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a cura diCaterina Caneva

Museo del Tesorodi Santa Mariadell’ImprunetaGuida alla visita del museoe alla scoperta del territorio

EdizioniPolistampa

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Museo del Tesoro di Santa Maria dell’Impruneta

Ente promotore / Promoted by Ente Cassa di Risparmio di Firenze

In collaborazione con / In collaboration withSoprintendenza Speciale per il Polo Museale FiorentinoSoprintendenza per il Patrimonio Storico, Artistico ed Etnoantropologico per le province

di Firenze, Prato e PistoiaSoprintendenza per i Beni Architettonici e per il Paesaggio per le province di Firenze, Prato

e PistoiaOpificio delle Pietre Dure di Firenze Comune di Greve in ChiantiComune di ImprunetaComune di Tavarnelle Val di PesaRegione ToscanaProvincia di Firenze

Comitato scientifico / Scientific committeePresidente: Antonio PaolucciCristina Acidini Luchinat, Caterina Caneva, Rosanna Caterina Proto Pisani, Paolo Galluzzi,

Paola Grifoni, Carla Guiducci Bonanni, Leonardo Rombai, Bruno Santi, Maria Sframeli,Renato Stopani, Timothy Verdon

Progetto e cura scientifica / Project and scientific supervisionCristina Acidini Luchinat, Caterina Caneva, Rosanna Caterina Proto Pisani, Leonardo

Rombai, Renato Stopani, Timothy Verdon

Testi di / Texts byCaterina Caneva, Rosanna Caterina Proto Pisani

Itinerari a cura di / Itineraries byMaria Pilar Lebole, Renato Stopani, Benedetta Zini

Glossario a cura di / Glossary byValentina Tiracorrendo

Musei del Territorio: l’Anello d’oroMuseums of the Territory: The Golden Ring

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Coordinamento redazionale / Editorial coordination Lucia Mannini

Traduzioni per l’inglese / English translationEnglish Workshop

Collaborazione alla schedatura delle opere / Collaboration on the drafting of the works of art cardsFrancesca Pisani

Immagine coordinata / Image coordinationRovaiweber design

Progetto grafico / Graphic projectPolistampa

Referenze fotografiche / PhotographyOfficine Fotografiche, FirenzeStudio fotografico Tosi, FirenzeArchivio fotografico Renato StopaniArchivio fotografico Andrea UliviFoto Lebole-ZiniFoto Consorzio Chianti Classico

www.piccoligrandimusei.it

© 2005 EDIZIONI POLISTAMPA

Sede legale: Via Santa Maria, 27/r - 50125 Firenze - Tel. 055.233.7702Stabilimento: Via Livorno, 8/31 - 50142 FirenzeTel. 055.7326.272 - Fax 055.7377.428http://www.polistampa.com

ISBN 88-8304-954-3

In copertina:Antonio di Salvi, Pace con l’Assunta e il Cristo in pietà1515, argento

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N el 1986 veniva realizzato a San Martino a Ganga-landi il primo museo di arte sacra nel quale la col-

laborazione tra enti locali, autorità ecclesiastiche e orga-ni dello Stato preposti alla tutela trovava quel preziosopunto di equilibrio che sarebbe diventato il fattore sa-liente di una lunga serie di analoghe iniziative cui l’En-te Cassa di Risparmio di Firenze avrebbe unito la pro-pria condivisione ed il sostegno economico.Quella data rappresentava uno dei primi segnali di in-versione di una tendenza secondo la quale, vuoi per mo-tivi logistici, vuoi per una non ancor ben affinata perce-zione della ricchezza delle risorse del territorio, si preferi-va accentrare il patrimonio d’arte delle parrocchie fora-nee in luoghi considerati più sicuri e controllabili. L’idea oggi prevalente del “museo diffuso” ribalta quellavecchia impostazione per restituire al territorio – grazieanche all’introduzione delle nuove tecnologie che aiuta-no a migliorare le esigenze della sicurezza – ciò che erastato prudentemente sottratto all’attenzione del pubblicoe alla pietas popolare.Il Museo del Tesoro della basilica di Santa Maria di Im-pruneta fa parte di una fortunata serie di centri espositi-vi che oggi può contare su di uno strumento in più, volu-to e promosso dall’Ente Cassa di Risparmio, ma realizza-to grazie anche alla partecipazione degli altri soggetti isti-tuzionali, ossia il progetto Piccoli Grandi Musei, un si-stema di comunicazione integrato che si avvale di un por-tale internet (www.piccoligrandimusei.it), di mostre or-

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Presentazione

EdoardoSperanzaPresidentedell’Ente Cassa di Risparmio di Firenze

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8edoardo speranza

ganizzate periodicamente nelle località interessate dalprogetto e di piccole guide a stampa dei musei coinvolti. La presente guida del museo di Impruneta si inserisce inquesto contesto ed è volta, nello spirito del progetto Pic-coli Grandi Musei, a far meglio conoscere e apprezzarequesta bella realtà del nostro territorio.L’Ente Cassa di Risparmio di Firenze ha finanziato, ne-gli ultimi anni, anche importanti lavori di restauro alcomplesso della basilica di Impruneta che hanno riguar-dato le strutture architettoniche e, in particolare, il cam-panile. Ha inoltre rinnovato l’arredo espositivo del mu-seo aggiornandolo rispetto alle ultime soluzioni tecnichee secondo i più recenti criteri di ordinamento scientifico.

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ATavarnelle Val di Pesa, nella raccolta vicariale di SanPietro a Bossolo, la Madre di Dio ci guarda regale e

infinitamente malinconica. La Regina del Cielo sa chequel bambino che stringe al petto le sarà tolto per la sal-vezza degli uomini. L’autore di questa tavola dipinta, al-ta 98 cm e larga 75, è Meliore, ultimo alfiere in Occiden-te della civiltà bizantina. Il tempo di esecuzione è circal’anno 1270, quando Firenze era un fulvo dado di pietrairto di torri circondato di boschi e paludi e ancora nonc’erano né Palazzo Vecchio né la cupola di Santa Mariadel Fiore. Santa Maria di Impruneta, insigne basilica, santuariomariano caro da almeno seicento anni ai fiorentini. L’i-cona miracolosa, che la tradizione leggendaria dice ese-guita dall’evangelista Luca, è collocata nel tempietto cheMichelozzo e Luca della Robbia hanno allestito per Lei.La Madonna di Impruneta è una Signora che conosce isuoi poteri e sa di essere l’infrangibile scudo di un popoloe di una nazione. E infatti la Vergine di Impruneta è sta-ta designata, per pronunciamento popolare, regina re-pubblicana di Firenze. E ogni volta con gran concorso dipopolo, riti solennissimi, suppliche e voti di autorità. L’ul-timo evento politico che vide protagonista la Vergine diImpruneta risale a tempi relativamente recenti. Nell’e-state del 1944, nei giorni della ritirata tedesca e della guer-ra civile, l’immagine della Madonna, rimasta incolumenel suo altare devastato, era stata portata via dalla chie-sa e trasferita a Firenze dentro una ambulanza della Mi-

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Prefazione

AntonioPaolucciDirettoreregionale per iBeni culturali e paesaggisticidella Toscana

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10antonio paolucci

sericordia. Tre anni più tardi, dopo una accurata revi-sione curata dal laboratorio di Restauro della Soprinten-denza, la venerabile icona tornava processionalmente aImpruneta. Almeno 50.000 persone si raccolsero in piaz-za Pitti da dove partì il grandioso corteo e in diecimilaseguirono la processione fino al santuario. Come nei tem-pi antichi la Madonna stava su un carro infiorato trai-nato dai buoi, scortato da carabinieri a cavallo, seguitodal clero, dalle autorità, dal popolo salmodiante. Attra-verso la città e la campagna ancora segnata dalle cicatri-ci della guerra, si ripeterono le scene di devozione e di fer-vore dei secoli passati. A peste fame et bello libera nosDomine: l’antica preghiera del popolo cristiano era sta-ta esaudita. Forse – sarà sembrato ai più – non senza l’in-tercessione della Madre Misericordiosa.È naturale che intorno alla Vergine di Impruneta si sia-no raccolti nei secoli straordinari tesori d’arte: codici mi-niati, argenti e smalti preziosi, ex voto di principi e digranduchi, stoffe liturgiche di tale rarità e splendore chele diresti degne della Corte del Paradiso.Greve in Chianti, ospizio di San Francesco, posto sullastrada per Montefioralle a dominare la piazza della ca-pitale chiantigiana.Abbiamo visto a Tavarnelle Val di Pesa la Madonna Ma-dre di Dio, luogo del Verbo che si è fatto Carne, vertigi-noso mistero teologico. A Impruneta, nel santuario che lacelebra e nel museo che testimonia la devozione del suopopolo, la Madonna è la Regina, è lo scudo infrangibile,la Protettrice forte e misericordiosa. È il palladio di Fi-renze e della Toscana.A Greve in Chianti, nel museo che raccoglie le testimo-nianze religiose del capoluogo e del territorio, la Madon-na si presenta a noi nella iconografia della Madre Dolo-rosa. È la Donna che, nel gruppo plastico di Baccio daMontelupo in terracotta invetriata e policroma raffigu-

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rante il Compianto sul Cristo morto, rappresenta il do-lore di tutte le donne, in ogni tempo.Tre iconografie della Vergine, tre rappresentazioni del suoruolo nella storia della salvezza, in tre musei di arte sa-cra della provincia fiorentina che in questo otto settembre(festa memoriale della Natività di Maria) abbiamo vo-luto fornire di speciale visibilità.Gli amici che hanno lavorato all’impresa (Cristina Aci-dini e Bruno Santi con Caterina Caneva, Rosanna Cate-rina Proto Pisani, Maria Sframeli) e l’Ente Cassa di Ri-sparmio che l’ha voluta e finanziata (Edoardo Speranzacon Marcella Antonini e Barbara Tosti) avrebbero potu-to scegliere altri musei di arte sacra. Fra i tanti che popo-lano la provincia fiorentina (da Vicchio di Mugello aMontespertoli, da Lastra a Signa a Castelfiorentino, daSan Donnino a Certaldo) e che hanno visto la luce gra-zie ai generosi finanziamenti del nostro istituto banca-rio, abbiamo scelto questi tre perché ci sono sembrati par-ticolarmente significativi sia della storia religiosa che del-la storia dell’arte e della civiltà in terra fiorentina e to-scana. Le guide che le mie righe introducono illustrano itesori d’arte conservati nei musei vicariali di Impruneta,di Greve e di Tavarnelle. Sappia tuttavia il visitatore chequello che i libri illustrano e i suoi occhi potranno ammi-rare, non è che la minima parte della Bellezza che l’Artee la Fede hanno ovunque distribuito sotto il nostro cielo.

11prefazione

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C hi vuole usufruire di un panorama compiuto dell’artesorta e diffusasi nella terra toscana, scandito dalle per-

sonalità più rilevanti di una produzione figurativa cheha reso questa regione tra le più note, frequentate e am-mirate del mondo, può e deve indirizzarsi verso i museipiù rappresentativi delle sue città d’arte: a Firenze gli Uf-fizi, la Galleria dell’Accademia (e certo non solo per ilDavid), le varie collezioni di palazzo Pitti; la Pinacote-ca nazionale a Siena; il Museo di Villa Guinigi a Lucca;il Museo di San Matteo a Pisa.In questi luoghi potrà avere un’idea esauriente di quelloche hanno significato per la vicenda artistica italiana lescuole locali toscane, dalle origini fino ai giorni nostri:dalle Madonne romaniche o romanico-bizantine fino aOttone Rosai, per sintetizzare banalmente un’esperienzaartistica plurisecolare.Ma la Toscana presenta anche una rete fitta e diffusa di“piccoli” musei di arte sacra, ubicati in luoghi dalle ca-ratteristiche più svariate e che raccolgono opere che for-zatamente – per ragioni di sicurezza e conservazione operché non più rispondenti agli scopi per cui erano stateeseguite – hanno abbandonato le loro sedi di origine.Sono antiche canoniche, stanze di èremi e conventi, in-terni di oratori adibiti attualmente all’esposizione di im-magini di carattere religioso o di oggetti di culto, alcunidi notevolissimo interesse.Essi – i “piccoli” musei, intendo – riscattano, con la loropresenza testimone di una produttività artistica sciama-

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Piccoli grandi musei: una risorsaculturale diffusa in terra toscana

Bruno SantiSoprintendenteper ilPatrimoniostorico,artistico edetnoantropolo-gico delleprovince di Firenze,Pistoia e Prato

Il tempiettodove èconservata la Madonnad’Imprunetaall’interno della basilica

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14bruno santi

ta dai centri maggiori fino alle più remote frazioni rura-li e collinari, la perdita irrimediabile di una valenza in-dispensabile per la comprensione completa di un’operad’arte eseguita per devozione: il rapporto stretto con l’am-biente per cui fu realizzata.Grazie alla collaborazione tra gli enti locali, le proprietàecclesiastiche, le soprintendenze e gli istituti finanziari,la provincia di Firenze ha assistito negli ultimi anni alrinnovamento di antichi musei o raccolte d’arte sacra neiluoghi prossimi al capoluogo: Impruneta, San Casciano,Montespertoli, Tavarnelle, Greve, Certaldo, Castelfio-rentino, Lastra a Signa e altri: centri dalla storia seco-lare, dalle presenze monumentali e artistiche di prima-rio interesse, hanno visto aggiornarsi e arricchirsi il pa-trimonio che già possedevano, lo hanno visto valorizza-to e illustrato appropriatamente da veri e propri catalo-ghi scientifici, che han preso forma grazie a un’istituzio-ne benemerita come gli Amici dei Musei, a cui tanto de-ve la diffusione della conoscenza del patrimonio cultu-rale locale, in una collana di indubbio rigore di conte-nuto e di singolare eleganza editoriale: la Biblioteca del-lo “Studiolo”.Ora – grazie ancora all’impegno dei funzionari delle so-printendenze e alla disponibilità dell’Ente Cassa di Ri-sparmio – su tre dei musei che abbiamo testé rammenta-to si è rivolta l’attenzione delle istituzioni interessate perrivitalizzarne la presenza, per una valorizzazione chepossa ancora meglio attrarre quel pubblico che già da tem-po non si ferma soltanto nelle grandi città d’arte, ma vuo-le approfondire la conoscenza territoriale rivolgendosi an-che ai centri periferici, per scoprirne i patrimoni cultu-rali, la vicenda storica e comunitaria, di cui proprio que-sti musei sono l’espressione più immediata e comprensibi-le, proprio perché affidata alla visività.È nata così questa iniziativa, dal significativo titolo ap-

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punto di Piccoli grandi musei, affidata nella sua realiz-zazione a due profonde conoscitrici del patrimonio arti-stico presente nel territorio provinciale fiorentino, Cate-rina Caneva e Rosanna Caterina Proto Pisani, funzio-narie di soprintendenza ma anche – come è nella tradi-zione degli uffici di tutela – ricercatrici e studiose del pa-trimonio artistico loro affidato, che, con la cooperazionedel gruppo operativo dell’Ente, hanno aggiornato i crite-ri espositivi dei musei di Impruneta, di Tavarnelle Val diPesa e di Greve in Chianti e hanno preparato agili guidecon cui avvicinarsi in piena sintonia al patrimonio colàesposto.Credo che la presidenza dell’Ente Cassa, la Diocesi fio-rentina, detentrice della massima parte dei beni espostinei musei che si sono indicati, gli enti locali ospitanti, laDirezione regionale toscana dei beni culturali e paesag-gistici con il suo direttore (ed ex ministro, nonché impa-reggiabile conoscitore e sostenitore del patrimonio artisti-co territoriale, Antonio Paolucci), possano a buona ra-gione esprimere consapevole soddisfazione per questa ini-ziativa da loro voluta e organizzata, così come la “nuo-va” Soprintendenza per il Patrimonio storico-artistico (inrealtà erede delle storiche Soprintendenze alle Gallerie eai Beni artistici e storici), vede con soddisfazione realiz-zarsi – in mezzo all’impietosa realtà presente per la con-servazione del patrimonio culturale nazionale – ulterio-ri, adeguati strumenti di salvaguardia e conoscenza di untessuto connettivo d’arte che attesta ancora quelli che so-no stati la vitalità, la creatività e l’ingegno della popola-zione toscana.

15piccoli grandi musei

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IlTesorodi Santa Maria

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A Impruneta, piccolo nucleo urbano a poche migliadalla città, sulle colline intorno a Firenze, si tro-

va un museo di particolare importanza per la prezio-sità delle opere custodite: il Tesoro di Santa Maria del-l’Impruneta. Il museo, infatti, collocato negli ambien-ti adiacenti alla basilica, ospita i doni elargiti nel cor-so dei secoli alla celeberrima immagine della Verginedi Impruneta, alla quale è dedicato uno dei santuarimariani più famosi di tutta la Toscana. A quest’immagine è legata un’antichissima e suggestivatradizione, che narra come la sacra Immagine, dipintadall’evangelista Luca, quindi non dipinta da mano uma-na (anche se l’immagine che si venera attualmente fuquasi totalmente ridipinta da Ignazio Hugford nel1758), venne portata in Toscana da san Romolo. A se-guito delle persecuzioni, i seguaci del santo seppelliro-no l’immagine per nasconderla in prunetis, da cui sa-rebbe derivata l’etimologia del nome di Impruneta.Solo molti anni dopo si pensò di costruire un tempiodedicato alla Vergine sul monte delle Sante Marie, male mura costruite durante il giorno si disfacevano du-rante la notte, dichiarando che non era quello il luo-go adatto per l’erezione della chiesa. Si decise allora –su consiglio dell’eremita di Bifonica – di affidare la scel-ta del luogo a una specie di giudizio divino, caricandole pietre delle mura su un carro tirato da buoi: laddo-ve i buoi si fossero fermati, si sarebbe costruito il nuo-vo tempio dedicato alla Vergine. I buoi si inginoc-

La basilica diSanta Mariadell’Impruneta.Sotto il porticoa sinistra è l’ingresso al museo

Il Tesoro di Santa Maria

RosannaCaterinaProto Pisani

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20museo del tesoro di santa maria dell’impruneta

chiarono proprio nel punto dove sorge l’attuale basili-ca di Santa Maria e si cominciò allora a scavare per get-tare le fondamenta della nuova costruzione. Fu pro-prio allora che, a un colpo di vanga più vigoroso, si udìuna «voce languente», come racconta la cronaca delpievano Stefano Buondelmonti, e scavando si ritrovòla sacra Immagine della Vergine. Se la cronaca del pie-vano Stefano, del 1375 circa, è la prima fonte scritta del-la tradizione del ritrovamento della sacra Immagine,esiste un bassorilievo in marmo della metà del Quat-trocento che ne è la prima fonte figurativa. Il bassori-lievo, antico paliotto dell’altare della cappella della Ver-gine (prima che il Granduca Cosimo iii commissio-nasse il ricchissimo paliotto ancora posto sull’altaredella Vergine) è l’emblema del museo. Il bassorilievo,variamente attribuito a diversi celebri artisti rinasci-mentali (Luca della Robbia, Michelozzo, il Filarete),racconta in maniera piana, ma con accenti di meravi-glia e raccoglimento, il momento focale del ritrova-mento della sacra Immagine.Il rinvenimento della sacra Immagine è un raccontoche deriva certamente dalla tradizione orale e popola-re, ma come tutte le tradizioni ha una sua veridicità eun suo fondamento storico. Il collegamento della sa-cra Immagine con san Romolo, discepolo di san Pie-tro, significa rinviare il culto della Vergine di Impru-neta ai primi tempi della cristianizzazione in Toscana.La storia del disseppellimento dell’immagine rimandainoltre alla scoperta di «gran copia di idoli e di figuredi serpenti», come scriveva in pieno Quattrocento Gio-van Battista Casotti, pievano e storiografo di Santa Ma-ria dell’Impruneta, suggerendo che il luogo dove sor-ge la chiesa fosse in antico destinato a un’area sacra.Notizie certe sull’origine della chiesa risalgono solo alsecolo xi, con la più antica testimonianza rappresen-

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tata dalla lapide in marmo – murata accanto alla por-ta d’ingresso – della consacrazione avvenuta il 3 gen-naio 1060 a opera del cardinale Umberto di Selva Can-dida, legato di papa Niccolò ii. Il ritrovamento del-l’impianto romanico della chiesa, durante i lavori direstauro a seguito della distruzione dell’ultima guerra,conferma questa datazione: importanti testimonianzeromaniche dell’attuale chiesa sono la cripta, in corri-spondenza della zona centrale del presbiterio, e la tor-re campanaria.La chiesa di Santa Maria, a differenza di altri celebra-ti luoghi di culto, non nasce come santuario, ma co-me pieve, dotata di fonte battesimale e chiesa matrice,dalla quale dipendevano ben ventuno suffraganee, po-sta su una importante via di comunicazione, la CassiaImperiale, una variante della via Cassia. Verso la metà del Trecento la crisi economica che in-vestì anche il florido comune di Impruneta e la pestenera del 1348 portarono a Firenze il culto di NostraDonna. La Madonna di Impruneta venne ad affian-carsi allora alla Madonna di Orsanmichele, che pro-teggeva dalla carestia, e alla Madonna della SantissimaAnnunziata, che aveva funzioni taumaturgiche.Il culto della Vergine venne esportato così a Firenze,assumendo caratteristiche proprie e originali: alla pri-ma processione a Firenze del 1354, descritta da MatteoVillani, a seguito della peste del 1348, seguì nel corsodei secoli un numero considerevole di processioni.Fu proprio in questo periodo che la chiesa si trasformòin santuario. La ristrutturazione della chiesa sulla ba-se delle nuove esigenze adottò il modello delle chieseconventuali toscane, con pianta ad aula, raddoppian-do la superficie per accogliere il crescente numero dipellegrini, per i quali vennero costruiti anche i loggia-ti della piazza, con funzioni di ricovero. La chiesa, pur

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conservando scarse tracce gotiche, ha mantenuto neltempo l’impianto trecentesco. La presenza, durante il Quattrocento, del vescovo An-tonio degli Agli, uomo di raffinata cultura e in dime-stichezza e amicizia con Piero de’ Medici, Marsilio Fi-cino, Leon Battista Alberti, che ne fu pievano dal 1439fino all’anno della sua morte il 1477, costituì un’alter-nativa al patronato della potente famiglia dei Buon-delmonti, che di Santa Maria si considerarono semprefondatori e legittimi proprietari ex fundatione, dotatio-ne et defensione, esercitando il patronato sulla chiesa fi-no all’estinzione della famiglia nel Settecento. Tutti gliinterventi quattrocenteschi sul complesso di Santa Ma-ria dell’Impruneta sono legati alla personalità di Anto-nio degli Agli, che ne fu munifico benefattore: dall’e-dificazione di un secondo chiostro rinascimentale, chesi affiancava al chiostro del pievano Stefano, alla co-struzione di un muro di cinta che, circondando il com-plesso con torri angolari, conferiva alla chiesa l’aspettodi fortezza inespugnabile, con lo scopo di racchiuderee proteggere il sancta sanctorum, cioè i due tempiettigemelli che arricchivano l’interno della chiesa, desti-nati a custodire i simboli fondamentali della dottrinacristiana, le reliquie della Vera Croce donate dal cele-bre condottiero Pippo Spano e l’arcaica immagine ma-riana, ossia Cristo e la Vergine. I tempietti, opere en-trambe commissionate da Piero de’ Medici all’archi-tetto di famiglia Michelozzo, furono probabilmenteeretti dallo stesso Michelozzo, in «compagnia», in que-gli anni, con Luca della Robbia, che ne eseguì le deco-razioni in terracotta invetriata, con grande libertà in-ventiva, ma seguendo rigorosamente le soluzioni pro-spettate per gli interni da Leon Battista Alberti e sug-gerendo, nello studio della luce, la forte influenza delpensiero di Marsilio Ficino di derivazione platonica.

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Risalgono invece al secolo xvi la risistemazione del co-ro poligonale, legata tradizionalmente ad AndreaBuondelmonti, divenuto poi arcivescovo di Firenze, lefinestre timpanate e, alla fine dello stesso secolo, gli al-tari in pietra serena ornati poi da dipinti di pittori fio-rentini del Seicento (Domenico Passignano, Jacopo daEmpoli, Matteo Rosselli).L’acme del fervore religioso e nello stesso tempo delprofondo significato politico del culto di quest’imma-gine si raggiunse durante l’assedio di Firenze, quandola Madonna di Impruneta, che rimase a Firenze du-rante tutto il periodo, divenne il simbolo della libertàfiorentina contro l’invasore, vera e propria “Regina Re-pubblicana”. Ma con l’avvento dei Medici la “ReginaRepubblicana” fu trasformata in “Madonna di Fami-glia” dalla dinastia granducale, che fu profondamentedevota alla sacra Immagine.Fra le numerosissime processioni che segnarono l’ac-me del culto per la Vergine, due furono le più celebri,quella del 1633 per debellare la peste e quella del 1711per scongiurare la fine della dinastia medicea. Fu pro-prio quest’ultima straordinaria processione a sancire ilmomento più alto del culto della Vergine, promuo-vendo il rinnovamento barocco della basilica su pro-getto dell’architetto granducale Alessandro Saller.Il santuario, sede della presenza del potere divino, di-venne palpitante d’oro, una sorta di introibo per favo-rire l’incontro del fedele con la sacra Immagine. Unaricchissima cantoria in legno laccato bianco, ma conuna profusione di decorazioni dorate occupava l’inte-ra controfacciata, ospitando l’antico organo, raro stru-mento eseguito da fra Bernardo Argenta negli anni1532-1535. Una serie di dipinti di grandi dimensioni,con il racconto dei miracoli della Vergine e preziosecornici, era appesa alle pareti laterali, mentre le finestre

23il tesoro di santa maria

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a cornice unica e gli altari cinquecenteschi erano de-corati da ricchi ornamenti e due enfatiche cupole do-rate sopraelevavano i tempietti michelozziani. Questosontuoso aspetto barocco ha caratterizzato la basilicafino all’ultima guerra, quando l’insensato bombarda-mento del 28 luglio 1944 ha distrutto la chiesa. La ri-costruzione e il restauro realizzati nel dopoguerra – se-guendo il gusto purista in voga in quegli anni – han-no restituito l’immagine della basilica in un recupera-to stile tardo-rinascimentale, con la riapertura delle fi-nestre timpanate e con le capriate del soffitto in vista.Anche se in questi ultimi decenni la Soprintendenzaha lavorato al fine di restituire alcune testimonianze si-gnificative dell’assetto barocco perduto, la basilica diSanta Maria non è certamente più quella che aveva pro-mosso Giovan Battista Casotti e che nella sua ricca de-corazione celebrava fastosamente il culto della Ma-donna di Impruneta.In questo complesso ricco di storia e in fecondissimodialogo con la sacra Immagine e il santuario, del qua-le è parte integrante, è ospitato il museo.

L’interno della basilica.Nel tempietto a sinistra è conservata l’immagine della Madonna

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25il tesoro di santa maria

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26museo del tesoro di santa maria dell’impruneta

Le processioni della Madonna di Impruneta

Apeste, fame et bello libera nos Domine. Era questa l’invocazioneche accompagnava la Vergine di Impruneta durante i suoi trasferi-

menti a Firenze. La prima processione che portò la Madonna da Im-pruneta a Firenze, dando origine al rapporto strettissimo che si stabilìfra la città e l’icona imprunetina, avvenne nel 1354, pochi anni dopo lapeste nera del 1348. È lo storico Matteo Villani, che aveva perso in que-sta peste il fratello Giovanni, a raccontarla nella sua Cronica: la Ma-donna venne portata a causa della siccità e tale processione si conclusecon gran successo. A quest’epoca deve risalire il tabernacolo con il qualela Madonna veniva trasferita, ora esposto nella sezione dei paramentisacri del museo, eseguito proprio tra il 1350 e il 1360 da un pittore bat-tezzato il Maestro di Tobia dagli affreschi con Storie di Tobia nell’ora-torio del Bigallo.Infatti a partire dalla seconda metà del secolo XIV, la Madonna venneportata a Firenze numerose volte per far fronte a guerre, assedi e inva-sioni straniere. Durante il periodo della Repubblica fiorentina, il cultoper la Vergine di Impruneta fu particolarmente intenso: la Madonna futraslata nel 1502 per l’elezione del Gonfaloniere a vita Tommaso Soderi-ni e durante l’assedio di Firenze – periodo nel quale la Madonna rima-se in città tutto il tempo – fu proclamata «unica et particolare Regina».Ancora maggiore fu il carisma della Madonna durante il periodo medi-ceo, quando i Medici si appropriarono del culto della sacra Immagine fi-no a battezzarla “Madonna di Famiglia”.Due sono le processioni più importanti e alle quali sono legati i nucleipiù consistenti degli oggetti esposti nel museo: quella del 1633 per debel-lare il contagio della peste e quella del 1711 promossa da Cosimo III perscongiurare la fine della dinastia medicea.

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27il tesoro di santa maria

La processione del 1633 durò tre giorni dichiarati «solenni e festivi». Pre-sto venne dichiarata la fine del contagio e il 2 ottobre del 1633 una gran-de processione di ringraziamento si recò a Impruneta; la aprivano Cri-stina di Lorena e Ferdinando II, che portarono alla Madonna doni pre-ziosi, attualmente esposti nel museo.La processione del 1711 fu forse ancora più splendida. Il motivo reale diquesta processione era quello di invocare la guarigione del Gran Principe,per quanto Cosimo adducesse le solite motivazioni: il pericolo del conta-gio, la carestia, la siccità. La Madonna tornò a Impruneta dopo due set-timane ricolma di doni, come risulta dalla nota esauriente del Casotti. Anche se il culto della Vergine venne ridimensionato dalla politica laicadei Lorena, le processioni sono continuate fino ai nostri giorni. Di re-cente, la Madonna è tornata a Firenze ben due volte: in occasione del-l’ultima guerra e per l’anno mariano del 1988.

Rosanna Caterina Proto Pisani

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Saletta delle terrecotteSmall hall of terracottasSala dei codici miniatiHall of illuminated manuscriptsSaletta del vescovo Antonio degli Agli Small hall of bishop Antonio degli Agli

Hall of ilversSala degli rgentia

Sala dei aratipHall of angingsh

delPianta museo

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I l Museo del Tesoro di Santa Maria dell’Imprunetanasce nel 1987 e si amplia in seguito per rendere pro-

gressivamente visibile al pubblico il ricco corredo diargenti, parati, codici miniati, ex voto, stratificatosi neltempo intorno alla veneratissima icona della Vergine.La secolare devozione di cui essa è stata oggetto privi-legiato nel territorio fiorentino, e nella stessa Firenze,ha infatti convogliato nel santuario la riconoscenza ole speranze degli strati sociali più vari ma, cosa che piùha influito nell’accumularsi di quello che a ragione vie-ne detto “Tesoro”, anche la generosità, il gusto, la ric-chezza di tante nobili famiglie, con i Medici in testa.Il museo occupa un grande salone situato sopra il por-tico della facciata, costruito nel 1634 da Gherardo Sil-vani, uno degli architetti più in vista nella Firenze delperiodo: qui è esposta la raccolta di argenti e orefice-rie. Altre sale dedicate ai paramenti sacri, ai codici mi-niati e agli ex voto in terracotta si trovano dislocate al-l’interno su piani intermedi.

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Visita al museo

CaterinaCaneva

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IngressoAl museo si accede attraverso l’ultima porta a sinistrasotto il portico addossato alla facciata della basilica.Nell’ingresso al piano terra si trovano i primi pannel-li didattici che nei punti chiave del percorso illustranosinteticamente i temi e i contenuti che lo caratterizza-no: qui, in particolare, si informa il visitatore della sto-ria della basilica e dell’itinerario da seguire nel museo.Si sale la scala che conduce ai piani superiori: sul pri-mo pianerottolo si incontra la biglietteria e sul secon-do una piccola esposizione di incisioni di carattere de-vozionale e popolare relative all’immagine della Vergi-ne. Di qui a sinistra, salendo un’altra piccola rampa discale, si accede a un pianerottolo in cui altri pannellididattici illustrano il culto della Vergine imprunetinae la devozione speciale che i Medici le riservarono neltempo; segue poi un piccolo ambiente di passaggio,sulle pareti del quale sono appese targhe votive di cot-to e quattro antichi “soppani” sempre in cotto.

Pianerottolo1-10. editoria fiorentina dei secoli xviii e xixDieci stampe devozionali raffiguranti la Vergine di Im-pruneta.

Saletta delle terrecotteCome le incisioni, anche queste targhe votive di terra-cotta testimoniano la diffusione della famosa immagi-ne mariana nell’area di pertinenza del santuario attra-verso derivazioni diverse, in questo caso in cotto, ma-teriale particolarmente diffuso nella zona per la pre-

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senza di diverse fornaci. Questa divulgazione ebbe unosviluppo sistematico a partire dagli inizi del Settecen-to, all’epoca cioè di Cosimo iii e del pievano GiovanBattista Casotti: a quest’ultimo, autore di importantiMemorie Istoriche, si deve in particolare la storicizza-zione del culto della Vergine imprunetina, operazioneche condusse tra l’altro al restauro della venerata im-magine da parte del pittore Ignazio Hugford. Ebbe al-lora inizio la circolazione di immagini a stampa cuitennero dietro anche traduzioni in rilievo a volte di-pendenti strettamente da quelle. Le più antiche pos-sono considerarsi varianti più o meno fedeli della ve-ra e propria icona che era per lo più invisibile, coper-ta dai “mantellini”, trasportata dentro un altarolo por-tatile con sportelli e, prima del restauro del 1758, an-che scarsamente leggibile. Solo dopo l’intervento fu in-cisa la prima vera effigie della Madonna, prototipo cuisi ispirarono le diverse realizzazioni di ex voto di cui ilmuseo espone una ricca esemplificazione dal secoloxviii al secolo xx.Si segnalano in particolare, nel pannello centrale, labella targa di manifattura imprunetina della metà delsecolo xviii, all’interno della quale l’immagine forte-mente stilizzata della Vergine appare dentro il suo ta-bernacolo a sportelli circondata da un festone culmi-nante in una testa di cherubino; altre versioni assai dif-fuse nel secolo xix ripropongono la sacra icona inseri-ta in una cornice trilobata con colonnine a spirale instile dichiaratamente neo-gotico; la versione più tarda,con la Vergine all’interno di un’edicola trabeata di ti-po classico, adattata tra fine Ottocento e inizi Nove-cento, si complica nel tempo con l’aggiunta ai lati deisanti Pietro e Paolo.

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Parete destra

11. manifattura imprunetina (?),secolo xxLa Madonna di Imprunetaterracotta; cm 49x20iscrizione: «Madonnadell’Impruneta»

12. manifattura agresti, fine delsecolo xixLa Madonna di Impruneta1891terracotta; cm 44x19

13. manifattura imprunetina (?),secolo xixLa Madonna di Imprunetaterracotta; cm 46x31

14. manifattura di signa, primidecenni del secolo xxLa Madonna di Impruneta1920terracotta; cm 39x26iscrizioni: «la vergineincoronata impruneta 13.v.1920»

15. manifattura imprunetina,inizi del secolo xxLa Madonna di Impruneta1901terracotta; cm 46x30

16. manifattura agresti, inizi delsecolo xxLa Madonna di Impruneta1902terracotta; cm 58x43iscrizioni: «Carlo Agresti 1902»

17. manifattura imprunetina,metà del secolo xviiiLa Madonna di Imprunetapost 1758terracotta; cm 75x53È la targa votiva di maggiori dimen-sioni e di più largo respiro conserva-ta nel museo: riprende motivi rob-biani nel festone che la circonda eche si conclude in alto con una testadi cherubino. Quanto all’immaginedella Madonna, questa dipende visi-

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bilmente dall’incisione stampata aFirenze nel 1758 dopo il restauro cherese l’icona visibile, anche se in granparte ridipinta. Come nelle stampecontemporanee gli sportelli del ta-bernacolo sono aperti e al di sopra èpresente la grande corona imperialea due punte che fu sostituita dall’at-tuale nel 1781 a cura della Compa-gnia dei Lombardi (n. 121).

18. manifattura imprunetina,secolo xviiiLa Madonna di Imprunetapost 1758terracotta; cm 37x19

19. manifattura imprunetinafine del secolo xixLa Madonna di Imprunetaterracotta; cm 33x24

20. antonio vanni, secolo xxLa Madonna di Imprunetaterracotta; cm 41x17iscrizioni: «Virgo Imprunetana»

21. manifattura imprunetinainizi del secolo xxLa Madonna di Impruneta fra i santi Pietro e Paoloterracotta; cm 37x25

22. manifattura imprunetina (?)secolo xixLa Madonna di Imprunetaterracotta; cm 34x23

23. manifattura imprunetina (?)secolo xixLa Madonna di Imprunetaterracotta; cm 36x25

24. manifattura imprunetina,inizi del secolo xxLa Madonna di Impruneta fra isanti Pietro e Paolo1905Terracotta; cm 50x40

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Parete sinistra

Sulla parete di sinistra trovano po-sto esempi particolarmente signifi-cativi dei caratteristici “soppani”imprunetini, tegole piane di cottoutilizzate a partire dal Cinquecento,in particolare nell’area fiorentina,per le soffittature interne ma anche,decorate con motivi a rilievo, nel-l’intradosso dei soffitti. Ne troviamoqui quattro esemplari antichi chepresentano a rilievo un sole con rag-gi e nastro ondulato, una fascia ocintura a rete circondata da un in-treccio di corde, un battente di por-ta che riproduce la forma tradizio-nale in bronzo e un anello d’amoreche si conclude con due mani che sistringono. La fattura elegante ri-

manda dichiaratamente a modellirobbiani, in particolare di Luca del-la Robbia, databili ai primi decennidel Cinquecento. È possibile, stan-te anche la simbologia devozionalecui i rilievi su descritti potrebberoispirarsi, che questi soppani, con-servati da sempre nella basilica, fos-sero inseriti nella soffittatura origi-nale della canonica al tempo del pre-posto Andrea Buondelmonti (terzodecennio del Cinquecento).

25. manifattura imprunetina,primi decenni del secolo xviSoppano raffigurante un sole conraggi e nastro ondulatoterracotta; cm 38x51

26. manifattura imprunetina,primi decenni del secolo xviSoppano raffigurante una fascia ocintura a reteterracotta; cm 38x51

27. manifattura imprunetina,primi decenni del secolo xviSoppano raffigurante un anellod’amoreterracotta; cm 38x51

28. manifattura imprunetina,primi decenni del secolo xviSoppano raffigurante un battente diporta terracotta; cm 38x51

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Sala dei codici miniatiCaso alquanto raro in un complesso ecclesiastico cosìantico e ricco di vicende, il tesoro di Santa Maria del-l’Impruneta conserva ancora una dotazione di antichicodici miniati ragguardevole non solo per numero (un-dici corali), ma anche per la straordinaria qualità del-le miniature che li decorano e che li rendono ben no-ti agli specialisti. Essi costituiscono comunque solo unaparte dell’originale corredo librario della basilica che,secondo un inventario del 1432, doveva essere assai piùcospicuo. I codici sono esposti aperti ma, per motividi conservazione, con periodiche variazioni di pagina:non è perciò possibile al visitatore prendere visione ditutte le splendide miniature distribuite all’interno diciascun volume, ma quanto si vede rappresenta già ungodimento per gli occhi e un oggetto di ammirazioneper la sapienza tecnica e per la dedizione paziente deiminiatori. Queste traspaiono tanto dalle iniziali deco-rate più semplicemente come dalle scene più complessedelineate con segno elegante e vivace senso del colore. I manoscritti appartengono a due distinti periodi: ilTrecento (sette corali) e il Cinquecento (quattro), deiquali i due più antichi sono esposti nella prima vetri-na a sinistra. Databili al terzo decennio del Trecento,essi sono espressioni di culture figurative assai diverse:il Graduale I essendo è opera fiorentina attribuita a Lip-po di Benivieni noto anche come pittore (una sua ta-vola è nel Museo d’arte sacra di San Casciano), men-tre l’Antifonario (Codice ii) risulta eseguito da un igno-to miniatore bolognese, uscito quindi da uno dei cen-tri di produzione più attivo e caratterizzato d’Italia.Entrambi i codici mostrano, pur nella sostanziale dif-ferenza formale, l’esigenza ormai sentita dai miniato-ri in questo scorcio di secolo di non limitarsi alla de-

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corazione grafica della lettera iniziale della pagina (co-me nella prassi più antica), ma di comporre intorno oseparatamente da questa una vera e propria illustra-zione con scene elaborate per numero di personaggi espazialità. Si cominciano quindi a intravedere qui irapporti spesso strettissimi con la grande pittura con-temporanea.Seguono cinque antifonari collocabili intorno alla metàdel secolo e riconducibili all’ambito della produzionedi artisti diversi ma legati per lo più alla bottega di Pa-cino di Bonaguida, con un risultato che raggiunge unbuon livello di omogeneità: in questi è ormai eviden-te l’affrancamento della miniatura dalla semplice de-corazione delle iniziali. I due codici 30 e 32 (inventarioii e iv) nella seconda teca sono infatti ricchi di elementiornamentali ma anche di figure che si impongono perevidenza fisica e spaziale, così come nel codice succes-sivo 33 (inventario v) esposto nella vetrina centrale. Sulla parete di fondo è visibile un grande polittico giàattribuito al Maestro del Bargello raffigurante la Ver-gine col Bambino e i santi Pietro, Lorenzo, Giovanni eStefano, eseguito negli anni 1360-1365 e provenientedalla cappella sul Monte delle Sante Marie a Impru-neta. Nella vetrina al di sotto, sono esposti due an-tifonari (34 e 35, inventario vi e vii) nei quali moltedelle miniature presentano caratteristiche riferite dal-la critica al Maestro delle Effigi Domenicane, la cui at-tività si colloca tra il 1337 e il 1345. A lui sono riferibi-li, ad esempio, le scene con la Lapidazione di santo Ste-fano, la Strage degli innocenti o la grande Dormitio Vir-ginis, che si valgono di composizioni variamente arti-colate, ricche di movimento e di senso drammatico.I quattro corali cinquecenteschi esposti nelle ultimedue teche mostrano lo straordinario sviluppo di que-sta arte, che si è evoluta sapientemente sul piano com-

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positivo e cromatico con passaggi sempre più sfumatidi colore e minuzia di dettagli nelle scene che accom-pagnano le grandi iniziali; anche lungo i bordi si svi-luppa una decorazione di segno elegante e di fantasiasbrigliata, con fregi vegetali o geometrici e piccole fi-gure grottesche o cartigli in cui l’occhio si perde comein un labirinto o in un gioco enigmistico. Tre di que-sti codici furono commissionati da Andrea Buondel-monti, pievano della basilica e poi arcivescovo di Fi-renze dal 1532, ad Antonio di Girolamo di Ugolino (Fi-renze 1479-1556) al quale si devono anche alcuni codi-ci miniati per il duomo di Firenze. Le sue grandi mi-niature adottano di solito una forma quadrata su fon-do d’oro, all’interno della quale le scene assumono unvivace sapore arcaico e la decorazione vegetale si com-plica, come nella Nascita della Vergine o Giuditta conla testa di Oloferne.Il quarto codice cinquecentesco, di miniatore fioren-tino della metà del secolo, unico salterio della raccol-ta, è caratterizzato da una sola iniziale istoriata con Gio-na salvato dalle acque, ma è particolarmente ricco diinventiva nei molti fregi ornamentali.

37sala dei codici miniati

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Prima vetrina a sinistra dell’ingresso

29. Attribuito a lippo di benivieni(documentato a Firenze dal 1296 al 1327)Graduale1315-1320 ca.codice membranaceo, cc. iii, 304,i; mm 520x380 (inv. Codice I)Presentato alla mostra del tesoro diFirenze Sacra del 1933, il graduale èstato oggetto di studi approfonditida parte della critica, che dopo attri-buzioni diverse ne ha alla fine asse-gnato l’esecuzione a Lippo di Beni-vieni, un pittore che si pone in unaposizione dissidente dalla stretta os-servanza giottesca, accentuando ilpatetismo duecentesco e conservan-do stilemi gotici evidenti. Se la de-corazione marginale ricalca modellidi miniature del tardo Duecento e inparticolare della produzione d’Ol-

tralpe, le figure assumono talvolta unvolume e una plasticità che sono pro-pri della pittura o della scultura con-temporanea.I tre particolari rappresentano la Mis-sione degli apostoli (c. 164r), Cristo (c.37v) e l’Adorazione dei Magi (c. 35v).

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30. ignoto miniatore di scuolabolognese, secolo xivAntifonario1320-1330 ca.codice membranaceo, cc. i (cart.),85, i (cart.); mm 400x300(inv. Codice II)È l’unico tra i codici imprunetiniche riveli un’area di produzione di-versa da quella fiorentina: presentainfatti caratteristiche della scuolabolognese, una delle più attive econnotate tra i diversi centri italianiin cui si decoravano i libri. Vi si os-servano una tendenza alla sobrietànella decorazione delle lettere e unanotevole semplificazione nelle sce-ne, concentrate sui dati essenzialidel racconto senza indulgere in par-ticolari descrittivi. Quanto alle figu-re, queste rivelano l’appartenenza auna fase transitoria nella produzio-ne bolognese, oscillando tra la fe-deltà alla tradizione bizantina e l’ac-quisizione delle novità giottesche.

Vetrina sulla parete sinistra

31. “primo miniatore pacinesco” e “secondo miniatore pacinesco”Antifonariosecondo e terzo quarto del secolo xivcodice membranaceo, cc. iii, 239,i; mm 550x390 (inv. Codice III)Il corale contiene le antifone che se-guono a quelle contenute nel Codi-

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ce vii (n. 35, nella vetrina di fondo).I nomi fittizi assegnati dalla critica aidue miniatori, che sembrano aver la-vorato in questo codice a qualche di-stanza l’uno dall’altro, derivano dalfatto che entrambi sono riconducibi-li alla scuola di Pacino da Bonaguida(da cui “miniatore pacinesco”). Finoalla carta 98v la decorazione è infattileggermente più arcaica, vivace nelcolore, ma parca di ambientazionescenica, mentre nelle carte seguentirisultano evidenti un approfondi-mento del partito decorativo e unanuova imponenza plastica e spaziale.Il particolare rappresenta: La pre-sentazione al tempio del “Secondominiatore pacinesco”, c. 126v.

32. “primo miniatore pacinesco”Antifonariosecondo quarto del xiv secolocodice membranaceo, cc. i, 271, i,mm 520x370 (inv. Codice IV)Il particolare rappresenta l’Annun-ciazione (c. 179r).

Vetrina di centro

33. “primo miniatore pacinesco”Antifonariosecondo quarto del xiv secolocodice membranaceo, cc. 227; mm 520x380 (inv. Codice V)Il particolare rappresenta la Pentecostee, sotto, la Predica di san Pietro (c. 872).

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Vetrina di fondo

34. “primo miniatore pacinesco”e maestro delle effigi domenicaneAntifonariosecondo quarto del xiv secolocodice membranaceo, cc. 262; mm 520x370 (inv. Codice VI)Tutte le miniature in questo codicespettano secondo la critica al già ci-tato “Primo miniatore pacinesco”,tranne quella a carta 158r che raffi-gura a metà pagina nel fondo dell’i-niziale una affollata Dormitio Virgi-nis con sopra l’Assunzione della Ver-gine che consegna contemporanea-

mente la cintola a san Tommaso. Nelmargine inferiore si snoda invece ilFunerale della Vergine, il cui feretroviene trasportato a spalle dai disce-poli di Cristo. È forse questa una del-le prime volte che i tre soggetti ven-gono raffigurati insieme: lo schemadefinitivo della scena fu codificatodall’Orcagna nel 1359 nel tabernaco-lo di Orsanmichele. L’originalità del-la miniatura, nella quale la raffina-tezza cromatica ben si sposa con lasapiente e varia definizione dei per-sonaggi, ha indotto i critici a ricono-scervi la mano dell’anonimo pittoredetto “Maestro delle Effigi Domeni-cane” (v. illustrazione).

35. “primo miniatore pacinesco”,maestro delle effigi domenicane, “secondo miniatore pacinesco”, anonimo miniatore fiorentinoAntifonario

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seconda metà del xiv secolocodice membranaceo, cc. i, 300, i;mm 540x390 (inv. Codice VII)Il codice è, fra quelli riconducibilialla bottega di Pacino di Bonaguida,quello più ricco ma anche disomo-geneo, per la presenza di diversi mi-niatori con caratteristiche proprie edistinte e con un notevole divariotra i diversi livelli di aggiornamentosu modelli più attuali.I particolari rappresentano la Stragedegli innocenti (Maestro delle effigidomenicane, c. 122v) e la Natività(Miniatore anonimo, c. 1082).

Sopra alla vetrina di fondo

36. scuola fiorentinametà del secolo xivLa Vergine col Bambino e angeli tra i santi Pietro, Lorenzo, Giovanni e Stefano1360-1365 ca.tempera su tavola; cm 140x230Impruneta, Cappella sul Montedelle Sante MarieIl polittico è stato in passato attribui-to al Maestro del Bargello, ribattezza-to di recente Maestro di Tobia (attivotra il 1354 e il 1368), dalle storie di To-bia da lui affrescate nell’oratorio del-la Compagnia del Bigallo a Firenze.

Prima vetrina di destra (seconda dall’ingresso)

37. antonio di girolamo diugolino (Firenze 1479-1556)Graduale1537-1538codice membranaceo, cc. ii, 248;mm 530x370 (inv. Codice VIII)Questo e i due codici seguenti furo-no commissionati tra il 1537 e il 1539da Andrea Buondelmonti, già pie-vano della basilica di Impruneta edal 1532 arcivescovo di Firenze. Allacarta 1r compare anche la data 1537e un medaglione con la scritta «ope-

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ra», allusiva all’Opera del duomo diFirenze, sotto il cui patronato ilBuondelmonti deve aver fatto ese-guire i tre codici utilizzando un mi-niatore dello Scriptorium di SantaMaria del Fiore. Alcuni dei corali delduomo sono infatti opera dello stes-so Antonio di Girolamo, che vi hadedicato maggiore accuratezza ri-spetto a questi imprunetini. Carat-terizza questo artista un tono sobrioed elegante che si sbizzarrisce nei fre-gi con un repertorio che ricordaquello usato dai contemporanei nel-le tarsie lignee o nei bassorilievi or-namentali (nei soggetti vegetali pre-senta fra l’altro una lontana ascen-denza fiamminga). Meno impegna-to si rivela a volte nelle scene figura-te, nelle quali utilizza modelli an-che notissimi di pittura dell’ultimo

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Quattrocento che traduce in un lin-guaggio piano, aneddotico, di presaimmediata ma di tono attardato.Il particolare raffigura la Resurrezio-ne (c. 14v).

38. antonio di girolamo diugolino (Firenze 1479-1556)Antifonario1538-1539codice membranaceo, cc. i, 221;mm 530x320 (inv. Codice IX)Sono evidenti le derivazioni di mol-te delle miniature presenti in questocodice da esempi illustri di pitturatardo quattrocentesca: a carta 24v,ad esempio, nella scena con Giudit-ta vi è un preciso ricordo di Botti-celli, mentre nella carta 93r, trovia-mo in forma più corriva e popolarela citazione degli interni tante voltedescritti dal Ghirlandaio e dalla suabottega (v. illustrazioni).

Seconda vetrina di destra (prima dall’ingresso)

39. antonio di girolamo diugolino (Firenze 1479-1556)Antifonario1539codice membranaceo, cc. i, 251, 16pagine a stampa, i; mm 530x370(inv. Codice X)I particolari rappresentano la Libe-razione di san Pietro dal carcere

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(c. 20v) e la Madonna che consegnala cintola a san Tommaso (c. 322).

40. anonimo miniatorefiorentinoSalteriometà del secolo xvicodice membranaceo, cc. 122, 2(acefalo e mutilo); mm 550x390(inv. Codice XI)Solo una delle iniziali miniate diquesto codice può definirsi istoriata(a c. 62v), mentre tutte le altre pre-sentano in basso esclusivamentel’arme dei Buondelmonti ma con unfregio laterale ricco e complesso. Ilcodice è da mettere in relazione conFilippo Buondelmonti, pievano del-l’Impruneta fino al 1603. Il nome delcalligrafo è paulus.

Alla parete di destra sonoesposti i seguenti ritratti

41. ignoto pittore di scuolatoscanaseconda metà del secolo xviRitratto di prelatotavola; cm 104x90

42. ignoto pittore di scuolatoscanaseconda metà del secolo xviRitratto di gentiluomotavola; cm 104x90

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Saletta del vescovo Antonio degli AgliDalla sala dei codici miniati si accede a una saletta nel-la quale sono conservati solo due reperti, recuperati do-po la guerra nel sepolcro del vescovo Antonio degliAgli, entrambi preziosi esempi di manufatti del Quat-trocento.

43. manifatturatoscana, secolo xvCuscino del vescovo Antonio degli Agliante 1477lana e seta; cm 29x29x2

44. manifatturatoscana, secolo xvVelo del vescovo Antonio degli Agliante 1477lino e seta; cm 43x36

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47saletta del vescovo antonio degli agli

Il cuscino del vescovo Antonio degli AgliIl cuscino del vescovo Antonio degli Agli

M onsignor Antonio di Bellincione dell’antica e potente famigliadegli Agli, «dottissimo in greco et in latino et uomo d’onestis-

sima vita», secondo la definizione del suo biografo Vespasiano da Bi-sticci, fu dal 1439 pievano della chiesa di Santa Maria, che munificòdi numerosi interventi architettonici, dove morì nel 1477. Nel corso dell’ultima guerra, il sepolcro del vescovo degli Agli, postonella cappella della Maddalena, non subì gravi danni, ma si verificòlo spostamento del coperchio, tanto che si effettuò una ricognizionedella salma. In tale occasione, si rinvennero il cuscino sul quale pog-giava la testa del vescovo e il velo che gli copriva il volto. Il velo, rea-lizzato a reticella ricamata, reca al centro il monogramma di Cristocircondato da raggi con motivi geometrici, stelle e fiori lungo il bor-do. Il cuscino, dagli smaglianti colori, presenta, nella parte anterio-re, un motivo di stelle a otto punte inscritte in cerchio, mentre un di-segno geometrico costituito da piccoli quadrati in lana orna la facciaposteriore. Al di là dell’originalità del gusto estremamente modernodi questo arredo funerario, ciò che sorprende è la tecnica a patchwork,che utilizza una trentina di frammenti di stoffe differenti (lane, se-te, lampassi, damaschi, velluti) di diversa provenienza: abiti, tap-pezzerie, lane domestiche. Il cuscino, un “origliere” o un “carello”, per i suoi motivi decorativi,soprattutto sul retro, trova i suoi raffronti più calzanti con le tarsie ei pavimenti cosmateschi, rinviando alle tombe dei cardinali nellechiese romane e soprattutto ai cuscini dei monumenti funerari suiquali poggiano il capo i papi al tempo della cattività avignonese, cu-stoditi al Museo del Petit Palais di Avignone. L’oggetto, riferibile probabilmente già ai primi anni del Quattrocentoper l’ampio respiro dei motivi geometrici, fu eseguito, per il gusto si-curo ed elegante, da un ambiente colto e raffinato.

Rosanna Caterina Proto Pisani

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Sala degli argentiRipercorrendo all’indietro il cammino compiuto finqui, si ritorna alla scala di accesso e salendo l’ultimarampa si entra infine nel grande salone rettangolare so-prastante al portico di Gherardo Silvani, che offre dal-le sue cinque finestre un bell’affaccio sulla famosa piaz-za di Impruneta, punto di partenza di tante proces-sioni storiche e sede di un’altrettanto storica fiera im-mortalata nel Seicento dal pennello di Filippo Napo-letano.Fino dall’ingresso si può cogliere in un colpo d’occhiol’imponenza numerica e la ricchezza dei doni preziosiconfluiti nel Tesoro della basilica, come omaggio allaveneratissima icona della Vergine: i riflessi dell’argen-to bulinato e inciso in forme eleganti, le trasparenzelussuose del cristallo di rocca, gli smalti, gli ebani, lefiniture d’oro, evocano la perizia di manifatture degnedavvero di una Regina, ma danno anche la misura diuna devozione che veniva così splendidamente uffi-cializzata quando i donatori erano i Medici o le fami-glie più insigni di Firenze. Dietro ciascuno di questioggetti straordinari c’è la memoria di un periodo o diun evento luttuoso di cui si è impetrato il superamen-to, c’è il ricordo di un grande concorso di popolo cheuniva Impruneta e Firenze, e insieme la documenta-zione di un fasto che qui si è piegato a devoto omag-gio, a ringraziamento formale. Appena superata la porta di ingresso incontriamo unbassorilievo quattrocentesco di raffinata fattura che ciricorda come tutto questo è cominciato: cioè col Ri-trovamento della sacra Immagine della Vergine di Im-pruneta, episodio qui narrato con un tono insieme po-polare e colto. Nel salone sono poi dislocate dieci ve-trine nelle quali il prezioso corredo è raggruppato ed

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BottegheGranducali, primi decennidel secolo XVIICrocifisso1635Argentosbalzato,cesellato e bulinato,ebano

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esposto in ordine grossomodo cronologico a partire da-gli oggetti realizzati nel Tre e Quattrocento, prose-guendo con quelli eseguiti nel corso del Sei e Sette-cento (senz’altro i più numerosi) e oltre. I più antichie vari quanto a tipologia sono esibiti nella vetrina difronte alla porta di accesso: a una croce astile in ramedorato (secolo xiii e xiv) sono accostati un’altra pre-ziosa croce in argento dorato e smaltato del 1425 circa,attribuita a Lorenzo Ghiberti, due paci in argento do-rato e smaltato attribuite ad Antonio di Salvi; oltre alfamoso Reliquiario di san Sisto del 1614, che mostra evi-dentissimo il ricordo del sarcofago verrocchiesco nel-la sagrestia vecchia di San Lorenzo.Il percorso quindi si dipana a partire dal lato destrodall’ingresso proseguendo fino al lato opposto del sa-lone. Alcuni raggruppamenti di oggetti sono obbliga-ti dalla omogeneità del dono, come il Finimento d’al-tare in cristallo di rocca donato da Cristina di Lorena,i vasi votivi donati da clero e famiglie nobili nel 1633 aseguito della processione con cui si ringraziava la Ver-gine per la fine della pestilenza, o la serie di candelabrie croce donati dai Riccardi nel 1711, in occasione diun’altra celebre processione. In altri casi oggetti di par-ticolare preziosità o importanza storica sono esposti dasoli in una singola teca: è il caso del Reliquiario dellasanta Croce, donato da Maria Maddalena d’Austria nel1620, o del Crocifisso, donato nel 1635 dal senatore fio-rentino Andrea Cioli. Più recenti, ma sempre preziosi documenti dell’evolu-zione del gusto e della tecnica, citiamo nelle vetrinesuccessive il bacile decorato a sbalzo con il suo mesci-roba, un gruppo di eleganti calici, pissidi e candelieri,e le coperte di messale in velluto rosso e argento del se-colo xvii. Nella penultima vetrina, insieme alla coppiadi ampolline in vetro e argento di gusto neoclassico e

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alla coppia di candelieri di inizio Novecento dal dise-gno liberty, è esposto tra l’altro anche l’ultimo donoufficiale offerto alla Vergine nel 1988 dagli orafi delPonte Vecchio in occasione dell’anno mariano: unostensorio di manifattura napoletana del Settecento.Alle pareti del salone sono appesi ritratti e incisioni sto-riche: i primi ci mostrano l’aspetto ufficiale di alcunifra i più importanti donatori, dalle granduchesse Cri-stina di Lorena e Maria Maddalena d’Austria, al gran-duca Ferdinando ii Medici all’imperatrice Maria Tere-sa d’Austria col figlio Giuseppe (ii). La discendenza diquest’ultima, qui raffigurata con maestria da MartinMytens ii, il suo pittore preferito, occupò il trono diToscana dopo l’estinzione dei Medici. Non si estinsetuttavia con i Medici la devozione per la Madonna diImpruneta, poiché anche la nuova dinastia AsburgoLorena ne diede ampia testimonianza, come docu-menta un prezioso pettine donato dalla stessa MariaTeresa conservato in chiesa. Tra le stampe risultano digrande importanza documentaria e di grande impattospettacolare l’incisione di Cosimo Mogalli raffiguran-te la Composizione della processione del 1711 e il disegnoacquerellato dello stesso autore che illustra la Sosta del-la processione del 1711 in Piazza Pitti. A queste si sonoaggiunte nel 2005 le lastre originali relative alle due sce-ne e, particolarmente interessante anche dal punto divista storico, l’albero genealogico della famiglia Buon-delmonti, patrona per secoli della basilica.

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La visita inizia dalla parete a destra dell’ingresso

45. scultore fiorentino(pasquino da montepulciano ?)metà del xv secoloRitrovamento della sacra Immaginedella Vergine di Imprunetadossale d’altare in marmo; cm 73,6x236,7 (inv. 1)Il bassorilievo è la più antica raffi-gurazione della leggenda del ritro-vamento dell’immagine della Vergi-ne, ispirata fedelmente al raccontoche il pievano Stefano ne aveva fat-to nella seconda metà del Trecento:il paesaggio collinare è quello checirconda Impruneta. In alto sono vi-sibili la cappellina sul monte delleSante Maria, le cui mura crollavanodurante la notte, e i buoi col carrosul quale vennero caricate le pietre

delle mura stesse lasciandoli poi li-beri di vagare fino a che, fermatisispontaneamente, indicassero il luo-go dove fondare la nuova cappella.Li vediamo in basso inginocchiatidavanti all’icona (sepolta in anticoper proteggerla) che sta ritornandoalla luce durante i primi scavi per lefondamenta. Assistono all’eventovari personaggi tra cui l’eremita diBifonica. Poco più a destra è visibi-le la nuova chiesa già eretta con lafacciata romanica preceduta da unportico, come doveva essere appun-to il santuario nella sua edizionequattrocentesca. Il dossale faceva parte dell’altare del-la Vergine nel tempietto a lei dedi-cato all’interno della chiesa primache venisse donato da Cosimo iii de’Medici il paliotto d’argento che vi ètuttora inserito. Il bassorilievo, stan-

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ti le sue notevoli qualità che abbi-nano immediatezza popolare e sa-pienti soluzioni scultoree, è stato at-tribuito dalla critica a scultori illu-stri come Michelozzo, Benedetto daRovezzano, Luca della Robbia, Fila-rete, ipotesi degne tutte di rispettoin quanto l’opera, per cultura e tec-nica, rientra nell’area che accomunagli artisti citati. In particolare si ri-corda che Michelozzo e Luca dellaRobbia lavorarono probabilmenteinsieme poco prima della metà delQuattrocento al tempietto dedicatoalla Vergine all’interno della basili-ca. Di recente è stata proposta un’at-tribuzione a Pasquino da Monte-pulciano, artista che ha subìto con-temporaneamente il fascino di Mi-chelozzo e di Luca, ma che ha lavo-rato anche insieme al Filerete alleporte bronzee di San Pietro.

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Vetrina 1 (di fronte alla porta d’ingresso)

46. manifattura toscana, secoli xiii-xivCroce astilerame dorato, inciso e cesellato (la croce); bronzo dorato fuso(Cristo); cm 35,5x21,5 (totale), cm 13x12,5 (Cristo) (inv. 2)È l’oggetto più antico del tesoro del-la basilica: la sua linea semplice, lasua decorazione essenziale fanno da-tare la croce al secolo xiii con l’ap-plicazione un secolo più tardi, in so-stituzione dell’originale perduto,del Cristo in bronzo che rimanda adalcuni prototipi trecenteschi del-l’ambito di Nicola Pisano. Mentre

sul recto l’unica decorazione è unacornice dentellata a rilievo, il versopresenta alcune incisioni i cui sog-getti, ricorrenti in questo tipo dimanufatto, sono qui eseguite conuna sensibilità più evoluta e natura-listica rispetto a esemplari analoghi:al centro è l’Agnus Dei, mentre al-l’estremità dei bracci sono i quattrosimboli degli evangelisti, il toro diLuca, il leone di Marco, l’aquila diGiovanni e l’angelo di Matteo.

47. Attribuita a lorenzoghiberti (Firenze 1378-1455)Croce astile1425 circalamina d’argento sbalzato ecesellato, parzialmente dorato e

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smaltato su anima di legno; il Cristo è in argento fuso ecesellato; cm 47,5x30 (croce), cm 15x13,4 (Cristo) (inv. 3)La croce, impreziosita da smalti (inparte caduti) e dorature, presenta sututta la superficie una sofisticata de-corazione a racemi; i bracci hannoterminali polilobati all’interno deiquali si inseriscono figure incise.Nelle formelle del recto sono visibi-li in alto Dio Padre, ai lati la Vergi-ne e san Giovanni, in basso san Za-nobi. Sul braccio lungo della croceesisteva anche un’altra formella og-gi perduta. Sul verso, nella formellacentrale è la Vergine col Bambino tragli evangelisti coi loro simboli, e sanMatteo doveva occupare la formel-la mancante.Fin dall’Ottocento la critica ha ri-conosciuto l’altissima qualità dellacroce e soprattutto del Cristo chetrova riscontri nelle formelle dellaporta nord del battistero di Firenze,opera di Lorenzo Ghiberti, ma diquelle appena più tarda. La presen-za di san Zanobi crea un legame traImpruneta e Firenze di cui Zanobifu vescovo, mentre la Madonna colBambino al centro può far pensareche la croce fosse destinata a unachiesa dedicata alla Vergine. Non es-sendo però citata nell’inventario diImpruneta del 1432 è probabile chequesta fosse in origine eseguita per

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una chiesa fiorentina (forse SantaMaria del Fiore) e passata più tardia Impruneta nei cui inventari dall’i-nizio del Cinquecento compare ap-punto una croce d’argento.

48-49. antonio di salvi(1450-1527)Pace con la CrocifissionePace con l’Assunta e il Cristo in pietà1515argento parzialmente dorato, fuso,cesellato, bulinato; smalto, ramedorato; cm 19x13,5 (Crocifissione),cm 19x14 (Assunta) (inv. 4-5)iscrizione sul retro: «andreasbondelmontes pl.s.m.imprunete hoc opus faciundumcuravit ad.mdxv»Sul tergo delle paci un’iscrizione rac-chiusa in una decorazione con vo-lute e racemi ci consente di cono-scere oltre alla data, anche il nomedel committente, Andrea Buondel-monti, appartenente alla famigliache esercitava il patronato sulla chie-sa: pievano di Impruneta divennearcivescovo di Firenze dal 1532 al1545, mantenendo comunque sem-pre rapporti con la basilica, che ar-ricchì anche con il dono di alcunicodici miniati. Mentre l’iconografia della Crocifis-sione è conforme alla tradizione,quella dell’Assunta, che occupa un

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mandorla fiancheggiata da due an-geli, si presenta alquanto originaleper la presenza, al di sopra, del Cri-sto in Pietà. L’assegnazione all’orafo Antonio diSalvi è ormai accettata dalla criticavisti i confronti convincenti con al-tre opere dello stesso, nelle quali lacitazione di motivi classici e illustriusati nel settore da diversi decenniviene integrata da motivi originali,poco utilizzati nelle oreficerie.

50. simone pignoni(notizie 1593-1614)Reliquiario di san Sisto1614argento sbalzato, cesellato e inciso;statuina di fusione; cm 36x43x19(inv. 7)iscrizioni. Sul coperchio:«bartholomeus lanfrediniusepiscopus fesolanus divoromulo anno dm mdcxiiii»;sotto la cassa: «simon pign.sculpsit»; sotto la statuina: «s.ti xisti primi p.es.m.»Le iscrizioni sul reliquiario e i docu-menti antichi consentono di rico-struire la storia di questo capolavo-ro di oreficeria: la scritta sul coper-chio lo rivela commissionato nel1614 dal vescovo di Fiesole Bartolo-meo Lanfredini per conservare le re-liquie di san Romolo, primo vesco-vo di Fiesole (dal quale secondo la

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tradizione fu anticamente portata inToscana la sacra immagine di Im-pruneta). Passato l’oggetto in pro-prietà medicea, furono aggiunti sulcoperchio gli stemmi Medici-Lore-na e la statuina raffigurante san Si-sto, le cui reliquie furono sostituitea quelle di san Romolo; infine, in oc-casione della processione del 1633

nella quale l’immagine della Ma-donna fu trasportata da Imprunetaa Firenze per impetrare la fine dellapeste, il granduca Ferdinando ii lodonò alla basilica in segno di rin-graziamento, come risulta dalla re-lazione del Rondinelli del 1634. Eracustodito insieme al Reliquiario del-la Croce nel tempietto omonimo.

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La firma sotto la cassa fa riferimen-to a un orafo fiorentino attivo già al-la fine del Cinquecento quando ese-guì nel 1593 il busto reliquiario diuna delle compagne di sant’Orsolaper San Lorenzo a Montevarchi.Iscritto all’Arte della Seta dal 1603,è noto fin qui per questa sola opera,mentre è documentato nel 1607 unsuo intervento di restauro sulla cro-ce dello Spigliati a Montevarchi el’esecuzione di un calice per la chie-sa di San Giuseppe a Firenze.Il reliquiario presenta una strutturaa urna che ricalca con grande sensi-bilità l’illustre modello del sarcofa-go verrocchiesco della sagrestia vec-chia di San Lorenzo, a dimostrazio-ne del persistere a Firenze, nel gustoe nelle diverse espressioni artistiche,di modelli rinascimentali anche inetà barocca. Alla statuina a tuttotondo di san Sisto furono aggiuntepiù tardi le chiavi nella mano sini-stra trasformandolo in san Pietro.

51. manifattura fiorentinasecondo quarto del secolo xviiCoppia di candelabridatati 1633argento sbalzato, cesellato,bulinato e inciso; cm 47x15 (inv. 10)punzoni: marchio di Firenzeiscrizioni sulla base: «ginevracarnesecchi mozzi 1633», constemmi Carnesecchi e Mozzi

È un tipico esempio di dono allaVergine da parte di un’appartenen-te a una nobile famiglia fiorentinache appone il suo nome all’oggettoa futura memoria.

52. manifattura fiorentina(Bottega all’insegna del cancro)secolo xviiCalice1633argento sbalzato, cesellato, inciso e fuso, parzialmente dorato;h cm 24,4, coppa diametro cm 9,piede diametro cm 11,5 (inv. 11)punzoni: marchio di Firenze,cancro fuori campo iscrizione sotto la base:

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«c.hip g.d. mdcxxxiii - admittevot. intra sacrarium exauditionisetreporta nob. antidotumreconc.»Il calice, di buona esecuzione e di ele-gante fattura, rivela il passaggio dalladecorazione di stampo cinquecentescoall’esuberanza del barocco e risulta dal-l’iscrizione donato dalla Compagniadel Beato Ippolito Galantini in occa-sione della processione del 2 ottobre1633. La Compagnia era nota anche co-me Congregazione della Dottrina Cri-stiana, detta dei Vanchetoni, con sedenell’oratorio di San Francesco in viaPalazzuolo a Firenze. È un esempiodelle donazioni fatte alla Vergine diImpruneta dalle varie Compagnie eCongregazioni del clero fiorentino.

53. manifattura toscana, secolo xviiConchiglia battesimaleargento sbalzato e cesellato; h cm 13(inv. 14)

54. cosimo merlini il vecchio (Bologna 1580-Firenze ? 1641)Pisside1637argento sbalzato, cesellato, inciso,parzialmente dorato, parti difusione; h cm 31, coppa diam. cm13,5, piede diam. cm 12,5 (inv. 13)iscrizioni sul coperchio: «cosmusmerlinus bonon. fac. flor.a.d. 1637»; negli ovali: «vinumsalutis, dulcedo anime, viaticumvitae, azzimos pane, cun lactucisagres, carne assa igni»; sulla crocedel puttino: «iugu meu suave»Vero capolavoro di oreficeria, uscitodalle sapienti mani di Cosimo Merli-ni il Vecchio – che per Impruneta haeseguito anche il Reliquiario della Cro-ce e la Grata in bronzo dorato conser-vata in chiesa – la pisside è completa-mente ricoperta di motivi decorativie di ovali con scene di straordinariasuggestione. Le spighe, i grappoli d’u-va della tradizionale simbologia euca-ristica si intrecciano infatti in com-plessi riferimenti dottrinali cui corri-spondono le scritte disseminate co-piosamente. Si tratta di uno splendi-do esempio della tarda attività dell’ar-

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tista che fu al servizio dei granduchidi Toscana (come più tardi il nipotedello stesso nome) in un momento incui la sua produzione rivela che le suepreferite invenzioni di marca ultra-manieristica stanno subendo una pro-gressiva trasposizione in senso baroc-co. La qualità artistica e la preziositàdella pisside non possono che riman-dare a un committente d’alto rango,che poteva avere accesso alla bottegadel grande orafo granducale.

55. manifattura toscana, fine delsecolo xv e inizio del secolo xviPissiderame dorato, sbalzato e cesellato;h cm 27, coppa diam. cm 13,5;piede diam. cm 12 (inv. 6)

Vetrina 2 (nella rientranza della parete di destra)

56. Attribuito a cosimo merliniil vecchio(Bologna 1580-Firenze ? 1641)Reliquiario della santa Croce1620argento sbalzato, cesellato bulinato e inciso, parti di fusione e vetro; cm 99x43 (inv. 8)iscrizioni sul piede: «maria magdalena archiduxaustriae m.d. etruriae in honorem salutiferae crucisa.d. mdcxx»Secondo la tradizione a donare dueimportanti frammenti della Crocesarebbe stato il celebre condottieroPippo Spano, appartenente a un ra-mo della famiglia Buondelmontipatrona della chiesa. Nel 1620 lagranduchessa Maria Maddalenad’Austria, moglie di Cosimo ii, feceracchiudere i due frammenti in que-sto reliquiario che fu donato a Pie-ro Buondelmonti, pievano di Im-pruneta dal 1612 al 1624. Il preziosooggetto, che reca sul piede tra volu-te e racemi lo stemma Medici-Au-stria e l’iscrizione dedicatoria, fuconservato nel tempietto di destradella basilica che era dedicato al San-tissimo Sacramento, ma che prese

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da allora il titolo di tempietto dellaCroce.Nel fusto il nodo inferiore è deco-rato con motivi di gusto manieri-stico e comprende quattro testinedi cherubini; il nodo superiore pre-senta un’elegante baccellatura e undrappeggio vasariano; la custodiavera e propria delle reliquie era for-mata da due lastre di cristallo (og-gi sostituite da vetri) incorniciatein argento con motivi vegetali, vo-lute e teste di putti. La teca è sigil-lata da una ceralacca con stemmavescovile. La qualità elevata, le caratteristichetecniche e stilistiche dell’oggetto e il

rango della committente induconoa collocarne l’esecuzione all’internodelle sofisticate botteghe granduca-li, nelle quali come in questo caso,venivano assimilate anche sugge-stioni e tecniche d’oltralpe. In que-st’ambito la figura forse più rappre-sentativa del periodo è appunto Co-simo Merlini il Vecchio, attivo findal 1614 in quei laboratori. A lui sideve tra l’altro il grande Reliquiariodella Passione donato dalla stessaMaria Maddalena alla cattedrale fio-rentina e datato 1620, che presentacaratteristiche analoghe di elegantepreziosità e leggerezza, così come ilReliquiario dei santi Marco Papa,Amato Abate e Concordia Martiredella basilica di San Lorenzo, data-to 1622. L’attribuzione al Merliniproposta da Proto Pisani fin dal1987, sembra confermata da un do-cumento datato 29 agosto 1620 (Ar-chivio di Stato di Firenze, in Tarchi1989), nel quale è riferito che Raf-faello d’Orlando «dipintore» ha ste-so del cinabro «ad un’anima di ramedi una crocie di mano di maestroCosimo Merlini che è andata al-l’Impruneta». Nel 1636 il Merlini futra l’altro chiamato a eseguire anchela Grata di protezione del tempiet-to nel quale era conservato il reli-quiario: altro argomento che può es-sere considerato a favore della suapaternità.

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I doni dei Medicialla Madonna di Impruneta

I l culto della Madonna di Impruneta raggiunse il suo acme con la di-nastia medicea, che giunse a definirla “Madonna di Famiglia”. Se du-

rante il Granducato di Cosimo I, piuttosto alieno da manifestazioni este-riori, vi furono solo due processioni, fu soprattutto durante la reggenzadi Cristina di Lorena e di Maria Maddalena d’Austria, e quindi sottoCosimo III, che il culto della Madonna di Impruneta fu in grande auge.Legato a Maria Maddalena d’Austria è uno degli oggetti più raffinaticustoditi nella sala degli argenti del museo. Si tratta del Reliquiario del-la Croce eseguito da Cosimo Merlini nel 1620. Il reliquiario fu donatoda Maria Maddalena d’Austria a Piero de’ Buondelmonti, pievano diImpruneta, per custodire i due grossi frammenti della croce, «una dellemaggiori porzioni di questo sacrosanto legno che si veneri in tutta la Cri-stianità» (G. B. Casotti 1714, p. 35), donati dal celebre condottiero Pip-po Spano. Sempre a Maria Maddalena d’Austria è legato il finimento d’altare com-posto da quattro candelieri portacroce con croce, che compare negli In-ventari delle sue reliquie (Archivio di Stato di Firenze), anche se poi fudonato alla Madonna da Cristina di Lorena in occasione della proces-sione di ringraziamento a Impruneta il 2 ottobre 1633. Nella Nota de-gli oggetti donati alla Vergine, pubblicata da Francesco Rondinelli, bi-bliotecario del granduca, è ricordato «un bellissimo sepolcro d’argentodentro al quale è la testa di san Sisto, primo papa e martire». In realtà,il bellissimo reliquiario, che si fregia in alto delle armi Medici-Lorena eporta la statuina di san Sisto, fu commissionato nel 1614 all’orafo Simo-ne Pignoni dal vescovo di Fiesole Bartolomeo Lanfredini per custodire –come si legge nell’iscrizione – le reliquie di san Romolo, primo vescovo di

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Fiesole e santo legato alla leggenda imprunetina. Come e quando il re-liquiario entrasse a far parte del patrimonio mediceo non è dato sapere.Rondinelli ricorda inoltre due vasi in argento donati dai granduchi che,sebbene non rintracciati, dovevano essere simili ai vasi donati dal clerometropolitano fiorentino e dalle nobili famiglie Corsini, Salviati, Nic-colini per adornare la balaustra del tempietto della Vergine. Accanto aisovrani, anche altri personaggi della corte medicea portarono all’Impru-neta doni preziosi eseguiti dalle botteghe granducali, come il Crocifissoin argento ed ebano del 1635 donato dal Gran Balì Andrea Cioli, sena-tore fiorentino che fu ambasciatore sotto Ferdinando I, Cosimo II e Fer-dinando II, divenendo poi segretario granducale. Probabilmente da le-gare alla committenza di corte, anche se non documentata, è la straor-dinaria pisside eseguita nel 1637 da Cosimo Merlini, uno degli orafi piùraffinati al servizio dei Medici, che per lo schema iconografico partico-larmente complesso è stata definita «vera e propria catechesi eucaristica»(A. Paolucci 1980). Ad Anna Maria Luisa dei Medici, moglie dell’Elet-tore Palatino e devotissima alla Vergine di Impruneta, è da collegare uncalice di Augusta della bottega di Franz Ignaz Stadler. Nell’Archivio del-la Fabbriceria di Santa Maria esistono documenti relativi ad altri donimandati da Anna Maria Luisa dalla Germania, come i due grandi va-si d’argento con fiori e due candelieri con viticci, inviati nel 1712 comeex-voto per la guarigione del marito (G.B. Casotti 1714, p. 279). Cer-tamente il dono più bello e prezioso fu il paliotto in argento e bronzo epietre preziose eseguito su disegno di Giovan Battista Foggini «dai piùvalenti artefici della Real Galleria», Cosimo Merlini il Giovane e Ber-nardo Holzmann, donato da Cosimo III, che rappresenta il granduca in-ginocchiato in umile preghiera all’altare della Madonna. Questa voltala Madonna non aveva fatto il miracolo e il 30 ottobre del 1713 morivail Gran Principe Ferdinando, segnando con la sua morte l’inarrestabiledeclino della dinastia medicea.

Rosanna Caterina Proto Pisani

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Vetrina 3 (nella rientranza della parete di destra)

57. botteghe granducali, primi decenni del secolo xviiCrocifisso1635Argento sbalzato, cesellato e bulinato, ebano, il Cristoè di fusione; cm 84x38; base cm 28,5x30, 5; Crocifisso cm 55x38(inv. 12)iscrizione nel cartiglio: «andreas ciolus senatorflorentinus primus a secretisser. ferdinando magni ducisaetruriae donavit annomdcxxxv»Vari sono gli argomenti che colloca-no in ambiente mediceo anche l’e-secuzione di questo prezioso Croci-fisso, che risulta entrato nell’inven-tario della chiesa nel 1636: primo fratutti la dedica di Andrea Cioli sena-tore fiorentino che, ambasciatoredella corte toscana sotto Ferdinan-do i, Cosimo ii e Ferdinando ii, eradivenuto infine segretario di que-st’ultimo. Aveva sposato nel 1625 lacortonese Angelica Badii, dama d’o-nore di Cristina di Lorena e di Ma-ria Maddalena d’Austria. Sulla baseè visibile anche lo stemma della fa-miglia Cioli. Questa stretta vicinan-za del donatore alla casa regnante,insieme alla grande qualità e alla fi-

nezza esecutiva del Crocifisso, indu-cono a ipotizzare un’esecuzione nel-le botteghe granducali: in questoscorcio di secolo quegli artisti di-mostrano di aver fatto proprio il gu-sto introdotto a corte dalla stessaMaria Maddalena d’Austria conl’accostamento dell’ebano e dei ric-chi riporti in argento che ritroviamoanche ai terminali dei bracci dellacroce. Particolari questi che ricorda-no da vicino la decorazione tipicadella manifattura di Augusta di ini-zio secolo.

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La base è ottagonale e composta diquattro gradini: al centro del primoè apposta una elegante placchettasbalzata che raffigura l’episodio bi-blico del serpente di bronzo che«Mosè innalzò per salvare il popolod’Israele dai serpenti infuocati che loavrebbero assalito» (Numeri 21,4-9),con la scritta Mors et vita duello. L’e-pisodio, qui inserito con sapiente ri-mando, prefigura il sacrificio di Cri-sto come si legge nel Vangelo di Gio-vanni: «Come Mosè ha innalzato ilserpente nel deserto, così è necessa-rio che il Figlio dell’uomo sia innal-zato, affinché chiunque crede in luinon perisca» (Giovanni, 3,14-15). IlCristo a tutto tondo, di forme bel-lissime e slanciate, rimanda a esem-pi del Giambologna destinati allaSantissima Annunziata e alla cappel-la Salviati nella chiesa di San Marco.

Vetrina 4 (addossata alla parete a sinistra dell’ingresso)

58. botteghe granducali, primi decenni del secolo xviiFinimento d’altare composto da quattro candelieri e croceante 1632cristallo di rocca, ebano conriporti d’argento, bronzo e ramedorato; h cm 58 e cm 60(candelieri), h cm 100 (croce) (inv. 9)

I candelieri e la croce compaiono ne-gli inventari del 1616 relativi alle re-liquie appartenenti a Maria Madda-lena d’Austria, granduchessa di To-scana (Archivio di Stato di Firenze),la quale commissionò nei primi de-cenni del Seicento diversi reliquiariin cristallo di rocca (uno dei quali an-che nel tesoro di Impruneta). Fuperò la suocera Cristina di Lorena adonare questo splendido finimentonel 1633 in occasione della proces-sione del 2 ottobre di quell’anno.Esemplari del prezioso cristallo era-no già presenti nelle collezioni me-dicee all’epoca di Cosimo i in oggettilavorati a Milano o a Venezia. Fuperò con Francesco i che vennero in-

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trodotte anche a Firenze maestranzecapaci di lavorare questo bellissimomateriale, raro e denso di riferimen-ti simbolici che trovavano nell’uso li-turgico la giusta valorizzazione. Unfinimento analogo, col cristallo la-vorato a spirale, fu donato dalla stes-sa Cristina alla Santissima Annun-ziata nel 1632, il cui disegno è statoattribuito a Matteo Nigetti, archi-tetto e coordinatore dal 1626 degliintagliatori di corte. Se l’invenzioneda parte di Nigetti non è sicura per

il finimento di Impruneta, che tral’altro presenta lavorazioni diversenella croce e nei candelieri, è invecequasi certa la sua esecuzione nellebotteghe granducali, in quel mo-mento sensibili anche alle novità in-trodotte dalla stessa Maria Maddale-na d’Austria, che amava gli accosta-menti di materiali diversi e preziosicome il cristallo e l’ebano.

Vetrina 5 (parete di fronte all’ingresso)

In questa vetrina è esposta la riccaserie di vasi votivi in argento, omo-genei per stile ed epoca, che caratte-rizza il Tesoro di Santa Maria del-l’Impruneta: i vasi, in tutto quindi-ci, furono donati in occasione dellagrande processione del 1633 dal cle-ro metropolitano, da alcune com-pagnie religiose e da famiglie nobiliche vi fecero apporre la loro dedica.Erano destinati ad adornare la ba-laustra del tempietto della Vergineall’interno della basilica, alternati acandelieri e corredati probabilmen-te da gigli votivi. Si presentano ge-neralmente con piede circolare ecorpo piriforme decorato con inci-sioni complesse ed eleganti cartellenelle quali sono inclusi simboli opiccole scene; i più raffinati mostra-no anche elaborati beccucci.

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59. manifattura fiorentina(Bottega all’insegna del fiore dicardo), prima metà del secolo xviiCoppia di vasi votivi1633argento sbalzato, cesellato,bulinato e inciso, parti di fusione;cm 30x18 (inv. 16)Simile alla coppia n. 68, questi duevasi presentano una decorazione ana-loga ma i beccucci non si raccorda-no all’orlo superiore. Le tre cartellecontengono gli stemmi delle tre no-bili famiglie dei donatori Salviati,Corsini, Niccolini; al centro è unatiara pontificia.

60. manifattura fiorentina,prima metà del secolo xviiCoppia di vasi votivi1633argento sbalzato e inciso; cm 27,5x17; piede diam. cm 10(inv. 19)nelle tre cartelle: Crocifissione tradue frati, Maddalena ai piedi dellacroce e l’iscrizione: «la compagniadel crocifisso dei bianchi difirenze sotto sancta marianova faciebat l’anno 1633.»

61. manifattura fiorentina,prima metà del secolo xviiVaso votivo1633-1635 ca.argento sbalzato e inciso; cm 27,5x16,5; piede diam. cm 11 (inv. 20)nelle tre cartelle: Madonna incoronata col Bambino, san Lorenzo, stemma Strozzi-Machiavelli

62. manifattura fiorentina,prima metà del secolo xviiVaso votivo1633-1640 ca.argento sbalzato e inciso; cm 28x16; piede diam. cm 9,5(inv. 23)nelle tre cartelle: Madonna colBambino, san Giuseppe, stemmaStrozzi-Machiavelli

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63. manifattura fiorentina,prima metà del secolo xviiVaso votivodatato 1633argento sbalzato e cesellato; cm 27,5x17; piede diam. cm 10,2(inv. 17)nelle tre cartelle: Annunciazione,una Croce e l’iscrizione: «la compagnia di s. ilario acolombaia al tempo che fugovernatore m. pietro casinil’anno 1633».La Compagnia che aveva sede pres-so la chiesa di San Gaggio era unadelle tappe della sacra icona duran-te il suo trasferimento a Firenze.

64. manifattura fiorentina,prima metà del secolo xviiVaso votivodatato 1635argento sbalzato e cesellato; cm 26,5x16; piede diam. cm 10(inv. 22)nelle tre cartelle: la VergineAssunta, una Ruota e l’iscrizione:«compagnia e congregati dellaassunta sotto s. pietroscaraggi di firenze 1635».

65. manifattura fiorentina,prima metà del secolo xviiCoppia di vasi votividatati 1634argento sbalzato e inciso;

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cm 28,5x16,5; piede diam. cm 10(inv. 21)nelle tre cartelle: San Francesco,Maddalena penitente e l’iscrizione:«homini della compagnia dis. maddalena posta ne chiostridi s. +»Anche la chiesa di Santa Croce co-stituì una tappa nella processionedel 1633.

66. manifattura fiorentina,prima metà del secolo xvii (1633?)Vaso votivoargento sbalzato e cesellato; cm 27,5x16; piede diam. cm 10,5 (inv. 18)nelle tre cartelle: Madonna col

Bambino, San Domenico e unostemma con castello turrito e ilmotto libertà (famiglia SpigliatiMagalotti?)

67. manifattura fiorentina,prima metà del secolo xviiVaso votivo1630-1640 ca.argento sbalzato e inciso; cm 29x17; piede diam. cm 10,2(inv. 24)Tre le decorazioni incise, tre stemmidella famiglia Berardi-Salviati.

68. manifattura fiorentina,prima metà del secolo xviiCoppia di vasi votividatati 1633argento sbalzato, cesellato,bulinato e inciso, parti di fusione;cm 31x18 (inv. 15)iscrizioni sul collo del vaso:«archid. et cap. flor. b.mariae.v. eiusq. sacros. imaginiimprunet. grassantepestilentia.d.d. a.s. mcdxxxiii»;sotto la base: «rodulf. marcelloet berhar. de arena camerariiscap. flor.»Sono questi i pezzi di maggior pre-gio della serie dei vasi votivi, veri ca-polavori dell’oreficeria fiorentinadel Seicento. Furono offerti, comerisulta dalla scritta, dagli Arcidiaco-ni e dal Capitolo della Metropolita-

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na fiorentina in ringraziamento allaVergine di Impruneta per aver libe-rato la città dalla pestilenza. I due vasi sono caratterizzati da trebeccucci decorati da protomi antro-pomorfe con un motivo di ali che siraccordano all’orlo superiore del va-so; il corpo è decorato con un ric-chissimo sfoggio di volute, foglie, fe-stoni di frutta e, dentro due cartelle,due teste di cherubino. La decora-zione dimostra il perdurare del sofi-sticato e complesso repertorio tardo-manieristico, divenuto ormai quasiil lessico tipico delle botteghe fio-rentine e valido ancora nel quartodecennio del Seicento.

69. manifattura fiorentina,prima metà del secolo xviiVaso votivodatati 1641argento sbalzato, cesellato e inciso;cm 30x17; piede diam. cm 10,5(inv. 25)nelle tre cartelle, stemmi dellafamiglia Salviati-Strozzi, Salviati-Rucellai e la data 1641

Vetrina 6 (parete di fronte all’ingresso)

70. manifattura fiorentinaprima metà del secolo xviiCoppia di candelieri

datati 1721argento sbalzato e cesellato; h cm 47 x sezione base cm 15,5(inv. 39)Eseguiti probabilmente peraccompagnare i candelieri del1633.

71. adriano haffner(notizie 1703-1768)Ostensorio1713-1714argento sbalzato, cesellato, tornitoe inciso, parti di fusione; bronzo erame dorato; h cm 64 x raggieradiam. cm 29 (inv. 40)

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stemmi Orlandini e Patrizi punzoni: aa in campo ovaleDonato dalla romana Olimpia Pa-trizi che, sposando il fiorentino Or-landini unificò le due famiglie, ilprezioso oggetto di manifattura fio-rentina è la prima opera nota diAdriano Haffner, oriundo tedesco,che lavorò nella bottega di Giovan-ni Guglielmo Petres, immatricola-tosi il 1713. Presenta un disegno euna decorazione che ricordano imodi di Giovan Battista Foggini,forse il più grande esponente dellascultura barocca in Toscana. Allostesso Haffner si devono i due can-delieri presenti nel tesoro del museoe databili al 1721 (n. 70 - inv. 39), cherisultano fedeli repliche della coppiadonata da Ginevra CarnesecchiMozzi nel 1633 (n. 50 - inv. 10).

72. manifattura fiorentina,prima metà del secolo xviiiCalicedatato 1720argento sbalzato e cesellato; h cm 25; coppa diam. cm 9; piede diam. cm 13 (inv. 37)punzoni: Leone passante, Elmo,Croce greca

73. manifattura fiorentina,terzo decennio del secolo xviiiCaliceargento sbalzato e cesellato;

h cm 23,6; coppa diam. cm 8,5; piede diam. cm 11,5 (inv. 38)punzoni: Leone passante, Crocegreca, illeggibile

74. manifattura fiorentina,inizio del secolo xviiiCaliceargento sbalzato e cesellato, h. cm24,2; coppa diam. cm 8,5; piede diam. cm 13,5 (inv. 29)punzone: Leone passanteDonato dalla Compagnia di SantaCaterina o di San Bernardino “inPinti”.

75. manifattura fiorentina,primi decenni del secolo xviiiPissideargento sbalzato e cesellato, h cm 22,1; coppa diam. cm 9,5; piede diam. cm 9,5 (inv. 36)punzoni: Leone passante, Torre,Alabarda

76. manifattura fiorentina,primi decenni del secolo xviiiBacile e mesciroba1711argento sbalzato e cesellato, partidi fusione; mesciroba cm 26,5x12;bacile diam. cm 42,5 (inv. 27)La grande qualità della lavorazione eil valore ingente dei due pezzi indu-cono ad accostarvi alcuni disegni diGiovan Battista Foggini della biblio-

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teca Riccardiana e degli Uffizi, maanche le decorazioni presenti nel pa-liotto d’argento donato da Cosimoiii all’altare della Vergine. Il com-mittente non poteva essere da meno:può essere infatti identificato con l’a-bate Cosimo Serristori che risultaavere donato nel 1711 un «bacile d’ar-gento colla sue mesciroba di finissi-mo lavoro, di peso di libbre 6 e once2» (Elenco dei doni del 1711 pubbli-cato dal Casotti nel 1713). Lo stessoabate donò nella medesima occasio-ne un bellissimo calice in argento,opera anch’esso dei più insigni tra gliorafi granducali (vedi n. 77 - inv. 28).

77. manifattura fiorentinainizio del secolo xviiiCaliceargento di fusione, sottocoppa inargento sbalzato e cesellato; h cm25,1 x coppa diam. cm 10; piedediam. cm 12 (inv. 28)

78. bottega di franz ignaz stadler (notizie 1686-1690)Calice1696-1705 ca.argento sbalzato, cesellato edorato; h cm 23; coppa diam. cm 9; piede cm 15 (inv. 31)punzoni: sul piede il marchio diAugusta e il punzone con trelettere «fis»Come conferma la punzonatura che èindice della manifattura di Augusta, la

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forma e la decorazione del calice lo col-locano in area culturale non italiana,mentre le lettere «fis» ci rimandano al-l’orafo autore di una croce d’altare nel-la cattedrale di Esztergom. Lo stile incui l’oggetto è eseguito suggerisce unadatazione agli inizi del secolo xviii.Anche se mancano documenti al ri-guardo, è assai probabile che il calicesia giunto al Tesoro come dono del-l’ultima Medici, Anna Maria Luisa,moglie dell’Elettore Palatino. Devotaalla Vergine, ella risulta avere inviatoaltri doni dalla Germania come, nel1712, due grandi vasi d’argento con fio-ri e due candelieri con viticci a titolodi ex voto per la guarigione del marito.

79. manifattura palermitanaultima metà del secolo xviiCalicedatato 1696

argento sbalzato e cesellato; h cm 26,4; coppa diam. cm 9;piede diam. cm 14 (inv. 30)iscrizioni: «tempore p. innocenti aso. angelo commendatoris 1698»punzoni: aquila con lettere rvp eg.c.n. e diversi altri

80. manifattura fiorentinainizio del secolo xviiiPissideargento sbalzato, cesellato e inciso; h cm 15; coppa diam. cm 8; piedediam. cm 7,5 (inv. 35)

81. manifattura fiorentinaprimo decennio del secolo xviiiCoperta del Missale Romanum stampato nel 1702velluto e argento sbalzato;cm 37x25 (ciascun piatto dellalegatura) (inv. 33)

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nei piatti al centro: monogrammadi Cristo, monogramma dellaVergine e Assuntaiscrizioni: «famiglia d. marenova»

Sulla parete d’ingresso, al centro

82. manifattura fiorentina,primi decenni del secolo xviiiPortello della Vergine di Imprunetadatato 1711lamina in argento sbalzato ecesellato su supporto di legnodorato; cm 152x71Si tratta dello sportello che dal 1711fino alla seconda guerra mondialecopriva la tavola della Vergine sul-l’altare del tempietto nella basilica:danneggiato dai bombardamenti èstato restaurato col recupero anchedei frammenti lignei. È ricordatonella nota dei doni offerti nel 1711in occasione della grande proces-sione: donatore in questo caso ful’antica Compagnia dell’arcangeloRaffaele, detta del Raffa. Difatti, trai ricchi rabeschi d’argento in formadi tralci di rose e gigli, al centro delportello si vede un medaglione raf-figurante Tobiolo che sta tirandofuori il pesce dall’acqua assistitodall’angelo Raffaele; sullo sfondo,separata da un albero, è una vedutadi città nella quale è forse da rico-noscere una Firenze idealizzata.

Opera di fattura elegante e di aspet-to prezioso, può considerarsi ese-guita quasi certamente in una bot-tega fiorentina.

Vetrina 7 (parete d’ingresso)

83. ignoto argentierefiorentino, primi decenni delsecolo xviiiFinimento di sei candelabri e crocedatato 1711argento sbalzato, cesellato,bulinato, tornito e inciso; il Cristo

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è di fusione; la croce è in laminad’argento su anima di legno;h cm 58,2 (candelieri), h totalecroce cm 109 (inv. 26)iscrizioni nelle cartelle: «domusriccardi cum cassandracapponi coniuge/ dei paraevirgini mariae imprunetae suaminvisentim florentiam/ d.d.d.anno domini mdccxi»Il finimento, di lavoro squisito e dilega perfetta, fu donato dal marche-se Francesco Riccardi, dalla moglieCassandra Capponi e dal figlio Co-simo con l’obbligo di essere espostosull’altare della Vergine sia nei gior-ni festivi che feriali. Il carattere so-fisticato di questi oggetti bene li col-loca nell’ambiente artistico fiorenti-no di fine Sei e inizio Settecento, lacui scena era dominata da scultoridi rango come Foggini e Soldani, at-tivi anche per i Riccardi. Alcuni di-segni di questi due artisti, che han-no contribuito a tradurre il lin-guaggio della scultura fiorentina daltardo-manierismo al barocco, sonostati di fatto messi in relazione coni candelieri e la croce. Ai nomi deidue scultori su citati va però ag-giunto anche quello di Holzmann,specie in relazione alla figura del bel-lissimo Cristo non ancora morto mache sta per spirare, come quello direcente attribuito all’artista nellachiesa di San Lorenzo. Insieme al

Merlini questi lavorava in quegli an-ni al paliotto d’argento per l’altaredella Vergine su commissione delgranduca Cosimo iii: è probabileche la famiglia Riccardi, una dellepiù importanti a Firenze, abbia vo-luto con questo dono, commissio-

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nato agli artisti più legati alla corte,offrire alla Vergine un finimentod’altare degno per qualità e raffina-tezza del paliotto d’argento delgranduca.

Vetrina 8 (centrale)

84. manifattura fiorentina,primi decenni del secolo xviiiSerie di tre carteglorialamina d’argento sbalzato e legno;cm 43x52 (la centrale); cm 35,5x28(le laterali) (inv. 41)La sigla lob collega la serie allaCompagnia di San Carlo detta deiLombardi che, tra molti altri doni,offrì per nove anni a partire dal1695 un vaso d’argento.

85. manifattura fiorentina,prima metà del secolo xviiiCoppia di reliquiari1730 ca.lamina d’argento sbalzato e legnolaccato; cm 59,5x15,5 (inv. 42)Come le tre cartegloria (n. 84) furo-no donati dalla Compagnia di SanCarlo dei Lombardi.

86. manifattura fiorentinaprimo-secondo decennio delsecolo xviiiCoperta del Missale Romanum 1713velluto e argento sbalzato; cm 36x24,5(ciascun piatto della legatura)(inv. 34) nei piatti: monogramma di Cristoe la Vergine Assunta

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87. manifattura fiorentinaPalmatoria1716argento inciso; cm l 28,5 x h 3,5 x 9,3 (diam. delpiatto reggicera) (inv. 32)

88. manifattura fiorentinametà del secolo xviiiCoppia di reliquiari a ostensoriolamina d’argento sbalzata ecesellata su supporto di legno; cm 52,5x19 (inv. 44)

89. manifattura fiorentina,metà del secolo xviiiReliquiario a ostensoriolamina d’argento sbalzata ecesellata su supporto di legno; cm 36x18 (inv. 43)

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Il culto della Madonna di Imprunetaal tempo dei Lorena

C on l’estinzione della dinastia medicea e l’avvento dei Lorena, nelSettecento si ebbe un certo contenimento del culto della Vergine. La

politica illuminista tendeva alla promozione di uno Stato laico e avver-sava certe manifestazioni esteriori, come il culto delle immagini, le pro-cessioni, le reliquie. Nell’ambito della stessa Chiesa si manifestavano ten-denze venate di giansenismo che consideravano queste manifestazioniforme di superstizione. Fu proprio alla fine di quel secolo, nel 1784, chesi giunse alla distruzione degli ex voto della Santissima Annunziata, co-sa che per fortuna non avvenne a Impruneta, dove si corse però il seriorischio di veder cancellato il culto della Vergine.Infatti, un documento che vale la pena richiamare, ci consente di co-noscere il momento preciso in cui l’immagine venne ridipinta, al finedi mantenere in vita il culto della Madonna di Impruneta. Al pieva-no di Impruneta, membro della famiglia dei marchesi Giugni, giunsedunque la notizia che il comandante supremo della reggenza, il contedi Richecourt, desiderava vedere l’immagine della Vergine. Allora «ilprudente pievano, sentita l’importanza di una tal visita, credé suo do-vere di vederla prima di lui (giacché ad antiquo nessuno l’aveva vedu-ta e molto più scoperta, avendo quest’immagine sette mantelline unasopra l’altra) quindi è che a chiesa serrata, e segretamente la fece sco-prire; ma qual fu la sua sorpresa trovando un’asse quasi nera, sopra laqual credesi fosse dipinta, e che non distingueasi neppure le tracce del-la supposta Madonna. In tale emergenza, qual partito prendere? Se ilconte di Richecourt la vede, è certo che faceva bruciare l’asse, e la de-vozione della Madonna dell’Impruneta sarebbe cessata fino da quel tem-

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po. Il migliore fu quello di farla subito ridipingere, e fu scelto a que-st’effetto il sig. Ignazio Hugford, che oltre ad essere stato un buon pit-tore dei suoi tempi, univa eziandio molta religione e pietà, come atte-stano i suoi discepoli da me benissimo conosciuti; il quale portatosi al-l’Impruneta in casa del Pievano Giugni, dipinse la Madonna con ilBambino Gesù sulla maniera antica». Nell’anno 1758, dunque, Igna-zio Hugford restaurò e ridipinse in gran parte la Madonna. L’opera-zione politica, promossa dall’astuto pievano perché non cessasse il cul-to, fu anche un’operazione che possiamo definire filologica. IgnazioHugford, pittore molto devoto, era anche un amante di cose antiche eaveva compiuto operazioni analoghe su dipinti simili. Quando la ta-vola di Impruneta è stata portata di recente a Firenze per essere esami-nata dall’Opificio delle Pietre Dure, nel laboratorio della Fortezza daBasso, si è notato che il supporto del dipinto è una tavola databile al-meno al XIII secolo (ma nulla esclude che possa essere addirittura piùantica), mentre della pittura originale non resta che il 10% della su-perficie pittorica complessiva; tutto il resto è opera dello Hugford, il qua-le però, pur ridipingendo quasi integralmente l’immagine, rispettò lezone dove si conservava il colore originale.Il culto della Madonna di Impruneta, dunque, continuò a esistere (vifurono ancora processioni nel Settecento), anche se ridimensionato, comeè evidente dal numero e dalla qualità degli oggetti del Museo, a eccezio-ne del Reliquiario di santa Teodora, probabilmente opera di un orafoaustriaco, donato da Pietro Leopoldo all’arcivescovo Martini e da que-sti portato nel 1784 a Impruneta. La Madonna, allora, sembrò ritorna-re ai tempi della sua giovinezza, vedendo limitato il suo culto alla solaImpruneta e alla campagna circostante.

Rosanna Caterina Proto Pisani

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Vetrina 9

90. orafo austriaco (?), ultimoquarto del secolo xviiiReliquiario di santa Teodoraante 1784argento sbalzato, cesellato, inciso ebulinato, parti di fusione; cm 49x57x29,5 (inv. 45)punzoni: ak in ovale su fondopuntinatoSi tratta di un interessante esempio dioreficeria neoclassica, di fattura pro-babilmente nordica. Donato dal gran-duca Pietro Leopoldo di Lorena adAntonio Martini, arcivescovo di Fi-renze dal 1781 al 1809, passò a Impru-neta nel 1784 come risulta da docu-menti nell’Archivio dell’Opera diSanta Maria del Fiore. Si compone didue urne sovrapposte contenenti le re-liquie: la superiore è fiancheggiata dadue angeli e sormontata dalla statui-na della santa incatenata a un masso.

91. manifattura fiorentina,metà del secolo xixCoppia di candelabri1830-1850 ca.argento fuso e marmo; h cm 40 ecm 37; base cm 14,5 (inv. 49)

92. manifattura romanaCalicedatato 1822argento sbalzato e cesellato e fuso;h cm 34; coppa diam. cm 9,5;

piede diam. cm 14 (inv. 47)iscrizioni: «la societàpromotrice fiorentina con leoblazioni dei fedeli 22 maggio1872 alla vergine ss.madell’impruneta questo caliceoffre.»

93. manifattura romana, orafogiuseppe boroni(notizie 1787-1830)Coppia di ampollineinizio del secolo xixargento sbalzato e cesellato,parzialmente dorato e vetro; h cm21,5 x diam. cm 5,5 (inv. 46)iscrizioni: fatte da e.b. e punzone b Le ampolline sono riferibili alla ce-lebre famiglia di argentieri attiva an-che per il Vaticano.

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94. manifattura napoletana,fine del secolo xviiiOstensorioargento sbalzato, cesellato, inciso,fuso, parzialmente dorato; h cm 63,5, raggiera cm 23iscrizioni: «i commercianti diponte vecchio-firenze 16.4.1988»punzoni: tre corone, al disottodell’ultima la lettera p (?)L’oggetto, piuttosto elaborato, pre-senta tutte le caratteristiche delle ore-ficerie napoletane del periodo con re-miniscenze barocche innestate suelementi neoclassici. Fu donato da-gli orafi del Ponte Vecchio in occa-sione dell’ultimo trasferimento a Fi-renze dell’immagine della Vergine diImpruneta in occasione dell’annomariano nel 1988.

95. manifattura italiana, primametà del secolo xxCoppia di candelieri1925 ca.argento sbalzato, cesellato estampato; cm 4,5x15 (inv. 54)iscrizioni: «proposto e popolo/rag. prof. c. mercato»punzoni: 800 e un caliceI due candelieri dall’elegantissimodisegno liberty testimoniano la con-tinuità del culto della Vergine anchenel secolo scorso: furono donati nel1925, anno in cui la chiesa di Impru-neta fu consacrata basilica minore.

96. manifattura fiorentina,metà del secolo xixPalmatoriaargento sbalzato e cesellato;cm l 28,2 x h 7 x 11 (diam. delpiatto reggicera) (inv. 52)

97. manifattura fiorentinaCandelabro1833argento sbalzato e cesellato, animain argento e piombo; cm 59x21; base cm 21x21 (inv. 48)stemma della famiglia Benci, conlettere g.b.b.

98. manifattura fiorentina,prima metà del secolo xixNavicella con cucchiainoargento sbalzato e cesellato;cm 9,5x19 (inv. 51)

83sala degli argenti

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99. manifattura fiorentina,fratelli scheggiprima metà del secolo xixTuribolo1836argento sbalzato e cesellato;h cm 30; piede diam. cm 9;braciere diam. cm 13 (inv. 50)Come la navicella presenta la siglaopa dell’impta.

Vetrina 10

100. libro di capitoli e sermoni della congregazione di santamariadatato 1538dono di don Giulio CesareStaccioli

101. giovan battista casotti(pievano dal 1726 al 1737)Memorie istoriche della miracolosa immagine di Maria Vergine dell’Impruneta,Firenze 1714

102. orafo fiorentino, secolo xixAnello del cardinale Elia Dalla Costaoro e topazio (?), diam. cm 3donato nel 1988

103. manifattura fiorentina,secolo xviSigillo di Pietro e GiovanniBuondelmontilegno e metallo, h cm 5,diam. cm 2dono di Alberto Bruschi

104. manifattura fiorentina,secolo xviiSigillo di Casa Medicilegno e metallo; cm 8, diam. cm 1,5dono di Alberto Bruschi

105. manifattura fiorentina,secolo xixMedaglioneargento sbalzato; cm 10,9x8,5(inv. 53)iscrizioni in basso: «opa»È il medaglione indossato dal sagre-stano durante le cerimonie più im-portanti. La sigla «opa» corrispondeall’Opera di Santa Maria dell’Im-pruneta di cui la pigna è simbolo.

106. manifattura fiorentina,secolo xixSerie di tre carteglorielamina d’argento sbalzato ecesellato su anima di legno;cm 30x38 (la centrale), cm 23x18,5 (le laterali)

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Alle pareti sono appesi alcuni ritratti e incisioni(dall’ingresso a destra)

107. Albero genealogico dellafamiglia Buondelmonti, patrona della chiesa di Imprunetacompilato da Scipione Ammiratonel 1571; incisione su carta,bulino e acquaforte, in due partidi cm 49x50 ca. ciascunoconsegnato in comodato a tempoindeterminato dall’Ente Cassa diRisparmio di Firenze, 2005

108. ignoto pittore toscanodel secolo xviiMaria Maddalena d’Austria, mogliedi Cosimo IIolio su tela; cm 103x85deposito delle Gallerie fiorentine(Inv. 1890, n. 4323)

109. ignoto pittore toscanodel secolo xviiiCristina di Lorena granduchessa diToscana in abiti vedoviliolio su tela; cm 146x117deposito delle Gallerie fiorentine(Inv. 1890, n. 5241)

110. copia da justussuttermans, secolo xviiFerdinando II de’ Mediciolio su tela; cm 91x75deposito delle Gallerie fiorentine(Inv. 1890, n. 2922)

111. martin mytens (Stoccolma1695 - Vienna 1770)L’imperatrice Maria Teresad’Austria e il figlio Giuseppeolio su tela; cm 165x120dono della Pro Loco di Impruneta edi monsignor Cesare Staccioli, 2003

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112. alessandro saller - cosimomogalliLa processione del 17111714 ca.incisione; cm 57x40L’incisione è tratta dalle Memorie Istorichedi G.B. Casotti.

113. cosimo mogalli(Firenze 1667-1730) Tabernacolo della sacra immaginedella Madonna di Impruneta1714 ca.incisione; cm 44x35L’incisione è tratta dalle Memorie Istorichedi G. B. Casotti.

114 a e b. giovan battistacasotti (pievano dal 1726 al 1737)Due pagine manoscritte dalle “Memorie Istoriche”, Firenze 1714

115. cosimo mogalli(Firenze 1667-1730)La processione del 1711 in PiazzaPittidisegno acquerellato; cm 89x64,5deposito del Comune diImpruneta

116. cosimo mogalli(Firenze 1667-1730)La processione del 1711:composizione della processioneincisione; cm 89x69deposito del Comune di Impruneta

117 a e b. Due lastre originali per leincisioni di Cosimo Mogalli relativealla processione del 1711rame, mm 555x694, mm 555x692consegnate in comodato a tempoindeterminato dall’Ente Cassa diRisparmio di Firenze, 2005

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Sala dei paratiIn fondo al salone una breve rampa di scale in discesaimmette nella sala dei parati, l’ultima del museo manon la meno preziosa. Tra i ricchi doni di cui la basi-lica veniva fatta oggetto, non erano infatti ultimi perimportanza e qualità i paramenti sacri che aumenta-vano il prestigio della chiesa mostrando nel contempola generosità dei donatori che spesso vi facevano ap-porre i loro stemmi. La raccolta, il cui primo inventa-rio risale addirittura al 1432, comprende oggi esempla-ri che datano dal Quattrocento fino alla fine del Set-tecento. Nell’archivio della basilica è conservato tut-t’oggi un ricchissimo materiale che documenta non so-lo la consistenza delle donazioni in questo settore, maci fornisce anche informazioni preziose per gli studi suitessuti antichi. Fra questi una particolare attenzionemeritano, in quanto caratteristici di Impruneta, i fa-mosi mantellini con i quali veniva coperta l’immaginedella Vergine, che sono esposti nelle vetrine sui lati lun-ghi della sala. Quanto alle pianete e agli altri parati, il più antico fragli esposti risulta essere una pianeta di manifattura ita-liana del secolo XVI in velluto cesellato verde (teca a si-nistra dell’ingresso) in cui appare stilizzato l’antico mo-tivo dei fiori di cardo. Della stessa epoca e di manifat-tura toscana è il bel paliotto di velluto rosso ricamatoesposto in fondo alla sala sotto al tabernacolo proces-sionale a trittico, con sportelli mobili dipinti, realizza-to probabilmente nel 1354 in occasione della prima pro-cessione con cui la grande icona della Vergine fu tra-sportata a Firenze. All’altare del tabernacolo era desti-nata la tovaglia in garza ricamata a balze con fili di se-ta policromi dell’ultimo quarto del secolo xvi, espostanella vetrina a destra dell’ingresso.

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Le altre pianete esposte nella vetrina a sinistra dell’in-gresso (ma la basilica ne conserva molte altre in depo-sito) sono databili ai secoli xvii e xviii e presentanouna ricca tipologia di tessuti: quella di damasco verdedella prima metà del Seicento ha applicato in bassouno stemma dipinto raffigurante la Madonna col Bam-bino e san Giovanni; le due pianete del Settecento, dimanifattura forse veneziana, rappresentano nella raffi-nata selezione dei colori del tessuto (lampasso) duesplendidi esempi del disegno tipico del periodo, notocome bizzarre. Un’altra preziosa pianeta dello stesso se-colo spicca per uno straordinario e complesso ricamod’oro su fondo di raso, mentre quella che può forse es-sere riferita a manifattura francese risulta tagliata in unsontuoso Gros liseré broccato con grandi inflorescen-ze rosse, viola e azzurre. Si veda come alcune di questepianete presentino in basso, come prima si accennava,gli stemmi fatti applicare dai munifici donatori.

Manifatturaitaliana(Toscana ?)secolo XVIMantellina(part.)1568seta, filatometallicocm 187,5x118

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A partire dalla vetrina a destradell’ingresso

118. manifattura italiana(Toscana ?) ultimo quarto del secolo xviTovaglia da altarelino, seta, filato metallico; cm578x80Si tratta di una tovaglia in garza nel-la quale si alternano strisce di di-mensioni diverse, ricamate a puntostuoia in seta gialla, verde chiaro,verde oliva, celeste, blu, rosa chiaro,rosa salmone, rosso, viola chiaro escuro, argento filato e argento dora-to. Il disegno del ricamo compren-de racemi con fiori e foglie e tralcivegetali secondo motivi tipici dellegrottesche. La tovaglia era usata percoprire l’altare su cui posava il ta-bernacolo costruito nel Trecento pertrasportare l’icona della Verginefuori dalla sua sede abituale.

119. manifattura italiana(Toscana ?) metà del secolo xviiiMantellinoante 1774seta e filato metallico; cm 176x114,5Sul taffetas celeste detto “a pelo stri-sciante”, risalta un raffinato ricamoin argento più fitto nella zona supe-riore con motivi a rocaille e rami diulivo e, al centro, tre cornucopie con

tralci fioriti. Lo stemma applicato inbasso è quello della famiglia pistoie-se Panciatichi che donò la mantelli-na prima del 1774, anno in cui fucompilato un inventario nel quale ègià descritta.

120. manifattura italiana ofrancesesecondo quarto del secolo xviiiMantellinoante 1731seta e filato metallico; cm 177x109Il mantellino è in lampasso brocca-to con disegno esuberante che rive-la la conoscenza di tessuti indiani. Imotivi esotici distribuiti simmetri-camente sono contenuti entro cor-nici che imitano le trine. Lo stem-ma applicato è quello della famigliaStrozzi. È già contenuta in una de-scrizione del 1731.

Sulla parete di fondo

121. scuola fiorentinametà del secolo xivTabernacolo processionale consportelli mobili della Vergine diImpruneta1350-1360 ca.tempera su tavola; cm 147x33(ciascuno sportello)La prima processione della Madon-na a Firenze, citata dalla Cronica di

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Matteo Villani, avvenne nel 1354.Questa custodia a forma di tritticocon la teca centrale trilobata fu pro-babilmente eseguita in quell’occa-sione non solo per comodità di tra-sporto, ma anche per proteggere enascondere l’icona aumentandonela sacralità. Viene comunque citata

per la prima volta nel 1369 allorchéla Vergine viene nuovamente trasfe-rita a Firenze. Nella parte esterna de-gli sportelli mobili sono raffiguratil’Annunciazione, san Zanobi, sanFilippo, san Giovanni Battista e sanCristoforo; all’interno in alto, santaCaterina d’Alessandria e san Luca,al di sotto angeli musicanti. Le pitture sono state attribuite (Bo-skovits 1993) a un seguace di Maso diBanco, già conosciuto come Maestrodel Bargello, ma ribattezzato di re-cente Maestro di Tobia (attivo tra il1354 e il 1368), dalle storie di Tobia dalui affrescate nell’oratorio della Com-pagnia del Bigallo a Firenze. Nume-rose ridipinture presenti sugli sportel-li interni sono però riferibili all’inter-vento di un pittore del Quattrocentoe rendono più difficile l’identificazio-ne dell’autore il cui stile, più eviden-te nella zona esterna, è caratterizzatoda grande eleganza espressiva. Quan-to alla committenza, è possibile che aordinarne l’esecuzione fosse la fami-glia Bardi di Vernio che col pievanoFederigo de’ Bardi contendeva allorail patronato della chiesa alla famigliaBuondelmonti: per la loro cappella inSanta Croce si erano appunto rivoltia Maso di Banco.La devozione popolare ha causato neltempo un ulteriore arricchimento deltabernacolo con l’aggiunta di alto diuna corona (vedi qui di seguito).

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122. manifattura fiorentina,ultimo quarto del secolo xviiiCorona1781ottone argentato e bronzo doratosu struttura di ferro; cm 63x55x28,5La corona attuale, donata dallaCompagnia dei Lombardi e restau-rata nel 1873, ha sostituito nel 1781la corona imperiale a due punte checompare sul tabernacolo nella stam-pa del 1758.

123. manifattura italiana, fine del secolo xviPaliottoseta, filato metallico e legno;cm 100x211Il tessuto è velluto tagliato e rica-mato ad applicazione: il motivopiuttosto complesso è ancora di ma-trice tardo manieristica e compren-de un bordo a racemi e altre elabo-rate decorazioni a volute terminan-ti in fiamme e fulmini.

Vetrina di fronte all’ingresso, a seguire

124. manifattura italiana ofranceseprimo quarto del secolo xviiiMantellinoseta e filato metallico; cm 156x120

125. manifattura italiana(Toscana ?), seconda metà delsecolo xviiMantellinoseta, lino e filato metallico;cm 184x108

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I “mantellini”della Madonna di Impruneta

I paramenti sacri esposti nel museo non sono che una parte limitata –come risulta dagli antichi inventari – del corredo tessile della basili-

ca, incrementato nel corso dei secoli dai preziosi doni alla Vergine, so-prattutto in occasione delle famose processioni del 1633 e del 1711. Nel nu-mero limitato degli oggetti – tutti di altissima qualità – è necessario sot-tolineare la presenza di un nutrito gruppo di “mantellini”, oggetti speci-fici, propri del corredo della Madonna di Impruneta. I mantellini sonotende rettangolari, destinate a coprire immagini di culto, come per esem-pio la Santissima Annunziata a Firenze, accrescendone l’aura di sacra-lità. Nel caso specifico della Madonna di Impruneta, il mantellino nonserviva solo a coprire l’immagine sull’altare, ma accompagnava la Ma-donna nelle sue processioni.Il primo inventario esistente della basilica, del 1432, non ricorda nei suoielenchi mantellini, lasciandoci incerti se all’epoca vi era l’usanza di te-nere coperta l’immagine. Già nel 1466 tuttavia furono donati alla Ver-gine quattro mantellini e altre donazioni sono ricordate nel 1470 e nel1547. Sappiamo inoltre che la Compagnia di sant’Ilario, legata da profon-da devozione alla Vergine, durante le processioni aveva il privilegio discoprire l’immagine. Nel documento settecentesco relativo alla ridipin-tura dell’immagine da parte di Ignazio Hugford, il pievano Giugni, perpoter vedere la Madonna, dovette scoprire sette mantellini. Così nelle in-cisioni di Stefano della Bella, Cosimo Mogalli e in una incisione sette-centesca della Biblioteca Marucelliana (vol. LXXIV, n.90), la Madonnaè sempre coperta dai mantellini che, proteggendola dagli sguardi e con-ferendole il mistero di una maggiore sacralità, erano certamente gli og-getti che si trovavano a contatto diretto della sacra Immagine. Per que-sto motivo i mantellini erano doni privilegiati fatti alla Vergine insieme

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a pianete, piviali e tovaglie, come ricordano la Nota dei doni del Ron-dinelli e gli Elenchi del Casotti.In un bellissimo mantellino in taffetas laminato d’argento ricamato, cu-stodito per motivi di conservazione in sagrestia, la marchesa Giulia Spa-da Riccardi spiega in una lunga iscrizione della fodera, il motivo del suodono, per la salvezza sua e del figlio.La cospicua campionatura esposta nella sezione dei tessuti del museo ap-partiene a epoche e manifatture diverse, presentando esemplari di pro-duzione toscana, veneziana e francese databili dal Cinquecento al Set-tecento. La realizzazione dei mantellini in tessuti diversi (velluti, rasi,damaschi, taffettà) e con varie tecniche (ricamo, broccatura, cesellatu-ra), ci consente di seguire la storia del tessuto dai disegni cinquecenteschidelle fiammelle e del fiore di cardo fino ai raffinati motivi sei-settecente-schi di tessuti a pizzo o delle sete bizzarre dai fantastici disegni di gustoorientaleggiante.La presenza, sui mantellini, di iscrizioni o armi nobiliari ci permetteinoltre di approfondire la storia della sacra Immagine e i suoi rapporticon la città di Firenze.I mantellini esposti nel museo furono offerti da diversi donatori: corpo-razioni (Battiloro, Rivenditori, i due mantellini cinquecenteschi in vel-luto rosso), compagnie (Compagnia delle Stimmate, la stessa che avevacommissionato nel 1634 a Gherardo Silvani il portico della chiesa e chelo donò insieme a una pianeta e a un paliotto dello stesso tessuto), nobi-li famiglie (Caccini da Verrazzano, Strozzi, Alemanni Franceschi, Pan-ciatichi). In alcuni di essi la parte centrale è decorata dal monogrammadella Vergine sormontato da una corona. Infine, in occasione della pro-cessione del 1711, la Compagnia dell’Arcangelo Raffaele donò alla Vergi-ne un portello in argento (attualmente nella sezione degli argenti del mu-seo) che doveva costituire una protezione fissa sull’altare e che ha salva-to la sacra Immagine dai bombardamenti dell’ultima guerra.

Rosanna Caterina Proto Pisani

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126. manifattura italiana(Venezia ?) o francese, secondoquarto del secolo xviiiMantellinoSeta, lino e filato metallico;cm 180x120

127. manifattura italianafine del secolo xvii - inizi delsecolo xviiiMantellinoseta, filato metallico, lino;cm 183x118Questa mantellina insieme a un pa-rato fu donata nel 1711 dalla Com-pagnia della Stimmate in occasionedella più volte citata processione,come è evidente dal cartiglio appli-cato con al centro ricamate cinquestigmate sanguinanti, con al di so-

pra la scritta «Stimmate di Firenze1711». Il tessuto è un damasco broc-cato a fondo verde cosparso di maz-ze fiorite che si alternano in vertica-le a tralci vegetali.

128. manifattura italiana(Toscana ?), secolo xviMantellina1568seta, filato metallico; cm 187,5x118Il mantellino è formato da una stri-scia centrale di velluto tagliato rica-mato e da due fasce laterali in pre-zioso velluto cesellato bouclé. Il di-segno in queste fasce presenta untralcio sinuoso quadrettato avvoltoa un tronco fogliato con palmette;si riconoscono anche due tipi di fio-ri di cardo e altre inflorescenze. Inalto è ricamata la data 1568 e al cen-tro, tra le fiammelle dello SpiritoSanto, il simbolo bernardiniano, inbasso è la scritta relativa ai donatori«Rivenditori».

129. manifattura italiana, metàdel secolo xviMantellinoseta, filo metallico, lino;cm 192x118Si tratta di un velluto tagliato rica-mato a fiamme disposte a scacchie-ra; al centro è un medaglione rica-mato su tessuto di raso con l’imma-gine della Madonna col Bambino

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(recuperato da un parato preceden-te) e al di sotto un cartiglio con lascritta «Battilori De Casavechi». Lostemma in basso è quello della fa-miglia Casavecchia, che evidente-mente era in relazione con i dona-tori «Battilori».

Vetrina a sinistra dell’ingresso

130. manifattura italiana, inizidel secolo xviiiParato composto da pianeta e stolaseta, filato metallico, lino;cm 117x76 (pianeta); cm 229x24(stola)

131. manifattura italiana ofrancesesecondo quarto del secolo xviiiParato composto da pianeta e veloseta e filato metallico; cm 120x72(pianeta); cm 61x61 (velo)

132. manifattura italiana(Venezia ?) o franceseinizi del secolo xviiiParato composto da pianeta,manipolo e stola1711seta, filati metallici; cm 122x78,cm 95x20, cm 236x20La pianeta in lampasso broccato faparte di un parato comprendente

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manipolo e stola: la cartella in bas-so contiene la scritta «Fratelli dellaCompagnia di S. Ilario a Colom-baia, Fi 1711», che ricorda ancora unavolta come occasione del dono la giàcitata processione. Nel primo Settecento si riscontranella produzione dei tessuti ancheun’ispirazione a motivi giapponesiresi in forme astratte e fantastiche, ilcui stile venne soprannominato biz-zarre: questa pianeta ne è uno splen-dido esempio. Analogo stile anche se un po’ piùtardo si riscontra nella pianeta se-guente, donata dai «Benefattori del-la Galleria di s.a.r.» che non sap-piamo se riferire alla “Galleria deiLavori”, cioè alle botteghe e offici-ne granducali o alla Galleria degliUffizi.

133. manifattura italiana(Venezia ?) primo quarto del secolo xviiiParato composto da pianeta, stola eveloseta e filato metallico; cm 118x75,cm 38x20, cm 64x66

134. manifattura italiana, primametà del secolo xviiParato composto da pianeta e stolaante 1633seta e filato metallico; cm 121x75,cm 260x22,5

135. manifattura italiana, secoloxvi-xviiParato composto da pianeta emanipoloseta e lino; cm 122x68, cm 90x17Il tessuto dei laterali della pianeta èdella metà del secolo xvi, il tessutodella croce e della colonna è della fi-ne del xvi secolo-inizi del xvii secolo.

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Itinerari

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A l di là delle leggende fiorite intorno al suo ritro-vamento, l’attrazione esercitata dall’immagine

miracolosa della Madonna di Impruneta costituisceuna conferma del ruolo di importante centro religio-so svolto dalla pieve imprunetina nell’area collinareimmediatamente a sud di Firenze. Circoscritta inizial-mente al solo ambiente rurale, in collegamento con lafunzione esercitata dalla pieve in ordine ai bisogni re-ligiosi della popolazione contadina, la fama del simu-lacro si estese poi anche alla città, facendo nascere laparticolare devozione dei fiorentini per la Sacra Im-magine. Cosicché, come scrisse Emanuele Repetti nelsuo Dizionario geografico fisico storico della Toscana (Fi-renze 1832, vol. ii, p. 573), «spesse fiate il governo fio-rentino in casi di guerra o per disavventure di pesti-lenze, di lunga siccità, o di ostinate piogge, ebbe ri-corso alla miracolosa immagine della Madonna del-l’Impruneta, il cui venerato tabernacolo con gran tre-no, grandissimo concorso e devozione veniva proces-sionalmente portato a Firenze».Il fenomeno, se da un lato trasformò la pieve facen-dole assumere i caratteri di un santuario, dall’altroportò a una ragguardevole crescita del primitivo vil-laggio rurale di Impruneta, che assunse la caratteri-stica conformazione urbana – ancor oggi rilevabile –per cui l’abitato, per usare ancora le parole del Re-petti, risulta costituito da un «complesso di varie bor-gora staccate le una dalle altre, lungo le quali per di-

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Da Firenze al Museo del Tesoro di Santa Maria di Impruneta

RenatoStopani

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verse direzioni trovansi altrettante vie che sboccanonella vasta piazza della devota chiesa».Parallelamente all’espandersi della fama della Sacra Im-magine, si accrebbe la ricchezza della pieve imprune-tina, e sarà proprio in virtù dell’ingente sua dotazionepatrimoniale, e dai redditi che da questa derivavano,che saranno possibili i ricorrenti interventi di amplia-mento delle strutture architettoniche della chiesa, non-ché la ricchezza delle sue suppellettili sacre e la forma-zione del “tesoro” della basilica.

Tre itinerari per Impruneta

Appena usciti da Firenze, più strade conducono a Im-pruneta, dipartendosi dai fondo valle della Greve e del-l’Ema per risalire le colline che fanno da spartiacquetra i due fiumi. Un primo percorso inizia dalla stradastatale Cassia (l’antica via romana) oltre il Galluzzo, incorrispondenza della popolosa frazione di Tavarnuzze.Una ripida salita porta in breve a Montebuoni dove,su un’altura sovrastante il corso della Greve, sorgeva ilcastello che fu quartier generale dei Buondelmonte, igrossi feudatari della zona che detennero «ab imme-morabili» il giuspadronato della pieve di Impruneta.Attualmente Montebuoni è un piccolo abitato dall’a-spetto antico, tutto raccolto attorno alla sua chiesettadedicata a san Pietro, nel cui interno si trova una Ma-donna col Bambino di scuola fiorentina del xiv secolo.La strada prosegue con andamento serpeggiante toc-cando la borgatella di Bagnolo, con la sua vetusta par-rocchiale intitolata a San Martino, e snodandosi poi conandamento pianeggiante per una campagna intensa-mente coltivata che conserva ancora i tratti del tipicopaesaggio agrario toscano della mezzadria. Case colo-

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niche occhieggiano tra il rigoglìo degli olivi (coltiva-zione di gran lunga prevalente), mentre doppi filari dicipressi indicano la presenza di ville padronali. Anchelungo il tracciato della strada si affacciano i caratteri-stici edifici delle case mezzadrili, con le loro aie e ca-panne; lo stesso accade per alcune ville-fattorie, essen-do la strada costeggiata da ampi fabbricati padronaliche sovente contemplano anche piccoli oratori privati.In breve si giunge a Impruneta e ci si immette nellavasta piazza Buondelmonti, dove sorge la basilica diSanta Maria (fig. 1-2), un edificio che ben poco con-serva della pieve documentata sin dall’xi secolo: è del3 gennaio 1060, infatti, la notizia che ricorda la consa-crazione della primitiva chiesa, a opera del cardinaleUmberto di Silvacandida, legato del pontefice Niccolòii. Alcuni resti dell’antico edificio plebano sono inglo-bati nella fiancata destra: grazie a essi è possibile rico-struire i caratteri della chiesa romanica, che doveva es-sere a impianto basilicale, con tre navate spartite da

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Fig. 1. Impruneta, basilica di Santa Maria

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cinque archeggiature perlato sorrette da pilastriquadrangolari, e con unacripta in corrispondenzadella zona centrale del pre-sbiterio. Quest’ultima, an-cora integra, è un piccoloambiente absidato divisoin navatelle da colonne inarenaria con capitelli sor-montati da grossi pulvinie scolpiti con caulicoli epalmette; una testa uma-na sporge da uno di essicon plastica rilevanza.Nella cripta, cui attual-mente si accede da unchiostro trecentesco chesi sviluppa sul lato destro

della chiesa, sono stati sistemati anche alcuni resti diun ambone duecentesco a tarsie marmoree.Risale alla seconda metà del Trecento l’ingrandimentoche fece assumere alla chiesa l’aspetto a un’unica nava-ta che attualmente la caratterizza. Nella stessa occasio-ne è probabile sia stato realizzato anche il vasto ambientevoltato, impropriamente chiamato sala d’armi deiBuondelmonti, che dà sul chiostro trecentesco. È inve-ce degli anni centrali del Quattrocento la ristruttura-zione che portò alla sistemazione dell’edificio così co-me oggi lo vediamo, con i due tempietti robbiani al suointerno. Nel quadro del riordinamento generale di tut-to il complesso fu aggiunto anche il rinascimentale chio-stro piccolo e fu realizzato un sistema di fortificazioniche racchiusero la chiesa e gli edifici a essa collegati en-tro un circuito murario rafforzato da torri angolari. L’al-

Fig. 2. Basilica di Santa Maria,la torre campanaria

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to e robusto campanile,un’alta torre merlata delxiii secolo, si prestò “na-turalmente” a fungere dacassero. La basilica assun-se quindi l’aspetto di unfortilizio, che in parte èstato attenuato da succes-sivi restauri e abbellimen-ti, compreso il porticatoseicentesco di GherardoSilvani anteposto alla fac-ciata, dal quale si accede,oltre che alla chiesa, ai lo-cali che ospitano il Museodel Tesoro di Santa Mariadell’Impruneta.Si può giungere a Impru-neta anche per la cosid-detta via di Pozzolatico, un itinerario che ha inizio dalPoggio Imperiale, sulla destra della grande villa, e cheprocede con un percorso tortuoso fra rustici muri direcinzione e costruzioni signorili (Villa Gherardesca,Il Gelsomino). Un tratto rettilineo in ripida discesaprecede la frazione di San Felice a Ema, la cui chiesaè una costruzione tardo-romanica (fig. 3), trasformatainternamente nel Settecento rispettando però l’im-pianto originale. Oltre allo schema basilicale a tre na-vate (gli attuali sostegni delle archeggiature inglobanogli originali pilastri circolari), della costruzione primi-tiva rimane integra la facciata con i tre portali, di cuiquello centrale decorato nella lunetta con intarsi geo-metrici di marmo bianco e serpentino. Nella sagrestiasi conserva una Madonna col Bambino, parte di un po-littico di Giovanni del Biondo (1387).

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Fig. 3. Chiesa di San Felice aEma

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Lasciata la chiesa, la strada prosegue attraversando iltorrente Ema e cominciando poi a risalire il colle diPozzolatico, punteggiato di ville e case coloniche. Sia-mo in una zona che, come tutta la campagna più pros-sima a Firenze, più precocemente si ricoprì di una fit-ta rete di poderi e si dotò di quegli elementi costituti-vi tipici delle terre “appoderate” che, a livello insedia-tivo, furono la “casa da lavoratore” e la “casa da pa-drone”, rispettivamente antenate della casa colonica edella villa-fattoria.Si giunge in breve a Pozzolatico, abitato formatosi at-torno a un nucleo più antico al cui centro emerge lamassiccia torre campanaria della chiesa intitolata aiSanti Stefano e Caterina (fig. 4), che solo in parte haconservato gli originali caratteri tardo-romanici, mo-dificati da un “ammodernamento” del xviii secolo.Nell’interno si conserva una tavola (Madonna colBambino), attribuita a Jacopo del Casentino inqua-

Fig. 4. Pozzolatico, Chiesa dei Santi Stefano e Caterina

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drata da una tela di Giovanni Martinelli (1647), ol-tre a una Madonna e santi dell’Allori.Con forte pendenza la strada risale le colline che fun-gono da spartiacque tra Val di Greve e Val d’Ema, in-contrando sul suo cammino la piccola frazione di Mez-zomonte. Prosegue poi in direzione di Monte Oriuolo, incassa-ta tra muretti; artistici tabernacoli sei-settecenteschisorgono ai bivi che via via s’incontrano.Il paesaggio all’intorno, dominato dagli oliveti chesi distendono lungo i fianchi delle colline dai dolcipendii, è tutto sparso di case coloniche e di ville pa-dronali che, oltre Monte Oriuolo, sempre più spes-so si affacciano sulla strada. Poco prima di Impru-neta si tocca il piccolo abitato de Il Desco, all’iniziodel quale è una bella casa padronale cinquecentescacon antico frantoio ancora funzionante. Siamo or-mai alla periferia di Impruneta: l’ultima parte delpercorso si svolge tra il muro che recinge il parco al-berato della Villa Accursio e le prime case dell’abi-tato imprunetano.Un terzo itinerario per raggiungere Impruneta è quel-lo per Mezzomonte, che si diparte dall’abitato di Piandei Giullari, dove ha inizio l’antica Strada Impruneta-na. La via transita sotto il poggio di Monteripaldi, cheevidenzia ancora le ferite aperte dalle antiche cave dipietraforte dalle quali proviene la maggior parte delmateriale che in passato è servito a costruire i princi-pali monumenti di Firenze. Una breve diramazionepermette di raggiungere la chiesa di San Michele aMonteripaldi, già monastero, della quale sono state ri-portate alla luce le strutture medievali, oltre a un sug-gestivo chiostrino trecentesco.Si prosegue per il fondo valle dell’ Ema e, in pros-simità delle Cascine del Riccio, una borgatella di

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aspetto moderno, in località Ponte a Iozzi, si vali-ca il torrente.Una strada, sulla sinistra, conduce alla chiesa di SanGiusto a Mezzana (o a Ema), all’interno della quale sitrovano una pala del Maestro di Serumido, che rap-presenta la Madonna col Bambino tra uno stuolo di An-geli e i santi Antonio e Barnaba, e un affresco di LuigiSabatelli raffigurante San Giusto.Si prosegue risalendo il colle di San Gersolè per la ripi-da Erta de’ Catinai, in un paesaggio punteggiato di vil-le-fattorie che, oltre ad attestare l’antichità dell’organiz-zazione dell’agricoltura secondo il sistema poderile, conle loro architetture testimoniano la proiezione sulla cam-pagna dei prodotti elaborati dalla cultura artistica citta-dina.San Pietro in Jerusalem (poi corrottasi in San Gersolè)è l’originaria intitolazione del-la chiesa che ha dato nome al-la collina: l’edificio, che sorgein prossimità della strada, èuna costruzione a un’unica na-vatella i cui originali caratteriromanici sono stati parzial-mente riportati alla luce da unrecente restauro (fig. 5).La strada transita poi per il pic-colo abitato di Mezzomonte,nei cui pressi è la grandiosa edelegante Villa Corsini, che fugià del cardinale GiovanniCarlo de’ Medici: all’ internosono sale e loggiati affrescati,tra gli altri, dal Passignano, daGiovanni da San Giovanni e daBernardino Poccetti (fig. 6). Fig. 5. Chiesa di San Gersolè

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S’incontra quindi la Villa Parenti, sul monte Oriuolo,dopo la quale, con un percorso pressoché pianeggian-te, si raggiunge Impruneta.

I dintorni dell’Impruneta

Le strade che da Impruneta si dirigono verso sud attra-versando quello che Guido Carocci (I dintorni di Fi-renze, ii, Firenze 1907, p. 327) definisce «il vasto alti-piano compreso tra le valli della Greve e dell’Ema», sisvolgono per la parte più settentrionale del Chianti fio-rentino. Anche se estesi vigneti hanno un po’ ovunquesostituito le tradizionali coltivazioni promiscue, il pae-saggio ha conservato, almeno a livello insediativo, l’im-pronta lasciata sul territorio da secoli dell’organizzazio-

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Fig. 6. Mezzomonte, panorama

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ne dell’agricoltura imperniatasul sistema poderile. La campa-gna appare quindi punteggiatadi case coloniche e di ville-fat-torie, gli insediamenti isolati ti-pici delle terre “appoderate”.Ma non mancano neppure le te-stimonianze dell’insediamentoche distinse la campagna nell’etàpre-comunale, rappresentatedai piccoli agglomerati di case (ivillaggetti rurali) disposti attor-no o nei pressi di una chiesa, chenon di rado ha conservato glioriginali caratteri romanici.Così è, ad esempio, per la chie-setta di Luiano, un tempo suf-fraganea della pieve di Impru-neta. Ricordata sin dal 1001nelle carte dell’abbazia di Pas-signano, Sant’Andrea a Luianosi trova sulla strada per San Ca-sciano val di Pesa. È una piccola costruzione a un’uni-ca navata con abside terminale e conserva un preziosoparamento murario a filaretti di alberese (fig. 7). Sullaparete di fondo s’imposta un campaniletto a vela coe-vo alla chiesa, ma rifatto nella parte superiore (la co-lonnina marmorea che si conserva all’interno è proba-bile che un tempo dividesse i due fornici).Anche la chiesetta di Quintole, raggiungibile peraltrodalla via per Mezzomonte, dipendeva dalla pieve di Im-pruneta (fig. 8). Intitolata a San Miniato, la chiesa pos-siede una pianta a croce latina e ha un piccolo portica-to che la recinge da tre lati. Conserva intatto il sempli-ce portale romanico con l’archivolto a grossi conci di al-

Fig. 7. Chiesa diSant’Andrea a Luiano

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berese, ma è rimaneggiata nelle pareti laterali e nel tran-setto, ove si aprono due piccole cappelle trecentesche lecui volte ogivali un tempo dovevano essere affrescate.Altre chiese già suffraganee della pieve di Impruneta sitrovavano lungo le vie che da Firenze portavano allabasilica; di esse e delle superstiti strutture delle primi-tive costruzioni romaniche che conservano si è già par-lato (Santo Stefano e Caterina a Pozzolatico, San Pie-tro a Gerusalemme).Molteplici e significative testimonianze, sia delle tipo-logie abitative legate al sistema poderile, sia degli inse-diamenti della campagna nell’età pre-comunale, si tro-vano poi nell’area gravitante sul tracciato stradale cheraccorda Impruneta con la via Chiantigiana, nonchélungo il percorso di quest’ultima e sulle sue dirama-zioni che s’inoltrano nel Chianti.

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Fig. 8. Chiesa di San Miniato a Quintole

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L’autenticità e la spontaneità dell’artigianato artisti-co è viva espressione e sintesi del proprio territo-

rio. La forza del paesaggio toscano, i colori del sole,l’alternarsi tra la spontaneità degli scenari naturali e unrinnovato rigore architettonico; il continuo richiamoa tradizioni ancora vive evocate dal patrimonio artisti-co del passato, trovano a Impruneta quel naturale pas-saggio tra il rigore urbano della vicina Firenze e la dol-cezza delle colline chiantigiane. Impruneta è sinonimo dell’artigianato artistico di ter-racotta, e lo rappresenta nel mondo. L’ antica terra imprunetina, lavorata abilmente già datremila anni, quando gli Etruschi costruivano vasi e or-ci per conservare vino e olio e i Romani si servivano direcipienti per il trasporto marittimo di alimenti du-rante i grandi viaggi, è ancora la protagonista indi-scussa nel territorio e nel paesaggio. Le prima notizia sul tipo di lavorazione del manufat-to in cotto tipico imprunetino risale al 1098 e dunquesi attesta già in epoca medievale.Addirittura alcuni documenti risalenti al 1308 testi-moniano la volontà dei mezzinai e orciolai di Impru-neta di creare degli ordinamenti e procedere alla ste-sura di uno specifico statuto per tutelare gli interessieconomici e controllare le attività produttive del con-tado. La produzione più attiva al tempo si concentra-va per la maggior parte nei pressi del popolo di SantaMaria, mentre quella diffusa nella vicina Petigliolo e

113il cotto di impruneta

Il cotto di Impruneta

Maria Pilar Lebole e Benedetta Zini

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Strada in Chianti pareggiava il numero dei fornaciaiimprunetini. Le fornaci si trovavano solitamente lungo i corsi d’ac-qua, dove abbondava l’argilla ed erano piccoli stabi-limenti a conduzione familiare attivi durante la bel-la stagione per garantire una migliore resa della lavo-razione.Gli artigiani ancora una volta sono stati protagonistiimportanti nel Rinascimento. Gli embrici in terracot-ta della cupola del duomo di Firenze, scelti da Bru-nelleschi, solidi e al tempo stesso leggeri, provenivanoinfatti dalle fornaci imprunetine, così come innume-revoli edifici e cupole di monumenti fiorentini hannoassunto le calde tonalità del rosso terracotta.E ancora da Impruneta provengono i pavimenti delledimore dei granduchi e dei palazzi nobiliari, ma anchepiù semplicemente il cotto delle case coloniche e del-le ville del contado. I maggiori scultori e artisti fioren-tini si cimentarono con la terracotta e la bottega deiDella Robbia sperimentò tutti i possibili metodi di la-vorazione, che ebbero il momento di maggior svilup-po nel Cinquecento.Ancora a testimoniare l’attività produttiva di Impru-neta, alcuni documenti attestano la vendita di mezza-ne, catini ed embrici, vasi di terra da bucato destinatiall’ospedale fiorentino di Santa Maria Nuova e all’o-spedale degli Innocenti da parte di stovigliai. Nel Tree Quattrocento nel centro di Impruneta si contano me-diamente una decina di fornaci.Nel xvi secolo, ceramisti e fornaciai concentrano la lo-ro attività su Firenze, rifornendo i principali edifici cit-tadini di brocche, mezzane con manico, orci e catinidi ogni dimensione, vasi e laterizi.Per tutto il Sei e Settecento le testimonianze dei ma-nufatti mostrano la sapiente maestria dei ceramisti nel

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porre una verniciatura piombica con o senza ausiliodell’ingobbio, sull’argilla imprunetina.Le terrecotte da giardino, con il grande sviluppo del-l’arte topiaria settecentesca, divengono la specializza-zione dei ceramisti che si inseriscono nel crescente mer-cato delle terracotte ornamentali.

L’Impruneta

Il paese di Impruneta dista dal centro di Firenze circatredici chilometri. Tante sono le varianti per raggiun-gerlo. Si può percorrere l’autostrada a1 uscendo a Fi-renze-Certosa, oppure passando per il piazzale Miche-langelo o ancora per il Poggio Imperiale attraversandole frazioni di Pozzolatico e Mezzomonte. Per il nostroitinerario abbiamo scelto quest’ultima variante, sicu-ramente più tortuosa e per alcuni tratti molto stretta,ma più interessante dal punto di vista paesaggistico. Lecolline di Impruneta sono comprese fra i fiumi Greveed Ema che delimitano per alcuni tratti il confine co-munale. Questo incantevole paesaggio collinare, cometutta l’area del Chianti, si contraddistingue per la pro-duzione vitivinicola e per le coltivazioni a oliveti, mai dintorni di Impruneta offrono al visitatore la parti-colare occasione di addentrarsi nella tipica produzio-ne della terracotta. Dalle cave di Impruneta si estrae infatti un particola-re tipo di argillite. La resistenza al tempo e alle intem-perie della terra presente nella zona chiamata “galestro”o terraforte, conferisce una certa durezza, una partico-lare tonalità cromatica e resistenza ai lavori in terra-cotta. Il galestro è un deposito sedimentario in fase ditrasformazione in pietra con scarsa permeabilità al-l’acqua, forte salinità e poca plasticità in fase di essic-

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cazione, caratteristiche che lorendono particolarmente diffi-cile da lavorare. Questa terra ha permesso aifornaciai e ai vasai impruneti-ni la lavorazione di una serie dioggetti d’uso per l’arredamen-to e per i rivestimenti che siconservano nel repertorio clas-sico di Impruneta. La produ-zione presente oggi, realizzatacon la materia prima comple-tamente naturale e seguendoprocedimenti tradizionali, ri-guarda orci da olio, conche,grandi vasi, con decorazioniche vanno da semplici rosoni fino a tralci e festoni difrutta molto ricchi; e ancora maschere, palmette sti-lizzate, capitelli, fontane, meridiane e statue che orna-no giardini, ville e palazzi. L’armonia e l’equilibrio trala materia e il prodotto finito hanno permesso agli ar-tigiani del Chianti di specializzarsi nelle tecnica e neimotivi decorativi. Un nutrito repertorio simbolico ac-comuna la produzione imprunetina: dai festoni a fo-glie di acanto, largamente usati nel periodo classico asimbolo di trionfo e di gloria, alla cornucopia, simbo-lo di fecondità, felicità e abbondanza, alla luna e al so-le, simboli del ritmo della vita. Trovandosi a passeggiare per le vie del centro storicodi Impruneta non si potrà non apprezzare il continuoriferimento alla più grande ricchezza locale: il cotto.Qui le targhe delle strade, i numeri civici e le cassetteper la posta sono sempre realizzate in cotto (fig. 1).Un mirabile esempio di questa suprema armonia di ti-pici oggetti d’artigianato è quello fornito dalla vasta

Fig. 1. Impruneta, casset-te per le lettere in cotto

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produzione delle aziende artigiane che si trovano neidintorni del paese di Impruneta, molte delle quali alFerrone, zona ricchissima di fornaci. Addentrandocinelle manifatture di cotto, sorprende l’ampiezza dellesuperfici all’aria aperta coperte da ampie tettoie in cuigli oggetti vengono lasciati a essiccare naturalmente,proprio seguendo la più antica tradizione degli Etru-schi, e si mostrano al visitatore sull’aia delle fornaci,come antichi testimoni di solidità e leggerezza.Trattandosi per la maggior parte di aziende artigiana-li, la cui attività si concentra sulla produzione e sui mo-delli dettati dalla tradizione locale, resta difficile invi-tare il visitatore alla scelta di un’azienda in particolare,poiché in tutte le manifatture presenti si riconosconola qualità e l’autenticità del cotto imprunetino. Tuttavia, lasciando l’abitato di Impruneta in direzio-ne Falciani, in via di Cappello incontriamo una delleaziende artigiane più conosciute: la m.i.t.a.l. Il capo-stipite di questa famiglia fornacina fu Anselmo Ma-riani, con fornace al Ferrone e poi con quella più fa-mosa di Impruneta. L’azienda produce oltre a mate-riali tradizionali come quelli per l’arredamento anchefigure e statue di varia dimensione. Sempre in località Falciani, lungo la via provincialeChiantigiana, un’altra fornace artistica, quella di PesciGiorgio e Figli produce dal classico orcio a vari ogget-ti come cassette, anfore e ornamenti.Arrivati al Ferrone in via delle Fornaci scopriamo il la-boratorio suggestivo de La fornace Masini, dall’am-biente un po’ scuro, dove gli artigiani lavorano la cre-ta secondo l’antica tradizione. La produzione si basasu metodi di lavoro prevalentemente manuali. Ognimanufatto è un pezzo unico: un vaso può essere pla-smato a calco, stendendo e modellando la creta sustampi di gesso, e quindi con il “lavor tondo”, così si

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dice in gergo, l’artigiano gira intorno allo stampo estende e modella la creta “a banchi” sull’esterno. Unavolta compattata la terra, il manufatto è rifinito conl’aggiunta di bordi e decorazioni.La produzione include oltre trecento modelli adatti perl’arredo di interni ed esterni. Sempre nella zona del Ferrone, in via Europa l’azien-da Terrecotte Corsiani Alessandro produce oggetti tra-dizionali e pezzi personalizzati rilasciando al cliente uncertificato con documentazione di pezzo unico. Visi-tando la fornace si assiste alle varie fasi di lavorazione.Per l’essiccazione, i vasi, gli orci, le cassette posano mi-nimo venti ore e durante questo tempo l’argilla perdeuna grande quantità d’acqua. Ne consegue la cotturaeffettuata a temperature da 750 gradi fino a 1000 gra-di. Oltre cinquanta ore di cottura e poi lentamente siabbassa la temperatura fino ad arrivare al raffredda-mento. Per finire, il bagno con l’acqua garantisce unamaggior resistenza alle variazioni di temperatura. Nella via Imprunetana per Tavarnuzze incontriamouna fornace che conserva il fascino e le caratteristichedell’antico edificio in cui si sviluppava tutta la produ-zione e la vita lavorativa di un’intera famiglia già dallafine del Cinquecento. Immersa nella quiete della cam-pagna toscana, fra viti, olivi e cipressi, restaurata e ri-portata agli antichi splendori dall’impegno e dalla de-dizione della famiglia che ancora oggi vi lavora, la for-nace Poggi Ugo produce cotto tradizionale per esternicome vasi, cassette, ciotole, fontane, alle quali affian-ca una collezione di moderno design. La fornace, trale più grandi della zona, si compone di ambienti aper-ti da archi, di locali chiusi a vespaio, di logge e cortili.Così come appariva nel Cinquecento, l’edificio con-serva ancora oggi tutto il fascino e le caratteristiche diun tempo.

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La selezione delle aziende è stata realizzata a discrezione degli auto-ri e non può considerarsi in alcun modo esaustiva rispetto alle azien-de presenti nell’area citata. Si ringraziano le aziende artigiane per ladisponibilità a collaborare durante la fase di ricerca.

Grazie ad Aldemaro Becattini, Roberto Berti, Omero Soffici e Re-nato Stopani; il personale delle pro loco di Impruneta e di San Ca-sciano, l’Ufficio turistico di Castellina in Chianti e per le imma-gini gentilmente concesse il Consorzio del Marchio Storico delChianti Classico. Un ringraziamento particolare va a Rino Ca-pezzuoli per il sostegno operativo generosamente offertoci.Per una lettura specifica sul territorio chiantigiano si invita alla let-tura di:E. Massei, Artigianato del Chianti, radici, modelli e tradizioni, Vi-terbo 2000.E. Bosi-G. D’Eugenio-M. Lorenzi-I. Moretti, Chianti, storia e itine-rari, Firenze 2003.Per le riviste: «Greve in Chianti 2005», con il patrocinio del Comu-ne di Greve in Chianti; «InChianti» periodico bimestrale; «Chiantitravel, Country life», con il patrocinio del Consorzio del Marchio Sto-rico Chianti Classico. Foto di Benedetta Zini.

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Artigiani e industrie del cotto a Impruneta

andrei lorenzovia Imprunetana per Tavarnuzze, 20/b 50023 Impruneta tel. 055.2313842www.lorenzoandrei.it

artenovavia della Fonte, 7650023 Imprunetatel. e fax 055.2011060www.impruneta.com/artenova.htm [email protected]

benci mariovia di Cappello, 2250023 Impruneta tel. 055.2011891

bianchini arrigo ceramiched’artevia. T. Caruel, 350023 Imprunetatel. 055.683499fax 055.684699

ceramiche vecchia europala piccola fornacevia G. Rossa, 1650023 Impruneta tel. 055.209244

corsiani terrecottevia Europa, 10/1250023 Impruneta tel. 055.2010000fax 055.2012224www.terrecottecorsiani.it

cotto chiti(sede legale, laboratorio ed esposizione)via Provinciale Chiantigiana, 169località Il Ferrone50023 Impruneta tel. 055.207030fax 055.2072763

impruneta spavia Provinciale Chiantigiana, 67loc. Falciani50023 Imprunetatel. 055.2326064fax 055.2326069www.cottoimpruneta.it

cotto refvia di Cappello, 26/4150023 Impruneta tel. 055.2011013fax 055.2313210www.cottoref.it [email protected]

europa impruneta srlvia Montebuoni, 9850023 Impruneta tel. 055.8797268-2373428fax 055.8797633-2373429www.europaimpruneta.com

fornace pesci spavia delle Fornaci, 26/a50023 Impruneta tel. 055.2012117fax 055.2011488www.fornacepesci.it

Per gentile concessione dell’Ufficio informazioni Turistiche del Co-mune di Impruneta

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f.lli masinivia delle Fornaci, 57/5950023 Imprunetatel. 055.2011683 fax 055.2313211www.fornacemasini.it fornace.masini@dadait

mario marianivia di Cappello, 2950023 Impruneta tel. 055.2011950 fax 055.2011137

m.i.t.a.l.di angiolo mariano e figlivia di Cappello, 3150023 Impruneta tel. e fax [email protected]

orlandi tullio e claudiovia Fornaci, 150023 Imprunetatel. [email protected]

pesci giorgio & figli srlvia Provinciale Chiantigiana, 36località Falciani 50023 Imprunetatel. 055.2326285fax 055.2326607www.terrecottepescigiorgio.cominfo@terrecottepescigiorgio.com

poggi ugovia Imprunetana per Tavarnuzze, 1650023 Impruneta tel. 055.2011077fax 055.2313852www.poggiugo.it [email protected]

ricceri giulianovia Europa, 1250023 Impruneta tel. e fax [email protected]

ricceri sergiovia di Fabbiolle, 12/1650023 Impruneta tel. e fax [email protected]

sannini impruneta spavia Provinciale Chiantigiana, 135località Il Ferrone 50023 Impruneta tel. 055.207076fax. 055.207021www.sannini.it [email protected]

vanni lucavia Europa, 750023 Imprunetatel. 055.2312247

vanni marcovia di Cappello, 1450023 Imprunetatel. 055.2313572

121il cotto di impruneta

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Impruneta è un piccolo paese arroccato sui colli traGreve e Firenze, una realtà apparentemente di mi-

nima entità, ma che nasconde inimmaginabili prima-ti nel campo dell’artigianato e dell’enogastronomia, ol-tre che nell’arte e nell’architettura. Visitando Impru-neta e i suoi dintorni, appare quasi incredibile la famae il prestigio raggiunti negli anni da questo paese: unapiazza, poche case, campi verdi e rigogliosi tutto in-torno, quasi ci trovassimo in un luogo sperduto in pie-na campagna. Siamo in realtà a pochi passi da Firen-ze, anzi, la si vede bene da qui Firenze; si vedono i suoitetti rossi e lucenti di embrici, proprio quelli nati dal-le sapienti mani dei fornaciai imprunetini di qualchesecolo fa, e ancora intatti e bellissimi.Il caso di Impruneta è particolare: qui artigianato edenogastronomia fondano la loro storia in una tradi-zione contadina antica, fatta di semplicità e robustez-za. L’imponente produzione di laterizi, destinata allecostruzioni più importanti e prestigiose, non ha maisoppiantato quella che è stata la prima e principale at-tività dei maestri artigiani di questa zona, ovvero la pro-duzione di orci da olio e mezzane, destinati alla casacontadina e più in generale all’agricoltura. È proprio l’agricoltura, infatti, a rappresentare una del-le principali e più importanti attività della zona, a par-tire dall’ottimo olio extravergine d’oliva, per qualitàuno dei migliori dell’area fiorentina, favorito dal climafreddo e secco e dalla terra generosissima. Oggi l’oliodi Impruneta è uno dei prodotti più apprezzati dellatradizione enogastronomica toscana, grazie soprattut-

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Le magie gastronomiche di Impruneta

Maria Pilar Lebole e Benedetta Zini

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to alla sua terra generosa, al clima favorevole, ma an-che a una tradizione agricola antica, rispettosa degli usipassati, tramandati di padre in figlio e ancora oggi mo-tivo di orgoglio per i suoi abitanti.Il primo segreto di Impruneta va forse ricercato nella suaparticolarissima e fortunata posizione. Abbracciando levalli dei fiumi Greve e Ema, la sua terra è fertilissima egenerosa, mentre il clima molto rigido nella stagione in-vernale ha favorito la coltivazione dell’olivo, e quindi laproduzione di un olio eccellente, capace di conservareottime qualità anche dopo alcuni mesi dalla spremitura. Del resto l’olio in Toscana – lo sappiamo tutti – ha unacultura antica, fatta di poche e semplici regole, man-tenute religiosamente nei secoli: è proprio a Imprune-ta che l’olio si fa ancora come un tempo. Qui, le olivevengono brucate, ovvero raccolte una a una diretta-mente dalla pianta, in modo da ostacolare la fermen-tazione dei frutti conseguente alla pratica della bac-chiatura (tecnica che consiste nel percuotere il fustodell’albero con una pertica per far cadere le olive), mol-to diffusa in altre zone d’Italia. Le olive vengono quin-di spremute, rigorosamente a freddo, grazie a impo-nenti e robuste macine di pietra. Da questo procedi-mento deriva un olio eccellente che si contraddistin-gue per il particolarissimo colore verde brillante e perquel retrogusto amarognolo che lo ha reso famoso nelmondo. Appena spremuto, infatti, quest’olio si carat-terizza di note fruttate e amarognole, profonde e pic-canti. Con il tempo il retrogusto forte tende ad atte-nuarsi, il colore verde intenso si avvicina progressiva-mente alle tonalità del giallo, il sapore diviene più ro-tondo, mantenendo accenti fruttati che si rintraccia-no più marcatamente nel gusto della mandorla.Ottimo sia in prima spremitura che dopo qualche me-se, l’olio di Impruneta, come gran parte degli oli to-scani, ha un gusto intenso e particolare che ne fa pre-ferire un uso a freddo piuttosto che a caldo. Lo provia-mo sulla classica “fettunta”: una fetta di pane legger-

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mente abbrustolito coperta da alcune foglie di cavolocaldo (solo nella stagione invernale) bollito in acqua esale e condita con olio giovane, appena uscito dal fran-toio. Un modo facile per gustarne appieno il sapore par-ticolarissimo. Sempre a freddo l’olio è il complementoideale per condire fagioli e vegetali in genere, e giustopoche gocce sulla carne alla brace, a cottura ultimata,ne esaltano incredibilmente il sapore.Per conoscere questi sapori, si consiglia una visita dipodere in podere per assaggiare uno dei migliori oli delmondo, accompagnato a dell’ottimo pane toscano, eper degustare il vino visitando le cantine dove si pro-duce e si conserva il Chianti. Anche le uve di Impru-neta meritano infatti una menzione particolare. Im-pruneta è stata la prima località italiana che ha cele-brato, nel lontano 1926, la Festa dell’uva. Da allora,ogni anno, l’ultima domenica di settembre il paese in-tero scende in strada per partecipare alla festa, che nelcorso degli anni ha perso l’originario carattere agresteper diventare un moderno spettacolo, che richiamasempre più turisti, italiani e stranieri. Del resto, la bel-lezza del luogo e l’allegria della sagra sono uno sfondoideale per la degustazione del Chianti Classico e perl’esposizione di prodotti dell’artigianato locale.La tipicità del vino di Impruneta è stata tuttavia in qual-che modo penalizzata dalla grande fama dei vini del cir-condario, ma non dobbiamo dimenticare che siamo giàin Chianti, seppure solo all’inizio. Anche qui i filari di vi-ti corrono lungo le colline, mentre le “macie” trattengo-no il terreno favorendo una buona esposizione delle vi-ti. Una recente collaborazione con il consorzio del Chian-ti Colli Fiorentini (prodotto nella poco distante San Ca-sciano) ha tuttavia favorito la rinascita dell’ottimo vinodi Impruneta, garantendogli una maggiore diffusione edandogli il giusto e meritato riscontro anche all’internodi un mercato che in questa zona potrebbe essere quasiconsiderato saturo. Il vino è pastoso, fresco, aspro, di bre-ve conservazione. Lo immaginiamo volentieri in un bel

125le magie gastronomiche di impruneta

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fiasco toscano, ad accompagnare, come vedremo, unpiatto dal carattere deciso come il tipico “peposo”.

Itinerario tra i sapori di Impruneta

Situato in prossimità del casello Firenze-Certosa del-l’autostrada a1 e del raccordo Firenze-Siena, il paese diImpruneta è la prima tappa per raggiungere il Chiantifiorentino, sia quello servito dalla via Chiantigiana siaquello attraversato dalla via Cassia. Due aree contiguee simili, seppure con reciproche e importantissime pe-culiarità. Impruneta ha saputo raccogliere il messaggiodi tutte e due e sintetizzarlo, a sua volta, con una tra-dizione di gusto e semplicità unici, tutti da scoprire.Oltrepassata la Certosa di Firenze, sulla via Cassia, ameno di un chilometro dallo svincolo Firenze-Certo-sa, nella frazione di Bottai, località che prende il suonome dall’antica tradizione degli artigiani costruttoridi botti di questa zona, troviamo la Vinoteca al Chian-ti. Dal luogo in cui sorge la vinoteca si transitava an-ticamente per raggiungere il Chianti, prima di fermarsia Tavarnuzze, il paese le cui numerose taverne (da cuiil nome) permettevano la degustazione del vino e il ri-poso del viaggiatore. La vinoteca offre un’ampia gam-ma di vini che valorizzano la produzione locale, mapropone anche una scelta italiana e internazionale.Imboccata la strada in direzione Tavarnuzze, prendiamoil primo bivio a sinistra e percorriamo la bella via Im-prunetana, immersa nella verde campagna fiorentina.Qui troviamo la Fattoria La Querce, collocata in un pa-lagio turrito il cui nucleo originario risale al Trecento,con ampliamenti successivi. Si tratta di una piccolaazienda agricola che offre la possibilità di visitare le pro-prie cantine. La produzione nasce da sette ettari di vi-gneti, impiantati tutti con i tradizionali vitigni della zo-na: Sangiovese (per la maggior parte), ma anche Ca-naiolo, Colorino, Malvasia e Trebbiano. La cantina di

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vinificazione ospita tini di fermentazione e vasche in ac-ciaio inox e un locale situato gran parte sotto terra, adi-bito alla conservazione delle bottiglie in affinamento.Sotto la villa è invece presente la cantina di invecchia-mento, dove si possono ammirare le antiche botti in le-gno e le barriques e dove è possibile la degustazione. An-che un olio extravergine dal profumo particolarmentepronunciato nasce in questa fattoria ed è stato recente-mente premiato come uno tra i migliori della provincia. Sempre nella via Imprunetana segnaliamo La Fattoriadi Bagnolo, bellissima tenuta anticamente denomina-ta Al Fonte che fu per un certo periodo, dalla metà delQuattrocento, proprietà dei Machiavelli. Oggi vi sicoltivano cinque ettari di vigneti a Indicazione Geo-grafica Tipica, cinque ettari di vigneti Chianti ColliFiorentini docg e più di seimila piante d’olivo, il tut-to inserito in un programma europeo per la riduzionedell’utilizzo di sostanze chimiche in agricoltura.A Impruneta, il cui nome sembra derivare dal latinoin pruinetis, ossia fra i rovi, scopriamo anche tante gu-stose curiosità che hanno fatto di questo piccolo pae-se un gioiello della produzione enogastronomica to-scana. La tradizione agricola di Impruneta, seppureabbia nell’olio il suo prodotto d’eccellenza, si è man-tenuta intatta negli anni, dando vita a una produzio-ne non quantitativamente notevole, ma decisamenteeccellente per qualità e gusto. Passeggiando nei din-torni di questo paese si ha la sensazione di attraversa-re il paesaggio agrario di un paio di secoli fa, con unalarga produzione di coltivazioni promiscue tipichedell’economia mezzadrile. Con l’olio extravergine si condisce la zuppa contadina,originaria proprio del contado di Firenze, detta ribollita.È un piatto tipico della stagione invernale perché l’in-grediente principale, oltre al pane raffermo toscano sen-za sale, è il cavolo nero. Questa minestra contiene pane,patate, cavolo nero, fagioli cannellini ed erbe di stagione. Ci riserviamo inoltre una gustosa curiosità: Impruneta

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lega infatti il suo nome anche a uno dei piatti più fa-mosi della cucina fiorentina che sembra sia nato pro-prio qui, in mezzo a orci e laterizi, in un mondo con-tadino e poverissimo. Secondo la tradizione pare che siaproprio questo paese ad aver dato i natali a un sapori-tissimo stufato di muscolo tipico della cucina fiorenti-na: il peposo. Narra la leggenda che ser Filippo Brunel-leschi avrebbe gustato questo piatto inventato dai mae-stri del cotto della zona, i così detti “fornaciai” – da quiil nome di peposo alla fornacina – preparato abboc-cando ai forni per la cottura dei mattoni le pentole conlo stufato, che lasciavano cuocere lentamente per tuttoil giorno. Affascinato dal grande potere nutritivo diquesto piatto e dal suo gusto prepotente, Brunelleschilo proponeva agli operai impegnati nell’estenuante im-presa del duomo di Firenze, per riscaldarli e rinvigorir-li. La variante di peposo che si mangiava allora, era leg-germente diversa da quella diffusa oggi e vedeva l’at-tuale salsa di pomodoro sostituita da un ottimo vinorosso, ovviamente di produzione imprunetina, che at-tribuiva al piatto un gusto tutto particolare. Non ci è dato di sapere se questa leggenda corrispon-da in pieno alla verità, ma è indubbio che il sapore for-te e piccantissimo del peposo, servito rigorosamentecaldo e preferibilmente in ciotole alte di coccio che nepreservano calore e gusto, sia un piatto da provare, siaper il sapore unico e particolarissimo sia per la grandeenergia che infonde. Un altro gustoso sapore del Chianti, che non trove-rete comunemente nei menù delle trattorie locali,perché richiede molto tempo per la preparazione, èl’arista di cinta senese cotta sul mattone. La cinta è unpregiato suino originario della zona di Siena dalla ti-pica fascia più chiara intorno alla pancia, che sembraformare una cintura. Per un giorno la carne viene la-sciata a bagno e insaporita con alcuni odori tipici to-scani, tra cui il finocchio selvatico e successivamenteportata a cottura nel forno a legna. Una volta tolta la

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legna, l’arista ultima la cottura sui mattoni per circadodici ore, immersa nel sugo.Anche nella finocchiona, un insaccato tipico toscanocomposto di carni magre e grasse di suino tritate insie-me, si sente l’aroma del finocchio. Questa volta sonopresenti i semi di finocchio selvatico ed è un tipico an-tipasto servito nelle trattorie e nei ristoranti della zona.Molto gustosa, la finocchiona è servita insieme al pro-sciutto, ai salami e ai classici crostini neri di fegatini.Per finire con un dolce tradizionale, ricordiamo chedurante la stagione della vendemmia, tra settembre eottobre, la tipica schiacciata con l’uva, arricchisce ognimenù. È un dolce dal sapore antico, come l’uso con-tadino di abbinare il pane al vino, che nasce proprioda queste campagne. Un po’ grossolana è quella origi-nale preparata dal fornaio con ingredienti semplici earricchita da chicchi d’uva nera fresca e da una spol-verata di zucchero.

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Aziende agricole dell’Impruneta

vinoteca al chiantivia Cassia, 250029 Loc. Bottai Firenze-Certosatel. 055.2373267fax 055.2379737www.vinotecaalchianti.it

fattoria la quercevia Imprunetana per Tavarnuzze, 4150023 Imprunetatel. e fax 055.2011380www.laquerce.com

fattoria di bagnolovia Imprunetana per Tavarnuzze, 4850023 Imprunetatel. 055.574410 – 055.577575 –055.2313403fax 055.580149 – 055.2313403www.bartolinibaldelli.it

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Glossario

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AcquerelloTecnica di pittura che consiste nellostendere su carta, pergamena o stof-fa, colori mescolati a gomma arabicae stemperati in acqua al momentodell’uso. Consente di ottenere effettidi trasparenza.

AffrescoTecnica di pittura su supporto mura-le che utilizza come legante la calcedell’intonaco con la quale il muro èpreparato.

Agnus DeiDal latino: “Agnello di Dio”, è il sim-bolo di Cristo, figlio di Dio, che si sa-crifica per l’uomo riscattandolo dalpeccato originale.

Agresti, manifatturaL’attività della famiglia Agresti, forna-ciai di Impruneta, è documentata apartire dalla seconda metà del xviii se-colo; la fornace, chiusa nel 1990, ri-masta integra, documenta l’antica tec-nica di lavorazione della terracotta uti-lizzata fino a quasi tutto il xx secolo.

AltareNelle chiese cattoliche è la tavola sul-la quale il sacerdote celebra il sacrifi-cio eucaristico e che ha assunto la for-ma della tavola dell’ultima cena.

AmboneTribuna rialzata, chiusa su tre lati daun parapetto e aperta nel quarto sullascalinata d’accesso dove il sacerdote sa-liva per leggervi l’Epistola e il Vangelo.

Ampolla/ampollinaSuppellettile sacra. Solitamente hacorpo globulare e imboccatura stroz-zata; il termine viene utilizzato sia per

i due contenitori, uno per il vino l’al-tro per l’acqua, adoperati nella cele-brazione eucaristica, sia per la con-servazione degli olii sacri.

AnnunciazioneL’episodio è narrato nel Vangelo di Lu-ca: Maria riceve nella sua casa di Naza-reth la visita dell’arcangelo Gabrieleche, inviato da Dio, le annuncia la na-scita di un figlio concepito dallo Spiri-to Santo. Tre gli elementi essenziali: laVergine, l’angelo e la colomba delloSpirito Santo, il cui tragitto, spessotracciato da un fascio di luce, rappre-senta l’incarnazione di Cristo attraver-so lo Spirito Santo. L’episodio accogliediverse varianti. In epoca bizantinal’Annunciata compare accanto ad unpozzo, dove si era recata ad attingereacqua. Nella pittura rinascimentale ita-liana si svolge in una ambientazione ar-chitettonica che spesso diviene prete-sto per numerosi dettagli descrittivi. Ipittori nordici dello stesso periodo col-locano frequentemente la Vergine al-l’interno di cattedrali, a richiamare lasimbologia della Madonna comeChiesa cristiana. L’iconografia contro-riformista pone l’attenzione sulla co-lomba che scende dal cielo avvolta inuna luce abbagliante. L’arcangelo Ga-briele è alato, con una veste bianca; so-litamente regge un giglio (il suo attri-buto), o un ramo di ulivo. Attributi ri-correnti di Maria sono: il giglio bian-co, segno di verginità e purezza; il vasoche spesso lo contiene, simbolo del-l’Incarnazione; il libro del quale inter-rompe la lettura all’arrivo dell’angelo.

AntifonarioTesto parziale del Messale che raccogliele antifone (canti alternati) che la tra-

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dizione dice raccolte da San GregorioMagno (secolo vi). Contiene l’incipit– talvolta l’intero testo – dei canti conle relative notazioni musicali.

Antonio di Girolamo di Ugolino (Fi-renze 1479-1556)

Miniatore, iscritto nel 1500 all’Artedei Medici e degli Speziali, aveva unafiorente bottega al canto dei Pazzi; sidistingue per lo stile sobrio ed ele-gante dalle composizioni vivaci; co-stante è il tono intimo e domesticocon il quale l’autore è solito illustrarela storia sacra.

ArchitraveIn architettura, l’insieme degli ele-menti orizzontali sostenuti da colon-ne o pilastri.

ArgentaturaV. doratura.

ArmeIl corredo distintivo costituito dalloscudo, dagli ornamenti e dai contras-segni onorifici di una famiglia o di unente.

Assunzione della VergineL’Assunzione è il momento in cui l’a-nima della Vergine, riunita al corpo,viene insieme a questo sollevata dagliangeli verso il Paradiso. La Vergine èspesso rappresentata al centro di unamandorla. Nell’iconografia tradizio-nale è sormontata dal Padre benedi-cente; talvolta viene incoronata daparte del Figlio (Incoronazione dellaVergine). Il soggetto, affermatosi perla prima volta nella scultura gotica,conosce grande diffusione durante laControriforma cattolica.

BaccellaturaMotivo ornamentale a rilievo costi-tuito da serie di elementi convessi si-mili a baccelli di legumi, tipico del-l’arte classica e rinascimentale.

Bacile V. mesciacqua.

BassorilievoV. rilievo.

BattiloroOperaio addetto alla lavorazione del-l’oro per ridurlo in lamine o fogli sot-tilissimi.V. anche cesellatura; doratura.

Benedetto da Rovezzano (Pistoia1474-Vallombrosa 1554 circa)

Scultore formatosi in Versilia, tra il1505 e il 1515, lavora su prestigiosecommissioni fiorentine e francesi. Trale sue opere si segnalano: l’Arca se-polcrale di san Giovanni Gualberto perla chiesa di Santa Trinita, ora in quel-la di San Salvi, e la tomba del gonfa-loniere Pier Soderini per la chiesa delCarmine, entrambe a Firenze.

Bernardiniano, simboloV. monogramma.

Boroni, Giuseppe (notizie dal 1787 al1830)

Orafo, figlio del maestro Bartolomeo,che aveva eseguito numerose opereper la basilica Vaticana, teneva unabottega a Firenze, insieme ai fratel.li.Nella sua ampia produzione si riscon-tra spesso l’eleganza raffinata propriadell’argenteria neoclassica romana.

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Borsa (o busta)Custodia piatta per contenere il cor-porale formata da due quadrati rigididecorati; i suoi colori variano a se-conda del calendario liturgico. Si usa-va appoggiata sul calice.

BroccatoTessuto a grandi disegni operati, di se-ta, lino, canapa, talvolta con fili d’o-ro e d’argento, i cui intrecci mostra-no un caratteristico effetto in rilievo.

BulinoUtensile costituito da una piccola astad’acciaio con un’impugnatura di le-gno; la caratteristica punta a beccoproduce un taglio acuto, mentrequello della ciappola, strumento ana-logo, può essere di varie forme (ton-do, piano, rigato).V. incisione; sbalzo.

CaliceSuppellettile ecclesiastica costituitada una coppa sostenuta da uno steloe provvista di base. Viene usato per ilvino che, durante la celebrazione eu-caristica, diviene il sangue di Cristo.V. anche patena.

CandeliereSostegno in legno, metallo, ceramicao altro materiale, destinato a reggereuna sola fiamma o, quando sia collo-cato sull’altare, anche più fiamme e dipiccole dimensioni.

CandelabroGrande candeliere, dotato di più bracci.

CapitoloCollegio e assemblea di canonici, fra-ti o religiosi, appartenenti a una cat-tedrale o collegiata, e luogo in cui es-

sa si tiene. Il libro dei capitoli è la rac-colta delle deliberazioni del c.

CartegloriaNome indicante ciascuna delle treformule delle parti fisse della celebra-zione eucaristica. Si intende anche latabella che dal xvi secolo viene usatasull’altare durante la Messa, comepromemoria delle formule.

CartellaTabella che accoglie iscrizioni o an-che semplici ornati, in tutte le arti

CartiglioElemento decorativo, disegnato oscolpito, che riproduce una pergame-na o un rotolo, disteso o avvolto, sulquale sono riportati passi biblici,iscrizioni o stemmi.

CesellaturaOperazione di modellatura della su-perficie di oggetti in metallo, esegui-ta mediante cesello.

CeselloStrumento non tagliente e di foggedifferenziate che, battuto con unmartelletto su una lastra metallica,abbassa la sua superficie senza aspor-tarne la materia. V. anche sbalzo.

CodiceManoscritto antico composto da piùcarte rilegate a libro, prima di papiroe poi di pergamena, contrapposto alvolumen, un insieme di fogli avvolti arotolo. I c. accoglievano spesso ricchedecorazioni miniate (V. miniatura).

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ConchigliaL’immagine, simbolo pagano di amore,è utilizzata nell’iconografia religiosa cri-stiana come simbolo del pellegrinaggioa Santiago, e, più in generale, di ognipellegrinaggio; una valva veniva usatadal pellegrino per raccogliere l’acqua eportarla alla bocca. Le due valve della c.stanno a significare anche le due vite:quella terrena e quella ultraterrena.

CoraleCanto liturgico di comunità religio-sa; nome dato anche ai codici checontengono i canti corali, cattolici oprotestanti, indicati con nomi speci-fici a seconda del loro uso liturgico.V. anche codice.

CorniceProfilo aggettante che articola la su-perficie degli edifici segnando il bor-do di un elemento architettonico(piani, finestre, porte ecc.). Il termi-ne indica anche l’elemento impiega-to per inquadrare e isolare un sogget-to, pittorico o plastico, dall’ambien-te circostante; generalmente è in le-gno, stucco o disegnata.

CorporalePiccolo panno quadrato di lino, di-steso al centro dell’altare durante e altermine della Comunione o quandosi espone il Santissimo Sacramento.V. anche borsa.

CosmatiIl nome indica alcune famiglie dimarmorari attivi a Roma e nel Laziotra la fine dell’xi e la fine del xii se-colo come decoratori e architetti. Leloro opere sono caratterizzate da unsistema ornamentale che impiega tas-selli di marmi bianchi e colorati, pie-

tre dure, tessere di pasta vitrea e oro,a formare disegni geometrici comedecori di elementi architettonici esuppellettili. Le loro produzioni sin-tetizzano la policromia tipica deimarmorari romani con repertori de-corativi (dischi, fasce, riquadri) vici-ni ai modi bizantini.

CostoloneElemento strutturale portante di unacopertura (volta o cupola), costituitoda nervature aggettanti sull’intrados-so e/o sull’estradosso della copertura,e utilizzato per scaricare il peso dellestrutture di sostegno.V. anche volta.

Cristo in PietàCon tale denominazione si indical’immagine iconografica dell’Uomodi dolori, ovvero di Cristo che mostrale piaghe delle mani, del costato e deipiedi; talvolta ha accanto a sé gli stru-menti della passione. Rappresenta-zione ispirata dalla tradizione devo-zionale, l’episodio non è narrato neiVangeli.

CroceFormata da due assi, verticale e oriz-zontale, intersecantesi fra loro, e di-venuta, con o senza il Crocifisso, ilsimbolo principale del cristianesimo.C. d’altare: posta su piedistallo e ap-poggiata all’altare, con Cristo in rilievo.C. astile: sorretta da una lunga asta, èportatile e viene utilizzata per aprirele processioni. Ha due lati figurati: inquello anteriore è solitamente rap-presentato il Cristo, in quello poste-riore i simboli evangelici.

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Damasco

Tessuto operato di seta con ordito e tra-ma dello stesso colore, che danno for-ma a disegni lucidi su fondo opaco.

Della Robbia, Luca (Firenze 1400circa-1482)

Noto come iniziatore della produzio-ne della maiolica è interprete origina-le dei ritmi lineari e luminosi di Ghi-berti, del plasticismo di Nanni diBanco, e dell’esperienza donatelliana.Agli inizi degli anni Quaranta delQuattrocento risalgono i primi rilie-vi in terracotta colorata applicati incomplessi architettonici e scultorei.Della sua copiosa produzione ricor-diamo, solo quali esempi, la Madon-na di via dell’Agnolo, la Madonna delroseto, e la Madonna della mela oggipresso Museo del Bargello a Firenze.

Doratura

Tecnica usata per l’applicazione del-l’oro su diversi supporti: su legno, per-gamena, cuoio, carta, pareti ecc. l’oroè applicato in lamina o in polvere, se-condo diverse procedure; per la dora-tura di superfici in metallo, analoga-mente alla tecnica dell’argentatura, siprocede con l’amalgama: lega di oropuro, o argento, e mercurio che, stesasul metallo opportunamente prepara-to e riscaldato, comporta l’evapora-zione del mercurio e l’adesione delmetallo prezioso al supporto.

Dormitio Virginis

V. Morte della Vergine.

DossaleDrappo lavorato per la copertura dimobilio o oggetti di riguardo. Si in-tende anche il riquadro, contenenteopera di pittura o di oreficeria, postodietro l’altare o sul piano della mensa.

EdicolaVano inserito nella superficie mura-ria interna o esterna di un edificio,composto da un coronamento a tim-pano poggiante su elementi a colon-na o pilastro, nel quale trova postouna statua o un’immagine sacra.

Evangelici, simboliNell’iconografia cristiana primitiva iquattro evangelisti sono raffiguraticome creature alate e con protomianimali. San Girolamo (fine iv seco-lo) giustifica l’accostamento deglianimali agli autori dei Vangeli: Mat-teo è rappresentato da un angelo per-ché il suo Vangelo inizia con l’Incar-nazione; Marco è un leone perchéesordisce con la figura del Battistache «grida nel deserto» con voce po-tente come quella del leone; Giovan-ni è rappresentato dall’aquila, l’uc-cello che vola più in alto nel cielo,perché la sua visione di Dio è la piùdiretta; Luca infine con il toro, ani-male sacrificale, perché il suo Vange-lo inizia con il sacrificio del sacerdo-te Zaccaria. Con il Rinascimento glianimali e l’angelo continuarono adessere rappresentati soltanto comesemplici attributi. Attributi seconda-ri di tutti e quattro i santi sono il li-bro e il cartiglio.

Ex votoOggetto, esposto in luoghi sacri, rea-lizzato e offerto in dono a divinità o

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a santi per grazia ricevuta o in adem-pimento di una promessa.

Filarete, Antonio Averulino o Averli-no, detto il (Firenze 1400 circa-Roma1469 circa)

Scultore e architetto, formatosi nel-l’ambiente umanistico fiorentino fuprobabilmente aiuto di bottega diGhiberti. Esegue la Porta bronzea diSan Pietro a Roma (1433-1445). Sog-giorna a Firenze (1448) e a Venezia(1449), quindi nel 1451, è a Milano im-pegnato nelle più importanti fabbri-che cittadine, tra le quali si ricordal’Ospedale Maggiore (1465). Portato-re degli ideali rinascimentali in Lom-bardia, opera al contempo il recuperocritico della tradizione gotica locale.

FinimentoInsieme strutturato di oggetti elegan-ti o preziosi che formano una deco-razione.

Foggini, Giovan Battista (Firenze1652-1725)

Inviato da Cosimo iii de’ Medici a Ro-ma, con l’incarico di copiare le statueantiche, l’artista si inserisce nell’am-biente del barocco romano; a Firenzeesegue opere di scultura e architettu-ra, tra le quali ricordiamo, solo qualiesempi, i Rilievi con Storie di sant’An-drea Corsini, alla Chiesa del Carmine,e Palazzo Viviani della Robbia.

Funerale della VergineV. Morte della Vergine.

FusioneÈ il processo per ottenere sculture orilievi mediante una colata di metal-lo fuso in uno stampo; comportasempre una fase successiva di rifini-

tura con cesello o altri strumenti. Sidistingue una “fusione a pieno” quan-do lo stampo è aperto e il metallo li-quido lo riempie completamente, euna “fusione in cavo” che si avvale diforme chiuse e richiede uno spessoremolto sottile del metallo.

GarzaTessuto a velo fitto in seta leggera o incotone.

GionaPersonaggio vetero-testamentario, in-ghiottito da un pesce e poi liberato do-po tre giorni, la sua storia prefigura, giànell’arte paleocristiana, la morte e re-surrezione del Cristo ed esemplifical’intervento di Dio in favore del fedele.

GiudittaSecondo il libro di G., del Vecchio Te-stamento, era un’eroica e bellissimafanciulla ebraica di Betulia che, per li-berare la sua terra dagli Assiri, si recònel campo nemico dove, sedotto il ca-po Oloferne, gli mozzò la testa cheportò con sé a Betulia.

Ghiberti, Lorenzo (Firenze 1378-1455)Orafo, scultore, architetto e scrittore,nel corso della sua feconda attività ela-bora la tradizione gotica toscana in di-rezione di una maggiore solidità e sin-tesi compositiva traducendo i modulidel gotico internazionale anche in ope-re monumentali, tra le quali ricordia-mo soltanto il San Giovanni Battista(1412-1415), la statua di San Matteo(1419-1422). Sua anche la terza portadel battistero fiorentino che Miche-langelo definì “del Paradiso”, termina-ta nel 1452. Tra gli aiuti della sua bot-tega fu anche il giovane Donatello.

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GradualeGruppo di versetti che si cantano du-rante la Messa. Una volta si cantava-no mentre il diacono saliva i gradinidell’ambone: di qui il nome. Per g. siintende anche il libro contenente ta-li versetti.

GrosTessuto, in seta, lino ecc, a grosse ma-glie.

GrottescaDecorazione parietale con motivi ve-getali e/o animali fantastici tipica del-la pittura del xvi secolo e della scuo-la di Raffaello; il nome deriva dal fat-to che imitava un tipo di pittura pa-rietale che decorava le Terme di Tito,a Roma, le quali, al momento dellaloro scoperta (xvi secolo) si presenta-vano semisepolte e simili a grotte.

Haffner, Adriano (notizie dal 1703 al1768)

Argentiere al seguito della bottegafiorentina di Giovanni Petres, di cuieredita il marchio, viene definito«oriundo tedesco» nell’atto di imma-tricolazione; ha ricoperto anche la ca-rica di saggiatore dell’Arte della seta.La sua attività è oggi documentata dauna ricca produzione, in gran parte diarredi liturgici, eseguiti per le chiesedel territorio fiorentino.

Holzmann, Bernardo (notizie dal1705 al 1721)

Orafo attivo a Firenze, esegue nume-rose e pregiate commissioni per lacorte granducale. Molte delle realiz-zazioni dell’artista derivano dai mo-delli di Soldani e Foggini, celebri ar-tisti cui spesso ricorrevano prestigio-se famiglie della città. Tra queste ope-

re ricordiamo il Paliotto in argentoancora oggi nel tempietto della Ver-gine nella basilica di Santa Maria aImpruneta, eseguito su disegno delFoggini (1714).

Hugford, Ignazio (Firenze 1703-1778)Figlio di un orologiaio inglese chiama-to alla corte granducale fiorentina, al-lievo del Gabbiani, il suo capolavoro èconsiderato il dipinto raffigurante laContessa Matilde che dona i suoi benialla Chiesa, oggi presso la chiesa di SanBartolommeo in Pantano a Pistoia. In-segnante nell’Accademia del Disegnodi Firenze, promosse edizioni illustra-te su artisti del suo tempo e di epochepassate. Si rivela inoltre abile ritratti-sta, e restauratore di dipinti antichi.

IncisioneDisegno eseguito sopra una superfi-cie dura, detta matrice, sia a mano,mediante uno strumento a punta(bulino, ciappola), sia chimicamente,mediante sostanze corrosive, a scopodecorativo o per riproduzione a stam-pa. Per I. si intende anche il prodot-to ottenuto.

IntaglioTecnica di lavorazione a scavo. Si ot-tiene incidendo con strumenti me-tallici legno, marmo, avorio ecc. se-guendo un disegno prestabilito.

LaccaturaTecnica antichissima mediante la qua-le oggetti in legno o altri materiali ven-gono ricoperti con una sostanza resi-nosa a scopo protettivo e/o decorativo.

LampassoTessuto operato in filati di seta di gran-de pregio, molte volte arricchito con

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trame d’oro e d’argento, dall’aspettopesante; costituito da una trama difondo, solitamente in taffetà, con effet-ti di trame supplementari che forma-no sulla stoffa un particolare disegno.

LibertyTermine derivato dal nome dei ma-gazzini londinesi di Arthur Lesenby,specializzatisi nella vendita di pro-dotti di gusto floreale, indica unacorrente di gusto attiva prevalente-mente in Italia, agli inizi del secoloxx, nel campo elle arti decorative elegata ai modelli dell’art nouveau fran-cese, caratterizzato dall’impiego dimotivi calligrafici floreali dalla lineaflessuosa.

Lippo di Benivieni (documentato aFirenze dal 1296 al 1327)

Pittore e miniatore fiorentino, la suabottega è documentata a partire dal1296; la sua attività è riconosciuta trale maggiori e più originali espressio-ni della tendenza dissidente dal lin-guaggio giottesco e incline al recupe-ro degli stilemi gotici e del patetismoespressivo duecenteschi. Il Compian-to sul Cristo morto del Museo civico diPistoia è riconosciuta quale apice del-la sua qualità espressiva.

LiseréOrnamento a forma di nastro che co-stituisce il bordo di un tessuto, soli-tamente di diverso colore.

Liturgici, libriContengono i testi e le prescrizioniper i gesti in uso nelle celebrazionicattoliche (Messale, Breviario, Ponti-ficale, Rituale, Martirologio, Ceri-moniale e Memoriale dei riti).

Madonna col BambinoV. Vergine col Bambino.

Maestro del BargelloSeguace di Maso di Banco, oggi no-to come Maestro di Tobia.

Maestro delle Effigi domenicaneV. Pacino di Bonaguida.

Maestro di Tobia (documentato dal1354 al 1368)

Anonimo pittore, identificato con unseguace di Maso; il nome convenzio-nale gli deriva dagli affreschi con Sto-rie di Tobia nell’oratorio della Com-pagnia del Bigallo a Firenze.

MaiolicaTecnica di smaltatura applicata a ce-ramica che impiega una vernice a ba-se di silicato di potassio, ossido dipiombo e stagno. Applicato lo smaltosi procede alla decorazione dell’ogget-to con colori a base di ossidi metalli-ci e, infine, all’applicazione di una co-perta vetrosa che conferisce lucentez-za all’oggetto. Dopo la cottura vieneapplicato il cosiddetto lustro, un pig-mento che determina un caratteristi-co riflesso metallico. La m. consentel’uso di pochi colori per la difficoltàdella loro resistenza alla cottura.

ManipoloInsegna liturgica, costituita da unastriscia di tessuto, nello stesso coloredella pianeta, che veniva portata dalsacerdote nel corso della Messa, pen-dente da entrambe le parti, sul brac-cio sinistro.

MantellinaPiccola veste senza maniche che cadefino alle ginocchia. È portata dai car-

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dinali, dai vescovi, dagli abati e daglialtri dignitari ai quali è stata conces-sa. Si intende anche le tende rettan-golari, spesso riccamente lavorate epreziose, destinate a coprire la sacraimmagine della Madonna di Impru-neta, funzione che ha determinatol’appellativo di m. a tali paramenti,attestata anche nel santuario dellaSantissima Annunziata a Firenze.

Mytens, Martin ii (1695-1770)Pittore di origine svedese assai ap-prezzato presso la corte medicea di Fi-renze; tra le sue produzioni ricordia-mo soltanto il ritratto imprunetino diMaria Teresa d’Austria con il figlioGiuseppe.

MatriceModello impiegato per ottenere laforma di stampa; realizzato in rame oottone.

MensaIl piano dell’altare.

Merlini, Cosimo il Vecchio (Bolo-gna 1580-Firenze 1641)

Orafo raffinato, nato a Bologna, im-matricolato nell’Arte di Por SantaMaria a Firenze, è a capo di una fio-rente bottega sul Ponte Vecchio. Ese-gue importanti e numerose commis-sioni per la corte medicea. Il suo sti-le raffinato si caratterizza per le ele-ganti sintesi tra ricchezza decorativaed impianto formale. Tra le pocheopere certe ricordiamo soltanto il Re-liquiario della Croce, presso la basili-ca di Santa Maria a Impruneta (1620).

MesciacquaRecipiente con beccuccio che venivautilizzato nelle liturgie solenni per la

lavanda delle mani insieme a un piat-to fondo, detto bacile.

MessaleUno dei sei libri liturgici che contie-ne tutti i testi necessari per la cele-brazione delle liturgie e delle celebra-zioni dell’anno; contiene le orazionidel sacerdote, sia quelle fisse che quel-le variabili.

Michelozzi, Michelozzo (Firenze1396-1472)

Architetto e scultore allievo di Ghi-berti e collaboratore di Donatello, èprosecutore della lezione brunelle-schiana attraverso l’elaborazione di unelegante accordo tra il misurato goti-co fiorentino e la ricerca di nitide im-postazioni spaziali ispirate all’antico;tra i suoi più noti progetti ricordiamoil complesso di San Marco (1436-1443)e palazzo Medici Riccardi a Firenze ele ville medicee di Cafaggiolo (post1451) e Careggi (1457 circa).

Miniatore pacinesco, primo e secondoV. Pacino di Bonaguida.

MiniaturaArte di illustrare e decorare grafica-mente testi manoscritti. “Miniare”deriva dalla parola minium con laquale nel Medioevo si indicava il ci-nabro o solfuro di mercurio, di colo-re rosso vivo, usato per dipingere leiniziali degli antichi codici. Per esten-sione si intende qualsiasi dipinto dipiccolo formato eseguito con minu-zia di particolari.V. anche codice.

Mogalli, Cosimo (1667-1738)Appreso il disegno dallo scultore Fog-gini, si dedicò quasi esclusivamente al-

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l’incisione riproduttiva, dimostrandonotevole perizia nell’uso del bulino. Lasua produzione comprende soggettireligiosi, mitologici e storici, di vedu-te e scene di genere. Tra gli autori ri-prodotti compaiono Andrea del Sarto,Tiziano, Veronese, lo Schiavone, Pal-ma il Giovane, Guercino, Van Dyck.

MonogrammaUnione o intreccio di due o più let-tere.M. di Cristo: Intreccio delle letteregreche x (chì) e p (rho), iniziali dellaparola greca “Christòs”, cioè Cristo;oppure delle iniziali di ixtus (pesce)e xpistos (Cristo), due termini che altempo stesso erano simboli conven-zionali dei cristiani, in uso a partiredal ii secolo. La sigla può anche esse-re formata dalle lettere latine i, h e s,a volte sormontate dalla croce, ad in-dicare l’espressione: «(vincerai) conquesto segno», con riferimento allacroce sovrastante.M. bernardiano (da San Bernardo diChiaravalle): insieme delle tre lettereihs racchiuse entro un disco solareraggiante.

Morte della VergineNella letteratura apocrifa e nella Le-genda Aurea (secolo xiii) compaionodifferenti versioni dell’episodio, giàattestate a partire dal iv secolo. Tra lepiù diffuse ricordiamo: l’annuncio,in cui compare un angelo che conse-gna la Palma del Paradiso a Maria,annunciandole la morte dopo tregiorni; la Comunione, amministrataalla Vergine da san Giovanni Evange-lista, o da Cristo, tra i temi più ri-correnti nel periodo della Contro-riforma; la Dormitio: ispirata ad una

lezione della leggenda che vuole chela Vergine non fosse morta, ma ad-dormentata nei tre giorni precedentila sua resurrezione. La scena può so-vrapporsi a quella dell’Assunzione del-la Vergine.

Nascita della VergineDescritto nei soli Vangeli apocrifi enella Legenda Aurea (secolo xiii); il te-ma conosce ampia diffusione nell’ar-te occidentale dove è tramandato dalsecolo xiii fino al Seicento. L’eventodi Anna, che dopo l’annuncio del-l’angelo dà alla luce la piccola Maria,è solitamente ambientato in una co-mune abitazione, spesso molto cura-ta nei dettagli dell’arredamento, do-ve si ritrovano molte donne; Gioac-chino, se presente, ha una posizionesecondaria.

NavicellaÈ il contenitore dell’incenso destina-to a essere deposto sui carboni arden-ti del turibolo, mediante un cucchiai-no di metallo.

NicchiaCavità aperta nel vivo di un muro checontiene il più delle volte una statua:può avere pianta semicircolare, ret-tangolare o poligonale.

Nigetti, Matteo (Firenze 1570circa-1648)

Architetto e scultore noto come espo-nente del Manierismo fiorentino, fuallievo di Bernardo Buontalenti, conil quale lavorò al Palazzo Non Finito(1593). Tra i suoi più noti interventiquello per la Cappella dei Principi,cappella funebre della famiglia Medi-ci nella chiesa fiorentina di San Lo-renzo.

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Olio (pittura a)Tecnica di pittura su tela o tavola cheutilizza pigmenti impastati con oliigrassi, con l’aggiunta di olii essenzia-li al fine di rendere i colori più tra-sparenti e meno vischiosi. L’impiegodell’olio come emulsionante consen-te di ottenere un’ampia gamma dipigmenti e gradazioni cromatiche do-vute anche alle diverse modalità diapplicazione possibili del colore.

OstensorioArredo sacro, a forma di tempietto o, intempi più recenti, di disco solare rag-giante, entro il quale l’ostia consacrataè esposta all’adorazione dei fedeli.

PaceTavoletta decorata – spesso in metal-li preziosi –, raffigurante un’immagi-ne sacra, utilizzata per la preghierapersonale o presentata al bacio dei fe-deli per il perdono.V. anche Annunciazione.

Pacino di Bonaguida (documentatoa Firenze tra il 1303 e il 1339)

Pittore e miniatore, annovera, tra lesue opere più note, il polittico dellaGalleria dell’Accademia di Firenze,dallo stile monumentale di ascenden-za giottesca, animato da tensioni de-corative gotiche, e la tavola dell’Albe-ro della Vita, presso la stessa Galleria,dove prevale il linguaggio più scandi-to e narrativo ripreso nelle miniature.L’illustrazione dei cinque Antifonariimprunetini, ad opera di più mani, at-tribuita all’ambito della sua bottega,copre un ampio arco di tempo: il ter-mine più antico è riconosciuto nellostile pacinesco degli inizi del Trecen-to, attribuito al cosiddetto Primo mi-

niatore pacinesco, vivacemente narra-tivo e semplificato; quello più recen-te, intorno alla metà del xiv secolo,nelle figure più solide e nel ritmo or-namentale del Secondo miniatore pa-cinesco e nel linguaggio dolce edespressivo, dai vivi accostamenti cro-matici, del cosiddetto Maestro dad-desco. A metà tra i due estremi è sta-to riconosciuto l’intervento del cosid-detto Maestro delle effigi domenicane(documentato dal 1337 al 1345). Larealtà di una grossa bottega, attiva ol-tre la scomparsa di Pacino di Bona-guida e specializzatasi, nel tempo, nelsettore della miniatura, darebbe ra-gione delle differenti interpretazioniattraverso le quali lo stile del maestroviene trasferito in questi codici.

Pala d’altareGrande tavola, dipinta o scolpita, si-tuata sull’altare; talvolta si componedi più pannelli (v. anche: polittico). Sitrova spesso inserita in una ricca cor-nice oppure nella struttura architet-tonica dell’altare stesso.

PaliottoParamento anteriore dell’altare postosotto la mensa, generalmente di mar-mo; può essere in avorio, argento, oanche in tessuti ornati e ricamati.

PannelloRiquadro ornamentale scolpito o di-pinto. Si intende anche ciascuna par-te di un polittico.

ParamentoI p. liturgici sono l’insieme delle vestiindossate dai celebranti durante la li-turgia cristiana e, per estensione, an-che gli oggetti posti sull’altare e idrappi decorativi.

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Pasquino da Montepulciano (attivonella prima metà del secolo xv)

Scultore formatosi nell’ambiente uma-nistico fiorentino, fu collaboratore diFilarete alle Porte bronzee di San Pie-tro a Roma (1433-1445), nelle quali ap-pose il proprio nome. Sua anche la rea-lizzazione del portale di San Domeni-co a Urbino. La sua attività, ad oggiancora poco conosciuta, rivela anchel’influenza di Luca della Robbia.

PatchworkDall’inglese “lavoro su toppe” è un’antica tecnica che consiste nel confe-zionare coperte, canovacci e ogni ti-po di oggetto in tessuto, assemblan-do pezzi di stoffa di aspetto e di ori-gine differenti.

PatènaPiccolo piatto tondo, spesso in me-tallo prezioso, usato nella Messa perposarvi l’ostia consacrata e per copri-re il calice.

PianetaAmpia veste liturgica con un’aperturatonda per la testa, indossata dal sacer-dote durante la Messa, deriva dal man-tello da viaggio di antico uso romano.

PievePrimitiva comunità parrocchiale, in-dicava la circoscrizione ecclesiasticarurale, diffusa nell’Italia settentrionalee centrale, costituita da un territoriocon una chiesa principale, con annes-so battistero, che aveva giurisdizionesulle maggiori chiese del distretto.

Pingoni, Simone (documentato dal1593 al 1614)

Orafo fiorentino, la sua attività è do-cumentata, già alla fine del Cinque-

cento, dal busto reliquiario realizzatoper San Lorenzo a Montevarchi (1593);attualmente è rappresentata soltantodal Reliquiario imprunetino di san Si-sto (1614).

PissideCoppa di argento o di altro metalloprezioso, dorato all’interno e chiusoda un coperchio, in cui si conservanole ostie consacrate. Si custodisce neltabernacolo dell’altare. La tipologiapiù frequente è a forma di croce.

PolitticoDipinto o rilievo formato di tre o piùpannelli uniti tra loro sia material-mente, da cerniere, o cornici, checoncettualmente, attraverso i sogget-ti rappresentati.V. anche pannello e cornice.

PunzonaturaImpressione di un marchio o cifra diriconoscimento mediante punzone.

PunzoneUtensile di acciaio che porta incisa aduna estremità una lettera, un nume-ro, o una cifra da incidere su materialia scopo distintivo o decorativo.

ReliquiaFrammento sacro del corpo o ogget-to venerato perché appartenente (olegato) alla persona di Cristo (la Cro-ce), della Madonna o di Santi.

ReliquiarioCustodia, di varie forme e materiali,per la conservazione delle reliquie.Può avere diverse forme, spesso pen-sate per l’esposizione ai devoti.V. anche reliquia.

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RilievoTecnica scultorea di decorazione checonsiste nel far emergere le figure dal-la superficie sulla quale sono scolpite;quando la figura si stacca dal fondo permeno della metà del suo spessore si hail bassorilievo, l’altorilievo quandosporge per più della metà. Quando lefigure si staccano per metà del propriospessore si parla di mezzorilievo.

Saller, Alessandro (Firenze, primametà del xviii secolo)

Architetto fiorentino apprezzato dal-la corte granducale, tra i suoi inter-venti, ad oggi scarsamente documen-tati, ricordiamo il progetto per l’alta-re della Madonna del Rosario, per lachiesa di Santa Reparata a Pimonte(Barberino di Mugello, 1741).

SalterioLibro dei salmi. Nella liturgia catto-lica è la collezione di salmi che fa par-te dell’ufficio divino.

Salvi, Antonio di (Firenze 1450-1527)Orafo, allievo di Antonio del Pollaio-lo, lavora insieme al cugino in unapropria bottega. Ultimo rappresen-tante della tradizione pollaiolesca, lasua feconda attività è documentata inquasi tutte le chiese di Firenze e inmoltissime del contado. Dell’autorecitiamo la sola formella raffigurante ilConvito di Erode, per il dossale d’al-tare di San Giovanni (Firenze, Museodell’Opera del Duomo, 1478-1480).

Sancta sanctorumLa parte più sacra ed interna del tem-pio di Gerusalemme. Oggi nelle chie-se cristiane con tale termine si indicail tabernacolo in cui è conservata la pis-side.

Santa Caterina d’AlessandriaLa sua leggenda, che ha inizio nell’al-to Medioevo, la ricorda donna nobi-le, erudita e bella che convinse dellaverità del Cristianesimo i filosofi ales-sandrini fatti venire a Roma dall’im-peratore Massenzio (iv secolo), perconfutarla. Tipici attributi sono laruota chiodata, strumento del suomartirio, la spada, la corona, la pal-ma, l’anello e il libro; frequente an-che la raffigurazione del suo matri-monio mistico con Cristo.

San CristoforoLa raffigurazione più diffusa, trasmes-sa dalla Legenda Aurea (secolo xiii) èquella del santo gigante intento a tra-ghettare da una riva all’altra di un fiu-me un bimbo che si rivelerà essere Ge-sù, caricandolo sulle spalle. Il culto delsanto è attestato già dal v secolo.

San FilippoUno dei dodici apostoli, che secondola tradizione avrebbe evangelizzato laFrigia. Incerto il suo martirio: fu pro-babilmente crocifisso capovolto. Lesue reliquie sono custodite nella chie-sa romana dei dodici Apostoli.

San GiovanniIl più giovane tra gli apostoli, Figliodi Zebedeo e Maria Salomè, è consi-derato l’autore di uno dei quattroVangeli canonici e dell’Apocalisse,che avrebbe redatta durante l’esilionell’isola di Patmos, dove si recòscampato alle persecuzioni dell’impe-ratore Domiziano (81-96): Quest’ul-timo lo avrebbe fatto immergere inun calderone di olio bollente, dalquale il santo sarebbe uscito illeso.L’agiografia lo indica autore del mi-

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racolo della resurrezione di Drusianae di quello, altrettanto diffuso, del ve-leno, al quale egli sopravvisse tramu-tandolo in un serpente, frequente at-tributo del santo. Nella rappresenta-zione dell’Ultima cena compare a vol-te con il capo appoggiato sul petto diCristo ed in quella della Crocifissioneè raffigurato accanto alla Madonna,che Cristo gli affida in punto di mor-te. Insieme a Pietro ed a suo fratelloGiacomo è tra gli apostoli che assi-stono alla Trasfigurazione sul monteTabor. Il simbolo che lo contraddi-stingue è l’aquila.V. anche Evangelici, simboli.

San Giovanni Battista Ultimo profeta, primo santo e pre-cursore di Gesù Cristo. Istituì sulle ri-ve del Giordano il sacramento delbattesimo; battezzò anche Cristo e ri-conobbe in lui il Messia; suoi attri-buti sono l’agnello e la veste di pelli.Può anche reggere la ciotola per l’ac-qua del battesimo o un favo di miele.Comune è la rappresentazione dellasua testa mozzata portata su un vas-soio da un’ancella o da Salomè che laaveva voluta in pegno.

San LorenzoLa graticola è il suo attributo e memo-ria del suo martirio; viene rappresenta-to giovane, tonsurato e vestito con ladalmatica. Primo diacono e martiredella Chiesa romana, è raffigurato spes-so in coppia con santo Stefano.

San LucaAutore del terzo Vangelo e degli Attidegli Atti degli apostoli, fu, verosimil-mente, un greco convertitosi al cri-stianesimo. Viene solitamente rappre-sentato intento alla scrittura del Van-

gelo e con un toro. La tradizione vuo-le che egli abbia eseguito un quadroche rappresentava la Madonna e perquesto è considerato protettore degliartisti e raffigurato con tavolozza epennelli. Non molto chiare sono le no-tizie sulla sua morte: forse martirizza-to, oppure morto in pace a 84 anni inBitinia, i suoi resti vennero successiva-mente portati a Costantinopoli.V. anche Evangelici, simboli.

San PaoloSpesso accompagnato all’immagine disan Pietro apostolo, fondatore insiemea lui della Chiesa quale simbolo dellasua componente ebraica, Paolo ne rap-presenta invece quella pagana. Tra gliattributi la spada, strumento del suomartirio; il libro o il cartiglio, che al-ludono alla stesura delle Epistole.

San PietroRappresentato nella tipologia dell’a-postolo, talvolta indossa mitria e pi-viale, poiché fu il primo papa dellaChiesa cattolica. L’attributo che loidentifica è quello delle chiavi, sim-bolo dell’incarico conferitogli da Ge-sù di custodire le porte del cielo; altriattributi sono: il gallo; la croce capo-volta, strumento del suo martirio; piùraramente la barca.

San Raffaele, arcangeloCitato solo nell’Antico Testamento, isuoi attributi non sono precisi, ma so-litamente appare raffigurato vestitoda pellegrino con bastone e bisacciaaccanto al giovanetto Tobiolo, mentrelo accompagna nel suo viaggio. È in-vocato come protettore dai mali e dal-le infermità del corpo e considerato ilPatrono dei viandanti, degli infermie degli adolescenti.

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San RomoloMartire, discepolo di san Pietro e pri-mo vescovo di Fiesole, per primo dif-fuse il cristianesimo nella regione di Fi-renze. Ucciso, secondo la tradizione,sotto Domiziano (81-96), il suo corposarebbe stato portato fuori dalla città,presso il torrente Mugnone, dove neliv secolo sorse una cattedrale. Le suespoglie vennero traslate a Fiesole, nel-la nuova cattedrale, nel 1028.

Santo StefanoPrimo diacono presso la prima co-munità cristiana di Gerusalemme, sidistinse per eloquenza e ardore di fe-de e carità. Le sue reliquie sono a Ro-ma, accanto a quelle di san Lorenzo,protomartire della Chiesa romana,così come Stefano lo era stato dellaprima comunità apostolica. È ritrat-to giovane, talvolta tonsurato; suo at-tributo sono le pietre con le quali subìla lapidazione per aver accusato gliebrei di aver assassinato il Messia, inmano o conficcate nel capo sangui-nante.

Santa TeodoraDonna bellissima vissuta ad Alessan-dria intorno alla fine del Terzo seco-lo; la leggenda racconta della sua pro-messa di verginale castità agli occhi diDio. Condannata per la sua fede cri-stiana ad essere condotta al postribo-lo viene decapitata per suo stesso de-siderio insieme al soldato Didimo cheaveva tentato di sottrarla a tale sorte.

San TommasoAssai diffusa, a partire dal xiii secolo,è la rappresentazione della sua incre-dulità di fronte alla resurrezione diCristo. I Vangeli apocrifi ricordano

anche l’incredulità dell’Assunzionedella Vergine, a conferma della quale ilsanto invocò una prova. La Madonnaavrebbe allora gettato dal cielo unacintola, che Tommaso raccolse. Ge-neralmente è raffigurato come un gio-vane sbarbato, con l’attributo dellasquadra da disegno, la cintola dellaVergine oppure con la lancia o il pu-gnale, strumenti del suo martirio.

San SistoPapa e martire di origine greca, operòla riappacificazione tra la chiesa diCartagine e quella di Roma. Fu cat-turato mentre celebrava la messa nel-le catacombe di San Callisto e deca-pitato durante la persecuzione di Va-leriano (iii secolo). Trovò sepolturanelle stesse catacombe di San Calli-sto.

San ZanobiLa sua leggenda agiografica lo indicadiacono a Costantinopoli tra iv e vsecolo, quindi vescovo di Firenze, do-ve è venerato tra i santi patroni. Il suoculto è legato alla fama dei suoi pote-ri taumaturgici e di esorcista. Raffi-gurato come santo vescovo, tra i suoiattributi è spesso un modellino delduomo di Firenze, o il giglio.

SbalzoArte e tecnica di decorazione usataper i materiali preziosi, quali l’oro el’argento, ma praticata anche per il ra-me e il bronzo. Consiste nel ridurre ilmetallo in lamina sottile per ricavar-ne la raffigurazione voluta a rilievo,modellandola in negativo, e operan-do quindi la rifinitura dal davanti conil cesello e il bulino.

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Silvani, Gherardo (Firenze 1579-1675)Architetto legato a schemi tardoma-nieristici, in accordo con il clima con-servatore dominante all’epoca in To-scana, fu tra i principali esponentidell’architettura fiorentina del Sei-cento. Dell’autore ricordiamo qualiesempi i progetti per l’ampliamentodi palazzo Panciatichi (1620) e per lafacciata su via Tornabuoni di palazzoStrozzi a Firenze.

SmaltaturaTecnica di decorazione applicata a ce-ramica e metallo.I più diffusi procedimenti per la s. deimetalli sono il cloisonné, che prevedela stesura dello smalto entro zone de-limitate da sottili fili metallici e ilchampievé, che prevede l’inserimentodello smalto entro piccoli alveoli pra-ticati su una lastra metallica.Il termine indica anche il processo diimpermeabilizzazione della terracottache diviene di grande uso a partire dalxv secolo, dando luogo ad un partico-lare tipo di produzione, la maiolica.

Smaltovernice vetrosa cui sono aggiuntecomponenti coloranti, che ha la pro-prietà di diventare una superficie lu-cida e compatta grazie alla cottura adalte temperature. V. smaltatura.

Strage degli innocentiL’episodio, tratto dal Vangelo di Mat-teo, racconta del re Erode il Grandeche, informato della nascita di unbambino destinato a divenire re deiGiudei, temendo l’usurpazione delsuo potere, ordinò lo sterminio di tut-ti i fanciulli di Betlemme e dintorni.

La scena si svolge generalmente nelcortile del palazzo di Erode: i soldaticon le spade sguainate strappano ibambini dalle braccia delle madrimentre il pavimento è coperto dai ca-daveri dei piccoli. Il culto degli Inno-centi come primi martiri risale a un pe-riodo molto antico dell’era cristiana.

Stolainsegna, che fa parte dei paramenti li-turgici di vescovi, sacerdoti e diaconi;costituito da una striscia di tessutoposta sopra la veste e discendente indue liste verso il basso, è diversamen-te indossata a seconda del grado del-l’ordine.

Stadler, Franz Ignaz (documentatodal 1686 al 1690)

Orafo austriaco, nato a Bodendorf;opera chiave per la ricostruzione del-la sua attività è una croce d’altare delTesoro della cattedrale di Esztergom,datata 1686, anno nel quale è docu-mentato anche il suo matrimonio conla vedova di un altro orafo, Berchtold.

Sustermans, Justus (Anversa 1597 - Fi-renze 1681)

Pittore, studia a Parigi; nel 1621 è a Fi-renze come pittore della corte gran-ducale. In tale veste dipinge una nu-merosa serie di ritratti di membri del-la famiglia Medici. Le sue qualità diritrattista lo portarono a lavorare pres-so molte corti europee e italiane, Trai suoi ritratti più noti, oltre a quelli diGalileo, citiamo solo quelli di Pan-dolfo Ricasoli e Francesco de’ Medici.

TabernacoloEdicola chiusa da uno sportello, postasull’altare, in cui è conservata la pissi-de. Si intende anche una nicchia o una

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piccola cappella, posta lungo una stra-da o inserita nello spessore di un mu-ro, contenente un’immagine sacra.

TelaCostituisce una delle superfici più usa-te per la pittura a olio; di lino o di ca-napa, talvolta anche in cotone, juta,seta o altre fibre; la sua tipologia variadi grossezza e intreccio a seconda del-le epoche, dei luoghi e delle esigenzeespressive. Prima incollata su tavola, inseguito fu tesa su telaio per favorire iltrasporto dei dipinti; quest’ultimo uti-lizzo si diffonde dalla seconda metà delxv secolo sostituendosi definitiva-mente a quello su tavola a partire dalxvii secolo. Il termine indica anchel’opera pittorica eseguita su tela.

TelaioNell’arte della tessitura è il congegnoche serve ad intrecciare i fili dell’or-dito con quelli della trama. Si inten-de anche l’inquadratura, in genere li-gnea, sulla quale viene tesa la tela perdipingere.

TempioStruttura architettonica solitamente apianta centrale e copertura a cupola.Per estensione, ogni tipologia che ri-propone tale struttura.

TessutoTecnica ed arte che consiste nell’in-treccio di una serie di fili chiamati or-dito e mantenuti paralleli e in tensio-ne, con un’altra serie che vi si inseri-sce trasversalmente, chiamata trama,ottenuto mediante il telaio. I tessutisi dicono uniti quando l’intreccionon presenta disegni speciali, opera-ti in caso contrario. Si distinguono tretipi base di tessuto:

la tela o taffetas, con 2 fili di ordito e2 di trama, con uguale effetto al di-ritto e al rovescio; la saia, che sortisceun effetto diagonale inclinato a destrao sinistra; il raso (o satin): a secondache sia più evidente l’ordito o la tra-ma, si hanno rasi ad effetto di orditoo rasi ad effetto di trama.

TimpanoTerminazione architettonica a coro-namento di un prospetto, general-mente a forma triangolare, liscia o, piùspesso, decorata a rilievo, delimitatadagli spioventi del tetto e dalla partesuperiore del prospetto che viene co-sì a costituire la base del triangolo.

Tobia / Tobiolo, storie diIl racconto biblico ambientato nel viisecolo a.C. in Assiria, vuole che l’ar-cangelo Raffaele incontri Tobia, altri-menti detto Tobiolo, figlio di Tobiche era rimasto cieco, mentre è inviaggio per recuperare il denaro pa-terno. Incitato da Raffaele, Tobioloriuscì ad afferrare il pesce che cercavadi morderlo, mentre si bagnava nelfiume Tigri, e dal cuore, fegato e fie-le strappati all’animale ricavò i rime-di contro i demoni e le malattie ocu-lari. Il racconto prosegue con l’in-contro con Sara.

TrabeazioneStruttura orizzontale del tempio gre-co, costituita di architrave, fregio ecornice. In generale è l’insieme deglielementi orizzontali sostenuti da co-lonne, pilastri e piedritti.

TritticoPolittico costituito di tre pannelli uni-ti fra loro.

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TuriboloSuppellettile sacra, spesso preziosa-mente argentata, formata da una cop-pa con coperchio, sollevabile median-te tre catenelle, che contiene un pic-colo braciere (navicella), nel quale ven-gono fatti bruciare grani di incenso.

Vanni, Antonio (Impruneta, docu-mentato dal 1882 al 1895)

Abile modellatore di argilla imprune-tino ha conservato vive tradizioni emestieri paesani nelle scene riprodot-te sopra i suoi bassorilievi.

Vasi votiviSono il calice, la pisside, l’ostensorio, lateca e la lunetta. Si possono intende-re anche il corporale, la palla, il puri-ficatoio, il mesciacqua, le ampolline, ilturibolo, la navicella, la patèna, il sec-chiello e l’aspersorio, la borsa del cor-porale, il velo del calice, il campanel-lo, le tre ampolle che contengono glioli sacri.

VellutoTessuto con superficie coperta di pelo,costituito da due orditi, uno per il tes-suto di base (grosso taffetas o raso) el’altro per il pelo, ottenuto mediantel’inserimento di un filo di cui si pos-sono tagliare le sporgenze anelliformi.

VeloQuadrato di stoffa degli stessi coloriliturgici dei paramenti, ricamato e

con al centro la croce o il mono-gramma di Cristo, impiegato per co-prire il calice all’inizio e alla fine del-la Messa.Si intende anche la stoffa, spesso pre-ziosamente ricamata, che viene postasul volto del defunto, nella sepoltura.

Vergine col BambinoL’iconografia bizantina della Madon-na ieratica e frontale, con in braccioil Bambino vestito e benedicente, inpiedi e di spalle alla Madre è presen-te in Occidente già dall’vii secolo. In-torno al xiv secolo si affermano inve-ce tipologie che sottolineano l’aspet-to terreno e intimo del rapporto trala Madre e il Figlio, i cui vari atteg-giamenti ed attributi identificano dif-ferenti tipi iconografici.

VoltaCopertura a superficie ricurva di unambiente o di parte di esso, costitui-ta da una estensione interna concava(intradosso) ed una esterna convessa(estradosso). Caratteristica basilare della volta è discaricare lateralmente la spinta chedeve essere contenuta dagli appoggidella volta stessa.

VolutaElemento decorativo curvilineo dif-fuso in pittura, scultura e architet-tura.

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152museo del tesoro di santa maria dell’impruneta

The treasury of Santa Maria dell’Impruneta

By Rosanna Caterina Proto Pisani

In Impruneta, a small town a fewmiles from the city, on the hillsaround Florence, there is a museumof particular importance because ofthe valuable works kept there: theTreasury of Santa Maria of Imprune-ta. In fact, the museum, adjacent tothe basilica houses the gifts lavishedthrough the centuries on the Virginof Impruneta, to whom is dedicatedone of the most famous Marianshrines in all of Tuscany. To this image is linked a very ancientand suggestive tradition, that narrateshow the holy Image, painted by theevangelist Luke, therefore not paint-ed by a human hand (even if the im-age that is currently venerated was al-most totally repainted by IgnazioHugford in 1758), was brought to Tus-cany by Saint Romulus. As a conse-quence of the persecutions, the saint’sfollowers buried the image so as tohide it in prunetis (i.e. among thebrambles), from which the etymologyof Impruneta is derived. Only many years later it was decidedto build a temple dedicated to the vir-gin on the Monte delle Sante Marie,but the walls erected during the daycollapsed during the night, indicatingthat it was not the right site for thebuilding. It was then decided – on theadvice of the hermit of Bifonica – toentrust the choice of the site to a sort

of divine decision, so the stones forthe walls were loaded onto a cartpulled by oxen: wherever the oxenstopped there the new temple, dedi-cated to the Virgin, would be built.The oxen knelt down exactly on thepoint where the current basilica ofSanta Maria stands and then excava-tions began to lay the foundations ofthe new construction. It was precise-ly at that time that, following a morevigorous stroke of a spade, a “lan-guishing voice” was heard, as re-counted in the chronicle by the parishpriest Stefano Buondelmonti, and,continuing to dig, the sacred Image ofthe Virgin was recovered. If thechronicle of the parish priest StefanoBuondelmonti, from about 1375, isthe first written source of the tradi-tion regarding the recovery of the holyImage, there is a marble bas-relieffrom the mid-15th century that is itsfirst figurative source. The bas-relief,the ancient frontal from the Chapelof the Virgin (prior to Grand DukeCosimo iii’s commission for the veryrich frontal, still in place on the Vir-gin’s altar) is the museum’s symbol.The bas-relief, variously attributedto different Renaissance artists (Lucadella Robbia, Michelozzo, and Fila-rete), shows in a clear manner butwith accents of wonder and medita-tion the central moment of the holyImage’s recovery. The recovery of the Holy Image is atale that certainly comes from an oraland popular tradition, but, like all tra-ditions, it has its own truthfulness andhistorical foundation. The connec-

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tion between the Holy Image andSaint Romulus, a disciple of Saint Pe-ter, indicates that the cult of the Vir-gin of Impruneta refers back to theearly years of the Christianization ofTuscany. The story of the unearthingof the image also refers to the recov-ery of “gran copia di idoli e di figuredi serpenti”, (a large quantity of idolsand figures of snakes), as written inthe middle of the 15th century by Gio-van Battista Casotti, parish priest andhistoriographer of Santa Maria in Im-pruneta, suggesting that the sitewhere the church stands was used asa place of worship in ancient times. Documented historical informationon the church’s origin goes back onlyto the 11th century, the oldest evidencebeing represented by a marble plaque– on the wall next to the entrance –remembering the consecration, thattook place on 3 January 1060, by Car-dinal Umberto di Selva Candida,legate for Pope Nicholas ii. The re-covery of the church’s Romanesquestructure, during restoration workfollowing the destruction during thelast war, confirms this date: importantRomanesque remnants in the currentchurch are the crypt, correspondingto the central area of the presbytery,and the bell tower. The church of Santa Maria, unlikeother celebrated places of cult, wasnot founded as a shrine, but as a parishchurch, with a baptismal font and asmother church, from which as manyas twenty-one suffragan churcheswere dependent; it was placed on animportant communication route, the

Cassia Imperiale, an alternative routeto the Via Cassia.Towards the middle of the 14th centu-ry the economic crisis that also hit theflourishing community of Imprunetaand the Black Death of 1348 broughtthe cult of Our Lady to Florence. TheMadonna of Impruneta started to bevenerated at that time, together withthe Madonna of Orsanmichele, whoprotected against famine, and theMadonna of Santissima Annunziata,that had a thaumaturgical role. Thus the cult of the Virgin spread toFlorence, assuming its own originalcharacteristics: the first procession toFlorence in 1354, described by MatteoVillan, after the 1348 plague, was fol-lowed over the centuries by a consid-erable number of processions. It was precisely during this period thatthe church became a shrine. Thechurch’s renovation, on the basis ofthe new requirements of its role as ashrine, adopted the model of a Tus-can convent church, with a hall planthat doubled its surface, so as to wel-come the growing number of pil-grims, for whom the open galleries ofthe square were also constructed, inorder to be used for shelter. Thechurch, while preserving only a fewGothic traces, has maintained its 14th

century structure over time. During the 15th century, the presenceof Bishop Antonio degli Agli, a manof refined culture who was on famil-iar and friendly terms with Pietro deiMedici, Marsilio Ficino and LeonBattista Alberti, and who was theparish priest there from 1439 until the

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year of his death in 1477, representeda change from the patronage of thepowerful Buondelmonti family,which had always considered them-selves the founders and legitimateowners ex fundatione, dotatione et de-fensione of Santa Maria, exercisingtheir patronage on the church untilthe family died out in the 18th centu-ry. All the 15th century interventionson the Santa Maria in Imprunetacomplex are tied to the personality ofAntonio degli Agli, who was a gener-ous benefactor. From the construc-tion of a second Renaissance cloister,built next to the cloister of parishpriest Stefano Buondelmonti, to theconstruction of a boundary wall that,surrounding the complex with cornertowers, gave the church the aspect ofan impregnable fortress, with the ob-ject of enclosing and protecting thesancta sanctorum, namely the twinaedicules that enriched the church in-terior, meant to hold the fundamen-tal relics of the Christian doctrine, therelics of the True Cross donated by thefamous condottiere Pippo Spano andthe archaic Marian image, that isChrist and the Virgin. The aedicules,both commissioned by Piero deiMedici to the family architect Mich-elozzo, were probably erected byMichelozzo himself – in “company”,at that time, with Luca della Robbia,who carried out the glazed terracottadecorations – with great inventivefreedom, but rigorously following, forthe interior, the indications of LeonBattista Alberti and evoking, in thestudy of light, the strong influence of

Marsilio Ficino’s thought, of platonicinspiration. From the 16th century, instead, is thenew arrangement of the polygonalchoir – traditionally linked to AndreaBuondelmonti, who later became thearchbishop of Florence – the gabledwindows and, from the end of thesame century, the altars in pietra sere-na (a type of grey sandstone) lateradorned with paintings by 17th centu-ry Florentine painters (DomenicoPassignano, Jacopo da Empoli, Mat-teo Rosselli).The climax of the religious fervor and,at the same time, of the deep politicalmeaning of this image’s cult wasreached during the siege of Florence,when the Madonna of Imprunetawhich had remained in Florence dur-ing this whole period, became thesymbol of Florentine freedom fromthe invader, the true Regina Repub-blicana (Republican Queen). Butwith the beginning of the Medici rule,the Regina Repubblicana was trans-formed into the “family Madonna” bythe grand ducal dynasty, which wasdeeply devoted to the Holy Image. Among the extremely numerous pro-cessions that marked the climax of thecult of the Virgin, the most famousones were that of 1633 to eradicate theplague and that of 1711 to prevent theMedici dynasty from dying out. The shrine, seat of the presence of thedivine power, was rendered shiningwith gold, a sort of introibo to favorthe faithful’s encounter with the holyImage. A very rich choir in white lac-quered wood, but with a profusion of

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gilded decorations occupied the en-tire inner façade, housing the antiqueorgan, a rare instrument crafted byFra Bernardo Argenta in 1532-1535. Aseries of large-size paintings insideprecious frames, with the story of theVirgin’s miracles, was hung on theside walls while the 16th century altarswere decorated by rich ornaments,and two striking gilded domes in-creased the height of the aedicules byMichelozzo. This sumptuousbaroque aspect characterized thebasilica until the last war, when thesenseless air-raid of 28 July 1944 de-stroyed the church. The reconstruc-tion and the restoration carried out af-ter the war – following the purist tastein fashion during those years – has re-turned the basilica’s appearance to asort of late Renaissance style, with there-opening of the gabled windowsand the ceiling with the roof trussesvisible. Even if in these last few decades, theSoprintendenza has worked in orderto return some important parts of thelost baroque structure, the basilica ofSanta Maria is certainly no longerwhat Giovan Battista Casotti hadwanted which, in its rich decoration,sumptuously celebrated the cult ofthe Madonna of Impruneta. The museum is housed inside thiscomplex rich in history, in a very en-riching connection with the holy Im-age and the shrine, of which it is anintegral part.

The Processions of the Madonna of Impruneta

“A peste, fame et bello libera nosDomine”(i.e., From plague, famineand war, o Lord, deliver us). This wasthe invocation that accompanied theVirgin of Impruneta during her trans-fers to Florence. The first procession thatbrought the Madonna of Impruneta toFlorence, giving birth to the very closerelation that sprang up between the cityand the Impruneta icon, took place in1354, a few years after the black deathof 1348. The historian Matteo Villani,who had lost his brother Giovanni dur-ing this plague, described it in his Cron-ica: the Madonna wasbrought there be-cause of the drought and the processionended successfully with the coming of therains. The original tabernacle of theMadonna, now displayed in the sectionof sacred paraments in the museum, goesback to this time, executed exactly be-tween 1350 and 1360 by a painter calledthe Master of Tobias after the frescoeswith the Stories from the life of Tobiasin the oratory of the Bigallo: the Madon-na was placed in this tabernacle to becarried to Florence by the Buondelmontibrothers and other members of noblefamilies. For almost two centuries, from 1354 to1540, we can count about twenty-fiveprocessions, during which the Madon-na, venerated as Our Lady of the Rains,was taken to Florence because of theweather, preventing both drought andflood, thus also facing the problem offamine. But soon after, the recourse tothe Madonna of Impruneta against the

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terrible scourge of the plague which shehad already succeeded in defeating inthe 1383 and 1400 processions led to at-tributing specific virtues to the Virgin inorder to face any difficulty, transform-ing her into a telluric mother-god, ca-pable of influencing even the politicalsphere. In fact, from the second half of the 14th

century until the first half of the 15th cen-tury, the Madonna was brought to Flo-rence many times in order either to pre-vent or end wars, sieges and foreign in-vasions. During the Florentine Repub-lic, the cult of the Virgin of Imprunetawas particularly intense: the Madonnawas brought there for the 1502 electionof the Life Gonfalonier TommasoSoderini and during the siege of Flo-rence – a period in which the Madon-na remained in the city the whole time– was proclaimed the “only and specialQueen”. Even greater was the Madon-na’s charisma during the Medici period,when the Medici family made the cultof the sacred Image their own to thepoint of baptizing her the “FamilyMadonna”.Two were the most important proces-sions and to these are related the mostconsistent groups of objects displayed inthe Museum: the one of 1633 in order toovercome the contagion from the plagueand the one of 1711 at the request of Cosi-mo III in order to avoid the end of theMedici dynasty. The 1633 procession lasted three dayswhich were declared “solemn and fes-tive”. Soon after, the end of the conta-gion was declared and on 2 October 1633a large thanksgiving procession went to

Impruneta; Cristina of Lorraine andFerdinando II, who led it, presented theMadonna with some gifts, which are themost precious ones currently on displayin the museum. The 1711 procession was perhaps evenmore splendid. The real reason for thisprocession was to beseech the recovery ofthe Grand Prince; even if Cosimo putforward the usual motivations: the dan-ger of contagion, famine and drought.The Madonna returned to Imprunetaafter two weeks overflowing with gifts.Casotti made an exhaustive and preciselist of the most important gifts thatproved to be extremely useful in the mu-seum’s re-organization. Even if the cult of the Virgin was scaleddown by the lay policy of the Lorraines,yet the processions have continued up toour time. Recently, the Madonna has re-turned to Florence twice: the first timeright after the war and then in 1988, forthe Marian year.

Rosanna Caterina Proto Pisani

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Visiting the museum

By Caterina Caneva

The Museum of the treasury of San-ta Maria of Impruneta was set up in1987 and enlarged later on in order toallow the public to see more and moreof the rich collection of silver works,hangings, illuminated codices, and exvoto offerings accumulated over timearound the highly venerated icon ofthe Virgin. The secular devotion ofwhich she was the privileged object inthe Florentine area and in Florence it-self, conveyed to the shrine the grati-tude and hopes of all social levels, but– what most influenced the accumu-lation of precious ex voto offerings –also the generosity, taste and wealth ofmany noble families, first amongthem the Medicis, grand dukes ofTuscany. The museum occupies alarge hall situated directly above thearcade on the basilica’s façade, built in1634 by Gherardo Silvani, one of themost famous architects in Florence atthat time: here the collection of silverand goldsmith’s art works are dis-played. The other halls dedicated tosacred furnishings and paraments, toilluminated codices and to terracottaex voto offerings are distributed insideon the intermediate floors.

Entrance

You enter the museum through thelast door on the left under the arcade

on the basilica’s façade. In the groundfloor entrance are the first of the di-dactic panels that, at key points of theitinerary, synthetically illustrate thethemes and works presented: here, inparticular, the visitor learns about thebasilica’s history and the itinerary tofollow. Go up the stairs that lead to the up-per floors: the ticket office is on thefirst landing and a small display of de-votional and popular engravings re-lated to the image of the Virgin is onthe second one. From here to the left,there is another small flight of stairswhich leads to another landing whereother didactic panels illustrate thecult of the Impruneta Virgin and thespecial devotion that the Medici fam-ily showed to her over time; then thereis a small through room on whosewalls are hung terracotta votiveplaques, for the most part related tothe Madonna’s image.

Second landing

1-10. florentine printing18th and 19th centuriesGroup of ten devotional prints portray-ing the Virgin of Impruneta

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Small Hall of the Terracottas

As the engravings before, even theseterracotta votive plaques testify to thespread of the famous Marian image inthe area relevant to the shrine throughdifferent materials, in this case, terra-cotta, particularly common here be-cause of the presence of several kilns.This diffusion had a systematic devel-opment beginning from the early 18th

century, namely, at the time of Cosi-mo iii and the parish priest, GiovanBattista Casotti, author of the impor-tant Memorie Istoriche, (Historic Mem-ories): we owe him, in particular, tohave put the cult of the ImprunetaVirgin in a historical context, an op-eration that led, among other things,to the restoration of the venerated im-age by the painter Ignazio Hugford.The circulation of printed imagesstarted at that time, together withsculptural versions sometimes closelyconnected to them. The oldest of thesecan be considered, more or less, faith-ful versions of the real icon that wasmost of the time invisible, as in pub-lic appearances it was always placed in-side a small portable altar with doorsand, before the restoration, the imagewas also hard to discern. Only in 1758was the first true image of the Madon-na reproduced – a prototype which,from that moment on, inspired thedifferent ex voto works, of which themuseum displays many examplesfrom the 18th to the 20th centuries. In particular, the beautiful plaque inthe central panel should be pointed

out. It is of Imprunetan productionfrom the middle of the 18th century,there is a highly stylized image of theVirgin within her doored tabernaclesurrounded by a swag culminating ina little cherub’s head; other very wide-spread 19th century versions show thesacred icon inside a tri-lobed framewith small spiral columns, in a plain-ly neo-Gothic style; the later version,with the Virgin inside a classical-styletrabeated aedicule, made between thelate 19th and early 20th centuries, wasenriched over time with the additionof Saints Peter and Paul to the sides.

The works are described from the wallto the right

11. imprunetan production (?) 20th centuryThe Madonna of ImprunetaTerracotta; 49x20 cm.

12. agresti worksh opend of the 19th centuryThe Madonna of Impruneta1891Terracotta; 44x19 cm.

13. imprunetan production(?)19th centuryThe Madonna of ImprunetaTerracotta;46x31 cm.

14. made in signaearly decades of the 20th centuryThe Madonna of Impruneta1920Terracotta; 39x26 cm.Inscriptions: “La Vergine incoronataImpruneta 13.v.1920”

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15. imprunetan productionbeginning of the 20th centuryThe Madonna of Impruneta1901Terracotta; 46x30 cm.Inscriptions: “La Vergine icoronataImpruneta 13.v.1920”

16. agresti workshopbeginning of the 20th centuryThe Madonna of Impruneta1902Terracotta; 58x43 cm.Inscriptions: “Carlo Agresti 1902”

17. imprunetan productionmid-18th centuryThe Madonna of ImprunetaPost 1758Terracotta; 75x53 cm.It is the largest and most important vo-tive plaque held in the museum: dellaRobbian motifs are repeated in theswag that surrounds it, ending with asmall cherub’s head at the top. As forthe image of the Madonna, it is derivedfrom the engraving printed in 1758 inFlorence after the restoration thatmade the icon visible again, althoughin large part re-painted. As in the print,the tabernacle’s doors are open, andabove there is the large two-pointedimperial crown that was substitutedwith the current one in 1781 by theCompagnia dei Lombardi (Companyof the Lombards) (n. 121).

18. imprunetan production18th centuryThe Madonna of ImprunetaPost 1758Terracotta; 37x19 cm.

19. imprunetan productionend of the 19th centuryThe Madonna of ImprunetaTerracotta; 33x24 cm.

20. antonio vanni20th centuryThe Madonna of ImprunetaTerracotta; 41x17 cm.

21. imprunetan productionbeginning of the 20th centuryThe Madonna of Impruneta withSaints Peter and PaulTerracotta; 37x25 cm.

22. imprunetan production (?) 19th centuryThe Madonna of ImprunetaTerracotta; 34x23 cm.

23. imprunetan production (?)19th centuryThe Madonna of ImprunetaTerracotta; 36x25 cm.

24. imprunetan productionbeginning of the 20th centuryThe Madonna of Impruneta withSaints Peter and PaulTerracotta; 50x40 cm.

Left wall

On the left wall, there are some par-ticularly important examples of thecharacteristic Impruneta soppani, flatterracotta tiles used beginning fromthe 16th century, particularly in the Flo-rentine area, for internal ceilings, but

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also, decorated with relief motifs onthe intrados of the ceilings. The fourancient exemplars here show a sunwith rays and an undulating ribbon, amesh band or belt surrounded by in-tertwined ropes, a doorknocker thatimitates the traditional bronze device,and a love ring that ends with twoclasped hands. The elegant workman-ship plainly refers to della Robbianmodels, in particular those of Luca del-la Robbia, datable to the early decadesof the 16th century. It is possible – alsogiven the devotional symbology the re-liefs described above might have beeninspired by – that these soppani, tradi-tionally kept in the basilica, were partof the original ceiling at the time of theprovost Andrea Buondelmonti (thirddecade of the 16th century).

25. imprunetan productionearly decades of the 16th centuryFlat terracotta tile depicting a sun withrays and a wavy ribbonTerracotta; 38x51 cm.

26. imprunetan production, earlydecades of the 16th centuryFlat terracotta tile depicting a meshband or beltTerracotta; 38x51 cm.

27. imprunetan productionearly decades of the 16th centuryFlat terracotta tile depicting a love ringTerracotta; 38x51 cm.

28. imprunetan productionearly decades of the 16th centuryFlat terracotta tile depicting a doorknocker Terracotta; 38x51 cm.

Hall of Illuminated Codices

Although rather rare in such an an-cient ecclesiastical complex whichwent through so many events, thetreasury of Santa Maria of Imprunetastill preserves a considerable endow-ment of illuminated codices, not on-ly in terms of numbers (eleven choirbooks), but also in terms of the extra-ordinary quality of the illuminationsthat decorate them and that havemade them well known to experts.However, they are only a part of thebasilica’s original book collectionthat, according to ancient docu-ments, must have been much more re-markable. The codices are displayedopen, but, for preservation reasons,the pages are periodically turned:therefore it is not possible for the vis-itor to see all of the splendid illumi-nations contained inside each vol-ume, but what can be seen truly rep-resents a treat for the eyes and a sourceof admiration for the technical skilland patient dedication that shinethrough the initials, from the moresimply decorated ones to the moreelaborate scenes elegantly outlinedand with lively assorted colors. The manuscripts belong to two dis-tinct periods: the 14th century (sevenchoir books) and the 16th century(four), of which the two oldest are inthe first display case on the left. Dat-able to the third decade of the 14th cen-tury, they are expressions of very dif-ferent figurative backgrounds: a Flo-rentine work, the Gradual I is attrib-

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uted to Lippo di Benivieni, alsoknown as a painter (one of his panelsis in the Museum of Sacred Art in SanCasciano), while the Antiphonary(Codex ii) was done by an unknownBolognese illuminator, from one ofthe most active and distinguishedproduction centers in Italy. Bothcodices show, even in their substantialformal differences, the need felt by theilluminators of that period not to lim-it themselves to the graphic decora-tion of the initial letter of the page (asin the older practices), but to com-pose, around or separately from theletter, a real illustration with complexscenes as regards the number of peo-ple displayed and the use of space.Therefore, you begin to see here theoften very close relations with thegreat painting of the time. Then there are five antiphonariesfrom around the middle of the cen-tury, traceable to various artists’ work,but mainly linked to Pacino diBonaguida’s workshop which show agood level of homogeneity: in these,the freeing of illumination from thesimple decoration of the initial lettersis by now evident. The two codices inthe second display case (ii and iv) are,in fact, very rich in ornamental ele-ments, but also in figures that standout because of their physical and spa-tial importance, as is the next codex(v) in the central display case. On the back wall, there is a largepolyptych attributed to the Master ofBargello depicting the Virgin withChild and Saints Peter, Lawrence, Johnand Stephen, dated 1360-1365 and

originally kept in the chapel onMonte delle Sante Marie in Im-pruneta. In the display case below,two antiphonaries (vi and vii) are dis-played, in which many of the illumi-nations have characteristics attributedby critics to the Master of the Do-minican Effigies, whose work is setbetween 1337 and 1345. For example,the scenes with the Stoning of SaintStephen, the Massacre of the Innocentsor the large Dormitio Virginis, withvarious compositions rich in move-ment and drama, are referable to him. The four 16th century choir books dis-played in the last two cases show thisart’s extraordinary development, thatmasterly evolved on a chromatic andcompositional plane with an increas-ing use of color shading and a metic-ulous attention to detail in the scenesthat accompany the large initials;there is also an elegant decoration ofunbridled imagination along theedges, with botanic or geometric dec-orations and small grotesqueries orcartouches where the eye gets lost asif in a labyrinth or in a puzzle game.Three of these codices were commis-sioned by Andrea Buondelmonti, thebasilica’s parish priest and later thearchbishop of Florence from 1532, tothe same illuminator Antonio diGirolamo di Ugolino (Florence 1479-1556) who also illustrated some illu-minated codices for the Florencecathedral. His large illuminationsusually have a square shape with agold background from which thescenes derive a lively archaic flavorand the botanic decoration becomes

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more and more complicated, as in theBirth of the Virgin or Judith with theHead of Holofernes. The fourth codex, by a mid-16th cen-tury Florentine illuminator, the onlyPsalter in the collection, is character-ized by only one initial adorned withfigures of Jonah Saved From the Wa-ters, but its many ornamental decora-tions are richly inventive.

First display case on the left of the en-trance

29. Attributed to lippo di benivieni(recorded in Florence from 1296 to1327) Gradual1315-1320 circaParchment codex, cc. iii, 304, i;520x380 mm (inv. Codex I)Displayed at the 1993 Tesoro di Firen-ze sacra exhibition, the gradual wasthe object of in-depth studies by crit-ics that, after various attributions, fi-nally assigned it to Lippo diBenivieni, a painter who took a dissi-dent position from the strict confor-mity to Giotto, emphasizing the 13th

century pathos and maintaining evi-dent Gothic stylistic methods. If thesecondary decoration closely followsthe illumination models of the late 13th

century and particularly of worksfrom the other side of the Alps, thefigures at times assume a volume anda plasticity that are more typical of thepainting or sculpture of the time.

30. unknown illuminator of theschool of bolognaAntiphonary1320-1330 circaParchment codex, cc. i (Cart.), 85, i(cart.); 400x300 mm. (inv. Codex II)It is the only one among the Imprunetacodices that was created outside of theFlorentine area: in fact, it has charac-teristics typical of the Bologneseschool, one of the most active and sig-nificant among the various Italian cen-ters where books were decorated. Youcan see in it a tendency towards sobri-ety in the letters’ decoration, but alsoa great simplification of the scenes,concentrated on the essential points ofthe story, without indulging in de-scriptive details. As for the characteris-tics of the figures, these belong to atransitory phase in Bolognese produc-tion, oscillating between fidelity to theByzantine tradition and the acquisi-tion of the Giottesque innovations.

Display case on the left wall

31. “first illuminator follower ofpacino” and “second illuminatorfollower of pacino”AntiphonarySecond and third quarters of the 14th

centuryParchment codex, cc. iii, 239, i;550x390 mm. (inv. Codex III)The choir book contains the anti-phonies that follow those containedin Codex vii (display case on the backwall). The fictitious names given bycritics to the two illuminators who ap-

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pear to have worked on this codex atdifferent times, are derived from thefact that both can be traced back tothe school of Pacino da Bonaguida(hence, “illuminator follower of Paci-no”). As far as leaf 98v the decorationis, in fact, slightly more archaic, usinglively colors but poor in scenic back-grounds, while on the followingleaves there is an evident expansion ofthe decorations and a new plastic andspatial stateliness in the figures.

32. “first illuminator follower ofpacino”AntiphonarySecond quarter of the 14th centuryParchment codex, cc. i, 271, i,520x370 mm. (inv. Codex IV)

Center display case

33. “first illuminator follower ofpacino”AntiphonarySecond quarter of the 14th centuryParchment codex, cc. 227; 520x380mm. (inv. Codex V)

Rear display case

34. “first illuminator followerof pacino” and master ofthe domenican effigiesAntiphonarySecond quarter of the 14th centuryParchment codex, cc. 262; 520x370mm. (inv. Codex VI)According to the critics, all the illumi-

nations in this codex are the work ofthe previously cited “First illuminatorfollower of Pacino”, except that at halfpage of leaf 158 retro that portrays, onthe initial’s background, a crowdedscene of the Dormitio Virginis with theAssumption of the Virgin above who, atthe same time, is handing over her beltto Saint Thomas. In the lower margin,instead, there is the Funeral of the Vir-gin, whose coffin is carried on theshoulders of Christ’s disciples. It is per-haps one of the first times that the threesubjects are depicted together: thescene’s definitive scheme was codifiedby Orcagna in 1359 in the tabernacle inOrsanmichele. The originality of the illumination, inwhich the chromatic sophistication isthoroughly combined with the know-ing and varied definition of the per-sonages, has persuaded the critics toattribute it to the unknown paintercalled the “Master of the DominicanEffigies.

35. “first illuminator follower ofpacino”, master of the domenicaneffigies, “second illuminator fol-lower of pacino”, anonymous flo-rentine illuminatorAntiphonarySecond half of the 14th centuryParchment codex, cc. i, 300, i;540x390 mm. (inv. Codex VII)This codex is, among those attributableto Pacino di Bonaguida’s workshop, therichest but also the least homogeneousone, because of the contribution of var-ious illuminators with their own dis-tinct and typical characteristics and

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with a great diversity of knowledge re-garding the more current models.

Above the rear display case

36. florentine schoolmid-14th centuryThe Virgin and Child between SaintsPeter, Laurence, John and Stephen1360-1365 circaTempera on a wooden panel; 140x230cm.Impruneta, Chapel on Monte delleSante MarieIn the past, the polyptych was attrib-uted to the Master of the Bargello, re-cently re-named the Master of Tobias(active between 1354 and 1368), for thestories from the life of Tobias in the fres-coes he painted for the oratory of theCompany of the Bigallo in Florence.

First display case on the right (the second from the entrance)

37. antonio di girolamo di ugoli-no (Florence 1479-1556)Gradual1537-1538Parchment codex, cc. ii, 248; 530x370mm. (inv. Codex VIII)This and the following two codiceswere commissioned between 1537 and1539 to the same illuminator by An-drea Buondelmonti, formerly theparish priest of the Impruneta basilicawho became the archbishop of Flo-rence in 1532. On leaf 1 retro there al-so appears the date 1537 and a medal-

lion with the inscription “opera”, al-luding to the Opera of Florence’scathedral, under whose patronageBuondelmonti must have ordered thethree codices using a well-known illu-minator. Some of the cathedral’s choirbooks are, in fact, works by the sameAntonio di Girolamo, who devotedgreater care to them in comparison tothe Impruneta ones. A sober and ele-gant tone characterizes this artist whoexpressed himself freely in the decora-tions with a body of work that recallsthe one used by his contemporaries inwood marquetry or in ornamentalbas-reliefs (besides, there is a distantFlemish influence in the botanicalsubjects). At times, he shows himselfto be less committed in the figurescenes, in which he simplifies evenvery well-known models from late 15th

century painting, interpreting them ina simple anecdotal language, of an im-mediate hold but anachronistic tone.

38. antonio di girolamo di ugoli-no (Florence 1479-1556)Antiphonary1538-1539Parchment codex, cc. i, 221; 530x320mm. (inv. Codex IX)Many of the illuminations present inthis codex are evidently inspired bythe illustrious examples of late 15th

century painting: on leaf 24 verso, forexample, the scene with Judith pre-cisely recalls Botticelli, while in leaf 93recto, we find, in a more popular andcareless form the reproduction of theinteriors depicted so many times byGhirlandaio and his workshop.

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Second display case on the right (before the entrance)

39. antonio di girolamo di ugoli-no (Florence 1479-1556)Antiphonary1539Parchment codex, cc. i, 251, 16 print-ed pages, i; 530x370 mm. (inv. Codex X)

40. anonymous florentineilluminatorPsalterMid-16th century Parchment codex, cc. 122, 2 (first partmissing and mutilated); 550x390 mm.(inv. Codex XI) Only one of the illuminated initials inthis codex can be defined as illustrat-ed (on leaf 62 verso), while all the oth-ers have only the Buondelmonti coat-of-arms in the lower part, yet with arich and elaborate lateral decoration.

On the wall on the right are displayedthe following portraits

41. unknown painter of the tus-can schoolsecond half of the 16th centuryPortrait of a prelateWooden panel; 104x90 cm.42. unknown painter of the tus-can schoolsecond half of the 16th centuryPortrait of a gentlemanWooden panel; 104x90 cm.

Small hall of Bishop Anto-nio Degli Agli

From the Hall of Illuminated Codices,one enters a small hall in which thereare only two exibits, yet extraordinaryfor their originality and historical im-portance.

43. tuscan production15th centuryPillow of Archbishop Antonio degli AgliPrior to 1477Wool and silk; 29x29x2 cm. 44. tuscan production, 15th century Veil of Archbishop Antonio degli AgliPrior to 1477Linen and silk; 43x36 cm.

The Pillow of Archbishop Antonio degli Agli

Monsignor Antonio di Bellincione fromthe ancient and powerful degli Aglifamily, “extremely learned in Greek andin Latin and a man of great honesty”,according to the characterization by hisbiographer Vespasiano da Bisticci, from1439 he was the parish priest of thechurch of Santa Maria which he en-dowed with numerous architectural in-terventions and where he died in 1477. During the bombing the church under-went in the course of the last war, thesepulcher of Bishop degli Agli did notsuffer serious damage, but the covermoved, so that, at the war’s end, an in-spection of the remains took place. Onthat occasion, the pillow on which thebishop’s head rested and the veil that cov-

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ered his face were recovered. The veil,made from embroidered netting, hadChrist’s monogram in the center, sur-rounded by rays with geometric motifs,stars and flowers along the edge. But, inthe darkness of the tomb, the greatest as-tonishment was caused by the incredi-ble pillow, that must have glittered al-most like a kaleidoscope with dazzlingcolors and an array of geometric designsof stars, triangles, diamonds, squares inshades of pink, white, green, azure, pur-ple, blue. On the front of the pillow,there are eight-pointed stars inside cir-cles, while a geometric design made upof small wool squares adorns the back.Beyond the originality of the extremelymodern taste of these funerary furnish-ings, what is surprising is the patchworktechnique, that uses about thirty differ-ent pieces of fabric (wools, silks, lampas,damasks, velvets) from different sources:clothes, upholstery, home-woven wools. The pillow, an “origliere” or a “carello”for its decorative motifs, especially on theback finds its most striking likeness tothe Cosmati tarsias and floors, recallingthe cardinals’ tombs inside the Romanchurches and, above all, the pillows offunerary monuments on which the popesof “Avignon Captivity” lay, housed inthe Petit Palais museum in Avignon.It is difficult to date this object thatprobably goes back to the very early yearsof the 15th century because of the exten-sive geometric motifs; despite the re-useof fabrics, the elegant execution, full ofdiscerning taste, refers to a cultured andrefined milieu.

Rosanna Caterina Proto Pisani

Hall of silver works

Go back and return to the access stair-way; up the last flight, you enter fi-nally the large rectangular hall aboveGherardo Silvani’s arcade, that, fromits five windows, offers a lovely viewof Impruneta’s famous square, the de-parture point of so many historicalprocessions and the site of an histori-cal fair immortalized moreover by thebrush of Filippo Napoletano.Right from the entrance one can ap-preciate the impressive number andthe richness of the valuable gifts thatconverged to the basilica’s Treasury, ashomage to the much venerated iconof the Virgin: the reflections of the en-graved and etched silver works in ele-gant forms, the sumptuous trans-parences of rock crystal, the enamels,the ebony, the gold trimmings, call tomind a skilled craftsmanship trulyworthy of a queen, but also makesclear the high level of devoutness thatwas so splendidly shown when thedonors were the Medicis or the mostdistinguished families of Florence.Behind each one of these extraordi-nary objects, there is the memory ofa sorrowful time or event for whichone implored a positive outcome,there is the memory of a great crowdof people that, going from Imprune-ta to Florence and backwords, unitedthe two towns, and besides they arethe evidence of a splendor that, here,yielded to devout homage, to formalthanksgiving.Just past the entrance door, we see afinely-made, 15th century bas-relief

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that reminds us of how all this began:namely, with the Recovery of the Sa-cred Image of the Virgin of Impruneta,an episode narrated here with a toneboth popular and cultured. In thelarge hall, there are eleven display cas-es in which the valuable collection isgrouped and displayed more or less inchronological order beginning withthe objects from the 14th and 15th cen-turies, continuing with those made inthe 17th and 18th centuries (definitelythe most numerous) and beyond. Theoldest and most varied in types are ex-hibited in the display case in front ofthe access door: an astylar cross ingilded copper (13th and 14th centuries)stands near another precious cross ingilded and enameled silver from 1425circa attributed to Lorenzo Ghiberti,and two pax boards in gilded andenameled silver attributed to Antoniodi Salvi; in addition, the famous 1614Reliquary of Saint Sixtus, that veryclosely recalls the Verrocchio sar-cophagus in the Old Sacristy of SanLorenzo.The tour starts from the right side ofthe entrance continuing as far as theopposite side of the large hall. Somegroupings of objects are bound by thehomogeneity of the gift, like the Al-tar Set in Rock Crystal donated byCristina of Lorraine, the votive vesselsdonated by the clergy and noble fam-ilies in 1633 following the processionto thank the Virgin for the end of theplague or the series of candelabra andcross donated by the Riccardi familyin 1711, on the occasion of another cel-ebrated procession. In other cases, ob-

jects of a special value or historic im-portance are displayed by themselvesin separate cases: such is the case withthe Reliquary of the Holy Cross, do-nated by Maria Maddalena of Austriain 1620 or the Crucifix donated in 1635by the Florentine senator AndreaCioli. Among more recent but still valuabledocuments of the evolution of tasteand technique, let us mention in thesubsequent display cases, the em-bossed basin with its Eucharist flagon,a group of elegant chalices, ciboria andcandelsticks, and missal covers in redvelvet and silver from the 17th century.In the last display case, together witha pair of neo-classical ampullae in glassand silver and a pair of Liberty designcandelsticks from the beginning of the20th century, is displayed the latest of-ficial gift offered to the Virgin in 1988by the goldsmiths of the Ponte Vec-chio on the occasion of the Marianyear: an 18th century monstrance ofNeapolitan production. Portraits and historical engravings arehung along the walls of the hall. Thefirst ones show us the official aspectof some of the most importantdonors, from the Grand DuchessesCristina of Lorraine and Maria Mad-dalena of Austria, to Grand DukeCosimo iii of the Medici family, toEmpress Maria Teresa of Austria andher son Joseph (ii). The descendentsof Maria Teresa of Austria, depictedhere with mastery by her favoritepainter, Martin Mytens ii, held thethrone of Tuscany after the Medicisdied out. The devotion for the

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Madonna of Impruneta did not cometo an end with the Medicis, since al-so the new Hapsburg Lorraine dy-nasty showed ample testimony of it.Among the prints of great documen-tary importance and great spectacu-lar impact are an engraving by Cosi-mo Mogalli depicting the Composi-tion of the Procession of 1711, and a wa-tercolor drawing by the same artistthat illustrates the Halt of the 1711 Pro-cession in Piazza Pitti, (in order to be-seech the Virgin for the recovery ofthe heir to the throne, Grand PrinceFerdinando.) Recently, the originalprinting plates of the two subjects de-scribed above have been added to thecollection.

The visit starts from the wall to the rightof the entry door

45. florentine sculptor (pasquinoda montepulciano ?)mid-15th centuryRelief representing the recovery of theHoly image of the Virgin of ImprunetaMarble; 73.6x236.7 cm. (inv. 1)The bas-relief is the oldest represen-tation of the legend of the recoveryof the Virgin’s image, faithfully in-spired by the account of the parishpriest Stefano Buondelmonti writtenin the second half of the 14th centu-ry: the hilly landscape is the onewhich surrounds Impruneta. In theupper part, one can see the littlechapel on the Monte delle SanteMarie, whose walls would fall duringthe night, and also the oxen with the

cart on which the stones of the wallswere loaded and which were then leftfree to wander until, stopping oftheir own accord, they would indi-cate the place where the new chapelshould be built. In the lower part, wesee them kneeling before the icon(buried in the past to protect it) thatis returning to light during the firstexcavations for the foundations. Var-ious figures attend the event, amongthem the hermit of Bifonica. A littlemore to the right is the new churchbuilt with a Romanesque façade anda front arcade, exactly as the shrineused to be in the 15th century. It is in-teresting to note that the painting’siconography is different from theone of the current panel restored byHugford, in which the Virgin, seat-ed on a throne, holds the Baby Jesuson her knees. The altar-frontal was part of the altarof the Virgin in the aedicule dedicat-ed to her inside the church beforeCosimo iii de’ Medici donated thesilver frontal that is still inside it. Of-ten the critics have differently attrib-uted the bas-relief, owing to its no-table qualities that link together pop-ular immediacy and sophisticatedsculptural solutions, to illustrioussculptors such as Michelozzo,Benedetto da Rovezzano, Luca dellaRobbia, Filarete, all hypotheses wor-thy of respect since the bas-relief, forits culture and technique, falls intothe area that groups all the abovementioned artists. In particular, it isto be remembered that Michelozzoand Luca della Robbia probably

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worked together a little before themid-15th century on the aedicule ded-icated to the Virgin inside the basili-ca. Recently, an attribution toPasquino da Montepulciano has beenput forward. This was an artist whowas influenced by both Michelozzoand Luca, but who also worked to-gether with Filarete on the bronzedoors of Saint Peter, signing themwith his name.

Display case 1 (in front of the entry door)

46. tuscan production13th-14th centuriesAstylar crossEngraved, chiselled and gilded copper(the cross); gilded cast bronze(Christ); 35,5x21,5 cm. (the whole),13x12,5 cm. (Christ) (inv. 2)This is the oldest object in the basili-ca’s treasury: its simple line and deco-ration date the cross to the 13th centu-ry with the addition, a century later,in substitution for the lost original, ofthe bronze Christ that recalls some 14th

century prototypes from the circle ofNicola Pisano. While on the recto theonly decoration is a denticulate framein relief, the verso has some engravingsof subjects recurrent in this type ofhandicraft, but rendered here with amore mature and naturalistic sensi-tivity in respect to similar exemplars:in the center is the Agnus Dei, whileat the end of the limbs are the sym-bols for the four evangelists, a bull forLuke, a lion for Mark, an eagle forJohn and an angel for Matthew.

47. Attributed to lorenzo ghiberti(Florence 1378-1455)Astylar cross1425 circaEnameled and carved silver lamina,partially gilded and enameled on acore of wood; the Christ is in carvedcast silver; 47,5x30 cm. (cross), 15x13,4cm. (Christ) (inv. 3)The cross, embellished by enamels(partly lost) and gilding, presents a so-phisticated decoration with racemeson the whole surface; the limbs havepoly-lobed ends inside of which areengraved figures. In the recto of thepanels one can see God the Father atthe top, the Virgin and Saint John atthe sides, and Saint Zanobius at thebottom. On the long limb of the crossthere was another panel, now lost. Onthe verso in the central panel, there isthe Virgin with Child among theevangelists with their symbols, butSaint Matthew, who probably was onthe lost panel, is missing.Since the 19th century, critics have rec-ognized the extremely high quality ofthe cross and especially of the Christthat can be compared to the panels ofthe north door of the Baptistery inFlorence, the work of Lorenzo Ghib-erti belonging to a later phase. Thepresence of Saint Zanobius among theengraved figures creates a connectionbetween Impruneta and Florencewhere Zanobius was bishop, while thepresence in the center of the Madon-na with Child makes one think thatthe cross may have been made for achurch dedicated to the Virgin. How-ever, as it was not listed in the 1432 Im-

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pruneta inventory, it is probable thatthis was originally crafted for a Flo-rentine church (perhaps Santa Mariadel Fiore) and later passed to Im-pruneta where a silver cross appears inthe inventories from the beginning ofthe 16th century.

48-49. antonio salvi (1450-1527)Pax with the CrucifixionPax with Our Lady of the Assumptionand Christ in pietà1515Partially gilded, cast, carved, engravedsilver; gilded enameled copper; 19x13.5cm (Crucifixion), 19x14 cm. (Our La-dy of the Assumption) (inv. 4-5)Inscription on the back: “andreasbondelmontes pl.s.m imprunetehocopus faciundum curavitad.mdxv”On the back of the small pax boards,an inscription enclosed within a dec-oration with swirls and racemes lets usknow, besides the date, the name ofthe client, Andrea Buondelmonti,who belonged to the family patron ofthe church: parish priest of Imprune-ta, he was the archbishop of Florencefrom 1532 to 1545, always maintaining,however, a relationship with the basil-ica, that he enriched also with the do-nation of some illuminated codices.The year 1515 is related to the two vis-its made that year in Impruneta byPope Leon x (Cardinal Giovanni de’Medici) thus explaining the two com-missions. While the iconography of the Cruci-fixion conforms to tradition, that ofOur Lady of the Assumption occupy-

ing the mandorla flanked by two an-gels, is rather original for the presenceof the Christ in Pietà, above. The attribution to goldsmith Anto-nio di Salvi is now accepted by ex-perts, given the convincing compar-isons with other works by him, inwhich the reproduction of classicaland illustrious motifs used in the sec-tor for decades is integrated with newmotifs, little used in goldsmithery.

50. simone pignoni (historical infor-mation 1593-1614)Reliquary of Saint Sixtus1614Embossed, carved and chiseled silver;cast statuette; 36x43x19 cm (inv. 7)Inscriptions. On the lid: “bartholo-meus lanfredinius episcopus fes-olanus divo romulo anno dm md-cxiiii”; sunder the casket: “simonpign. sculpsit”; under the statuette:“s.ti xisti primi p.es.m.”The inscriptions on the reliquary andancient documents allow the historyof this masterpiece of goldsmithery tobe reconstructed: the inscription onthe lid reveals that it was commis-sioned in 1614 by the bishop ofFiesole, Bartolomeo Lanfredini, in or-der to preserve the relics of Saint Ro-mulus, the first bishop of Fiesole (bywhom, according to tradition, the sa-cred image of Impruneta was broughtto Tuscany). The signature under thecasket refers to a Florentine goldsmithalready active at the end of the 16th

century when, in 1593, he made thereliquary bust of one of the compan-ions of Saint Ursula for San Lorenzo

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in Montevarchi. A member of the SilkGuild since 1603, he is known up tonow only for this work, while a 1607document mentions a restoration car-ried out by him on the Spigliati crossin Montevarchi and the execution ofa chalice for the church of SanGiuseppe in Florence. When the reli-quary passed into Medici property,the Medici-Lorraine coats-of-armswere added as well as the statuette ofSaint Sixtus, whose relics replacedthose of Saint Romulus; finally, on theoccasion of the 1633 procession, inwhich the image of the Madonna wastransported from Impruneta to Flo-rence so as to implore the end of theplague, Grand Duke Ferdinando iidonated it to the basilica as a sign ofthanksgiving, as written in Rondinel-li’s 1634 account. It was kept togetherwith the Reliquary of the Cross in theAedicule of the same name. The reliquary has an urn-like struc-ture that, with great sensitivity, close-ly follows the illustrious model of thesarcophagus by Verrocchio in the oldsacristy of Saint Lorenzo, demon-strating the persistence in Florence ofRenaissance models of taste and artis-tic expression that lasted even into theBaroque Age. Keys were later addedto the left hand of the statuette ofSaint Sixtus, transforming him intoSaint Peter.

51. florentine productionsecond quarter of the 17th centuryPair of candelabra1633Embossed, carved, engraved and in-

cised silver; 47x 15 cm. (inv. 10)Stampings: mark of FlorenceInscriptions on the base: “ginevracarnesecchi mozzi 1633”, with theCarnesecchi and Mozzi coats-of-arms.A typical example of a gift to the Vir-gin by a member of a noble Floren-tine family that added her name to thedonated object.

52. florentine production (Work-shop with the crab insignia)Chalice1633Embossed, carved, incised and castsilver, partially gilded; h. 24.4 cm, cupdiameter 9 cm, base diameter 11.5 cm.(inv. 11)Stampings: mark of Florence, craboutside the field.Inscription under the base: “c.hipg.d. mdcxxxiii - admitte vot. intrasacrarium exauditionis etreportanob. antidotum reconc.”The chalice, finely executed and of el-egant workmanship, reveals the pas-sage from 16th century decoration tothe exuberance of the Baroque and, ac-cording to the inscription, was donat-ed by the Compagnia del Beato Ippoli-to Galantini, (Company of the BlessedIppolito Galantini), on the occasion ofthe 2 October 1633 procession. TheCompany was also known as the Con-gregazione della Dottrina Cristiana,(Congregation of Christian Doc-trine), otherwise called dei Vanchetoni,with their seat in the oratory of SanFrancesco in Via Palazzuolo. It is anexample of the gifts that were given to

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the Virgin of Impruneta by the vari-ous Companies and Congregations ofthe Florentine clergy.

53. tuscan production17th centuryBaptismal shellEmbossed and carved silver; h. 13 cm.(inv. 14)

54. cosimo merlini the Elder (Bolo-gna 1580 - Florence ? 1641)Pyx 1637Embossed, carved, incised, partiallygilded silver, cast parts; h. 31 cm, cupdiam. 13.5 cm, base diam. 12.5 cm.(inv. 13)Inscriptions on the lid: “cosmus mer-linus bonon. fac. flor. a.d.1637”;in the ovals: “vinum salutis, dul-cedo anime, viaticum vitae, azzi-mos pane, cun lactucis agres,carne assa igni”; on the cross of thelittle putto: “iugu meu suave”A true masterpiece of goldsmithery,from the skilled hands of CosimoMerlini the Elder – who had alsomade, for Impruneta, the Reliquaryof the Cross and the gilded bronzeGrating preserved in the church – thepyx is completely covered by decora-tive motifs and ovals with scenes of ex-traordinarily symbolic grandeur. Theears of grain and grape bunches of tra-ditional Eucharistic symbology inter-twine in complex doctrinal referenceswhich correspond to the copiouslydisseminated inscriptions. It is asplendid example of the artist’s lateworks; he was in the service of the

grand dukes of Tuscany, as later wouldbe his grandson bearing the samename, at a moment in which his workreveals that his favorite creations of anultra-mannerist nature were undergo-ing a progressive transposition to aBaroque direction. The artistic quali-ty and the preciousness of the pyx can-not but refer to a high ranking client,who had access to the workshop of thegrand ducal goldsmith.

55. tuscan productionend of the 15th century and beginningof the 16th centuryPyx Gilded, embossed and carved copper;h. 27 cm, cup diam. 13.5 cm; base di-am. 12 cm (inv. 6 )

Display case 2 (in the recess of the right-hand wall)

56. Attributed to cosimo merlini theElder (Bologna 1580 - Florence ? 1641)Reliquary of the holy cross1620Embossed, carved, engraved and in-cised silver, cast parts and glass; 99x43cm. (inv. 8)Inscriptions on the base: “maria mag-dalena archidux austriae m.d.etruriae in honorem salutiferaecrucis a.d. mdcxx”According to tradition, it was the cel-ebrated condottiere Pippo Spano,member of a branch of the Buondel-monti family who were patrons of thechurch, who donated two importantsplinters of the Cross. In 1620 the

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Grand Duchess Maria Maddalena ofAustria, wife of Cosimo ii, had thetwo fragments enclosed in this reli-quary that was donated to PieroBuondelmonti, parish priest of Im-pruneta from 1612 to 1624. The pre-cious object bearing on the base,among swirls and racemes, theMedici-Austria coat-of-arms and thededicatory inscription, was kept in-side the basilica in the aedicule on theright, dedicated to the Holy Sacra-ment – which since then took thename of Tempietto della Croce (Aedi-cule of the Cross).The lower knot element on the shaftis decorated with mannerist-style mo-tifs and includes four little cherubheads; the upper knot element has anelegant embossing and a drapery in thestyle of Vasari; the actual reliquarycase was formed by two sheets of crys-tal (today substituted by glass) framedin silver with plant motifs, swirls andheads of putti. The shrine is sealedwith sealing wax stamped with thebishop’s coat-of-arms.The high quality, the technical andstylistic characteristics of the objectand the client’s rank lead to placing itsexecution in the sophisticated grandducal workshops, in which, as in thiscase, even techniques and ideas fromthe other side of the Alps were assim-ilated: in this circle the most repre-sentative figure of the period was, per-haps, Cosimo Merlini the Elder, ac-tive in the grand ducal workroomsfrom 1614. Among his works figuresthe great Reliquary of the Passion,dated 1620 and given, this one as well,

by Maria Maddalena to the Floren-tine cathedral. It shows similar char-acteristics of elegant preciousness andlightness, as does the reliquary ofSaints Mark the Pope, Amatus theAbbot and Concordia the Martyr inthe Basilica of San Lorenzo, dated1622. Proto Pisani’s 1987 attributionto Merlini, based on its high quality,refined execution and on weighty styl-istic comparisons, seems confirmedby a document dated 29 August 1620(Archivio di Stato di Firenze, in Tarchi1989), in which it is reported that Raf-faello d’Orlando “painter” had spreadsome cinnabar “on the copper core ofa cross by the Master Cosimo Merli-ni which has gone to Impruneta”. In1636, moreover, Merlini was alsocalled to make a protective Grating forthe aedicule in which the reliquarywas kept: an argument that can beconsidered in favor of his paternity.

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The gifts of the Medici family to theMadonna of Impruneta

The cult of the Madonna of Imprunetareached its climax with the Medici dy-nasty that came to define her as the“Family Madonna”. If, during thegrand duchy of Cosimo I, rather averseto exterior manifestations, there wereonly two processions, it was especiallyduring the regency of Cristina of Lor-raine and of Maria Maddalena of Aus-tria, and so under Cosimo III, that thecult of the Madonna of Impruneta wasin great favor. Related to Maria Maddalena of Austriais one of the most refined objects kept inthe Hall of Silver in the Museum. It isthe Reliquary of the Cross made byCosimo Merlini in 1620. The reliquarywas donated by Maria Maddalena ofAustria to Piero de’ Buondelmonti,parish priest of Impruneta, to keep thetwo large splinters from the cross, “oneof the largest portions of this sacrosanctwood that is venerated in all of Chris-tendom” (G. B. Casotti 1714, p. 35), do-nated by the celebrated condottiere Pip-po Spano. Again linked to Maria Maddalena ofAustria is the altar set composed of fourcross holder candlesticks with a cross,which was already listed in the Inven-tari (inventories) of her relics (Archiviodi Stato di Firenze), even if it was do-nated to the Madonna by Cristina ofLorraine on the occasion of the thanks-giving procession to Impruneta on 2nd

October 1633, as one reads in a marginnote of the same manuscript and as con-firmed by the Nota (list) of the gifts pub-

lished by Francesco Rondinelli, theGrand Duke’s librarian. In the same Nota, among the objects do-nated by the Medicis, is mentioned “abeautiful silver sepulcher, inside ofwhich is the head of Saint Sixtus, thefirst pope and martyr”. In reality, thisbeautiful reliquary decorated at the topwith the Medici-Lorraine armorialbearings and bearing a statuette of SaintSixtus, was commissioned to the gold-smith Simone Pignoni in 1614 by theBishop of Fiesole Bartolomeo Lanfredi-ni in order to hold – as written in theinscription – the relics of Saint Romu-lus, first Bishop of Fiesole and the saintconnected to the Impruneta legend.How and when the reliquary becamepart of the Medici patrimony is notknown. In addition, Rondinelli men-tions two silver vessels donated by theGrand Dukes that, even though miss-ing, must have been similar to the onesdonated by the metropolitan Florentineclergy and by the noble Corsini, Salviatiand Niccolini families to adorn thebalustrade of the Virgin’s aedicule.Next to the sovereigns, other figures fromthe Medici court brought precious giftsfrom the grand ducal workshops to Im-pruneta, such as the 1635 Crucifix in sil-ver and ebony donated by the Gran BalìAndrea Cioli, Florentine senator whowas an ambassador under FerdinandoI, Cosimo II and Ferdinando II, finallybecoming the Grand Duke’s secretary. Probably related to a court’s commis-sion, even if undocumented, is the ex-traordinary pyx of 1637 by Cosimo Mer-lini, one of the most refined goldsmithsin the service of the Medicis; it has been

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defined a “real Eucharistic catechesis”for its particularly elaborate icono-graphic scheme (A. Paolucci 1980).A chalice from the workshop of FranzIgnaz Stadler in Augusta is connected toAnna Maria Luisa dei Medici, wife ofthe Palatine Elector and great devotee ofthe Virgin of Impruneta. In the Archiv-io della Fabbriceria di Santa Maria,there are documents related to other giftssent by Anna Maria Luisa from Ger-many, such as the two large silver vaseswith flowers and two candlesticks deco-rated with tendrils, sent in 1712 as anex-voto offering for the recovery of herhusband (G. B. Casotti 1714, p. 279).Certainly, the most beautiful and valu-able gift was the frontal in silver andbronze with precious stones made ac-cording to the design of Giovan BattistaFoggini “by the most skillful craftsmenof the Royal Gallery”, Cosimo Merlinithe Younger and Bernardo Holzmann;donated by Cosimo III, it depicts theGrand Duke kneeling in humble prayerat the altar of the Madonna. This timethe Madonna had not fulfilled the mir-acle and, on 30th October 1713, GrandPrince Ferdinando died, marking withhis death the unavoidable decline of theMedici dynasty.

Rosanna Caterina Proto Pisani

Display case 3 (in the recess of the right-hand wall)

57. granducal workshopsecond quarter of the 17th centuryCrucifix1635Embossed, carved and engraved sil-ver; ebony, the Christ is cast; 84x38cm; base 28.5x30, 5 cm; Crucifix 55x38cm (inv. 12)Inscription on the cartouche: “an-dreas ciolus senator florentinusprimus a secretis ser. ferdinandomagni ducis aetruriae donavit an-no mdcxxxv”Various elements link even the execu-tion of this precious Crucifix – in-cluded in the church’s 1636 invento-ry – to the Medici milieu: first of allthe dedication by Andrea Cioli, Flo-rentine senator, who, an ambassadorof the Tuscan court under Ferdinan-do i, Cosimo ii and Ferdinando ii, fi-nally became the latter’s secretary. In1625, he had wed Angelica Badii ofCortona, a lady-in-waiting for Cristi-na of Lorraine and Maria Maddalenaof Austria. Also the coat-of-arms ofthe Cioli family is visible on thebase.The close relationship of thedonor to the ruling house, togetherwith the great quality and refinementof the Crucifix’s execution, seem to in-dicate that it was made in the grandducal workshops, which at that timeshowed their assimilation of the tastebrought to the court by Maria Mad-dalena of Austria, with the combina-tion of ebony and the rich silver ap-pliqués that we also find at the ends

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of the limbs of the cross. These detailsare closely reminiscent of the typicaldecoration of the Augusta productionat the beginning of the century. The octagonal base has four levels: inthe center of the first one, there is anelegant little embossed plaque thatportrays the Biblical episode of thebronze snake that “Moses put upon apole to save the people of Israel fromthe burning serpents which would as-sail them” (Numbers 21:4-9), with theinscription “Mors et vita duello”. Theepisode, inserted here with a skilfulcross-reference, prefigures the sacri-fice of Christ as found in the GospelAccording to John: “And as Moseslifted up the serpent in the wilderness,even so must the Son of man be lift-ed up: that whosoever believeth inhim should not perish” (John, 3: 14-15). The full-relief Christ, an ex-tremely beautiful and slender figure,is reminiscent of exemplars by Gi-ambologna, destined for SantissimaAnnunziata and the Salviati chapel inthe church of San Marco.

Display case 4 (against the wall to theright of the entrance)

58. granducal workshopearly decades of the 17th centuryAltar set composed of four candlesticksand a crossPrior to 1632Rock crystal, ebony with gilded silver,bronze and copper appliqués; h. 58 cme 60 cm. (candlesticks), h. 100 cm.(cross) (inv. 9)

The candlesticks and the cross appearin the 1616 inventories of the relics be-longing to Maria Maddalena of Aus-tria, Grand Duchess of Tuscany (Ar-chivio di Stato di Firenze, Guardaro-ba 348, cc. 112-113), who, in the earlydecades of the 17th century, commis-sioned various reliquaries in rock crys-tal (one of which is also in the treasuryof Impruneta). It was, however, hermother-in-law, Cristina of Lorraine,who donated this splendid set in 1633on the occasion of the 2 October pro-cession of that year. Cristina, born andeducated in France at the court of hergrandmother Caterina de’ Medici,gave a great impetus to the working ofthe precious crystal already present,with exemplars from Milan or Venice,in the Medici collections at the timeof Cosimo i. It was, however, underFrancesco i that arrived in Florenceskilled workers, capable of workingthis beautiful material, rare and full ofsymbolic references that found inliturgical use their proper enhance-ment. A similar set, with the crystalworked in spirals too, was also donat-ed by Cristina to the church of San-tissima Annunziata in 1632; the designwas attributed to Matteo Nigetti, ar-chitect and coordinator of the court’scutters from 1626. If Nigetti’s designof the Impruneta set is not sure, almostcertain is its execution in the grandducal workshops, at that time sensitiveto the novelties introduced by MariaMaddalena of Austria herself, wholoved the combination of diverse andprecious materials such as crystal andebony.

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Display case 5 (the first along the exter-nal wall)

In this case is displayed the rich seriesof silver votive vessels, homogenous asregards style and period, that charac-terize the treasury of Santa Maria ofImpruneta: the vessels, fifteen alto-gether, were donated on the occasionof the great procession of 1633 by themetropolitan clergy, by some reli-gious companies and by noble fami-lies, that had their dedications addedto them. They were destined to adornthe balustrade of the aedicule of theVirgin inside the basilica, alternatingwith candlesticks and probablyequipped with votive lilies. They gen-erally have a circular base and a pyri-form body decorated with elaborateengravings and elegant tablets enclos-ing symbols or small scenes, but themost refined also show elaborate lips.

59. florentine production (Work-shop with the thistle flower insignia)first half of the 17th centuryPair of votive vessels1633Embossed, chiseled, engraved and in-cised silver, cast parts; 30x18 cm. (inv.16 )Salviati, Corsini and Niccolini coats-of-arms on the tablets; the papal tiarain the center Similar to the previous pair, these twovessels are similarly decorated but thespouts are not connected with the up-per edge. The three tablets contain thecoats-of-arms of the three noble donorfamilies.

60. florentine productionfirst half of the 17th centuryPair of votive vessels1633Embossed and engraved silver;27.5x17 cm; base diam. 10 cm.(inv. 19)on the three tablets: Crucifixion be-tween two friars, the Magdalene at thefoot of the cross and the inscription: “lacompagnia del crocifisso deibianchi di firenze sotto sanctamaria nova faciebat l’anno 1633”

61. florentine productionfirst half of the 17th century Votive vase1633-1635 circaEmbossed and engraved silver;27.5x16.5 cm; base diam. 11 cm (inv.20)on the three tablets: The Crowned Vir-gin with Child, Saint Lawrence,Strozzi-Machiavelli coat-of-arms

62. florentine productionfirst half of the 17th century Votive vase1633-1640 circaEmbossed and engraved silver; 28x16cm; base diam. 9.5 cm. (inv. 23)on the three tablets: Madonna withChild, Saint Joseph, Strozzi-Machi-avelli coat-of-arms

63. florentine productionfirst half of the 17th centuryVotive vase1633Embossed and chiseled silver; 27.5x17cm; base diam. 10.2 cm. (inv. 17)on the three tablets: Annunciation, a

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Cross and the inscription: “la com-pagnia di s. ilario a colombaia altempo che fu governatore m.pietro casini l’anno 1633” The Company which had its seat atthe church of San Gaggio, one of thestops of the sacred image when it wascarried to Florence.

64. florentine productionfirst half of the 17th centuryVotive vase1635Embossed and chiseled silver; 26.5x16cm; base diam. 10 cm. (inv. 22)on the three tablets: Our Lady of theAssumption, a wheel and the inscrip-tion: compagnia e congregati del-la assunta sotto s. pietro scarag-gi di firenze 1635

65. florentine productionfirst half of the 17th century Pair of votive vessels1634Embossed and engraved silver;28.5x16.5 cm; base diam. 10 cm. (inv.21)on the three tablets: Saint Francis, therepentant Magdalene and the inscrip-tion: “homini della compagnia dis. maddalena posta ne chiostri dis. +”Also the church of Santa Croce wasone of the stops of the 1633 procession.

66. florentine productionfirst half of the 17th century (1633?)Votive vaseEmbossed and chiseled silver; 27.5x16cm; base diam. 10.5 cm. (inv. 18)

on the three tablets: Madonna withChild, Saint Dominic and a coat-of-arms with a turreted castle and theword libertà (Spigliati Magalottifamily?)

67. florentine productionfirst half of the 17th century Votive vase1630-1640 circaEmbossed and engraved silver; 29x17cm; base diam 10.2. cm. (inv. 24)Three engraved decorations, the threecoats-of-arms of the Berardi-Salvianifamily.

68. florentine productionfirst half of the 17th centuryPair of votive vessels1633Embossed, chiseled, engraved and in-cised silver, cast parts; 31x18 cm (inv.15)Inscriptions. On the neck of the vase:“archid. et cap. flor. b.mariae. v.eiusq. sacros. imagini imprunet.grassante pestilentia.d.d. a.s.mcdxxxiii”; under the base: “ro-dulf. marcello et berhar. de are-na camerariis cap. flor.”These are the most valuable pieces ofthe series of votive vessels, true mas-terpieces of 17th century Florentinegoldsmithery. They were offered, asindicates the inscription, by theArchdeacons and the Florentine Met-ropolitan Chapter in thanksgiving tothe Virgin for having freed the cityfrom the plague. The two vessels are characterized bythree spouts in the form of anthropo-

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morphic heads with a wing motif con-necting with the upper edge of the ves-sel; the body is richly decorated withswirls, leaves, fruit swags and, insidethe two tablets, two little cherub heads.The decoration demonstrates the pro-traction of the sophisticated and elab-orate late-mannerist repertoire, whichhad by then almost become the typi-cal language of the Florentine work-shops and was still in use in the fourthdecade of the 17th century.

69. florentine productionfirst half of the 17th centuryVotive vase1641Embossed, chiselled and engraved sil-ver; 30 cm. x 17; base diam. 10.5 cm.(inv. 25) on the three tablets, coats-of-arms of the Salviati-Strozzi family, theSalviati-Rucellai family and the year1641.

Display case 6 (the second along the ex-ternal wall)

70. florentine productionfirst half of the 18th centuryPair of candlesticks 1721Embossed and chiseled silver; h 47 cmx base section 15.5 cm. (inv. 39)Probably made to match the 1633candlesticks.

71. adriano haffner(Historical information 1703-1768)Monstrance1713-1714

Embossed, chiselled, turned and en-graved silver, cast parts; gilded bronzeand copper; h 64 cm. x diam. of rays29 cm. (inv. 40)Orlandini and Patrizi coats-of-arms.Stampings: “aa in an oval field”Donated by the Roman Olimpia Pa-trizi who, upon marrying the Floren-tine Orlandini, united the two fami-lies, the precious monstrance of Flo-rentine production is the first knownwork of Adriano Haffner, a silver-smith of German extraction, whoworked in Giovanni Guglielmo Pe-tres’ workshop which he joined in1713. It displays a design and a deco-ration that are reminiscent of GiovanBattista Foggini, perhaps the greatestexponent of baroque sculpture in Tus-cany. The two candlesticks present inthe museum’s treasury and datingback to 1721 are also works by Haffn-er (n. 70 - inv. 39); they are faithfulreplicas of the pair donated byGinevra Carnesecchi Mozzi in 1633, asif they had been especially made to goalong with them (n. 50 - inv. 10).

72. florentine productionChalice1720Embossed and chiseled silver; h. 25cm; cup diam. 9 cm; base diam. 13 cm.(inv. 37)stampings: walking Lion, Headpiece,Greek Cross

73. florentine productionthird decade of the 18th centuryChaliceEmbossed and chiseled silver; h. 23.6

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cm; cup diam. 8.5 cm; base diam. 11.5cm. (inv. 38)stampings: walking Lion, GreekCross, an illegible one

74. florentine productionbeginning of the 18th centuryChaliceEmbossed and chiseled silver, h. 24.2cm; cup diam. 8.5 cm; base diam. 13.5cm. (inv. 29)stamping: walking LionDonated by the Company of SaintCatherine or Saint Bernard “in Pinti”.

75. florentine productionearly decades of the 18th centuryPyxEmbossed and chiseled silver, h. 22.1cm; cup diam. 9.5 cm; base diam. 9.5cm. (inv. 36 )stampings: walking Lion, Tower, Hal-berd

76. florentine productionearly decades of the 18th centuryBasin and Eucharist flagon1711Embossed and chiseled silver, castparts; Eucharist flagon 26.5x12 cm;basin diam. 42.5 cm. (inv. 27)The fine quality of workmanship andthe great value of the two pieces leadto compare them to some of GiovanBattista Foggini’s designs kept in theBiblioteca Riccardiana and at the Uf-fizi, but also to the decorations on thesilver frontal donated by Cosimo iiifor the altar of the Virgin. The clientcould be no less: in fact, he can beidentified with Abbot Cosimo Serris-

tori who donated in 1711 a “silver basinwith its very finely worked Eucharistflagon, weighing 6 pounds and 2ounces” (List of the gifts of 1711 pub-lished by Casotti in 1713). On thesame occasion, the same abbot do-nated a very beautiful silver chalice,also a work by the most distinguishedamong the grand ducal goldsmiths(see n. 77 - inv. 28).

77. florentine productionbeginning of the 18th centuryChaliceCast silver, saucer in embossed andchiseled silver; h. 25.1 cm x cup diam.10 cm; base diam 12. cm. (inv. 28)

78. workshop of franz ignaz sta-dler(historical information 1686-1690)Chalice1696-1705 circaEmbossed, chiseled and gilded silver;h. 23 cm; cup diam. 9 cm; base 15 cm(inv. 31)Stampings: on the base the mark ofAugusta and a stamping with threeletters “fis”As confirmed by the stamping that in-dicates its Augusta production, theshape and the decoration of the chal-ice set it in a non-Italian cultural area,while the letters “fis” refer to thegoldsmith who made an altar cross inthe Cathedral of Esztergom. The stylein which the object was executed sug-gests a dating at the beginning of the18th century. Even if documents in thisregard are missing, it is very probablethat the chalice was added to the Trea-

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sury as a gift by the last Medici, An-na Maria Luisa, who was the wife ofthe Palatine Elector from 1696. De-vout to the Virgin, she is thought tohave sent other gifts from Germanysuch as, in 1712, two large silver vaseswith flowers and two candlesticksdecorated with tendrils as ex-voto of-ferings for the recovery of her hus-band.

79. production from palermoChalice1696Embossed and chiseled silver; h. 26.4cm; cup diam. 9 cm; base diam. 14 cm.(inv. 30)

80. florentine productionbeginning of the 18th centuryPyxEmbossed, chiseled and engraved sil-ver; h. 15 cm; cup diam. 8 cm.; basediam. 7.5 cm. (inv. 35)

81. florentine productionfirst decade of the 18th centuryCover of the “Missale Romanum”1702Velvet and embossed silver; 37x25 cm(each part of the binding) (inv. 33)in the appliqués in the center: Christ’smonogram, monogram of the Virginand Our Lady of the Assumptioninscription: famiglia d. marenova

On the entry wall, in the center

82. florentine productionearly decades of the 18th century

Door of the Virgin of Impruneta1711Embossed and chiseled silver laminaon a gilded wooden support; 152x71cmFrom 1711 until the second world war,this door covered the panel of the Vir-gin on the altar of the aedicule in thebasilica. It was damaged by bombingraids and later restored even usings-mall fragments of wood recoveredfrom the original. It is recorded in thelist of gifts offered in 1711 on the oc-casion of the great procession: thedonor in this case was the ancientCompagnia dell’arcangelo Raffaele(Company of Archangel Raphael),known as Del Raffa. In fact, amongthe rich silver arabesques in the shapeof shoots of roses and lilies, in the cen-ter of the door, one sees a medallionrepresenting Tobias who is pulling afish from the water helped by the an-gel Raphael; in the background, sep-arated by a tree, is a view of the cityin which is perhaps possible to recog-nize an idealized Florence. This door, being a rigid protection,actually substituted the little goldcape that until then had protected theimage and it can be considered a workof elegant workmanship and preciousaspect that almost certainly was exe-cuted in a Florentine workshop.

Display case 7 (entry wall)

83. unknown florentine silver-smith early decades of the 18th cen-tury

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Set of six candelabra and a cross1711Embossed, chiseled, engraved, turnedand incised silver; the Christ is cast;the cross is a silver lamina on a core ofwood; h. 58.2 cm (candelabra), totalh. cross 109 cm (inv. 26 )Inscriptions on the tablets: «domusriccardi cum cassandra capponiconiuge/ dei parae virgini mariaeimprunetae suam invisentim flo-rentiam/ d.d.d. anno domini mdc-cxi»The set, of exquisite workmanshipand perfect alloy, was donated byMarquis Francesco Riccardi, his wifeCassandra Capponi and their sonCosimo on condition that it were dis-played on the altar of the Virgin bothon working days and holidays. Thesophisticated character of these ob-jects places them in the artistic Flo-rentine milieu of the late 17th and ear-ly 18th centuries, which was dominat-ed by sculptors of rank such as Foggi-ni and Soldani, who also worked forthe Riccardi family. Some designs bythese two artists, that contributed totranslating the language of Florentinesculpture from late mannerism tobaroque, have actually been put in re-lation to the candelabra and the cross.In addition to the names of the twosculptors mentioned above, Holz-mann’s name should be added, espe-cially in relation to the beautiful fig-ure of the dying Christ who is aboutto breathe his last just like the one inthe church of San Lorenzo, recentlyattributed to the artist. Together withMerlini, he worked at that time on the

silver frontal for the altar of the Vir-gin, commissioned by Grand DukeCosimo iii: it is likely that the Ric-cardi family, one of the most impor-tant in Florence, wanted, with thisdonation commissioned to the artistsmore closely linked to the court, to of-fer the Virgin an altar set almostequaling, for its quality and refine-ment, the grand duke’s silver frontal.

Display case 8 (center)

84. florentine productionearly decades of the 18th centurySeries of three altar cardsEmbossed silver lamina and wood;43x52 cm (the central one); 35.5x28 cm(the side ones). (inv. 41)The initials lob link the altar cards tothe Company of Saint Charles calledof the Lombards which, among manyother gifts, offered the Virgin a silvervessel each year, for nine years, start-ing from 1695.

85. florentine productionfirst half of the 18th centuryPair of reliquariesEmbossed silver lamina and lac-quered wood; 59.5x15.5. cm (inv. 42)Like the three altar cards (no 84) theywere donated by the Company ofSaint Charles of the Lombards.

86. florentine productionfirst-second decades of the 18th cen-turyCover of the “ Missale Romanum” 1713

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Velvet and embossed silver; 36x24.5cm (each part of the binding) (inv. 34)in the appliqués: Christ’s monogramand Our Lady of the Assumption

87. florentine productionPalmatoria1716Engraved silver; l. 28.5 x h. 3.5 x 9.3cm. (diam. of the wax plate) (inv. 32)

88. florentine productionmid-18th centuryPair of monstrance reliquariesEmbossed and chiseled silver laminaon a wooden support; 52.5x19 cm.(inv. 44)

89. florentine productionmid-18th centuryMonstrance reliquaryEmbossed and chiseled silver laminaon a wooden support; 36x18 cm. (inv.43)

The Cult of the Madonna of Im-pruneta at the time of the Lorraines

With the end of the Medici dynasty andthe accession of the Lorraines, in the 18thcentury, the cult of the Virgin was some-how restrained. The Enlightenment pol-icy tended to promote a lay state and wasadverse to certain exterior displays, suchas the cult of the images, the processions,and the relics. Inside the Church itselfthere were trends tinged with Jansenismthat considered these manifestations tobe forms of superstitions. It was right atthe end of that century, in 1784, thatthey went as far as destroying all the ex-voto offerings in Santissima Annunzia-ta, something which, luckily, did nothappen in Impruneta, where the cult ofthe Virgin, however, ran a serious riskof vanishing. In fact, a document that is worth citing,enables us to know the precise momentin which the image was re-painted,with the purpose of keeping the cult ofthe Madonna of Impruneta alive. Theparish priest of Impruneta, a member ofthe Giugni marquis family, heard thatthe supreme commander of the regency,the count of Richecourt, wished to seethe image of the Virgin. So “The pru-dent parish priest, knowing the impor-tance of such a visit, believed it was hisduty to see it before him (since for a longtime, no one had seen or even uncoveredit, as the image had seven capes, one ontop of the other) so it was that in a lockedchurch, and secretly, he had it uncov-ered; but what was his surprise uponfinding an almost black board, onwhich he believed [the image] was

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painted, and not being able to discerneven a trace of the supposed Madonna!In such an emergency, what was to bedone? If the count of Richecourt saw it,it is certain that he would have the pan-el burned, and the devotion to theMadonna of Impruneta would ceasefrom that time on. The best [solution]was to have it re-painted immediately,and, to this purpose, Mr. Ignazio Hug-ford was chosen, who, besides havingbeen a good painter in his time, com-bined, thank God, a lot of religion andpiety, as his pupils, well-known to me,attest. He settled in Impruneta in thehouse of the Parish Priest Giugni andpainted the Madonna with the Child inthe ancient manner.” Thus, in 1758, Ig-nazio Hugford restored and re-paintedthe Madonna in large part. The politi-cal operation, promoted by the astuteparish priest so as to prevent the cultfrom dying out, was also an operationthat we can call philological. IgnazioHugford was, in fact, a very devoutpainter, but he was also very fond of an-tiques and he had performed paralleloperations on similar paintings. Whenthe Impruneta panel was brought toFlorence to be examined at the Opificiodelle Pietre Dure, in the laboratory atthe Fortezza da Basso, they found outthat the painting’s support is a woodenpanel dating at least to the 13th century(but nothing excludes that it may as wellbe older), while what remains of theoriginal painting’s overall surface is but10%; all the rest is Hugford’s, who, how-ever, respected the original colors despitealmost completely repainting it. The cult of the Madonna of Imprune-

ta, therefore, continued to exist (therewere still processions in the 18th centu-ry), even if re-scaled, as it is evident fromthe number and quality of the objects inthe Museum, with the exception of theReliquary of Saint Theodora, proba-bly the work of an Austrian goldsmith,donated by Pietro Leopoldo to Arch-bishop Martini who brought it to Im-pruneta in 1784. The Madonna, at thattime, seemed to return back to the be-ginnings, being her cult limited only toImpruneta and the surrounding coun-tryside.

Rosanna Caterina Proto Pisani

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Display case 9

90. austrian goldsmith (?)last quarter of the 18th centuryReliquary of Saint TheodoraPrior to 1784Embossed, chiseled, incised and en-graved silver, cast parts; 49x57x29.5cm (inv. 45)Stampings: ak in an oval on a back-ground punched with dotsThis is an interesting example of neo-classical goldsmith’s art, probably ofNordic workmanship. It was donatedby Pietro Leopoldo and AntonioMartini, the latter archbishop of Flo-rence from 1781 to 1809,and passed toImpruneta in 1784 as recorded in doc-uments in the Archivio dell’Opera diSanta Maria del Fiore. It is made upof two overlapping urns containingthe relics of the saint. The upper oneis flanked by two angels with on topa statuette presenting the saintchained to a rock.

91. florentine productionmid-19th century Pair of candelabra1830-1850 circaCast silver and marble; h. 40 cm and37 cm; base 14.5 cm. (inv. 49)

92. roman productionChalice1822Embossed chiseled cast silver; h. 34cm; cup diam. 9.5 cm; base diam 14.cm. (inv. 47)inscription: “la società promotricefiorentina con le oblazioni dei

fedeli 22 maggio 1872 alla verginess.ma dell’impruneta questo cali-ce offre.”

93. roman production, goldsmithgiuseppe boroni (historical informa-tion 1787-1830)Pair of ampullinaeBeginning of the 19th centuryEmbossed and chiseled silver, partial-ly gilded and glass; h. 21.5 cm x diam.5.5 cm. (inv. 46 )Inscription: e.bStamping: bThe ampullinae are to be attributedto the famous family of silversmithswho also worked for the Vatican.

94. neapolitan productionend of the 18th centuryMonstrance Embossed, chiseled, incised, cast sil-ver, partially gilded; h. 63.5 cm, rays23 cmInscriptions: “i commercianti diponte vecchio - firenze 16.4.1988”Stampings: three crowns, under thelast one is the letter p (?)The object, rather elaborate, shows allthe characteristics of Neapolitangoldsmith’s workshops of the periodwith baroque-style elements graftedonto neo-classical ones. It was donat-ed by the goldsmiths of the Ponte Vec-chio on the occasion of the latesttransfer of the image of the Virgin ofImpruneta to Florence in the Marianyear of 1988.

95. italian productionfirst half of the 20th century

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186museo del tesoro di santa maria dell’impruneta

Pair of candlesticks1925 circaEmbossed, chiseled and moulded sil-ver, cm. 4.5x15 (inv. 54)Inscriptions: “proposto e popolo/rag. prof. c. mercato”Stampings: 800 and a chaliceThe two candlesticks, of an extreme-ly elegant Liberty design, testifies tothe continuity of the cult of the Vir-gin even during the last century: inparticular, they were donated in 1925,the year in which the church of Im-pruneta was consecrated as a minorbasilica.

96. florentine productionmid-19th centuryPalmatoriaEmbossed and chiseled silver; l,28.2 xh.7 x 11 cm. (diam. of the wax plate)(inv. 52)

97. florentine productionCandelabrum1833Embossed and chiseled silver, silverand lead core; 59 cm. x 21 cm.; base21x21 cm. (inv. 48)Coat-of-arms of the Benci family withthe letters g.b.b

98. florentine productionfirst half of the 19th centuryIncense boat with small spoonEmbossed and chiseled silver; 9.5x19cm.(inv. 51)

99. florentine production, scheg-gi brothersfirst half of the 19th century

Thurible1836Embossed and chiseled silver; h. 30cm.; base diam. 9 cm.; brazier diam.13 cm.(inv. 50)Like the incense boat it has the initialsopa of the impta.

Display case 10

100. book of chapters and ser-mons of the congregation of san-ta maria1538donated by Father Giulio Cesare Stac-cioli

101. giovan battista casottiMemorie istoriche della miracolosa im-magine di Maria Vergine dell’Imprune-ta, Florence 1714.

102. florentine goldsmith19th centuryRing of Cardinal Elia della CostaGold and topazdonated to Impruneta in 1988

103. florentine production16th centurySeal of Pietro and Giovanni Buondel-montiWood and metal donated by Alberto Bruschi

104. florentine production17th centurySeal of the Medici HouseWood and metal donated by Alberto Bruschi

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105. florentine production19th century MedallionEmbossed silver; 10.9x8.5 cm. (inv. 53)Inscriptions in the lower part: opaIt is the medallion used by the sac-ristan during the most important cer-emonies. The initials “opa” stand forOpera di Santa Maria of Imprunetawhose symbol is a pinecone.

106. florentine production19th century Series of three altar cardsEmbossed and chiseled silver laminaon a core of wood; 30x38 cm. (the cen-tral one), 23x18.5 cm. (the lateral ones)

On the walls there are some portraitsand engravings (from the entry door tothe right)

107. Family tree of the Buondelmontifamily, the patrons of the church of Im-prunetaDrawn up by scipione ammirato in1571Engraving on paper, burin and nitricacid, in two parts, 49x50 cm. circa eachgiven in open-ended commodatumby the Ente Cassa di Risparmio diFirenze in 2005

108. unknown tuscan painter ofthe 17th centuryMaria Maddalena of Austria, wife ofCosimo IIOil on canvas; 103x85 cm. Storeroom of the Florentine Galleries(inv. 1890 n. 4323)

109. unknown tuscan painter ofthe 18th centuryMaria Cristina of Lorraine GrandDuchess of Tuscany in widow’s clothes Oil on canvas; 146x117 cm. Storeroom of the Florentine Galleries(inv. 1890 n.5241)

110. copy from sustermansFerdinando II de’ MediciOil on canvas; 91x75 cm. storeroom of the Florentine Galleries(inv. 1890 n. 2922)

111. martin mytens (Stockholm 1695– Vienna 1770)The empress Mary Therese of Austriaand her son JosephOil on canvas 165x120 cm.a gift by the Pro Loco of Imprunetaand monsignor Cesare Stacciali, 2003

112. alessandro saller - cosimomogalliThe procession of 17111714 circaEngraving; 57x40 cm.The engraving is taken from theMemorie Istoriche by Giovan BattistaCasotti

113. cosimo mogalli(Florence 1667-1730) Tabernacle of the sacred image of theMadonna of Impruneta1714 circaEngraving; 44x35 cm.The engraving is taken from theMemorie Istoriche by Giovan BattistaCasotti.

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114 a and b. giovan battista casotti(parish priest from 1726 to 1737)Two handwritten pages from the“Memorie Istoriche”, Florence 1714.

115. cosimo mogalli(Florence 1667-1730)The procession of 1711 in Piazza PittiWatercolor drawing; 89x64.5 cm.Storeroom of the Commune of Im-pruneta

116. cosimo mogalli(Florence 1667-1730)The procession of 1711: composition ofthe processionEngraving; 89x69 cm.storeroom of the municipality of Im-pruneta

117 a and b. Two original plates used forthe engravings by Cosimo Mogalli of the1711 processioncopper, 555x694 mm., 555x692 mm.given in open-ended commodatumby the Ente Cassa di Risparmio in2005

Hall of altar hangings

At the back of the hall, a short flightof stairs goes down to the Hall of Al-tar Hangings, the last one in the mu-seum but not the least valuable.Among the rich gifts the basilica re-ceived, the sacred paraments, whichincreased the church’s prestige, werenot in fact, as to importance andquality, the least precious. Theyshowed at the same time the donors’generosity, who often had their coats-of-arms added to them. The collec-tion, whose first inventory goes backas far as 1432, today includes exam-ples dating from the 15th century upto the end of the 18th century. Still to-day in the basilica’s archives, there isa very rich literature that documentsnot only the amount of the donationsin this sector but also provides valu-able information for the study of an-tique fabrics. Among the latters, par-ticular attention is to be paid to thefamous capes with which the imageof the Virgin was covered, since theyare characteristic of Impruneta.These capes are displayed in the cas-es along the long sides of the hall andabout which is a separate chapter. Asfor the chasubles and the other sacredhangings, the oldest among those dis-played, is a chasuble of Italian pro-duction from the 16th century ingreen damask velvet (casket on theleft of the entrance) in which appearsthe stylized ancient motif of thistleflowers. From the same period and ofTuscan production is the beautiful

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frontal in embroidered red velvet dis-played in the back of the hall underthe processional triptych tabernacle,with movable painted doors, proba-bly executed in 1354 on the occasionof the first procession and inside ofwhich the large icon of the Virgin wascarried to Florence In the display caseon the right of the entrance there is agauze altar cloth, embroidered instripes with polychrome silk threadsfrom the last quarter of the 16th cen-tury, which was used on the taberna-cle’s altar.The other chasubles shown in the dis-play case to the left of the entrance(but the basilica keeps many others instorage) are datable to the 17th and 18th

centuries and have a rich typology offabrics: the one in green damask fromthe first half of the 17th century has acoat-of-arms in the lower part repre-senting the Madonna with Child andSaint John; the two 18th century cha-subles, perhaps of Venetian produc-tion, in the refined selection of thefabric’s colors (lampas), are two splen-did examples of the typical pattern ofthe period know as Bizzarre. Anotherprecious chasuble from the same cen-tury stands out for its extraordinaryand elaborate gold embroidery on asatin background, while the onewhich may possibly be of French pro-duction is made of sumptuous liseréGros, brocade with red, purple andazure florescence pattern. Note howsome of these chasubles have, in theirlower part, aswe mentioned above,the coats-of-arms of their generousdonors.

Starting from the display case to theright of the entrance

118. italian production (Tuscan ?)last quarter of the 16th centuryAltar clothLinen, silk, metallic yarn; 578x80 cm.This is a gauze altar cloth in whichstripes of different sizes alternate, em-broidered in yellow, light green, olivegreen, sky blue, blue, light pink,salmon pink, red, light and dark pur-ple silk; spun silver and gilded silver.The embroidery design includesracemes with flowers and leaves andshoots according to the motifs typicalof the grotesqueries. The altar clothwas used to cover the altar on whichthe tabernacle, built in the 14th centu-ry and used to transport the icon ofthe Virgin out of her usual seat, lay.

119. italian production (Tuscan?)mid-18th centuryCape Before 1774Silk and metallic yarn; 176x114.5 cm.On the light blue taffeta called “a pe-lo strisciante” (glossy), the refinedembroidery stands out. The embroi-dery is in silver and thicker in the up-per part; it consists of rocaille motifsand olive branches and, in the center,three horns of plenty with sprays. Thecoat-of-arms added in the lower partbelongs to the Panciatichi family fromPistoia which donated the cape before1774, the year in which an inventoryalready containing a description ofthe cape itself was compiled.

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120. italian or french production,second quarter of the 18th centuryCape Prior to 1731Silk and metallic yarn; 177x109 cm.The cape is of brocaded lampas witha lively design that reveals a goodknowledge of Indian fabrics. The ex-otic motifs symmetrically distributedare contained in frames that imitatelacework. The coat-of-arms belongsto the Strozzi family. The cape was al-ready contained in a 1731 description.

The “capes” of the Madonna of Im-pruneta

The sacred paraments displayed in themuseum are only a limited part – as itcomes out from the ancient inventories– of the basilica’s textile sets, increasedover the centuries by precious gifts to theVirgin, especially on the occasion of thefamous processions of 1633 and 1711. Inthe limited number of objects – all of thehighest quality – it is necessary to em-phasize the presence of a large group of“capes”, specific objects, specially madefor the Madonna of Impruneta. Thecapes are rectangular cloths, used to cov-er devotional images, as for example, theSantissima Annunziata in Florence, in-creasing their aura of sacredness. In thespecific case of the Madonna of Im-pruneta, the cape was not just used tocover the image on the altar but it alsoaccompanied the Madonna in her pro-cessions. The Basilica’s first existing inventory,from 1432, does not mention any capesin its list, leaving the doubt if at the timethere was the custom of keeping the im-age covered. Anyway, it turns out thatalready in 1466 four capes were donat-ed to the Virgin and other donations arerecorded in 1470 and 1547. In addition,we know that the Company of Saint Hi-lary, linked by deep devotion to the Vir-gin, during the processions, had theprivilege of uncovering the image. In the18th century document about the re-painting of the image by Ignazio Hug-ford, the parish priest Giugni, in orderto see the Madonna, had to lift sevencapes. So, both in the engravings by Ste-

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fano della Bella and Cosimo Mogalli aswell as in an 18th century engraving ofthe Biblioteca Marucelliana (vol.LXXIV, no. 90), the Madonna is alwayscovered by capes that, protecting herfrom being looked at and conferring onher the mystery of a greater sacredness,were certainly the objects that came in-to direct contact with the holy Image.For this reason, the capes were privilegedgifts made to the Virgin together withchasubles, pluvials and altar cloths, asrecorded in the Nota dei doni (list ofgifts) by Rondinelli and the Elenchi(lists) by Casotti.In a very beautiful cape of embroideredsilver lamé taffeta, kept, for reasons ofpreservation, in the sacristy, MarquessGiulia Spada Riccardi explains, in along inscription on the lining, the rea-son of her gift: for her and her son’s sal-vation. The remarkable sampling displayed inthe museum’s section of fabrics belongsto different eras and productions withexamples of Tuscan, Venetian andFrench production datable from the 16 th

century to the 18th century. The capeswere made of different fabrics (differentkinds of velvet, satin, damask, taffeta)and using various techniques (embroi-dery, brocading, damasking), that en-ables us to retrace the history of fabricsfrom the 16 th century designs rangingfrom little flames and thistle flowers tothe refined 17th-18th century motifs of laceor silk Bizzarre fabrics with fantasticdesigns of oriental style. The presence, on the “capes”, of inscrip-tions or noble armorial bearings enablesus to deepen our knowledge of the histo-

ry of the Holy Image and its connectionwith the city of Florence. The capes displayed in the museum wereoffered by various donors: corporationssuch as the Gold-beater’s and Trades-men’s which donated the two 16 th cen-tury capes in red velvet; companies suchas the (Company of the Stigmata, thesame one which had commissioned thearcade of the church to Gherardo Sil-vani in 1634 and which donated thecape together with a piece of altar hang-ings made from the same fabric); noblefamilies such as the families: Caccini daVerrazzano, Strozzi, AlemanniFranceschi, Panciatichi. In some of thesecapes, the central part is decorated withthe Virgin’s monogram surmounted by acrown. Finally, on the occasion of the1711 procession, the Company of theArchangel Raphael gave the Virgin a sil-ver door (currently in the museum’s sec-tion of silver works) that must have beena permanent protection on the altar andwhich saved the Sacred Image frombombing raids during the last worldwar.

Rosanna Caterina Proto Pisani

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On the rear wall

121. florentine schoolmid-14th centuryProcessional tabernacle with movabledoors of the Virgin of Impruneta1350-1360 circaTempera on wooden panel; 147x33cm. (each door)The first procession of the Madonnato Florence, cited in Matteo Villani’sCronica, was in 1354. This case in theshape of a triptych with a central tri-lobed shrine was probably made onthat occasion not only for ease of trans-port but also to protect and hide theicon in order to increase her sacred-ness. It was, however, cited for the firsttime in 1369 when the Virgin was car-ried again to Florence. In the externalpart of the movable doors are repre-sented: the Annunciation, SaintZanobius, Saint Philip, Saint John theBaptist and Saint Christopher; ontheir inside in the upper part, SaintCatherine of Alexandria and SaintLuke and below them musician angels. The pictures were attributed (Bosko-vits 1993) to a follower of Maso diBanco, also known as the Master ofthe Bargello, but recently renamedthe Master of Tobias (active between1354 and 1368), after his frescoes of thestories from the life of Tobias in theoratory of the Compagnia del Bigal-lo in Florence. The numerous re-paintings on the internal doors arehowever related to the intervention ofa 15th century painter making theidentification of the artist more diffi-cult, whose style, more evident on the

external side, is characterized by agreat expressive elegance. As for theclient, it is possible that it was com-missioned by the Bardi family fromVernio that, in the person of theparish priest, Federigo de’ Bardi, con-tended for the patronage of thechurch with the Buondelmonti fam-ily: for their chapel in Santa Croce,they had in fact turned to Maso diBanco. Popular devotion brought over time afurther enrichment of the tabernaclewith the addition of a crown at thetop (see the following)

122. florentine productionlast quarter of the 18th centuryCrown 1781Silver-plated brass and gilded bronzeon an iron structure; 63x55x28.5 cm.The current crown donated by theCompagnia dei Lombardi (Companyof Lombards) in 1781 and restored in1873, substituted in 1781 the two-pointed imperial crown that appearson the tabernacle in the 1758 print.

123. italian productionend of the 16th centuryFrontal Silk, metallic yarn and wood, 100x211cm.The fabric is made of velvet cut andembroidered with appliqués: therather elaborate motif is still late man-nerist and includes a hem withracemes and other elaborate spiraldecorations ending in flames andthunderbolts.

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Display case in front of the entrance, fol-lowing

124. italian or french productionfirst quarter of the 18th centuryCape Silk and metallic yarn; 156x120 cm.

125. italian production (Tuscan ?)second half of the 17th centuryCape Silk, linen and metallic yarn; 184x108cm.

126. italian (Venice ?) or frenchproductionsecond quarter of the 18th centuryCape Silk, linen and metallic yarn; 180x120cm.

127. italian production, end of the17th century-beginning of the 18thcenturyCape Silk, metallic yarn, linen; 183x118 cm.This cape together with a piece ofhangings was donated in 1711 by theCompagnia della Stimmate (Com-pany of the Stigmata) on the occa-sion of the often mentioned proces-sion, as it evidently comes out fromthe cartouche applied with the fivebleeding stigmata embroidered inthe center, above is the inscription“Stimmate di Firenze 1711”. The fab-ric is brocaded damask with a greenbackground scattered with sprigs offlowers that alternate vertically withshoots.

128. italian production (Tuscan ?)16th centuryCape 1568Silk, metallic yarn; 187.5x118 cm.The cape is made up of a central vel-vet stripe cut and embroidered andby two side bands of brocadedbouclé velvet. The design in thesebands has a sinuous checked shootwrapped around a leafy trunk withpalmettes; there are also two types ofthistle flowers and other flores-cences. In the upper part of the capeis the date 1568 embroidered and inthe center, among the little flames ofthe Holy Spirit, the Bernardiniansymbol, in the lower part is the in-scription related to the donors“Tradesmen”.

129. italian productionmid-16th centuryCape Silk, metallic thread, linen; 192x118cm.The cape is in velvet, cut and em-broidered with flames arranged inan echelon formation; in the centeris an embroidered medallion onsatin with the image of the Madon-na with Child (salvaged from previ-ous hangings) and below is a car-touche with the inscription “Bat-tilori De Casavechi.” The coat-of-arms in the lower part belongs to theCasavecchia family, that evidentlywas related to the “Gold-beaters”donors.

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Display case to the left of the entrance

130. italian productionbeginning of the 18th centuryA set of hangings made up of a chasubleand a stoleSilk, metallic yarn, linen; 117x76 cm.(chasuble), 229x24 cm. (stole)

131. italian or french productionsecond quarter of the 18th centuryA set of hangings made up of a chasubleand a veilSilk and metallic yarn; 120x72 cm.(chasuble), 61x61 cm. (veil)

132. italian production (Venice ?)beginning of the 18th centuryA set of hangings made up of a chasuble,a maniple and a stole1711Silk, metallic yarns; 122x78 cm., 95x20cm., 236x20 cm.The planet in brocaded lampas is partof a set of hangings that includes a ma-niple and stole: the tablet in the low-er part contains the inscription “Fra-telli della Compagnia di S. Ilario a Co-lombaia, Fi 1711”, that once again re-calls the already cited procession as theoccasion of the donation. In the early18th century, in the production of fab-rics there is also an inspiration fromJapanese motifs in abstract and fan-tastic forms; the style was called “biz-zarre”, and this chasuble is a splendidexample of it, perhaps even of Frenchproduction. A similar style even if of a slightly lat-er period is found in the followingchasuble, donated by the “Benefattori

della Galleria di s.a.r.” (Benefactorsof the s.a.r. Gallery), that we do notknow whether to refer to the Galleriadei Lavori, namely to the grand ducalworkshops or to the Uffizi Gallery.

133. italian production (Venice ?)first quarter of the 18th centurySet of hangings made up of a cha-suble,a stole and a veilSilk and metallic yarn; 118x75 cm.,38x20 cm., 64x66 cm.

134. italian productionfirst half of the 17th centurySet of hangings made up of a chasubleand a stolePrior to 1633Silk and metallic yarn; 121x75 cm.,260x22,5 cm.

135. italian production16th centurySet of hangings made up of a chasubleand a manipleSilk and linen; 122x68 cm., 90x17 cm.The fabric of the sides of the chasubleis from the mid-16th century, the fab-ric used for the cross and the column(central part) is from the end of the16th century-beginning of the 17thcentury.

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From Florence to theMuseum of the Treasury of Santa Maria inImpruneta

By Renato Stopani

Besides the legends born around its re-covery, the attraction exerted by themiraculous image of the Madonna ofImpruneta confirms the role that theImpruneta parish church had asan im-portant religious center in the hillyarea immediately to the south of Flo-rence. The fame of the sacred image,initially limited only to the rural envi-ronment, and related to the functionthe parish church had with regard tothe religious needs of the rural popu-lation, extended later to the city too,leading to the birth of the Florentines’special devotion for the Holy Image.So that, as Emanuele Repetti wrote inhis Dizionario geografico fisico storicodella Toscana (Historical Physical Geo-graphic Dictionary of Tuscany) (Flo-rence, 1832, vol. ii, p. 573), “manytimes the Florentine government incase of war or for misfortunes ofplagues, long drought or persistentrains, had recourse to the miraculousimage of the Madonna of Impruneta,whose venerated tabernacle with greatretinue, very large crowd and devotionwas carried in procession to Florence.” The phenomenon, if, on the onehand, transformed the parish church,turning it into a shrine, on the other,it led to a considerable growth of theearly rural village of Impruneta, that

acquired a characteristic urban con-formation – still detectable today – inwhich the built-up area, still quotingRepetti’s words, was made up of a “se-ries of various suburbs separated fromeach other, along which in various di-rections are as many roads that leadinto the vast square of the devoutchurch.” As well as the Sacred Image’sfame, also the wealth of the Im-pruneta parish increased, and it wasexactly thanks to its considerableproperties, and the revenues derivedfrom them, that the recurring en-largements of the church’s architec-tural structures were made possible, aswell as the richness of its sacred fur-nishings and the creation of the basil-ica’s “treasury”.

Three Itineraries to Impruneta

Just outside of Florence, several roadslead to Impruneta, departing fromthe Greve and Ema river valley floorsclimbing up the hills that divide thetwo rivers. A first itinerary on the Cas-sia state road (the ancient Romanroad) beyond Galluzzo, starts fromthe densely populated village ofTavarnuzze. A steep slope shortlyleads you to Montebuoni where, on arise overlooking the Greve river, stoodthe castle that was the headquarters ofthe Buondelmonte family, the greatfeudatories of the area that held “abimmemorabili” the jus patronatus ofthe Impruneta parish. Currently Mon-tebuoni is a small village with an an-cient look, built up all around the

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small church dedicated to Saint Peter,inside of which is a Madonna withChild of the 14th century Florentineschool. The road continues with a twistingcourse, passing through the small vil-lage of Bagnolo, with its ancientparish church dedicated to Saint Mar-tin, and then winding along the val-ley across an intensely cultivatedcountryside that still preserves the as-pect of the typical Tuscan agricultur-al landscape of sharecropping. Farm-houses peep from the luxuriance ofthe olive trees (the predominant cul-tivation, by far), while two rows of cy-presses lining the road indicate thepresence of country villas. The char-acteristic buildings of sharecroppers’houses also overlook the route of theroad, with their farmyards and huts;the same applies to some farm-villas,being the road lined with largelandowners’ buildings that often haveeven small private oratories. Shortly after, you reach Imprunetaand enter the vast BuondelmontiSquare, where you find the basilica ofSanta Maria, a building that has re-tained very little of the parish churchdocumented since the 11th century: infact it is from 3rd January 1060, thepiece of news that recalls the conse-cration of the original church, by Car-dinal Umberto Silvacandida, legate ofthe pontiff, Nicholas ii. Some remainsof the ancient rural building are in-corporated into the right side of thebasilica. These remains have made itpossible to reconstruct what were thefeatures of the Romanesque church,

which must have had a basilicanstructure, with a nave and two sideaisles divided on each side by fivearches supported by quadrangularpillars, and with a crypt in the centralpart of the presbytery. The crypt, stillfully preserved, is a small apsidal in-terior divided into small aisles bysandstone columns whose capitals aretopped with large dosserets andsculpted with tendrils and palmettes;a human head projects from one ofthem with plastic importance. In thecrypt, which currently is entered froma 14th century cloister standing on theright side of the church, some remainsof a 13th century ambo with marblemarquetries are housed. The enlargement that gave the churchits current single nave appearance,dates back to the second half of the14th century. It is possible that the largevaulted interior, improperly called theBuondelmonti hall of arms, whichoverlooks the 14th century cloister, wasbuilt on the same occasion. But it wasthe mid-15th century renovation thatgave the church its current appear-ance with the two Della Robbianaedicules inside of it. In the generalreorganization of the whole complex,the small Renaissance cloister was al-so added and they built a system offortifications, that enclosed both thechurch and the buildings adjacent toit inside a wall fortified with cornertowers. The tall and massive bell tow-er, a tall 13th century battlement tow-er, was “naturally” used as a keep. Thebasilica thus acquired the aspect of asmall fortress; an appearance that was

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partly mitigated by the subsequentrestorations and embellishments, in-cluding the 17th century arcade byGherardo Silvani placed before thefaçade, through which you enter notonly the church but also the premis-es that house the Museum of the Trea-sury of Santa Maria in Impruneta.You can also reach Impruneta by theso-called Via di Pozzolatico, an itiner-ary that begins at the Poggio Imperi-ale, to the right of the grand villa, andthat proceeds along a tortuous routebetween rustic enclosure walls and el-egant buildings (Villa Gherardesca, IlGerlsomino). There is a steep descenton a straight stretch of the road beforethe village of San Felice a Ema, withits late Romanesque church whose in-terior was redesigned during the 18th

century, even if respecting its originalstructure. Of the original building,besides the basilican plan with onenave and two aisles (the current sup-ports of the arches incorporate theoriginal circular pillars), also thefaçade with its three portals remainsintact. The central one is decorated inthe lunette with geometric mar-quetries in white marble and serpen-tine rock. In the sacristy is a Madon-na with Child, part of a polyptych byGiovanni del Biondo (1387). Leaving the church, the road contin-ues and crosses the Ema stream andthen begins to climb the hill to Poz-zolatico, dotted with villas and farm-houses. You are in an area that, like allthe countryside closest to Florence,was covered in earlier times by an ex-tensive network of tenant farms and

where the constituent elements typi-cal of the “parceled” land holdingswhich, as regards buildings, were the“worker’s house” and the “landown-er’s house”, respectively the forerun-ners of the casa colonica, (farmhouse)and the villa-fattoria (farm-villa), de-veloped.You arrive shortly afterwards in Poz-zolatico, a village which developedaround a more ancient nucleus in thecenter of which rises the massive belltower of the church dedicated toSaints Stephen and Catherine, thathas only partly preserved its originallate-Romanesque characteristics, mo-dified by an 18th century “moderniza-tion”. Inside there is a panel (Madon-na with Child) attributed to Jacopodel Casentino enclosed in a paintingby Giovanni Martinelli (1647), as wellas a Madonna and Saints by Allori.With a steep slope, the road onceagain goes up the hills that divide theGreve Valley and the Ema Valley, go-ing through the small village of Mez-zomonte. It then continues towardsMonte Oriuolo, lined with low walls;there are 17th and 18th century artistictabernacles at the crossroads along theway. The surrounding landscape, mainlycovered with olive groves that stretchalong the gently-sloped hillsides, isscattered with farmhouses and countryvillas that, beyond Monte Oriuolo, areerected closer to the road.A little beforeImpruneta is the small village of Il De-sco, at the entrance of which is a beau-tiful 16th century landowner’s housewith an ancient but still working oil

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mill. You are now on the outskirts ofImpruneta: the last part of the itiner-ary takes place between the wall thatencloses the park planted with trees ofVilla Accursio and the first houses ofthe town of Impruneta.A third itinerary to reach Imprunetais the one passing through Mez-zomonte, that departs from the villageof Pian dei Giullari, where the ancientStrada Imprunetana, (ImprunetaRoad), begins. The road passes at thefoot of the knoll of Monteripaldi thatstill shows the scars from the ancientpietraforte (a kind of grey sand-stone)quarries from which came themajority of the material that was usedin the past to build the main monu-ments of Florence. A short detour canbe taken to go to the church of SanMichele in Monteripaldi, formerly amonastery, of which the medievalstructures as well as a small yet strik-ing 14th century cloister have beenbrought back to light. You continue along the bottom of theEma Valley and, close to Cascine delRiccio, a little modern-looking village,you cross the river at Ponte a Iozzi.A road to the left leads to the churchof San Giusto in Mezzana (or inEma), inside of which are an altar-piece by the Master of Serumido thatdepicts the Madonna with Child Be-tween a Host of Angels and Saints An-thony and Barnabas, and a fresco byLuigi Sabatelli portraying Saint Justus.You continue going up the hill of SanGersolè along the steep Erta de’ Cati-nai, in a landscape dotted with farm-villas that, in addition to attesting to

the antiquity of the agricultural orga-nization based on the tenant farm sys-tem, with their architectural struc-tures bear witness to the strong influ-ence that the ideas coming from Flo-rence’s artistic culture had in thecountryside. San Pietro in Jerusalem ( whose namewas later corrupted to San Gersolè)was the original name of the churchwhich gave the name to the hill: thebuilding that rises close to the road, isa little single nave building whoseoriginal Romanesque characteristicshave been partially returned by a re-cent restoration.Then the road goes through the smallvillage of Mezzomonte, near whichthe elegant and magnificent VillaCorsini, once belonging to CardinalGiovanni Carlo de’ Medici, stands:inside there are halls and open gal-leries frescoed by, among others,Passignano, Giovanni da San Gio-vanni and Bernardino Poccetti. Thenyou come across Villa Parenti onMonte Oriuolo, after which, on apractically level route, you reach Im-pruneta.

The surroundings of Impruneta

The roads that head south from Im-pruneta crossing what Guido Caroc-ci (I dintorni di Firenze, ii, Florence1907, p.327) defined as “the large up-land included between the Greve andEma river valleys”, unwind throughthe northernmost part of the Floren-tine Chianti area. Although extensive

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vineyards have replaced a little every-where the traditional mixed farming,the landscape has preserved, at least asregards buildings, the imprint left onthe area by centuries of an agricultur-al organization based on the tenantfarm system. The countryside appearsdotted with farmhouses and farm-vil-las, the isolated dwellings typical ofthe “parceled” land holdings. But neither is lacking evidence of thesettlements that characterized thecountryside during the period priorto the medieval communes, repre-sented by the little conglomerationsof houses (the small rural villages)built around or near a church, that hasin many cases preserved its originalRomanesque characteristics. Thus it is, for example, for the littlechurch of Luiano, once a suffraganchurch of the Impruneta parishchurch. Mentioned beginning from1001 in the documents of the abbey ofPassignano, Sant’Andrea in Luiano isalong the road to San Casciano val diPesa. It is a small single nave buildingwith an apse at the end and it still hasa precious wall face in alberese stone.On the back wall, there is a little bellgable contemporary to the church,whose upper part has been re-built(the little marble column kept insidethe church probably once divided thetwo fornices.)Also the little church in Quintole,reachable taking the road to Mez-zomonte as well, was subordinate tothe parish church of Impruneta. Ded-icated to San Miniato, the church hasa Latin cross plan and has a small ar-

cade that runs along three of its sides.The simple Romanesque portal is in-tact with the archivolt made of big al-berese stone ashlars, but the side wallsand the transept were readapted andthere are two small 14th centurychapels whose ogival vaults must,once, have been frescoed. Other churches, once suffragan of theparish church of Impruneta, stoodalong the roads that led from Florenceto the Basilica; these, together with thesurviving architectural structuresfrom the original Romanesque build-ing that they still preserve, have al-ready been mentioned ( the churchesof Santo Stefano e Caterina in Pozzo-latico and San Pietro a Gerusalemme). Then there are numerous and signif-icant examples, both of the housingtypologies linked to the tenant farmsystem and of the country settlementsin the period before the medievalcommunes, in the area gravitatingaround the road route that connectsImpruneta with the Via Chiantigiana,as well as along the latter’s route andits detours that cross the Chianti area.

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Impruneta’s terracottaproduction

By Maria Pilar Lebole and BenedettaZini

The authenticity and spontaneity ofartistic handicrafts are a lively expres-sion and synthesis of their own terri-tory. The amazing Tuscan landscape,the colors of the sun, the successionof natural sceneries and of a renewedarchitectural precision, the continu-ous reference to still alive artistic tra-ditions echoing the artistic heritage ofthe past, here in Impruneta find theirnatural development, mid-way be-tween the urban rigor of nearby Flo-rence and the gently rolling hillsidesof the Chianti area.Impruneta is synonymous with artis-tic terracotta handicrafts and it repre-sents them all over the world. The an-cient Impruneta “earth”, which has-been worked for more than threethousand years, going back to thetime when the skillful Etruscans madevases and jars to keep their wine andoil and the Romans made use of ter-racotta containers to transport provi-sions on their long sea voyages, is stillthe undisputed protagonist both ofthe area and of the landscape. The earliest record mentioning thetype of workmanship used for thehand-manufactured terracotta itemstypical of Impruneta is dated 1098,therefore it was already relevant in theMiddle Ages. Actually, some docu-ments dated 1308 testify Impruneta’s

earthen jug and jar makers’ will to in-troduce regulations and proceed tothe drawing up of a special statute inorder to safeguard their economic in-terests and control the productive as-sets of the surrounding countryside.At the time, the most active terracot-ta makers worked mainly in Im-pruneta and its surroundings, whilethe number of potters, in nearbyPetigliolo and Strada in Chianti to-gether equaled the number of kilnowners and kilnmen in Impruneta.The kilns were usually built along thewaterways, where clay was plentiful.They were smallfamily businesses andthey were active during the summerin order to have better quality.Once again we notice how craftsmenwere important protagonists of the Re-naissance. As a matter of fact, the ter-racotta flat tiles used for the dome cov-ering of the cathedral in Florence –chosen by Brunelleschi himself for be-ing at the same time resistant and light– were made in Impruneta’s kilns. In-deed, also innumerous buildings andcupolas in Florence came to have thewarm reddish shade of terracotta.Floor tiles inside grand dukes’ resi-dences and noble palaces were made inImpruneta, too but even – more sim-ply – the floor tiles of farmhouses andvillas in the surrounding countryside. The greatest Florentine sculptors andartists measured themselves againstclay and inside the Della Robbiaworkshop all possible techniques re-lated to it, which reached majorheights during the 16th century, wereexperimented.

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Sill more evidence of the productiveactivity going on in Impruneta at thetime is found in documents statingthe sale of earthen jugs, flatand bentroof tiles and basins, as well as earth-en wash tubs made for the hospital ofSanta Maria Nuova and the Ospedaledegli Innocenti in Florence. Allthrough the 14th and 15th centuries, thecentre of Impruneta counted an aver-age of ten terracotta kilns. During the16th century, potters and kiln-ownerswere selling the bulk of their produc-tion to Florence, providing the mainhouseholds with ewers, earthen jugs,oil jars and basins of every dimension,as well as bricks and tiles. Objectsmanufactured during the 17th and 18th

centuries reveal the craftsmen’s mas-terly skill at applying a plumbic paint-ing on clay objects, with or withoutengobe or slip– a thin earth finishingcoat.During the 17th century, characterizedby a great development of the topiary(i.e. the art of trimming trees andhedges into shapes) many potters spe-cialized in garden terracotta items andentered the growing market of deco-rative terracottas.

Impruneta

Impruneta lies about 13 kilometersaway from the centre of Florence.There are many ways to get there: fol-lowing the A1 motorway as far as theFirenze-Certosa exit or going throughPiazzale Michelangelo, or eventhrough Poggio Imperiale crossing

the villages of Pozzolatico and Mez-zomonte. For our itinerary the latteris the road we have chosen, because,while it is certainly the most windingand includes very narrow stretches, italso offers the most interesting land-scapes. The hills surrounding Impruneta arefound in between the rivers Greve andEma, which define in part the bordersof the communal territory of Im-pruneta. These enchanting hills, likethe whole Chianti area, are known fortheir wine production and are char-acterized by their olive groves. But thesurroundings of Impruneta also offerthe visitor the unique opportunity tobecome acquainted with the produc-tion of typical terracotta items.The clay excavated from the Im-pruneta quarries belongs to a partic-ular type of argillite. Indeed the earthfound in the area which is called gale-stro or terraforte (that is to say strongearth) has time-proof and weather-proof properties that impart a certainhardness, chromatic tone and resis-tance to terracotta items. Galestro is asediment in the process of turning in-to stone: it is scarcely permeable towater, highly saline and not very plas-tic while drying up - all of which arefeatures that make it particularly dif-ficult to work on.This type of clay has enabled pottersas well as brick and tile makers fromImpruneta to create a series of usefulhousehold objects and building ma-terials that are still part of this area’stypical production. Impruneta’s cur-rent production, still made of an en-

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tirely natural basic material and fol-lowing traditional techniques,con-sists of earthenware oil jars, vesselsand large pots, with decorations rang-ing from simple rosettes to intricatesprays andelaborate fruit swags; but italso includes masks, stylized pal-mettes, capitals, fountains, sundialsand statues to adorn gardens, villasand buildings. The harmony and bal-ance between the raw material and thefinished product have made it possi-ble for the craftsmen of the Chiantiarea to specialize both in the tech-nique and in decoration motifs. Allthe Impruneta production has incommon a wide symbolic repertoryranging from acanthus leaf swags,widely used during the classical an-tiquity as a symbol of triumph andglory, to the horn of plenty – symbolof prosperity, happiness and abun-dance, and finally the sun and themoon, which symbolize the rhythmof life.Strolling down the streets of the oldtown centre, one cannot help appre-ciating the numerous references to thegreatest local resource: terracotta.Here street signs, street numbers andpost boxes are all made of fired clay.A wonderful example of this extraor-dinary harmony of typical terracottahandicrafts is the one furnished by thevast production of the various handi-craft businesses located around Im-pruneta, many of which in Il Ferronewhere kilns abound. Entering the dif-ferent terracotta factories, one is im-pressed by the vast areas of outdoorspace covered with wide open sheds

under which the pieces are left to air-dry – in accordance with the ancientEtruscan tradition – while the fin-ished objects are set in the front yardfor the visitors to see, testifying to age-old solidity and lightness.Being for the most part handicraftbusinesses, whose production is cen-tered on the items and models derivedfrom local traditions, it is difficult toindicate which kiln in particularmight appeal most to the visitor, alsobecause the quality and genuinenessof Impruneta terracotta is presenteverywhere.However, leaving Impruneta behindand moving towards Falciani, youcome across one of the best knownterracotta producers, m.i.t.a.l., on viadi Cappello. The progenitor of thislineage of clay workers was AnselmoMariani, who ran a kiln in Il Ferronebefore opening the more famous onein Impruneta. Aside from the tradi-tional production ofdecorative gar-den items, they produce figures andstatues of various dimensions.Still in Falciani, along the Chianti-giana provincial road lies anotherartistic kiln, that of Pesci Giorgio eFigli, whose products range from thetypical pitcher to various objects suchas flowerboxes, amphorae and orna-ments.Once you have reached Il Ferrone, onVia delle Fornaci you can visit an at-tractive shallow lit workshop called Lafornace Masini where craftsmenmould the clay the antique way, work-ing mainly by hand. Each piece isunique. A flowerpot can be modeled

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by flattening and shaping the clay inplaster moulds, after which comes theso-called lavor tondo (a slang expres-sion) for which the craftsman will in-deed go round the mould pressing andmodeling the clay on the outside in aspecial fashion called a banchi. Oncethe clay has been compacted, the vasewill be adorned with rims and deco-rative elements.Their production includes over 300models of indoor and outdoor deco-rative objects.On via Europa, still inside the Il Fer-rone area, Terrecotte Corsiani Alessan-dro produce traditional objects andpersonalized and custom-made piecesthat come with a unique piece certifi-cate. A visit to the kiln will introduceyou to the various stages of the pro-duction process. Flowerpots, pitchersand flowerboxes are left to dry at least20 hours and during this time clay re-leases a big quantity of water. After-wards the objects are fired at temper-atures ranging from 750° to 1000°centigrade. Firing goes on for morethan 50 hours, after which the tem-perature is slowly brought down un-til the pieces are completely cooleddown. Finally, watering the objectswill give the earthenware greater re-sistance to temperature changes.On Via Imprunetana per Tavarnuzzeyou come across a kiln that has main-tained the charm and characteristicsof the old building where all the pro-duction and the working life of awhole family went on already fromthe late 1500s. Set in the midst of thequiet Tuscan countryside among

grapevines, olive trees and cypresses,the old kiln has been renovated andthus brought back to its antiquecharm thanks to the dedication of thefamily who is working there still to-day. The kiln of Poggi Ugo producestraditional terracotta pottery for out-door decoration such as flowerpots,boxes, bowls and fountains, to whichhas been added a collection of mod-ern design pieces. Among the largestin the area, the kiln includes spaceswith arched openings, rooms withwasp nest masonry work for air cir-culation, loggias and courtyards, ex-actly as it was in the 16th century, of-fering us a beautiful glance into thatage. The firms mentioned in this text havebeen freely selected by the authors anddo not by any means constitute an ex-clusive list of the producers in thearea. We would like to thank the ter-racotta producers for their help dur-ing the research phase.Thanks to Aldemaro Becattini, Ro-berto Berti, Omero Soffici and Rena-to Stopani; to the staff of the Com-munal Tourist Boards of Impruneta,San Casciano and the Tourist OfficeCastellina in Chianti and to the Con-sorzio del Marchio Storico del ChiantiClassico for kindly allowing us to usetheir pictures. A special thanks goes toRino Capezzuoli for the operationalsupport generously offered to us.

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For specific literature in Italian on theChianti area, we suggest:E. Massei, Artigianato del Chianti,radici, modelli e tradizioni, Viterbo2000.E. Bosi - G. D’Eugenio - M. Loren-zi - I. Moretti, Chianti, storia e itin-erari, Firenze 2003. As to the magazines we suggest:“Greve in Chianti 2005”, with the pa-tronage of the Comune di Greve inChianti; the bimonthly periodical“InChianti”; “Chianti travel, Coun-try life”, with the patronage of theConsorzio del Marchio Storico Chi-anti Classico. Photos by Benedetta Zini

Terracotta Craftsmen and Industries

Courtesy of the Tourist lnformation Of-fice of the Comune di Impruneta

andrei lorenzovia Imprunetana per Tavarnuzze,20/b 50023 Impruneta tel. 055.2313842www.lorenzoandrei.it

artenovavia della Fonte, 7650023 Imprunetatel. e fax 055.2011060www.impruneta.com/artenova.htm [email protected]

benci mariovia di Cappello, 2250023 Impruneta tel. 055.2011891

bianchini arrigo ceramiche d’artevia. T. Caruel, 350023 Imprunetatel. 055.683499fax 055.684699

ceramiche vecchia europala piccola fornacevia G. Rossa, 1650023 Impruneta tel. 055.209244

corsiani terrecottevia Europa, 10/1250023 Impruneta

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tel. 055.2010000fax 055.2012224www.terrecottecorsiani.itcotto chiti(sede legale, laboratorio ed espo-sizione)via Provinciale Chiantigiana, 169località Il Ferrone50023 Impruneta tel. 055.207030fax 055.2072763

impruneta spavia Provinciale Chiantigiana, 67loc. Falciani, 50023 Imprunetatel. 055.2326064fax 055.2326069www.cottoimpruneta.it

cotto refvia di Cappello, 26/4150023 Impruneta tel. 055.2011013fax 055.2313210www.cottoref.it [email protected]

europa impruneta srlvia Montebuoni, 9850023 Impruneta tel. 055.8797268-2373428fax 055.8797633-2373429www.europaimpruneta.com

fornace pesci spavia delle Fornaci, 26/a50023 Impruneta tel. 055.2012117fax 055.2011488www.fornacepesci.it

f.lli masinivia delle Fornaci, 57/5950023 Imprunetatel. 055.2011683 fax 055.2313211www.fornacemasini.it fornace.masini@dadait

mario marianivia di Cappello, 2950023 Impruneta tel. 055.2011950 fax 055.2011137

m.i.t.a.l. di angiolo mariano efiglivia di Cappello, 3150023 Impruneta tel. e fax [email protected]

orlandi tullio e claudiovia Fornaci, 150023 Imprunetatel. [email protected]

pesci giorgio & figli srlvia Provinciale Chiantigiana, 36località Falciani 50023 Imprunetatel. 055.2326285fax 055.2326607www.terrecottepescigiorgio.com [email protected]

poggi ugovia Imprunetana per Tavarnuzze, 1650023 Impruneta tel. 055.2011077

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fax 055.2313852www.poggiugo.it [email protected]

ricceri giulianovia Europa, 1250023 Impruneta tel. e fax [email protected]

ricceri sergiovia di Fabbiolle, 12/1650023 Impruneta tel. e fax [email protected]

sannini impruneta spavia Provinciale Chiantigiana, 135località Il Ferrone 50023 Impruneta tel. 055.207076fax. 055.207021www.sannini.it [email protected]

vanni lucavia Europa, 750023 Imprunetatel. 055.2312247

vanni marcovia di Cappello, 1450023 Imprunetatel. 055.2313572

Impruneta’s Magic Cuisine

by Maria Pilar Lebole and BenedettaZini

Impruneta is a small town situated onthe hills between Greve and Florence.Seemingly insignificant, it concealsunimaginable treasures in the fields ofhandicraft, oenogastronomy, as wellas of art and architecture. Wandering about Impruneta and itssurroundings, it seems hardly possiblethat such a small town has reachedover the years such fame and prestige.One square, a few houses, lush greenfields all around: almost as if we werein an isolated place somewhere in theopen country. Yet we are just a stone’sthrow from Florence – actually wehave a splendid view of Florence fromup here. We can see its red rooftopslaid with terracotta tiles, the very onesthat were born out of the skilled handsof Impruneta’s kilnmen some cen-turies ago, and are still intact andbeautiful.Impruneta’s case is particular: localoenogastronomy and handicraft bothsprang out of its ancient rural tradi-tions, based on simplicity and ro-bustness. The massive production ofterracotta bricks and tiles made forthe largest and most prestigious con-structions has never superseded whatwas the earliest and main activity forthe master craftsmen of the area: theproduction of terracotta oil jars andvessels made for farmhouses and,more generally speaking, for farm life.

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And indeed, agriculture representsone of the main and most importantsectors of the local economy, startingwith the production of an excellentextra virgin olive oil - among the bestones in the Florentine area - thanks toa chilly and dry climate and a very fer-tile soil. Today Impruneta’s oil is oneof the most appreciated products ofTuscan traditional oenogastronomy,mostly thanks to a very fertile soil andto a favorable climate, but also to themaintenance of old methods of culti-vation and preparation, transmittedfrom father to son and still a source ofpride for Impruneta’s inhabitants. Impruneta’s number one secret liesperhaps in its very special and fortu-nate location. Set between two val-leys, those of the rivers Greve andEma, it benefits from extremely fer-tile and generous soil, while its rigidwinter climate has favored the culti-vation of olive trees and consequent-ly the production of a high quality oilthat will preserve its properties evenup to a few months after pressing.Moreover, as we all know, Tuscanolive oil has a very old culture thatconsists in a few simple principles re-ligiously preserved over the centuries.In Impruneta in particular, olive oil isstill made according to these age-oldprinciples. Here, olives are first handpicked one by one, directly from thetree, in order to prevent the fruitsfrom fermenting as a consequence ofbeating down the olives (a techniquewhich consists in hitting the treebranches with a pole in order to makethe olives fall down) which is very

widespread in other regions of Italy.Then the olives are pressed, rigorous-ly cold-pressed (no heat is used dur-ing the extraction process), makinguse of massive and solid granite mill-stones. This method yields an excel-lent oil characterized by an especiallybright green color and by a distinctbitterish aftertaste that has made it fa-mous all over the world. Indeed, whenfreshly pressed, this oil has character-istic fruity and bitterish notes, persis-tent and spicy. With time, this after-taste will mellow, the intense greencolor will progressively become al-most yellow and the flavor becomesless stinging, while maintaining fruityaccents reminiscent of almond tastein particular.Excellent immediately after pressingas well as after a few months, Im-pruneta’s oil – as most Tuscan oils –has an intense and special flavorthanks to which many prefer to con-sume it as a condiment rather than inthe preparation of hot dishes. We testit on the classic fettunta: a slice ofslightly toasted bread sometimestopped with a few hot black cabbageleaves (only in winter) boiled in saltedwater, and seasoned with new oil, justcome out of the olive mill. An easy wayto fully appreciate its unique flavor.Always as a condiment, olive oil is al-so the ideal companion for beans andall kinds of vegetables, while a fewdrops on a slice of grilled meat, oncecooking is over, will magnificently ex-alt its taste.To experience these flavors, a tour oflocal farms is strongly suggested. This

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is a way of tasting one of the world’sbest oils accompanied by fine Tuscanbread as well as Chianti wine by vis-iting the cellars where it is producedand kept. Speaking of wine, thegrapes of Impruneta deserve a specialmention. Impruneta was the firstplace in Italy, in faraway 1926, to cel-ebrate a Grape Festival, la Festa del-l’uva. Since then, every year on the lastSunday of September the entire vil-lage fills the streets to celebrate.Through the years, the celebrationhas lost its original rural character tobecome a modern event attracting anincreasingly growing number oftourists, both Italian and foreign. Andactually, the beauty of the place andthe cheerfulness of the festival are anideal setting for Chianti Classico tast-ing as well as for an exhibition of lo-cal handicrafts.The typicalness of Impruneta’s winehas nevertheless been damaged in acertain way by the enormous fame ofwines produced in the nearby areas.But let’s not forget that however weare inside the Chianti area, even if on-ly at its commencement. Also in Im-pruneta do rows of grapevines runalong the hillsides where they receivea good exposure to sunlight while themacie (i.e., low stone walls) terracethe ground. A recent collaborationwith the consortium of the ChiantiColli Fiorentini (produced in nearbySan Casciano) has fortunately fos-tered the rebirth of the excellent Im-pruneta wine, granting it a wider dis-tribution and a proper and well-de-served recognition even inside a mar-

ket that in this particular area mightwell be considered saturated. Im-pruneta’s wine is mellow, fresh, tart,and does not keep very long. We canwell picture it inside a nice Tuscanflask to be served with – as we shallsee – a dish of strong character suchas the typical peposo.

An itinerary of flavors in Impruneta

Located near the tollgate Firenze-Cer-tosa on the A1 motorway and theFirenze-Siena junction, the village ofImpruneta is the first stop on the wayto the Florentine Chianti area, whichcan be divided into two parts: oneserved by the Via Chiantigiana andone by the Via Cassia. These two ad-jacent areas are similar to one anoth-er even though each has reciprocaland important characteristics of theirown. The small town of Imprunetahas been able to capture the messagefrom both and, in its turn, to elabo-rate upon this common heritage itsproper traditions of good taste andsimplicity - not to be missed.Past the Florence Carthusianmonastery, less than one kilometeraway from the Firenze-Certosa junc-tion, on the Via Cassia in the hamletof Bottai – whose name comes downfrom the long line of coopers (i.e., bot-tai) who used to work in this area –we find the wine shop Vinoteca al Chi-anti. It stands at a turning point of theantique route leading to the Chiantiarea. Travelers would transit throughhere before making a stop in Tavar-

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nuzze, whose numerous taverns(hence the name of the village) offeredwine tasting and accommodation.The wine shop offers a large selectionof the local production, as well as arange of other Italian and interna-tional wines.You turn into the road leading toTavarnuzze, then take the first leftturn to follow the beautiful Via im-prunetana among the green Floren-tine countryside. Nearby stands theFattoria La Querce with its turretedmansion dating back to the 1300s andenlarged by subsequent additions. Itis a small farm offering the possibili-ty to visit its cellars. The propertycounts seven hectares of vineyardswhere they grow the traditional localvarieties of vines: Sangiovese (most-ly), but also Canaiolo, Colorino, Mal-vasia and Trebbiano. In the wine-making cellar there are fermentingvats and stainless steel tanks as well asa room built mostly undergroundwhich is used to keep the bottles dur-ing the refining process. In the base-ment of the villa instead we find theaging cellar where old wooden barrelsand barriques can be admired whileenjoying the wine tasting. The farmalso produces an extra virgin oil witha particularly pronounced aroma thathas recently won a prize as one of thebest oils in the province.Still along the Via Imprunetana, let uspoint out La Fattoria di Bagnolo, abeautiful estate once called Al Fontethat was for a certain period aroundthe mid-fifteenth century owned bythe Machiavelli family. Today it has

five hectares of “Typical GeographicOrigin” (Indicazione Geografica Tipi-ca) vineyards, five hectares of guaran-teed docg quality Chianti ColliFiorentini and more than six thou-sand olive trees. All farming is donefollowing the guidelines of a Euro-pean Union program aimed at reduc-ing the use of chemical agents in agri-culture. In Impruneta – whose name appar-ently derives from the Latin in pru-inetis, i.e. “among the brambles” – wediscover a number of savoury surpris-es that have turned this tiny village in-to one of Tuscan oenogastronomy’sjewel. Farming traditions in Im-pruneta have remained intact over theyears and even if olive oil has alwaysbeen the number one choice product,the area has developed a notable agri-cultural production, not very big inquantity, but excellent for quality andtaste. Walking about the village sur-roundings, you get the feeling of wit-nessing a rural landscape from some200 years ago, with large areas ofmixed cultivations typical of an econ-omy based on sharecropping.Olive oil serves as a condiment in ri-bollita, a rich peasant soup from theFlorence countryside. It is a typicalwinter dish for the main ingredient,besides stale unsalted Tuscan bread, isblack cabbage. The soup also containspotatoes, white beans and seasonalvegetables.Now on to another tasty dish: the his-tory of Impruneta is linked to one ofthe Florentine cuisine’s most famousdishes, which was apparently invent-

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ed here among terracotta jars andtiles, in a poor rural environment.Tradition has it that the typical Flo-rentine beef stew called peposo comesfrom Impruneta. As the legend goes,Filippo Brunelleschi himself tastedthe dish in Impruneta among the ter-racotta masters known as “fornaciai”(and hence the name peposo alla for-nacina). They used to set the saucepanwith the stew on the edge of the kilnand let it cook slowly all day long. Im-pressed by the great nutritive valueand the powerful taste of the dish,Brunelleschi started offering it toworkers involved in the exhaustingtask of building the Duomo of Flo-rence, to warm themselves up andgain new vigor. The peposo preparedin those days was slightly differentfrom today’s, for instead of tomatosauce they used an excellent red wine– from Impruneta, of course – thatgave the dish a distinctive taste.The legend might be only partly true,but what is certain is that the rich, nu-tritious and spicy peposo, to be servedhot and preferably in terracotta bowlsto keep it warm and tasty, is worth try-ing both for its unique flavor and forthe energy that it gives.Another savoury dish from the Chi-anti area, rarely offered in local trat-torias because it takes a long time tocook it, is arista di cinta senese (chineof cinta senese) cooked in a saucepanon hot terracotta bricks. Cinta is achoice breed of swine indigenous tothe area of Siena, with a distinctivelight-colored stripe around the bellywhich looks a bit like a belt ( hence

the name cinta that is belt). The meatis marinated in water seasoned withtypical Tuscan herbs such as wild fen-nel and then roasted in a pan in awood-burning oven after the woodhas been taken away. The meat willcontinue to cook in its juice over Im-pruneta bricks for approximatelytwelve hours.The aroma of wild fennel is also foundin finocchiona, a typical Tuscan sea-soned sausage made of lean and fatminced pork. The seeds of wild fen-nel are used this time. Very savoury,Finocchiona is served as an hors d’oeu-vre in local trattorias and restaurantstogether with prosciutto, salami andsmall pieces of toast topped with achicken liver preparation called cros-tini ai fegatini.And to finish with a traditionaldessert, let us mention the tradition-al schiacciata con l’uva (a flat cake withgrapes) which, during grape harvestseason between September and Octo-ber, enriches every menu. This is adessert with an old-fashioned taste, asancient as the peasant habit of dip-ping bread in wine, and it was bornright here in this countryside. Theoriginal baker’s recipe, somewhat rus-tic, is prepared with simple ingredi-ents and enriched with fresh blackgrapes and a sprinkling of sugar.

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Farms of Impruneta

vinoteca al chiantivia Cassia, 250029 Loc. Bottai Firenze-Certosatel. 055.2373267fax 055.2379737www.vinotecaalchianti.it

fattoria la quercevia Imprunetana per Tavarnuzze, 4150023 Imprunetatel. e fax 055.2011380www.laquerce.com

fattoria di bagnolovia Imprunetana per Tavarnuzze, 4850023 Imprunetatel. 055.574410-055.577575-055.2313403fax 055.580149-055.2313403www.bartolinibaldelli.it

Glossary

Aedicule An opening in the surface of an in-ternal or external wall of a building,composed of a tympanum crowningresting on elements in the shape ofcolumns or pillars, in which a stat-ue or a holy image is placed.

Agnus DeiFrom the Latin i.e. “Lamb of God,”it is the symbol of Christ, the son ofGod, who sacrificed His life for manredeeming him from original sin.

Agresti, businessThe Agresti family business, kilnowners of Impruneta, is recorded asbeginning from the second half ofthe 18th century; the kiln, whichclosed down in 1990, still fully pre-served, provides evidence of the an-cient technique used for almost theentire 20th century.

AltarTable on which the priest celebratesthe Eucharistic sacrifice, which de-rived its shape from the Last Sup-per’s table.

Altar frontal This term refers to the panel, con-taining a painting or goldsmith’sworks, placed behind the altar or onthe top of the mensa.

Altar pieceLarge panel, either painted or sculpt-ed, situated on the altar; sometimesit is composed of more than one pan-el (see also polyptych). It is often in-serted in a rich frame, or in the ar-chitectural structure of the altar itself.

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AmboA raised tribune, closed on threesides by a parapet and which in thefourth opens onto the access stair-case. It was the place where thepriest went in order to read theEpistle and the Gospel.

Ampulla / ampullina A piece of sacred furnishings, it usu-ally has a globular body and a nar-row neck. The term refers to the twocontainers, one for the wine and theother for the water, used during theEucharist, as well as to the threecontainers for holy oils.

The AnnunciationAntiphonary

Text part of the Missal that collectsthe antiphonies (alternating chants)that tradition says were collected bySaint Gregory the Great (6th centu-ry). It contains the incipit – at timesthe entire text – of the chants withthe pertinent musical notations.

Antonio di Girolamo di Ugolino(Florence 1479 - 1556)An illuminator and, from 1500, amember of the Arte dei Medici edegli Speziali, (Guild of Physiciansand Apothecaries) who had a flour-ishing workshop at the corner of viadei Pazzi; he is known for the soberand elegant style consisting of live-ly compositions; the tone withwhich the artist customarily illus-trated the holy history is constant-ly intimate and domestic.

Architrave (or Lintel )In architecture, the group of hori-zontal elements supported bycolumns or pillars.

Armorial Bearings A group of items made up of ashield, ornaments and honorificidentification marks of a family oran organization.

Assumption of the VirginThe Assumption is the moment inwhich the Virgin’s soul, reunitedwith her body, is lifted togetherwith the latter by angels towardsHeaven. The Virgin is often repre-sented in the center of a mandorla.In traditional iconography, it is sur-mounted by the benedictory Fa-ther; sometimes she is crowned byher Son (Coronation of the Virgin).The subject, which imposed itselffor the first time in Gothic sculp-ture, spread extensively during theCatholic Counter-Reformation.

BasinSee Eucharist flagon

Bas-reliefSee relief

Benedetto da Rovezzano (Pistoia1474 - Vallombrosa 1554 circa) A sculptor who had his training inVersilia, between 1505 and 1515, heworked on prestigious Florentineand French commissions. Amonghis works we will point out: theMonumental Sarcophagus of SaintJohn Gualbert for the church of San-ta Trinita, now in the church of SanSalvi, and the tomb of the Gon-falonier Pier Soderini for thechurch of the Carmine, both in Flo-rence.

Bernardian symbolSee Monogram

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Birth of the VirginDescribed only in the apocryphalGospels and the Golden Legend (13th

century); the theme was widespreadin western art where it was handeddown beginning from the 13th cen-tury to the 17th century. The eventwhen Anna, after the angel’s an-nouncement gives birth to the littleMary, is set in an ordinary dwelling,often very carefully furnished,where many women are found:Joachim, when present, has a sec-ondary position.

Book of AnthemsThe name given to codexes thatcontain the choral chants andsongs, either Catholic or Protes-tant, having specific names accord-ing to their liturgical function

Boroni, Giuseppe (historical infor-mation from1787 to 1830)A goldsmith and the son of MasterBartolomeo, who had executed nu-merous works for the Vatican basil-ica. He had a workshop in Florencetogether with his brothers. In hisvast production, one often finds therefined elegance typical of Romanneo-Classical silverworks.

Brocade A damask fabric with large patterns,in silk, linen, hemp, sometimeswith gold and silver threads, wovenso as to show a characteristic effectin relief.

Burin Implement made up of a small steelrod with a beaked point and awooden handle; it produces a sharpcut while that of the graver, a simi-

lar tool, may have various shapes(round, flat, ruled). See engraving; embossing

Burse (or case)A flat case to hold the corporal,formed by two rigid decoratedsquares; its colors vary according tothe liturgical calendar. It was restedon the chalice.

Candelabrum Large branched candlestick.

CandlestickA support in wood, metal, ceramicor other materials, used to hold asingle candle or, when it is placedon the altar, even several small-sized candles.

Canvas It is one of the most used surfacesfor oil painting; usually made oflinen or hemp but sometimes alsoof cotton, jute, silk or other fibers;its typology varies by weight andweave according to the differenteras, places and expressive needs. Atfirst glued to a wooden panel, it wasthen stretched on stretcher bars tomake the transportation of paint-ings easier; the latter procedure be-gan to spread from the second halfof the 15th century definitively sub-stituting the one on wooden panelbeginning from the 17th century.The term also refers to the pictori-al work executed on canvas.

CapeSmall garment without sleeves thatfalls to the knees. It is worn by car-dinals, bishops, abbots and otherhigh dignitaries to whom it hasbeen granted. The same term may

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also be referred to the rectangularcloths, often richly worked andprecious, used to cover the holyimage of the Madonna of Im-pruneta, a role that brought aboutthe name of cape to such para-ments, documented also in theshrine of Santissima Annunziata inFlorence.

Cartegloria / Altar cardsTerm which refers to each of thethree formulas for the fixed parts ofthe Eucharistic celebration. It alsorefers to the card that since the 16th

century has been used on the altarduring the Mass as a memorandumof the formulas.

Cartouche (or Scroll Ornament)Decorative element, either drawn orsculpted, that reproduces a parch-ment or a scroll, spread open or rolledup, on which Biblical passages arequoted and inscriptions or coats-of-arms are reproduced.

Casting It is a process used to create sculp-tures or reliefs through the pour-ing of molten metal into a mold;it always involves a subsequentfinishing phase with a chisel orother implements. We call it “fullrelief casting” when the mold isopen and the liquid metal fills itcompletely; whereas a “hollowcasting” makes use of closed moldsand requires a very thin layer ofmetal.

Chalice A piece of ecclesiastical furnishingsmade up of a cup supported by astem ending in a base. It is used for

the wine that, during the Eucharis-tic celebration, becomes the bloodof Christ. See also pate

Chapter A college and an assembly ofcanons, friars or monks, belongingto a cathedral or a collegiate church.The term also refers to the place inwhich the assembly is held. Thebook of chapters is a collection ofthe resolutions of such a college.

Chasuble (or Planet)Loose liturgical vestment with around opening for the head, wornby the priest during the Mass. It isderived from the ancient Romantraveling cloak.

Chisel Non-cutting implement in differ-ent shapes that, hit with a smallhammer on a metal plate, lowers itssurface without taking away thematerial. See also embossing

Chisel workingModeling the surfaces of metal ob-jects, carried out by means of a chis-el.

ChoralLiturgical chants and singing of areligious community.

Christ in PietàSuch a denomination refers to theiconographic image of the Man ofsorrows, that is of Christ, showingthe wounds in His hands, chest andfeet; sometimes the instruments ofthe Passion are next to Him. TheRepresentation is inspired by devo-tional tradition; the episode is notnarrated in the Gospels.

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Codex Ancient manuscript composed ofseveral leaves, first of papyrus andthen of parchment, bound togeth-er as a book, as opposed to the vol-umen, namely, a group of sheetswound into a roll. Codices oftencontained rich illuminated decora-tions (see illumination).

Cornice A projection that subdivides thesurfaces of buildings marking theedge of an architectural element(floors, windows, doors, etc.); it al-so refers to the element used toframe and isolate a subject, eitherpictorial or plastic, from the sur-rounding environment, and it isgenerally in wood, stucco or drawn.

Corporal A small square white linen cloth,spread at the center of the altar dur-ing and at the end of the Commu-nion Service or when the BlessedSacrament is exposed. See also burse

CosmatiThe name indicates some familiesof marble workers active in Romeand Lazio between the end of the11th and the end of the 12th centuriesas decorators and architects. Theirworks are characterized by an orna-mental system that used plugs ofwhite and colored marble, semi-precious stones, tesserae of a vitre-ous paste and gold, to create geo-metric designs as décors for archi-tectural elements and furnishings.Their production synthesized thepolychromy typical of Roman mar-ble workers with decorative reper-

toires (disks, bands, squares) closeto the Byzantine style.

Cross Formed by two intersecting axes,one vertical and one horizontal, itbecame, with or without the Cru-cified Christ, Christianity’s princi-pal symbol. Altar cross: standing on a pedestaland placed on the altar, with Christin relief. Astylar cross: supported by a longstaff, it is portable and used in or-der to lead a procession. With fig-ures on bothsides: Christ is usuallyportrayed on the front one, whileevangelical symbols are representedon the back.

Damask Fabric made of silk with warp andweft of the same color that createglossy patterns on an opaque back-ground.

Death of the VirginIn apocryphal literature and in theGolden Legend (13th century); differ-ent versions of this episode alreadyappeared beginning from the 4th

century. Among the most wide-spread let us mention: the presage,in which an angel appears and givesthe Palm of Paradise to Maria, an-nouncing that she will die in threedays; the Communion, adminis-tered to the Virgin by Saint John theEvangelist, or by Christ, among themost recurrent themes during theperiod of the Counter Reforma-tion; the Dormitio (i.e. the eternalrest): inspired by a lesson of the leg-end that has it that the Virgin was

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not dead, but only asleep in thethree days preceding her resurrec-tion. This scene may take the placeof that of the Assumption.

Della Robbia, Luca (Florence 1400circa - 1482)Known as the initiator of majolicaproduction he is the original inter-preter of the luminous and linearrhythms of Ghiberti, the plasticismof Nanni di Banco, and of the Do-natellian experience. The first col-ored terracotta reliefs inserted in ar-chitectural and sculptural complex-es go back to the early 1440’s. Fromhis copious body of work we re-member, only as examples, theMadonna of Via dell’Agnolo, theMadonna of the Rose Garden and theMadonna of the Apple today housedat the Bargello Museum in Florence.

Dormitio VirginisSee Death of the Virgin

Dossal An elaborate cloth to cover a pieceof furniture ornotable objects.

Embossed decoration known as“Baccellatura”(i.e. in the shape oflegume pods)Ornamental relief motif made up ofa series of convex elements similarto legume pods, typical of classicaland Renaissance art.

EmbossingArt and technique of decorationused for precious materials such asgold and silver, but performed alsoon copper and bronze. It consists inreducing the metal to a very thinlamina in order to obtain the de-sired representation in relief, mod-

eling it from the verso (i.e. the back)and then giving the finishing touchfrom the recto (i.e. the front) witha chisel and a burin.

Enamel Vitreous paint to which coloringcomponents are added, which hasthe property to become a shinycompact surface thanks to the hightemperature firing. See enameling

Enameling Decorative technique used both forceramics and metals. The mostwidespread procedures for metalenameling are cloisonné, that con-sists in spreading the enamel with-in areas bordered by fine metalwires and champievé that consists ininserting the enamel in small alve-oli made on a metal plate. The term also refers to the processof terracotta waterproofing that be-came widely used beginning fromthe 15th century, leading to a partic-ular type of production known asmajolica.

Engraving Drawing carried out on a hard sur-face, called matrix, either by hand,using a pointed instrument (burin,graving tool), or chemically, usingcorrosive substances, for decorationor printing reproduction. Engrav-ing is also the name of the resultingproduct.

Eucharist flagon A receptacle with a lip that was usedin solemn liturgies for the washingof hands together with a bowl,called basin.

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Evangelical, symbolsIn early Christian iconography, thefour evangelists are portrayed aswinged creatures with animalheads. Saint Jerome, at the end ofthe 4th century, first justified the as-sociation of the animals with theauthors of the Gospels: Matthew isrepresented by an angel because hisGospel begins with the Incarna-tion; Mark by a lion because hestarts his with the figure of John theBaptist who “cries in the desert”with a powerful voice, like that of alion; John is represented by an ea-gle, the bird that flies the highest inthe sky, because his vision of God isthe most direct; and finally Luke bya bull, a sacrificial animal, becausehis Gospel commences with thesacrifice of the priest Zachariah.During the Renaissance the animalsand the angel continued to be por-trayed only as simple attributes ofthe four Evangelists. Secondary at-tributes for all four saints are a bookand a cartouche.

Ex-votoObject, displayed in holy places, ex-ecuted or offered as a gift to a di-vinity or to saints for favors receivedor to keep a promise.

Fabric Technique and art that consists inweaving a series of yarns calledwarp, kept parallel and taut, withanother series that is inserted cross-wise called weft, carried out bymeans of a loom. The fabrics arecalled plain when the weave doesnot present any special pattern,

damask otherwise. There are threebasic types of fabric: cloth or taffe-ta with two warp yarns and two weftones, with the same effect both onthe right side and the reverse side;twill, that achieves a diagonal effectslanting either right or left; satin:depending on whether the warp orthe weft is more evident, satin mayhave either a weft or a warp effect.

Filarete, the nickname of AntonioAverulino or Averlino, (Florence1400 circa – Rome 1469 circa)A sculptor and an architect, whodeveloped his background in theFlorentine humanistic milieu, hewas probably an apprentice in theworkshop of Ghiberti; he executedthe bronze Door of Saint Peter’s inRome (1433-1445). He lived in Flo-rence (1448) and in Venice (1449),then in 1451 he was in Milan busyworking in the most importantbuilding-sites in the city, amongwhich we will mention only the Os-pedale Maggiore (1465). Hebrought Renaissance ideals to Lom-bardy, and he carried out at thesame time the critical recovery ofthe local Gothic tradition.

Foggini, Giovan Battista (Florence1652-1725)Sent by Cosimo iii de’ Medici toRome with the assignment to copyancient statues, the artist enteredinto the Roman baroque milieu; inFlorence he executed sculptural andarchitectural works, among whichwe would like to mention just as ex-amples, the Reliefs with the Storiesfrom the Life of Saint Andrew Corsi-

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ni, in the Church of the Carmine,and in Palazzo Viviani della Robbia.

FrescoPainting technique on a wall sup-port that makes use of the lime ofthe wall plaster as a binder.

Frontal The front parament of the altar,generally made of marble, which isplaced under the mensa; it can alsobe made of ivory, silver or even ofornate embroidered fabrics.

Funeral of the VirginSee Death of the Virgin

GauzeA thickly webbed fabric in light silkor cotton.

Ghiberti, Lorenzo (Florence 1378-1455)He was a goldsmith, a sculptor, anarchitect and a writer, who, in thecourse of his prolific activity, tookthe Tuscan Gothic tradition to-wards a greater compositional so-lidity and synthesis translating in-ternational Gothic models also in-to monumental works, amongwhich we will just mention theSaint John the Baptist (1412-1415)and the statue of Saint Matthew(1419-1422). His is also the thirddoor of the Florentine baptistery,finished in 1452 whichMichelange-lo defined “of Paradise”. Among theassistants in his workshop was theyoung Donatello as well.

Gilding A technique used to apply gold onvarious supports: i.e. wood, parch-ment, leather, paper, walls, etc. Thegold can be applied in leaves or in

powder, according to different pro-cedures.

Gold-beaterA worker whose job consisted inbeating gold into sheets of gold orinto gold leaves. See also chisel work and gilding

GradualA group of versicles that are sungduring the Mass. Once they weresung while the deacon went up thestairs of the ambo. The term derivesfrom the Latin word for step, gradus.The word Gradual also refers to thebook containing such versicles.

GrosA thick grainy fabric in silk,linenetc.

Grotesquerie Wall decoration with botanicaland/or fantastic animal motifswhich was typical of 16th centurypainting and of the school ofRaphael; its name derives from thefact that it imitated a type of wallpainting discovered ( in the 16th cen-tury), in the Baths of Titus in Romeat that time half buried and similarto caves.

Haffner, Adriano (historical infor-mation from 1703 to 1768)A silversmith belonging to the Flo-rentine workshop of Giovanni Pe-tres, of which he inherited the hall-mark, was defined“of German ex-traction” in the registration deed;he also held the position of assayerfor the Arte della Seta(i.e. the SilkGuild). His activity is today attest-ed by a copious body of work, large-ly consisting of liturgical furnish-

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ings, executed for churches in theFlorentine area.

Holzmann, Bernardo (historical in-formation from 1705 to 1721)A goldsmith working in Florence,he carried out numerous and valu-able commissions for the grandducal court. Many of the worksmade by the artist were derivedfrom designs by Soldani and Foggi-ni, celebrated artists to whom manyof the city’s prestigious families of-ten turned to. Among the pieces forwhich the artist is remembered isthe silver Frontal still kept today inthe aedicule of the Virgin in thebasilica of Santa Maria in Im-pruneta, based on a design by Fog-gini (1714).

Hugford, Ignazio (Florence 1703-1778)The son of an English watchmakercalled to work at the grand ducalcourt, and a pupil of Gabbiani. Hismasterpiece is considered the paint-ing depicting the Countess MatildaDonating her Possessions to theChurch, today at the church of SanBartolomeo in Pantano, in Pistoia.A teacher at the Accademia del Dis-egno (Academy of Drawing) in Flo-rence, he promoted illustrated edi-tions on artists of his time and pasteras. In addition, he was a skillfulportraitist as well as a restorer of an-cient paintings.

Illumination or MiniatureThe art of illustrating and decorat-ing manuscripts. The verb, “tominiature”, that is to illuminate,derives from the word minium that

was used in the Middle Ages to re-fer to cinnabar, which is mercurysulfide, a vivid red color, that wasused to paint the initial letters in theancient codice. In a wider sense, theterm miniature can refer to anysmall-sized painting executed witha meticulous attention to details.

Illuminator, follower of Pacino, firstand second See Pacino di Bonaguida

Incense-boatIt holds the incense that is eventu-ally placed on the burning coals ofthe thurible, by means of a smallmetal spoon.

IntaglioTechnique of working by removingpart of the material. Wood, marble,ivory etc. are carved by using met-al instruments following a pre-es-tablished design.

JonahOld Testament figure, swallowed bya fish and then freed three days lat-er, his storyprefigures, already in pa-leo-Christian art, the death andresurrection of Christ and exempli-fies God’s intervention in favor ofthe faithful.

Judith According to the book of Judith, inthe Old Testament, she was a hero-ic and beautiful young Hebrewwoman from Bethulia who, in or-der to free her land from the Assyr-ians, went to their camp where, af-ter seducing the enemies’ chiefHolofernes, she cut off his head andtook it with her to Bethulia.

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Lacquering A very ancient technique throughwhich objects made of wood or oth-er materials are covered with aresinous substance for decorativeand/or protective purposes.

Lampas A damask fabric of great value madewith yarns of silk, embellished veryoften with wefts of gold and silver,with a heavy appearance; it is madeup of a background weft, usually intaffeta, with supplementary weft ef-fects that create a particular patternon the material.

LibertyThe term Liberty, used in Italian,is derived from the name of ArthurLesenby Liberty’s shops in Lon-don, specialized in the sale of flo-ral-style products, and it indicatesa stylistic current active prevalent-ly in Italy, in the early 20th centu-ry, in the field of decorative arts,linked to art nouveau models, cha-racterized by the use of calligraph-ic floral motifs having a flexuousline.

Lippo di Benivieni (documented inFlorence from 1296 to 1327)Florentine painter and illuminator,his workshop is recorded beginningfrom 1296; his work is recognized asamong the greatest and most origi-nal expression of the tendency dis-senting from Giotto’s language andinclined towards the recovery ofboth Gothic stylistic methods andthe 13th century expressive pathos.His Mourning over the Dead Christin the Pistoia City Museum is ac-

knowledged as the climax of his ex-pressive quality.

LisereA ribbon-like ornament that makesup the border of a fabric, usually ofa different color.

Liturgical booksThey contain the texts and pre-scriptions of the acts used inCatholic celebrations: Missal, Bre-viary, Pontifical, Ritual, Martyrolo-gy, Ceremonial and Memorial ofthe rites.

LoomIn the art of weaving, it is the ma-chine that is used to weave the warpyarns with those of the weft.

Majolica An enameling technique applied toceramics that makes use of a paintconsisting also of a mixture of potas-sium silicate, lead oxide and tin.Af-ter having applied the enamel onestarts to decorate the object withmetallic oxide based colors and, fi-nally, to spread a finishing glaze thatmakes the object shiny. After firing,one applies the so-called gloss, a pig-ment that produces characteristicmetallic tints. Majolica allows theuse of only a few colors owing totheir low resistance to firing.

Maniple Liturgical emblem, made up of astrip of fabric in the same color asthe planet that is worn by the priestduring the Mass, hanging down, onthe left arm.

Master of the BargelloA follower of Maso di Banco, todayknown as the Master of Tobias.

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Master of the Dominican EffigiesSee Pacino di Bonaguida

Master of Tobias (documented from1354 al 1368)An unknown painter, identified asa follower of Maso’s; his conven-tional name derives from the fres-coes that depict the Stories from theLife of Tobias in the oratory of theCompagnia del Bigallo in Florence.

Matrix A hard surface used in the printingtrade; made of either copper orbrass.

Mensa The top surface of an altar

Merlini, Cosimo i the elder (Bologna1580 - Florence 1641)A refined goldsmith, born inBologna, member of the Guild ofPor Santa Maria in Florence, hemanaged a flourishing Florentineworkshop on the Ponte Vecchio. Hecarried out numerous and impor-tant commissions for the Medicicourt. His refined style is character-ized by the elegant syntheses of dec-orative richness and formal struc-ture. Among the few works cer-tainly attributed to him, we willmention only the Reliquary of theCross, at the basilica of Santa Mariain Impruneta (1620).

Michelozzi, Michelozzo (Florence1396-1472)An architect and a sculptor, pupil ofGhiberti and a collaborator of Do-natello. He continued the lesson ofBrunelleschi through the elabora-tion of an elegant combination be-tween the measured Florentine

Gothic and the search for clear spa-tial layouts drawn from antiquity;among his most well-know planswe remember the San Marco com-plex (1436-1443), Palazzo MediciRiccardi, on Via Larga and theMedici villas of Cafaggiolo (post-1451) and Careggi (1457 circa).

Missal One of the six liturgical books thatcontains all the texts necessary forthe celebration of the liturgies andthe celebrations through the year; itcontains the priest’s prayers, boththe fixed and the variable ones.

Mogalli, Cosimo (1667 - 1738)Having learned drawing from thesculptor Foggini, he devoted him-self almost exclusively to engravings,demonstrating notable skill in theuse of the burin. His body of workincludes religious, mythological andhistorical subjects, views and genrescenes. Among the painters whoseworks he reproduced, there are An-drea del Sarto, Titian, Veronese,Schiavone, Palma the Younger,Guercino, Van Dyck.

MonogramA union or intertwining of two ormore letters. Christ’s monogram: an intertwiningof the Greek letters x (chi) and P(rho), the first letters of the Greekword Christòs, that is Christ; alter-natively, the initials of ixtus (fish)and xpistos (Christ), two termsthat were at the same time tradi-tional symbols of Christians, in usebeginning from the 2nd century on.The abbreviation can also be for-

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med by the Latin letters i, h and s,at times surmounted by the cross,which stand for: “In hoc signum”that is “with this sign (you willwin)”, with reference to the crossabove. Bernardian monogram (afterSaint Bernard of Clairvaux): thethree letters i, h and s, together, areenclosed in a radiant sun’s disc.

Monstrance A piece of sacred furnishings, in theshape of an aedicule or, in more re-cent times, of a radiant sun’s disc, inwhich the consecrated host is ex-posed to the adoration of the faith-ful.

Mytens, Martin ii (1695-1770)A painter of Swedish origin whowas highly appreciated at theMedici court in Florence; from hisbody of work we will just mentionthe Impruneta portrait of MariaTeresa of Austria with her sonJoseph.

NicheA cavity made in a wall, usually con-taining a statue: it can be semi-cir-cular, rectangular or polygonal.

Nigetti, Matteo (Florence 1570 circa- 1648)An architect and sculptor known asan exponent of Florentine Manner-ism, he was a disciple of BernardoBuontalenti, with whom he workedat the Palazzo Non Finito (1593).Among his best-known interven-tions is that for the Chapel of thePrinces that is the funerary chapelof the Medici family in the Floren-tine church of San Lorenzo.

Oil (painting)A technique of painting on canvasor wooden panels using pigmentsmixed with thick oils, with essentialoils added so as to make the colorsmore transparent and less viscous.The use of oil as an emulsion makesit possible to have a wide range ofpigments and chromatic gradationsalso due to the different ways inwhich the color can be applied.ssxt.

Pacino di Bonaguida (documentedin Florence between 1303 and 1339) A painter and illuminator, amonghis best-known works are: the polyp-tych in the Gallery of the Accademiaof Florence, which has a monumen-tal style of Giottesque influence, andis animated by decorative Gothictensions and the panel with the Treeof Life, at the same Gallery, where themore articulated and narrative lan-guage taken from illuminations pre-vails. The illustrations of the five Im-pruneta Antiphonaries, the work ofmany hands, attributed to his work-shop, covers a long period of time:the oldest term is recognized in thestyle of Pacino from the early 14th

century, attributed to the so-called“First Illuminator follower of Paci-no”, lively narrative and simplified;the most recent one, from aroundthe mid-14th century, is recognized inthe more solid figures and the orna-mental rhythm of the “Second Illu-minator follower of Pacino” as wellas in the sweet and expressive lan-guage, from the lively chromatic jux-tapositions, by the so-called maester

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in the style of daddi. In the middle be-tween these two extremes is foundthe work by the so-called Master ofthe Dominican Effigies (recordedfrom 1337 to 1345). The reality of alarge workshop, active even after thedeath of Pacino di Bonaguida andwhich specialized, over time, in illu-minations, would justify the differ-ent interpretations through whichthe master’s style was transferred inthese codices.

Panel A sculpted or painted ornamentalboard. It also means each part of apolyptych.

Paraments The liturgical paraments are the setof vestments worn by the celebrantsduring the Christian liturgy and, ina wider sense, also the objectsplaced on the altar and the decora-tive drapes.

Parish The early parochial community.The term designated an the ecclesi-astical rural district, widespreadthroughout northern and centralItaly, made up of district an areawith a main church and its annexbaptistery that had jurisdiction overthe main churches in the district.

Pasquino da Montepulciano (activein the first half of the 15th century) Sculptor trained in the milieu ofFlorentine humanism, he collabo-rated with Filarete on the bronzedoors of Saint Peter’s in Rome, inwhich he added his own name(1433-1445). He also carried out theportal of San Domenico in Urbino.

His work, still little known even to-day, reveals the influence of Lucadella Robbia.

PatchworkFrom English, it is an old techniquethat consists in making blankets, teatowels or any type of fabric items,by sewing together differently pat-terned patches cut from variouskinds of fabric.

Paten A small round plate, often of pre-cious metal, used during the Massto hold the consecrated host and tocover the chalice.

Pax A small decorated board or plate, of-ten made of precious metals, depict-ing a holy image, used for personalprayer or presented to the faithful forthe “holy kiss” of forgiveness. See also Annunciation

Pignoni, Simone (documented from1593 al 1614)Florentine goldsmith, his work isdocumented from the end of the16th century, by the reliquary bustexecuted for San Lorenzo in Mon-tevarchi (1593); he is currently rep-resented only by the Reliquary ofSaint Sixtus (1614) in Impruneta.

PolyptychA painting or relief formed by threeor more panels joined together bothmaterially by hinges or frames, aswell as conceptually through thesubjects represented.

PsalteryBook of psalms. In the Catholicliturgy, it is the collection of psalmsthat are part of the divine office.

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PunchSteel utensil that has a letter, a num-ber or a cipher engraved on one endused to make a decorative or dis-tinguishing impressionon the ma-terial to which it is applied.

Pyx A cup made either of silver or of an-other precious metal, gilded on theinside and closed by a cover, inwhich the consecrated particles arekept. It is kept in the altar’s taber-nacle. It is frequently in the shapeof a cross.

Relic Part of the body of a saint or a wor-shipped object belonging to orlinked to the figure of Christ (theCross), the Madonna or the saints.

Relief A decorative sculptural techniquethat consists in making the figurescome outfrom the surface on whichthey are being carved; it is calledbas-relief when the figure stands outfrom the background by less thanhalf of its thickness, instead we callit high-relief when it sticks out bymore than half. When the figuresare detached by half of their ownthickness, it is called half-relief.

Reliquary A receptacle, in various shapes andmaterials, used to hold relics. It canhave different shapes, which are of-ten conceived for displaying therelics to the devotees.

RibA load-bearing structural elementof a roof (vault or dome), made upof ribbings projecting on the intra-

dos and/or on the extrados of theroof, and used to distribute thestructures’ support weight. See also vault

Saint Catherine of AlexandriaHer legend that began in the EarlyMiddle Ages records a beautiful,erudite noblewoman who con-vinced of Christianity’s truth theAlexandrian philosophers whowere summoned to Rome by Em-peror Maxentius (4th century), so asto prove her wrong. Her typical at-tributes are a spiked wheel, the in-strument of her martyrdom, asword, a crown, a palm, a ring anda book; her mystic marriage withChrist is frequently depicted, too.

Saint ChristopherThe most widespread representa-tion, transmitted by the GoldenLegend (13th century) is that of thegiant saint intent on carrying achild on his shoulder across a river.This child will turn out to be Jesus.The saint’s cult was already affirmedin the 5th century.

Saint JohnSee Evangelists

Saint John the BaptistThe last of the prophet, the firstsaint and the forerunner of JesusChrist. He instituted the sacramentof baptism on the banks of the Jor-dan; he also baptized Christ andrecognized him as the Messiah. Hisattributes are a lamb and a hide gar-ment. He also holds a bowl for thebaptismal water or a honeycomb.Another common depiction of himis the one of his cut-off head being

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carried on a tray by a maidservantor by Salome who had wanted it outof revenge.

Saint LawrenceThe gridiron is his attribute as wellas memorial of his martyrdom; heis depicted as a young tonsured mandressed in a dalmatic. The first dea-con and martyr of the RomanChurch, he is often representedwith Saint Stephen.

Saint LukeThe author of the third Gospel andof the Acts of the Apostles, heprob-ably wasa Greek who converted toChristianity. He is usually depictedwhile writing the Gospel and witha bull. Tradition says he carried outa painting portraying the Virgin,and for this reason he is consideredthe patron of artists and is depictedwith a palette and brushes. The in-formation about his death is notvery clear: maybe he was martyredor he died peacefully when he was84 in Bytinia, his remains were lat-er brought to Constantinople. See also evangelists.

Saint PaulOften accompanied by the figure ofSaint Peter the Apostle,co-founderwith him of the Church and sym-bol of its Hebrew component,while Paul represents the paganone. Among his attributes are asword, the instrument of his mar-tyrdom, and a book or scroll that al-lude to the draft of the Epistles.

Saint PeterDepicted as an apostle, sometimeshe wears a miter and a pluvial, since

he was the first pope of the Catholicchurch. The attribute that identifieshim is that of the keys, a symbol ofthe task conferred on him by Jesusto guard the gates of Heaven; oth-er attributes of his are the rooster,the upside down cross, the instru-ment of his martyrdom, and lessfrequently a boat.

Saint PhilipOne of the twelve apostles who, ac-cording to tradition, evangelizedPhrygia. The form of his martyr-dom is uncertain: he was probablycrucified upside down. His relicsare kept in the Roman church of theDodici Apostoli.

Saint Raphael the ArchangelCited only in the Old Testament,his attributes are not precise but heusually appears dressed as a pilgrimwith staff and knapsack next to thelad Tobias, while accompanyinghim on his journey. He is invokedas the protector from illnesses andinfirmities of the body and is con-sidered the Patron Saint of travel-ers, invalids and adolescents.

Saint RomulusA martyr, a disciple of Saint Peterand the first bishop of Fiesole, hefirst spread Christianity in the Flo-rence region. According to tradi-tion, he was killed during the per-secutions ordered by EmperorDomitian; his body was carried outof the city, close to the Mugnonetorrent, where in the 4th century acathedral was built. His remainswere moved to the new cathedral inFiesole in 1028.

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Saint SixtusPope and martyr of Greek origin, heorganized the reconciliation be-tween the church of Carthage andthe Roman one. He was capturedwhile celebrating the mass in SaintCallistus’ catacombs and decapitat-ed by Valerianus (3rd century). Hewas buried in the same Saint Cal-listus’ catacombs.

Saint StephenProtomartyr, already when he wasthe first deacon of the first apostoliccommunity in Jerusalem, he stoodout for his eloquence as well as forhis fervent faith and charity. Hisrelics are in Rome, next to SaintLawrence’s, a protomartyr belong-ing to the Roman Church, just likeStephen had been a martyrof thefirst apostolic community. He iscommonly portrayed as a youngdeacon, at times tonsured, dressedwith a dalmatic. His specific at-tribute are the stones used to killhim, either held in a hand or intohis bleeding head.

Saint TheodoraA very beautiful woman who livedin Alexandria around the end of the3rd century; her legend recounts herpromise of virginal chastity in theeyes of God. Condemned for herChristian faith to be taken to abrothel, she was decapitated by herown wish together with the soldierDidymus who had attempted torescue her from death.

Saint ThomasThe representation of his increduli-ty at the risen Christ is very wide-

spread, beginning from the 13th cen-tury. The Apocryphal Gospels alsorecord his incredulity at the As-sumption of the Virgin, for which hedemanded proof as confirmation ofthe event. The Madonna threw agirdle from Heaven that Thomaspicked up. Generally, he is depict-ed as a beardless youth, with the at-tribute of a set square, the Virgin’sgirdle, a lance or a dagger, that werethe instruments of his martyrdom.

Saint ZanobiusAccording to his hagiographic leg-end he used to be a deacon in Con-stantinople between the 4th and 5th

centuries, and then the bishop ofFlorence, where he is venerated asone of the city’s patron saints. Hiscult is due to the fame of his thau-maturgical and exorcism powers.Portrayed as a bishop saint, his at-tributes often include a model ofthe cathedral of Florence or the lilyof Florence.

Saller, Alessandro (Florence, first halfof the 18th century)A Florentine architect appreciatedby the grand ducal court; among hisworks, until now insufficiently doc-umented, let us mention the designfor the altar of the Madonna of theRosary, for the church of SantaReparata in Pimonte (Barberino diMugello, 1741).

Salvi, Antonio di (1450-1527)Goldsmith; pupil of Antonio delPollaiolo, he appears in records of1475 as a member of the Por SantaMaria Guild in Florence. Last ex-ponent of the Pollaiolo tradition,

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his prolific activity is documentedin practically every church in Flo-rence and numerous churches ofthe countryside. To mention butone of his works, he is the author ofthe panel representing The Banquetof Herod (1478-80) made for thefrontal of San Giovanni church inFlorence, now at the Museum of theOpera del Duomo in Florence; thiscommission confirmed his entry in-to the city’s artistic circle.

Sancta sanctorum (Holy of Holies)The holiest and innermost part ofthe Temple of Jerusalem. Today theterm is used in Christian churchesto indicate the tabernacle where thepyx is kept.

ServiceA set made up of elegant or preciousobjects that constitute a decoration.

Shell This image, a pagan symbol of love,is used in Christian religiousiconography as a symbol of the pil-grimage to Santiago di Compostela,and more generally, of any pilgrim-age; one half of the shell was used bypilgrims to drink water. The twohalves of the shell symbolize the twolives: life on earth and the afterlife.

Silvani, Gherardo (Florence 1579-1675)An architect, among the principalexponents of 17th century Floren-tine architecture linked to late-mannerist models, in tune with thedominant conservative climate inTuscany at that time. Some exam-ples of this artist’s work are the plansfor enlarging the Palazzo Panci-

atichi and for the façade, on ViaTornabuoni, of the Palazzo Strozziin Florence

Silvering See gilding

Stadler, Franz Ignaz (documentedfrom 1686 al 1690)Austrian goldsmith born in Boden-dorf. A key-piece for the recon-struction of his poorly documentedcareer is an altar cross from the Trea-sury of Esztergom’s cathedral (Hun-gary). The cross is dated 1686, yearin which he was wedded to the wid-ow of another goldsmith, Berch-told. He died in 1690.

StampingImpression of an identifying markor number through the use of apunch

StoleEmblem, that is part of the liturgi-cal paraments of bishops, priestsand deacons; made up of a strip offabric placed on the vestment anddescending in two strips, it is worndifferently according to the degreeof the order.

Stretcher BarsIt refers to the framing, generallymade of wood, on which a canvasis stretched to be able to paint.

Sustermans (Antwerp 1597 - Florence1681)A painter, he studied in Paris; in1621 he was in Florence as thepainter of the grand ducal court.Thus he painted a numerous seriesof portraits of Medici family mem-bers. His qualities as portraitisttook him to many Italian and Eu-

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ropean courts. Among his best-known portraits, besides those ofGalileo, we just cite those of Pan-dolfo Ricasoli and Francesco de’Medici.

Tabernacle An aedicule closed by a door placedon the altar, in which the pyx iskept. It also means a niche or a smallchapel, placed along a road or in-serted into a wall and containing aholy image.

Tablet A plate with inscriptions or even sim-ple ornamentations, in all the arts.

Temple/Aedicule Architectural structure usuallyround with a cupola roof. In a widersense, any typology that re-propos-es such a structure.

Thurible A piece of sacred furnishings, oftenembellished with silver, formed bya cup with cover, which can beraised by means of three smallchains and containing a small bra-zier (incense boat), in which grainsof incense are burnt.

Tobit or Tobias the Elder/ Tobias orTobia the younger, Stories from theLife ofAccording to the biblical tale set inAssyria in the 7th century bc, thearchangel Raphael meets Tobias (al-so known as Tobias the Younger)son of Tobit (also known as Tobiasthe Elder) who was blind, on hisway to recover his father's money.Encouraged by Raphael, young To-bias succeeded in catching the fishthat was trying to bite him while he

was bathing in the Tigris river.From the heart, liver and bile hetore out of the fish he obtainedremedies against demons and eyediseases. The tale continues with hismeeting Sarah.

TrabeationHorizontal structure of a Greektemple, made up of the architrave,frieze and cornice. In general, it isthe sum of the horizontal elementssupported by columns, pillars andpiers.

TriptychPolyptych made of three woodenpanels joined together.

TympanumArchitectural crowning of a façade,generally triangular, smooth or, moreoften, decorated with a relief, de-fined by the slope of the roof andthe upper part of the façade thatforms the base of the triangle.

Vanni, Antonio (20th century)Sculptor, designer and restorer bornin Impruneta at the end of the 19th

century; he was the owner of a flour-ishing workshop, still active today,specializing in hand-made terracot-ta pieces, especially bas-reliefs fol-lowing the ancient Impruneta tech-niques for working clay.

Vault Curved surface covering a space orpart of it, made by an internal con-cave extension (intrados) and an ex-ternal convex one (extrados). A fun-damental characteristic of the vaultis to laterally discharge the thrustthat must be carried by the supportsof the vault itself.

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Veil A square cloth in the same liturgi-cal colors as the paraments, edged bygalloons, embroidered and with across or the monogram of Christ inits center, used to cover the chaliceat the beginning and at the end ofthe Mass. The same term may alsobe referred to the rectangularcloths, often richly worked and pre-cious, used to cover the holy imageof the Madonna of Impruneta, arole that brought about the name ofcape to such paraments, document-ed also in the shrine of SantissimaAnnunziata in Florence.

Velvet Fabric with a pile-covered surfaceconstituted of two warps, one forthe base cloth (thick taffeta or satin)and another for the pile which iscreatedby looped threads that canbe cut.

Virgin with ChildThe Byzantine iconography of thehieratic and frontal Madonna, withthe dressed and benedictory Child,standing and turning His back toHis mother, is already present in theWest beginning from the 7th centu-

ry. Around the 14th century, insteadtypologies underlining the earthlyand intimate rapport betweenMother and Son prevailed; theirvarious attitudes and attributesidentify the different iconographictypes.

Volute Curvilinear decorative elementused widely in painting, sculptureand architecture.

Votive vesselsThey are the chalice, the pyx, themonstrance, the casket and thelunette. In a wider sense also the cor-poral, the pall, the purificator, theEucharist flagon, the ampullinae, thethurible, the incense boat, the paten,the holy water pot and sprinkler, theburse of the corporal, the veil of thechalice, the bell, the three ampullaethat contain holy oils, etc.

WatercolorPainting technique that consists ofspreading transparent colors mixedwith gum arabic and diluted withwater when using them on paper,parchment or cloth. It creates ef-fects of transparency.

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7 Presentazionedi Edoardo Speranza

9 Prefazionedi Antonio Paolucci

13 Piccoli grandi musei: una risorsa culturalediffusa in terra toscanadi Bruno Santi

17 Il Tesoro di Santa Maria19 Il Tesoro di Santa Maria

di Rosanna Caterina Proto Pisani29 Visita al museo

di Caterina Caneva30 • Saletta delle terrecotte35 • Sala dei codici miniati46 • Saletta del vescovo Antonio degli Agli48 • Sala degli argenti87 • Sala dei parati

99 Itinerari101 Da Firenze al Museo del Tesoro di Santa

Maria di Impruneta113 Il cotto di Impruneta123 Le magie gastronomiche di Impruneta

131 Glossario

151 English Translation

Indice

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Finito di stampare in Firenzepresso la tipografia editrice Polistampa

Novembre 2005