cesarina xaiz

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CONSIGLI METODOLOGICI RELATIVI ALLE ATTIVITA’ LUDICHE ATTE A STIMOLARE L’INTERSOGGETTIVITA’ 1

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CONSIGLI METODOLOGICI RELATIVI ALLE ATTIVITA’ LUDICHE ATTE A STIMOLARE L’INTERSOGGETTIVITA’

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Per elicitare con maggiore efficacia le potenzialità del bambino/a riteniamo utile intervenire sia sugli aspetti metodologici e organizzativi dell’educazione che sui contenuti da trasmettere.E’ difatti molto importante che l’apprendimento avvenga in un ambiente appositamente strutturato in modo graduale e sistematico.All’interno dell’insegnamento programmato si potranno organizzare le sedute in modo tale da chiedere al piccolo/a di svolgere certi compiti guidandolo/a sia fisicamente che verbalmente, attraverso i suggerimenti o la dimostrazione.Ogni volta che il comportamento richiesto verrà manifestato il bambino/a potrà ricevere una ricompensa.Tale approccio presenta i seguenti vantaggi:

un utilizzo razionale e programmato di tecniche basate su costrutti teorici dell’apprendimento che realmente funzionano sull’individuo(l’esperienza lo ha dimostrato);

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l’uso del tempo e delle energie finalizzati alle reali necessità di crescita;

la scomparsa o la riduzione dei comportamenti-problema, disturbanti e negativi;

il rispetto delle competenze e dei limiti in chiave realistica e funzionale alla vita pratica;

la creazione di una relazione sempre più positiva tra adulto-bambino/a basata sul raggiungimento di risultati concrete anche se minimi;

nel momento in cui si iniziano a consolidare e ad usare i nuovi apprendimenti si instaurerà quasi automaticamente un circolo virtuoso di motivazione intrinseca.

Uno strumento estremamente efficace sarà la raccolta sistematica e costante dell’andamento generale (progressi/regressi) mediante la redazione di un diario giornaliero ,di check list e strumenti specifici di rilevazione.In sintesi di dovrà sempre tenere conto dei seguenti punti:

organizzazione scientifica degli obiettivi, degli spazi ,dei tempi, delle risorse e degli strumenti (senza lasciare nulla caso);

monitoraggio costante dei cambiamenti.

FARE IL PUNTO DELLA SITUAZIONE,DARSI DELLE METE REALISTICHE SECONDO IL PERCORSO:VALUTARE – PROGRAMMARE - RIVALUTARE – RIPROGETTARE.Chi comincia a giocare con il bambino/a si porrà certamente domande quali:”Con cosa iniziare?A quali attività dare maggiore importanza?”.Ebbene in situazione iniziale si riceveranno messaggi e risposte dalla stessa attività spontanea del piccolo/a, quindi sarà essenziale dedicare le prime sedute alla presentazione dei materiali facendo attenzione alle sue reazioni,alle sue scelte di fronte alle proposte didattiche.Si annoteranno poi le dinamiche emerse in tre macrocategorie di stima:-prova riuscita (investimento motivazionale congruo e completa padronanza);-prova emergente (blando coinvolgimento ed esecuzione lacunosa);-prova fallita (nessun interesse per il compito, assente il tentativo di prova).Se l’attività risulterà emergente si potrà riproporla in forma ripetuta strutturando mete e obiettivi a partire dagli interessi spontanei.Valutare dunque da principio l’investimento intrinseco per il materiale proposto e il tipo di reattività palesato (es:riduzione dell’instabilità motoria, delle stereotipie,interesse per materiali aventi determinate caratteristiche morfologiche o fisiche, attivazione del canale visivo, uditivo, tattile, propriocettivo,cinestesico…).In questa prima fase è basilare intervenire su due nuclei ben distinti:

riduzione dell’instabilità motoria e attentava;incentivazione delle strategie imitatorie simultanee.

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Valutare le abilità sociali che il bambino/a mostra durante il gioco.

Nella stessa attività si individueranno le linee di sviluppo trasversali (motorie,attentive,prussiche,sociali,linguistiche…) annotando i processi in una visione ecologica (globale) e dinamica del processo di padronanza delle capacità e delle competenze.Elenchiamo di seguito alcune delle abilità intersoggettive da esaminare: INTERSOGGETTIVITA’ PRIMARIA

orientamento: capacità di reagire a uno stimolo nuovo, di distinguere ciò che è nuovo e rilevante da ciò che è usuale, noto o non importante;

attivazione: capacità di “agire”sia fisicamente che emotivamente in modo congruo;

attenzione:capacità di orientarsi a lungo nei confronti di uno stimo o di una configurazione di stimoli in modo da percepirne le caratteristiche;

interesse per il volto umano: capacità di riconoscimento del viso e delle sue espressioni;

capacità di alternanza dei turni:sorrisi,sguardi,produzioni verbali.INTERSOGGETTIVITA’ SECONDARIA

attenzione congiunta:alternanza del proprio sguardo fra la cosa che il bambino/a sta facendo con l’altra persona, seguire con lo sguardo l’indicazione dell’altro,controllare dove l’altro sta guardando e dirigere lo sguardo in quella direzione,indicare per chiedere e per mostrare,portare un oggetto all’altro per renderlo partecipe dell’azione esperita; imitazione:adattamento a schemi esterni in relazione alle espressioni del volto,ai gesti,al movimento,all’uso di oggetto,via via sino ad azioni più complesse; emozione congiunta:ridere e sorridere insieme, in risposta alla stessa situazione,utilizzare l’espressività come strumento di scambio sociale; intenzione congiunta:partecipare,riconoscere la condivisione dell’attività; scambio di turni: triangolazione della visione io-tu-oggetto,alternanza di sguardi,di sorrisi,di suoni,di movimenti,risposta al proprio nome.

TAPPE DELLO SVILUPPO DELL’INTERSOGGETTIVITA’ 

L’intersoggettività è il processo di condivisione dell’attività mentale che ha luogo tra soggetti durante un qualsiasi atto comunicativo. Questa capacità è innata e non richiede capacità cognitive astratte razionali o teoriche né dipende dall’apprendimento culturale.

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Si manifesta come consapevolezza empatica della presenza nei movimenti e nelle vocalizzazioni dell’altro.

L’intersoggetività è resa possibile dalla produzione e dal riconoscimento di movimenti del corpo, soprattutto del viso, del tratto vocale e delle mani.

  Fasi dello sviluppo dell’intersoggettività 1- Intersoggettività primaria:Indicatori di questo interesse sono:   l’imitazione neonatale: insieme di comportamenti espressivo-comunicativi;   le protoconversazioni: interazioni spontanee a carattere affettivo positivo tra madre e bambino, entrambi i partner collaborano nella creazione di scambi caratterizzati da una iniziale alternanza di turni.  Sono regolate dalle emozioni attraverso un processo empatico  ovvero interaffettivo il cui scopo principale è stabilire legami affettivi positivi con l’altro. Il bambino attratto dalla voce, dall’espressione del volto e dai gesti delle mani risponde gioco-samente con affetto, imitando e provocando imitazione La madre guarda e ascolta, anticipando intuitivamente le espres-sioni del bambino. Risponde empaticamente e giocosamente con linguaggio “motherese”, tocco ed espressioni del volto e delle mani Comunicazione precoce tra madre e bambino di due mesi. Questo è il periodo della Intersoggettività Primaria.Si osservano inoltre altre peculiarità quali: comparsa di grande interesse per gli oggetti; sviluppo di giochi interpersonali basati sulla presenza e sulla manipolazione di aspettative reciproche; reazioni, proteste, giochi vivaci, ritmi più veloci ed emotività più intensa; scherzi, eccitazione “impaurita” aspettiva; canzoni che forniscono una cornice di interazioni più complesse.  Queste stimolazioni forniscono al bambino una storia da seguire con una introduzione, uno sviluppo, un apice, ed una risoluzione, il tutto con una regolazione basata su parametri ritmici, tonali e sintattici che sono universali simili ai parametri della musica e della poesia.  Il bambino è esperto nel giocare con le intenzioni e le aspettative dell’altro e incomincia a prenderlo in giro (es. offre un oggetto e poi lo tira indietro). A volte il bambino usa queste interazioni con estranei (che spesso non colgono): Protosegni o Protosimboli per sottolinearne la natura semi-convenzionale.  In questa fase compare la joint orientation (o joint attention), ovvero la capacità di focalizzare la propria attenzione sull’oggetto dell’attenzione altrui e dell’ emotional referencing, ovvero dell’uso della reazione emotiva di un adulto quale commento sulla valenza di un oggetto o persona. 2 Intersoggettività secondaria arriva fino ai 14 mesi ed è caratterizzata: sviluppo di una grande quantità di relazioni triadiche tra sé, altro e oggetti (o situazioni); comparsa di comportamenti di segnale più convenzionale dei precedenti protosegni. 

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Il bambino impara ad usare e capire gesti convenzionali quali l’indicare (come richiesta e come dichiarazione), il che significa che il bambino intende la funzione comunicativa della propria azione referenziale così come quella dell’altro. Il bambino esprime una forte motivazione al coinvolgimento in comunicazioni con il suo interlocutore su altre persone, oggetti ed eventi.  Esiste una consapevolezza persona- persona-oggetto e la creazione di un mondo dal significato comune. Il triangolo persona-persona-oggetto con attenzione condivisa. Prima della fine del primo anno, un bambino comincia a manifestare interesse nel condividere scopi ed interessi con un familiare. Questa coscienza cooperativa richiede l’abilità di alternare l’attenzione tra un oggetto ad una persona, mentre si presta attenzione alle loro emozioni, segnali interesse e prontezza nell’agire. Questo è il momento in cui il bambino comincia a vocalizzare “commenti” con gesti e a fare atti significativi. METODOLOGIA,ORGANIZZAZIONE DELLO SPAZIO FISICO,STRUTTURAZIONE DEL TEMPO, DEI MATERIALI,PREVEDIBILITA’,RIPETIZIONE DELLE ATTIVITA’,CURA PER LA MOTIVAZIONE ALL’INTERNO DELL’ESPERIENZA SCOLASTICA

COSTRUIRE UN PONTEDobbiamo cercare di costruire un ponte tra due realtà:

il bambino e tutto quello che apprende a casa a scuola ed in terapia; il bambino e i suoi deficit.

Si lavora dunque sui due versanti (famiglia /scuola), si fa crescere la costruzione verso il centro, dove alla fine i due versanti s’incontreranno.Tramite il ponte, poi, è possibile comunicare, incontrarsi, e magari anche fare qualcosa insieme.

ALCUNI CONSIGLI PRATICI SU COME PRESENTARE LE ATTIVITA’

l’ambiente-gioco deve essere prevedibile e costante; i tentativi di interazione sociale devono potersi ripetere con

costanza, in equilibrio tre la novità e il già noto; non contare soltanto sui significati sociali per motivare il bambino/a

ma utilizzare anche significati concreti legati alle cose esperite;

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parlare in modo chiaro e semplice,con parole direttamente legate a quello che si fa e a quello che si usa (esemplificando concretamente se necessario);

non fare assegnamento unicamente ai gesti e alle parole per ottenere la partecipazione al compito ma affidatevi anche alle immagini o agli oggetti tridimensionali;

in caso di rifiuto marcato si può ricorrere alla guida fisica se la tolleranza al contatto tonico è presente;

gli interessi insoliti, le stereotipie non devono essere considerati negativamente e quindi inibiti, ma interpretati come un ponte per costruire un’ alleanza, come elementi per la costruzione di un’interazione sociale;

partire sempre da materiali già noti al bambino/a all’interno dei suoi interessi, cercando successivamente in modo graduale di inserire alcune variabili,

prima di cercare di ottenere l’attenzione su un nuovo materiale utilizzando mezzi di tipo sociale (richiesta, esortazione, rinforzo,gratificazione) ricordatevi di creare occasioni ambientali in cui il bambino/a stesso possa avvicinarsi agli oggetti (sfondo integratore);

alternate nuove proposte con l’offerta di attività o materiali già presenti nel repertorio competenziale;

cercate di capire quali elementi-stimolo (colore,luci,rumori,movimento…)sono maggiormente nell’interazione con l’oggetto e introdurre nuovi stimoli simili;

valutare anche la sequenzialità dei patterns d’azione e variarla in modo costante ma graduale.

COME LAVORARE?

Prevenire i disturbi sensoriali; strutturare gli spazi e i tempi; adattare la programmazione alle reali capacità del soggetto; prevedere obiettivi rilevanti e ripeterli; curare la motivazione.

PREVENZIONE DEI DISTURBI SENSORIALI

Allestire un ambiente tranquillo e comunicativo dove eseguire i compiti educativi ,la struttura del luogo predisposto per le attività dovrà essere molto semplice, ben visualizzabile; lo spazio dovrà essere identificabile visivamente (un tavolo colorato, un tappeto con i disegni…),circoscritto (definito con dei confini ben chiari come mobili,tramezzi,muri,divisori),essenziale (dotato solo di quello che serve senza elementi di distrazione (oggetti che non sono predisposti al tipo di compito richiesto, ma anche persone e situazioni);

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porre attenzione ad eliminare dunque, per quanto possibile, l’eccesso di stimoli (posters alle pareti, quaderni impilati, giochi a disposizione); considerare la presenza di luci fastidiose (neon) o rumori persistenti. Considerare anche fonti di odori penetranti (colla o tempere); non lasciare libero accesso ad oggetti che possono evocare stereotipie o rituali (sapone, stoffe particolari, carta da strappare, fili o cordicelle da agitare, etc.);

L’ORGANIZZAZIONE DELLO SPAZIO E’ UN MEZZO NON SOCIALE MA CONCRETO PER COMUNICARE AL BAMBINO/A CON CHIAREZZA DOVE SI GIOCA,CON COSA SI GIOCA E PUO’ SERVIRE ANCHE A FAR CAPIRE QUANDO INIZIA E QUANDO FINISCE L’ATTIVITA’.

 ESEMPIO DI STRUTTURAZIONE DELL’AMBIENTE SECONDO CRITERI CROMATICI COSTANTI

IL TAVOLO E LA SEDIA ROSSI PER IL DISEGNO, LE ATTIVITA’ DI COSTRUZIONE E DI MANIPOLAZIONE

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LA SCATOLA BLU IN CUI RIPORRE IL MATERIALE

IL TAPPETO GIALLO PER IL RILASSAMENTO E IL GIOCO MOTORIO

ARMADIO VERDE DOVE RIPORRE GLI INDUMENTI,LO ZAINETTO…

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TAVOLO NERO DOVE MANGIARE

 IN QUESTI MODULI SPAZIALI (DIDATTICI E ROUTINARI) IL BAMBINO/A IMPARERA’ AD ENTRARE E A USCIRE ATTRAVERSO RITUALI TEMPORALI PRESTABILITI E REGOLARI.  LA STRUTTURAZIONE DEL TEMPOE’ bene che sia l’adulto a fissare preventivamente il tempo del gioco, i ritmi saranno progressivamente ampliati in modo graduale.

L’aspetto tempo richiede decisioni sia sulla durata che su come far capire al bambino/a la fine e l’inizio. COME FARE?

Molto utile a questo scopo è la costruzione dei rituali ovvero comportamenti-azione che andranno associati sempre all’ingresso e alla fine dello spazio-gioco (es: si tolgono le scarpe all’inizio e si rimettono alla fine,oppure si mostra un oggetto caro al piccolo/a come segnale d’inizio quindi si ripone in un luogo apposito, e si ripropone al termine dell’attività, si utilizza un timer).Spesso non basterà dire “Andiamo a giocare”,bisognerà invece utilizzare modalità più fisiche (prendere la mano, portare in braccio, guidare per le spalle …).

ADATTAMENTO DELLE RICHIESTE AL LIVELLO REALE DI PERFORMANCE Non è una buona idea programmare senza una buona valutazione funzionale (a meno che questa non sia ancora eseguibile). Vanno proposte attività a cui il bambino/a può avere accesso con un margine di successo. Le attività per cui non è ancora pronto/a perché non ne possiede i prerequisiti non vanno proposte subito. Sarebbe come chiedere ad una persona che non sa fare le addizioni di eseguire equazioni di secondo grado.Obiettivi Rilevanti Individuare un numero sensato di obiettivi davvero realizzabili durante l’anno scolastico, concentrarsi su obiettivi che migliorino la qualità di vita dell’alunno e della famiglia senza pretendere di raggiungere obiettivi didattici non raggiungibili (ad esempio lavorare intensamente sulle autonomie e non sulla letto scrittura se non ci sono i prerequisiti). Insegnare a comunicare Nessun mezzo comunicativo va escluso a priori ,l’ importante è utilizzare sempre ausili visivi adeguati però al livello cognitivo del bambino (non si

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possono usare i disegni con bambini che non ne capiscono il significato simbolico).

PREVEDIBILITA’ E RIPETIZIONE  E’ importante che il gioco venga presentato sempre nello stesso luogo,più o meno alla stessa ora, con la stessa successione nell’arco della giornata.Le singole attività possono essere ripetute nello stesso modo per molto tempo, con modificazioni minime e indirette,ciò porterà il bambino/a a prestare maggiore attenzione e ad apprendere gli elementi sociali del gioco proprio perché quelli fisici diverranno completamente prevedibili.E’ fondamentale accettare che alcune di queste attività diventino dei veri e propri rituali, per poter successivamente introdurre variazioni che si baseranno su un cambiamento alla volta (es: utilizzare uno stesso schema ludico cambiando il materiale oppure al contrario con lo stesso oggetto si proporrà uno schema diverso).Ricordiamo che si possono considerare variazioni non solo i mutamenti delle modalità di gioco o dei materiali ma anche e soprattutto i cambiamenti sociali.CURA DELLA MOTIVAZIONESi è già scritto ella forte valenza del concetto di struttura per far capire al bambino/a ciò che si intende proporre inizialmente attraverso modelli concreti (organizzazione dello spazio, del tempo e dei materiali ) per poi fruire di rinforzi maggiormente sociali.Anche la motivazione stessa dovrà dunque essere acquisita mediante messaggi concreti e non nei modi convenzionali.

La motivazione si compone di vari aspetti:è motivante ciò che si capisce;è motivante ciò che si è in grado di fare;è motivante ciò che corrisponde al proprio stile percettivo,cognitivo

ed emotivo.Da ciò si evince quanto sia importante che l’adulto proponga le attività in modo che gli oggetti parlino da soli all’investimento del bambino/a senza pressare troppo.Nella progettazione iniziale tenete dunque in considerazione solo le cose che attirano il piccolo/a e partite da lì per poi ampliare i suoi interessi.A partire da questo si potranno inserire gradualmente dei rinforzi ( positivi e concreti come un bacio, una caramella…) per implementare e mantenere la motivazione estrinseca.

SINTESI DELLE TAPPE SALIENTI DEPUTATE ALLA STRUTTURAZIONE DI UNA METODOLOGIA MIRATA

 

1)ORGANIZZARE LE PRIME SEDUTE IN MODO “ETOLOGICO”,OSSERVANDO E VALUTANDO GLI INTERESSI SPONTANEI DEL BAMBINO/A,LE SEQUENZE D’AZIONE,LE

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PECULIARITA’ DELLA RICERCA SENSORIALE,I TEMPI DI INVESTIMENTO,LE EVENTUALI COMPETENZE INTERSOGGETTIVE LATENTI.

   

2)SUCCESSIVAMENTE IN BASE A QUANTO EMERSO STRUTTURARE I RINFORZI CONCRETI (MATERIALI,SPAZI,TEMPI,MOTIVAZIONE).

3)INSERIRE LE VARIABILI IN MODO GRADUALE RISPETTANDO I RITMI DEL BAMBINO/A, ORGANIZZANDO I CONTENUTI IN CHIAVE REALISTICA.

4)OPERARE IN COSTANTE SINERGIA CON LA FAMIGLIA, GETTANDO “PONTI” CHE FACILITINO L’ESPERIENZA EDUCATIVA.

CONSIGLI PER LA FAMIGLIA (COSA FARE A CASA)

Il bambino/a autistico impara soltanto se guidato da un contesto di apprendimento ben strutturato, chiaro e prevedibile, raramente impara in modo spontaneo o incidentale o per semplice imitazione, come spesso avviene per tutti gli altri bambini o spiegandogli solo verbalmente ciò che deve fare.

Essendo le sue difficoltà di fondo legate all'incomprensione del mondo sociale, convenzionale e simbolico della nostra realtà

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quotidiana e alle relative complessità di comunicazione è necessario saper discriminare ciò che è essenziale da ciò che è secondario, ciò che è astratto da ciò che è concreto. Del nostro mondo così complesso gli si possono insegnare solo semplici regole, ma non gli aspetti più raffinati, e ancora più difficilmente gli aspetti emotivi dei nostri comportamenti. Si tratta di saper individuare le priorità fondamentali per una vita il più possibile serena,sicura e autonoma. Molto invece può imparare degli aspetti concreti della realtà.

Ecco un esempio di come si può strutturare una attività in ambito familiare:

innanzitutto predisponetevi positivamente: è possibile educarlo e istruirlo ed è anche stimolante e a volte entusiasmante: questo lo affermano tantissimi genitori e operatori e potrà scoprirlo chiunque ci proverà con costanza e con passione;

scegliete un posto tra gli spazi che avete a disposizione e che potete progressivamente rendere sempre più adatto per tale scopo. E' importante che sia sempre lo stesso. Serve un tavolo e una sedia adatti all'età del bambino,"pulito", privo di altri stimoli. E' preferibile che ci sia solo il materiale del compito che volete insegnare;

individuate un obiettivo molto semplice per il quale dimostra già qualche tentativo di comprensione, di interesse e di esecuzione.

Ecco alcuni esempi possibili e realistici: avete osservato che vostro figlio tenta di aprire una bottiglia ma non ci riesce? Tenta di slacciarsi la cerniera ma non lo fa bene e fino in fondo? Prova a togliersi il giubbotto

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e ad appenderlo ma tutto ciò è impreciso? Sfoglia un libro o una rivista e si sofferma su qualche immagine? E' attratto dai pennarelli e scarabocchia volentieri? Vi cerca e vi porta per farvi capire che vuole qualcosa? Dà qualche segno particolare quando deve andare in bagno? Gli chiedete qualcosa e accenna ad eseguirla ma poi si perde e non la conclude?

Ogni adulto se osserva con attenzione può scoprire svariati tentativi da parte del bambino per fare o comunicare. Ogni suo tentativo di fare può essere opportunamente selezionato, attentamente osservato e insegnato, perché se ci prova già da solo, significa che è interessato e motivato a farlo e quindi è disposto a prestare attenzione a quel tipo di compito;

avete scelto il posto dove insegnare e un compito realistico e interessante anche per il bambino, ora individuate un tempo nell'arco della giornata, compatibile con le vostre occupazioni, che possa essere mantenuto costante. Meglio un tempo breve ma ripetuto e mantenuto che non uno lungo ma difficile da rispettare. Quindici minuti un paio di volte al giorno sono più che sufficienti per iniziare. In questo modo impara a prevedere, giorno dopo giorno il ritmo del lavoro;

individuate quale tipo di materiale vi serve per svolgere il compito. Il bambino autistico in genere presta maggiore attenzione agli oggetti, a materiali che si possono montare, combinare,classificare, ecc. Cercateli sempre nell'ambiente, non comprate materiali costosi o già costruiti, potrebbero risultare inutili. Costruite sempre voi il compito,con materiali poveri e di uso comune, questo vi

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permetterà di poterlo padroneggiare e modificare secondo le esigenze. L'esempio che segue è solo indicativo e si riferisce ad un compito che può essere insegnato facendo sedere il bambino ad un tavolo. Per altri apprendimenti, come lavarsi le mani, riordinare i giocattoli ,ecc, può essere più adatto strutturarli nel luogo dove effettivamente dovrà svolgerli: cucina, bagno, camera da letto, ecc.

Se per esempio volete insegnargli a fare i nodi, procuratevi quattro o cinque lacci, altrettanti bastoncini intorno ai quali fare i nodi, fissateli, ciascuno su un cartone robusto, infilateci sotto il laccio e provate prima voi ad eseguire i nodi per verificarne la facilità o meno dell'esecuzione e trovare la maniera più semplice e chiara. Disponete i cartoni così predisposti in un vassoio da pasticcini da posizionare in seguito sulla sinistra del bambino. Si prenderà il primo cartone, si collocherà al centro, si eseguirà il primo nodo e si collocherà il cartone, col nodo già eseguito, in un altro vassoio sulla destra. Si prenderà il secondo cartone e si ripeterà il procedimento fino all'ultimo. Quando non ci saranno più elementi sulla sinistra, si prenderà il vassoio vuoto, si collocherà su quello pieno sulla destra e si metteranno su uno scaffale o su una sedia o in una scatola sempre sulla destra, in modo che il tavolo rimanga di nuovo vuoto, "pulito". A questo punto si dirà: "abbiamo finito", accompagnando le parole con un gesto adatto e sempre uguale. Il compito

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potrà progredire opportunamente fino all'esecuzione dei nodi sulle scarpe.

quando tutto vi risulta chiaro, (se il compito non è chiaro e semplice per voi, come potete renderlo semplice e chiaro per lui?) prendete il materiale così costruito, lo mostrate al bambino e prendendolo per mano ditegli: "andiamo a lavorare", accompagnandolo decisi verso il tavolo già predisposto. In seguito sarà necessario individuare un simbolo-segnale del lavoro che sarà strettamente individualizzato tenendo conto delle abilità del bambino. Riconosce bene le foto? Potete scegliere una foto. Sa leggere? Potete scegliere un cartoncino con su scritto: "LAVORO". E' importante che ogni volta che deve lavorare, voi gli mostriate e gli facciate prendere in mano il simbolo scelto. Le parole da sole per il bambino autistico non sono mai sufficienti né molto significative;

lo fate sedere correttamente, vi sedete di fianco o di fronte, richiedete la sua attenzione al materiale e dimostrate come fare. Nel caso citato sopra, il primo nodo col primo laccio, poi dite:" prova tu", oppure, "adesso fallo tu" facendogli prendere il secondo cartone;

osservate con la massima attenzione se ci prova, quanto è in grado di imitare ciò che gli avete proposto, che tipo di difficoltà incontra, dimostrando ulteriormente, se necessario, come si fa. Se vi accorgete che il compito è ancora difficile per lui, o che viene meno l'interesse da parte sua, aiutatelo concretamente, con calma e con le parole strettamente necessarie, a portarlo comunque a termine, richiedendo la collaborazione che è in grado di dare e terminate dicendo:"bravo che hai lavorato", gratificandolo con qualcosa di suo sicuro gradimento per

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l'attenzione e per la collaborazione. Chi ha un bambino autistico, genitore o operatore deve innanzitutto conoscere ciò che gli piace e può e deve usarlo per gratificarlo ogni volta che il bambino collabora. Può essere una carezza, un bacio, un'attività preferita, un giocattolo o un pezzetto di cibo o di dolce;

terminate la seduta di lavoro dicendo sempre:"abbiamo finito", come sopra specificato. Usate sempre un linguaggio semplice ma efficace e adeguato al tipo di compito, fatto di parole o frasi "chiave". Se parlate troppo potreste confonderlo. Le spiegazioni più efficaci sono quelle dimostrative col materiale strutturato, accompagnate da parole e frasi standard;

a questo punto la seduta di lavoro è terminata per il bambino ma non per l'adulto che deve analizzare ciò che ha funzionato e ciò che è risultato troppo difficile, prendendone nota e modificando il compito per renderlo sempre più adeguato allo scopo. In questo l'uso della videocamera è di enorme aiuto, provare per credere. Lavorare con un bambino autistico è sempre, necessariamente, un lavoro di continua e attenta ricerca;

prestate sempre molta attenzione alla caduta dell'interesse e dell'attenzione: se non è attento e interessato a ciò che gli state proponendo, è del tutto inutile insistere, ma portate comunque a termine la seduta di lavoro, come detto sopra. Se l'obiettivo era realmente alla portata delle abilità del bambino, i risultati positivi non si faranno attendere, e anche il comportamento risulterà sufficientemente adeguato, sia in termini di collaborazione che di apprendimento. Se, al contrario, il compito era troppo difficile, allora il suo comportamento vi dimostrerà

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con chiarezza che deve essere ulteriormente semplificato o addirittura abbandonato, scegliendo un obiettivo molto più semplice, alla sua portata e di suo sicuro interesse. Si deve cominciare sempre da ciò che piace al bambino.

L'esperienza ci dice che è molto difficile predisporre un contesto educativo così complesso e strutturato soprattutto in casa dove a volte, tempi, spazi, abitabilità e numerose altre variabili rendono estremamente difficile anche solo un lavoro di quindici minuti giornalieri. E' senz'altro più facile in una scuola. Numerose famiglie,però ci hanno provato, ci sono riuscite, e ne sono state abbondantemente ripagate, e quindi tutto ciò non solo è possibile ma anche l'unico modo sicuro per imparare a gestire adeguatamente e in modo globale nel tempo una persona con autismo. Dopo un certo tempo, aumentando l'esperienza, la conoscenza, la volontà e il progressivo aumento dell'efficacia e della soddisfazione,del bambino e vostra, vi avvierete naturalmente verso una semplificazione e un'organizzazione dell'insegnamento e dell'ambiente di vita che sarà funzionale e stimolante per tutti. Solo allora potrete rendervi conto che è possibile insegnare ad un bambino autistico ed educarlo a rispettare alcune regole di comportamento necessarie per una migliore qualità della vita. Buon lavoro!

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