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RIVISTA DELLA FAMIGLIA SALESIANA FONDATA DA SAN CHIE'ILSALESIANO COADIUTORE ANNO105N .9 1 QUINDICINA 1GIUGNO1981 SPEDIZIONEINABBONAMENTOPOSTALEGRUPPf2°170)

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RIVISTA DELLA FAMIGLIA SALESIANA FONDATA DA SAN

CHI E' IL SALESIANOCOADIUTORE

ANNO 105 N.9 • 1 • QUINDICINA • 1 GIUGNO 1981SPEDIZIONE IN ABBONAMENTO POSTALE GRUPPf 2° 170)

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BOLLETTINO SALESIANORIVISTA DELLA FAMIGLIA SALESIANAfondata da san Giovanni Bosco nel 1877Quindicinale d'informazione e cultura religiosaedito dalla Congregazione Salesiana di san Giovanni Bosco

DIRETTORE RESPONSABILE DON ENZO BIANCOCollaboratori . Giuliana Accornero - Marco Bongioanni - TeresioBosco - Elia Ferrante - Domenica Grassiano - Adolfo L'ArcoFotografia Fulgenzio CecconArchivio Guido CantoniDiffusione Arnaldo MontecchioFotocomposizione e impaginazioneScuola Grafica Salesiana Pio XI - RomaStampa Officine Grafiche SEI - TorinoRegistrazione Tribunale di Torino n . 403 del 16 .2 .1949

IL BOLLETTINO SALESIANO SI PUBBLICA- il primo di ogni mese (undici numeri, eccetto agosto) per la

Famiglia Salesiana ;- il 15 del mese per i Cooperatori Salesiani .

Collaborazione. La Direzione invita a mandare notizie e foto ri-guardanti la Famiglia Salesiana, e s'impegna a pubblicarle secondoil loro interesse generale e la disponibilità di spazio .Edizione di metà mese . Redattore don Armando Buttarelli . Viale deiSalesiani 9, 00175 Roma . Tel . (06) 74 .80 .433 .

IL «BOLLETTINO SALESIANO» NEL MONDOIl BS esce nel mondo in 40 edizioni nazionali e 20 lingue diverse(tiratura annua oltre 10 milioni di copie) in :Antille (a Santo Domingo) - Argentina - Australia - Austria - Belgio(in fiammingo) - Bolivia - Brasile- Canada - Centro America (a SanSalvador) - Cile - BS Cinese (a Hong Kong) - Colombia - Ecuador -Filippine - Francia - Germania - Giappone - Gran Bretagna - India(in inglese, malayalam, tamil e telugú) - Irlanda - Italia - Jugoslavia(in croato e in sloveno) - Korea del Sud - BS Lituano (edito a Roma)- Malta - Messico - Olanda - Perù - Polonia - Portogallo - Spagna -Stati Uniti - Sudafrica - Thailandia - Uruguay - Venezuela .

DIFFUSIONE E ABBONAMENTIIl BS è dono di Don Bosco ai componenti la Famiglia Salesiana, agliamici e sostenitori delle sue Opere .E' inviato in omaggio a quanti lo richiedono all'Ufficio Propaganda .Copie arretrate o di propaganda : a richiesta, nei limiti del possibile .Cambio di indirizzo : comunicare anche l'indirizzo vecchio .Per queste operazioni : Ufficio Propaganda SalesianaVia Maria Ausiliatrice 32 . 10152 Torino . Tel . (011) 48 .29 .24 .

I LIBRI PRESENTATI SUL BS vanno richiesti alle Editrici- o contrassegno (spese di spedizione a carico del richiedente) ;- o con versamento anticipato su conto corrente postale (spe-

dizione a carico dell'Editrice) :LAS: Libreria Ateneo Salesiano - Piazza Ateneo Salesiano 1, 00139Roma. Ccp. 57 .49 .20 .01 .LDC: Libreria Dottrina Cristiana - 10096 Leumann (TO) . Ccp . 8128SEI : Società Editrice Internazionale - Corso Regina Margherita 176

1

10152 Torino. Ccp 20 .41 .07 .

DIREZIONE E AMMINISTRAZIONEIndirizzo : Via della Pisana 1111 - Casella Postale 909200163 Roma-Aurelio . Tel . (06) 69 .31 .341Conto corrente postale numero 46 .20 .02 intestato a :Direzione Generale Opere Don Bosco, Roma .

IL GRAZIE CORDIALE DI DON BOSCO ai lettori che- contribuiscono a sostenere le spese per il Bollettino,- aiutano le Opere di Don Bosco nel mondo,- e soprattutto le Missioni Salesiane.

2 ∎ BOLLETTINO SALESIANO ∎ 1°GIUGNO 1981 ∎

IN QUESTO NUMERO1° GIUGNO 1981ANNO 105 - NUMERO 9

IN COPERTINAManaus (Brasile) : il Salesiano coadiu-tore Eugenio Marcon, una «mano lai-ca di Don Bosco», spiega ai ragazzi ilfunzionamento del trattore .Servizio di copertina : pag . 23-31 .

RETTOR MAGGIORE /Madre Mazzarello prima religiosa salesiana, 6PROBLEMI EDUCATIVI /La violenza che viene dai consumi, 7-9Amici di Don Bosco senza Bollettino?, 9Fate ai ragazzi il super-dono dei perdono, 10RAGAZZI D'OGGI /I miei amici del carnevale di Viareggio, 14-15

LE FORZEMISSIONI SALESIANE /Sono 1 .234 i salesiani italiani per il mondo, 3IL SALESIANO COADIUTORE /La mano laica di Don Bosco (prima parte), 23-31

L'AZIONEGIAPPONE / Cattolica, pazienza . Ma suora no, 2-3HONDURAS / Diocesi tra i Maya per mons . Rodriguez, 5INDIA / Padre Schlooz è felicein mezzo ai «fuori casta», 16-17ITALIA / «Su e zo per i ponti» diventa documentario, 3Indagine: quale inserimento per gli handicappati? 5Documentato l'amore del popolo alla Madonna, 18-19MADAGASCAR / «Balbettiamo come neonati»,dicono i due missionari, 12-13PARAGUAY / In difesa dei più poveri del mondo, 5SENEGAL / Un sogno di Don Bosco diventa realtà, 20-22VENEZUELA / II come e i perchédi un Centro Giovanile, 11-12

PROTAGONISTI / Era Gioioso di nome e di fatto, 4

Brevi dal mondo, 3 - II successore di Don Bo-sco, 6 - Educhiamo come Don Bosco, 10 - I nostri santi,32-33 - I nostri morti, 34 - Solidarietà, 35 .

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eMISSIONI SALESIANE

1234 I SALESIANI ITALIANIMISSIONARI NEL MONDO

I salesiani italiani viventi chehanno lasciato la loro patria eche lavorano oggi come mis-sionari nelle diverse parti delmondo sono 1234: è questo ildato saliente di una statisticacompilata dall'Ufficio Naziona-le delle Missioni salesiane diTorino .Scendendo al dettaglio, la

statistica diramata dall'Ufficiocolloca al primo posto fra i varipaesi di maggior accoglienza ilBrasile, poi l'Argentina e quindil'area del Medio Oriente . Maecco le singole voci :180 missionari italiani si trova-

no in Brasile,133 in Argentina,126 in Medio Oriente (Egitto,

Iran, Israele, Libano, Siria,Turchia),

90 in Ecuador,84 in Venezuela,83 in India,83 in Stati Uniti e Canada,65 in Cile,43 in Thailandia,41 in Bolivia,40 nelle Filippine e Timor,38 in Giappone,34 nell'America Centrale,32 in Perù,27 a Hong Kong, Macau, Tai-

wan,27 nelle Antille,26 nel continente africano,18 in Australia,18 in Uruguay,17 in Messico,12 in Colombia,12 in Paraguay,5 in Korea .L'Italia è stata e rimane an-

cora oggi il paese col maggiorecontributo di salesiani allemissioni .

eITALIA

«SU E ZO PER I PONTI»DIVENTA DOCUMENTARIO

Per la settima volta nel marzoscorso i salesiani e i loro amicidel TGS (Turismo GiovanileSociale) hanno organizzato aVenezia la marcia « Su e zo peri ponti », e anche quest'anno lamanifestazione è pienamenteriuscita : 18-20 mila erano ipartecipanti, che hanno com-piuto la loro allegra sgroppata

BREVI DAL MONDO

attraverso calli, fondamente,campi e campielli . Questa voltaperò gli organizzatori hannovoluto fare qualcosa in più :anche girare un documentariofilmato, che non solo raccontila marcia ma spieghi dal vero edal vissuto che cos'è il TGS .

Il documentario, che porta iltitolo primaverile « Un giorno dimarzo», inquadra le propostedel TGS attraverso una serie diflash suggestivi. Quali propo-ste? Vivere insieme in un mon-do di gente solitaria ; riscoprirela natura in un ambiente che lacosiddetta civiltà industrialesta compromettendo ; parteci-pare alla vita di quartiere men-tre si diffonde l'abitudine didemandare ad altri le proprie

alla gente e prima ancora a sestessi che si può uscire dallasolitudine dell'egoismo, si puòrompere il cerchio dell'emargi-nazione, si può stare bene in-sieme .

Perché quel titolo, « Un gior-no di marzo»? Risponde donDino Berti, uno dell'organizza-zione: « Perché il TGS vuoi es-sere un giorno di marzo: unaproposta, l'annuncio di unafresca speranza, la promessa- tra sole e nubi - di unaprimavera » .* «Un giorno di marzo,

documentario 16 mm a colori,durata 35' . A cura dei centriTGS dei Veneto e Friuli-Vene-zia Giulia . Via Marconi 22, Mo-gliano Veneto (TV) .

Italia : «Un giorno di marzo», diciottomila veneziani partecipanomarcia organizzata dal TGS (Turismo Giovanile Sociale).

scelte e responsabilità ; valoriz-zare gli anziani e i giovani inuna società che li emargina ;animare il tempo libero che datroppi è vissuto come tempovuoto . . . Tutto questo, realizza-to in chiave salesiana, secondolo spirito di Don Bosco, vienerappresentato dal documenta-rio a partire da esempi concre-ti, di cui la marcia veneziana èun caso fortunato .

Il documentario quindi, pre-sentandosi come disinvolto epiacevole resoconto di attività,risulta uno strumento promo-zionale, ma anche un'occasio-ne di dibattito : per dimostrare

eGIAPPONE

CATTOLICA, PAZIENZA .MA SUORA NO!

Limpida storia di una con-versione da Budda alla fede, edalla fede alla vita religiosa,d'una giovane giapponese dinome Mariko. Padre ClodoveoTassinari, missionario a Beppuin Giappone, ha raccolto le te-stimonianze dirette della pro-tagonista, dei suoi genitori edel salesiano che l'ha prepara-ta al battesimo .« Da ragazza - racconta

alla

Mariko - studiavo nella scuolasuperiore delle suore a Kago-shima. Nata in una famigliabuddista, per la prima voltanella mia vita incontravo la re-ligione cattolica . Cominciai afrequentare per curiosità le le-zioni di religione, poi continuaicon interesse ; ma questo stu-dio non suscitò in me alcundesiderio esplicito di lasciareBudda per convertirmi a Cristo .Dopo la licenza ritornai al miopaese, a Usa nella provincia diOita, e trovai un buon lavoro inuna ditta di elettrodomesti-ci . . . » .Mariko non sapeva che a

Usa esisteva la missione catto-lica . L'aveva costruita, qualcheanno prima, il salesiano donStefano Foltin .

« Per caso - continua Mari-ko - un'amica mi parlò dellamissione cattolica. Un giornomi presentai al missionario e glimanifestai il proposito di ri-prendere lo studio della reli-gione cristiana . Il desiderio in-conscio di una vita più elevatache sentivo dentro di me, apoco a poco si chiarì e mispinse a chiedere il battesi-mo » .

Don Foltin spiega : « QuandoMariko si presentò alla missio-ne chiese per prima cosa di vi-sitare la chiesetta, e vi si trat-tenne a lungo a pregare . Credoproprio che in quel colloquiocon Dio abbia maturato il suoproposito, molto deciso, di ap-profondire lo studio del Cri-stianesimo . Fissai le lezioni dicatechismo tre volte alla setti-mana - lei avrebbe desideratotutti i giorni -, e poi fui co-stretto ad anticipare di mez-z'ora al mattino l'orario dellamessa perché essa potesseassistervi prima di andare allavoro . Per sei mesi, ogni gior-no, non mancò mai all'appun-tamento . Dopo la messa, nonaveva il tempo di far colazione ;doveva camminare venti minutiper andare a prendere l'auto-bus. È arrivata al battesimomolto convinta e preparata » . Enel battesimo ha preso il belnome di Bernadette . Le do-mando: « I genitori come hannoreagito? » « Per loro la mia de-cisione fu una sgradita sorpre-sa - risponde - ; ma presto sirassegnarono, anche perchécontinuavo il mio lavoro esembrava che nulla fossecambiato. Invece in me qual-cosa era cambiato . « Ero infattisoddisfatta della mia nuova vita

∎ BOLLETTINO SALESIANO ∎ 1 °GIUGNO1981 • 3

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cristiana, ma non pienamente .Ripensavo spesso alle suoreche avevo conosciuto, mi sen-tivo affascinata dalla loro vitatutta spesa per gli altri, e michiedevo se anch'io non fossichiamata alla vita religiosa, dalmomento che non sentivo in-clinazione al matrimonio .Quando trapelò questo mio

PROTAGONISTI AL TRAGUARDOERA GIOIOSO

DI NOME E DI FATTO

In valdostano Joyeusaz, in italiano Gioio-so, era Gioioso di nome e di fatto . Per incli-nazione naturale e per scelta di vita . Dallasua terra (la bella Valle d'Aosta) e dalla suafamiglia aveva ricevuto un carattere sereno,tenace, volitivo, a cui bene si associava unospontaneo senso religioso . I primi studi inambiente salesiano a Courgnè, poi il novi-ziato a Ivrea, il liceo a Valsalice ai tempi didon Cimatti . Apparve subito salesiano attivo,dinamico, deciso a vivere la consacrazionereligiosa con la massima fedeltà a Don Bo-sco e dedizione ai giovani . Perciò lo chia-marono ben presto alle responsabilità delladirezione . Come superiore e formatore ap-pariva severo nel chiedere l'impegno dicrescita spirituale, ma in un clima di com-prensione e paziente sopportazione, edesemplare nell'adempimento dei dovere .Era l'uomo saggio che aveva raggiunto ildominio di sé sottomettendosi in tutto alvolere di Dio: saggio nel giudicare senzaprecipitazione, nel perseguire con costanzae pazienza il bene, nel saper aspettarequando sorgessero difficoltà ma senza per-dere di vista la meta .

Nel 1940 venne aperto sul Colle Don Bo-sco l'istituto Bernardi Semeria, e i suoi su-periori, in cerca di un direttore capace e si-curo, chiamarono lui . Arrivò con 25 giovaniche l'anno dopo salirono a 120, e poi a 250 .Era il periodo triste e difficile della guerra eguerriglia partigiana, della penuria di vetto-vaglie, delle comunicazioni aleatorie . E luiseppe organizzare le scuole professionali,quella agricola, e tenere a battesimo la LDC .Durante i 12 anni della sua direzione al ColleDon Bosco, centinaia di giovani provenientisoprattutto da Lombardia e Veneto impara-rono l'arte tipografica, la meccanica, la fa-legnameria, l'agraria ; molti divenuti salesianipartirono per le missioni dei vari continenti,e ancora oggi sono il nerbo di tante scuoleprofessionali .

L'obbedienza lo chiamava ai compiti piùsvariati, che trovava facili per la sua estremaversatilità e disponibilità . Proprio l'obbe-dienza era come la nervatura della sua spi-ritualità, poggiata sulla consapevolezza chesolo attraverso la consonanza con i suoisuperiori realizzava la volontà di Dio : unavolta conosciuta questa volontà rispecchia-ta in quella dei suoi superiori, non aveva piùpaura delle difficoltà che potessero intral-ciare il suo cammino, e procedeva speditonelle più diverse occupazioni . Così fu diret-tore a Perosa e Ivrea prima di giungere alColle ; poi ancora direttore a Canelli, Cu-miana e Muzzano; fu per alcuni anni mae-stro dei novizi ; fu ispettore, e da ultimo di-venne rettore del santuario del Colle, sem-

4 ∎ BOLLETTINO SALESIANO ∎ 1 'GIUGNO 1981 ∎

desiderio i genitori si allarma-rono e mi fecero capire la lorodecisa disapprovazione : "Cat-tolica, pazienza ; ma suorano!" » .

I genitori, da me incontrati aUsa, spiegano : « Non capivamonulla della vita religiosa . E so-pratutto non volevamo perderenostra figlia . A nostro giudizio

diventare suora era come unsalto nel buio, che noi non po-tevamo permettere . E siamo ri-masti molto amareggiati quan-do Mariko fece di nascosto ipreparativi e partì per Miyazakiper provare la vita delle Suoredella Carità». (Queste suoresono state fondate nel 1937 dalmissionario salesiano don An-

pre con la più aperta disponibilità .L'Ispettoria Centrale ebbe a beneficiare

del suo lavoro, e anche grazie al suo con-tributo assunse quella caratteristica diispettoria forgiatrice di vocazioni, soprattut-to missionarie, che l'ha resa benemeritadell'intera Congregazione tra gli anni '30 e'70. li suo amore a Don Bosco lo portò astudiarne e penetrarne la vita come pochihanno fatto : lo studiava di continuo, perscoprirvi sempre nuovi tesori da condividerecon gli altri . Per questo tornò volentieri nel1974 al Colle Don Bosco come rettore deisantuario, quella benedetta terra salesianaera la patria della sua anima . E divenne ilcustode dei ricordi di Don Bosco . Li studiavae approfondiva per conto suo e ne parlavasul mensile del santuario . Soprattutto acco-glieva in modo incantevole i pellegrini, liaccompagnava in visita ai vari luoghi, sisoffermava a spiegare in lungo e in largo,con una dovizia di particolari amorevol-mente raccolti, e presentati con fascino esicurezza . Non avrebbe smesso mai di rac-contare . La casetta, il santuario, i luoghi chevidero le imprese di Giovannino, i luoghi deisuoi sogni. Il tempo era sempre troppo bre-ve. E quando ormai tardi doveva proprioconcludere, lo faceva con una preghierarecitata insieme con i pellegrini, e li acco-miatava con un confortante « Don Bosco vibenedica sempre! »

Per sei anni lavorò così con i pellegrini,poi la malattia (un tumore che due opera-zioni non valsero a estirpare), e poi l'ab-bandono nelle mani del Signore .

JOYEUSAZ (Gioioso) sac . ABELE, sale-siano. Era nato a Saint-Pierre (AO) il31 .12.1903, morto al Colle Don Bosco il5 .4 .1981 . Aveva 78 anni di età, 60 di vitasalesiana e 50 di sacerdozio . Era stato per 4anni maestro dei novizi, per 25 direttore, per5 Ispettore della Novarese Elvetica(1955-59); da ultimo rettore del santuariosul Colle e custode della Casetta .

i

tonio Cavoli) .« Fu allora che Padre Foltinaggiunge la madre - ci

consigliò di andare anche noi aMiyazaki, per conoscere cosafacevano quelle suore. lo mifermai tra loro qualche giorno,vi ritornai ancora, vidi il granbene che facevano a quei po-veri bambini e vecchi, e miconvinsi che la loro vita eraammirevole . Se Mariko volevadiventare suora, faceva unabuona scelta » .«Così decidemmo - con-

clude il padre - di lasciarla li-bera di scegliere la sua strada .

Suora della Canta di Miyazaki, nel-la casa che hanno aperto a Roma .Anche se per noi significava ungrande sacrificio. Avevamo lasensazione che entrasse nellavicenda la volontà del Kamisa-na (Dio), e non potevamo con-trariala » .Così Bernadette Mariko en-

tra tra le Suore della Carità diMiayazaki, e quando a Tokyoemette i voti religiosi in un'at-mosfera di gioiosa solennità, igenitori vogliono essere pre-senti : comprendono la sua feli-cità e cominciano a condivi-derla .

Suor Bernadette l'ho incon-trata a Tokyo 1'8 dicembre inmezzo ai bambini della casa-nido che le Suore della Caritàdirigono nella capitale . Dal suosguardo luminoso capivo cheessa è molto contenta di averconsacrata a Dio la sua vita .Chiedo infine ai genitori :

«Ora che vostra figlia è diven-tata suora cattolica, cosa pen-sate del Cristianesimo?» Siguardano in faccia un po' im-barazzati, e risponde il padre :«Noi siamo ancora legati alnostro tempio buddista, masiamo convinti che anche lareligione insegnata da Cristo èbuona » .

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ePARAGUAY

IN DIFESA DEIPIO POVERI DEL MONDO

I più poveri tra i poveri, ave-vano detto i vescovi a Puebla,sono gli indios. E in Paraguayforse sono quelli della tribùToba-Maskoy. Il vescovo sale-siano mons . Obelar in questimesi aveva tentato di ottenerel'assegnazione di un buon ter-ritorio in cui potessero soprav-vivere . Ma le autorità, che in unprimo tempo lo avevano con-cesso, 24 ore dopo il loro in-sediamento, si sono rimangiatela parola data . E li hanno cac-ciati dal territorio, trasportan-doli con intervento militare inun terreno ingrato e inospitale .

I Toba-Maskoy, ridotti ormaia poco più di 200 famiglie, vi-vono con varie altre tribù nellaregione del Chaco Paraguayo,il vicariato apostolico affidatodalla Santa Sede ai salesiani eretto attualmente da mons .Obelar. Rientravano quindinell'ambito dell'attività missio-naria salesiana . Erano stanziatinei pressi di una colonia diMennonitas, « in stato di emar-ginazione crescente, senzafonti di guadagno per la lorosussistenza, in mezzo a unaprecarietà generale, Occor-reva fare qualcosa al più prestoper loro . E il vescovo missio-nario, che è pure presidentedella « Commissione nazionaleper le missioni » (un organismodella Conferenza Episcopaleparaguayana), è intervenuto .Furono così compiuti i passinecessari presso il governo perottenere l'assegnazione ai To-ba-Moskoy di 10 .000 ettari diterreno .

Il terreno destinato al nuovoinsediamento si chiama Casa-nillo, ed era stato l'habitat tra-dizionale di questi indios findalla notte dei tempi . Al mo-mento era proprietà della so-cietà latifondista « Carlos Ca-sado S .A. », e la ConferenzaEpiscopale - grazie ad aiutiricevuti dai cattolici tedeschi,lo avrebbe acquistato . Due or-ganismi governativi dovevanofavorire la transazione : l'istitutodi Assistenza Rurale e l'istitutoNazionale dell'indigeno . Com-piuti tutti i passi necessari, il20.10.1980 il governo emisel'apposito decreto che con-sentiva finalmente di « risolverein qualche maniera il graveproblema che colpisce questiindios » . Da quel momento sor-sero le difficoltà .

La società latifondista, rite-nendosi colpita nei suoi inte-ressi, oppose resistenza all'en-trata degli indios ; le autoritàemisero ordine giudiziale di in-

gresso ; l'istituto di AssistenzaRurale, la Conferenza Episco-pale e la Società Casado ridi-scussero l'aspetto economico• trovarono finalmente un ac-cordo. Così il 29 .12 .1980 le fa-miglie degli indigeni poteronofare il loro ingresso, pacifico eordinato, nei terreni . I massmedia dell'intero paese saluta-rono l'avvenimento come uninsperato successo .Sembrava tutto troppo bello .

• infatti non più tardi di 24 orel'istituto Nazionale dell'indige-no faceva inspiegabilmentemarcia indietro e spingeva ilgoverno a ordinare che gli in-digeni fossero trasferiti in altralocalità . La cosa in sé sarebbestata accettabile, ma quell'altralocalità, chiamata «Km 220»,risultava «inabitabile, priva diacqua, con terreno argilloso equindi inadatto alla coltivazio-ne dei campi» . Gli indigeni sirifiutarono di partire, ma dopopochi giorni arrivarono i milita-

Ci•

le : il Rettore Maggiore ha la febbre! E i ragazzi dell'oratorio di Santiago- allegramente preoccupati - vogliono sentire il polso e quanto scottala fronte . . . (Don Viganò nell'aprile scorso era in visita all'America Latina) .

ri, li costrinsero con la forza asalire sugli autocarri, e li tra-sportarono al Km 220 .Subito mons. Obelar fece ri-

corso ai tribunali, ma il ricorsovenne respinto perché nel frat-tempo il governo aveva ema-nato un nuovo decreto cheannullava il primo . I mezzi dicomunicazione sociale, che sierano rallegrati troppo prestoper il buon esito dell'iniziativa,di nuovo intervennero raccon-tando in lungo e in largo ciòche si stava commettendo aidanni dei Toba-Moskoy, eprendendo apertamente posi-zione in loro favore. Anche unfolto gruppo di intellettuali eartisti firmò una petizione . Manon ci fu nulla da fare .

Si chiude così per ora il tristecaso degli indios Toba-Ma-skoy, ai quali i missionariavrebbero voluto assicurarecondizioni di vita più umane .

eITALIA

INDAGINE :QUALE INSERIMENTO

PER GLI HANDICAPPATI?

Un'indagine scientifica suglihandicappati in Italia è stataaffidata dal Consiglio Naziona-le delle Ricerche ai salesianidel Cospes (Centro Orienta-mento Scolastico Professiona-le e Sociale) di Mogliano Ve-neto, Treviso . L'indagine sipropone di studiare l'attualeinserimento scolastico deglihandicappati, e la loro forma-zione professionale : iniziativaquanto mai opportuna, perchéla legislazione italiana nel set-tore risulta «frammentaria,spesso confusa e caotica, eper molti versi carente», e an-cor più perché la sua applica-zione nel concreto lascia moltoa desiderare .

L'indagine viene svolta nelle

province di Venezia e Treviso,e dura complessivamente treanni (1979-1981) . II primo annoè stato utilizzato per l'imposta-zione della ricerca ; nel secon-do ha avuto luogo la ricercasperimentale vera e propria ;nel terzo - che coincide conl'anno internazionale dell'han-dicappato - si sta compiendola valutazione dei dati raccolti,per giungere a una serie diproposte d'intervento.

Il Cospes è un'associazionecreata dai salesiani con loscopo di svolgere moltepliciattività nel settore educativosocio-culturale : essa tra l'altropromuove studi e ricerche che- come questa - hanno dimira lo sviluppo integrale deigiovani nell'attuale società intrasformazione . L'indagine incorso viene condotta dal sale-siano don Severino De Pieri,psicologo clinico, in collabora-

zione con una qualificata équi-pe di ricercatori . Primo fruttodel lavoro già svolto è il volume« Handicappati : quale inseri-mento?», uscito in questi mesia cura del Cospes di MoglianoVeneto .

eHONDURAS

UNA DIOCESI TRA I MAYAPER MONS. RODRIGUEZ

Il vescovo salesiano mons .Oscar Rodríuez Maradiaga, fi-no all'aprile scorso ausiliaredell'arcivescovo di Tegucigal-pa, è stato ora chiamato dalPapa a reggere la diocesi diSanta Rosa de Copàn .

Si tratta di una diocesi im-portante sotto molti aspetti,compreso quello storico e ar-cheologico . Copàn, diparti-mento del moderno Hondurassul confine col Guatemala, ènome d'origine Maya che indi-cava una valle, un rio, una me-tropoli . Essa raggiunse un altogrado di civiltà : del centro abi-tato sono rimaste rovine impo-nenti e suggestive, come unagrande piazza, una piramide,molte statue delle divinità, altestele scolpite con arte raffinatae ricche di ornamenti . All'epo-ca dei conquistadores spagnolila civiltà era però scomparsagià da qualche secolo .

La diocesi, fondata nel 1916,riveste importanza per la suaestensione (17 .360 kmq) e perla sua popolazione : 873.000abitanti (cattolici al 97%), cheequivalgono a un quarto dellapopolazione dell'Honduras . Ilrio Copàn con le sue periodi-che inondazioni rende fertile laregione, che trova nell'agricol-tura la sua unica risorsa . Ègente povera, che ha neglisquilibri sociali e nell'analfabe-tismo seri ostacoli da sconfig-gere, e lotta con coraggio perla propria emancipazione.Gente che ha ora come gui-

da spirituale un vescovo gio-vane (eletto quando non toc-cava ancora i 36 anni, oggi nonne ha ancora 39) ma con leidee chiare . Mons . Oscar è na-to a Tegucigalpa nel 1942, e asei anni già correva per i cortilisalesiani . Nel '61 diventava fi-glio di Don Bosco, nel '70 sa-cerdote . Completati in Italia glistudi in teologia morale e psi-cologia, veniva inviato in Gua-temala a dirigere lo studentatoteologico salesiano . Sulla finedel '78 il Papa lo chiamava al-l'episcopato . Ha scarse forzeapostoliche ai suoi ordini : 36sacerdoti (di cui solo 18 dioce-sani), 21 religiosi laici e 40suore, per le 27 parrocchie cheformano la sua diocesi .

∎ BOLLETTINO SALESIANO ∎ 1' GIUGNO 1981 ∎ 5

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In occasione del centenario di santaMaria Mazzarello, il Rettor Maggioreha inviato alle Figlie di Maria Ausilia-

trice una lettera di 64 pagine, molto den-sa, dal titolo «Riscoprire lo spirito diMornese » . Stralciamo alcuni brani dellaparte centrale .

Quale sia stato il compito di Don Boscoper il vostro Istituto, e quale il ruolo dicollaborazione di madre Mazzarello, lopossiamo vedere riassunto in una prezio-sa testimonianza lasciataci dal card . Ca-gliero . «Incaricato da Don Bosco delladirezione del nuovo Istituto - afferma ilCagliero - dovevo sovente conferire conlui per avere sicuro indirizzo nella forma-zione dello spirito religioso e morale dellesuore. Egli, sempre amabile, mi tranquil-lizzava con dire : "Tu conosci lo spirito delnostro Oratorio, il nostro sistema preven-tivo e il segreto di farsi voler bene, ascol-tare e ubbidire dai giovani, amando tutti enon mortificando nessuno, e assistendoligiorno e notte con paterna vigilanza, pa-ziente carità e benignità costante . Orbe-ne, questi requisiti la buona Madre Maz-zarello li possiede, e quindi possiamostare fidenti nel governo dell'istituto e nelgoverno delle suore. Essa non ha altro dafare e altro non fa se non uniformarsi allospirito, al sistema e carattere proprio delnostro Oratorio, delle Costituzioni e deli-berazioni salesiane ; la loro Congregazio-ne è pari alla nostra ; ha lo stesso fine e glistessi mezzi, che essa inculca con l'e-sempio e con la parola alle suore . E essealla loro volta, sul modello della Madre,più che superiore, direttrici e maestresono tenere madri verso le giovani" » .

Che bella e acuta testimonianza questadei card. Cagliero! In essa si percepiscechiaramente che don Bosco è fondatoreanche dell'istituto delle Figlie di MariaAusiliatrice, e che l'esperienza di madreMazzarello è tutta illuminata e polarizzataverso quella del Fondatore, verso il « pa-trimonio salesiano » che essa vive edesprime fecondamente al femminile .

DI UNA STESSA FAMIGLIA

Possiamo qui evidenziare anche un al-tro aspetto assai importante. La fonda-zione dell'istituto delle Figlie di Maria Au-siliatrice non riguarda unicamente la vitaindipendente del medesimo in un futuro asé stante, ma concerne pure il suo inse-rimento nel progetto globale di don Bo-sco: la sua Famiglia spirituale e apostoli-ca, quella che allora esisteva .

6 ∎ BOLLETTINO SALESIANO ∎ 1' GIUGNO 1981 ∎

IL SUCCESSORE DI DON BOSCO

Madre Mazzarelloprima religiosa salesiana

Egli era stato ispirato dall'Alto a fonda-re le due Congregazioni non perchéavessero uno sviluppo e una storia auto-nomi, ma perché fossero vocazionalmen-te, spiritualmente e apostolicamenteconsanguinei, membri di una stessa Fa-miglia salesiana, per percorrere in soli-darietà di spirito e di missione le stradedel futuro nel servizio alla gioventù .

Ha voluto, perciò, che il vostro Istitutotrovasse una fonte di unità, di sostegno edi animazione nella Congregazione sale-siana da lui esplicitamente fondata suidoni e sulle funzioni del ministero .

Non pensiamo, per carità, a far affiorarenessun genere di dipendenza : « La loroCongregazione è pari alla nostra »! Pen-siamo piuttosto alla realtà e all'importan-za della comunione : « Ha lo stesso fine egli stessi mezzi . . . ha lo spirito, il sistema eil carattere proprio del nostro Oratorio » .Ieri la nostra mutua comunione si espri-meva con una determinata modalità giu-ridica ; oggi la forma giuridica è un'altra,più in consonanza con la promozionesociale ed ecclesiale della donna . Ciò cheimporta è evidenziare che un fedelesguardo alle origini ci interpella profon-damente su una nostra maggiore sensi-bilità di Famiglia .

SALESIANITA' AL FEMMINILE

Risulta davvero arricchente approfon-dire la figura di Madre Mazzarello, nonconsiderandola però in modo isolato equasi a sé stante, ma situandola nel granquadro di riferimento del « patrimonio sa-lesiano» di Don Bosco fondatore . Dob-biamo guardare non solo alle sue virtù emeriti personali, ma al posto provviden-ziale che occupa nell'ora della fondazio-ne, e metterla in relazione anche con laglobalità delle ricchezze spirituali e apo-stoliche di tutta la nostra Famiglia .

In particolare Madre Mazzarello ci vie-ne a mostrare come il carisma salesianosi è esteso adeguatamente nel mondofemminile. Il suo ruolo proprio è statospecialmente quello di collaborare acreare la « salesianità religiosa femmini-le»; e così essa è divenuta lo strumentodello Spirito Santo per allargare l'espe-rienza carismatica salesiana a beneficioanche della gioventù femminile .

La celebrazione di questo centenario cioffre un'occasione straordinaria per con-templare lo specifico e importante ruolodi collaborazione di madre Mazzarellocome « prima e tipica religiosa salesiana »

nella nostra Famiglia, e come attiva Con-fondatrice dell'istituto delle FMA .

II sostanziale intervento di don Bosconella sua fondazione non solo « non hafatto violenza al piccolo germe che loSpirito aveva suscitato in Mornese peropera della Mazzarello », ma ha lasciatoesplicitamente più che sufficiente spazioper gli apporti della sua creatività .

LEI ERA GIA' A CAPO

II biografo della Santa conferma questaaffermazione asserendo che Maria Do-menica, prima ancora di incontrare DonBosco «aveva già, per impulso divino,sempre sentita e dimostrata una chiarainclinazione a occuparsi delle fanciulle ;ancora giovane, nel suo mondo avevaaperto un laboratorio modello per ragaz-ze e fondato un fiorente oratorio festivosenza avere esperienza e forse neppureconoscenza, o almeno avendone poca, dilaboratori e di oratori ; in casa Maccagnoinsieme con una compagna aveva già ilminuscolo ospizio; nella casa dell'Imma-colata aveva accolte altre fanciulle, e sierano unite a lei per coadiuvarla alcunesue compagne e l'avevano eletta supe-riora . Quindi la Mazzarello era già a capodi una comunità quando conobbe DonBosco. Il germe della vocazione pedago-gica che Dio le aveva infuso era già, a suastessa insaputa, molto sviluppato e ma-turo per grandi frutti . Infatti quando co-nobbe Don Bosco, i suoi programmi e ilsuo metodo, trovò che tutto ciò corri-spondeva pienamente ai suoi sentimenti ;e si era subito sentita presa da vivo desi-derio di assecondare in tutto il santo sa-cerdote » (Ferdinando Maccono) .Comprendiamo da questo come la

«naturale attitudine » di Maria Domenica,di plasmare il nascente Istituto con iospirito del Fondatore, quel «felice studiodi imitare in tutto don Bosco » osservatodal Cagliero, non ha nulla del plagio diuna ingenua contadinella . Era l'adesionecosciente e libera all'interiore chiamatadello Spirito Santo, che aveva trovato inDon Bosco la sua ultima esplicitazione .Inoltre Madre Mazzareilo, in tale creati-

vo e vitale impegno, portò tutto il pesodella sua ricca e forte personalità, dellasua capacità d'iniziativa, della sua intui-zione. Più si studia il clima, l'ambiente, iltessuto delle origini a Mornese, più siscorge nitida l'impronta lasciata dallaMazzareilo, prima religiosa salesiana .

Don Egidio Viganò

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PROBLEMI EDUCATIVI

Andante con moto, secondo unafelice battuta di spirito, non èpiù un tempo musicale ma la

definizione del giovane d'oggi. C'è poila pubblicità che parla di « anni ciao »e strizza l'occhio : neppure ciao è piùun saluto ma un prodotto a due ruoteche porta lontano e promette libertà .Comprese certe libertà . Il consumi-smo è diventato ai nostri giorni unadelle violenze più subdole e più mi-nacciose che si possano esercitaresulla persona, soprattutto se non haancora raggiunto una sufficiente ma-turazione . Bambini, adolescenti egiovani ne costituiscono le vittimeprivilegiate. Ma sovente, prima anco-ra, ha già irretito gli adulti, ha rag-giunto la famiglia nella sua più intimastruttura .

I settori in cui il consumismo operasono tanti, ed esemplificare può di-ventare prolisso e noioso .

Dove il consumismoe colpisce i giovani

Attraverso la moda, per esempio. Opiù esattamente le mode . « Avere unacamicietta nuova - si spiegano i ra-gazzi -, o un jeans nuovo, una gonnanuova, e poi ammirarsi allo specchio,è come scoprire in sé qualcosa disconosciuto, come rivalorizzare lapropria persona, imporsi in manierapiù originale di fronte ai compagni,agli amici » .

Accanto al settore dell'abbiglia-mento va forte il consumo dei dischi :il giovane è sempre consumatore dimusica : dovunque va, qualunque co-sa faccia, vorrebbe ascoltare sempremusica. Immerso nelle canzoni -cosa incomprensibile per chi ha una

La violenzache viene dai consumi

Il consumismo è una delle violenze più subdole che minacciano igiovani oggi. La moda, la tv, i dischi, le motorette sono i miraggi dacui i giovani più facilmente si lasciano invischiare . Il meccanismo delconsumo non è facile da comprendere, e ancor più difficile da

smontare. Eppure bisognerebbe almeno provarci . . .

certa età -, riesce perfino a studiare .E i transistors, i mini-registratori : stagià circolando per le nostre strade lanuova generazione di giovani terrestricon grossa cuffia (mica soltanto unimpercettibile auricolare) calata sullatesta, il filo esile fino al taschino, etanta musica nelle orecchie . La mu-sica soprattutto deve essere esibita :gli ultimi dischi, il mangianastri nuo-vo modello, il giradischi prestigioso,chi può permetterselo lo Hi-Fi, tuttoda ostentare con gli amici .

Il ragazzo segue le mode perché hapaura di essere giudicato fuori moda,non vuole restare out, troglodito,escluso dal giro degli amici . La modacondiziona sempre più l'agire deigiovani e le spese dei genitori, le in-dustrie puntano su fasce di acquirentie consumatori sempre più giovani .

La tivù . E un fenomeno in pienaascesa. Su un settimanale un articolointitolato « Televedo come un pazzo »spiegava che il fenomeno « è comin-ciato con l'arrivo delle tivù straniere el'esplosione di quelle libere . Televiso-ri dappertutto : in cucina, sala dapranzo, camera da letto » . Poi citava ilcaso del pittore Mario Schifano : ha in

Tanti televisori, anche per una certa logica industriale : per vendere i prodotti occorre tanta pub-blicità, e tanta gente seduta davanti al video a guardarla .

casa 15 televisori, di cui sette in ca-mera da letto . Li tiene sempre accesi,ma solo per vedere . Audio muto . Glibasta guardare. Poi citava il caso diun dirigente di banca milanese che haquattro televisori e uno sul tavolo dapranzo. « Passo la sera a saltabeccareda un canale all'altro . Non leggo più,in una settimana non riesco a finirenemmeno il rotocalco preferito » . Conla tv - conclude l'articolo - l'italia-no medio oggi va a tavola (Mio maritonon mangia se non c'è il televisoreacceso) ; sbriga le faccende (Da un po'in qua mia moglie cucina peggio, unocchio alla pentola e l'altro alloschermo) ; va a dormire (I miei geni-tori tengono il televisore incollato alletto : gli fa da ninna nanna) .

Così gli adulti, almeno certi adulti . Iragazzi e i bambini hanno più tempolibero a disposizione, quindi . . . Un'in-dagine del servizio opinioni della Raidice che 81 bambini italiani su centoguardano la tv ogni giorno ; gli altriqualche volta alla settimana, ma or-mai la guardano tutti. Certe mammene sono felici : « Tu metti il bambinodavanti al televisore, e per tutta lasera hai la casa in pace ». Ma bisognamettere in bilancio anche quel che iragazzi perdono : il sereno contattocon la natura, con le cose vere, sem-plici, pulite ; la compagnia dei coeta-nei. E quel che vedono, poi . Un'altrastatistica, compilata negli Stati Uniti,dice che il ragazzo medio americanoa 18 anni ha già assistito a 19 milaassassinii televisivi .

E' il prezzo che i nostri ragazzi pa-gano alla società industriale, che habisogno dei canali tv per far cono-scere i suoi prodotti e sollecitarnepesantemente l'acquisto .

Stampa, cinema, teatro. Sono altriluoghi in cui si consuma un'enormeviolenza sui giovani, magari in nome- o col pretesto - della cultura,della giustizia, dell'amor di verità .Tanta carta stampata e tante produ-zioni cinematografiche destinate aigiovani, ma anche agli adulti, ha co-me leitmotiv il sesso e la violenza, ecome scopo non il servizio all'uomoma il denaro, l'asservimento delle in-

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SPUNTI DI RIFLESSIONEI genitori che intendono essere

veri educatori cristiani dei loro figlisentono il bisogno di preservarlidalle pericolose strutture del con-sumismo, o di liberarli se già vifossero invischiati . E prima ancora- poiché le seduzioni del consu-mismo non risparmiano nessuno- sentono il bisogno di chiamarsiin causa personalmente, di verifi-care se non siano essi stessi giàvittime . È necessario perciò co-minciare con una severa verificadei propri modi di pensare e diagire all'interno della coppia,estendere poi l'indagine ai figli esvolgerla con loro .

Alla verifica deve poi seguire unpiano concreto, insieme ai figli, invista di una graduale liberazioneda questa droga. Si tratterà peresempio di tagliare spese inutili, didirottare il superfluo verso iniziati-ve di solidarietà per i meno ab-bienti, per il terzo mondo . E nonbasta liberare se stessi, occorreaiutare altre famiglie a percorrerequesto cammino, occorre impe-gnarsi nel proprio gruppo sociale .

Domande per uno scambiodi pareri a più voci• Siamo convinti che il consu-

mismo rappresenta una delle vio-lenze più subdole sull'uomo e suigiovani, perfino sui bambini? Suquali elementi basiamo le nostrepersuasioni?• In che rapporto poniamo

consumismo e concezione dellavita?• In che rapporto poniamo

consumismo e cristianesimo?• Che cosa possiamo fare per

combattere la droga sottile delconsumismo? (Decisioni pratichepossono essere prese passando inrassegna le comuni fonti delleproposte consumistiche : la televi-sione, la stampa, il cinema, lapubblicità . . . Ci saranno decisioniche riguardano la nostra vita per-sonale, altre che vanno estese allivello dell'intera famiglia, altre an-cora possono riguardare la nostrapresenza efficace nel gruppo so-ciale) .

8 ∎ BOLLETTINO SALESIANO ∎ 1' GIUGNO 1981 ∎

telligenze a un'ideologia, l'allarga-mento del potere .Certo teatro, detto sovente di

avanguardia, è affollatissimo dai gio-vani, che senza possibilità di dibattitoassorbono passivamente insinuazio-ni, letture tendenziose dei fatti e dellarealtà, suasivi ammiccamenti, dissa-crazioni. Tutto questo viene esaltatocome autentica espressione di libertàe di verità, mentre in effetti libertà everità vengono calpestate .

E così, in una società che si dicecivile e democratica, per motivi diimposizione ideologica o di avidità didenaro, viene liberamente consumatala violenza sui giovani, sui ragazzi,perfino sui bambini .Anche i giovani diventano merce .

La legge del consumismo dice chetutto può e deve essere trasformato inmerce : non solo le cose, anche l'uo-mo, che diventa cosa e viene messo incommercio . Si mercifica il lavoro, labellezza, il sesso, l'agilità, tutto .

Accade nello sport, e le partitetruccate, gli scandali del calcio-scommesse ne sono la riprova : dovevanno mai a finire la gioia e l'anticacavalleria dello sport?

Si dà il caso dei giovani atleti sa-crificati al patriottismo, sfruttati peril trionfo dell'ideologia . Durante legrandi manifestazioni sportive -olimpiadi, campionati del mondo ecc .-, si leva sempre qualche voce at-tenta e responsabile a denunciare gliabusi. Fino a qualche anno fa - di-cono queste denunce - si mandava-no sulle pedane del disco e del pesodonne ingigantite nei muscoli, confacce bambine sopra un corpo dascaricatore di porto.

I progressi della scienza che primafabbricavano giganti femminili, oggiinvece sono orientati a creare lievifolletti, un po' tristi ma decisamenteagili. Ha scritto un responsabile sani-tario della squadra italiana alle re-centi olimpiadi di Mosca : « Non ave-vo mai visto a un'olimpiade tante ra-gazzine così paurosamente piccole emagre. Sono state allevate atlete in-naturalmente minuscole, che sem-brano bambine di sette ò otto anni .Mi fanno pena, soprattutto come pa-dre» . E di rincalzo una giornalista :« È inquietante vedere quei faccinipallidi e stanchi, non sentirle mai ri-dere, non strappare loro un gestospontaneo » . E sfido io con tutto quelpo' di roba: fino a 14 ore asfissianti dipalestra, diete rigorosissime, intenseterapie di gruppo per rendere menopesanti i sacrifici a cui vengono sot-toposte. E tutto questo perché? Perdare loro il senso del successo, percoinvolgerle sulla necessità patriotti-ca della vittoria. (Accade soprattuttonei paesi del blocco comunista) . Fino

a che punto arriverà la manipolazio-ne della persona umana?

La mercificazione dei giovani siverifica anche nella moda, dove sicommerciano le modelle che devonorendere apprezzabili e desiderabili icapi di abbigliamento . Ciascuna ha -riferiva un settimanale - il suo« book », una cartella che raccoglie lesue foto di studio più riuscite . Leagenzie internazionali, che fornisco-no alle case di moda e agli uffici dipubblicità le modelle, con queste fotoriempiono il loro catalogo suddivi-dendo le candidate in base ai requisitifisici più commerciabili . Il catalogo èmolto simile «al campionario di unvivaio di fiori o di una fabbrica diaccessori per auto. Stilisti, pubblici-tari, redattrici di moda lo consultanoavidamente ogni volta che devonoscegliere la modella giusta per unservizio ». La scelta - ha riconosciu-to amaramente una di esse - « avolte è anche degradante . Per esem-

pio quando si va in 30 o 40 a farsi vi-sionare per un lavoro: pigiate in unastanza, a respirare rabbia, invidia erivalità . . . » .42 La nefasta dinamica

*del consumismoIl consumismo, così nefasto pro-

prio perché aggredisce perfino ibambini, è un fenomeno difficile dadefinire, perché non presenta noteprecise di riconoscimento. È un fe-nomeno che raggiunge il nucleo dellapersonalità, tanto che si può essereconsumisti possedendo un solo tele-visore, e non esserlo possedendonetre. È una specie di «habitus menta-le», che pervade la realtà quotidianadi un uomo in tutti i suoi aspetti, e neispira il comportamento spicciolo. Isuoi effetti sono paragonabili a quellidella « bomba N », la bomba ai neu-troni: essa è capace, attraverso il

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flusso violento dei suoi neutroni, didistruggere il sistema centrale di tuttii viventi che incontra, senza distrug-gere però le cose . Lascia intatte leabitazioni, le strade, i ponti, gli im-pianti industriali, uccide solo . . . gliuomini .

Le motivazioni apparenti. L'aspet-to più appariscente del consumismo èla ripetizione frequente dei gesti diconsumo, stimolati dall'esterno e ac-cettati più o meno coscientemente(ma spesso in modo del tutto incon-sapevole) dall'interno .

Alla base dei frequenti gesti diconsumo si trovano delle motivazio-ni, molto spesso valide solo in appa-renza : la promessa di un bene, di unafelicità . Hanno notato gli studiosi chequasi tutti i cosmetici sono a base dilanolina, ma che nessuna pubblicitàdi cosmetici offre lanolina all'acqui-rente: si offre invece bellezza, amoree felicità .

Sotto le motivazioni apparenti a

Nel 2000, Città del Messico avrà 32 milioni diabitanti, Tokyo, 26, New York 22 . Così preve-dono gli esperti. E che ne sarà dell'uomo?

uso del consumatore stanno però na-scoste le motivazioni reali, quelle dichi incoraggia al consumismo . Moti-vazioni, come si è accennato, a voltedi carattere ideologico, ma più spessodi indole economica. In ogni caso siha sempre sopraffazione dell'uomosull'uomo. Le conseguenze possonoessere le più svariate, ma tutte hannoin comune la perdita dei valori au-tentici della vita .La perdita dei valori. In chi accetta

la logica assurda del consumismo, ilperché delle azioni perde il suo signi-ficato: quel che conta è di farle, disoddisfare a tamburo battente gli sti-moli ricevuti .

In chi si abbandona a questa dina-mica, il consumismo viene a mistifi-care i due dati fondamentali dall'e-sperienza umana: la vita e la morte .

La fede, gli ideali, tutti i valori dellavita possono essere vissuti consumi-sticamente, cioè in maniera facile,senza sforzo, quasi seduti in poltrona .Accade quando ci si fa prendere dallapaura di dover pagare di persona nelvivere con coerenza i sacrifici, le ri-nunce che la fede può imporre : è piùcomodo e meno rischioso realizzarsiper procura, identificandosi nei per-sonaggi televisivi, o cercando neglioggetti acquistati - anziché nellosforzo personale - le qualità che ar-ricchiscono la persona .

Il consumismo poi tenta di elimi-nare la morte attraverso la girandoladelle sollecitazioni a usufruire dellecose. O banalizza la morte, poichéquella che propone è sempre la mortedegli altri, come se non appartenesseal destino anche dell'uomo consu-matore. Ma poi i nodi vengono alpettine, e un giorno uno si trova ab-bandonato a se stesso, non appena lamalattia o l'età avanzata lo escludonodal banchetto dei prodotti . Eccoperché gli anziani, che un tempo era-no il perno della società, ora noncontano più, costituiscono un ingom-bro da nascondere, una presenza fa-stidiosa da emarginare .Ma finché il consumismo è la

mentalità dominante, e la si accetta,bisogna produrre, guadagnare in tuttii modi, per poter attingere il più pos-sibile al mare delle cose che non fi-niscono mai, che appaiono semprenuove, affascinanti, vertiginose . Il ci-clo è semplice : produrre, guadagnare,spendere, consumare ; tutto il restoappare insignificante . Si giunge al-l'appiattimento della coscienza, all'e-clissi del trascendente, alla scompar-sa o quasi del senso del peccato, allagraduale auto-distruzione .

Pochi giovani sanno reagire e usci-re da soli dalla spirale . Tanti facil-mente capitolano e si arrendono . E senon riescono a guadagnare quantobasta per partecipare al festino deiconsumi, reagiscono . Denuncianol'ingiustizia delle strutture sociali,credono di identificare i colpevoli incerte persone, e sparano .

Questo già oggi; le prospettive -per un fenomeno che è soprattuttourbano - sembrano aprirsi paurosesul futuro. Nel 2000 gli uomini saran-no 7 miliardi, e se il fenomeno del-l'urbanizzazione procederà secondole proiezioni anticipate dagli studiosi,Città del Messico avrà 32 milioni diabitanti, Tokyo e Sào Paulo 26, NewYork 22, Milano 8. Che ne sarà del-l'uomo del 2000, se non avrà ritrovatose stesso e dei valori autentici per cuivivere?

Libero adattamento dal volumeLA VIOLENZA SUI GIOVANI

di Michele Emma

Amici diDon BoscosenzaBollettinoSalesiano ?

I§i i _

. . .eppure il BS è il dono cor-diale che Don Bosco dal lon-tano 1877 invia ai suoi amici .

È la rivista della FamigliaSalesiana: informa sui proble-mi della gioventù nel mondo,sul lavoro che i figli di DonBosco svolgono tra i giovani enelle missioni .

• Lei non riceve il BS? Èinteressato ai suoi contenuti?Lo richieda .

• Conosce persone spiri-tualmente vicine a Don Bosco,che gradirebbero riceverlo?Lo richieda .Scriva chiedendo per sé,

per altri, l'invio in omaggio delBollettino Salesiano.Comunichi gli indirizzi chiari ecompleti a :

DIREZIONEBOLLETTINO SALESIANOCASELLA POSTALE 909200163 ROMA-AURELIO

∎ BOLLETTINO SALESIANO ∎ 1 °GIUGNO 1981 ∎ 9

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EDUCHIAMO COME DON BOSCO

G iuseppe Brosio, allievo di Don Bosco, quand'era all'Oratorio, una do-menica dopo le funzioni cercò Don Bosco e si meravigliò molto di nonvederlo. Lo cercò in tutti gli angoli della casa, perché quell'assenza era

insolita . Finalmente lo trovò : si era ritirato in camera sua, triste e quasi pian-gente .

A quella scena il ragazzo rimase come sgomento, perché non sospettavaneppure che Don Bosco potesse cadere in tanta tristezza . E lo supplicò di dirgliil motivo della sua angoscia . Don Bosco vinto dalla tenerezza di quel bravoragazzo, gli confidò che un suo compagno lo aveva insultato . Poi gli spiegò :« Vedi, riguardo a me non me ne importa . Ciò che mi fa tanto soffrire è sapereche quel povero ragazzo ora si è messo su una cattiva strada » .

Mentre Don Bosco parlava, Brosio si sentiva avvampare il volto di sdegno,e col cuore ferito si disse pronto a far ingozzare allo screanzato tutte le sueinsolenze. Ma Don Bosco lo fermò, e ripreso l'abituale sorriso gli disse : « Tuvuoi punire l'offensore di Don Bosco, e hai ragione. Ma la vendetta la faremoinsieme: sei contento?» Contentissimo si disse Brosio, che non immaginavacome sarebbe andata a finire .

«Allora Don Bosco - prosegue il racconto - mi invitò a fare con lui unapreghiera per l'insultatore. . . E credo che abbia pregato anche per me, perchéprovai un improvviso cambiamento nelle mie idee . Lo sdegno contro quel com-pagno si mutò presto in tanto affetto per lui, che se mi fosse stato vicino gli avreidato un bacio. Terminata la nostra preghiera, spiegai a Don Bosco il mio cam-biamento interno, e lui mi disse : « Non sai? La vendetta del vero cristiano è ilperdono e la preghiera per la persona che ci offende . Così, tu avendo pregato perquesto compagno, hai fatto ciò che piace al Signore, e per questo ora ti trovicontento . Se tu farai sempre così, passerai una vita felice » .

Fate ai ragazziil super-dono del perdono

* Per Don Bosco perdonare si-gnifica da dimenticare per sempre .Egli raccomanda fervorosamente :«Se volete ottenere molto dai vostriallievi, non mostratevi mai offesicontro qualcuno . Tollerate i loro di-fetti, correggeteli, ma dimenticateli » .Don Bosco vuole che perdoniamo

per davvero, come perdona Dio chedice: « Io, io cancellerò i tuoi misfatti ;per riguardo a me non ricordo più ituoi peccati » (Isaia) . Il Signore i pec-cati li distrugge ; essi non esistono piùnemmeno nella sua memoria .

* Don Bosco così supplicava i suoisalesiani : « Vi prego : non solo lasciateal ragazzo la speranza del vostroperdono. ma ancora quella che eglipossa, con una buona condotta, can-cellare la macchia a sé fatta con isuoi mancamenti » .L'animo umano non va paragonato

a un'anfora di squisita fattura greca,che una volta rotta non potrà mai piùricuperare la sua bellezza antica, perquanto si ricompongano con perizia isuoi cocci. Lo spirito umano va pa-ragonato piuttosto al fuoco, che senon è spento del tutto, fosse rimasto

1 0 ∎ BOLLETTINO SALESIANO ∎ l 'GIUGNO 1981 ∎

anche solo un pizzico di brace, puòancora suscitare un incendio dalleproporzioni smisurate .

« Dove abbondante era il peccato,ancora più abbondante fu la grazia »,ci ha detto san Paolo. Se questo èvero riguardo ai grandi peccatori, èancor più vero per i ragazzi, i qualisono più sbadati che cattivi .

* Ai nostri allievi e figli possiamofare i doni più preziosi, ma nessundono potrà essere più grande delperdono cristiano, che come dice lostesso nome, è per-dono ossia è unsuperdono.

La nostra capacità di amare è pro-porzionata alla generosità di perdo-nare. Invece il risentimento, l'astio, il .senso di vendetta, anche se diffusicome una tenue foschia, allontananoil ragazzo, creano una barriera psico-logica e arrestano il processo di for-mazione .

• Il ragazzo si deve sentire nonsolo perdonato, ma anche accettatoed amato più di prima . Dopo il per-dono, accordato con generosità ple-naria, l'educatore deve ripetergli conDante : « Non sbigottir, che vinceremla prova». Accordando il perdono,dobbiamo infondere speranza .• Il perdono degli educatori e dei

genitori deve essere un segno delperdono di Gesù, che dice : « Vi assi-curo che in cielo si fa più festa per unpeccatore che si converte, che pernovantanove giusti che non hannobisogno di conversione » .

Gesù, riferendosi a una peccatricedi classe, disse : « I suoi peccati sonomolti, ma le sono perdonati perché hamostrato un amore riconoscente. In-vece quelli a cui si perdona poco, so-no meno riconoscenti » ..* Quando il ragazzo perdonato si

mostra riconoscente, allora c'è statoun meraviglioso salto di qualità nellasua formazione . Diceva Lacordaireche chi inciampa senza cadere fa ilpasso più lungo . Se il perdono offertogenerosamente ha suscitato ricono-scenza, si può cantare con sant'Ago-stino : « O felix culpa, o felice colpa! »

• Ogni cristiano deve saper per-donare . Gesù, sotto forma di pre-ghiera al Padre, fa formulare a noistessi la nostra condanna : « Rimetti anoi i nostri debiti, come noi li rimet-tiamo ai nostri debitori » . Il che si-gnifica : « Signore, se perdono molto,perdonami molto ; se perdono poco,perdonami poco; se non perdono, tunon perdonarmi affatto » .

Se questo è vero per ciascun cri-stiano, è ancor più vero per i genitorie per gli educatori, i quali non pos-sono formare se non sono capaci diperdonare.

Adolfo L'Arco

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Il come e i perchéd'un Centro Giovanile

A San Cristóbal i salesiani hanno venduto il vecchio collegio e edi-ficato la nuova opera, per servire in forma più moderna la gioventù e

la pastorale della città

J

I1 presidente della Repubblica ve-nezuela si trovava a San Cristó-bal, e come avrebbe potuto man-

care all'inaugurazione della nuovaopera salesiana? Di fatto ci andò piùche volentieri, e vi prese parte con lamassima cordialità, perché lui -doctor Luis Herrera Campíns - è e sisente exallievo di Don Bosco. (Questadegli exallievi che diventano presi-denti delle repubbliche sta diventan-do una bella consuetudine in AmericaLatina, oltre che in Italia : al momen-to anche i presidenti dell'Ecuador edell'Argentina sono exallievi) .Così, con l'incoraggiamento del

presidente e delle autorità locali alcompleto, con la benedizione del ve-scovo e la solidarietà delle comunitàecclesiali, con l'esultanza dei quattrosalesiani e la simpatia interessata deiragazzi, il Centro Giovanile dedicato aDon Bosco è stato inaugurato proprionel giorno della sua festa liturgica, il31 gennaio scorso . Ma alla base del-l'allegria non c'era la facile spensie-ratezza, bensì un'attenta riflessione eun approfondito studio della situa-zione sociale e religiosa, dei suoiproblemi, e delle vie per risolverli . Inpratica i quattro salesiani hanno rile-vato quattro urgenze, e se ne sonofatti carico una ciascuno .Il coraggio di ricominciare . San

Cristóbal è la capitale del Tàchira,uno dei venti stati che formano laFederazione Venezuelana . Sorge inuna comoda valle andina a 65 km dalconfine con la Colombia, a 850 metrisul livello del mare, e quindi gode di

un buon clima . Vanta ormai quattrosecoli di storia (fu fondata nel 1561 daun irrequieto avventuriero spagnolo,Juan de Maldonado, sempre in giro aportare guerra agli indios dal Messicoal Perù e ai paesi limitrofi) . Oggi èuna città moderna con quasi 200 .000abitanti e in continua espansione .Tutto attorno la campagna producein abbondanza tabacco, caffè, cacao,frumento e zucchero. L'industria è insviluppo : lavorazione del legname edel tabacco, pastifici, ecc . E ancoraminiere : solo a scrostare la terra coldito - si fa per dire - spuntano fuorioro, argento, rame, ferro, carbon fos-sile e petrolio . L chiaro che il futuropassa da queste parti . E quindi anchei problemi, soprattutto dei giovani . Eciò spiega perché i quattro salesiani sidiano molto da fare .

Già nel 1914 i figli di Don Boscolavoravano nella città, che alloracontava poco più di 10.000 abitanti ;dal -'26 formarono una comùnità re-golare, con il collegio, l'oratorio, lescuole diurne e serali . Tutto ciò finoal 1973, quando rimase solo più l'o-ratorio, in attesa della nuova svolta . Ela svolta (ci voleva un po' di coraggioa farla) consistette, in questa città checambiava, nel vendere tutto e rico-minciare da capo, per affrontare conla nuova gioventù i problemi nuovi .

Le costruzioni del Centro sono an-cora da completare. Ci sono già inpiedi le sale pluriuso, la chiesa (masolo i muri), la biblioteca, la residenzaper la comunità ; ma diversi dei« moduli » in cui si articola il progetto

globale - come il refettorio, i dor-mitori, gli impianti sportivi - per orasono solo sulla carta . Però la vita in-calza, non sta ad attendere, e biso-gnava cominciare al più presto .

Quattro aree di intervento . In pra-tica il Centro giovanile Don Boscointende essere un servizio pastoralereso alla Chiesa del Tàchira . Un cen-tro di formazione e orientamentogiovanile, che lavora soprattutto at-traverso i gruppi : organizzandone al-cuni, potenziandone e rilanciandonealtri già esistenti . L'obiettivo di fondoè quello stesso della Congregazionesalesiana nella Chiesa : « L'evangeliz-zazione liberatrice dei giovani, ac-compagnandoli fino al conseguimen-to di una mentalità cristiana di fedematura che informi tutta la loro vita,e li spinga a un impegno di servizionella Chiesa, attraverso una sceltavocazionale cristiana . . . » .

L'attività del Centro si realizzerà inquattro vaste aree di intervento : lapastorale giovanile, la catechesi, lapastorale vocazionale, e la pastoraledegli adulti . In più il Centro racco-glierà i diversi rami della Famigliasalesiana, in primo luogo i Coopera-tori e i numerosissimi Exallievi .

Come servizio pastorale da rendereai giovani, il Centro intende essereuna comunità impostata col metodoeducativo di Don Bosco, e orientata

d

VENEZUELA

Il bel monumento a «Don Bosco padre e mae-stro della gioventù», nel giorno di inaugura-zione del Centro Giovanile. Sopra il titolo : ilcoro dei giovani mentre si esibisce nella festa .

∎ BOLLETTINO SALESIANO • 1 ' GIUGNO 1981 ∎ 1 1

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all'evangelizzazione e promozioneumana dei singoli e dei gruppi . Da quiil desiderio di raggiungere il maggiornumero possibile di giovani, perchéattraverso le attività del tempo liberodiventino protagonisti della loro ma-turazione e del loro accresciuto im-pegno sociale come uomini e cristia-ni. Si tratta soprattutto di maturaredei giovani leaders in mezzo agli altri,perché si mettano a capo dei lorocompagni e li aiutino nella scopertadelle proprie capacità e limiti, e nellacostruzione di un progetto di vitacristiano .

Nell'area catechistica il Centro DonBosco intende essere scuola di for-mazione dei catechisti, per prepararlia diventare i realizzatori di un mondonuovo attraverso l'annuncio coscien-te e responsabile del Vangelo. Il gio-vane catechista sarà aiutato ad ac-quistare una coscienza sperimentaledella fede che sia testimonianza di ciòche annuncia, realizzando in sé l'u-nità tra fede e vita . Il catechista dovràanche acquisire tutte le conoscenzenecessarie per meditare e approfon-dire personalmente il messaggio cri-stiano, e per spiegare la parola di Dioagli altri. E lo farà concretamenterealizzando programmi di catechesiper bambini, per la prima comunio-ne, con gli adolescenti, i giovani, gliadulti . . .

Il Centro poi si propone un inter-vento nella pastorale vocazionale,aiutando i giovani a sperimentare everificare concretamente nell'attivitàapostolica il loro eventuale orienta-mento alla vita consacrata e sacer-dotale .

Sono aree di intervento immense, ei quattro salesiani avranno il loro dafare, senza respiro .

La cancellata e l'ingresso . Fra leparti del progetto globale già realiz-zate c'è un bel monumento a DonBosco: il santo, in marmo bianco,sorride al suo allievo prediletto Do-menico Savio e a tutti i ragazzi di SanCristóbal. Fra le parti del progettoche restano da realizzare, c'è anche lacancellata di recinzione dell'interaopera, ma ciò per ora offre il vantag-gio di facilitare l'ingresso dei ragazzinel centro giovanile . . .

I quattro salesiani non sono soli nellavoro : al loro fianco si trovano nu-merosi laici impegnati, soprattuttoexallievi, e i cooperatori ben affiatati .E poi le Figlie di Maria Ausiliatrice, indieci, presenti in città dal 1928 . Lasera del 31 gennaio scorso, all'inau-gurazione, questi amici di Don Boscoc'erano tutti, attorno al suo monu-mento. E all'ombra delle tre bandie-re: quella gialla rossa e blu del Vene-zuela, quella bianca e gialla del Papa,quella bianca e azzurra del centrogiovanile. C'erano le principali auto-rità di San Cristóbal e i personaggiimportanti, ma il protocollo rigorosodelle cerimonie è durato poco . Innonazionale, poi i ragazzi cantavano« Salve Don Bosco santo / giovane dicuore », poi l'orchestrina impose ilsuo porompompòm. Ed è venutofuori il clima di famiglia, l'allegria al-la Don Bosco, perché tutti si sentiva-no in casa loro.

Poi il sole è tramontato (laggiùscompare in fretta), e bisognò la-sciarsi . Le ultime foto frettolose, tan-te strette di mano, abbracci e arrive-derci. A poco a poco i pezzi grossi sene andarono tutti, rimasero solo i ra-gazzi di San Cristóbal . E con loro iquattro salesiani, per ricominciarecon la nuova generazione .

San Cristóbal: l'ispettore padre Odorico presenta il nuovo .Centro giovanile Don Bosco» al Pre-sidente della Repubblica Luis Herrera Campíns, exallievo salesiano.

1 2 ∎ BOLLETTINO SALESIANO ∎ 1 'GIUGNO 1981

MADAGASCAR

primi due missionari salesiani inMadagascar sono giunti nel paeseil 3.2 .1981. Sono don Guido Lem-

ma e don Antonio Gianfelice, dell'I-spettoria Meridionale . La loro desti-nazione è la diocesi di Ambanja nellaparte nord dell'isola, ma dedicheran-no i primi mesi della permanenza allostudio del malgascio, la difficile lin-gua locale .

Il loro arrivo era stato preceduto dauna visita dell'Ispettore don AlfonsoAlfano, e da un'intensa preparazione :avevano frequentato un appositocorso di missiologia africana e com-piuto anche un soggiorno in Francia eBelgio per perfezionare il francese . Il31 gennaio poi, a Taranto, avevanopreso parte con le loro mamme allafesta dell'addio . L'Ispettore aveva let-to i « ricordi » dati da Don Bosco aiprimi missionari salesiani nel lontano1875, e consegnato loro una reliquiadi don Bosco stesso che essi avreb-bero dovuto trapiantare in Madaga-scar per farlo rivivere con la loro at-tività fra i giovani . Il crocefisso mis-sionario poi, lo ricevettero ciascunodalla propria mamma .

Viaggio avventuroso . Il viaggio deidue è stato - come risulta dalle lorocorrispondenze - piuttosto avventu-roso : i telegrammi inviati per temponon erano giunti a destinazione, ec'era nessuno ad attenderli all'aero-porto della capitale Tananarive . Ma«la più perfetta agenzia di viaggi èancora la Provvidenza », assicura donLemma, che all'aeroporto trovò unsacerdote e una suora che aspettava-no altri missionari: il sacerdote eraitaliano, e li accompagnò alla resi-denza dell'arcivescovo, dove eranoriuniti per un incontro tutti i vescovidel paese, e quindi anche il loro . Chefu ben felice di dar loro il benvenuto .Quella sera stessa « per la prima voltaabbiamo concelebrato in francese .Fortuna che il Signore è poliglotta! » .E subito dovettero scontrarsi con ladura realtà sociale del paese : il giornostesso del loro arrivo, ci furono pro-prio a Tananarive scontri tra giovanidimostranti e la polizia : il bilancioufficiale fu di 6 morti e 45 feriti .

L'indomani i due missionari si tra-sferirono nella cittadina di Ambosi-tra, 250 km a sud della capitale, sulfresco altipiano, dove si fermerannosei o sette mesi per lo studio delmalgascio (che col francese è linguaufficiale). Ora stanno conducendo vi-ta conventuale, «passando dallascuola-convento al convento-casa» .La scuola, « un laboratorio linguisticoattrezzatissimo con cuffie e prese diregistrazione e diapositive sonorizza-

I te per tutti », è diretta da una suora, e

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«Balbettiamo come i neonati»dicono i missionari

I primi due salesiani sono giunti in Madagascar nello scorso feb-braio, e ora stanno imparando la difficile lingua del paese . Ecco le

loro prime impressioni

si trova nel convento delle Benedet-tine ; la loro residenza è invece nell'i-stituto dei padri Gesuiti . Gli allievisono 12, tutti missionari, di cui 6 ita-liani .

Trovano la lingua piuttosto diffici-le : « Dà tanto l'impressione di fare leparole incrociate. Voi pensate alladefinizione "l'occhio del giorno", escrivere sole . Ebbene sole in malga-scio si scrive masoandro, che significaappunto occhi-giorno. . . Altre diffi-coltà sopravvengono perché in unastessa parola si affastellano il prefisso+ la radice + un infisso + un suf-fisso, e magari + il possessivo . In-somma, stiamo balbettando come sefossimo appena nati » .

Ragni, pulci e politica . Tra le no-vità della vita quotidiana i grossi ra-gni: « Quando mi assegnarono la miacameretta, aprii la finestra e vidi chec'erano a distanza ravvicinata dueragni dal corpo grosso come una no-ce. Mi ripromisi di sbarazzarmi di lo-ro e delle loro tele al più presto, manon potei farlo perché non avevo unascopa a portata di mano . E è statauna vera fortuna, perché ho avutomodo di scoprire che essi funzionanoda eccellente zanzariera. Alla sera,quando tengo la finestra aperta per ilcaldo e la luce accesa per vederci, cirendiamo un favore reciproco : io conla luce attiro gli insetti, e loro li ac-chiappano » .

Più difficile andare d'accordo conaltre bestiole, abbondantissime daquelle parti : le pulci . « Qui la pulce èl'animale domestico più amico del-l'uomo, e più progredito anche dalpunto di vista religioso : professa unecumenismo unico al mondo . Si trovain tutte le chiese, sia cattoliche cheprotestanti, e non fa distinzione » .

Oltre alle lingue e alle consuetudinidegli insetti, i due missionari cercanoanche di capire la situazione del pae-se, che appare per niente incorag-giante : « Il Madagascar è un classicopaese del Terzo Mondo: ex coloniafrancese, liberatasi dal colonialismo,che ora ha cominciato faticosamentea camminare con le proprie gambee . . . a piedi nudi ». L'economia è pre-

valentemente agricola, le importazio-ni sono ridotte al minimo, le industriesono tutte piccole e anziché svilup-parsi sembra stiano chiudendo . I di-soccupati aumentano, il malcoltentoin proporzione .

Di qui i disordini . « Nella capitaleregna un clima di paura, c'è sempre ilrischio di venire coinvolti in qualchesommossa, di venire derubati dallebande di giovani nulla-facenti e per-ciò nulla-tenenti. I consigli datici so-no : "Non girate con borse, borselli,soldi . Non uscite dopo le 17 perchéc'è il coprifuoco", e così via. Qui siparla di imminente rovesciamentodel potere politico attuale, ma si diceanche che, una volta avvenuto, lamusica non dovrebbe cambiare» .Prevede don Gianfelice : « I prossimianni non saranno certo facili per noi,come per tutto il paese, che si appre-sta a vivere - come ci dicono gli altrimissionari - una crisi economica epolitica difficile da superare » .

E dire che la popolazione è moltobuona: « L'indole del malgascio è pa-cifica, la gente è portata al sorriso, èriservata ma sensibile e gentile .

Un paese di ragazzi . Al termine delcorso, don Lemma e don Gianfelice

dovrebbero trasferirsi nella loro dio-cesi di destinazione, al nord del pae-se, a una trentina di km dall'Oceano .La diocesi di Ambanja è vasta duevolte il Lazio e conta 420 .000 abitanti,di cui solo 25 .000 - pari al 6% - sonocattolici. Ma abbracciano volentieri ilVangelo. Il vescovo, il cappuccinomons. Ferdinand Botsy, intende affi-dare ai figli di Don Bosco la località diBemaneviky al centro di un distrettomissionario che conta 28 villaggi, dicui 16 con cappella . Si legge in unarelazione : « E gente che vive povera-mente, dedita all'agricoltura (coltiva-zioni di riso, caffè, cacao). Le abita-zioni sono modeste capanne, le stradenon sono asfaltate e in pessime con-dizioni. E ancora presente la lebbra .Stupisce la semplicità della gente, ilsenso dell'ospitalità, la bontà » .Un altro dato impressiona i due

missionari : il Madagascar è un paesedi ragazzi e bambini . Secondo unarecente statistica, su poco meno di 9milioni di abitanti, 3 .998.000 (cioè il45,2%) sono dai 14 anni in giù . « Que-sto dice qualcosa per noi salesiani,non vi pare? », osserva don Lemmanella sua ultima corrispondenza daAmbositra .

ii/

Ragazzi di Bemaneviky, e tra loro - con occhiali e cappello - il loro vescovo mons. FerdinandBotsy . Bemaneviky è la località che il vescovo intende affidare ai missionari salesiani .

∎ BOLLETTINO SALESIANO ∎ 1 - GIUGNO 1981 ∎ 1 3

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RAGAZZ I D'OGGI

I miei amicidel carnevale di Viareggio

Singolari impressioni di viaggio in treno d'una suora che rimandò lapartenza al mercoledì delle ceneri, per non viaggiare in mezzo ai

coriandoli del martedì grasso

D ovevo viaggiare da Oneglia aRoma, era lo scorso martedìgrasso, e non volli partire

perché il serpentone del treno avreb-be costeggiato Viareggio . Viareggio èproprio nell'occhio del carnevale, l'e-suberanza della gioventù mi avrebbefrastornata. E poi una suora in mezzoai coriandoli . . . Partii il mercoledì del-le ceneri .

Giovani dalla faccia pulita . Nel mioscompartimento c'erano già quattroragazzi: « Suora, le mettiamo noi lavaligia nel portabagagli » . Mentreerano in piedi domandai con un sor-riso: « Posso scegliermi il posto . . . emagari il migliore »? « Certo, suora,con piacere» .

Erano giovani dalla faccia pulita,aperta, gioviale. « Siete studenti »?Risposero : « No, siamo operai. Stia-mo accompagnando questo (indica-rono uno) che va militare a Viterbo » .Erano saliti a San Remo . Dissero an-cora : « Bene, suora, lei adesso ci cu-stodisce i bagagli, per favore? Noiandiamo al vagone di coda, quelloper Firenze. Là c'è la sua ragazza cheva a Firenze » . Era la ragazza delneo-soldato. « Sì sì, volentieri - ri-sposi -, andate andate » . Feci la cu-stode: posti, bagagli, cappotti . . .A Genova Principe tornarono e

consumarono bistecche larghe comeun piatto. Poi sparirono di nuovo, e iofeci una pausa di preghiera .

La sofferenza? Non fa problema. AGenova Brignole si affacciò alloscompartimento un altro giovane :« Posso, suora? » « Venga, un posto li-bero c'è ». Intanto pensavo: ma guar-da che giovanotto rispettoso . E direche avevo paura della gioventù . . .Io pregavo e il giovane taceva .

Quando vide che posavo sul tavoli-netto il mio rosario, mi si rivolse conun sorriso : « Sa, sorella, io sono deiMinori » . Esclamai : « Mi fa piacere . Iovoglio molto bene a san Francescod'Assisi. Allora, lei non ha pensato alcarnevale, tanto meno a quello diViareggio . . . Lei, pensa a Dio » . « Iosono di Dio » .Meravigliata di una confessione

tanto bella, domandai : « Va ad Assi-si? » « Ora no, sono probando . Andròlà a fare il noviziato. E poi, io non14 ∎ BOLLETTINO SALESIANO ∎ 1°GIUGNO 1981 ∎

avrei voluto, ma "loro" vogliono checontinui gli studi, che faccia l'univer-sità » . Dissi : « Allora dovrà prepararsiall'impatto con l'università . Pensoche dovrà soffrire» . Rispose : «Guar-di, suora, questo per me non fa pro-blema, perché la sofferenza l'ho giàmessa nel conto » .

Ecco un'altra lezione che mi dava ilSignore. Quel giovane poteva averevent'anni, ed era arrivato al contoperfetto, alla Croce. Rividi di colpoun Crocifisso di san Damiano, quelfamoso Crocifisso che ci guarda in tremaniere diverse : uno sguardo trafit-to; poi ti sposti e vedi lo sguardodell'accettazione piena della soffe-renza, della volontà di Dio sacrifica-tore; poi ti sposti ancora e lo vedi cheti guarda nella pace suprema, in se-renità - però non come un morto,ma come un vivo - e quella serenitàè di paradiso .Tacemmo un poco. Aveva tratto

dalla tasca un piccolo rosario e losgranava lentamente . Mi sarei ingi-nocchiata lì, in quello scomparti-mento, a dire grazie a Dio, e anchealla sconosciuta madre di quel ra-gazzo, che mi riconciliava con la gio-ventù della civiltà del benessere .

Cinque brutti ceffi. A La Spezia ilmio amico di un'ora scese . Erano in-tanto saliti nelle diverse stazioni dellitorale parecchi soldatini in divisa :anche loro tornavano dalla licenzadel carnevale? I «mici» quattro diSan Remo vennero a ritirare i loroaffari: « Grazie, suora, noi andiamo inun'altra carrozza » .A Pisa si precipitarono nel mio

scompartimento (ero rimasta sola),cinque brutti ceffi (Dio mi perdoni),uno con un barbone come quello delconte di Montecristo quando evase ;uno spilungone sembrava Fra Diavo-lo. Erano tutti sporchi, mal vestiti estralunati. Chiusero con un colposecco la portiera, si gettarono sui se-dili. « È già passato il controllore? »,domandarono . Risposi di sì : era pas-sato molto tempo prima, e certo orane sarebbe passato un altro . «Ahi,esclamò il barbone, la va male » .Chiesi se non avessero fatto in tempoa prendere il biglietto. Uno risposeper tutti : « Non abbiamo biglietto,

non abbiamo un soldo e ci hanno giàbuttati giù da un altro treno» .

Continuò sullo stesso tono neutro :«Abbiamo passato tutta la notte aViareggio, a ballare » . Io : « E come sifa adesso? » Alzarono le spalle. Dissi :«Ebbene, se vi buttano giù un'altravolta, avrete già fatto un altro trattodi strada, e così da treno a treno » . . .Loro : « Eh, dice bene, ma noi è duegiorni che non mangiamo» . Io :« Questo è grave. Ad ogni modo, sepassa il controllore, state zitti . Parleròio». Facevo mentalmente il conto :sono cinque, da Pisa a Roma. Avrò diche? Ed ecco il controllore apre laportiera : « Signori, visto il biglietto »?Sfoderai un sorriso d'occasione e ri-sposi: «Sissignore, grazie, buongior-no » . L'uomo, cortese, rispose :«Buongiorno » e se ne andò . I « miei »giovani, rimasti a fiato sospeso, tor-narono a respirare liberamente : « Oh,suora, grazie » .

Qui un moralista troverà da dire .Avevo anch'io un certo fru-fru dentro .Però dissi : « Bene, ragazzi, adessomettiamo le cose in chiaro : io di bu-gie non ne ho dette ; il mio biglietto èstato vistato. In quanto a voi, non eroin dovere di far sapere al controllore ifatti vostri . Non sono una delatrice .Caso mai, sono stata prudente comeil serpente con l'aria semplice dellacolomba, e queste parole sono nelVangelo » . I cinque non s'erano maitrovati tanto d'accordo col Vangelo .Per esempio un uovo . Ma i cinque

avevano anche fame, e non avevanosigarette ; uno si consolava mordic-chiando un zolfanello. Dissi : « Hoancora due o tre cosette, e ho giàmangiato. Per esempio un uovo» .Trassi dal sacchetto un uovo sodo : lodivorarono, un boccone ciascuno .Avevo un'arancia : sparì. Un sacchet-to di grissini intatto : se lo divisero .Uno assaporava lentamente un gris-sino alla volta, e pareva che fumasseun bastoncino cinese ; un altro faceva

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come fa il coniglio : morsettini sveltisvelti . In un niente non ci fu più che ilsacchetto abbandonato .Forse per trovare un argomento

adatto a me, uno si domandò : « Chedifferenza c'è tra un prete e un fra-te?» Dovevo rispondere? Spiegai,parlai perfino di clausura . Qui si spa-ventarono : «Non escono mai, mai?Ma non è possibile! » Uno disse per-sino che è orribile . Ma io : « Se è pos-sibile agli ergastolani che hanno fattodel male . . . I monaci hanno una cella,un chiostro, del terreno da arare, unachiesa generalmente molto bella, poiun cimiterino per andare a riposarequando chiudono gli occhi quaggiù,aspettando il dopo » .

Quel dopo non li toccò. Uno do-mandò : «Ma davvero c'è della genteche vive così? Io questo proprio nonlo capisco » . « Eh, sì, lo so : è diversoballare tutta la notte e invece levarsida un saccone nel cuor della notte percantare le lodi del Signore » .Una volta, Don Bosco. Avevano un

grosso apparecchio radio, la lorounica ricchezza . Dall'apparecchio fa-cevano uscire le solite canzoni delleradio libere, le canticchiavano . . . Neavevo nausea, mi facevano pena .

Tacque la radio . Tacquero loro . Ri-cominciai a parlare : « Per esempio iosono una religiosa, non una monaca ;

sono suora di Don Bosco » . Uno disse :« Don Bosco l'ho già sentito nomina-re». Mi buttai a pesce, mi sentivo acasa mia. Quelli divennero attenticome serpenti incantati .« Don Bosco era un prete che

quando s'imbatteva, per esempio, ingiovani che portavano in fronte il se-gno della loro depravazione, non po-teva fare a meno di aiutarli. Dicevaloro: "Figlioli, fra non molto, se an-date di questo passo, diventerete for-se ladri, assassini. E con che pro-spettiva? Con quella della galera opeggio del patibolo (allora in Italia

c'era la pena di morte). E io sono quiche desidero salvarvi dalla giustiziaumana e da quella divina" . Egli in-fatti andava anche nelle prigioni, ve-deva dei giovani, quasi ancora ragaz-zi, espiare le colpe d'una precoce de-pravazione, e diceva : "Questo è l'ob-brobrio della patria, il disonore dellafamiglia, l'infamia di se stessi . . ."»(Citavo a orecchio, ma ora sono an-data a pescare le parole vere di DonBosco) .

Notai che le parole patria, famiglia,infamia, non li disturbavano affatto .Mi sembrava che venissero da unpianeta sconosciuto. Il «pianeta Ter-ra» non li interessava : erano apolitici,amorali, falene . Parlammo di guerra :

la seconda mondiale per loro erapreistoria ; Oswiecvm, il campo disterminio, una sorpresa : mai sentitonominare. Che Reagan avesse sosti-tuito Carter, una novità ; il terremoto,un'idea astratta . . .« Una volta Don Bosco - ricomin-

ciai e tornarono attenti - andava perla sua strada tra Capriglio e Butti-gliera, in Piemonte . Era tardi, facevaquasi buio, e la strada costeggiava unbosco. Vide cammin facendo un gio-vane seduto su una ripa, e quando glifu vicino, quel giovane che, portava ilcappello calato sugli occhi, lo af-frontò : "O i soldi o la vita". E tiròfuori un coltellaccio . Ma Don Boscolo riconobbe : era il figlio infelice diuno dei proprietari dei dintorni. DonBosco l'aveva incontrato in prigione aTorino, e aveva fatto di tutto presso ilProcuratore del Re per farlo uscire .Lui aveva fatto mille promesse . . .

« Gli disse Don Bosco: "Come, tuAntonio fai questo brutto mestiere?Non mi avevi promesso di non rubarepiù?" . L'altro, avvilito, tentò giustifi-carsi : "Ma io non l'avevo riconosciu-ta. Se avessi saputo che era lei, non le

avrei mai fatto questo affronto" . DonBosco: "Non basta ; non devi far af-fronto a nessuno" . E parlò a lungo,seduto con Antonio sulla ripa . PoiAntonio volle confessarsi e tornò acasa sua. Ma Don Bosco non lo ab-bandonò, gli cercò un lavoro, lo seguìsempre . Divenne un uomo onesto, unbuon padre di famiglia . . .»I miei giovani avevano lo sguardo

perduto nel vuoto .Il morto cominciò a gemere . « Don

Bosco - ripresi - andava pure adassistere i condannati a morte, anchese ciò lo faceva soffrire terribilmente .Una volta accompagnò un condan-nato e rimase là, al Rondò della forcafinché l'impiccato non venne toltodalla trave, e creduto morto fu por-tato nella chiesa di San Pietro inVincoli, dove si seppellivano i giusti-ziati. Ma quel tale non era morto .Cominciò a gemere, si alzò a sederenella bara, e chiamava Don Bosco . Ilquale accorse, gli parlò da amico, locondusse alla contrizione perfetta(qui dovetti spiegare che cos'è lacontrizione perfetta), poi gli diedel'assoluzione e gli chiuse gli occhi.Era vissuto due ore ancora, ma avevadue vertebre spezzate e così moriva » .1 cinque avevano dimenticato la

radio, mandavano giù la saliva, quel« morto » risultava più orribile che imonaci chiusi nelle loro trappe.Se fossi come Don Bosco . Erava-

mo ormai a Civitavecchia, e sapevoche i miei amici non si sarebberofermati a Roma. Altre ore di trenosenza biglietto . E altre ore di fame.Arrivammo a Roma . Presi in mano

il portamonete e dissi : «Sentite, ra-gazzi, fate conto che io sia la vostramamma. Andate a comperarvi unpanino ciascuno». E sfilai nella miapovertà un biglietto da diecimila . Quisaltò fuori il cavaliere : « Ah, no suora,no. Lei ha già fatto troppo per noi . Cioffenderemmo! » Non osai insistere.Le ultime persone al mondo che avreivoluto offendere erano proprio i mieiamici del carnevale di Viareggio .

Ed eccoli prendere i miei bagagli escendere . Li portavano con fierezza eil barbone mi faceva la guardia delcorpo, come un corazziere . . . Finchénon ci lasciammo .

Attraversando Roma pensavo :perché non sono io un altro Don Bo-sco? Avrei potuto accompagnarli inuna trattoria, sfamarli, poi comperarei biglietti del treno e partire con loroverso la loro inutile destinazione .Avrei potuto . . . confessarli .lo che avevo paura d'incontrarmi

con la gioventù odierna, con la gio-ventù del carnevale, ora rimpiangevodi non poter stare più a lungo conloro . . .

Suor Domenica Grassiano

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INDIA * LE SCOLARETTE INTERVISTANO

Padre Schlooz è felicein mezzo ai «fuori casta»

Dall'Italia una maestra, con alcune ragazze e il parroco, ha visitatopadre Schlooz a Polur, nel suo nuovo campo di attività . E gli ha ri-volto le quattro domande dell'intervista preparate dalla sua scolare-sca. Ne è scaturito un quadro contrastato dove si impastano idrammi di esistenze precarie e la gioia di spendersi senza riserve

J eri e ier l'altro - riferisce lamaestra Paola Mesini da Paullo(Modena) - abbiamo visitato un

villaggio vicino a Polur, accompa-gnati da padre Schlooz . Il villaggio èun insieme di capanne tenute pulite eordinate ; i bambini ci vengono in-contro sorridenti, felici di accoglieredei forestieri . Don Antonio, il nostroparroco, tira fuori dalla borsa i pal-loncini colorati e tutti i bambini gli siprecipitano attorno facendo festa .Nella loro innocenza sono vestiti d'a-ria, e non si può dire che siano pro-prio puliti . Ma come potrebbero es-serlo? Da quasi un anno non piove,manca l'acqua. Diversi bambini han-no gli occhi che lacrimano, stentanoad aprirli. Congiuntivite .«Assistiamo a una cosa meravi-

gliosa : la messa celebrata al lumedella lampada a petrolio. Dapprimapadre Schlooz confessa, e bisognavedere il bel confessionale con lagrata: è una brandina messa su ver-ticale . Poi bambini, uomini, donne,tutti siedono per terra con le gambeincrociate, intorno al tavolino cheserve da altare. E rispondono al sa-cerdote, e cantano, con una fede evi-dente, che ci commuove .«Sulla strada del ritorno padre

Schlooz mi domanda : "Lei crede,giudicando dall'apparenza, che que-sta gente tanto povera sia infelice?"No, devo ammetterlo. Non mi hannodato l'impressione di essere degli in-felici . Mi sembrano contenti di quelpoco che possiedono . Padre Schloozne conviene : "E la stessa impressioneche si provava nel lebbrosario diMadras : tutti i visitatori se ne anda-vano persuasi di aver incontratogente contenta". Non posso fare ameno di dirlo alle nostre ragazze : "Iocredo che qui i bambini sono più fe-lici di voi, bambine italiane, che pos-sedete tanti giochi e ne volete sempredei nuovi, che sciupate tante cose enon vi accontentate mai . . ." » .Volevo andare in Cina . La comitiva

rientra a Polur, e l'indomani ha luogol'intervista . Padre Schlooz risponde, il

16 ∎ BOLLETTINO SALESIANO ∎ 1 °GIUGNO 1981

magnetofono registra, la scolarescadella maestra Paola a suo tempoascolterà e mediterà .Prima domanda . Padre Schlooz co-

me ha incontrato Gesù Cristo?Risposta. Per me è facilissimo dirlo :

ho incontrato Gesù Cristo per mezzodella mia buona mamma, di miopapà. I miei genitori mi hanno sem-pre mostrato la strada, ho conosciutoGesù Cristo guardando a loro. Sonodi una famiglia numerosa : 11 figli .Non abbiamo avuto da scialare, incasa; eppure c'è sempre stato postoper Gesù Cristo tra noi . Il babbo do-veva lavorare molto, ma ogni giornoandava alla messa alle cinque delmattino. Cose che non si vedono piùin Europa, forse . . . Così ho incontratoCristo : guardando ai miei genitori,seguendo il loro esempio .Seconda domanda . Che cosa l'ha

spinta a venire in India?Risposta . Devo dire che mi hanno

proprio spinto a venire in India : iopensavo alla Cina. Un mio zio eramissionario in Cina già da vent'anni,e un mio fratello da cinque o sei .Quando i Superiori mi chiesero dove

preferivo andare, dissi subito Cina .Ma poi - ricordo, avevo 22 anni edero novizio a Villa Moglia vicino aChieri - quando ci lessero le « obbe-dienze » come le chiamavamo allora,al mio nome era unita la parola Ma-dras. Dove sarà mai stata Madras? InAmerica? In Africa? Corsi subito aprendere l'atlante per vedere in cheparte del mondo si trovava, e imparaicon mia sorpresa che era in India . . .

La gioia di fare il bene . Terza do-manda. Il Signore che cosa le ha dato,in tanti anni di vita missionaria inIndia?Risposta . II Signore mi ha dato

molta gioia, una grande gioia . Essanasce dal mio lavoro tra i veramentepoveri, tra quelli che sono disprezzatinel mondo, dal mondo . Avete visto lasituazione della mia gente, di questi« fuori casta » . Il Signore mi ha datola fortuna di vivere con loro, di farconoscere loro Gesù Cristo . Farlo co-noscere ai lebbrosi e ai sani, farloamare da loro, è per me una grandegioia .

Certo anche in missione si hannodifficoltà, come anche voi piccoliavete le vostre piccole difficoltà . Sedomandate ai vostri genitori, an-ch'essi lo ammetteranno: anche noiabbiamo dei problemi . L'ultima voltache sono stato a Roma, il parroco delSacro Cuore ogni tanto mi chiamava :« Don Francesco, venga qui, dica dueparole a questo gruppo di personeche sta pregando» ; e io le dicevo,raccontavo il mio lavoro in India ecc .Poi tornavo in sacrestia e tanti di queifedeli venivano a portarmi qualcheofferta ; sapeste quante volte mi han-no detto : « Don Francesco preghi perme, ho tanti problemi » . Vedete? Diproblemi ne hanno tutti, anche imissionari, anch'io. Ma nonostante

Padre Schlooz : «Mi tocca fare il medico, e quando visito i villaggi porto sempre con me una borsadi medicine. Per fortuna che quand'ero boy scout ho imparato il pronto soccorso!» .

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questo io mi sento felice, e vi spiego ilperché .

Pochi giorni fa è venuto qui in vi-sita un gruppo dalla Germania, e an-che loro avevano tante domande dafare. Mi hanno domandato : « Che co-sa è venuto a fare lei in India? » Horisposto: « Sono venuto a fare quelche faceva Gesù Cristo . Che cosa silegge nel Vangelo? Che Gesù passavain mezzo alla gente facendo del bene .È proprio quel che è dato di fare an-che a me qui: noi missionari cerchia-mo di fare del bene a tutti quelli cheavviciniamo .

Ieri coloro che sono venuti con menel villaggio hanno potuto vedere :portavo una borsa piena di medicine,mi consideravano un dottore (fortunache quando ero boy scout avevo fattoil corso di pronto soccorso!) . E pote-vo dire a tanti una buona parola, si-curo che la accoglievano volentieri .La gente sa che il sacerdote, e tuttiquelli che si presentano nel nome diCristo, vengono a fare del bene. Sa-peste quanta gioia si prova in tuttoquesto!

Il lebbroso più miserabile . Quartadomanda . Questi anni che ha tra-scorso in India sono stati importantiper lei, sotto il punto di vista spiri-tuale?

Risposta . Certo. Prima di tutto hopotuto constatare che sono una per-sona fortunata. Tanto fortunata . Lagente qui, ma anche in molte altreparti del mondo, vive in capanne po-vere, i ragazzi non hanno diverti-menti qua attorno, non hanno televi-sione né radio. Qui arriva la luceelettrica ma tante volte viene a man-care; nel villaggio che abbiamo visi-tato c'era una sola casa con la luce . . .Se io fossi nato in un posto così, nonavrei certo potuto diventare sacerdo-te. Dunque devo ringraziare il Signo-re che mi ha messo in condizione diesserlo .

Devo ringraziarlo ancor più per ibravi genitori che mi ha dato, per lachiesa vicina a casa mia che ho po-tuto frequentare, per i compagnibuoni che ho incontrato, per i bravimaestri che mi hanno guidato e aiu-tato. Vedete quanti doni ho ricevutonella vita. E tutti questi doni li hocompresi bene soltanto qui, in questianni trascorsi in mezzo a gente piùpovera e meno fortunata di me .

Poi questi anni sono stati spiritual-mente importanti, perché - comedicevo - mi hanno consentito di faredel bene : con i doni ricevuti dal Si-gnore ho potuto aiutare tanti altri chesi trovavano nel bisogno .Due o tre anni fa venne nel leb-

brosario di Vvasarpadi un giornalista .Visitò tutto, parlò a lungo, prese moltiappunti. Poi volle parlare col lebbro-

DRAMMI E PROGETTIA POLUR

« Polur, dove Dio mi ha mandato atrascorrere i pochi anni di vita cheancora mi rimangono. . . » PadreSchlooz è giunto qui il 23 .5 .1980 : quelgiorno compiva 68 anni . La gente fecefesta al suo parroco nuovo (ma . . .vecchio) . Corona di fiori al collo, tam-buri, discorsi, e i ragazzini curiosi cheschizzavano da tutte le parti . E poil'impatto con la dura realtà. « Duegiorni dopo il mio arrivo - ha rac-contato - un maestro della nostrascuola si è ritirato . Aveva compiuto 58anni, e andava in pensione per rag-giunti limiti di età . lo invece, con i miei68, cominciavo un lavoro nuovo » .

Polur è un povero centro agricolopopolato anche da gente «fuori ca-sta », cioè del più basso livello sociale,e circondato da villaggi ancora piùpoveri . I salesiani vi lavorano da 50anni: oggi sono in due (c'è anche unmissionario spagnolo), e mandanoavanti parrocchia, oratorio, scuolamedia, dispensario e opere sociali .C'è anche una bella comunità di dieciFiglie di Maria Ausiliatrice, quasi tutteindiane, con orfanotrofio, oratorio,un'infinità di scuole e di iniziative .La tragedia di questa terra è la sic-

cità . « È da un anno che non piove »,lamentava nel gennaio scorso padreSchlooz, e spiegava le conseguenze .Qui i villaggi sono divisi in due sezioni :il settore per la gente delle caste (chesono state abolite per legge, machissà quando scompariranno davve-ro), e l'altro settore per i fuori casta (acui appartengono in maggioranza icristiani) . I più poveri lavorano per lopiù come braccianti agricoli a giorna-ta, guadagnando tre rupie se uomini edue se donne, cioè meno di 600 o 400lire al giorno. Con questo salario nonarrivano a comperare un metro distoffa ordinaria, o un litro di benzina .Ma possono guadagnare solo quandolavorano . E se non piove, nei campinon c'è lavoro per nessuno . La man-canza di lavoro significa anche man-canza di cibo . A meno che la famiglianon chieda un prestito ai possidenti,con tutte le conseguenze che ne de-rivano . Per un prestito anche solo dimille rupie, la famiglia rimane vinco-lata al padrone, costretta a lavorare

so che secondo me fosse il più mise-rabile di tutti . Glielo presentai : eracieco, aveva un naso orribile, nonaveva più dita alle mani né ai piedi . Ilgiornalista gli fece un sacco di do-mande, e alla fine rimase perplesso .Non riusciva a capacitarsi che un ru-dere simile, tanto maltrattato dallavita, quattro anni fa avesse potutoconvertirsi e diventare cristiano . Glidomandò ancora : «Ma tu, che cosapensi di Dio? » E il lebbroso, col voltoteso verso di lui come se lo vedesse,

Bambina di Polur .

magari per un anno. È il cosiddetto« bonded labour », il lavoro in catene,contro cui il governo locale combattema con pochi risultati .«Vedo la salvezza soltanto in un

minimo di educazione - dice padreSchlooz che sta organizzando nei vil-laggi le scuole serali - . Dobbiamoattrarli con qualche boccone di cibo,pagare i libri, i quaderni e il maestro .Dovremo costruire nei villaggi anchela capanna in cui possano riunirsi . . .Vogliamo occuparci anche delle don-ne dei villaggi : pensiamo di far venirequi al centro due donne in gamba perciascun villaggio, perché frequentinoun corso di due o tre mesi ; tornando,insegneranno alle altre mamme lenorme essenziali sull'igiene, l'alimen-tazione, ecc . che hanno imparato» .

È brava gente, questa di Polur, cfremerita di essere aiutata . « La nostramissione - dice ancora padreSchlooz - ha un piccolo campo aquattro km dal centro abitato . Ungiorno ho fatto sapere che ci sarebbestato un po' di lavoro in quel campo, eil giorno seguente mi sono spaventatonel trovarvi radunati alle sei del matti-no 276 donne e 40 uomini pronti a la-vorare. Chi oserebbe dire che sonopigri e rassegnati? È gente che fareb-be dire di nuovo a nostro Signore,come quand'era in Palestina : "Hocompassione di queste turbe" . »

O

cominciò a rispondere : « Sir, il Dio dicui lei parla, io non lo posso vederené toccare; non so che cosa pensar-ne » . E intanto muoveva a tentoni unamano, cercando me. Quando mi ebberaggiunto, aggiunse tenendomi stret-to: « Ma questo Dio qui, io lo vedo, iolo tocco, e non ho più nessuna diffi-coltà, nessuna preoccupazione » .Voi mi domandate se questi 45 anni

che ho passato in India sono statispiritualmente importanti per me .Francamente sì, e molto .

∎ BOLLETTINO SALESIANO • 1 0 GIUGNO 1981 ∎ 17

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Don Pietro Ceresa, responsabile del . Centro di Documentazione Mariana » realizzato in due anni, dice :«Qui c'è la documentazione della presenza della Madonna nella devozione e nella vita del popolo» .

Q uesto centro - spiega don PietroCeresa - contiene la documen-tazione dell'amore e devozione

del popolo alla Madonna » . Il nome veroe completo della singolare mostra èCentro di Documentazione Storica e Po-polare Mariana . Perché lo chiama Cen-tro? « Perché è a portata di mano : tuttipossono venire, vedere, controllare, e . . .mandare materiale » .E perché documentazione storico-

popolare? « Perché non si tratta di ri-cerche teologiche ; nostro scopo è solodi documentare la devozione del nostropopolo alla Madonna nella sua fasestorica, cioè come questa devozione si èmanifestata nel corso dei secoli fino aoggi, e nella sua parte attuale, come èvissuta oggi dal popolo di Dio » .

Entrando dalla portineria nel primoampio cortile di Valdocco, si trova su-bito lì a sinistra la porta del Centro, nelgrande edificio della basilica : una por-ticina che conduce in basso, diretta-

L'ingresso: sulla destra una tela ottocentesca di scuola bolognese, conl'Arcangelo dell'Annunciazione ; e poi quadri, stendardi, foto, ex voto . . .

mente sotto il pavimento del tempio, inuna lunga serie di corridoi e di salespaziose dove tutto il materiale si al-linea in bell'ordine per la curiosità deicuriosi, l'erudizione dei dotti, l'affettodei fedeli .Don Ceresa accompagna a visitare

anche la sala di consultazione, affollatadi libri a contenuto storico, geografico,teologico, omiletico, ascetico, artistico,ma tutti incentrati sulla figura dellaMadonna. Libri su santuari, chiese,cattedrali, cappelle, arciconfraternite,compagnie religiose, feste liturgiche epopolari, tradizioni locali . . . « Se uno -spiega don Ceresa - volesse documen-tarsi in modo serio sulle più importantimanifestazioni della devozione a Mariain una determinata zona d'Italia o delmondo, può venire qui e trova il mate-riale già pronto, già raccolto e lavorabi-le » .Ma non è tutto, spiega ancora don

Ceresa: «C'è poi tutta la cornice attor-

TORINOTORINO VALDOCCO

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jM A. Documentatol'amore

del popoloalla Madonna.

Don Pietro Ceresa, da anni appas-sionato raccoglitore di materialemariano, ha organizzato sotto labasilica di Maria Ausiliatrice un«Centro di documentazione stori-ca e popolare mariana » che merita

di essere visitato

no: la raccolta di francobolli mariani,delle monete e medaglie, la raccoltadelle opere d'arte (tra l'altro un Salva-dor Dali) del folclore, perfino delle . . .bestemmie . Sì, certe espressioni sonodelle vere bestemmie contro la Madon-na, e anche questo è un aspetto che sipuò documentare » .

A caricare tutto il materiale raccoltosu una bilancia, quanto peserebbe?« Quando l'ho trasportato da Bolognafin qui a Valdocco, erano 110 quintali .Ma ora a Torino si è aggiunto moltissi-mo altro materiale, perché tanta gente èvenuta a portarne . Se vogliamo parlaredi quintali, il materiale ormai raggiungei 150 quintali . . . » .Viene da Bologna, dunque, questo

centro? « Sì, avevo curato il centro aBologna per 24 anni. Ho cominciato araccoglierlo e ordinarlo a tempo perso,la sera dopo cena, nelle giornate libere .Due anni fa sono stato invitato a tra-

(continua a p. 31)

L'esposizione dei francobolli mariani, delle monete e delle medaglie conl'effigie della Madonna, provenienti dalle più diverse parti del mondo .

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A sinistra, l'altare con la «Madonna del giorno» : ogni giorno in qualcheparte del mondo si celebra una festa mariana, e qui viene esposta la sua

)ori Ceresa nella sala di consultazione . Vi si trovano volumi sui santuari, lageografia mariana, vite della Madonna, storia della devozione mariana ecc .

Veduta d'insieme di una sala dei Centro . Sulla parete di fondo è collocato il quadro dell'Immacolata cheera stato commissionato da Don Bosco al pittore Rollini e datato 1882.

effigie . Ai centro, quadro del pittore Giorgio Rocca : la Madonna protegge unbambino vietnamita . A destra « Maria Bambina » : cera dei 1700.

Uno dei pezzi più belli del Centro di Documentazione Mariana : una statuavestita» della Madonna, risalente alla seconda metà del 1600.

Mamme, papà, ragazzi visitano volentieri il Centro,e riportano un'impressione grata e duratura. a

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IN SENEGAL 95 ANNI DOPO

Un sogno di Don Boscodiventa realtà

Dall'anno scorso otto salesiani spagnoli hanno preso in Senegal laresponsabilità di due parrocchie, con relative scuole professionali e .centri giovanili . E nel cuore della foresta li attende un territorio di

missione ancora tutto da dissodare

Strana Congregazione quella sa-lesiana, se il superiore un belgiorno raduna il suo Capitolo -

le massime autorità - per raccontareun sogno. La riunione si tenne la seradel 2 luglio 1885, e il segretario delCapitolo don Giovanni Battista Le-moyne si affrettò a trascrivere le pa-role di Don Bosco .

« Mi parve di essere innanzi a unamontagna elevatissima, sulla cui ci-ma stava un angelo splendente perluce, sicché illuminava le contradepiù remote . . . » . E con la spada sol-levata in alto, l'angelo chiamava i figlidi Don Bosco « a combattere la bat-taglia del Signore e a radunare i po-poli nei suoi granai» . Poi Don Boscofu coinvolto in un viaggio fantastico :«Mi sembrava di essere sollevato aun'altezza sterminata, come sopra lenuvole, circondato da uno spazio im-menso». Viene da pensare agli astro-nauti. In quel viaggio, precisa donLemoyne, Don Bosco avrebbe visto«tutti i paesi nei quali i salesiani sa-rebbero stati chiamati con l'andaredel tempo». E il diligente segretarioappuntò tutta una serie di nomi dicittà e nazioni, tra cui appunto il Se-negal. Così nel 1980, 95 anni dopo,otto missionari salesiani di Spagnasono partiti volentieri per il Senegal,lieti di realizzare una parte del sognomissionario di Don Bosco .

In otto, per cominciare . Se aves-sero accolto subito l'invito dei vescovisenegalesi, i salesiani sarebbero lag-giù al lavoro fin dal 1963 : li chiamaval'arcivescovo di Dakar, che volevametterli a capo di una scuola tecnica .Ma gli inviti più pressanti sono giuntiin questi ultimi anni da altri tre ve-scovi. Impossibile accontentarli subi-to tutti, anche nello slancio che il« Progetto Africa » ha impresso ai figlidi Don Bosco .

Il compito di andare in Senegal èstato affidato dal Rettor Maggioreall'Ispettoria spagnola di León, un'i-spettoria missionaria da lunga data :una delle sue case, quella di Astudillo,era stata istituto missionario, e primadel secondo conflitto mondiale avevapreparato missionari a decine (alcunidei quali ancora oggi al lavoro nelle20 ∎ BOLLETTINO SALESIANO ∎ 1 °GIUGNO 1981 ∎

varie parti del mondo) . L'Ispettoria diLeón ha preso molto sul serio il nuo-vo impegno che le è stato affidato .Nel 1979 l'Ispettore don Laguna hafatto un salto in Senegal per combi-nare con i vescovi, e ha scelto duelocalità completamente diverse :Saint-Louis, città e porto sull'Atlanti-co dal sicuro sviluppo industriale, eTambacounda piccolo centro all'in-terno del paese fra le popolazioni piùpovere, che in parte vivono nomadi epraticano i culti animistici . Tamba(come la chiamano accorciando unnome un po' troppo lungo) è sede diPrefettura apostolica, terra cioè dovela missione è tutta da impiantare .

Poi, dal novembre 1979, nellascuola professionale di León in mez-zo a tanti ragazzi dalla faccia biancasi poterono vedere tre facce comple-tamente nere: tre giovani senegalesiche erano andati in Spagna a impa-rare, per insegnare poi quelle stessecose, molto presto, nelle future scuolesalesiane del Senegal . E alcuni figli diDon Bosco, scambiando i ruoli, ognigiorno si mettevano alla scuola dei treragazzi neri per imparare il Wolof, laloro lingua, che avrebbero dovutosapere per andare in missione .

Poco tempo dopo, due salesiani -un sacerdote e un coadiutore - an-darono in Senegal ad aprire la strada .Prima passarono a Roma dal RettorMaggiore per ricevere il Crocefissomissionario, poi fecero un giro per lecase della loro ispettoria a spiegare airagazzi che cosa andavano a fare inAfrica, e il 25 gennaio 1980 arrivaronofinalmente in Senegal . 'Prima chel'anno finisse altri sei missionari liraggiungevano, e ora sono in quattroa Saint-Louis e in quattro a Tamba . Ea quanto riferiscono il lavoro nonmanca .

80 altoparlanti salutano Allàh . ASaint-Louis i quattro stanno suben-trando ad altri missionari in unaparrocchia cittadina già avviata, e lecose non dovrebbero essere troppodifficili . C'è una comunità di suoreche manda avanti le scuole elemen-tari, c'è già una piccola scuola pro-fessionale con laboratori di meccani-ca e falegnameria. La parrocchia

conta numerose associazioni anchegiovanili. I cristiani sono in buon nu-mero, la parrocchia è la meglio av-viata della diocesi. Ma intanto si ri-versano in città tanti giovani prove-nienti dalla campagna, in cerca di vi-ta migliore, e creano un sacco diproblemi sociali . . .

La prima corrispondenza dei quat-tro missionari giunta da Saint-Louis,è ricca di curiosità . « Attraverso lesuore della missione - scriveva pocodopo il suo arrivo il direttore padreCalvo - stiamo cercando di trovareuna donna che sappia fare un po' dicucina all'europea, perché . . . primumest vivere» . Essi hanno in prestito«un'auto non adatta ai viaggi lunghima relativamente sicura fino al mer-cato e ritorno » . E poi : « La svegliamattutina, con le finestre spalancate(per via del caldo), qui è d'un genereunico. Alle cinque in punto si ode ilprimo annuncio, per altoparlante, ri-volto ad Allàh da una moschea, e su-bito rispondono gli 80 altoparlantidelle altre 80 moschee, ciascuna conle sue grida, e chi più ha voce stra-ziante più grida forte . Una musicache dura fino alle sette . . . » .Poco dopo giunge notizia che la

cuoca è stata trovata : « Sa leggere escrivere, le suore le hanno messo inmano tre libri di cucina francese, eora abbiamo pietanze che neppure sitrovano nei ristoranti» (ma l'ultimafrase appare un po' sibillina). Intantoil coadiutore Manuel ha messo inmovimento i laboratori di falegna-meria e meccanica . E il vecchio par-roco, padre Ondia, prima di recarsialla sua nuova destinazione accom-pagna i salesiani a visitare i fedeli :

Tambacounda, nell'interno del Senegal : i mis-sionari si costruiscono capanne simili a quelledella popolazione .

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« Le famiglie sono quanto mai acco-glienti, piene di riguardo, e semplici.Peccato che sono disperse su un'e-stensione enorme, in mezzo a tantimusulmani. Siccome le strade quinon hanno nome né numerazione,sarà un'impresa, tornando, riuscire aritrovarle » .Quaresima e Ramadan . Il 31 gen-

naio 1981, prima festa di Don Boscocelebrata dai salesiani in Senegal, sisolennizza con i ragazzi della scuola .Ma bisogna far attenzione perchémolti di loro sono musulmani. Quindisì i bocadillos spagnoli, insommabocconcini dal più al meno, ma de-vono essere senza carne di maiale cheè proibita dal Corano . E così anche lebevande, che devono essere tutte ri-gorosamente analcoliche . Padre Cal-vo comincia a raccontare ai ragazzi lastoria di Don Bosco, e Manuel li tieneallegri con la chitarra . Poi la messapresieduta dal vescovo con servizioliturgico inappuntabile degli scoutsdella parrocchia .

Poi arriva la quaresima, che lì per icattolici è una cosa seria perché sitratta di gareggiare con il Ramadandei musulmani . Mercoledì delle ce-neri, vie Crucis, funzioni della Setti-mana Santa tutte frequentatissimedai fedeli. Ma soprattutto è applicatocon rigore il digiuno, perché non sivuole essere da meno dei seguaci diMaometto.Intanto le cose con i musulmani,

soprattutto con i ragazzi, si sonomesse bene. C'era da temere unoscontro, con chissà quali conseguen-ze. Invece alcune scelte indovinatehanno spianato le difficoltà . Nei loroconfronti si è applicata la politicadelle porte aperte : essi non si sentonoesclusi, e neppure costretti, e così ac-cettano tutto con molta cordialità .Non sanno che è pre-evangelizzazio-ne .Tamba in fondo al Senegal . L'altra

missione, Tambacounda, si trovanell'interno, proprio in fondo al Se-negal, in quello che chiamano « il Se-negal dimenticato » . In quanto Pre-fettura apostolica, è missione che co-mincia. Ma là comincia tutto. La po-polazione è scarsissima e in partenomade, le comunicazioni sono dainventare, l'isolamento è da . . . dete-nuti pericolosi . Eppure lì c'è proba-bilmente anche l'avvenire : la forestaè stupenda, il sottosuolo è colmo diminerali, i turisti troveranno incanti .La Chiesa comincia a sbocciare trapopolazioni animiste (300 .000 abitan-ti) che sembrano da secoli in attesadel Vangelo, anche se i cattolici almomento sono appena 2.600. E il ve-scovo - che non ha un solo sacer-

dote diocesano - se li cova con gliocchi i quattro missionari appena ar-rivati dalla Spagna .

Essi, due sacerdoti e due coadiuto-ri, si sono vista affidare l'unica par-rocchia della città . Del resto le par-rocchie in tutta la prefettura aposto-lica sono appena due, e forse c'è orapossibilità di aprirne una terza . Iprogrammi salesiani sono ambiziosi :cominciare il centro giovanile, fon-dare la scuola professionale, aprireun piccolo internato .

Al loro arrivo, ad accoglierli, c'era-no 38 gradi all'ombra. Ma c'eranoanche il vescovo e gli altri sacerdoti,tutti missionari dello Spirito Santo .Le prime impressioni sono fantasti-

che. « Credo che Tamba, a 500 kmdalla costa, sia fra tutte le città eprovince del Senegal la più povera.Ha una serie di uffici per le autorità,il medico, i commerci ecc . che quisono considerati sontuosi, e che intutto il resto del mondo chiamerem-mo capanne » .

I villaggi e l'ospedale . « Abbiamoanche visitato i dintorni, e natural-mente è peggio . Sono villaggi di 14 o16 capanne, dove la gente vive informa patriarcale . Come arriviamotutta la gente ci viene incontro, e ilcapo del villaggio fa gli onori di casa .Ci fanno sedere nella piazza su ceppio stuoie . La suora va in cerca deimalati e distribuisce medicine . Maloro non sono meno generosi di noi, ealla partenza dobbiamo accettare ildono di tre galline » .

« Sono tutti musulmani - aggiungeManolo - ma sono contentissimi cheandiamo a visitarli, e se offriamo lorocultura la accettano ben volentieri .Cultura per loro consiste nell'andare

una volta alla settimana a proiettarefilmine e a tenere una conversazionesu qualche tema istruttivo. Anche diargomento religioso e cristiano. E difatto molte famiglie si dimostranointeressantissime a conoscere il Van-gelo » .

Altra visita, all'ospedale . « Ieri ab-biamo visitato un cristiano malatoall'ospedale provinciale, e mi sonosentito stringere il cuore . Non hannoacqua corrente, i malati sono lette-ralmente stesi sul suolo, e trattati co-me bestioline. E accanto al padiglio-ne dei morti, una quantità di uccellirapaci ». Inutile perdersi in descrizio-ni e rimpianti, meglio rimboccarsi lemaniche e darsi da fare . E infatti . . .

Roma, 30-12-1979: il Rettore Maggiore (a destra) consegna il crocefisso ai primi due missionarisalesiani partenti per il Senegal, padre Felipe García e il coadiutore Manuel Garnelo .

Gli addobbi forestali . Infatti in no-vembre si cominciano i laboratori,con sette o otto ragazzi . Già da tempoi ragazzi gironzolavano lì attorno, ve-dendo che i missionari costruivanomobili per la loro futura residenza(che sta anch'essa sorgendo). Tuttiloro vorrebbero imparare, ma devonoavere un po' di pazienza. E dopoquello di falegnameria sarà la voltadei laboratori di meccanica ed elet-tricità .

Bisogna aprire al più presto anchel'oratorio, ma prima bisogna che al-trove - fra gli amici di Spagna peresempio - si apra qualcosa d'altro,qualche portafoglio, perché mancanopalloni, magliette e pantaloncini perle squadre sportive, giochi da tavolo,posters e tutto il resto. Roba che èstata promessa, e che arriverà .

Ed ecco arriva il primo Natale . Bi-sogna preparare gli addobbi della fe-sta, e la vigilia Manolo con due cate-chisti armati di machete salta sullajeep : poco dopo i tre ritornano dalla

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foresta carichi di rami fioriti . Ce n'èda ornare tutta la missione . Intantoarrivano i cristiani, anche da lontano,anche da cento chilometri : si siste-mano tutto intorno, mangiucchianoqualcosa, si preparano un giacigliosulla nuda terra. La messa è celebratadal vescovo, e viene registrata peressere poi trasmessa da una radio diDakar. « E una notte di Natale diver-sa, inconcepibile dalla mentalità con-sumistica. Niente torrone, nientebrindisi, niente panettoni, neppure lefalse luci colorate, né la carta sta-gnola con i suoi riflessi ingannatori,né gli strepiti o le baldorie . Ma pure èuna notte di Natale ben viva, con gliaddobbi forestali ma con tanto caloreumano e fervore religioso » .

Ero paralitico e mi avete donato uncarretto . Man mano che i mesi pas-sano, gli otto missionari comprendo-no meglio la situazione, i problemi e . . .le lingue . Perché il difficile agli inizi èintendersi. « Le nostre cose vannoavanti alla velocità che ci consente ilfrancese», scrive un missionario. Eun altro «Ci comprendiamo metà aparole e metà a gesti . . . » .

A Tamba bisogna aprire l'internatoper i ragazzi dei villaggi vicini, chealtrimenti non potrebbero neppurecominciare le scuole elementari. Machi pensasse a un collegio sbaglie-rebbe di grosso: sarà un villaggio dicapanne, e i ragazzi in dieci o dodiciper capanna, si ritroveranno come acasa loro. Del resto così è già statoimpostato il seminario minore, ac-canto alla casa del vescovo .

Il vescovo, che pensa al futuro cle-ro, pensa anche a un territorio nelsud della prefettura da affidare traqualche anno ai salesiani. Ci sonozone con popolazione interamenteanimista, ma disponibile al Vangelo ein attesa dei missionari.

Intanto a Saint-Louis i missionari siinquietano per la gioventù handicap-pata, in questo anno dedicato a loro .« Ci sono cose che fanno male alcuore - scrive padre Calvo -. Ra-gazzini e ragazzine di 12-16 anni, cie-chi, che vanno in giro chiedendo l'e-lemosina per vivere . Altri colpiti daparalisi si trascinano dietro unagamba secca come un ramo, si por-tano vicino ai distributori di benzina,ai piccoli mercati, e se ne stanno lìcon la mano tesa . . . Cercheremo dianimare le nostre associazioni perchéintervengano, senza distinzione tracristiani e maomettani, perché nostroSignore queste distinzioni non le fa-ceva. E cercheremo così di realizzareanche questa beatitudine del Signore :"Venite, benedetti del padre mio,perché ero paralitico e mi avete do-nato un carretto con le ruote" . Questainiziativa - domanda padre Calvo ai22 ∎ BOLLETTINO SALESIANO ∎ 1 'GIUGNO 1981 ∎

suoi amici di Spagna - non potrebbeessere l'obiettivo concreto della cam-pagna per il prossimo ottobre mis-sionario? » .

Si aspettano molto da noi. Il lavorosvolto, il dialogo avviato metà a pa-role e metà a gesti, comincia a dare iprimi frutti, anche di vocazione . C'èun giovane seminarista a Saint-Louische sta riflettendo sullo stile di vitasalesiano e sembra deciso a unirsicon i figli di Don Bosco. Ha parlatodei suoi propositi con l'Ispettore du-rante la sua ultima visita in Senegal edi recente gli ha scritto : « Sento che loSpirito Santo mi spinge verso laCongregazione dei padri salesiani .Sento il desiderio di diventare ungiorno prete senegalese nella congre-gazione di Don Bosco » .

Il campo di lavoro risulta enorme :

A:Terrecotte dell'artigianato senegalese esposteal mercato .

« I ragazzi, porzione della vigna delSignore destinata ai salesiani, qui so-no numerosi come i moscerini » ; eancora: « Solo il 40% dei bambinivanno per qualche anno alle scuoleelementari, solo un 20% arrivano allemedie . . . » .Intanto scrivono da Tamba : «Qui

c'è molto da fare, e si aspettano moltoda noi » ; scrivono da Saint-Louis :« Siamo pieni di entusiasmo nel ve-dere la quantità di cose che si posso-no fare qui per il regno di Dio, e chese non ci fossimo noi non sarebberorealizzate » .

Così vanno le cose in questo mera-viglioso angolo di Africa nera e verdee piena di speranza, che un giornoaveva illustrato i sogni di Don Bosco .

Ferruccio Voglino

QUESTO E' IL SENEGALIl paese. II Senegal è una repubbli-

ca presidenziale, indipendente dal1960 e associata alla Comunità Eco-nomica Europea . Con i suoi 196 .000kmq è vasta due terzi dell'Italia, ma lasua popolazione raggiunge sì e no isei milioni di abitanti . Il paese, affac-ciato sull'Oceano Atlantico, prende ilnome dal fiume che ne segna il confi-ne al nord ; e è formato da un'immensapianura ricoperta di savane e foreste .Il clima è caldo umido . Il Senegal hauna struttura economica abbastanzamoderna, con industrie estrattive e ditrasformazione dei prodotti agricoli(soprattutto delle arachidi) .La popolazione. È in grande mag-

gioranza di neri sudanesi (principalitribù : Wolof, Fulbe, Serer) .

Le lingue. Lingua ufficiale e com-merciale è il francese, ma anche ilWolof è considerato lingua nazionale .

Le vicende . Il paese conobbe l'in-vasione araba e la conseguente isla-mizzazione della popolazione berbe-ra. Poi passò attraverso l'occupazioneportoghese, inglese, olandese e infinefrancese. Nel 1862 i francesi fondaro-no la capitale Dakar, principale portoafricano sull'Atlantico (oggi con quasi800 mila abitanti) . Nel 1895 il paesevenne inglobato nella colonia dell'A-frica Occidentale Francese . Nel 1960l'indipendenza . Primo presidente,cessato dalla carica solo pochi mesifa, fu il prestigioso poeta e umanistacattolico Léopold Senghor, propu-gnatore della négritude, figura cari-smatica nel continente africano .

I

Religioni . Prevalente quella musul-mana (75%) ; i cristiani raggiungono il10%, il resto seguono culti animisti . LaCostituzione garantisce libertà di cul-to, ma nei villaggi e piccoli centri lamaggioranza musulmana dà origine anumerosi episodi di intolleranza .

La Chiesa cattolica . L'inizio delladiffusione del Vangelo risale alla finedel secolo 16° (missionari Gesuiti) ; nel1763 viene retta la Prefettura Aposto-lica del Senegal . Poi ogni attività mis-sionaria viene interrotta per 30 e piùanni sotto l'occupazione inglese, perricominciare quasi da zero agli inizidel 1800. Nel 1840 si hanno i primisacerdoti indigeni, poco dopo è fon-dato il primo seminario maggiore ditutta l'Africa . La gerarchia cattolica èintrodotta nel 1955. Attualmente ilpaese comprende un'arcidiocesi,quattro diocesi e una prefettura apo-stolica nell'interno del paese . I catto-lici sono 210 .000, pari al 4,1% dellapopolazione .

I Salesiani . Nel 1885 Don Bosco, inuno dei suoi enigmatici sogni, vide imissionari salesiani al lavoro nel Se-negal. I primi otto sono arrivati nel1980 e hanno rilevato due parrocchie,a cui hanno affiancato scuola profes-sionale, oratorio e centro giovanile .

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CHI SONO I SALESIANI COADIUTORI

La figura del Coadiutore Salesianoè stata da Don Bosco pensata e costruitaa poco a poco, attraverso un quarto di secolodi esperienze dal vivo . Il religioso laico da luipazientemente delineato è venuto così a occupare nellasua Congregazione uno spazio e un ruolo insostituibili,per la realizzazione del progetto apostolico salesiano nel mondo

Ascadde negli anni '50, a bordodi un transatlantico appenasalpato da Genova per il Nord

America. Nella sala da pranzo di se-conda classe tre persone siedono a untavolo: due uomini e una donna . Unaddetto si avvicina, taccuino in mano,a rilevare i nominativi e le qualifichedei passeggeri. Uno degli uomini de-clina il nome e la qualifica di docenteuniversitario ; la signora si presentacome sua consorte . Anche il terzoviaggiatore dice nome e cognome, epoiché l'addetto attende anche laqualifica, aggiunge : « Metta la siglaSDB » .L'addetto esegue, poi ringrazia

compìto, e saluta. Ma sul volto deidue coniugi si dipinge una certa de-lusione: hanno perso l'occasione diconoscere qualcosa in più sul lorocompagno di viaggio. Anzi comincia-no a sospettare che dietro a quellastrana sigla si nasconda chissà cosadi poco chiaro, forse l'appartenenza aun servizio segreto . . . E da quel mo-mento si mostrano più riservati nellaconversazione. Del resto il viaggiatoremisterioso col suo comportamentoautorizza i sospetti : è taciturno, so-

vente è appartato, evita la ressa e lemanifestazioni troppo mondane . Ep-pure il suo volto è aperto, il suo trattogarbato, la conversazione affabile . . .

Un giorno la signora si fa coraggioe gli domanda il significato di quellasigla . « Non c'è nulla di misterioso -spiega l'altro con un sorriso -. SDBsignifica semplicemente Salesiano diDon Bosco » . «Salesiano! Ma chi nopli conosce i salesiani? squittisce lasignora -. Lei dunque è un sacerdotesalesiano? » « Sono salesiano ma nonsacerdote - precisa l'altro - . Sonoun Salesiano Coadiutore. -E vado inAmerica a insegnare nei nostri collegil'arte tipografica » .

La signora è interdetta, non riesce acapire come si possa essere salesianie non sacerdoti. E il suo compagno diviaggio deve mettersi a spiegare checi sono appunto due tipi di salesiani, isacerdoti sì, ma anche i laici ; spiegache questi ultimi hanno lo stessoscopo dei sacerdoti, cioè la formazio-ne cristiana della gioventù, che loperseguono in maniera alquanto di-versa ma che lavorano tutti insieme esi completano a vicenda . Così la si-gnora si persuade che per questa

singolare categoria di salesiani laici sitratta proprio di « servizio segreto » : èun servizio che essi rendono allagioventù del mondo, e è segreto al-meno nel senso che da lei e da tan-tissima altra gente non è per nullaconosciuto . . .

Perché i Coadiutori . Il fatto è cheDon Bosco aveva - e continua adavere anche oggi - due mani : unamano sacerdotale con cui traccia lar-ghi segni di croce sui giovani per li-berarli dal peccato, con cui di-stribuisce l'Eucaristia e magari unbuffetto sulla guancia ; e una manolaica, a volte callosa, con cui fa gio-care i ragazzi, insegna loro a usare glistrumenti di un mestiere, li accom-pagna e li guida verso il mondo degliadulti. In altre parole, c'è nel suoprogetto apostolico sia il salesianosacerdote che il salesiano laico, daDon Bosco detto Salesiano Coadiuto-re (e che per brevità chiameremo SC) .

In questa, come in ogni altra cosadi Don Bosco, se si vuol capire biso-gna partire dai giovani . Essi sono ilsignificato della sua vita, la chiavecapace di schiudere la porta sul mi-stero del suo essere e agire . Davanti al

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compito immane di formare e cre-scere cristianamente i giovani, DonBosco ha cercato di convogliare tuttele forze umane e divine, tutti i mezzidella natura e della grazia . A quell'o-biettivo ha voluto orientare le energieideali e l'azione concreta non solo deisacerdoti ma anche dei laici impe-gnati. Se il compito è immenso,perché avrebbe dovuto privarsi del-l'apporto insostituibile dei laici? Li haquindi coinvolti .Quando ancora faceva l'oratorio

volante, attorno all'anno 1845, DonBosco si circondò di laici che pur ri-siedendo a casa loro lo aiutavano intutti i modi: essi poi diedero origineall'associazione dei Cooperatori Sale-siani . Ma per dare sicurezza e stabi-lità al progetto apostolico che stavaavviando aveva bisogno di più: avevabisogno di collaboratori stabili, di-sposti a risiedere dentro le sue operee a lavorare « a piena esistenza » conlui . Tra il 1854 e il '59 li trovò : eranochierici e sacerdoti, e con loro fondòla Congregazione Salesiana. Però tra isuoi amici c'erano anche dei laici di-sposti a « piantare tutto e a mettersicon Don Bosco » per lavorare con igiovani. E a partire dal 1860 cominciòa organizzarli : con i voti religiosi lifece salesiani a pieno titolo, e li asso-ciò ai suoi sacerdoti e chierici perchécostituissero insieme le sue comunitàeducative .Ne nacque qualcosa di originale,

quel « Don Bosco con una mano sa-cerdotale e l'altra laica » che è diven-tato in grado di occuparsi in manierapiù piena ed efficace della gioventù .Anche il suo impegno per i ceti po-polari attraverso la stampa trassedall'apporto dei SC un grande poten-ziamento. E qualche anno più tardi,quando si buttò nell'avventura mis-sionaria, a beneficiare della collabo-razione dei SC furono anche i popoliprimitivi delle missioni salesiane .

Questi laici amici di Don Bosco ecapaci di una donazione totale nellavita religiosa erano uomini concreti,sovente dalla personalità ricca diumori e di valori, che - se si vuolecapire davvero cosa sia il SC - è be-ne conoscere da vicino .

iPreistoria dei Coadiutori

s in cerca della loro identità

I filosofi, si sa, partono dai princìpiastratti, da essi deducono con sicu-rezza le cose da fare, e appena simettono a farle quasi sempre sba-gliano. Don Bosco, concreto, con ipiedi in terra, in ogni cosa seguiva ilmetodo opposto . Si guardava beneattorno, provava a fare, poi speri-mentava qualcosa di nuovo, poi mo-dificava ancora, e solo alla fine enu-24 ∎ BOLLETTINO SALESIANO ∎ 1 ' GIUGNO 1981 ∎

cleava i princìpi . Princìpi che risulta-vano solidi e concreti, perché benfondati sul reale . Con questo metodoDon Bosco ha costruito anche la fi-gura del SC .

Essa al principio appare a noi -ma appariva anche a lui - ancorasbiadita, senza contorni precisi ; allafine risulterà invece nitida, suggesti-va, capace di affascinare, e di pro-porsi anche oggi come valido proget-to di vita .

Il primo vero SC può essere consi-derato un certo Giuseppe Buzzetti,che Don Bosco incontrò ai tempidell'oratorio volante, e che non loabbandonò più . Ufficialmente fuCoadiutore molto tardi, perché « nonse ne sentiva degno », ma in pratica fuda sempre Coadiutore di Don Bosco .

Buzzetti, testimone dagli inizi. Anove anni arrivò a Torino dalla nativacampagna milanese per fare il garzo-ne di muratore : era il 1841, l'anno in

La panetteria di Valdocco . In un primo tempocon la parola Coadiutore s'intendeva una per-sona che aiutava in casa e per la sua presta-zione veniva retribuita . Poi il termine acquistòil significato preciso - proposto dai docu-menti della Santa Sede - di religioso laicoconsacrato per una missione .

cui Don Bosco cominciò a lavoraretra i ragazzi di Torino. Portava aspalle da mattino a sera la secchiadella calce e i mattoni, e alla dome-nica correva all'oratorio da Don Bo-sco. Era intelligente e bravo, e appe-na l'oratorio piantò stabilmente letende a Valdocco, nel '47, Don Boscogli propose di studiare latino per di-ventare un giorno sacerdote . Buzzettiaccettò con entusiasmo, era già chie-rico con la talare, quando lo scoppiodi una pistola gli lacerò l'indice dellamano sinistra a tal punto che dovet-tero amputarglielo. Questa menoma-zione bastava allora a chiudere la viaal sacerdozio .

Scoraggiato, il ragazzo un giorno sipresentò a Don Bosco per accomia-tarsi da lui . Voleva andarsene . Si sentì

dire: « Ricordati che l'oratorio è sem-pre casa tua, e che Don Bosco saràsempre tuo amico. Quando non tipiacesse più stare fuori, torna pure esarai sempre ben accolto». Buzzettichinò il capo e dopo una lunga pausamormorò : « Non voglio più abbando-nare Don Bosco, voglio stare semprecon lui » .

Suo pensiero fu di rendersi utile ilpiù possibile. Trovava tempo a tutto,non diceva mai basta. Don Boscoquando non sapeva a chi affidareun'incombenza diceva : « ChiamatemiBuzzetti », e Buzzetti arrivava con lasua folta barba rossa, pronto a cari-carsi la nuova croce sulle spalle . As-sisteva i ragazzi, faceva il catechismo,cercava in città lavori da affidare ailaboratori, a lungo fu anche respon-sabile della libreria salesiana, nel '52diventò amministratore della collana« Letture Cattoliche », fascicoli popo-lari che Don Bosco diffondeva a mi-lioni di copie .

Col suo talento musicale guidò lacorale dei ragazzi finché il chiericoCagliero non fu in grado di sostituir-lo; ma quando Don Bosco portava isuoi ragazzi in giro per il Monferratonelle gite autunnali, la sua chiassosafanfara scandiva le marce e attiravale simpatie di villaggi e paesi .

Aitante nella persona, solido e co-raggioso, in svariate occasioni Buz-zetti tutelò l'incolumità fisica di DonBosco contro chi attentava alla suavita. Abile organizzatore, divenne ilcervello delle lotterie che a lungo ognianno Don Bosco organizzò per raci-molare aiuti economici. Nel 1884 unalotteria era stata indetta a Roma permandare avanti la costruzione delTempio al Sacro Cuore, ma languiva ;Don Bosco mandò nella capitaleBuzzetti : «Tu solo sei capace», glidisse, e risultò vero. Presa in manol'iniziativa, la portò al successo .

Intanto la Congregazione salesianaera nata già da parecchio tempo,molti aiutanti di Don Bosco eranodiventati SC, e lui non aveva presen-tato domanda. Diceva : « Non ne sonodegno ». Nel 1877 Don Bosco lo in-contrò in cortile e gli espresse un ti-more : che loro due non si sarebberotrovati vicini in paradiso . « Perché? »,domandò Buzzetti sorpreso. « Perchéio starò in mezzo ai miei salesiani, edovrò rassegnarmi a vedere lontanida me coloro che non lo sono diven-tati» . Ce n'era a sufficienza per lateologia semplice ma schietta diBuzzetti, e subito si decise. Ma inpratica, anche diventato SC, noncambiò in nulla la sua vita esteriore,perché Coadiutore lo era da sempre .Dopo la morte di Don Bosco, lui

che era stato per decenni il suo brac-cio destro, si sentiva ormai inutile . Gli

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parve che la sua missione sulla terrafosse finita . Questo uomo-chiave intanti momenti cruciali della vita diDon Bosco, fin dagli inizi testimonedei mille prodigi avvenuti a Valdocco,gli sopravvisse quattro anni appena .Il tempo per prepararsi alla morte,che lo raggiunse a 60 anni. Ma perchéavrebbe dovuto tardare ancora? DonBosco facendolo SC gli aveva assicu-rato un posto in paradiso accanto a sée si affrettò a raggiungerlo .

Coadiutori secondo l'etimologia . Ilcoadiutore era dunque accanto a DonBosco già molto prima che questaparola fosse stata introdotta a Val-docco. E quando fu usata, all'inizioessa significò una realtà molto diver-sa dal SC di oggi. Stando alla « Ana-grafe dei giovani » compilata annodopo anno a Valdocco, il primo a es-sere chiamato Coadiutore fu, sulla fi-ne del 1854, un certo Alessio Peana :

prossimo . . . Da tale sera fu posto ilnome di salesiani a coloro che si pro-posero e si proporranno tale eserci-zio » .Ad agosto altro fatto decisivo : un

certo don Vittorio Alasonatti era ve-nuto per stare con Don Bosco e aiu-tarlo in tutto ; da quel momento DonBosco non sarà più l'unico prete al-l'oratorio, e si sentirà più libero nellesue iniziative . Altro passo avanti eracompiuto nel marzo 1855 : prima ilchierico Rua, e poi anche don Alaso-natti, emettono i voti privati nellemani di Don Bosco .La svolta decisiva avviene però

sulla fine del 1859 : il 9 dicembre DonBosco comunica ai suoi collaboratori,nel frattempo aumentati di numero,la sua intenzione esplicita di fondarela Congregazione salesiana. E novegiorni dopo, raccoglie le adesioni diquanti intendono fondarla con lui : al

aveva 34 anni, prestava servizio incasa, e per questo servizio veniva re-tribuito. Insomma il termine Coadiu-tore in un primo tempo venne presonel suo significato etimologico eniente più.

Ma all'inizio di quello stesso annoDon Bosco - sempre in fase creativa- aveva già introdotto un altro ter-mine nuovo, quello di «Salesiano », edato così il primo avvio alla sua inci-piente congregazione . Scrisse l'allorachierico Michele Rua : « La sera del 26gennaio 1854 ci radunammo nellastanza di Don Bosco : esso Don Bo-sco, Rocchietti, Artiglia, Cagliero eRua. E ci venne proposto di fare -con l'aiuto del Signore e di san Fran-cesco di Sales - una prova di eser-cizio pratico della carità verso il

La banda dell'Oratorio negli anni '60 . Alla destra di Don Bosco c'è Giuseppe Buzzetti non ancoraCoadiutore, alla sua destra don Giovanni Cagliero da poco sacerdote . Tra i due, nella fila supe-riote, il maestro Giuseppe Dogliani non ancora maestro ma già coadiutore .

suo appello rispondono tutti gli invi-tati meno due . Sono con lui don Ala-sonatti, 15 chierici e uno studente .

Intanto, in tutti quegli anni anche ilnumero dei cosiddetti Coadiutori eraandato crescendo nell'oratorio, comerisulta dall'« Anafrage dei giovani » .Essi in massima parte non eranoproprio dei « giovani » ma di età me-dia sui 40 anni ; pagavano una men-silità alla casa per vitto e alloggio, evenivano retribuiti in base al lavoroche svolgevano: alcuni come perso-nale di servizio (pulizie, cucina ecc .),altri come operai nei laboratori di artie mestieri aperti all'oratorio . Ma or-mai la parola Coadiutore era sulpunto di acquistare il nuovo e piùpieno significato .Coadiutori in senso salesiano . Il 2

febbraio 1860 « il Capitolo (cioè l'in-sieme dei superiori) della Società sa-lesiana . . . si radunava nella cameradel rettore (Don Bosco), per l'accet-tazione del giovane Giuseppe Rossi .Quivi pertanto. . . terminata la vota-zione e fattone lo spoglio, risultò cheil giovane fu accolto a pieni voti .Perciò venne ammesso alla praticadelle regole di detta Società» . Conqueste ultime parole si intendeva direche il giovane veniva considerato no-vizio. Ma era anche primo SC . Nonuno stipendiato, ma un giovane ge-neroso che si donava a Dio senzachiedere altra contropartita chequella di poter lavorare con Don Bo-sco per il bene dei ragazzi .Questo Rossi qualche tempo prima,

a 24 anni, aveva avuto tra mano unlibro di Don Bosco e, lasciato il pae-sello in provincia di Pavia, aveva de-ciso di andare per sempre con lui .Dapprima fu semplice guardarobiere,poi anche assistente nei laboratori,poi imparò a sbrigare piccole com-missioni in città. Ma aveva stoffa diamministratore, e nel '69 Don Boscolo nominò «Provveditore generaledella Società salesiana » . Divenne uo-mo di fiducia, aveva la responsabilitàdi tutti i beni materiali della congre-gazione. Una congregazione che ognianno cresceva, e richiedeva semprepiù impegno e dedizione . Lui era so-vente in viaggio, in Italia e all'estero,per seguire da vicino l'espansionedelle opere. Don Bosco gli voleva be-ne, scherzava sovente con lui, e persottolineare l'aria distinta che colpassare degli anni aveva assunto lochiamava conte : « Ecco il conte Ros-si, grande amico di Don Bosco » .

Intanto la terminologia si andavaprecisando . Nelle «Anagrafi dei gio-vani» si troverà ancora per qualchetempo il termine Coadiutore applica-to al personale salariato, ma perqueste persone si era già trovato iltermine più preciso - usato alloraper i domestici delle famiglie nobili oborghesi - di famigli. Ben altra cosaera ormai il SC, laico consacrato alSignore nelle mani di Don Bosco, percollaborare strettamente con lui nelcercare il bene della gioventù. La pa-rola Coadiutore aveva così assunto ilsuo profondo significato religioso esalesiano .

La prima fioritura&* dei Salesiani Coadiutori

Giuseppe Rossi fu il primo Coa-diutore novizio, ma non fu il primo aemettere la professione religiosa . lasua « prova » durò 4 anni, fino al 1864 ;e intanto altri due laici - più maturiper età - con la professione emessa∎ BOLLETTINO SALESIANO ∎ 1°GIUGNO 1981 ∎ 25

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nel 1862 diventarono SC a pieno titoloprima di lui. Ambedue però lasciaro-no poi l'oratorio e Don Bosco, siapure in circostanze molto diverse .

Uno si chiamava Giuseppe Gaia, edera un bravo cuoco : dopo qualchetempo, poverino, perse il lume del-l'intelletto e dovettero ricoverarlo . Mamerita il ricordo per un episodio chemise in risalto il cuore di Don Bosco .Una sera del 1875 egli aveva termi-nato molto tardi la confessione deisuoi ragazzi, e giunse nel refettorio incerca di un boccone . Gaia, che eraalle pentole, versò in un piatto un po'di riso stracotto e freddo . Il giovaneche doveva portarlo in tavola os-servò: « Ma è per Don Bosco! » E ilpovero Gaia, già roso dal suo male :« Oh, Don Bosco è uno come tutti glialtri » . La risposta fu riferita a Don

Bosco, che replicò tranquillo : «Haragione Gaia, è vero» .

Di ben altra statura risultò il se-condo SC : il cav . Federico Oreglia diSanto Stefano .

Lo afferrò per la barba. Nel luglio1860 Don Bosco giungeva a Sant'I-gnazio sopra Lanzo per prestare as-sistenza spirituale - com'era solitofare da diversi anni - a un corso diesercizi per laici. Aveva la salute apezzi, e la prima sera, in chiesa, cad-de svenuto. Quando si riebbe si ri-trovò in camera sua, e vide ai piedidel letto un giovane elegante, in la-crime. Era lui, il cav . Oreglia, il buonsamaritano che l'aveva portato deli-catamente fin nella sua stanza .

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Don Bosco lo conosceva, apparte-neva a una famiglia bene. Quandol'ebbe vicino lo afferrò per la barba :« Ora lei è nelle mie mani . Che cosa nedevo fare? » E finì che il cav . Oregliasi confessò. Era andato lassù a quelritiro per insistenza di sua madre, chelo voleva - dopo un periodo disbandamenti - di nuovo sulla buonastrada . E con l'aiuto di Don Bosco sirimise davvero in carreggiata .

Qualche mese dopo si presentò aDon Bosco nell'oratorio chiedendogliospitalità: aveva bisogno di tempoper decidere della sua esistenza, e in-tanto pensava di potersi rendere utilelì a Valdocco . La vita all'oratorio eraquanto mai dura ma egli la accettòcon coraggio, adattandosi in tutto,negli orari, nella preghiera, nel lavo-ro. La sua vasta esperienza gli con-

Documento storico : il verbaledi accettazione nella SocietàSalesiana del primo Coadiuto-re . Vi si legge:

«L'anno del Signore mille otto-cento sessanta il 2 febbraio al-le ore 9,30 pomeridiane inquest'Oratorio di San France-sco di Sales il Capitolo dellaSocietà dello stesso titolo,composto dei sacerdote BoscoGioanni rettore, del sacerdoteAlasonatti Vittorio prefetto, delsuddiacono Rua Michele diret-tore spirituale, del diacono Sa-vio Angelo economo, dei che-rico (sic) Cagliero Gioanni pri-mo consigliere, del chericoBonetti Gioanni secondo con-sigliere, del cherico GhivarelloCarlo terzo consigliere, si ra-dunava nella camera del Ret-tore per l'accettazione dei gio-vane Rossi Giuseppe di Matteoda Mezzanabigli.

«Quivi pertanto dopo brevepreghiera coll'invocazione alloSpirito Santo il Rettore dàprincipio alla votazione . Ter-minata questa, e fattone lospoglio, risultò che il dettogiovane fu accettato a pienivoti . Perciò venne ammessoalla pratica delle regole di dettaSocietà .» .

sentiva di rendere a Don Bosco pre-ziosi servizi, e quando gli chiese didiventare salesiano, subito Don Bo-sco lo accettò .

Lo mise a capo della tipografia elibreria, gli assegnò pratiche delicateda sbrigare, gli affidò la responsabi-lità delle lotterie . Il bravo cavalierediventò il tratto d'unione fra DonBosco e le famiglie agiate non solo diTorino, ma anche di Firenze e Roma(dove aveva uno zio cardinale) .

Nove lunghi anni lavorò all'orato-rio, rendendosi indispensabile . Maintanto maturava in cuore il desideriodi essere sacerdote nelle file dei Ge-suiti, dove già aveva un fratello . La-sciò Don Bosco nel '69 con grande

rimpianto reciproco. Ma i due conti-nuarono a essere profondamenteamici, anzi in numerose occasioni ilcav. Oreglia ebbe la gioia di rendersiancora utile a Don Bosco, sempre bi-sognoso di tutto e di tutti .Provvisorio per 48 anni. Per due

che lo lasciarono, Don Bosco trovò intantissimi altri SC una fedeltà incrol-labile.

È il caso di un altro Rossi, di nomeMarcello. Dovette attendere la mag-gior età per poter disporre libera-mente di sé, ma nel 1869 si presentò aDon Bosco per restare sempre conlui . Di costituzione piuttosto fragile,nel '75 si ammalò di petto e sembravaavesse i giorni contati . Don Bosco gliimpartì una benedizione e lo rassi-curò che avrebbe invece continuato alavorare a lungo con lui . Di fatto siriprese, e Don Bosco avendo bisognodi un uomo accorto e coscienzioso damettere in portineria, gli affidò prov-visoriamente quel compito . Lo svolseprovvisoriamente per 48 anni.

Ogni mattino alle 4,30 era puntualeall'apertura della chiesa, poi mettevaordine in ogni angolo della portineria,poi prendeva posto al suo sportello .Da quel punto di osservazione avevamodo di rendersi utile a tutti, infor-mando e avvertendo, evitando di-sguidi e inconvenienti. Si assentavasolo una settimana all'anno per gliesercizi spirituali, e qualche ora alladomenica per il catechismo ai ragazzidell'oratorio. Altrimenti era sempre lì .Lo chiamavano « la sentinella dell'o-ratorio », oppure - con riferimento alfamoso e misterioso cane che in anniprecedenti aveva difeso Don Bosco -« il grigio » .

Ma era tutt'altro che un cerbero :sempre pacato e sereno, padronedelle situazioni, sapeva accontentaretutti e rendersi utile in mille occasio-ni. La sua portineria divenne un uffi-cio di collocamento : vi incontravaallievi in cerca di lavoro, e vi incon-trava anche le persone agiate dispo-ste ad assumerli . O disposte a pagarela retta a qualche ragazzo povero . . .

Nel 1911 sulla piazza di Maria Au-siliatrice venne eretto il monumentoa Don Bosco ; qualche tempo dopo ilcard. Cagliero rientrò in Torino daisuoi soliti lunghi viaggi, ed era curio-so di vedere il tanto declamato mo-numento. Come si affacciò alla piaz-za, guardando da lontano, vide ancheMarcello Rossi sull'uscio della suaportineria, e additandolo ai suoi ac-compagnatori disse: «Eccolo là, ilvero monumento di Don Bosco » .I talenti di Pelazza . Ricchi di ge-

nerosità, non pochi dei primi SC ri-sultavano anche ricchi di talenti, eDon Bosco questi talenti li seppe in-tuire, sviluppare, e - secondo il con-

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L'austera figura del maestro Giuseppe Doglia-ni a 85 anni (foto del 1934).

siglio del Vangelo - trafficare. È ilcaso di Andrea Pelazza, ragazzo del-l'oratorio festivo, che a vent'anni de-cise di mettersi agli ordini di DonBosco. Nel '63 era SC, e venne messoalla prova col solito incarico di guar-darobiere. Risultò diligente . In piùaveva una magnifica voce e delicatoorecchio musicale, perciò fu messo ainsegnare canto . Recitava bene, sullascena era uno schianto, al punto chegente venuta da fuori gli propose unacarriera nel gran mondo del teatro .Ma lui rispose che non avrebbe la-sciato Don Bosco per tutto l'oro delmondo.

Partito da Valdocco il cav . Oreglia,Don Bosco gli affidò la tipografia . Luisi tirò indietro dicendo che non eraall'altezza, ma Don Bosco insistetteperché almeno provasse . Provò, edera l'uomo giusto . Ampliò la scuolatipografica, ammodernò gli impianti,portò quell'arte ai vertici in Valdocco .E dimostrò pure doti di vero educa-tore, giungendo a maturare i suoi ra-gazzi con il dialogo e la schietta ami-cizia.

Don Bosco sovente usciva percommissioni in città, e si faceva ac-compagnare da lui: erano per Pelazzale occasioni d'oro per affrontare iproblemi, per imparare, per « cresce-re » nello spirito. Don Bosco aprìnuove tipografie a Genova e a SanBenigno, e a lungo volle che fosserosotto i suoi ordini. Nel '78 aggiunse aquesti stabilimenti anche la cartieradi Mathi torinese, e anche quella laaffidò a Pelazza, che ormai era di-ventato un manager . Perfetto nellatenuta dei registri, gentile e concretonelle relazioni pubbliche, dal suo uf-ficio dirigeva uomini e cose secondolo spirito di Don Bosco . A essere unmoderno capitano d'industria solo glimancavano i telefoni e la determina-zione nel fare quattrini : lui mirava

solo al bene dei suoi allievi, e alladiffusione dei buoni libri .

Un suo exploit fu la partecipazioneall'Esposizione nazionale che si tennea Torino nel 1884. Nel padiglione sa-lesiano concentrò tutti i macchinarioccorrenti per la nascita di un libro :la fabbricazione della carta, la com-posizione, la stampa, la rilegatura . Lemacchine non erano ferme, ma tenu-te sempre in funzione dagli allievidella scuola. La gente affollava quelpadiglione, entusiasta di vedere tuttiquei prodigi della tecnica snocciolatiin bell'ordine e messi in moto dasemplici ragazzi .

La tipografia di Don Bosco fu il suoregno per 35 anni : nel 1905, quando ilsuo cuore si fermò, lo trovarono re-clinato sulla scrivania .

Il talento di Dogliani . C'è poi lastoria di un ragazzino arrivato a Val-docco per imparare il mestiere di fa-legname, e diventato insigne musico :Giuseppe Dogliani. Aveva letto d'unfiato la vita di Domenico Savio scrittada Don Bosco, e venendo all'oratoriopensava di trovarlo popolato da ra-gazzi tutti buoni come lui . Invece inlaboratorio si trovò accanto certepellacce . Spoetizzato corse da Don

II Coadiutore Marcello Rossi, portinaio «prov-visorio» per 48 anni .

Bosco a dirgli tutta la sua delusione eche voleva tornare a casa ; Don Boscoriuscì con fatica a richiamarlo allarealtà, e visto che era un piccoloBeethoven lo avviò alla musica . Al-l'oratorio c'erano, in quell'anno digrazia 1864, quattro scuole serali dimusica vocale con 83 allievi, 6 corsi dicanto gregoriano con 161 cantori, unascuola di musica strumentale per 30suonatori . Il piccolo Giuseppe si ci-mentò col genis e dopo soli due mesiera promosso titolare in banda; poiimparò il basso flicorno, e lo suonava

così bene che gli composero un con-certo apposito in cui potesse esibirsida solista .

A 19 anni compose lui stesso unamarcetta per banda dal titolo elo-quente ; « Un pasticcio qualunque », efu avviato allo studio del pianoforte edella composizione . Nel '75 don Ca-gliero partì missionario per l'America,e la sua bacchetta del comando passònelle mani di Dogliani .Era un innovatore . Bandì dalla

chiesa gli strumenti rumorosi dell'e-poca, preferì il limpido canto grego-riano e la polifonia classica. Tanti nonlo capivano, e lo criticavano ; ma lariforma operata poi da Pio X col suomotu proprio arrivò a dargli piena-mente ragione . Don Bosco nell'87 lovolle a Roma con tutta la sua scholacantorum per la consacrazione deltempio al Sacro Cuore, e gli fiocca-rono elogi anche sulla stampa . Nel1894 lo chiamarono a Marsiglia per ilcentenario di santa Giovanna D'Arco .Nel 1900 i salesiani d'America lo vol-lero per festeggiare il 25" della loroopera in quel continente, e lui appro-fittò dell'occasione per riorganizzarele scuole salesiane di canto, collau-dare nuovi organi, tenere corsi ai sa-lesiani maestri di banda . Appena tor-nato a Torino, gli assegnarono laparte musicale per i funerali del reUmberto 1, perito tragicamente in unattentato .Fu compositore, ma soprattutto

educatore (tra i suoi allievi il tenoreFrancesco Tamagno), e autore dimetodi per l'insegnamento del canto .I governi lo coprirono di riconosci-menti, i competenti dissero che « colmaestro Dogliani la musica classicaera tornata in chiesa» ; ma lui sem-plice in tanta gloria, rimpiangeva itempi fortunati quando Don Bosco loaveva incaricato di servire in refet-torio e aveva così modo di stargli alungo accanto .La grandeur di Garbellone . Nella

sua arte di liberare i talenti Don Bo-sco riusciva a mettere a frutto perfinoi difetti : è il caso di quelli - moltovistosi ma spassosi - di GiovanniGarbellone, un ragazzo dell'oratoriofestivo a cui affidò piccole incom-benze nel «magazzino generale» diValdocco . Si dimostrò generoso e dibuona volontà, al punto da farsi per-donare le stravaganze . Anzi, da ren-derle accettabili e utili .Alto e imponente, con spiccata

tendenza a mettersi in vista, al ma-gniloquio, aveva nel sangue un pizzi-co di grandeur (che gli derivava forsedall'essere nato . . . in Francia) . Chi loconosceva superficialmente gli rin-facciava vanagloria, o ambizionepersonale, e lo considerava - con unbel termine dialettale - gonfianuvo-

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le . Ma chi lo conosceva a fondo sa-peva che dietro la facciata c'era ungenuino amore a Don Bosco, rettitu-dine di intenzione, spirito di sacrificioe capacità di dedizione ai ragazzi .Faticò un poco a farsi accettare

come SC da Don Bosco, ma una voltastrappata la sua fiducia, seppe meri-tarsela. Nel magazzino passò dallepiccole mansioni alle grosse respon-sabilità, come provvedere l'occorren-te per le spedizioni missionarie, e vi-sitare le opere di Don Bosco apertenei vari paesi d'Europa e MedioOriente, dalla Gran Bretagna al Por-togallo, all'Egitto e Palestina .Il suo vero campo di battaglia fu

però l'oratorio festivo da cui prove-niva. I 500 ragazzi piuttosto turbo-lenti avevano bisogno di briglie, e civoleva l'imponente statura e il cipi-glio fiero di Garbellone per tenerli inriga. Se durante l'omelia i ragazzichiacchieravano, egli sbucava dallasacrestia, interrompeva con un ampiogesto della mano il predicatore, face-va una solenne filippica in dialetto,poi - in un silenzio di tomba - re-stituiva la parola al fragile oratore . Ilsuo posto naturale era, si capisce, inpalcoscenico . Organizzava anchepasseggiate e gite, e presentandosi aidirettori delle ferrovie a nome di DonBosco otteneva vagoni e vagoni aprezzi stracciati .

Dirigeva la banda dell'oratorio e laportò a farsi onore in un sacco dimanifestazioni . Il pezzo raro di quellabanda era proprio lui : con la staturasovrastava tutti, e si imponeva con ladivisa gallonata come un generaledell'esercito in abito di gala, col pettofregiato dalle medaglie guadagnatenei concorsi, con l'elmo in testa sor-montato da un vistoso pennacchio .Questo personaggio incredibile di-ventava credibile quando accompa-gnava i suoi bandisti alla messa e liprecedeva con l'esempio alla comu-nione. In un albo del suo archiviopersonale, tenuto con la massimaprecisione, figurano i nomi dei ra-gazzi e giovani tirati su in 40 anni didirezione della banda : quasi 3 .000 .

Sempre nell'oratorio riservava a séil compito delicato di preparare ibambini alla prima comunione : ave-va per loro cure materne, li radunavaa parte, li istruiva per bene, li im-mortalava perfino nelle fotografie .Un altro grosso albo nel suo archivioconteneva le foto e i nomi di 6 .000ragazzi da lui preparati al primo in-contro col Signore .Garbellone dava una mano anche

per le confessioni . La domenica mat-tina i ragazzini con un sacco di ma-rachelle da raccontare si riversavanoa sciami sul confessionale del diret-tore dell'oratorio, impazienti di essere28 ∎ BOLLETTINO SALESIANO ∎ 1°GIUGNO 1981 ∎

assolti per poter commettere altremarachelle, e se il direttore don Paviaavesse dovuto confessarli tutti chissàa che ora sarebbe cominciata lamessa. Allora Garbellone apostrofavai ragazzini : « Chi ha peccati grossi re-sti qui con don Pavia, chi li ha piccolivenga con me ,> . Almeno metà dei ra-gazzi lo seguivano, lui faceva loro unbel predicozzo, e li rimandava . . . as-solti .

Era furbo la parte sua, ma i suoischerzi erano sempre cordiali e inof-fensivi. Sul biglietto da visita avevafatto precedere al suo nome la quali-fica di «Comm .». Non era commen-datore, ma lasciava che gli altri locredessero . Se poi lo interrogavano,lui spiegava che comm. voleva direcommissioniere (quale di fatto era) .

3 Un quarto di secolo. per maturare l'idea

Col passare degli anni Don Bosco sirendeva conto di avere in mano -con i SC - un tesoro di valore ine-stimabile, delle pedine preziosissimeper realizzare il suo progetto aposto-

l'oratorio in data 1867 presenta icompiti del Coadiutore, che risultanolimitati a tre e di second'ordine: cuo-co, cameriere, portinaio . Il termine èquindi usato in senso molto ambiguo .Ma la realtà già scavalca i documentidi carta: di fatto nel '69 GiuseppeRossi si rperitava da Don Bosco laresponsabilità di «Provveditore ge-nerale della Società Salesiana » . E nel'70 ancora Rossi con Andrea Pelazzavenivano coinvolti da Don Bosco co-me proprietari legali di beni immobi-li . Quello stesso anno i Coadiutorierano già 23 su 101 salesiani (26 eranoi sacerdoti, 52 i chierici) .Don Bosco comincia a spiegarsi .

Nell'ottobre 1862 Don Bosco presen-tava ai novizi una concezione «orga-nica» della sua congregazione: unorganismo vivente - diceva - habisogno di parti ben differenziate maarmoniosamente fuse e in piena col-laborazione fra loro ; così in congre-gazione occorrono il sacerdote e ilchierico, ma anche altri che si occu-pino di tutti gli aspetti materiali . Epoiché « tutto ciò che fa uno va anchea profitto dell'altro », esortava a « fare

Uno dei primi laboratori, quello dei tipografi impressori . I ragazzi sotto la guida dei Coadiutoriimparavano un mestiere, e sul loro esempio imparavano a vivere «da buoni cristiani»,

lico . E fece loro spazio sempre mag-giore nella sua congregazione e neisuoi piani .

La realtà scavalca i documenti . Nelfebbraio 1860, meno di due mesi dopol'inizio ufficiale della congregazione,Don Bosco aveva accettato il primoCoadiutore Giuseppe Rossi, poi que-gli altri due laici che nel '62 avevanoprofessato per primi : il cav . Oreglia eil povero cuoco Gaia . Poi altri ancora .In un quadernetto contenente il pri-mo abbozzo delle Costituzioni sale-siane, scritto in quegli anni da donRua, Don Bosco parlava di « membriecclesiastici, chierici e anche laici » ;nelle edizioni successive la parolaanche scompare. Il Regolamento del-

tutto bene, nel modo che a Ginevra sifanno gli orologi » . . .Come concreta applicazione di

questo principio, nella prima spedi-zione missionaria salesiana per l'A-merica (1875) su dieci partenti DonBosco ha fatto posto a quattro Coa-diutori (uno di essi è troppo giovane,non può avere il passaporto, e perpoter partire andrà a imbarcarsi dinascosto a Marsiglia) .

Nel 1876 (i SC sono già 78, gli arti-giani intenzionati a divenirlo 25) indue occasioni Don Bosco approfon-disce il suo pensiero sul SC. Il 19marzo raccoglie 205 tra salesiani, no-vizi e allievi che desiderano ascoltar-lo, e li intrattiene sul tema « La messe

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è molta, gli operai sono pochi » . Esgretola l'idea che operai nella messesiano soltanto i sacerdoti : « NellaChiesa c'è bisogno di ogni sorta dioperai, ma proprio di tutti i generi » .Perciò passa in rassegna alle tanteattività che anche i laici possonosvolgere nel campo della chiesa edella congregazione salesiana .

Agli artigiani Don Bosco torna aparlare pochi giorni dopo, il 31 mar-zo, e per la prima volta prospetta loroin termini espliciti la vocazione delSC, invitandoli a prenderla ben inconsiderazione . Dice che la congre-gazione « non è fatta solo per i preti oper gli studenti, ma anche per gli ar-tigiani . Essa è una radunanza di preti,chierici e laici, specialmente artigiani,i quali desiderano unirsi insieme cer-cando di farsi del bene tra loro, e an-che di fare del bene agli altri » . Ponein modo radicale il principio dell'u-guaglianza fra tutti i salesiani : « Nonc'è distinzione alcuna: sono trattatitutti allo stesso modo, siano artigiani,siano preti; noi ci consideriamo tutticome fratelli, e la minestra che man-gio io l'hanno anche gli altri ; e lastessa pietanza, lo stesso vino cheserve per Don Bosco, si dà a chiun-que faccia parte della congregazio-ne». (Magari un po' più abbondante,perché Don Bosco il vino l'assaggiavaappena) .Non servi, ma padroni . Con questa

concretezza si spiegava Don Bosco, ealle parole faceva seguire i fatti. Nel1877 radunava a Lanzo il primo Ca-pitolo generale della sua congrega-zione, e chiamava a parteciparvi an-che un Coadiutore, Giuseppe Rossi(lo chiamerà ancora, con altri, anchenei Capitoli successivi) .

Nell' '80 per avere più CoadiutoriDon Bosco inviava ai parroci soprat-tutto del Piemonte una circolare, in-vitandoli a orientare verso la congre-gazione salesiana i giovani che aves-sero qualità idonee . I Coadiutori in-tanto quell'anno raggiungevano ilnumero di 182.

Nel 1883 Don Bosco affrontaespressamente in un nuovo Capitologenerale l'argomento dei SC . Si poneil problema del nome e si decide dimantenerlo, perché è quello propostodalla Santa Sede : «Fratres Coadiuto-res » . Ma si decide pure di non appli-carlo più ai collaboratori senza voti,che prenderanno d'ora innanzi il no-me di famigli . Un prete, don LuigiNai, in piena riunione sostiene questaopinione: « I Coadiutori bisogna te-nerli bassi, formare di essi una cate-goria distinta. . . » . Non l'avesse maidetto : Don Bosco si oppone, visibil-mente commosso: «No, no, no! Iconfratelli Coadiutori sono come tuttigli altri! » .

In realtà dovevano essere non po-chi tra i salesiani i preti e chierici apensarla come quel don Nai, che erapoi pensarla secondo le idee del tem-po. A Don Bosco era giunta voce chedavvero in diverse case i Coadiutorierano « tenuti bassi », che non vede-vano adeguatamente riconosciuta laloro preparazione professionale e ca-pacità di contribuire al lavoro tra igiovani, che cominciavano a scorag-giarsi . Perciò, appena potè, andò atrovare i suoi novizi Coadiutori etenne loro una conferenza « per sol-levare il loro spirito abbattuto » . Unaconferenza programmatica, « permanifestarvi - come disse loro - lamia idea sul Coadiutore salesiano » .E precisò: « Io ho bisogno di aiu-

tanti. Vi sono delle cose che i preti e ichierici non possono fare, e le faretevoi » . Non si fermò alle solite faccen-

Giovanni Garbellone, direttore delladell'oratorio festivo e «gonfianuvole» .

de di cucina e portineria, ma parlò ditipografie, librerie, laboratori ; piùancora: « Ho bisogno di avere in ognicasa qualcuno a cui si possano affi-dare le cose di maggior confidenza, ilmaneggio del denaro, il contenzioso ;ho bisogno di chi rappresenti la casaall'esterno . . . Voi dovete essere questi .Voi non dovete essere chi lavora ofatica direttamente, ma bensì chi di-rige. Dovete essere come padroni su-gli altri operai, non come servi . . . Nonsudditi, ma superiori . . . Questa è l'ideadel Coadiutore salesiano » .Tre anni dopo, Don Bosco trasferì

tali idee all'ultimo Capitolo generale acui potè partecipare. Il documentofinale del 1886 riferiva : «Ai nostri

banda

tempi più che in ogni altro, le operecattoliche - e fra queste la nostracongregazione - possono avere dailaici efficacissimo aiuto ; anzi in certeoccasioni possono fare maggiormen-te e più liberamente il bene i laici, chenon i sacerdoti ». Più esplicito : « AiCoadiutori è aperto un vastissimocampo . . . col dirigere e amministrarele varie aziende della nostra società,col divenire maestri d'arte nei labo-ratori, o catechisti negli oratori festi-vi, e specialmente nelle nostre mis-sioni estere » . Quanto ai sacerdoti, iCoadiutori dovranno « riguardare inessi dei padri e dei fratelli, a cui vi-vere uniti in vincolo di fraterna ca-rità, in modo da formare un cuor soloe un'anima sola » .

Ora sì, Don Bosco si era formatoidee chiare e precise, e aveva comin-ciato a trasmetterle e a farle accettaredagli altri . C'era arrivato non attra-verso la speculazione astratta, tantevolte inconcludente . L'etere è pienodi programmi dichiarati e non realiz-zati, il terreno è disseminato di tanteprime pietre che sono rimaste anchele ultime. Don Bosco invece ha co-struito la figura del SC attraverso laconcretezza di sperimentazioni e os-servazioni sul vissuto, durate unquarto di secolo, e così questa figuragli è uscita solida, pratica, concreta .

4 1 Coadiutori*secondo Don Bosco

La riflessione su quelle vicende, aun secolo di distanza, ha permesso difare luce sulle novità introdotte daDon Bosco . Si è notato che i «FratresCoadiutores » (o conversi, o fratelli)erano negli istituti religiosi una con-suetudine, e che Don Bosco volendofondare una sua congregazione do-veva per analogia fare posto « anche »a loro . Ma il posto da lui assegnato èrisultato insolitamente spazioso eimportante .

1 . Lo spazio laico. Nella vita reli-giosa d'un tempo i fratelli laici for-mavano una specie di secondo ordi-ne, inferiore e dipendente dal primo .In missione per esempio non eranoconsiderati veri missionari ma soloaiutanti del sacerdote missionario, equasi un suo accessorio. In questaprospettiva perfino il numero dei laicitalvolta veniva a essere condizionatodalle esigenze del sacerdote : non erapiù una questione di vocazione, ma laloro presenza in congregazione di-pendeva dalla necessità o meno che ilsacerdote aveva di fratelli laici . Lachiamata del Signore alla vita reli-giosa, qualche volta poteva risultaresuperflua . . .Niente di tutto questo con Don

i BOLLETTINO SALESIANO ∎ 1 °GIUGNO 1981 ∎ 29

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Bosco. Per lui tutti i salesiani, sacer-doti, chierici e laici erano con ugualidiritti (a parte le maggiori responsa-bilità connesse con l'ordine sacro sa-cerdotale) . I SC non costituivano unceto inferiore, ma come religiosi era-no sollecitati al medesimo impegnoascetico e all'identico apostolato tra igiovani. Inoltre non c'era limite alnumero dei Coadiutori, anzi l'aposto-lato salesiano appariva sempre piùbisognoso della presenza dei laici .L'impegno con i giovani, l'organizza-zione materiale e i mezzi esterni diapostolato venivano ad assumereun'importanza sempre più rilevante .Questo apostolato infatti richiedescuole, laboratori, attrezzature agri-cole, impianti sportivi eccetera. Lapresenza salesiana tra i ceti popolaririchiedeva librerie, tipografie, attivitàdi distribuzione e spedizione. L'im-pegno missionario, specie negliavamposti tra i popoli primitivi, ri-chiedeva la presenza del laico a voltecome condizione per la sopravviven-za fisica, e poi per aiutare quei popolia crescere sul piano socio-economico .Questo « spazio laico » nella con-

gregazione salesiana appare perfinonel linguaggio di Don Bosco e del-l'ultimo Capitolo Generale : accantoalla terminologia prettamente reli-giosa (missioni, catechisti ecc.), com-paiono - con riferimento esplicito aiCoadiutori - termini laici comeazienda, dirigenti, amministratori . . .

2. In maniche di camicia . Sonotanti i motivi che spiegano perchéDon Bosco sia stato così vicino alCoadiutore : egli, sacerdote, per giun-gere a quella vetta era passato attra-verso un'intensissima esperienza dilaicità, aveva dovuto imparare un po'tutti i mestieri : era stato pastorello,agricoltore, saltimbanco, sarto, gar-zone di trattoria, calzolaio, fabbro,falegname. . . Tanti suoi Coadiutori in-somma, insieme con i loro allievi,potevano dire con compiacimento :anche Don Bosco ha esercitato il miomestiere .Questa esperienza del lavoro lo

portò un giorno a rispondere, a chi glichiedeva quale sarebbe stata la divisadel religioso salesiano, « in manichedi camicia » .

Questa esperienza comune di lavo-ro deve aver spinto Don Bosco a su-scitare nei suoi Coadiutori una men-talità non di subalterni ma di corre-sponsabili per il buon andamentoeconomico, professionale, finanzia-rio, religioso della loro congregazio-ne. Erano uomini liberi, perché go-devano fiducia, e perciò si impegna-vano a fondo . Soprattutto i primicresciuti attorno a Don Bosco risul-tavano frugali, parsimoniosi, tenaci,concreti e realizzatori : tutte virtù - è

30 ∎ BOLLETTINO SALESIANO ∎ 1 ` GIUGNO 1981 ∎

stato notato - che Don Bosco pos-sedeva, e che in altra dimensionepossedavano anche i pionieri del lan-cio industriale del Piemonte d'allora .

3. Cose che i preti non possonofare. Nella conferenza del 1883 aiCoadiutori novizi, Don Bosco avevadetto : « Ci sono cose che i preti nonpossono fare, e le farete voi » . Questeparole hanno destato sorpresa, a vol-te sono state male interpretate . Aprima vista anche oggi può sembrareche Don Bosco ritenesse certe attività« non degne » del sacerdote, e quindida lasciare a categorie « inferiori » . Inpassato una certa teologia del sacer-dozio aveva condotto a tabù sociali ea proibizioni canoniche nei confrontidi certi lavori servili ; tanti libri asce-tici non si stancavano di predicare aipreti un rispetto della propria dignitàche giungeva fino al rifiuto di tutto ilprofano. Ma la vita intera di DonBosco era stata una contestazione

Altro laboratorio dei primi tempi di Valdocco, quello degli scultori .

esplicita di simile mentalità .Già da ragazzo soffriva di fronte a

certi preti che nel trattare con lagente sembrava avessero ingoiato ilmanico della scopa, e lui stesso dive-nuto prete aveva fatto da sguattero amamma Margherita. Figlio del popo-lo, aveva dissacrato molte distinzionisociali e contribuito col suo stile adabbattere i tabù anacronistici . Se maiai suoi occhi c'erano cose che i pretinon potevano fare nel loro apostolatoper la gioventù, dovevano essere diben altro genere .E una balza subito agli occhi: i

pregiudizi molto diffusi allora controil prete, in una società civile sostan-zialmente anticlericale, toglievano difatto al prete molte possibilità di ma-novra. Erano tanti gli ambienti in

scarsa dimestichezza con il sacerdote,inquinati da diffidenza e sospettoverso l'uomo vestito in nero ; in questiambienti il prete avrebbe fallito, ilCoadiutore invece avrebbe avuto li-bero accesso, consentendo un'effica-cia apostolica altrimenti non rag-giungibile.

Altro ruolo insostituibile compete-va e compete al SC nello stretto am-bito dell'educazione dei giovani . Ilragazzo, di passaggio nell'opera sale-siana in attesa di ritrovarsi immersonelle faccende del mondo, cercaistintivamente negli adulti i modelli dicomportamento; e trova più vicino asé non certo il sacerdote - avvoltonell'alone mistico della vita sacra-mentale -, ma il SC in maniche dicamicia e con le mani impastate nellecose concrete. Se poi questo laico incui si imbatte, oltre che esempio diattività manuale è anche esempio dionestà e di vita cristiana, l'efficacia

educativa risulta evidente : il ragazzoimpara dal maestro lavoratore cri-stiano come potrà lui stesso vivere dacristiano e da lavoratore .

4. Uniti dal vincolo della carità .Nel pensiero di Don Bosco il SC ap-pare un protagonista in senso pienonon solo come educatore, ma primaancora come religioso. Don Bosco haportato fino alle estreme conseguen-ze l'idea della chiamata universalealla santità : Dio vuole tutti santi, equindi impegnati in una tensione chestimola al bene e al dono di sé . Tutti :i laici non meno dei sacerdoti, i suoiCooperatori nelle società civile e isuoi Coadiutori nelle comunità sale-siane. E anche i ragazzi (DomenicoSavio insegna), e magari i bambini . . .

Allievi, chierici, coadiutori, sacer-

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doti, sono chiamati a fondersi nelcrogiolo della comunità salesiana inuna sintesi felice di fraternità e digrazia. La vita diventa allora comune,sotto un unico tetto : i ragazzi si sen-tono amati come figli ; e anche i preti• Coadiutori vivono in perfettaosmosi: hanno in comune il lavoro ela missione, pregano insieme, condi-vidono tra loro i momenti di disten-sione e di festa come quelli di dolore .« Uniti dal vincolo della carità e daivoti », essi formano « un cuore solo eun'anima sola » .

S Pietro Enrias infermiere di Don Bosco

Se mai qualcuno visse « cuore solo• anima sola con Don Bosco », fu ilsuo infermiere Pietro Enria . Don Bo-sco lo accolse tredicenne a Valdocconel 1854, anno del colera, quando l'e-pidemiq lo aveva lasciato orfano .« Vuoi venire con me? - gli disse - .Saremo sempre buoni amici, finchépossiamo andare in paradiso! Seicontento?»

Gli inizi furono duri ; Don Boscoaveva riempito di orfani il suo orato-rio, non c'era posto per tutti, al pic-colo Pietro toccò di dormire per pa-recchie notti su un mucchio di foglie• con una semplice coperta . Ma DonBosco gli voleva bene sul serio, e glitrovò subito un posto da garzone inun'officina di fabbro .

Enria era un piccolo prodigio, sa-peva fare di tutto . Fu maestro dimusica, regista teatrale, pittore, cuo-co, infermiere. Nel dicembre 1871Don Bosco cadde gravemente mala-to. Era a Varazze, la malattia risulta-va molto seria, gli mandarono Enriaad assisterlo . «Partii subito - scri-verà nei suoi appunti personali -.Ero pronto a dare la vita perché egliriavesse la salute » . Fu accolto congioia da Don Bosco, ma lui rimasesgomento nel vedere quanto fossegrave. Si riservò quattro ore di notteper riposare, e tutto il resto del tempolo passò accanto al suo letto . Quasiogni giorno scriveva una lettera all'o-ratorio, al suo amico Buzzetti, comeun bollettino medico, ma ricco di tuttii particolari che l'affetto gli suggerivadi raccontare . E Buzzetti all'oratorioinformava come un giornale radio .Dopo un buon mese Don Bosco

migliorò . Ed ecco arrivare da Morne-se, dove stava per nascere l'istitutodelle Figlie di Maria Ausiliatrice, unostrano fagotto destinato a Don Bosco .Apertolo, ne saltò fuori un abito dareligiosa : era un modello, una provadella futura divisa delle FMA, e DonBosco doveva esaminarlo per dare lasua approvazione. Bisognava che

qualcuno lo indossasse : « Se no, comefaccio a dare un giudizio? », uscì adire Don Bosco . Ed Enria se lo infilò .« Tu stai benone! - rise Don Bosco-. Quanto all'abito non c'è male ; bi-sogna solo che non sia di un marronecosì chiaro » . Pertanto Enria è stato- per la storia - il primo Coadiutoresalesiano che abbia dato una manoalla nascente congregazione di santaMaria Mazzarello .

Dopo un altro mese Don Bosco eraguarito, e rientrava a Valdocco . Al-l'oratorio esplode come una festa,anche in refettorio si festeggia quelritorno tanto atteso . Ma in refettorioEnria non c'è. Lo cercano dappertut-to, lo trovano in chiesa, che dice conle lacrime agli occhi il suo lunghissi-mo grazie al Signore . « Perché piangi?Non sei contento? » « Appunto, sonotroppo contento » .

Ti saluto. Nel '78 Don Bosco ricademalato, e per una ventina di giorniEnria non lascia più il suo capezzale .Nell'87 Enria è nel collegio di Este, eda Valdocco lo fanno tornare in fret-ta : Don Bosco sta perdendo rapida-mente le forze, e lo desidera al suofianco . Il bravo Coadiutore accorre, enon lo lascerà più . Durante l'estate loaccompagna a Lanzo, lo porta a pas-seggio su una carrozzella a mano,come una mamma. Lo riaccompagnaa Valdocco, e il 20 ottobre vede consgomento che non si alza più : è l'ini-zio della fine . « Povero Pietro, abbipazienza - gli dice Don Bosco -. Titoccherà passare molte notti . . . » EdEnria gli dice che tanti altri suoi figliavrebbero desiderato avere la fortunache ha lui di poterlo assistere .

Una dolorosa fortuna, durata più ditre mesi. La notte fra il 30 e il 31gennaio 1888 Don Bosco, agli estremi,gira un poco il capo verso Enria, loriconosce, cerca di parlargli e bisbi-glia : «Di' . . . ma . . . ma . . .» . Nelle pochemente non riesce più a esprimersi, econclude: «Ti saluto». Nelle pocheore che rimangono prima che il suocuore si fermi, Don Bosco mormoreràancora alcune parole, ma sarannobrevi preghiere rivolte al_ Signore .L'ultima sua conversazione con gliuomini, era stata quel saluto al suobravo infermiere Pietro Enria .

Morendo, Don Bosco lasciava nellasua congregazione già 284 SC . Leprime vocazioni cominciavano a ger-mogliare già in Francia, in Spagna enell'America Latina . Man mano inquesti paesi si apriranno presto lescuole professionali, dove i ragazzi -tanto spesso proprio i ragazzi dellastrada - guardando ai Coadiutoricome a loro modelli impareranno unmestiere e uno stile di vita cristiana .

Enzo Bianco(1. continua)

Segue da pag. 18

Documentatol'amore

del popoloalla Madonna

sferire tutto a Valdocco, dove ho tro-vato questa bella sede per sistemar-lo ». E precisa che la sua non è laprima mostra del genere organizzataa Valdocco : « Già nel 1918 un anzianomissionario di ritorno dall'Americadopo una trentina d'anni di lavoronella Terra del Fuoco, don Maggiori-no Borgatello, aveva organizzato quiun Museo del culto di Maria Ausilia-trice . Poi i locali sotto la basilica pas-sarono attraverso numerose traver-sie : lavori di ampliamento del san-tuario, allagamenti, bombardamentiaerei, trasformazioni varie, e il mate-riale del museo andò praticamentequasi tutto disperso » .Come è nato in don Ceresa questa

originale idea di raccogliere il mate-riale mariano? « Nel 1954 ero vice-parroco al santuario del Sacro Cuoredi Bologna, quando fu indetta la Vi-

sitatio Mariae nelle famiglie . Dovettioccuparmene, e organizzare ancheuna mostra sui santuari mariani inItalia . La visita del Madonna finì, mail materiale rimase, e da allora hocontinuato a curarlo e ad accrescerlo .Ma non è stato, per quel che mi ri-guarda, il vero inizio, perché l'attrat-tiva a raccogliere il materiale maria-no già l'avevo fin da bambino . Ri-cordo che mio papà alla domenica midava 20 centesimi (e allora era unpiccolo patrimonio) ; molte volte, in-vece di comperare golosità, io andavodal cartolaio a comperare immagi-nette della Madonna . C'erano quelleche costavano cinque centesimi, ederano le più scadenti, quelle da diecierano già su buon cartoncino, maquelle da venti avevano il pizzo in-torno ed erano il mio sogno . . . Quel-l'ingenua collezione iniziata da bam-bino l'ho accresciuta col passare deglianni e conservata a lungo, e solo laperdetti negli anni 1944-45 nel caosdella guerra » .Se dunque è una passione comin-

ciata nell'infanzia e continua a essereviva a 61 anni, si può stare sicuri cheil Centro di Documentazione marianaè in buone mani. Certo, precisa donCeresa. E dice chiaro che «chi avessein casa immagini, statuette, stampeantiche della Madonna, o materialedel genere, farebbe bene a portar-glielo : quante cose belle a volte sibuttavano via e forse qualcuna vale-va la pena di conservarla » . Come nondargli ragione?

∎ BOLLETTINO SALESIANO • 1 , GIUGNO 1981 ∎ 3 1

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I MEDICI DICEVANOCHE BISOGNAVA OPERARE

Sono exallieva :sempre mi sono ri-volta a Maria Ausi-liatrice e Don Bosconelle necessità du-rante la mia lungavita, e posso assicu-rare di aver ottenutosempre la graziachiesta o almeno larassegnazione. Lasettimana scorsa un

mio nipotino di nome Antonio fu preso dadolori acutissimi all'addome, e venne ri-coverato all'ospedale dove i vari dottoriche lo visitarono furono tutti d'accordoche si trattava d'un caso grave, e che bi-sognava operarlo al più presto. Intantoerano passati quattro giorni, il dolore delbambino non passava, e i suoi genitorierano immersi nella più profonda coster-nazione. lo allora ricorsi con fiducia al-l'Ausiliatrice e a Don Bosco chiedendo illoro intervento . Il mattino seguente anco-ra i medici visitarono il malatino, e ri-scontrarono che non c'era più niente digrave. La loro sorpresa fu grande, e nonla nascondevano affatto . lo non finirò maidi ringraziare i miei carissimi santi, e in-vito tutti a ricorrere a loro .

Giuseppina Marone(Sant'Angelo Limosano, CB)

LA MORTE L'ASPETTAVA TRA SEI MESI

Desidero esprime-re la mia ricono-scenza a Maria Au-siliatrice, Don Bo-sco, san DomenicoSavio e santa MariaMazzarello, perchéhanno aiutato unamia cara parente asuperare una gravemalattia . Qualchetempo fa essa fu ri-

coverata d'urgenza all'ospedale dove le siriscontrò un tumore maligno allo stomacoper il quale era necessario l'interventochirurgico, anche se ormai la morte laaspettava tra sei mesi . Insieme con i suoiparenti più vicini abbiamo pregato i santisalesiani con grande fiducia, e ora siamoqui a esprimere tutta la nostra gratitudine .Non solo l'intervento chirurgico ha avutobuon esito, ma questa cara parente, pas-sati i sei mesi, gode buona salute .

Lettera firmata (Modica, RG)

RINGRAZIANO MARIA AUSILIATRICEE SAN GIOVANNI BOSCO

* Maria Venuto (Codroipo, UD) pernumerose grazie, in particolare per una dicarattere finanziario tanto necessaria allasua famiglia .

I NOSTRI SANTI

32 • BOLLETTINO SALESIANO ∎ 1 ° GIUGNO1981 ∎

* Lettera firmata (Varallo, VC): « Nelnovembre 1979 mio marito fu travolto daun'automobile, che lo ridusse in gravissi-me condizioni . Vedendolo sul ciglio dellastrada privo di conoscenza, io invocaiDon Bosco e gli chiesi che se mio maritodoveva morire, gli ottenesse dal Signorealmeno la ripresa dei sensi per poter ri-cevere i santi sacramenti, e concedesse ame il conforto di poterlo assistere almenoper qualche giorno. Non solo ho ottenutoqueste grazie, ma anche la guarigione :dopo vari mesi di ospedale mio maritopian piano si è ripreso, e ora è in buonasalute nonostante i suoi 77 anni » .

• Antonietta Scalise (Mandatoriccio,CS): « Una mia nipotina di sei mesi, affettada gastroenterite acuta, versava in con-dizioni gravi . Portai alla piccola una me-daglia della Madonna e una immaginettadi san Domenico Savio, pregai con fidu-cia, e la mia preghiera è stata esaudita : lamia nipotina ora sta bene» .•

Famiglia Capettini (Buccinasco, Mi) :« Dovendo lasciare la casa in cui eravamoin affitto, ne cercavamo una da acquistarema i prezzi non erano accessibili alle no-stre possibilità. Cominciammo delle no-vene a Maria Ausiliatrice e ai santi sale-siani, ed ecco l'occasione che desidera-vamo: abbiamo trovato una bella casa, aun prezzo proporzionato alle possibilità diuna famiglia operaia » .

• Casimiro Guerini (Cedera, CR) rin-grazia per la guarigione della moglie Ma-ria, che sottoposta a un intervento chi-rurgico ebbe dopo l'operazione unacomplicazione che la portò sull'orlo dellatomba. La preghiera alla Madonna, ele-vata anche dalla sorella suor CelestinaFiglia di Maria Ausiliatrice e dalla sua co-munità, ha ottenuto la guarigione .

s Duilia Ralli in Fabbroni (Genova) so-rella di un sacerdote carmelitano e mam-ma di un sacerdote salesiano, ringraziaMaria Ausiliatrice per essere guarita dauna disgrazia che poteva risultarle mor-tale . In casa era scivolata tirandosi invo-lontariamente addosso una pentola diacqua bollente e ustionandosi in modograve. I medici ritenevano imminente lasua fine . Lei chiese la benedizione diMaria Ausiliatrice, e dopo un mese emezzo di ospedale potè tornare a casaguarita .

• I.B . (Montanaro, TO) ringrazia per lafiglia diciottenne che ha potuto trovare unposto di lavoro confacente agli studi fatti,e qualche tempo dopo si è ristabilita daun male che pareva dovesse rapirla al-l'affetto dei suoi cari .

4 Anna Fabia (Stio, SA) dice la sua ri-conoscenza all'Ausiliatrice e ai santi sa-lesiani per la protezione ottenuta in sva-riate circostanze . Anzitutto in un inciden-te stradale che avrebbe dovuto risultarefatale al marito, e invece si risolse senzadanni ; poi nella causa legata a questo in-cidente : « Ci citarono per 80 milioni di

danni, e la nostra famiglia sarebbe rima-sta sul lastrico . Noi pregavamo tanto . Lacausa si trascinava di mese in mese, edopo tre anni, due giorni prima della festadi Don Bosco, giunse una telefonata dalnostro avvocato : l'accordo era stato rag-giunto, avremmo dovuto pagare unasomma molto ragionevole . L'avvocatonon sapeva spiegarsi come mai tutto sifosse risolto così positivamente ; gli ri-sposi piangendo di gioia che era statauna grazia » . Un altro vivo ringraziamentorivolge ancora a san Domenico Savio, peraver risolto in modo inatteso un difficilecaso di maternità .

GRAZIE SAN DOMENICO SAVIOPER AVERMI DONATO GABRIELE

Grazie san Dome-nico Savio per aver-mi donato Gabriele .Grazie, per quellaforza spirituale e fi-sica che mi ha sor-retto quando agli ul-timi giorni del nonomese venni colpitada una serie di di-sturbi . Tutto facevatemere il peggio per

lui e per me ; ho indossato il tuo abitino eho avuto la certezza che non mi avrestiabbandonato. E sono stata esaudita .Adesso pongo con tanta fede e umiltà iltuo abitino nella sua culla, e tu che haiamato tanto la Madonna e Gesù, aiuta lanostra famiglia a essere unita in un cam-mino di amore e di pace . Grazie .

S. C ., lettera firmata (Schio, VI)

RINGRAZIANO ANCORAIL SANTO DELLE CULLE

• Caterina La Monica (Alcamo, PZ)perché dopo alcuni anni di inutile attesa,e dopo aver invocato san Domenico Sa-vio, ha visto la sua casa allietata dallanascita del piccolo Lorenzo Domenico .

• Rosa Salvato (San Giuliano Milane-se) per la guarigione del figlio Fabio, sof-ferente di stomaco, per il quale si temevaun difficile intervento chirurgico .

• A.M . (lettera firmata, Aosta) per lafelice nascita di Giovanni Domenico, do-po che precedenti maternità si eranoconcluse negativamente .

• Luciano e Franca Ferrari (Bagnolo,VR) : « La nostra bimba era nata prematu-ramente; due giorni dopo la nascita i me-dici ce la dettero perduta per emorragiaintestinale, e dissero che non sarebbearrivata a sera . Subito la facemmo bat-tezzare, e poi con fede appendemmo l'a-bitino di Domenico Savio alla sua incu-batrice . II giorno dopo, con nostra im-mensa sorpresa e grandissima gioia ap-prendemmo dai medici che la bimba erafuori pericolo » .•

Maria Luisa Morello (Bessolo, TO) :« Dopo una prima gravidanza sette annifa, finita con la morte del bimbo, due annifa ho indossato l'abitino di Domenico Sa-vio e ho potuyo dare alla luce una bellabambina che ho chiamato Erika Domeni-ca; e nel settembre scorso ho avutoun'altra bambina a cui ho messo il nome

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Romina Maria Domenica. Ora mi rivolgocon piena fiducia a San Domenico Savioe a Maria Ausiliatrice in ogni difficoltàdella mia vita » .

* Altre persone ringraziano il Santodelle culle per la nascita delle loro crea-ture :

Elena Boccaletto (città della Pieve, PG) ;Lidia e Oreste Contino (Roma) per la na-scita di Daniela ; Anna Gramaglia (San-t'Albano Stura, CN) ; Flavia Marzullo(Messina) per la nascita di Salvatore Do-menico ; Maria Piredda (Genova Oregina) ;Angioletta e Silvano Sola (Torino) per lanascita di Stefano ; Maria Teresa Zanini(Varese) per la nascita di Paolo Domeni-co .

POSI A MONS. OLIVARESUN LIMITE DI TEMPO .. .

Sono un missio-nario salesiano spa-gnolo, al lavoro aLospalos nell'isola diTimor. L'anno scor-so, dopo un violen-tissimo attacco dimalaria, dovetti ri-correre al medicoper acuti dolori sof-ferti durante la notte,ma il dottore non

potè essermi di aiuto e mi fece trasferirein elicottero a Baucau per un interventourgente e molto delicato . Purtroppo ilchirurgo di Baucau era partito per la ca-pitale Giakarta, e io mi sentivo sempre piùattanagliato dalla sofferenza . Mi ricordaiallora del Servo di Dio mons. Luigi Oliva-res, di cui portavo una reliqua nel brevia-rio : qualche tempo prima ricorrendo allasua intercessione avevamo ottenuto lagrazia di strappare dalla morte un bam-bino di 10 anni, figlio del nostro autista,da 40 giorni in coma . Cominciai a pre-garlo, e da quel momento le cose per mepresero una piega favorevole.

In Baucau incontrai un colonnello mioamico, che subito si interessò al mio casoe lasciando da parte le sue occupazionimi accompagnò col suo elicottero a Dili,dove avrei potuto trovare l'assistenzamedica necessaria . Una volta a Diii, conl'aiuto dei miei confratelli e dopo lunghigiri in taxi mi fu possibile rintracciare ilchirurgo. Egli però, considerate le miecondizioni generali e la mia età avanzata(ho 75 anni), mi consigliò il trasporto aGiakarta per essere operato dal dottorTjoko, specialista per la mia malattia . Maall'ospedale di Dili potei ricevere le primecure efficaci, evitando tra l'altro il rischiodi una grave intossicazione del sangue edi una probabile caduta in coma.

La notte stessa gui trasportato a Gia-karta, e dopo due giorni di esami medici,venni operato con esito favorevole . Acausa delle pessime condizioni del miosangue fui però colpito da trombosi allagamba sinistra . I dolori erano di nuovoatroci ; allora ripresi in mano la reliquia dimons. Olivares, e lo pregai di ottenermi lagrazia della guarigione . Gli posi anche unlimite di tempo : gli promisi che se miavesse liberato dal dolore entro tre giorniavrei fatto pubblicare la grazia per otte-nere la sua beatificazione . Ebbene, tregiorni dopo non solo il dolore era cessato,

ma già potevo muovermi senza l'aiutodelle infermiere . E ora ho ripreso la miavita normale e il mio lavoro missionario .

Don Alfonso Nacher (Lospalos, Timor)

IN PARADISO C'E' UNA FMACHE vllr)I P' »"F ALLE BAMBINE

La mia bambinaPatrizia di nove anniche frequenta lascuola elementaredelle Figlie di MariaAusiliatrice, era sta-ta trovata affetta dascoliosi molto grave .La radiografia met-teva in evidenza unadeviazione dorsaleveramente preoccu-

pante. Il medico mi disse: «Signora, fac-cia quanto può, vada anche all'estero inqualche clinica specializzata, ma non la-sci la bambina in questo stato» . Chi puòimmaginare la mia angoscia? Piangevogiorno e notte . Iscrissi la bambina al cor-so di nuoto organizzato dalla scuola, epoi . . . la Provvidenza mi venne in aiuto .

Un giorno disperata e piangente mi re-co alla basilica di Maria Ausiliatrice con lemie due bambine, Patrizia e Irene diquattro anni . Questa, mentre visitavamola cappella delle reliquie, vede e desideraun libretto illustrato: è una piccola bio-grafia di suor Teresa Valsè, che il custo-de le regala . Prendo il libretto, lo leggo, esento nascere in cuore un filo di speran-za: chissà che suor Valsè non voglia aiu-tarci . Ci mettiamo a pregare, recitandoogni giorno con le due bambine l'appositapreghiera .

Passano i mesi : Patrizia non riesce afare che una decina di lezioni di nuoto . Laporto all'ospedale « Maria Vittoria » peruna nuova radiografia, e il referto misbalordisce : la preoccupante deviazioneè scomparsa! La colonna vertebrale ap-pare perfettamente diritta . Non sono statecerto le dieci lezioni di nuoto a guarirePatrizia, ma la preghiera a suor Valsè diuna mamma angosciata e di due bambineinnocenti .

Desidero che questo fatto - attestatodalle due lastre radiografiche - sia co-nosciuto affinché altre mamme sappianoche in Paradiso c'è una Figlia di MariaAusiliatrice che continua a voler moltobene alle bambine .

Margherita Fae Sanna (Torino)

* Pina Frisina (Palma di Montechiaro,AG): « Una mia amica a causa di unamalformazione, e anche dopo tante cure,non poteva avere figli ; abbiamo pregatotanto suor Teresa Valsè Pantellini, e oradue bellissimi bambini allietano la suacasa » .

* Suor Bruna Mozzi (Marina di Massa) :«Suor Teresa Valsè Pantellini è semprestata la protettrice della mia famiglia cheè di Rùfina, dove la cara Serva di Dio vil-leggiava con i suoi familiari . Proprio aRùfina mio fratello Emilio mentre si tro-vava sul suo motorino venne investito dauna macchina : gettato a terra, rimaseprivo di sensi e creduto morto, tanto chein tal senso ne venne data la notizia allamoglie. Invece potè riprendersi e tutto sirisolse bene » .

Abbo Lina - Abbruzzese Edda - Acquisto Maria - AlfieriLuigi - Allegretti Pietro - Aloi Agostina - Amaduzzi Ivo -Ambrogio Fortunata - Anselmo Letizia - Arliero Palmira- Aronica Colomba - Arrigoni Ancilla - Attinà Lina - At-zeni Maria - Audisio Cesare - Balaner Guglielma - Bal-lati Linda - Bampi Giuditta - Baracchi Letizia - Baraba-echi Vittorio - Baronetto Rosanna - Basso Aristide -Basso Eugenia - Baudino Dorina - Benazzo Maddalena- Benzi Giuseppina - Berthod Emilia - Bertorello Cate-rina - Besana Claudio - Bettini Clara - Bighinzoli Ago-stino - Bimbo Ugo - Biscaldi Luigina - Boasso Lucia -Bolotto Luigina - Bonafede A . Lucrezia - Bosso Elena -Bressan Maria - Bruni Francesco - Bruni Rosina - Bur-ghi Letizia - Buttiglieri Paolo - Cabras Maria - CairatiCesarina - Catoni R. Maria - Calosso Michelina - Ca-misassi Maria - Candia Anna - Cannatà Angelina - Ce-nove Carlotta - Cantello Filippo - Capizzi Salvatrice -Caprioglio Eugenia - Caputo Teresa - Caramalli A .Maria - Cardinale Giuseppina - Cardinale Paola - CareriErnesta - Caroli Antonietta - Carullo Vittore - CarusoGrazia - Caruso Maria - Casati Ottavio - CastiglioneCarla - Cella Rina - Celiino Pina - Cernicchiaro Anna -Cherchi Cecilia - Chiesa Maria Concetta - CiceraniAnna - Cirino Franca - Comaglia Enrichetta - ConteRosa - Cortasso Giuseppina - Cortese Elisa - CossoAngela - Costanzo Calogero - Cravero Paola - CristinaRosa Maria - Crugnola Adriano - Cucuzza Rosa -D'Adda Alessandro - D'Amico Angelina - D'Amico Ca-iogero - Danna Mario R. - De Candido Emilia - De ColLivio - De Cristofaro Giovanna - Degasperi Prassede -Deli'Osbei Giordano - De Murtas Amelia - De SanctisTeresa - Destefanis Francesco - Destefanis Romana -Di Caro Nicola - Di Francesco Anna - Di Giovanni Vin-cenzo - Dissegna Domenico - Donati Rosina - DragottoLina - Enderle Sergio - Fanny Antoniazzi - Fattor Ono-rina - Favre Palmira - Ferrara Mario - Ferrari Maria -Ferrarlo Maria - Ferraro Maria - Fini Salvatore - FiorelloAgostino - Fiorina Francesco - Fiorito Maria - Foche-sato Aldo - Fontana Concetta - Forno Dialma - Frisin-ghelli Luigia - Fulginati Raffaele - Furia Domenico eAnna - Furno Rina - Gaia Iride - Gallo Carlo - GarofaloFrancesca - Geraci Fortunato - Germano Francesca -Ghiglia Lorenzo - Ghiotto Anna - Ghiotto Felice - Gla-comuzzi Margherita - Giandomenico Simeone - Gia-nota Luigi - Giansiracusa Giovanna - Gigante Bruna -Giove Maria - Giumarra Giuseppina - Granato Liliana -Grasso Francesco - Grilli Gemma - Grillo G. Battista -lanello Maria - Iboden Duilio - Invernizzi Eleonora -Laiolo Maria - La Miccia Salvatore-Lattuga Filomena-Lepore Alfonsina - Lilla Clemente - Lilliu Elisa - Lis-sandro Pietro - Longa Clementina - Lo Cascio Lucia -Longu Antonio - Losa Anselmina - Losi Mirella - LoveraIris - Lucchese Mattea - Luciano Paola - Maenza An-tonina - Maggio Serafina - Mancuso Maria - ManganaroFilippo - Manini Rita - Marchiori Perla - Marchialo Do-menica - Mariani Anna - Marotta Cateno - Martucci M .Grazia - Masili Efisio - Masina Luigia - Mattei Carla -Mazzoia Carmela - Melina Giovanni - Menghini Erminia- Meo Matilde - Miano Maria - Miceli Clelia - MigliardiAusilia - Migliavacca Angelina - Mongiardino Madda-lena - Monuschio Leone - Morelli Anna - Munari Angela- Munier Albertina - M .D . di Martina Franca - NicolosiGiuseppe - Occhetti Teresa - Oteri Giuseppe - PaganiniMaria - Papetti Carta - Parini Enrico - Parodi G . Battista- Pasquino Emma - Pasta Giovanni - Pautrè Giovanni -Pegorari Natalina - Pennati Maria - Perrone Salvatore -Piazza C. Ninetta - Pirri Rosaria - Pirrone Franca - Pi-sani Giovanni - Piozza Anna - Pogliano Rosa - PolesaniGiovanna - Pomponio Giuseppina - Porcu Vicenzia -Portagioia Agrippina - Potenza Luisa - Pratolongo An-gela - Pratolongo Rosa - Procopio Mario - PuscelluSilvestrina - Ramponi Luigina - Resso Teresa - RiggioFranco - Rinaldi Maria - Rinaldi Salvatore - RivoiroCarla - Roncati Anna - Rossi Paolana - Rubino Elena -Rubeo Rosa - Sagliocco Giovanna - Sandri Anna - Sa-vin Renata - Sbaragli Tino - Scarciotta Giuseppina -Scardin Gina - Scarpa Luigi - Schina Stanisiao - Sco-vazzi Amalia - Seppe Clara - Siracusa Sebastiana -Spada Costanza - Spotti Rosina - Sorbo Sorelle -Stucchi Lina - Tanchini Liberia - Tassi Dina - Tirabo-schi Giuseppe - Tonengo B. Maria - Torre Giuseppe -Trapani Maria - Trattai Carmela - Valastro Giovannina -Valenti Teresa - Vasina Ettore - Veronesi Almerina -Veronesi Guido - Vidali Tino - Volpe Concetta - Zan-donella Giovanni - Zoccarato Giulio - Z» 1a-Famiglia -Zoppis Giovanni - Zuesh Sofia .

∎ BOLLETTINO SALESIANO ∎ l 'GIUGNO 1981 ∎ 33

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BELLONE sac. VIRGILIO Salesiano tTorino a 73 anni

Il BS presenterà la sua figura in uno deiprossimi fascicoli .

GRENA sac. LUIGI Salesiano t Torino a67 anniDopo l'ordinazione sacerdotale aveva

lavorato per quasi trent'anni in Spagna .anche come direttore, seminando tra igiovani allegria, fede, amore alla Chiesa ea Don Bosco. Altri dieci anni li trascorse aRoma come guida alle Catacombe di SanCallisto . In quel periodo ricevette l'invitodai salesiani di Spagna a tornar a visitarele case in cui aveva lavorato, e per lui fuuna gioia immensa, ma anche per queiconfratelli, ai quali parlò con calore edentusiasmo. Passò gli ultimi due anni aTorino-Rebaudengo, ormai minato dalmale, e come avvolto nel silenzio, assor-bito dal mistero della suprema chiamata .Ricordano di lui una mitezza e calma mi-rabile, la delicatezza nel tratto, la pron-tezza e precisione nel lavoro . È stato undono del Signore, una scuola di fortezzanella prova .

VALLERO sac. DOMENICO Salesiano tAlto Araguaia (Brasile) a 66 anni

Di Foglizzo, maturò accanto ai salesianila vocazione missionaria e a 17 anni eranovizio in Brasile . Lavorò a lungo nellemissioni del Mato Grosso . Delicato di sa-lute, seppe tuttavia compiere sempre be-

34 ∎ BOLLETTINO SALESIANO ∎ 1 'GIUGNO 1981 ∎

I NOSTRI MORTIMARIOTTO sac. ETTORE Salesiano tRoma a 75 anniEducatore convinto . credeva ferma-

mente nella scuola come luogo privile-giato della missione di Don Bosco . Havissuto la lunga trafila di « maestro sale-siano» da chierico, sacerdote, preside,direttore in istituti di cinque ispettorediverse. Soffri molto, quando, alla luce disintomi inequivocabili, avverti una fles-sione nell'entusiasmo di svariati suoiconfratelli per l'apostolato della scuola :quando ne parlava si avvertiva in lui undolore quasi fisico.

Nel 1964 fu a Roma, segretario gene-rale della FIDAE sino al 1975 ; si prodigòin questa responsabilità con diligenzapuntigliosa e un dinamismo da fare invi-

dia ai più giovani . La sua collaborazione al vertice dell'organizzazione delle scuolecattoliche fu preziosa grazie al suo tratto delicato e alla sua lunga esperienza di uominie cose. Tantissimi istituti ed enti italiani ed esteri hanno tratto beneficio dalla sua di-sponibilità e competenza nell'affrontare i problemi più intricati .

Nel groviglio di tante pratiche e impegni organizzativi, trovava tempo da dedicare aisuoi studi preferiti, le ricerche sulle vicende passate e sulle più belle figure della con-gregazione salesiana, che consegnò al futuro in saporose pubblicazioni : erano il segnotangibile del suo amore a Don Bosco . Se ne è andato in punta di piedi, secondo il suocostante desiderio di non disturbare nessuno, e lascia come eredità preziosa la suapassione tutta salesiana per la scuola .

ne e con animo giovanile gli incarichi ri-cevuti . Era di temperamento artistico emise le sue qualità a servizio dei giovani .Dedicò gli ultimi anni alle case di forma-zione, ma lascia un rimpianto soprattuttonei suoi exallievi, uno dei quali ha testi-moniato : « Buono, giusto, affettuoso, fecemolta gente felice a-torno a sé » .

oAMATO AGRIPPINO Cooperatore t Mi-neo (CT) a 85 anniDa piccolo fu compagno del futuro

Rettor Maggiore don Ricceri, e più tardidivenne anche suo cugino. Uomo di fedetenace, ferma e serena, ebbe da naturauna fervida vena poetica e se ne servì percomposizioni soprattutto dialettali, moltedelle quali anche musicate, di contenutocristiano . Una sua poesia fu letta all'i-naugurazione del monumento a LuigiCapuana, un'altra alla prima visita che ilRettor Maggiore rese a Mineo dopo la suaelezione . Inviava poesie anche a GiovanniXXIII e Paolo VI, ricevendone attestazionidi stima .

CERVO ANGELA in FILIPPI CooperatriceCarrè (VI) a 79 anniEbbe la ventura di tornare a Dio nello

stesso giorno in cui moriva Mamma Mar-gherita, il 25 novembre, quando i salesia-ni di tutto il mondo offrono messe e suf-fragi per i loro genitori defunti . ComeMamma Margherita ebbe una vita sem-

plice e nascosta, senza storia agli occhidel mondo, ma ricca di valori agli occhi diDio che scruta nel cuore degli uomini . EraCooperatrice da lunga data, assidua allalettura del Bollettino Salesiano che at-tendeva con ansia . Donò a Dio due deisuoi cinque figli : don Mario, salesiano,direttore del Centro Catechistico Salesia-no e della LDC di Leumann (Torino), esuor Teresita del Consiglio generaliziodelle Sorelle della Misericordia di Verona .

CODA Comm. Grand'Uff. VENANZIOExallievo t Torino

Conservò per tutta la vita un grandeaffetto a Don Bosco e ai suoi educatori,aiutò con generosità le opere salesiane,specie quella di Vercelli negli anni difficilidel suo inizio . Uomo di intenso lavoro,affrontò le sue molteplici attività con spi-rito cristiano ; e fino alla tarda età fu fedelefrequentatore della basilica di Maria Au-siliatrice .

DIALE MARIA ved . GALLINO t LanzoTorinese a 86 anni

Di animo sensibile e generoso, soste-nuta da una fede semplice ma sicura,trascorse la lunga vita nella dedizione allavoro e alla preghiera, prodigandosi perla famiglia . Molto devota di Maria Ausilia-trice e di Don Bosco, ebbe la gioia di do-nare il suo primo figlio, don Michele, alSignore nella Congregazione salesiana .

DI PAULLI TERESA ved . NOLLI t PavoneMella (BS)

Una vita vissuta nella semplicità e nellapreghiera . Crebbe una famiglia numero-sa, e il Signore scelse per sé il settimo fi-glio, don Agostino, divenuto figlio di quelDon Bosco che lei tanto amava . Anchenell'infermità non smise di lavorare per glialtri, continuando a confezionare i pezzidestinati a formare le « famose bamboledei sogni » Migliorati, per la gioia deibambini .

FANTIN SEBASTIANO t San Martino(VR) a 96 anni

Nato a Riese patria di san Pio X, lo co-nobbe personalmente e da lui ricevetteuna speciale benedizione . Era il primo di16 fratelli, ed ebbe a sua volta 13 figli, dicui otto viventi . Nella sua meravigliosafamiglia cresciuta in stile spartano il Si-gnore scelse quattro vocazioni, di cui dueper Don Bosco . Suor Rita è Figlia di MariaAusiliatrice, e è direttrice in un'importanteopera nel Texas ; don Narciso è salesianoe lavora a Verona . Ha scritto nel suo te-stamento : « II Signore ci ha dato la graziadi avere due figli sacerdoti e due figliesuore : non eravamo degni di questa

grande grazia, e per questo ringrazio ilSignore » .

FERRARA FILOMENA ved . SCRIVO Coo-peratrice t Serra San Bruno (CZ) a 94anniFu duramente provata dalle vicende

della vita : perse due bambini in teneraetà, poi una figlia scomparsa tragica-mente e un figlio disperso in Russia ; nellasua fede semplice e robusta non si rin-chiuse su di sé ma trovò la forza di offriretutto al Signore . E gli offrì anche l'ultimofiglio rimastole, don Gaetano, oggi Vica-rio del Rettor Maggiore nella Congrega-zione salesiana .

LEONESSA GIUSEPPE CooperatoreRoma a 86 anni

Più di 40 anni di militanza come Coo-peratore salesiano attivo, una vita intera-mente spesa nel culto della fede e dellafamiglia, e alla base di tutto un semplicesegreto : la sua affettuosa devozione aMaria Ausiliatrice e a Don Bosco.

MAGRI mons. GIOVANNI Cooperatore tCaltanissetta a 93 anniNel 1906, ancora chierico, ricevette

dalle mani del Beato don Rua il diploma diCooperatore. Nei suoi 71 anni di sacer-dozio lavorò a lungo tra i giovani conspirito salesiano, soprattutto nelle scuolee nel seminario. Generazioni di questigiovani nisseni - oggi nelle più varie si-tuazioni della vita adulta - ricordano congratitudine la sua delicata direzione spi-rituale . Una profonda vita interiore e unvivo attaccamento a Don Bosco hannonutrito il suo sacerdozio e i suoi 75 anni divita di Cooperatore .

NOLLI GIULIA ved. MORETTI t PavoneMella (BS)

Era sorella di due sacerdoti, ed ebbe adoccuparsi dei salesiani quando i chiericidi Nave durante il periodo bellico sfol-larono nel suo paese : fu una grande gioiaper lei poter venire loro incontro benefi-candoli in quei difficili momenti .

OPEZZO FRANCESCO Cooperatore tCostanzana (VC) a 79 anni

Era fratello di due salesiani e due Figliedi Maria Ausiliatrice, tuttora viventi . Avevaereditato dalla famiglia un profondoamore alla Chiesa e lo dimostrava conuna partecipazione assidua e convintaalla vita della parrocchia .

ALTRI COOPERATORI DEFUNTI

Bertelli Itala ved . Lanzeni t Chàtillon(AO) a 68 anni - Cardillo Anna ved. Tri-bulato t Lentini (SR) a 86 anni - CerbaroSabina t Varese - Ciapa Michele t Po-tenza a 82 anni - lannelli Mario Exallievoe Cooperatore t Potenza a 75 anni - Me-cacci sac . Carlo - Milano Assunta t Cu-neo - Peano Caterina t Cuneo - ZaninlGiovannina t Cuneo a 82 anni - Zoldanpadre Giorgio, Giuseppino del Murialdo,Exallievo e Cooperatore t Aderzo (TV) a86 anni .

A quanti hanno chiesto informazioni, annunciamo che LA DIRE-ZIONE GENERALE OPERE DON BOSCO con sede in ROMA, ricono-sciuta giuridicamente con D .P, del 2-9-1971 n . 959, e L'ISTITUTOSALESIANO PER LE MISSIONI con sede in TORINO, avente perso-nalità giuridica per Decreto 13-1-1924 n . 22, possono legalmente ri-cevere Legati ed Eredità .

Formule valide sono :

- se si tratta d'un legato : « . . .lascio alla Direzione Generale OpereDon Bosco con sede in Roma (oppure all'istituto Salesiano per lemissioni con sede in Torino) a titolo di legato la somma di lire . . ,(oppure) l'immobile sito in . . . per gli scopi perseguiti dall'Ente, e parti-

colarmente di assistenza e beneficenza, di istruzione e educazione, diculto e di religione» .

- se si tratta invece di nominare erede di ogni sostanza l'uno ol'altro dei due Enti su indicati :

« . . .annullo ogni mia precedente disposizione testamentaria. Nomi-no mio erede universale la Direzione Generale Opere Don Bosco consede in Roma (oppure l'Istituto Salesiano per le Missioni con sede inTorino) lasciando ad esso quanto mi appartiene a qualsiasi titolo, pergli scopi perseguiti dall'Ente, e particolarmente di assistenza e bene-ficenza, di istruzione e educazione, di culto e di religione,

(luogo e data)

(firma per disteso)

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Borsa : San Giovanni Bosco, a cura del-I'exallievo e cooperatore prof . LeoneSassi L . 7 .500 .000Borsa : Maria Ausiliatrice e S . GiovanniBosco, con imperitura riconoscenza, im-plorando ancora soccorso, a cura di N .N .,Borriana (VC) L . 500 .000Borsa : in memoria e suffragio di BeltramiIng. Carlo e Regina di Borgomanero, acura di Massara prof . Mariarosa, MilanoL. 500 .000Borsa : Don Bosco: continua a proteg-gerci, a cura di Locale, Biella L. 500 .000

Borsa : in memoria e suffragio di RossettoChiesa, a cura dei familiari, Ziano Pia-centino L . 500 .000Borsa: a ricordo di Benedetto Fiori, a curadi N .N . L. 400 .000Borsa: S. Giovanni Bosco, in memoria esuffragio di Caudana Vittorio, a cura dellefiglie, Torino L . 400.000Borsa : Vocazioni Salesiane, in occasionedel Giubileo d'oro di Don Natale Cignatta,a cura degli Uomini dell'Oratorio di VaI-docco, Torino L . 400 .000Borsa : S . Maria Mazzarello, a cura diN .N ., Bresso L . 300.000Borsa : in suffragio di Mamma Lucia esorella Domenica, a cura di N.N . L.200 .000Borsa : in ringraziamento per le raggiuntenozze di diamante, a cura dei ConiugiPino e Carolina Fizzetti, Torino L . 200 .000

Borsa : Don Luigi Nano, per riconoscen-za, a cura di un exallievo L. 200 .000Borsa : Don Bosco, a cura di Turco Zuiri-no e Vera Magnano L. 200 .000Borsa : in memoria e suffragio dell'exal-lievo Luigi Fumagalli, a cura della Fami-glia L. 200 .000Borsa: invocando dal Signore protezionein punto di morte, a cura di Vitali BiondiLivia, Forlì L. 150 .000Borsa : in suffragio di Giorgio M . Delmon-te, a cura di Delmonte Jolanda, Cortemilia(CN) L . 150 .000Borsa : Maria Ausiliatrice, S . GiovanniBosco, S . Domenico Savio, per grazia ri-cevuta, a cura di Oggero Luigi, Torino L .150 000Borsa : Maria Ausiliatrice, S . GiovanniBosco, invocando grazia, a cura di ZalaMenghina, Svizzera L . 125 .000Borsa : in suffragio dei miei defunti, a curadi N .N ., Morano Po (AL) L . 60.000Borsa : Don Bosco, in memoria dei mieidefunti, a cura di Caffa M . e Amici delleMissioni, S . Donato Milanese L . 60.000

BORSE DI LIRE 100 .000

Borsa : Gesù Sacramentato, Maria Ausi-liatrice e S . Giovanni Bosco, invocandoprotezione, a cura di Musuraca Flora,Placanica (RC)Borsa: Maria Ausiliatrice, in ringrazia-mento, a cura di Ranco Vitalina (VC)Borsa: S . Domenico Savio, in suffragio diItala Bertelli, Chàtillon (AO)Borsa : Maria Ausiliatrice, S . GiovanniBosco, invocando protezione sui familia-ri, a cura di Maschio Giovanni, ViglianoBorsa : Maria Ausiliatrice, Don FilippoRinaldi, in suffragio dei defunti della Fa-miglia Trisoflio, Lu Mont . (AL)Borsa : Maria Ausiliatrice e Don Bosco,per ringraziamento, a cura di Gilli Michelee Alessi Luigina, TorinoBorsa : Don F. Rinaldi e Don E . Cena, acura di Fini Sac . Prof. Giosuè (FG)Borsa : Maria Ausiliatrice e Don Bosco,chiedendo grazia particolare e protezio-ne, a cura di Tonazzoli Pia, Lavis (TN)Borsa : S. Giovanni Bosco e S . Domenico

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Borse di studio per giovani Missionari pervenute alla Direzione Opere Don Bosco

Savio, per grazia ricevuta, a cura di Ma-niscalchi Concetta, PalermoBorsa : in suffragio di Antonino e LuigiSutera, a cura di Sutera Mascali Gaetana,Cerami (EN)Borsa : S . Cuore di Gesù, Maria Ausilia-trice, Don Bosco, a cura di Angelillo Ma-ria, Aversa (CE)Borsa : Maria Ausiliatrice, S. GiovanniBosco e S. Domenico Savio, a cura di LaRocca Antonino e C. RagusaBorsa : per vocazione di giovane povero, acura di Pensini Margherita, ParmaBorsa : Maria Ausiliatrice e Don Bosco, inmemoria di Maria Mazzucco e MargheritaRoggero, a cura di Giusio Piero, AstiBorsa : ricordando il XXV di sacerdoziodel salesiano Don Luigi Bergamin, a curadi Mussolin Antonio, PadovaBorsa : Maria Ausiliatrice, chiedendoprotezione per la Famiglia, specie per lasorella F.M .A. inferma, a cura di MastriRina, CatanzaroBorsa: Maria Ausiliatrice, per grazia ri-cevuta, a cura di Faralli Anelio (GR)Borsa : S . Giovanni Bosco, veglia su tutti imiei cari, a cura di Del Pane Adriana,Faenza (RA)Borsa : Maria Ausiliatrice e Santi Sale-siani, in ringraziamento e invocando pro-tezione sulla famiglia, a cura di BoggettiSantina, Venasca (CN)Borsa : S . Maria Mazzarello, Beato DonRua, in attesa di grazia, a cura di N .N .Borsa : Maria Ausiliatrice, S . DomenicoSavio, Don Rinaldi, in memoria di RinaldiGuglielmo, a cura di Rinaldi PierinaBorsa : Maria Ausiliatrice e Don Bosco, inringraziamento e per protezione, a cura diS .M ., Chiavar) (GE)Borsa : Beato Don Rua, per grazia ricevu-ta, a cura dei Coniugi Ghilardi (BG)Borsa : Don Bosco, ravviva la nostra fede,a cura di Zanon Giuseppe, VicenzaBorsa : Gesù Sacramentato, Maria Ausi-liatrice, Santi Salesiani, per grazia rice-vuta, a cura di Agosti Serafina (TN)Borsa : Don Samuele Vosti, in ringrazia-mento, a cura di della pronipote, SvizzeraBorsa: Maria Ausiliatrice, Don Bosco, pergrazia ricevuta, a cura di Montesano Avv .Roberto, NapoliBorsa: Maria Ausiliatrice, S . GiovanniBosco, in memoria e suffragio di Manga-no Francesca, nel 5' anniversario dellamorte, a cura del marito e della figliaBorsa : Maria Ausiliatrice, a suffragio deimiei genitori e della sorella, a cura diPessina Teresa, MilanoBorsa : Maria Ausiliatrice, S. GiovanniBosco, Don Rinaldi, invocando grazia perStefano, a cura di Tiriticco Vita, U .S .A.Borsa : Beato Don Rua, in memoria delpapà Giuseppe, a cura di Zavarise M .Carmela, Biadene (TV)Borsa : Maria Ausiliatrice, in ringrazia-mento e implorando aiuto, a cura di G .G .,exallievo .

BORSE DI LIRE 50.000

Borsa: Maria Ausiliatrice, Santi Salesiani,in ringraziamento, a cura di N .N .

Borsa : Maria Ausiliatrice e Don Bosco, acura di Sgroi Francesca, Barcellona (ME)

Borsa : Maria Ausiliatrice e S. Giovanni

Bosco, in memoria e suffragio di PortoMaria, a cura del marito e figlia (CL)Borsa : S . Giovanni Bosco, invocandoprotezione, a cura di Calvi Alfonso (NO)Borsa : Maria Ausiliatrice, in memoria esuffragio di Giuseppina Viglianco, a curadi Alberto Albertina Lanfranco, TOS. Giovanni Bosco e Beato Don Rua, inmemoria e suffragio di Martino Alberto, acura di Alberto Albertina Lanfranco, To-rinoBorsa : Santi Salesiani, in memoria e suf-fragio di Battistina e Caterina Alberto, acura di Alberto Albertina Lanfranco, To-rinoBorsa : Santi Salesiani, in memoria e suf-fragio di Maria e Enrico Casalis, a curadelle Cooperatrici Oratorio S . Paolo, To-rinoBorsa: Maria Ausiliatrice e S. GiovanniBosco, a cura di Porinelli Ada, TorinoBorsa: Don Bosco, in suffragio dei defuntidella famiglia, a cura di N .N .Borsa: Don Bosco, ringraziando e chie-dendo protezione, a cura di N .N .Borsa: S . Domenico Savio, in memoria esuffragio di Maria Pertusio, a cura dellafiglia Teresina, Chieri (TO)Borsa: S. Giovanni Bosco, in memoria esuffragio di Pietro Pertusio, a cura dellafiglia TeresinaBorsa: Maria Ausiliatrice e Santi Sale-siani, in ringraziamento e invocando gra-zia, a cura di F .P ., TorinoBorsa : Maria Ausiliatrice, invocandoprotezione, a cura di F .P ., Torino

Borsa : S . Cuore di Gesù, Maria Ausilia-trice, S. Giovanni Bosco, a cura di Dal-maso Maria, Borgo Valsugana (TN)Borsa : Maria Ausiliatrice, S . GiovanniBosco, in ringraziamento, a cura di Avi-dano Primo, Castagnole Monf . (AT)Borsa : Maria Ausiliatrice, Santi Salesiani,invocando protezione per nipotini e lorogenitori, a cura di Saino Rina (NO)Borsa : Maria Ausiliatrice, S. GiovanniBosco, in ringraziamento, a cura di (vaniNardina, La SpeziaBorsa : Maria Ausiliatrice, S. GiovanniBosco, in suffragio di Raffaela, a cura diCattaneo Evelina, Govone (CN)Borsa : Don Filippo Rinaldi, per grazia ri-cevuta, a cura di Melloni Elisa (CO)Borsa: in memoria dell'exallievo AnnibaleBrambilla, a cura di Brambilla CarmelaMilanoBorsa : in suffragio dei miei defunti, a curadi Bidinost Maria (UD)Borsa : S . Rosa da Lima, in suffragio deimiei defunti è di famiglie offerenti, a curadi Ferrero Teresa, Moretta (CN)Borsa : San Cesare, a suffragio defuntimiei e di famiglie offerenti, a cura di Fer-rero Teresa, Moretta (CN)Borsa : Maria Ausiliatrice, S. GiovanniBosco, S . Domenico Savio, per grazia ri-cevuta e invocando protezione, a cura diGirardi Ercolina, Rubiana (TO)Borsa : Maria Ausiliatrice, Don Bosco, inringraziamento e invocando protezione, acura di Arredi Marga, RomaBorsa : Don Bosco, S . Domenico Savio,per grazia ricevuta e invocando protezio-ne, a cura di Racca Pietro, Fossano (CN)Borsa: Maria Ausiliatrice, in suffragiodefunti Ferrara Vagliasindi, a cura di DonCalogero Vizzi, Randazzo (CT)Borsa: Maria Ausiliatrice, S . Giovanni

Bosco, invocando protezione sui figli, acura di Salino Luigina, TorinoBorsa : Don Bosco, invocando grazia, acura di N .N ., NapoliBorsa : Don Bosco, in memoria del maritoe chiedendo grazia per il figlio ammalato,a cura di Nobili Rosina, Vetto (RE)Borsa: Maria Ausiliatrice e S . GiovanniBosco, in ringraziamento, a cura di BelliAnna De Nardin, Busche (BL)Borsa: Maria Ausiliatrice, S. GiovanniBosco, S. Domenico Savio, in suffragiodel mio Giuseppe, a cura di RovasinoMargherita, Caprile (VC)Borsa: S. Cuore di Gesù, Maria SS . e S.Giuseppe, per grazia ricevuta, a cura diMameli Bonaria, Selegas (CA)Borsa: Don Bosco, a cura di Rossi Bene-detta, VicenzaBorsa: in memoria della mamma Filome-na Picco, a cura del Centro FormazioneProfessionale Bearzi, UdineBorsa : Maria Ausiliatrice e Santi Sale-siani, a cura di Colombo Arturo (VA)Borsa : Maria Ausiliatrice, S . GiovanniBosco, invocando grazie e protezione, acura di Prato Giovanna, Saluzzo (CN)Borsa : Maria Ausiliatrice, Don Bosco eDon Rua, per grazia ricevuta, a cura diFulginiti Francesco, Montepaone (CZ)Borsa : Maria Ausiliatrice, S . GiovanniBosco, in ringraziamento e invocandoprotezione, a cura di Tavella Navone Ri-na, Montaggio (GE)Borsa : Maria Ausiliatrice, Don Bosco,Domenico Savio, invocando protezioneperla famiglia, a cura di Leonelli Luciana,Cinisello B. (MI)Borsa : S. Domenico Savio, in ringrazia-mento e invocando protezione, a cura diRe Gianna, Castellanza ( VA)Borsa : in suffragio dei miei defunti Mar-cello e Pierino, a cura di Marchi MarcellaVarignano d'Arco (TN)Borsa : Maria Ausiliatrice, S. GiovanniBosco, in suffragio dei genitori, fratello esorella e invocando protezione, a cura diCarpanetto Giovanna (VC)Borsa: Maria Ausiliatrice, per grazia ri-cevuta, a cura di N .N ., MezzanoBorsa: in suffragio di Don Desiderio, acura di Legnetti Geom . Arturo (CS)Borsa: Maria Ausiliatrice, Santi Salesiani,in suffragio miei defunti e invocandoprotezione, a cura di Venturino MasoeroMaria, Monselice (PD)Borsa: S . Domenico Savio, in suffragio diGiuseppe Canavesio, a cura del Cond .Coop . Archidee, Novi Ligure (AL)Borsa : Maria Ausiliatrice, S . GiovanniBosco, con riconoscenza e implorandoprotezione, a cura di M .C., Rosta (TO)Borsa : S . Giovanni Bosco, a cura delCoop. Regano Antonio, nel suo 93° com-pleanno, Andria (BA)Borsa : S. Cuore di Gesù e Maria Ausilia-trice, in memoria e suffragio di SferrazzaFilippo, a cura degli amici (AG)Borsa : Maria Ausiliatrice e S. GiovanniBosco, proteggete la mia famiglia, a curadi Moretti Franchi Felicita, Offlaga (BS)

Per le nuove Borse Mis-sionarie l'offerta minimaè di lire 100.000. Grazie

∎ BOLLETTINO SALESIANO ∎ 1 ° GIUGNO 1981 ∎ 35

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Spediz. in abbon . postale - Gruppo 2° (70) - 1 • quindicina

AWISO PER ILPORTALETTEREIn caso diMANCATO RECAPITOinviare aTORINOCENTRO CORRISPONDENZAper la restituzione al mittente

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