usa o meglio, a cui non presta, se

non inconsciamente, attenzione.

Se noi riusciamo a renderlo consapevole, attraverso la sovrapposizione,

delle altre risorse in suo possesso, ecco che viene subito razionalizzata la

presenza di altre innumerevoli informazioni a cui poter fare riferimento.

IN SINTESI

L.E.M. (Lateral Eye Movements o segnali d’accesso oculari)

I segnali oculari d’accesso indicano a quale modalità sensoriale il soggetto

sta accedendo.

➢Visivo costruito: gli occhi si muoveranno verso l’alto a destra.

➢Visivo ricordato: gli occhi tendono a muoversi verso l’alto a sinistra

➢Uditivo ricordato: gli occhi si sposteranno lateralmente verso sinistra

➢Uditivo costruito: gli occhi si sposteranno lateralmente verso destra

➢Cinestesico: gli occhi si sposteranno verso il basso a destra

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➢Dialogo interno: gli occhi si dirigeranno in basso a sinistra

La Sovrapposizione consiste nel “sovrapporre” un sistema sensoriale ad un

altro, attraverso delle domande.

Essa ci consente di guidare il soggetto, attraverso il linguaggio, a spostare

la sua attenzione su sistemi sensoriali a cui non presta, se non

inconsciamente, attenzione, riuscendo così a razionalizzare la presenza di

altre innumerevoli informazioni a cui poter fare riferimento.

IL RICALCO

Creazione del Rapport

Dal momento che l’individuo esplica la propria personalità utilizzando i

sistemi rappresentazionali e tracciando una mappa del mondo che lo

circonda, per instaurare un qualunque rapporto dobbiamo scoprire i filtri

che il nostro interlocutore usa per interpretare la realtà circostante.

�  7

Quando due persone interagiscono, il più delle volte, generano

un’atmosfera di reciproca comprensione e fiducia, grazie alla quale si

sentono a proprio agio e liberi di agire autonomamente e senza vincoli. In

questo modo creano un ambiente fertile perché attecchisca una

comunicazione sintonica e congruente, basata sulle affinità. La sintonia

viene data dal feeling e l’empatia che gli interlocutori riescono a far nascere

tra di loro, dalla congruenza tra i livelli di comunicazione.

Allora che cos’è il rapport?

Questa parola indica la capacità di comprensione del mondo altrui, di

condivisione e di accettazione di quelli che sono i valori, i criteri, le

credenze di colui con il quale stiamo comunicando.

Come facciamo a sapere se stiamo entrando in empatia con qualcuno o, al

contrario, lo stiamo allontanando?

Gli strumenti utili per creare “Rapport” sono:

· la calibrazione

· il ricalco verbale ed extraverbale.

La Calibrazione

“Calibrare” significa creare uno stato d’animo adeguato osservando la

fisiologia altrui ed il modo di usare la voce. Una delle fasi più importanti è

data dall’”elicitazione” ossia da quel processo durante il quale spostiamo il

mirino di attenzione sulle modalità, sul come vengono svolte le cose.

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Attraverso la calibrazione possiamo distinguere i differenti stati mentali in

cui un individuo si trova, controllarli e manipolarli, guidando il nostro

interlocutore verso lo stato desiderato.

Per quanto riguarda la fisiologia osserviamo:

· la postura del corpo

· gambe allargate, unite o accavallate, ecc.

· braccia conserte, distese lungo il corpo, unite dietro, ecc.

· mani chiuse, aperte, intrecciate tra loro, ecc.

· spalle dritte, spostate in avanti, in alto, all’indietro, ecc.

· testa eretta, spostata di lato, china davanti, ecc

· mimica facciale in particolare gli occhi, la bocca, la tensione dei muscoli

facciali

· colorazione del viso e sue variazioni

· respirazione alta (toracica), media (tra torace ed addome), bassa

(addominale).

Per quanto riguarda la voce ascoltiamo il nostro interlocutore focalizzando

la nostra attenzione sulle seguenti caratteristiche:

· volume: alto/basso e valori intermedi

· tempo/ritmo: velocità/lentezza dell’eloquio

· timbro: caratteristiche individuali della voce (gutturale, nasale, soffocata)

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A livello verbale le persone usano tre diversi tipi di predicati sensoriali:

Visivi, Auditivi, Cinestesici (già trattati nelle pagine precedenti).

Il ricalco Verbale e la Guida

“Ricalcare” significa venire incontro al nostro interlocutore entrando in

relazione con lui e stabilendo affinità a livello conscio ed inconscio,

verbale e non verbale. Pertanto bisogna essere in grado di entrare nella

mappa del mondo altrui, dando importanza al punto di vista del nostro

interlocutore. Il bravo comunicatore è colui che riesce a ricalcare la persona

che ha di fronte dicendo: “Ti capisco perché io sono come te”.

Che cosa succede quando effettuiamo il ricalco?

Sicuramente avviene una sincronizzazione con i processi interni del nostro

interlocutore, pertanto è come se sapessimo in anticipo come egli

risponderà alla nostra comunicazione. Leggendone il pensiero riduciamo

considerevolmente la distanza e la resistenza che ci separa.

Risulta chiaro che per attuare tutto ciò è necessario osservare attentamente,

comprendere ed utilizzare le strategie di coloro con i quali comunichiamo,

in quanto il buon esito delle nostre interazioni dipende proprio dalla

capacità di stabilire feeling.

Dopo aver agganciato il destinatario della nostra conversazione con la

creazione del rapport, lo verificheremo costantemente per assicurarci di

essere sempre in sintonia e cercheremo di guidare la persona in maniera

sottile ed impercettibile, per esempio alterando il ritmo della respirazione,

lo sguardo, il tono della voce, le posture. Così incontreremo la persona nel

�  10

suo modello del mondo, lo ricalcheremo e lo guideremo verso un nuovo

mondo.

Facciamo un esempio:

Che cosa fareste se vi trovaste di fronte ad una persona adirata?

All’inizio dovreste ricalcare timbro, tono e volume della voce e in seguito

parlare sempre più lentamente e in maniera sommessa. Se il ricalco è ben

fatto egli vi seguirà, altrimenti dovrete riprendere a ricalcare il

comportamento finché non avrete stabilito il rapporto necessario.

Il Ricalco Extraverbale (o Rispecchiamento o Mirroring)

“Rispecchiare” significa riprodurre la fisiologia, il modo di usare la voce

della persona con cui si sta parlando, infatti il ricalco extraverbale avviene a

livello non verbale e paraverbale.

Nel ricalco non verbale il nostro corpo “parla” attraverso le sue componenti

principali quali la gestualità, la mimica facciale, la prossemica, la

respirazione, il look, le posture.

Con il “mirroring” (o “Rispecchiamento”) ovvero la riproduzione delle

posture è possibile entrare in sintonia con l’interlocutore, generando

fiducia e distensione, facendolo sentire a proprio agio, come se stesse

parlando con il suo alter ego. Riprodurre in maniera impercettibile i

movimenti di una persona, significa inviare al suo inconscio un messaggio

quale: “Ti puoi fidare di me perché sono simile a te”.

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Un aspetto da tener presente è che quando il nostro interlocutore si muove

non dobbiamo rispecchiarlo riproducendo esattamente gli stessi

movimenti, altrimenti rischiamo di cadere in quello che definiamo

“scimmiottamento”.

Dobbiamo, invece, ricalcare in maniera consapevole l’altra persona fino ad

armonizzarci completamente con lei, seguendo il ritmo e non copiando i

gesti. Ciò significa che possiamo rispecchiare una persona che muove le

gambe, muovendo le nostre mani.

È importante rilevare che, quando il messaggio che il nostro interlocutore

ci invia con il linguaggio del corpo è negativo, conviene rispecchiare tale

messaggio ad un livello più basso. Per esempio, se il cliente incrocia

braccia e gambe in senso di chiusura, si rispecchia solo la postura delle

braccia o delle gambe. Mentre quando il messaggio trasmesso

dall’interlocutore è positivo è preferibile amplificarlo con un sorriso o con

una sensazione di distensione. Pertanto sarebbe auspicabile fare movimenti

simili senza apparire ovvi, anche perché è sufficiente imitare al 50%

massimo 80% la gestualità del nostro interlocutore.

Lo sbaglio più comune consiste nel voler interpretare sempre qualsiasi

atteggiamento notato negli altri. Per rifarci all’esempio di prima, il fatto che

un individuo possa stare seduto con le braccia conserte e le gambe

incrociate, non deve farci pensare che egli sia in un atteggiamento di

chiusura assoluta, ma può darsi che abbia trovato una posizione comoda, o

che stia sentendo freddo per cui si è “coperto da sé”.

�  12

Ma se la prima opinione fosse quella giusta, come dovremmo comportarci?

Sicuramente non forzare la barriera, perché rischieremmo di provocare una

chiusura maggiore nel cliente. Allora dobbiamo rispecchiarlo facendolo

rilassare e rendendolo più disponibile all’approccio. Poi inizieremo a

parlare e incroceremo le braccia o le gambe quasi per istinto, come se

fosse la posa che in quel momento ci viene più naturale assumere.

Naturalmente con ciò non vogliamo illudervi che sarete sempre capaci di

leggere nella mente altrui. Il più delle volte vi troverete di fronte ad un libro

chiuso, ma se vi impegnerete a sfogliarlo lentamente facendo attenzione

alle pagine che riterrete più importanti, avrete arricchito la vostra biblioteca

con un nuovo volume e tutto tornerà a vostro vantaggio! Nel ricalco

paraverbale il tono, il volume, il ritmo, la velocità, le pause messe in atto

dalla nostra voce possono essere validi elementi di costituzione del

rapport.

Ora la nostra analisi si sposta dal linguaggio alle modalità, cioè non

consideriamo più quello che diciamo, ma come lo diciamo.

Partiamo dalla constatazione che il più delle volte gradiamo le persone che

si esprimono come noi, con la nostra stessa velocità e siamo maggiormente

propensi ad ascoltarli perché in loro riconosciamo una parte di noi. Questa

velocità si modifica a seconda delle persone e dei luoghi in cui ci troviamo.

Dan Bagley riferisce che: “Se provenite da un posto dove si parla in fretta,

come ad esempio a New York, e poi vi spostate nel profondo sud degli Stati

Uniti, dove si parla molto lentamente, vi sembra infinito il tempo trascorso

prima che il vostro interlocutore riesca a finire la frase. È probabile che in

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situazioni del genere vi siate trovati a terminare, inconsciamente, o magari

anche verbalmente, la frase iniziata, nella speranza di poter velocizzare o

accorciare i tempi. Se invece provenite dal profondo sud degli Stati Uniti,

ad esempio dal Mississippi, potrebbero apparirvi addirittura scortesi le

persone che parlano velocemente.

Nel ricalco paraverbale concentriamo la nostra attenzione sul tono e sul

ritmo del modo di esprimersi della persona e non sull’accento.

Se siamo dei buoni comunicatori faremo in modo che il nostro

interlocutore non si accorga che stiamo utilizzando il suo modo di parlare, e

se riusciremo nel nostro intento, allora avremo instaurato un buon rapporto.

IN SINTESI

La parola Rapport indica la capacità di comprensione del mondo altrui, di

condivisione e di accettazione di quelli che sono i valori, i criteri, le

credenze di colui con il quale stiamo comunicando.

Gli strumenti per creare rapport sono:

➢ La calibrazione

➢ Il ricalco verbale

➢ Il ricalco extraverbale

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Calibrare significa creare uno stato d’animo adeguato osservando la

fisiologia altrui ed il modo di usare la voce.

Ricalcare significa venire incontro al nostro interlocutore entrando in

relazione con lui e stabilendo affinità a livello conscio ed inconscio, verbale

e non verbale.

Il Ricalco extraverbale (o rispecchiamento o mirroring) significa riprodurre

la fisiologia, il modo di usare la voce della persona con cui si sta parlando,

in quanto il ricalco avviene a livello non verbale e paraverbale.

�  1

Il METAMODELLO

Il metamodello corrisponde all’immagine di qualcosa che è del tutto

soggettiva e personale. Ciascuno di noi costruisce un modello della realtà

che ci circonda, che differisce non solo dalla realtà stessa, ma anche da

quella di ogni singola persona. Dal momento che il più importante sistema

rappresentazionale a disposizione dell’essere umano è il linguaggio, il

metamodello può essere definito “il modello del modello” e lo scopo che si

prefigge è quello di scoprire la struttura profonda dell’individuo utilizzando

le informazioni acquisite tramite le domande metamodello.

Capita che la comunicazione usi un gran numero di messaggi o parole

sottintese che, il più delle volte, servono ad evitare inutili ripetizioni, ma

che, altre volte, provocano terribili malintesi, soprattutto quando

sostituiamo la nostra interpretazione personale e del tutto soggettiva della

realtà con quella effettiva ed obiettiva.

Quando cominciamo a costruire il nostro bagaglio di esperienze personali

si accrescono in noi quei cosiddetti filtri e tramite questi il nostro modo di

percepire la realtà acquista un notevole significato. È così che comincia a

primeggiare un senso rispetto agli altri, che prevale una rappresentazione

sensoriale rispetto ad un’altra, tanto che noi dimentichiamo gli altri sensi e

pensiamo, purtroppo non a giusta ragione, che il nostro modo di percepire

ciò che ci circonda corrisponda a quello altrui.

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Grazie alla PNL siamo in grado di chiarire quelli che possono essere

considerati i comuni sottintesi, usando determinate domande che si

riferiscono più alla modalità che alla causa, più alla forma espressiva che a

contenuti tematici. Naturalmente ci stiamo riferendo a quei filtri che

entrano a far parte del nostro mondo e che influenzano il modo di

percepirlo e di esprimerlo. Pertanto, la realtà di ogni essere umano è

grandemente condizionata da questi filtri e nel momento in cui interagiamo

col prossimo usiamo solo alcuni elementi di cui questa è composta.

Tra i cosiddetti “filtri metalinguistici” troviamo la generalizzazione, la

cancellazione e la distorsione.

La generalizzazione si ha quando partiamo da un caso a se stante per

trarre una regola valida per ogni situazione. Per esempio: “È sempre

difficile trovare un parcheggio in centro”(con il vocabolo sempre si tende a

rendere impossibile ogni eventuale contestazione).

Nella cancellazione non prendiamo in considerazione il come si verifichi

una particolare situazione, ad esempio: “Il capoufficio non permetteva di

motivare i ritardi” (non viene analizzato né come non venivano permessi i

ritardi né di quale ritardi si trattasse).

Nella distorsione, la realtà viene sostituita o trasformata e questo avviene

tramite il giudizio e l’interpretazione, anche se le nostre asserzioni non sono

provate. Per esempio: “So esattamente cosa le passa per la testa”(non è

affatto analizzata la maniera attraverso la quale ci si è convinti, né sono

esaminati i motivi che sono alla base di questa idea).

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LE SOTTOMODALITÀ

CANCELLAZIONI

NOME NON SPECIFICATO Chi o cosa specificatamente?

VERBO NON SPECIFICATO Come specificatamente?

PARAGONEParagonato con cosa?

Rispetto a cosa?

GIUDIZIO Chi dice ….?

NOMINALIZZAZIONI Chi …. e come?

GENERALIZAZIONI

OPERATORI MODALI DI POSSIBILITÁ Cosa ti impedisce …..?

OPERATORI MODALI DI NECESSITÁ Cosa ti accadrebbe se …?

QUANTIFICATORI UNIVERSALI Sempre? Mai? Tutti?

DISTORSIONI

LETTURA DEL PENSIERO Come sai che …?

PRESUPPOSIZIONI Cosa ti porta a credere che …?

EQUIVALENZA COMPLESSA Come ciò significa quello?

CAUSA - EFFETTO Come esattamente ciò causa quello?

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Abbiamo considerato, sino ad ora, le tre modalità sensoriali, Visiva, Auditiva

e Cenestesica, ma queste sono una piccola fetta di ciò che determina la

rappresentazione della realtà.

Se vi chiedessi in questo momento di chiudere i vostri occhi cosa potrebbe

accadere? vedete un’immagine? udite un suono? o ancora, provate una

sensazione? Qualunque dovesse essere la vostra risposta avremmo

comunque un’informazione incompleta. Ipotizziamo che in questo

momento stiate costruendo un’immagine, se vi chiedessi di descrivermela,

cosa mi direste? Probabilmente i caratteri e le particolarità che definiscono

l’immagine stessa, cioè ciò che state vedendo. Ma se vi chiedessi di dirmi

se era a colori o in b/n? Era grande o piccola? Era ferma o in movimento?

Potremmo fare lo stesso tipo di analisi per un suono (volume alto-basso) o

per una sensazione (caldo-freddo).

Quello appena esposto è un esempio di cosa sono le sottomodalità;

potremmo definirle “le modalità della modalità!”. Ogni informazione

elaborata internamente ha una sua struttura, possiede dei dettagli che

diventano importantissimi.

Per verificarlo provate a ricordare un momento piacevole della vostra vita.

Se nel vostro ricordo vedete un’immagine, provate a cambiare le sue

sottomodalità: se l’immagine è a colori, rendetela b/n o viceversa. Come

cambia la vostra percezione dell’evento? Potete divertirvi ad aumentare o

diminuire le sensazioni che un ricordo vi dà applicando questa semplice

procedura.

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Se avevate un professore dalla voce severa, provate a modificarne il ricordo

rendendo il suo tono simpatico e allegro. Vi accorgete di qualche

cambiamento? Attraverso tale applicazione potrebbero subire dei

cambiamenti anche il ricordo degli aspetti legati al fisico.

L’elemento più interessante delle sottomodalità è dato dal fatto che alcune

di esse possono essere cambiate senza nessun particolare effetto, mentre

altre possono modificare totalmente le nostre reazioni (sono le cosiddette

sottomodalità “critiche”). Ad ogni esperienza, solitamente, corrisponde una

sottomodalità critica ed è altrettanto vero che ci sono persone per le quali

la sottomodalità critica è la stessa in ogni tipo di esperienza.

Di seguito alcuni esempi di sottomodalità nei diversi sistemi sensoriali:

VISIVO AUDITIVO CENESTESICO

Colori/bianco nero stereo/mono localizzazione

2 o 3 dimensione parole/suoni intensità

distanza volume peso

ferma/in movimento tono pressione

cornice/panoramica distanza temperatura

dimensioni durata durata

luminosità velocità estensione

a fuoco/sfocata ritmo movimento

forma pausa profumo

associato/dissociato provenienza gusto

tipo di colori

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IN SINTESI

Il Metamodello può essere definito “il modello del modello” e lo scopo che

si prefigge è quello di scoprire la struttura profonda dell’individuo

utilizzando le informazioni acquisite tramite le domande metamodello.

I“filtri metalinguistici”, che influenzano il modo di percepire il mondo e di

esprimerlo, sono la generalizzazione, la cancellazione e la distorsione. Le

Sottomodalità sono “le modalità della modalità!”. Ogni informazione

elaborata internamente ha una sua struttura, possiede dei dettagli che

diventano importantissimi. Le sottomodalità critiche sono quelle in grado

di modificare radicalmente le nostre reazioni.

�  7

�  1

LE CREDENZE

"Potete, se credete di potere" affermava uno dei più famosi "motivatori"

americani, Norman Vincent Peale, autore di molti libri, anche tradotti in

Italia, in cui traspare la sua teoria del Pensiero Positivo.

"Se credi di potere o di non potere hai comunque ragione !" recita un altro

proverbio americano: questi brevi aforismi contengono l'essenza delle

Credenze.

Cos'è dunque una Credenza ?

Per comprendere meglio è necessario partire dalla constatazione che la

realtà del mondo circostante è obiettiva solo nella "teoria", poiché nel

momento della percezione della realtà e di qualsiasi evento accada,

ognuno di noi utilizza la propria soggettività per dare un significato agli

eventi, per classificarli nella propria memoria, per trarne insegnamenti.

Ma non dimentichiamo che la nostra mente cosciente ha capacità molto

limitate (si dice che possiamo tenere al massimo in mente sette, più o meno

due, "chunks" o porzioni di informazioni) per cui la ricchezza illimitata della

realtà e delle esperienze vissute viene in qualche modo sintetizzata e

ristrutturata in maniera più semplice.

Tali trasformazioni sono molto evidenti soprattutto nel linguaggio, che, per

quanto ricco e dettagliato, non ci permetterà mai di trasferire l'esperienza

�  2

nella stessa maniera in cui l'abbiamo vissuta originariamente: quante volte

avete provato la sensazione di non riuscire a trasmettere ad altri, con le

parole, delle emozioni, delle sensazioni, nello stesso modo e con la stessa

ricchezza con cui le avete vissute? E quante volte avete provato la

sensazione di aver "terminato" le parole, o peggio di non avere le parole

giuste per esprimere ciò che sentite internamente? Ciò avviene

principalmente perché il nostro linguaggio, che può essere definito

"sistema rappresentazionale", sistema cioè grazie al quale riusciamo a

rappresentare a noi stessi o agli altri la realtà, ci costringe ad utilizzare

costantemente i meccanismi di cui abbiamo parlato in precedenza, senza i

quali raccontare una semplice gita con gli amici diventerebbe impossibile.

In particolare, nel caso delle Credenze, utilizziamo molto i meccanismi della

generalizzazione, in modo tale da trarre delle "verità" assolute dal verificarsi

di un evento o dall'aver vissuto una determinata esperienza.

Generalizzare vuol dire ad esempio giungere ad affermare con certezza di

saper guidare le automobili, dopo aver fatto sufficientemente esperienza:

non avrete naturalmente bisogno di ripetere razionalmente ogni volta tutta

la lezione di scuola-guida, che vi ha permesso la prima volta di aprire lo

sportello, sedervi, inserire le chiavi nel cruscotto, accendere il quadro,

girare le chiavi sino all'accensione, ingranare la marcia......ecc.

Come si evince, le generalizzazioni ci permettono di condurre una vita più

semplice, senza dover ogni volta porre tutto in discussione, ma anzi dando

per scontate delle verità personali con le quali eventualmente costruire

altre "verità" via via più complesse.

�  3

Molto spesso operiamo delle generalizzazioni negative, che ci portano ad

esempio a credere che "noi non siamo portati per la matematica" solo

perché un pessimo insegnante alla scuole inferiori ci ha dato l'idea di avere

una mente non in grado di capire ed elaborare i concetti matematici come

tutti gli altri compagni di classe.

Poiché le Credenze nascono e si nutrono delle nostre personali

interpretazioni su eventi od esperienze del passato, il rischio è proprio

quello di autolimitarci le risorse a causa di un'interpretazione frenante,

adottata in seguito ad un evento in cui non abbiamo saputo utilizzare i

giusti mezzi.

Immaginate ad esempio di aver provato ad imparare a sciare con un

pessimo maestro, che non ha saputo insegnarvi, nel modo più adeguato

per voi, l'uso del vostro baricentro per gestire nella maniera più

appropriata l'equilibrio corporeo e che, oltretutto, vi abbia instillato la

Credenza "io non ho equilibrio". Dopo una simile esperienza, anni dopo, vi

capita di cimentarvi con una tavola da windsurf, sport dove è notoriamente

indispensabile, soprattutto all'inizio, un notevole senso dell'equilibrio:

dopo i primi tentativi fallimentari, la vostra Credenza avrà ancora più forza

per divenire una "verità assoluta", una sorta di comandamento personale.

La cosa più buffa è che la prima volta che si sale su una tavola da windsurf,

e si prova a sollevare la vela dall'acqua, sono garantite decine e decine di

"tuffi" non proprio spontanei, dovuti alla mancanza della giusta strategia

per sollevare la vela e afferrare la brezza marina per far muovere la tavola;

da quel momento in poi sarà la vela, piena di vento, ad avere il compito di

�  4

farci mantenere in equilibrio: basterà "lasciarsi dondolare" letteralmente

dal boma.

Il fattore più preoccupante è dato dal fatto che cimentarsi in un simile sport,

credendo fermamente di non avere equilibrio, darà risultati negativi,

facendo avverare la "profezia" e, di conseguenza, rafforzando ancora di più

la Credenza "io non ho equilibrio". Tutto ciò darà il via ad un "fastidioso"

circolo viz ioso, non facendoci accedere al le giuste r isorse

neurofisiologiche.

Se poi riflettete sul fatto che, a lungo andare, tendiamo addirittura a

dimenticare che le Credenze si basano su nostre interpretazioni (spesso

non complete proprio perché effettuate "generalizzando" esperienze o

RISULTATI

CREDENZA

TEST

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eventi del passato), diviene chiara l'importanza del primo passo da

compiere: divenirne consapevoli.

È proprio attraverso la consapevolezza che aumentano immediatamente le

possibilità di non considerare più tutte le nostre Credenze come un

Vangelo Personale, dandoci contemporaneamente lo stimolo per

un'autoindagine, diretta ad "estrarre" le Credenze, positive e negative, che

permeano tutte le nostre azioni e decisioni.

Un ultimo esempio per comprendere appieno la capacità, enormemente

costruttiva o tragicamente distruttiva, delle Credenze, ci viene fornito da

due episodi realmente accaduti in presenza di medici e studiosi. Il primo,

quello positivo, è stato definito "effetto placebo" : è stato presentato e,

successivamente fornito, un nuovissimo medicinale ad un gruppo di

pazienti, ai quali è stato descritto in termini assolutamente positivi, creando

così in loro la Credenza della strabiliante efficacia e potenza. Dopo

l'assunzione del medicinale circa il 70% ha iniziato ad avvertire notevoli e

rapidi miglioramenti riguardo al loro stato di salute. L’aspetto incredibile è

che essi avevano assunto della semplicissima acqua colorata e zuccherata.

Tale fede nel medicinale ebbe dunque effetti così potenti da innescare

delle importanti reazioni fisiologiche, dirette alla guarigione, mostrando

così quanto siano rilevanti la fede e le Credenze dei pazienti, unite

naturalmente alle proprietà chimiche reali del medicinale (che in questo

caso erano addirittura inesistenti). La potenza distruttrice delle Credenze

negative è stata invece riscontrata in alcuni casi di maledizioni Voodoo,

lanciate da accreditati "stregoni". Era palese la forza dell'autosuggestione

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nei soggetti colpiti, i quali, una volta consapevoli della terribile maledizione

(per il loro sistema di Credenze estremamente reale ed efficace), iniziavano

ad innescare processi fisiologici di autodistruzione, arrivando alla morte

autoindotta.

Le Credenze: come nascono

Come abbiamo detto le Credenze costituiscono ciò che noi crediamo

essere vero o falso, e derivano da interpretazioni di eventi o azioni.

Ma come nasce esattamente una Credenza e quali ne sono le fonti

principali?

Rispondere a tale quesito è di importanza fondamentale, anche per

comprendere il motivo per cui alcuni individui posseggono Credenze

potenzianti, a differenza di altri che filtrano la realtà circostante solo

attraverso Credenze negative e limitanti.

Le fonti di una Credenza possono essere così classificate:

1) Eventi

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Vi è mai capitato di forare una gomma della vostra auto e di scoprire che

quel giorno era Venerdì 17? Un semplice, e piuttosto banale, contrattempo

può divenire, con l'aiuto delle dicerie sulla energia negativa del numero 17

(che provengono dall'ambiente, altra fonte di Credenze, di cui parleremo

di seguito) uno dei principali elementi costitutivi della Credenza "il numero

17 porta sfortuna". Naturalmente siamo consapevoli, a livello razionale, che

l'evento accaduto sarebbe potuto accadere in qualunque altro giorno, a

prescindere dall'elemento numerico e dalle superstizioni che ad esso si

accompagnano.

Il nostro cervello è un magnifico "creatore di coincidenze", nel senso che

tende, in modo automatico, ad associare eventi ed elementi tra loro,

soprattutto quando prestiamo particolare attenzione ad essi.

2) Azioni, e risultati delle azioni.

Decidiamo di assaggiare un piatto particolare, a base di anguilla. Il cuoco

però sbaglia la cottura, conferendo così un sapore assolutamente

sgradevole, molto lontano da quello normale per il quale tale piatto è

apprezzato e consumato. Non essendo a conoscenza di tale circostanza,

immettiamo un abbondante porzione nella bocca, con atteggiamento di

curiosità ed apertura mentale ma lo sgradevole sapore non tarda a

raggiungere i nostri centri nervosi, responsabili del gusto. Il nostro cervello

reagisce di conseguenza fornendoci una serie di sensazioni assolutamente

sgradevoli. Fin qui tutto normale. Il problema è che arriviamo ad associare

l'anguilla con il senso di nausea che ci ha aggredito. Da questo momento in

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poi inizia a strutturarsi la Credenza "i piatti a base d'anguilla danno la

nausea", che ci impedirà di mangiarne in futuro.

In questa semplice e banale metafora è possibile comprendere come dalle

nostre azioni e dai conseguenti risultati, possono derivare interpretazioni

generalizzate, così convincenti, da generare una Credenza che riduce la

nostra capacità di apprezzare la ricchezza della realtà circostante, in questo

caso della buona cucina.

3) Influenza ambientale.

Vi siete mai chiesti cosa sareste diventati se foste nati in un altro paese, in

un altro stato, in un altro tipo di famiglia? Se Agnelli ad esempio fosse nato

da una famiglia africana, cosa sarebbe diventato oggi? come si

comporterebbe? che lavoro farebbe? E se Berlusconi fosse cresciuto in una

famiglia diversa, in una zona d'Italia diversa, sarebbe lo stesso imprenditore

che oggi tutti noi conosciamo?.

Un film eccezionale, in cui è possibile rinvenire molti esempi proprio

sull’influenza del sistema personale, che crea dei filtri sul comportamento, è

“Forrest Gump”, interpretato magnificamente da Tom Hanks.

Il film narra le "avventure" di un giovane dalle limitate capacità intellettive

(con quoziente intellettivo al di sotto della media), che però riesce

egregiamente in ogni azione che intraprende. Durante la sua infanzia la

madre si batte per non fargli pesare l'inferiorità intellettiva di fronte agli

altri, instillandogli la Credenza "sono uguale a tutti gli altri, non ho niente di

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meno", al punto che, ogni volta che qualche personaggio gli dà dello

stupido, lui risponde con fiducia: "stupido è chi lo stupido fa’" !!

La cosa più buffa è che qualsiasi cosa egli compia, dal football al ping-

pong, raggiunge presto l'eccellenza, non avendo tempo, a causa della sua

stupidità, di pensare ad altro, o meglio di riflettere sull'apparente irrealismo

ed assurdità della Credenza stessa. Ed è così che Forrest Gump diviene

campione di football americano, poi campione mondiale di ping-pong, poi

eroe nella guerra in Vietnam, poi imprenditore miliardario, e così via, sino a

diventare padre di un intelligentissimo bambino. Quale migliore metafora

per rappresentare la forza delle Credenze, anche quelle in cui solo un

pazzo od uno stolto potrebbe credere.

Paradossalmente, molto spesso, è proprio la nostra componente razionale

che ci sabota, impedendoci di credere in qualcosa, magari usando come

riferimenti per la conferma, il fatto che se non c'è ancora riuscito nessuno, è

solo perché risulta impossibile per chiunque.

Tra le fonti delle Credenze l'ambiente è senza dubbio una delle fonti più

efficaci, anche se drammaticamente al di fuori del controllo dell'individuo:

basti pensare alla difficile e critica situazione che vive oggi la nostra

nazione. Quanto ci influenza l'umore collettivo, la reazione dell'ambiente

che ci circonda? E che sensazione provate quando, ovunque voi siate, in

autobus, come nell'ufficio dove lavorate, sentite solo lamenti, imprecazioni,

affermazioni di sconfitta e disperazione?

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È proprio nell'ambiente che, come afferma A. Robbins, "i cicli di successo

che genera successo, e fallimento che genera fallimento si svolgono nella

maniera più inesorabile". Purtroppo vedere, sentire e provare

quotidianamente sentimenti negativi, che vanno dalla disperazione alla

paura di non farcela, dalla disfatta assoluta al senso d'impotenza, non

aiuterà sicuramente l'Italia a darsi forza, a ritrovare il coraggio per reagire e

costruire di nuovo la ricchezza ed il benessere di cui abbiamo goduto sino

a pochi anni fa.

Riflettete per un attimo sull'influenza e sulla responsabilità dei mass media

nella situazione attuale: come ci si sente dopo aver seguito

consecutivamente due o tre telegiornali, in cui i giornalisti si contendono il

primo posto per la notizia più drammatica e tragica, cercando addirittura di

mandare in onda le immagini più scioccanti e tristi reperibili sul luogo delle

sciagure? Il problema è che le immagini che vediamo s'imprimono nelle

nostre retine, la voce solenne e drammatica dei giornalisti riecheggia nelle

nostre orecchie, rammentandoci che il deficit aumenta di centinaia di

milioni ogni ora che passa, giungendo addirittura a costruire delle

statistiche assolutamente poco incoraggianti, come quella del calcolo dei

milioni di debito che graverebbero sulla testa di ogni italiano, anche se

appena nato, per il semplice fatto di essere cittadino di una nazione con un

deficit spaventoso.

Ora non stiamo affatto dicendo che il giornalismo italiano sia cinico o

pessimista, piuttosto reclamiamo l'importanza di messaggi positivi e

motivanti, accanto alle notizie di cronaca che, benché drammatiche, gli

organi di stampa hanno il dovere di diffondere.

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In questo momento i nostri sforzi personali sono diretti anche verso questo

ambizioso obiettivo: diffondere negli ambienti in cui operiamo, Credenze

positive tipo "ce la possiamo fare, rimbocchiamoci le maniche invece di

lamentarci tutto il giorno!".

Ma come eventi, azioni ed ambiente influenzano e modificano

costantemente il nostro sistema di Credenze?

Per rispondere è necessario introdurre il concetto di "elementi costitutivi"

delle Credenze.

Prendiamo ad esempio la Credenza molto diffusa nei rapporti sociali,

secondo cui "aprirsi troppo nei confronti del prossimo è pericoloso". Per

dare la forza necessaria a questa Credenza sono necessari degli elementi

costitutivi di riferimento, che potrebbero essere, ad esempio, un consiglio

datovi dai genitori, un’ esperienza vissuta in prima persona da voi, o

semplicemente la certezza che il vostro migliore amico ha vissuto

un'esperienza molto negativa, a livello sociale, perché si "è aperto" troppo.

Naturalmente questi elementi costitutivi di riferimento possono essere reali,

e provenire quindi da esperienze o eventi realmente accaduti, oppure

semplicemente immaginati e supposti, ma sono sempre ricollegabili, in

varia misura, alle tre fonti di cui abbiamo parlato in precedenza. Possiamo

ricavarne dall'ambiente che ci circonda, dalle azioni che intraprendiamo, e

quindi dai risultati che otteniamo, oppure dagli eventi che accadono

intorno a noi. La verità è che sarà sempre la nostra soggettività a fornirci

comunque l'interpretazione finale, come nei casi in cui lo stesso evento,

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vissuto da più persone, genera in alcuni Credenze potenzianti, in altri

assolutamente negative, in altri ancora non arriva a generare nessuna

Credenza nuova, magari rafforzandone alcune preesistenti.

Inutile ricordare che Credenze come quella dell'esempio e Credenze

opposte sono ugualmente vere (o false); nessuna delle due può essere

definita in assoluto come vera, poiché quello che conta, nel sistema delle

Credenze, è la funzionalità, l'efficacia e l'attitudine a produrre i risultati

adeguati.

Ad esempio la Credenza "senza l'aiuto di qualcuno non si può riuscire

nell'attività imprenditoriale" non può essere sottoposta al controllo vero/

falso, poiché non ci sarebbero prove a sostegno, se non le Credenze stesse

di chi dovesse cimentarsi nella soluzione del quesito. Quanto pensate che

possa essere funzionale una siffatta Credenza nella vita di un giovane che,

senza capitale, decida di affacciarsi all'attività imprenditoriale?

Probabilmente trascorrerà più tempo a cercare l'aiuto di qualcuno,

piuttosto che a studiare i modi e le strade per raggiungere i propri obiettivi

senza l'aiuto esterno! Di contro la Credenza "non ho bisogno di nessuno

per raggiungere i miei obiettivi" produrrebbe risultati disastrosi se fosse

condivisa dal capitano di un team, di qualsiasi natura, dove si rivelerebbe

più efficace la famosissima Credenza "l'unione fa' la forza!". È rimasto

famoso, nella storia dell'atletica americana, il caso di Roger Bannister che,

nel 1954, distrusse, spazzandola via, una Credenza ritenuta ormai assoluta

e condivisa dall'intero settore agonistico. Si riteneva infatti umanamente

impossibile percorrere di corsa un miglio in un tempo inferiore ai quattro

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minuti. Dopo che Bannister riuscì a compiere l'impresa, un nutrito numero

di atleti eguagliò il suo record, coprendo la stessa distanza in meno di 4

minuti. La cosa più curiosa fu che, due anni dopo centinaia di atleti

riuscirono a fare lo stesso.

Cosa era accaduto dunque al limite assoluto ed insuperabile?

Semplicemente la Credenza, una volta smontata da un'atleta che era

riuscito da solo a spazzarla via e sostituirla con una più costruttiva, aveva

perso gli elementi costitutivi di riferimento, perdendo quindi la forza

necessaria per renderla degna del nome di Credenza. Potremmo dire che

l'ambiente e gli eventi accaduti innanzi agli occhi di tutti gli atleti

statunitensi, dopo aver degradato la vecchia Credenza al rango di semplice

opinione, finirono per rendere stabile la nuova Credenza "si può fare".

Credenze e motivazione

Prima di passare all'azione, e concentrare quindi la nostra attenzione sulle

strategie motivazionali, è importante verificare quale sia il nostro attuale

sistema di Credenze, in modo da verificare immediatamente la

compatibilità tra Credenze sottostanti e tecniche.

Infatti nessuna strategia o metodologia potrebbe attecchire e funzionare in

modo efficace se dovesse "scontrarsi" con Credenze tipo "la motivazione

non può essere controllata, poiché deve essere spontanea" o peggio "è

meglio non essere motivati, per evitare eventuali delusioni" (tipica Credenza

del pessimista secondo il quale se non ti aspetti nulla di buono dalla vita,

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tutto ciò che dovesse accaderti sarebbe una stupenda sorpresa, mentre gli

eventi negativi, poiché già previsti, non causerebbero così grandi

delusioni).

È questo uno dei motivi per cui le Credenze, insieme ai Valori ed ai Criteri

(che approfondiremo nelle pagine seguenti), rappresentano il sistema

"filtrante personale", attraverso cui filtriamo la realtà, i nostri pensieri, gli

eventi esterni ecc.

VALORI & CRITERI

Dopo aver approfondito le Credenze, è la volta dell'analisi dei Valori,

giudici interni sempre pronti a ricordarci ciò che è più importante per noi, e

dei Criteri, regole concrete da rispettare per soddisfare ed accontentare i

Valori stessi.

Per quale motivo non vi procurate il cibo semplicemente rubandolo qua e

là? Perché essendo il nostro sistema filtrante un sistema complesso, esso è

composto da più "filtri", aventi ognuno funzioni e modalità diverse.

Cerchiamo ora di ben comprendere questi “filtri”.

I Valori cosa sono?

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Le Credenze, di cui abbiamo parlato, rappresentano sicuramente uno di tali

elementi filtranti, ma non sono sufficienti da sole a filtrare la ricchezza delle

esperienze, dicendoci cosa fare e come comportarci in ogni momento.

Pertanto, se queste ultime ci danno informazioni su "ciò che è vero o falso",

i Valori, protagonisti di questo capitolo, ci dicono "cosa è importante per

noi", fornendoci ulteriori input emotivi.

Pensate per un attimo ad un motore in movimento, in cui tutte le parti

devono necessariamente essere in completa sintonia, muovendosi in

maniera sinergica, dirette tutti verso un medesimo fine, che è quello di

generare energia propulsiva. Un motore in cui uno dei pistoni si muovesse

in maniera antagonista rispetto agli altri, non riuscirebbe certo a sviluppare

la potenza necessaria, o addirittura si bloccherebbe immediatamente, a

causa del "conflitto" interno tra le parti: questo è quello che può accadere

anche al nostro sistema personale filtrante, quando le Credenze o i Valori

sono in conflitto le une con gli altri, o tra loro.

Ma cosa sono dunque i Valori ?

Essi rappresentano quegli impulsi grazie ai quali siamo spinti in direzione

di qualcosa o motivati ad allontanarci da qualcos'altro; a livello linguistico i

Valori assumono la forma delle nominalizzazioni (la nominalizzazione è quel

processo di trasformazione linguistica, come per la generalizzazione delle

Credenze, attraverso il quale un’azione con un processo dinamico, avente

un inizio ed una fine, viene cristallizzata in una parola che contenga l'intero

processo, come nel caso in cui l'atto del "decidere" diviene la "decisione").

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Tali energie propulsive, in grado di motivarci a consumare delle risorse o

motivarci a procurarne di nuove, sono all'origine di tutto il comportamento

umano, costituendone le basi "giustificative". Malgrado una simile

importanza, essi giacciono per lo più in uno stato di limbo, sospesi tra la

coscienza e l'incoscienza dell'individuo, e, nei livelli più profondi, guidano

le persone in direzione degli scopi più profondi, che le coinvolgono come

esseri umani. Essi sono stati, nelle varie epoche storiche, la giustificazione

per pregiudizi o conflitti, o semplicemente la causa di semplici equivoci

della comunicazione. Ma quali sono le loro funzioni all'interno del

complesso sistema filtrante personale?

Innanzitutto i Valori ci danno la spinta, l'energia propellente per compiere

questa o quell'altra azione, fornendocene la motivazione principale

sottostante. Per capire questo semplice concetto chiedetevi il perché avete

deciso di fare il lavoro che fate, o perché avete preferito un lavoro part time

ad un lavoro più ambizioso ma con minor tempo a disposizione, o ancora,

perché riuscite a seguire o meno una rigida dieta dimagrante. Scoprirete

così che dietro ogni scelta, ogni azione, ogni comportamento, si cela la

spinta propulsiva di un Valore in particolare, come il successo, la famiglia, il

denaro, l'ambizione, la realizzazione personale e via dicendo I Valori

conservano anche un'altra importante funzione complementare: ci

permettono di valutare fatti e/o azioni, esprimendone il relativo giudizio.

Sono cioè gli strumenti attraverso cui arriviamo a stabilire ciò che è bene e

ciò che è male, ciò che è giusto e ciò che è ingiusto, distinguendo così ciò

che è adeguato da ciò che è inadeguato.

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I Valori riescono ad assolvere a tale funzione decine e decine di volte in una

sola giornata: pensate quante volte guardando il telegiornale,

nell’apprendere una notizia particolarmente emozionante e coinvolgente,

avete sentito nascere dentro di voi una sorta di moto di ribellione, urlando

magari dentro la vostra testa "non è giusto !!" (giustizia); oppure pensate al

momento in cui, guardando la vostra immagine riflessa nello specchio,

avete provato una sensazione negativa, avvertendo uno stato di

insoddisfazione nei confronti del vostro aspetto (bellezza esteriore), e così

via. Però non tutti i Valori hanno la stessa potenza all'interno del sistema

filtrante personale: vi sono infatti dei Super Valori, che definiremo Top

Valori, che hanno direttamente a che fare con la nostra identità, con il senso

stesso che attribuiamo inconsciamente o meno alla nostra esistenza. Tali

Top Valori, creatisi molto spesso, come vedremo in seguito, grazie

all'influenza dei nostri genitori durante le fasi della crescita, dall'infanzia

all'adolescenza, sono molto più pregnanti dei Valori normali, ed hanno una

piccola superficie visibile, che giunge alla nostra consapevolezza, mentre la

parte più ampia giace invisibile nel mare dell'incoscienza, come se si

trattasse di un iceberg. Secondo le teorie più recenti in tema di Valori, essi

forniscono le basi stesse della nostra personalità, soprattutto se uniti con le

Credenze più solide, simili a dei veri e propri Vangeli personali.

Per comprendere appieno sia gli uni che gli altri è necessario soffermarci

sul modo attraverso il quale gli stessi Valori e Top Valori si formano nel

nostro sistema filtrante.

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I valori come nascono?

Cosa avete fatto nell'età compresa tra 0 e 21 anni? Come avete capito che

uccidere un proprio simile a sangue freddo non è bene, e che la famiglia e

l'amicizia sono elementi essenziali nella vostra vita? Da dove viene quel

senso di religiosità che spinge molti di noi verso questa o quella religione,

spesso dovendo rinunciare, per praticare, alle iniziative della domenica?

Uno studioso di Valori, il sociologo americano M. Massey, nel tentativo di

rispondere a questi ed altri quesiti simili, ha elaborato la teoria dei tre livelli

di sviluppo e formazione dei Valori, ricollegabili ai diversi passaggi da un

età all'altra. I tre livelli sono :

1. il periodo dell'Imprinting 0-7 anni

2. il periodo del Modellamento 8-13 anni

3. il periodo della Socializzazione.

1) Nel primo di essi, che va da 0 anni fino all'età di 7 anni, può essere

spiegato immaginando una grande e soffice spugna: nei primissimi anni di

età noi registriamo ed immettiamo nel nostro cervello tutto ciò che accade

nell'ambiente circostante, gettando così le basi per la nostra successiva

elaborazione.

Il fattore più scomodo di un simile miracoloso meccanismo sta però nella

larga componente inconscia, che ci impedisce di avere, negli anni

successivi, ricordi utili di questa fase 2) Giunti all'età di 8 anni entriamo nel

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periodo del modellamento, che si chiuderà solo al 13°esimo anno d'età,

arco temporale durante il quale iniziamo a divenire consapevoli del

modellamento dell'altrui comportamento: a questo punto gli adolescenti

acquisiscono coscienza del fatto che il mondo è popolato da altri esseri

umani, diversi tra loro, al punto da accorgersi che anche i genitori, il cui

comportamento sembrava ugualmente importante, presentano delle

sostanziali differenze. Iniziano così le scelte, finché, dopo i 10 anni, la

maggior parte dei fanciulli dimostra di aver scelto uno o più eroi,

decidendo quale tra gli amici, o tra i genitori, o tra i parenti può assumere

in maniera adeguata tale ruolo. Pensate ad esempio per un attimo alla

facilità con cui in questo periodo gli adolescenti tendono a creare ed

idolatrare dei miti viventi, dal gruppo rock o pop, all'attore forte e

muscoloso, dal cantante incantevole al supereroe dei fumetti. Quanti

adolescenti hanno pianto, urlato di gioia di fronte all'immagine di un loro

idolo in concerto? E quanti hanno tentato, di conseguenza, di assomigliare

il più possibile ai loro beniamini, vestendosi alla stessa maniera,

comportandosi in modo similare e in alcuni casi addirittura parlando con le

stesse cadenze e caratteristiche. Naturalmente è un momento molto

delicato nello sviluppo e nella formazione dei Valori che avranno il compito

di guidare e filtrare tutte le azioni presenti e future. Di quali Valori si saranno

nutriti gli adolescenti che hanno scelto miti della canzone, che narrano nei

concerti il piacere ed il godimento di una vita spericolata, fatta di alcol,

droga, disordine e menefreghismo, arrivando a far sembrare eroici

personaggi gli emarginati della società? Il pericolo più grande si cela nel

fatto che in una simile fase sussiste della consapevolezza che, se da un lato

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può "opporsi" agli altri Valori sani già installati, dall'altro può spingere

l’adolescente a "difendere" coscientemente il Valore acquisito, convinto in

buona fede delle sue basi sane.

3) Nell'età compresa tra i 14 ed 21 anni viviamo, invece, il periodo della

Socializzazione, caratterizzato dal maggior peso che l'interazione sociale

esplica sulla vita dell'individuo. In questa fase i neoadulti iniziano a

"raccogliere" e formare valori collegati alla vita sociale nonché alle

relazioni, più o meno intense, che in essa si formano. Secondo la teoria di

Massey, giunti all'età di 21 anni i nostri Valori più pregnanti, i Top Valori,

raggiungono una notevole stabilità: da questo momento in poi solo una

significativa esperienza emotiva, o meglio un vero e proprio shock psichico,

potrà modificare l'assetto, e la gerarchia dei Valori siffatta. Al contrario i

Valori più superficiali, e quindi più controllabili a livello cosciente, potranno

essere modificati, proseguendo verso una evoluzione costante. Alla luce

dei tre periodi di Massey, è però quanto mai utile mettere maggiormente a

fuoco quelle che sono le vere e proprie sorgenti dei Valori, a prescindere

dall’intensità degli stessi. Come per le Credenze, anche per i Valori, (che

potrebbero del resto essere assimilati a Credenze il cui contenuto è

rappresentato da ciò che è maggiormente importante per noi), l'analisi si

snoda attraverso tre diversi elementi, che sono:

1. gli eventi accaduti

2. l'ambiente (famiglia, amici, parenti, eroi, ecc.)

3. le azioni, con l'esito conseguente

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In realtà molto spesso la sorgente è data dall'effetto congiunto di più fonti.

È molto importante tenere in considerazione alcuni degli elementi legati

all'ambiente circostante, come la chiesa, la scuola, il luogo, il paese, la città

e lo stato dove si vive o si è trascorsa la parte della crescita più critica:

molto spesso, infatti, alcuni degli elementi costitutivi di riferimento

affondano le radici proprio nel rapporto osmotico instauratosi interagendo

con tali sub-ambienti.

IN SINTESI

LE CREDENZE

Definizione: “ciò in cui ognuno di noi crede, vero o falso che sia”

Esempi: “La Finanza è solo questione di fortuna!”, “in Borsa tutti si fanno

male prima o poi”

Antidoti nei confronti delle sole Credenze chiuse: “Cosa le ha permesso di

essere così sicuro che …? “Cosa è accaduto per darle tale certezza…?

I VALORI

Definizione: “ciò che ognuno di noi ritiene più importante”

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Esempi: “Sicurezza, solidità, trasparenza, correttezza professionale, onestà

nel servizio…”

Domande per estrarre i Valori: “Cosa è più importante per Lei quando si

affida ad un consulente?” “Cosa ritiene dia più importante nella gestione di

suoi risparmi?”

I CRITERI

Definizione: “Le cose che devono in concreto esserci affinché un certo

Valore sia davvero soddisfatto”

Esempio di criteri per il valore Affidabilità: “Un’azienda deve dimostrare di

essere presente sul mercato da almeno 5 anni e deve dare prova di avere

una copertura del territorio tale da far capire quanto sia affidabile l’intera

organizzazione”

Domande per estrarre i Criteri: “Cosa deve esserci in un’azienda affinché

Lei si senta realmente ……….?” “Cosa deve concretamente avvenire

affinché il suo Valore………..o dell’azienda sia pienamente soddisfatto?

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Conclusioni

Il percorso della PNL parte dalle nostre abilità abituali, che scompone e di

cui ricerca la struttura; in questo senso promette la scoperta dell’esperienza

propria ed altrui. Si inizia con l’apprendere una quantità sufficiente di

tecniche che permettano di rileggere e ridefinire le modalità comunicative

possedute, per poi elevarne il livello e renderle più eleganti. In effetti la PNL

può essere considerata più una mentalità che un approccio e porta a

sviluppare l’acutezza sensoriale, la flessibilità e la creatività. Però non sono

tanto le tecniche a renderci efficaci, quanto piuttosto il modo in cui le

usiamo. Spesso abbiamo bisogno di soluzioni e siamo portati ad affidarci

immediatamente alle tecniche: tuttavia, la sola tecnica di per sé non ha

senso e non risulta efficace se non è collegata alla persona con cui ci

relazioniamo. Più che diventare bravi ripetitori, contano la mentalità ed il

modo in cui impersoniamo le tecniche.

Lo studio dell’esperienza soggettiva è strettamente connesso al concetto di

risorsa. Ogni scelta che compiamo è la migliore possibile in quel

momento, ma se una scelta che ha funzionato in passato ora non funziona

più, occorre abbandonarla ed attivare altre risorse. Questo percorso

comprende anche il fatto di ricordare come abbiamo ottenuto un risultato

eccellente e riconoscerne gli stati emotivi; l’attenzione non è rivolta al

contenuto, ma ancora una volta alla struttura, al processo e allo stato

interno che la compenetra. Molto di ciò a cui crediamo di reagire è il

contenuto: vale a dire che in una comunicazione crediamo di reagire

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soprattutto a ciò che viene detto. Ma tutta l’evidenza dimostra che la nostra

reazione è diretta più a quello che viene chiamato processo: reagiamo,

cioè, al contesto relazionale all’interno del quale viene emesso il contenuto.

La comunicazione ci insegna che il processo è in gran parte determinato

dal non verbale: per processare le informazioni a questo livello

dell’interazione, occorre che esercitiamo un atteggiamento di osservazione,

che possiamo chiamare metodologia.

La programmazione neurolinguistica, può essere definita anche come

l’analisi collettiva di tale metodologia.

La metodologia include aspetti che riguardano la chiarezza e la

descrivibilità di ciò che notiamo, la distinzione tra mappa e territorio e la

possibilità di definire dei modelli sulla base delle informazioni, in modo da

raggiungere certi obiettivi o completare determinati compiti. Grazie al suo

corpus di metodologie, la PNL può offrire una cornice strutturale all’interno

della quale collocare una nuova visione della realtà.

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BIBLIOGRAFIA

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